PROGETTO DI LEGGE - N. 7597
Onorevoli Colleghi! - 1. Il 17 marzo 2000 la
Commissione delle comunità europee ha adottato la
comunicazione intitolata "Le priorità della sicurezza stradale
nell'Unione europea - Relazione di avanzamento e
classificazione delle azioni" <COM(2000)125>. Sulla base
dell'analisi e della valutazione del costo e dell'efficacia
delle azioni del programma 1997-2001, la Commissione definisce
le priorità a breve e a medio termine per la sicurezza
stradale nell'Unione europea: valutazione dei nuovi modelli di
veicoli, orientamenti per la gestione dei punti critici
(luoghi con una particolare concentrazione di incidenti),
progettazione di zone non pericolose (ai margini della strada
in modo da ridurre la possibilità di lesioni in caso di
incidente), campagne e legislazione sull'uso delle cinture di
sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini,
raccomandazione agli Stati membri sui livelli massimi
consentiti di alcool nel sangue durante la guida, legislazione
sui limiti di velocità per i veicoli commerciali leggeri e
legislazione su parti anteriori del veicolo meno pericolose
per pedoni e ciclisti.
Sulla comunicazione il Consiglio europeo trasporti ha
adottato una risoluzione il 26 giugno 2000. Il Consiglio
considera che il rafforzamento della sicurezza stradale debba
essere una delle priorità della politica dei trasporti, dato
il numero inaccettabile di vittime di incidenti stradali in
Europa. Il Consiglio auspica, inoltre, miglioramenti per
quanto riguarda diverse misure di carattere informativo.
La comunicazione della Commissione delle comunità europee,
arricchita da allegati pregevoli anche sul piano progettuale,
termina con una raccomandazione sintetica ma fortemente
condivisibile, il cui testo è di seguito riportato:
"La Commissione,
visto il numero dei decessi, lesioni personali e danni
materiali provocati dagli incidenti stradali, visto che nel
fissare le priorità politiche generali si continuano a
sottovalutare le conseguenze economiche di questi
incidenti,
incoraggia gli Stati membri, le autorità regionali e
locali a calcolare sistematicamente i costi e gli effetti
delle misure di sicurezza stradale e a confrontarli, se
necessario, con i costi degli incidenti evitati,
invita gli Stati membri, le autorità regionali e
locali:
ad aumentare gli investimenti sui progetti di
sicurezza stradale in quanto pienamente giustificati da un
punto di vista economico,
a sviluppare meccanismi che permettano a coloro che
decidono in materia di sicurezza stradale, e ne assumono i
costi, di percepire concretamente i benefici che ne
derivano".
Nel nostro Paese tale invito deve essere raccolto poiché i
dati risultano particolarmente gravi e significativi. Lo ha
ricordato il 34^ rapporto del Centro studi investimenti
sociali (Censis) del dicembre 2000 nel quale si riferisce che:
"Il notevole incremento dei veicoli circolanti per il
trasporto di persone e merci, l'aumento del numero degli
spostamenti, e la radicale trasformazione dei comportamenti e
dei "consumi di mobilità" degli italiani, si accompagnano ad
un aggravamento della fenomenologia degli incidenti stradali e
portano la questione del rischio e della sicurezza a livelli
di attenzione estranei al semplificato modello di convivenza
sociale del passato.
Nell'ultimo anno, oltre all'estensione dell'obbligo del
casco di protezione a tutti i conducenti di ciclomotori, è
stato dato il via libera al Piano nazionale della sicurezza
stradale, non senza suscitare negli osservatori il timore che,
se non verranno reperiti i finanziamenti previsti,
l'iniziativa si traduca in un'operazione "a costo zero" con
scarsi effetti sulle reali condizioni di sicurezza delle
strade e autostrade italiane.
