V Commissione - Resoconto di giovedì 3 luglio 2008


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SEDE REFERENTE

Giovedì 3 luglio 2008. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Giuseppe Vegas.

La seduta comincia alle 9.

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013.
Doc. LVII, n. 1.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Gabriele TOCCAFONDI (PdL), relatore, rileva preliminarmente che il DPEF 2009-2013 rappresenta una novità positiva nel metodo e nella sostanza in quanto introduce e definisce le coordinate fondamentali di una manovra triennale di stabilizzazione della finanza pubblica caratterizzata da una integrale convergenza tra indicazioni programmatiche e misure attuative. Osserva che conseguentemente gli impegni assunti dall'Italia in Europa dal governo Prodi vengono integralmente confermati, prendendo da subito la forma di un piano organico triennale di stabilizzazione della finanza pubblica. Ricorda poi che al fine di una integrale convergenza tra indicazioni programmatiche e misure attuative, il Governo ha poi previsto di presentare quattro provvedimenti normativi volti a garantire la completa attuazione della manovra finanziaria. In proposito, rileva che l'attuazione della manovra con riferimento all'intero triennio e non ad un solo anno, rappresenta una rilevante novità in grado di garantire il processo di risanamento della finanza pubblica e di avviare un cammino di


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sviluppo e di crescita. Segnala che una parte rilevante della manovra finanziaria viene anticipata a prima dell'estate da un provvedimento legislativo che affianca e dà corpo al DPEF. Il Governo presenterà inoltre un disegno di legge volto ad assicurare il completamento degli interventi che concorrono agli obiettivi da conseguire nell'arco del prossimo triennio, un disegno di legge concernente il federalismo fiscale, che si ritiene idoneo a influire in maniera positiva sugli equilibri di finanza pubblica ed in particolare a contribuire a ridurre l'evasione fiscale e, infine, un disegno di legge volto alla costituzione di un codice delle autonomie, in modo da dare anche un assetto stabile alla finanza degli enti territoriali, ed alla realizzazione di interventi per Roma capitale.
In proposito, rileva che, con l'attuale manovra, il governo pone quindi le premesse per un dibattito, tra settembre e dicembre, soprattutto in merito alla riforma in senso federale del sistema fiscale, al fine in particolare di stabilire quale sia la soglia di perequazione a vantaggio delle Regioni meno avanzate ma abbandonando il principio inefficiente della copertura dei costi storici, che ha di fatto coperto le responsabilità di chi si è reso responsabile di una cattiva gestione della cosa pubblica, ostacolando le riforme volte a promuovere la qualità e l'efficienza ed al fine di decidere con chiarezza quali tributi lasciare alla piena competenza locale, e quali allo Stato.
Ricorda poi che in ambito parlamentare vi sono numerosi precedenti di anticipazione della manovra finanziaria attraverso l'adozione di specifici provvedimenti legislativi, quali, per citare solo i casi più recenti ed evidenti, il decreto-legge n. 269 del 2003, nella XIV legislatura e il decreto-legge n. 159 del 2007, nella XV legislatura. Osserva che l'anticipo di una parte sostanziosa della manovra con decreto-legge, prima dell'avvio della sessione di bilancio, permetterà al Parlamento di esaminare una finanziaria snella e di valutare compiutamente gli altri provvedimenti normativi destinati a completare la manovra. Del resto, il Governo ha voluto evidenziare con chiarezza il rapporto sussistente tra il DPEF ed il decreto-legge chiamato a dare tempestiva attuazione alla manovra. Nel primo articolo del decreto-legge il Governo esplicita infatti ambito ed obiettivi della manovra che con lo stesso decreto prende corpo. Particolarmente significativa è la definizione, su base triennale, degli obiettivi in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e di rapporto tra debito pubblico e PIL, nonché l'indicazione, in termini generali, degli interventi attraverso i quali si intende promuovere la crescita del PIL.
Rileva che l'impostazione del DPEF, in particolare per quanto riguarda gli obiettivi di finanza pubblica da conseguire nel triennio, può essere sicuramente definita in linea di continuità sia con la Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica presentata nel marzo scorso che con gli impegni assunti dallo stesso governo Prodi in ambito europeo e internazionale, assicurando sotto questo profilo una piena continuità istituzionale. In particolare, nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica era previsto un recupero di risorse pari a 25-30 miliardi, importo che si ritiene di incrementare a circa 35 miliardi in seguito alla due diligence effettuata dalla Ragioneria generale dello Stato, che ha stimato il deficit per il 2008 pari al 2,5 per cento del PIL.
In proposito, osserva che gli obiettivi indicati dal DPEF possono ritenersi ampiamente condivisi e, per così dire, verificati in ambito parlamentare e questo rende obiettivamente assai meno problematico l'esame del Documento a ridosso del decreto-legge nel quale si sostanzia una parte importante della manovra. Anzi la contestuale presentazione del DPEF e dei provvedimenti normativi volti a garantire la completa attuazione della manovra finanziaria, rappresenta una rivoluzione positiva, in quanto alla classica funzione di enunciazione di obiettivi, che per sua natura ha il DPEF, si aggiunge contestualmente quella di puntuale definizione dei caratteri della manovra di finanza pubblica per il periodo compreso nel bilancio pluriennale. Con riferimento ai contenuti