Se si osserva la serie storica delle statistiche
sull'incidentalità stradale (limitate agli incidenti con danni
alle persone rilevati dalle autorità pubbliche),
nell'orizzonte lungo dell'ultimo ventennio non si riscontra
una tendenza unidirezionale, e anzi le riduzioni del numero
degli infortuni e delle vittime della strada si sono alternate
agli aumenti di anno in anno, secondo un andamento tutt'altro
che lineare.
In particolare, attraverso gli anni '90 il numero degli
infortuni stradali in Italia è complessivamente cresciuto del
35,4 per cento. Dopo la netta flessione del 1993 (-10,2 per
cento rispetto all'anno precedente), che ha riportato il
numero di incidenti a valori prossimi a quelli registrati alla
fine degli anni '70, dall'anno successivo ha fatto seguito un
trend in continua crescita fino a raggiungere cifre
ineguagliate nel passato: oltre 219.000 nel 1999, con un
numero di feriti che ha raggiunto il massimo storico,
superando ampiamente la soglia dei 300.000 casi (+43,3 per
cento rispetto al 1990).
Tuttavia, se si pone attenzione al numero dei decessi
causati dagli incidenti stradali (6.633 solo nell'ultimo
anno), dopo il 1991 si nota nondimeno una significativa
diminuzione, pari all'11,5 per cento, seppure con una
inversione di tendenza a partire dal 1997 (+4,6 per cento nel
1999 rispetto all'anno precedente). L'indice di mortalità
sulle strade (numero di morti ogni 100 incidenti) è quindi
sceso da 4,4 per cento (1991) a 3,0 per cento (1999).
Peraltro, per una corretta valutazione dei dati sugli
incidenti stradali occorre tenere conto di due aspetti, a
diverso modo entrambi importanti:
- il numero dei decessi è da ritenere senz'altro
sottostimato, in quanto la contabilizzazione ufficiale delle
vittime della strada non contempla l'osservazione del decorso
delle lesioni subite dagli infortunati oltre il settimo giorno
dalla data dell'incidente (periodo esteso dalle rilevazioni
dell'Istat a 30 giorni a partire dal 1999). Dal confronto con
le statistiche sulle cause di morte, i decessi per incidenti
stradali risultano infatti più numerosi in misura mediamente
non inferiore al 25 per cento;
- sebbene sottovalutata dalle statistiche, la
micro-incidentalità (sinistri con danni solo alle cose) ha
raggiunto dimensioni da primato specialmente nelle grandi
città (il numero complessivo degli incidenti sale così a circa
4.900.000 all'anno). L'alta probabilità dei sinistri reca un
forte impatto sia sui costi privati della mobilità (spese di
riparazione, incremento delle tariffe assicurative, dispendio
di tempo, eccetera), sia come fattore perturbatore di una
composta e tranquilla fruizione dello spazio cittadino (che
più spesso trova corrispondenza nell'immaginario collettivo
nella definizione di "giungla d'asfalto").
Lo scenario ambivalente delineato, per cui la tendenza
della mortalità non subisce nel tempo un'impennata analoga a
quella osservata nella quantità di incidenti stradali e di
feriti, si spiega con i progressi compiuti nel campo della
progettazione e fabbricazione dei veicoli (abitacoli più
sicuri, introduzioni dell'abs e dell'airbag,
eccetera) e con i recenti sforzi normativi in materia di
sicurezza (revisioni delle vetture a scadenze più ravvicinate,
obbligo di indossare le cinture di sicurezza e, da aprile, il
casco sui ciclomotori anche per i maggiorenni). Ma ciò non
toglie che ogni giorno in Italia mediamente 18 persone perdono
la vita a causa di incidenti stradali (e molte centinaia
subiscono lesioni di diversa gravità), e che i costi sociali
diretti e indiretti generati dalla incidentalità stradale
ammontano a somme ingenti (non inferiori, secondo le stime
della Commissione europea riportate all'Italia, a circa 45.000
miliardi ogni anno).
Si tratta di cifre preoccupanti, che spingono alla ricerca
di una ricucitura tra i ritmi sostenuti dell'espansione della
mobilità e il lento adeguamento in termini di prevenzione e
tutela dei rischi connessi all'accelerazione delle dinamiche
economiche e sociali".