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del Documento, nel presupposto che solo se l'economia va bene il bilancio pubblico può essere sano e dunque, essendo sano, può anche costituire la base per giusti interventi pubblici, ricorda che l'azione correttiva si concentrerà principalmente sulla riduzione della spesa pubblica, in ragione di un punto percentuale annuo, con l'obiettivo di assicurare comunque una diminuzione dello 0,5 per cento annuo del saldo strutturale a partire dal 2009, obiettivo perfettamente in linea con i vincoli derivanti dal Patto di stabilità e crescita. Si esclude invece l'introduzione di nuove imposte, con l'eccezione di alcune misure di perequazione tributaria mirate a colpire gli extra profitti legati alla crisi finanziaria in atto. Segnala che l'entità della manovra ammonta quindi allo 0,6 per cento del PIL nel 2009, all'1,1 per cento del PIL nel 2010 e all'1,9 per cento del PIL nel 2011. Gli obiettivi previsti dalla Relazione unificata dell'economia e della finanza pubblica vengono sostanzialmente confermati: l'indebitamento netto è fissato al 2,5 per cento del PIL nel 2008, al 2 per cento nel 2009 ed all'1 per cento nel 2010, sino a giungere al sostanziale pareggio del saldo nel 2011. L'avanzo primario aumenta progressivamente e, partendo dal 2,6 per cento del 2008, si colloca al 3,1 per cento del 2009 e al 4 per cento del 2010, per giungere al 5 per cento nel 2013. Per quanto concerne l'evoluzione del rapporto tra debito pubblico e PIL, nello scenario tendenziale è previsto in discesa progressiva sino al 2013 (96,5 per cento in quest'ultimo anno). Nel quadro programmatico, invece, si evidenzia una più accelerata diminuzione del debito, che raggiunge una soglia inferiore al 100 per cento (il 97,2 per cento) già nel 2011. Con riferimento allo scenario internazionale, ricorda che il rallentamento dell'economia mondiale registrato nei primi mesi del 2008 ed originato dalla crisi finanziaria manifestatasi nell'estate del 2007 ha interessato innanzitutto gli Stati Uniti e successivamente l'area dell'euro. Nel medio termine è attesa una ripresa dell'economia, più accentuata negli Stati Uniti e più limitata nell'area dell'euro. A livello mondiale, la crescita del PIL sarà pari al 3,9 per cento nel 2008 e nel 2009, a fronte di un incremento del 5,5 per cento nel 2007, per poi risalire al 4,4 per cento nel 2010. Rileva che nel biennio 2008-2009 il commercio mondiale dovrebbe crescere rispettivamente del 6,3 e del 6,6 per cento. Negli Stati Uniti l'aumento del PIL è stimato pari all'1 per cento nel 2008 e allo 0,9 per cento nel 2009, a fronte di un incremento del 2,2 per cento nel 2007, mentre per il 2010 si prevede una crescita del 2,6 per cento. Nell'area dell'euro la crescita sarà pari all'1,7 nel 2008 ed all'1,5 per cento nel 2009, a fronte di un 2,6 per cento nel 2007 per poi collocarsi all'1,8 per cento nel 2010. Rileva che in breve: negli Stati Uniti il PIL cala in misura maggiore ma poi, nel medio periodo, fa registrare tassi di crescita più pronunciati. Risulta interessante notare come il calo delle economie occidentali riesca ad essere in buona parte compensato dalla prosecuzione della crescita delle economie asiatiche, specialmente di Cina ed India. La crescita italiana ha confermato in questi anni il divario con l'area dell'euro: un punto percentuale sia nel 2006 che nel 2007. Nel 2008, nonostante i risultati superiori alle aspettative registrati nel primo trimestre, la crescita è stimata pari allo 0,5 per cento a fronte dell'1,7 per cento dell'area dell'euro. Osserva che questa è la maggiore criticità della nostra economia rispetto ai partner europei e che ha la sua causa fondamentale nella bassa produttività ed in un ridotto tasso di attività.
Ricorda poi che il DPEF segnala come a frenare la crescita concorrano, più che le turbolenze finanziarie internazionali, fattori negativi di natura esogena quali i forti rincari del petrolio e delle materie prime non energetiche nonché l'apprezzamento dell'euro rispetto alle principali valute. Il DPEF segnala il permanente divario di sviluppo territoriale tra le aree del paese. Nel 2007 la crescita del PIL è stata pari all'1,6 per cento nel Centro-Nord ed allo 0,9 per cento nel Mezzogiorno. Per quanto riguarda le previsioni relative al 2009, la crescita del PIL risulterebbe pari allo 0,9 per cento. Nel quadriennio


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successivo la crescita si attesterebbe leggermente al di sotto dell'1,5 per cento. I consumi delle famiglie crescerebbero dello 0,9 per cento, riflettendo l'evoluzione positiva del reddito disponibile per effetto della decelerazione dell'inflazione al consumo. Secondo quanto indicato nel documento, osserva che l'azione correttiva si concentrerà principalmente sulla spesa pubblica, nella prospettiva di ridurla senza intaccare la quota di garanzia sociale. In particolare, il contenimento della spesa dovrebbe essere realizzato attraverso l'applicazione di un limite preventivo alla crescita della spesa di bilancio relativa a missioni, programmi e ai costi di gestione.
Secondo le indicazioni fornite nel DPEF, l'intervento potrà assicurare nel triennio cospicui risparmi di spesa per le Amministrazioni Centrali per un ammontare pari a circa 14,5 miliardi, di cui circa 5 miliardi nel 2009. Misure specifiche, con un effetto di recupero pari nel triennio a circa 20 miliardi, si concentreranno in particolare nei settori del Pubblico impiego, della Finanza decentrata, della Sanità e della Previdenza. Osserva che il DPEF conferma i tassi di inflazione programmata contenuti nel precedente DPEF, pari all'1,7 per cento nel 2008 e all'1,5 per cento annuo dal 2010 al 2013. Osserva che rispetto a tale dato alcuni hanno sottolineato come il tasso di inflazione si collochi attualmente al 3,4 per cento e ciò rende irrealistico un simile tetto di inflazione programmata. Segnala che al riguardo il DPEF ricorda come gli accordi tra Governo e parti sociali in materia di inflazione programmata contemplino il mancato recupero dell'inflazione dovuta all'aumento degli input importati che determina un impoverimento netto per l'intero Paese. In proposito segnala che dalla disaggregazione del paniere risulta evidente che l'Italia soffre di inflazione importata. Segnala inoltre come, nel dare attuazione al compito di assicurare la stabilità dei prezzi assegnato alla Banca centrale europea dal Trattato, il Consiglio direttivo della BCE ha precisato che, in un orizzonte di medio termine, è sua intenzione mantenere l'inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento. Rileva che anche sotto questo aspetto il DPEF si muove in una logica di continuità all'interno di un quadro macroeconomico in evoluzione e caratterizzato da importanti fattori di rischio. In conclusione, osserva che il Documento e le contestuali azioni programmate mostrano che l'Italia necessita di un'iniezione di fiducia per far ripartire lo sviluppo. Ricorda infatti che la ricchezza prima di essere distribuita deve essere creata e che la ridistribuzione in assenza della produzione di maggiore ricchezza farebbe solo percepire una situazione apparente di maggiore eguaglianza in un contesto di maggiore generale povertà, senza creare le condizioni per le maggiori effettive e migliori condizioni di eguaglianza che l'Italia vuole raggiungere. Afferma pertanto conclusivamente che per incentivare la produzione di nuova ricchezza occorre dare fiducia, materiale e ideale, a chi è in grado di produrla.

Renato CAMBURSANO (IdV), nel ritenere non necessario ritornare su temi di cui si è ampiamente dibattuto nei giorni passati, circa lo svuotamento del Parlamento e la sudditanza della maggioranza al capo del Governo e alle sue priorità, diverse dalle priorità del Paese, osserva che il DPEF prende le mosse dalla considerazione della necessità di rispettare gli impegni assunti dall'Italia nei confronti dell'Unione Europea. Le indicazioni in esso contenute si pongono peraltro in contraddizione con la condotta seguita dai Governi nel disastroso quinquennio che va dal 2001 al 2006, che aveva messo in ginocchio il Paese, mentre il governo Prodi, pur nella sua breve durata, lo ha fatto ripartire.
Passando ad esaminare il contenuto del DPEF rileva in primo luogo come, contraddicendo la dichiarata intenzione di intervenire sul lato delle entrate, la manovra antideficit del Governo sia costituita, per ben il 65 per cento, da maggiori entrate, e precisamente da 6.535 euro di maggiori entrate e 3.547 euro di minori spese, tra le quali 3.080 euro di minori spese per investimenti. Ciò rende evidente