2. Va osservato che, nel marzo 2000, le linee guida di
attuazione del piano nazionale della sicurezza stradale
definito dal Ministro dei lavori pubblici ai sensi
dell'articolo 32, comma 3, della legge 17 maggio 1999, n. 144,
prevedono un ampio ventaglio di princìpi, campi di intervento,
misure, azioni di attuazione, strutture e strumenti di
monitoraggio tese proprio a cogliere questo obiettivo generale
di "costruzione di una cultura della sicurezza stradale".
E, tuttavia, l'analisi dei dati può sollecitare ulteriori
riflessioni.
Ad esempio, la seconda relazione al Parlamento sullo stato
della sicurezza stradale (Ministero dei lavori pubblici,
dicembre 1999, pagine 263-266) ci segnala delle situazioni
provinciali di massimo rischio, di seguito riportate:
"a) province dove l'elevato livello di rischio si
manifesta con particolare rilevanza sulla rete stradale
principale (autostrade e strade statali).
Si tratta di tredici province con un indice medio di 18,6
morti per 100.000 abitanti (1,8 volte più elevato che nel
resto del Paese) dove la rete stradale statale presenta un
indice medio di mortalità circa 4 volte più elevato che nel
resto del Paese (9,0 contro 2,4), vedi Tabella 20.3.
In queste aree, che raccolgono il 7,6 per cento della
popolazione, nel 1997 si sono verificate 811 morti (il 13,0
per cento del totale) e 26.974 ferimenti (il 10,0 per cento
del totale).
... (omissis) ...
b) province dove l'elevato livello di rischio si
manifesta con particolare rilevanza sulla rete stradale locale
(provinciali e comunali extraurbane).
Si tratta di undici province con un indice medio ancora
più elevato che nel caso precedente: 21,0 morti per 100.000
abitanti (2,1 volte più elevato che nel resto del Paese) dove
la rete stradale provinciale presenta indici di mortalità di
5,8 (3,9 volte più elevato che nel resto del Paese).
In queste aree è presente il 6,6 per cento della
popolazione ma nel 1997 si sono verificate 795 morti (il 12,8
per cento del totale) e 24.254 ferimenti (il 9,0 per cento del
totale), vedi Tabella 20.4.
... (omissis) ...
c) province dove l'elevato livello di rischio si
manifesta con particolare rilevanza nelle aree urbane.
Si tratta di otto province con un indice medio di 17,8
morti per 100.000 abitanti (1,7 volte più elevata che nel
resto del Paese). L'indice di mortalità specifico nelle aree
urbane risulta pari a 9,0 morti per 100.000 abitanti (2,1
volte più elevato che nel resto del Paese).
La popolazione localizzata in queste province forma l'8,0
per cento del totale e nel 1997 in queste aree si sono
verificate 819 morti (il 13,2 per cento del totale) e 31.105
ferimenti (l'11,5 per cento del totale), vedi Tabella 20.5.
... (omissis) ...
Si osservi che, su trentadue province individuate, ben
ventidue sono di Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli ed
Emilia-Romagna.
Soffermandosi sul Veneto - nell'ambito del programma
regionale di prevenzione degli incidenti da traffico - l'unità
di progetto dell'Azienda sanitaria locale Este Montagnana,
Conselve ha riproposto, tra gli altri, questi dati:
- nel Veneto gli incidenti stradali provocano oltre 900
morti l'anno e sono la seconda causa di morte precoce;
... (omissis) ...
- nel Veneto si ha una mortalità sia per i maschi che
per le femmine e in tutte le età superiore del 30 per cento
alla media nazionale;
- la maggior parte delle morti per incidente stradale si
verifica tra gli automobilisti;
- la maggior parte delle morti (quasi i due terzi) si
verifica nelle strade urbane e provinciali;
- l'importanza relativa della incidentalità di queste
strade è in aumento;
... (omissis) ...