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come l'obiettivo perseguito dal Governo non sia la crescita, ma i tagli agli investimenti, che ricadranno soprattutto sugli enti locali, dal momento che, nonostante il conclamato federalismo fiscale, il contenimento della spesa verrà concentrata sui settori della finanza decentrata e della sanità.
In secondo luogo, per quanto riguarda il piano casa, ritiene che si tratti di un vero e proprio bluff poiché esso sarà finanziato azzerando il precedente programma straordinario di edilizia residenziale pubblica di cui al decreto-legge n. 159 del 2007.
Per quanto riguarda, poi, la lotta all'evasione fiscale, ritiene che l'efficacia delle misure del Governo per ottenere maggiore gettito, come recentemente osservato dalla Corte dei conti, sia in contraddizione con l'adozione di talune misure governative previste nella manovra, tra le quali ricorda quelle riguardanti l'eliminazione dell'obbligo dell'allegazione alla dichiarazione IVA dell'albo dei fornitori, la tracciabilità dei pagamenti o il taglio degli enti inutili, che si riduce all'eliminazione dei commissari preposti alla lotta contro le contraffazioni e la corruzione.
Altre previsioni del DPEF si pongono in netta contraddizione rispetto alle affermazioni effettuate dal Governo, come quelle in materia di sicurezza, settore nel quale si prospetta un taglio di 6.000 unità delle forze dell'ordine.
Per quanto concerne, poi, l'introduzione della cosiddetta «Robin Hood tax», ritiene doveroso sottolineare come essa concederà ai cosiddetti poveri solo il 5 per cento, mentre prefigurerà la suddivisione del paese tra cittadini benestanti e cittadini in miseria, ai quali si offre la tessera alimentare.
Rileva inoltre come la cosiddetta riforma dei servizi pubblici locali sia molto indebolita.
Per quanto riguarda la riduzione della pressione fiscale, rileva come essa in realtà aumenti, poiché, come ha giustamente osservato la Corte dei conti, la cosiddetta «perequazione tributaria» rischia comunque di tradursi in oneri a carico dei consumatori attraverso un aumento dei prezzi dei prodotti. Dunque, gli interventi del Governo si risolvono in una manovra depressiva che colpirà i consumi e i servizi essenziali.
Anche per quanto riguarda l'accelerazione dei processi civili la manovra è in netta contraddizione con gli spaventosi tagli previsti, che metteranno in ginocchio la macchina giudiziaria civile. Particolarmente negativi per loro è poi la decisione di effetti sulle fasce più bisognose, i tagli alla scuola, nonché il mancato intervento del Governo sulle commissioni bancarie di massimo scoperto e sulla portabilità dei mutui e i mancati interventi sul settore degli strumenti finanziari, incoerenti con la sbandierata intenzione di ridimensionare i progetti delle banche ed alla speculazione finanziaria.
La manovra del Governo si traduce in una evidente penalizzazione per le famiglie in difficoltà per effetto della fissazione dell'inflazione programmata all'1,7 per cento per l'anno corrente e all'1,5 per cento per gli anni successivi, stante la rilevante distanza con l'inflazione reale, con gravi conseguenze per i redditi da lavoro dipendente. Manca inoltre qualunque misura tesa a far recuperare il fiscal drag.
Ritiene infine contraddittoria con la difesa dei consumatori la sospensione dell'efficacia delle norme sulla class action.

Maino MARCHI (PD), pur rilevando come la procedura fin qui seguita sia del tutto anomala, ritiene di dover privilegiare le questioni di merito.
In via preliminare, manifesta, peraltro, perplessità per la indisponibilità del disegno di legge di assestamento, che avrebbe potuto fornire utili indicazioni ai parlamentari, tra le quali la quantificazione dell'extragettito, in assenza del quale avanza seri dubbi sulla possibilità che si possa procedere ad una seria discussione sul DPEF.
Ritiene quindi di dover rilevare l'incoerenza fra i conclamati obiettivi di crescita economica e diminuzione del carico fiscale


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con la fissazione nel DPEF della pressione fiscale al 43 per cento, in contrasto con gli obiettivi assunti in campagna elettorale. Ritiene che il quadro economico ereditato dall'attuale Governo non possa paragonarsi a quello, pesante, ereditato dal governo Prodi nel 2006, quando era in corso una procedura di infrazione dell'Unione europea, quando l'indebitamento netto era prossimo al 4 per cento (mentre nel 2007 si è portato al di sotto del 2 per cento), e quando l'avanzo primario si era azzerato, mentre oggi è stato ricostituito. Rileva dunque come non esistano situazioni ostative per procedere ad una riduzione della pressione fiscale. Ritiene piuttosto che il Governo non sia in grado di intervenire con riforme che incidano sui centri di spesa.
Per quanto riguarda poi la valorizzazione del patrimonio di Stato, al fine di accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico-PIL, ritiene insufficiente l'unica misura prevista di alienazione del patrimonio degli IACP e ritiene parimenti insufficiente il piano casa che drena risorse da precedenti finanziamenti già previsti per i medesimi obiettivi.
Rilevato con rammarico come gli interventi introdotti dal decreto-legge collegato non siano rivolti a favorire i redditi medio-bassi, dal momento che il gettito della «Robin Hood tax» sarà destinato a coprire i buchi della finanza pubblica, e che tale aumento della pressione fiscale si scaricherà sui prezzi e quindi sui consumatori più deboli, fa presente che le maggiori entrate dovute al contrasto dell'evasione fiscale operata negli anni appena trascorsi avrebbero invece ben potuto consentire di ridurre le imposte a carico dei contribuenti.
Ritiene inoltre che la politica del Governo sia eccessivamente rinunciataria, anche per quanto riguarda la crescita, rinunciando ad una propria politica industriale, con particolare riferimento alle liberalizzazioni, ad utilizzare la leva fiscale per la crescita, soprattutto con riferimento al Mezzogiorno, e ad attivare una politica anticiclica. Rileva infine che l'abolizione dell'ICI sulla prima casa avrà ripercussioni sugli enti locali a partire già dal 2009, mentre le misure riguardanti il federalismo fiscale sono state annunciate ma non sono state definite. In particolare, fa presente che sul tema del federalismo fiscale le misure prospettate dal PDL e dalla Lega nord sono diverse e quindi è necessario che il Governo indichi con esattezza quale linea intenderà perseguire.

Bruno TABACCI (UdC), dopo aver ricordato le considerazioni di carattere generale già espresse nelle giornate precedenti sul sostanziale svuotamento della discussione sul DPEF, che pure veniva considerato in passato il più importante documento in materia economica predisposto dal Governo, richiama il contenuto della premessa al documento in esame, che con le sue riflessioni sul concetto di interesse generale rappresenta un esempio della prosa del miglior Tremonti. Richiamandosi ad un altro famoso scritto del ministro dell'economia, rileva che nel documento sembra poi prevalere più la paura che la speranza. Si sofferma poi su un altro aspetto generale del documento: la conferma degli impegni assunti dal precedente governo in sede europea. Si tratta di un atteggiamento responsabile, rispetto al quale ricorda peraltro che, in assenza dell'euro la situazione sarebbe stata molto peggiore e l'Italia non sarebbe stata probabilmente in grado di sostenere l'aumento dei prezzi energetici. Ritiene invece meno condivisibile l'affermazione, sempre contenuta nelle premesse del DPEF, della definizione della politica economica sulla base degli impegni elettorali della coalizione di governo. Rileva infatti che la somma delle volontà elettorali non corrisponde con l'interesse generale, a meno che non si intenda che l'elezione costituisca una volta per tutte l'epifania della volontà generale. Ed anche nell'ambito di una simile assai discutibile concezione, il Governo incontra delle difficoltà in quanto nei fatti le decisioni assunte non riproducono in pieno gli impegni elettorali. In proposito osserva che già il decreto-legge in materia di ICI ha fatto emergere una tensione, per quel che concerne