- nel Veneto l'importanza della incidentalità urbana e
delle strade comunali e provinciali è nettamente superiore al
resto del Paese;
- il maggior rischio si verifica il pomeriggio
nell'ambito dei flussi di rientro a casa dei lavoratori: quasi
un terzo dei morti e più di un terzo dei feriti;
... (omissis) ...
... (omissis) ...
... (omissis) ...
... (omissis) ...
... (omissis) ...
Dati inquietanti, purtroppo in parte confermati dalle
rilevazioni dei comandi di polizia stradale su tre strade
cruciali nel territorio provinciale di Padova (si veda la
tabella riassuntiva degli incidenti rilevati da comandi di
polizia stradale, nel periodo dal 1^ gennaio 2000 al 31
ottobre 2000, lungo le strade statali n. 309 "Romea", n. 516
"Piovese" e la strada provinciale n. 104 "Monselice mare",
correnti nel territorio della provincia di Padova).
... (omissis) ...
3. Dati e segnalazioni che richiedono, quindi, un
supplemento di azione da parte di tutti i "protagonisti" e
"attori" della sicurezza stradale.
Osserva, nuovamente, il 34^ rapporto Censis (pagine
392-394):
"Dal confronto internazionale emerge un marcato
disallineamento del Paese rispetto alla tendenza rilevabile
nella maggior parte degli Stati europei. Tra il 1990 e il 1998
in tutta Europa - fatta eccezione unicamente per la Grecia -
si sono compiuti sensibili progressi nella limitazione del
numero delle morti sulla strada. Le riduzioni appaiono più
consistenti in Austria, nei Paesi scandinavi, nel Regno Unito
e in Spagna, mentre l'Italia ha accumulato un grave ritardo
collocandosi all'ultimo posto della graduatoria, con un
declino del tasso di mortalità per milione di abitanti pari al
13 per cento (a fronte del -26 per cento medio dell'Ue) (Fig.
6).
... (omissis) ...
Per sanare tale preoccupante squilibrio e invertire la
tendenza, è indispensabile fondare nel Paese una "ordinaria
cultura della sicurezza", che vada oltre gli allarmismi
estemporanei (le "stragi del sabato sera") e le soluzioni
d'emergenza (il monitoraggio del traffico in coincidenza degli
"esodi" estivi), e che invece si radichi nei comportamenti e
nelle logiche programmatorie e operative delle istituzioni
preposte al governo della mobilità e alla tutela della
sicurezza.
Tuttavia, un'indagine del 1995 promossa dal Ministero dei
lavori pubblici rilevava che meno del 30 per cento delle
amministrazioni locali disponeva di una struttura tecnica
dedicata specificamente alla gestione della mobilità dei
cittadini e della sicurezza stradale. In particolare solo il
20 per cento risultava dotato di mappe informatizzate della
viabilità o di archivi e strumenti informatici a supporto
della gestione del traffico, meno del 10 per cento disponeva
di strumenti di monitoraggio del traffico e
dell'incidentalità, solo il 7 per cento era dotato di archivi
e dispositivi dedicati nello specifico alla sicurezza
stradale, infine neanche il 3 per cento disponeva di congegni
più complessi a supporto della programmazione e della gestione
del settore.
Dal momento, poi, che gli incidenti stradali sono da
ricondurre alla "combinazione di molteplici fattori" (non solo
l'imperizia del guidatore e i comportamenti di guida
inadeguati degli utenti della strada, ma anche fattori
strutturali, come l'incremento del parco auto, la crescita dei
flussi di mobilità e la moltiplicazione dei soggetti e dei
mezzi in movimento, lo scarso ricorso a modalità di trasporto
collettivo, la tipologia della struttura insediativa,
l'obsolescenza del sistema viario extraurbano e la persistenza
di strozzature e nodi critici nelle infrastrutture maggiori, e
ancora l'inadeguata cultura della sicurezza permeata tra i
cittadini e all'interno delle istituzioni), i soggetti di
governo del territorio sono chiamati a far convergere energie
e investimenti in "strategie di intervento integrate", che
sappiano far fronte in maniera complementare e coordinata alla
natura multicausale dell'incidentalità".