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le modalità di copertura, tra i rappresentanti, all'interno della maggioranza, di territori diversi, vale a dire il Mezzogiorno e il Nord del Paese. Osserva in proposito che probabilmente in assenza dell'euro l'Italia avrebbe vissuto una deriva jugoslava.
Con riferimento a specifici aspetti del Documento rileva poi che dallo stesso si ricava in primo luogo che la pressione fiscale è destinata a non calare nel breve periodo: in proposito segnala che l'attuale livello della fiscalità risulta particolarmente gravoso ed ingiusto per chi paga veramente le tasse. Invita infatti a considerare la considerevole dimensione in Italia, anche a confronto degli altri paesi europei, del sommerso, che l'ISTAT stima intorno al 19-20 per cento ma probabilmente risulta più alta, forse anche intorno al 25 per cento, con la conseguenza che il rapporto tra ricchezza immobiliare e finanziaria da un lato e PIL dall'altro risulta pari a 8-9 volte in Italia mentre negli USA è pari a 3-4 volte. A tale proposito, ricorda al collega Marchi di essere rimasto solo nella passata legislatura a proporre il metodo di lotta all'evasione fiscale probabilmente più efficace, quello basato sul contrasto di interessi attraverso l'ampliamento delle spese detraibili, metodo non condiviso né da Tremonti né da Visco, che dava invece la priorità all'aumento dei controlli. Al riguardo richiama anche le considerazioni del governatore Draghi, che nella sua audizione ha evidenziato come dai risultati della lotta all'evasione si può ricavare spazio per la riduzione delle aliquote, confermando così che il livello della pressione fiscale costituisce in primo luogo un'ingiustizia per i contribuenti che adempiono al proprio dovere.
Con riferimento al problema del tasso di sviluppo del paese ricorda che dal 1945 al 1980 l'Italia ha registrato un tasso di crescita medio del 5,2 per cento che risultava il più alto in Europa, dal 1981 al 1993 del 2,6 per cento, secondo in Europa solo a quello della Germania, e dal 1993 al 2007 dell'1,3 per cento, stabilmente agli ultimi posti in Europa. In tal senso, tutti i governi succedutisi negli ultimi quindici anni risultano corresponsabili della bassa crescita ed ora il nuovo governo Berlusconi conferma una crescita del PIL per il 2008 dello 0,3 per cento e quindi più o meno corrispondente a quella dell'ultimo anno dei governi Berlusconi della XIV legislatura. In proposito osserva che con questi livelli di crescita nessuna politica economica e sociale può dare risultati: non è possibile ad esempio ipotizzare, senza una maggiore crescita, una soluzione al problema della precarietà.
Sempre richiamandosi all'esperienza dei passati decenni, ricorda che il livello del debito pubblico risultava pari al 56,9 per cento nel 1980, al 121,8 per cento nel 1994 ed oggi circa al 104 per cento. In proposito, se si incrociano tali dati con quelli dei tassi di crescita del PIL, si ricava che, attraverso la leva monetaria e poi con una politica keinesiana, sia pure un po' maldestra e basata sull'incremento del debito, l'Italia è almeno riuscita a garantire un livello di crescita alta. Al contrario, dal 1994 ad oggi, non si è in realtà operata alcuna significativa ristrutturazione della spesa pubblica, in quanto la riduzione del debito può essere in sostanza imputata all'ingente quantità di privatizzazioni compiute (sulla cui qualità peraltro si dovrebbe aprire una riflessione) ed insieme si è assai ridotto il livello della crescita economica. In questo quadro si sarebbe quindi aspettato uno scatto di maggiore fantasia da parte del ministro Tremonti, che pure ha fama di essere capace di notevole fantasia, ad esempio recuperando le idee in passato professate di un significativo taglio delle tasse.
Esprime quindi forti perplessità sull'operazione di perequazione tributaria che il ministro Tremonti, novello Robin Hood, si è proposto di compiere. Ricorda infatti che fino ad oggi il Governo ha previsto la stipula di una convenzione con l'ABI sui mutui per l'acquisto della prima casa, che configura un'intesa restrittiva della concorrenza e si è quindi tradotta in un sostanziale vantaggio per i banchieri, così come rileva che le imprese di assicurazione non avranno molto da temere dalla manovra fiscale compiuta sulle riserva matematiche, in quanto con il meccanismo


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dell'indennizzo diretto tali riserve risultano già ridotte. Con il decreto-legge in materia di obblighi comunitari il Governo ha poi fatto un regalo ai titolari di concessioni autostradali, pubblici e privati. Al tempo stesso ritiene che il Governo non abbia inciso così significativamente sui profitti delle imprese energetiche e petrolifere, posto che la strada maestra a tal fine sarebbe stata quella della soppressione del meccanismo del CIP6, che ricade sulle bollette energetiche, ponendo il peso dell'incentivazione alle fonti di energia effettivamente rinnovabili sulla fiscalità generale.
Con riferimento ai propositi di semplificazione esibiti dal Governo, osserva che paradossalmente nella XIV legislatura Berlusconi si vantava di aver prodotto molte leggi, mentre ora indica come segnale di efficienza l'abrogazione di alcune leggi. In proposito, rileva che una reale operazione di semplificazione sarebbe rappresentata dall'individuazione di un efficace coordinamento tra normativa comunitaria, normativa nazionale e normativa regionale, ed in questo quadro dovrebbe essere avviata una seria riflessione sul federalismo. Con riferimento in particolare al federalismo fiscale, rileva che non si può ipotizzarne alcuna introduzione senza una attenta meditazione sulla qualità della spesa degli enti locali. In tale quadro la prospettata riforma dei servizi pubblici locali risulta del tutto insoddisfacente e compie passi indietro anche rispetto al compromesso Lanzillotta-Rifondazione comunista della scorsa legislatura, riproponendo il modello della società mista e prolungando la possibilità di ricorso agli appalti in house. Al riguardo segnala che non si può affrontare il problema del bilancio di Roma senza affrontare la privatizzazione dell'ACEA o ignorare i profitti che arrivano alla provincia di Milano dalla Milano-Serravalle e al comune di Milano dalla SEA o ancora che il comune di Brescia ha potuto realizzare, prima del decreto del governo Berlusconi, l'esenzione ICI per la prima casa grazie ai profitti della A2A. Torna in proposito a segnalare ai colleghi della Lega che il loro controllo di alcune importanti aziende municipalizzate non risulta di per sé garanzia di efficienza generale del sistema e denuncia come proprio attraverso le aziende municipalizzate e le concessionarie di servizi pubblici locali e i loro consigli di amministrazione si sia creata una nuova casta che, rispetto ai partiti dei primi decenni dell'esperienza repubblicana, ha in aggiunta il difetto di essere priva di una sostanziale base popolare.
Svolge analoghe considerazioni sulle caratteristiche della spesa sanitaria regionale, rilevando come recenti casi di cronaca in Lombardia testimonino la creazione di un pericolo sistema di potere, rispetto al quale riconosce che considerazioni appropriate e veritiere erano state svolte dall'esponente della Lega Nord Alessandro Cè nel periodo in cui ha ricoperto la carica di vicepresidente della regione. Rileva che tuttavia si tratta di un problema generale in quanto in tutta Italia i direttori delle ASL risultano di fatto di nomina politica.
Conclusivamente osserva che non vi è chiarezza nella politica economica del Governo in quanto non si opta per un sistema di economia mista o per un dignitoso ed ordinato statalismo, ma per un disordinato accollarsi di competenze in capo al governo ed al Ministero dell'economia, che, in base alla disposizione contenuta nel decreto-legge n. 112, può, con proprio decreto, modificare le dotazioni di bilancio decise dal Parlamento: su questo rischia di svolgersi il reale scontro di potere, mentre il Presidente del Consiglio è impegnato da altre questioni. Torna pertanto ad invitare il presidente Giorgetti ad assumere un'iniziativa che si faccia carico della difesa del ruolo del Parlamento, difesa che è di interesse sia della maggioranza che dell'opposizione.

Marino ZORZATO (PdL) intervenendo sull'ordine dei lavori, segnala l'opportunità di una sospensione per organizzare i tempi dei lavori della Commissione.

Cesare MARINI (PD) invita il Presidente ad assicurare in ogni caso tempi


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adeguati per l'esame del documento di programmazione economico-finanziaria.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, ribadisce la propria volontà di permettere il pieno svolgimento del dibattito in Commissione sul DPEF e, a tal fine, assume l'impegno a ridefinire i tempi per la votazione del mandato al relatore.

Massimo VANNUCCI (PD) esprime delusione e preoccupazione per la politica economica e finanziaria prospettata dal Governo, che gli sembra, anche sulla base delle dichiarazioni rese dal ministro Tremonti dall'audizione di ieri, improntata a rassegnazione e pessimismo e incapace di manifestare una volontà di reazione. Ritiene che non sia affrontato il problema vero del risanamento, dal momento che si opera una riduzione assolutamente modesta della spesa corrente. Al tempo steso sottolinea la situazione pesante in cui si trovano le famiglie e ritiene che manchino iniziative efficaci per sostenere il rilancio della crescita. Le misure proposte a sostegno dello sviluppo gli paiono difficilmente realizzabili e di scarsa efficacia. Al tempo stesso sono decurtati finanziamenti importanti finalizzati a stimolare il sistema economico. Sussiste pertanto, a suo avviso, il rischio che si ripetano gli errori che si sono già verificati nel quinquennio 2001-2006, nel quale il Paese è stato ridotto ad un tasso di crescita sostanzialmente pari a zero e si sono verificati errori nelle previsioni relative al tasso di aumento del PIL di circa dieci punti. Ritiene altresì un grave errore la previsione di un tasso di inflazione programmata di gran lunga inferiore all'inflazione effettiva, osservando che un tale scelta è destinata a comprimere ulteriormente i redditi da lavoro dipendente. Reputa che l'unica strada veramente efficace per il consolidamento dei conti pubblici è rappresentata dalla fedeltà fiscale; osserva infatti che l'entità della spesa pubblica nei principali settori, quali la sanità, la scuola e la sicurezza, si colloca in Italia a livelli non diversi dalla media europea; ciò che invece differisce rispetto alla situazione degli altri paesi europei è il livello dell'evasione fiscale. Per questo occorre operare per contrastare l'evasione e al tempo stesso effettuare opportune riconversioni nell'ambito delle destinazioni delle risorse pubbliche. Al contrario il Governo assume decisioni assai discutibili, come le scelte operate in relazione alla crisi di Alitalia e l'accordo con gli autotrasportatori che prevede un'automatica indicizzazione in proporzione all'aumento dei costi del carburante. Contestualmente sono pesantemente ridotti i finanziamenti per gli investimenti, viene presentato un programma di interventi nell'allegato al DPEF relativo alle infrastrutture strategiche del tutto deludente e sono smantellate le politiche di sviluppo già definite. Per queste ragioni ribadisce il proprio giudizio assolutamente negativo sul documento di programmazione e sugli interventi in materia economica e finanziaria che il Governo ha già adottato.