Nell'ambito di tali strategie può certamente porsi lo
studio di fattibilità predisposto dall'amministrazione
comunale di Candiana (Padova) sulla base della legge della
regione Veneto 30 giugno 1999, n. 27, e successive
modificazioni, recante "Realizzazione di un autodromo nella
regione Veneto".
Nella relazione del progettista, ingegnere Fabio Bonfà,
presentata il 10 marzo 2000, si osserva tra l'altro che: "Il
sito ha la superficie complessiva di 1.292.620 mq, ed è
suddiviso in tre zone che ne permettono la realizzazione anche
in tre stralci successivi.
Le tre zone sono:
Zona (A), Zona autodromo Servizi e Attrezzature
Accessorie (superficie di 997.420 mq);
Zona (B), Zona Accoglienza - Ricreativa (superficie di
83.385 mq);
Zona (C), Zona di Espansione di 211.815 mq;
per una superficie totale appunto di 1.292.620 mq.
Il progetto prevede una pista dello sviluppo di 5.009 ml e
uno sviluppo ridotto (realizzato attraverso By-pass) di 4.097
ml, con una larghezza della carreggiata costante e pari a
12,00 ml, eccetto che sul rettilineo prospiciente i box, dove
in funzione delle esigenze di partenza è pari a 17,00 ml;
il progetto prevede, all'interno apposite strutture
dedicate alle attività di prove e collaudi, nonché di
intrattenimento del settore motoristico e di ricerca nel
campo della sicurezza stradale, in particolare è previsto un
padiglione espositivo, servizi accessori, uffici di gestione e
pubblica sicurezza per svolgere le varie attività collaterali
di esposizione, dimostrazione, mostra, conferenze, riunioni,
eccetera;
l'area è stata opportunamente analizzata dal punto di
vista dell'impatto ambientale con specifico riguardo al
controllo dei rumori. In relazione a ciò si precisa che sul
lato sud-ovest la stessa area è delimitata, e quindi protetta
acusticamente, dall'argine del canale Rebosola e che, in sede
di progettazione, e quindi anche di effettuazione dei
preventivi di spesa, è stata prevista la realizzazione di
idonee protezioni e schermature attraverso argini e
consistenti piantumazioni;
particolare cura e attenzione sono state poste nelle
previsioni delle aree e relative opere di sicurezza;
le caratteristiche cinematiche del tracciato sono state
configurate al doppio scopo di poter aderire alle esigenze
dell'utente sportivo come pure dell'utente professionale ed
industriale. Sono state privilegiate le sequenze che
permettono di mettere in severo risalto le doti di tenuta di
strada, di potenza, guidabilità e di frenata dei diversi
veicoli".
E', quindi, un sito pensato come sostanzialmente
polivalente: per le competizioni ma anche per attività di
collaudo, per test, per corsi permanenti di guida
sicura.
Certamente un progetto "aperto" anche alle misure e
alle iniziative previste dalle citate linee guida (in
particolare: educazione stradale nelle scuole, educazione
permanente, formazione alla sicurezza stradale nell'ambito
delle aziende).
L'istituzione di un Centro interregionale per la
sicurezza, inteso come spazio territoriale per progetti pilota
e interventi sperimentali, sembra essere quindi una ipotesi
coerente sia con le esigenze, implicite ed esplicite, dei dati
inquietanti qui ricordati sia con quanto suggerito in ordine
alla formazione degli adulti alla cultura della sicurezza
stradale, dalle stesse linee guida che, infatti, prevedono la:
"Erogazione di corsi di guida sicura, specialmente in ambienti
difficili, mirati a migliorare la capacita di guida oltre i
livelli strettamente previsti dalla norma e la predisposizione
di iniziative formative specifiche, calibrate per i conducenti
professionisti".