Pier Paolo BARETTA (PD) chiede chiarimenti in ordine alla natura occasionale o meno della contestuale adozione del documento di programmazione e del decreto-legge che attua una manovra pluriennale, anche al fine di meglio comprendere se essa sia da porre in relazione con gli impegni assunti nel corso della campagna elettorale o se invece non costituisca una sorta di proposta di riforma della sessione di bilancio. In quest'ultimo caso, a suo avviso, si dovrebbe tener conto del carattere strutturale della riforma della sessione di bilancio che richiede una riflessione e un confronto anche con l'opposizione.
Passando ad una riflessione sul quadro macroeconomico nazionale e internazionale, descritto nel DPEF, osserva che le difficoltà e i dati preoccupanti erano noti e in parte prevedibili. Il vero nodo è rappresentato dalla risposta che viene data, che penalizza ulteriormente il nostro Paese: rispetto ai tre fattori di rischio, rappresentati da debito, scarsa crescita e rapporto tra reddito e potere di acquisto, il Governo ha infatti optato unicamente per la riduzione del debito rinunciando ad


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affrontare contestualmente anche gli altri due fattori. Sottolinea che, pur nel riconoscimento all'operato del Governo precedente, il DPEF manifesta la rinuncia ad affrontare questioni che sono strettamente correlate e che, se risolte in modo contestuale e adeguato, potrebbero consentire la reale ripresa dell'economia italiana. Anche in riferimento alla speculazione che è in atto a livello internazionale, è da rilevare la mancanza di un atteggiamento reattivo da parte del Governo. Sottolinea che le audizioni che sono state svolte ieri hanno evidenziato che gli effetti della cosiddetta «Robin tax» si scaricheranno sui consumatori. Anche in materia di liberalizzazioni e class action sottolinea che il messaggio che giunge ai cittadini è inadeguato; particolarmente grave giudica la rinuncia alle liberalizzazioni considerato l'impulso che potrebbe derivarne ai fini della crescita del paese.

Lino DUILIO (PD) ritiene condivisibili alcuni elementi del DPEF, quali il pareggio di bilancio e la riduzione del debito. Nel ricordare i risultati economici raggiunti dal precedente Governo, osserva che l'attuale esecutivo avrebbe potuto già procedere ad una riduzione delle tasse.
Inoltre, il Governo avrebbe potuto fornire al Parlamento chiarimenti su quali misure intenda adottare per emergere l'economia sommersa italiana (che ammonterebbe ad una percentuale prossima al 18 per cento del PIL), e quali misure intenda adottare in tema di riduzione della spesa pubblica. Ciò diventa tanto più necessario nel momento in cui non sono disponibili i dati del disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato e, a tale proposito, manifesta rammarico per la mancata prevista presentazione di tale disegno di legge entro il termine del 30 giugno, poiché ciò rende impossibile verificare l'entità delle risorse effettivamente disponibili. Perciò, pur condividendo alcuni degli obiettivi indicati nel DPEF, avanza riserve in relazione ai mezzi individuati per darvi seguito.
Ritiene altresì che il DPEF vada valorizzato, soprattutto dopo l'adozione di un decreto-legge che reca una manovra pluriennale. A tale riguardo non può nascondere una certa delusione per il fatto che il DPEF non consenta di intravedere il disegno governativo di fronte ai pur evidenti problemi strutturali di produttività del sistema economico italiano.
Manifesta inoltre sorpresa per il fatto che l'attuale maggioranza, dopo aver criticato per anni la mancanza di ambizione dei documenti programmatici del governo Prodi, abbia presentato un DPEF con l'indicazione di una previsione di una crescita estremamente ridotta per l'anno in corso e un tasso dell'1,5 per cento per gli anni successivi, ricordando la necessità di innalzare il tasso di crescita almeno al 3 per cento per i prossimi cinque o dieci anni. Non concorda infine con quanto affermato dal Governo circa l'impossibilità di influire sulla crescita del PIL, che, nel mondo sempre più globalizzato, sarebbe legata più che altro a fattori esogeni. Nel rilevare al riguardo come il DPEF dovrebbe fornire indicazioni stringenti su prospettive ed obiettivi del Governo, osserva come sia necessario che l'esecutivo offra al Parlamento un'occasione di confronto costruttivo e bipartisan sul problema della crescita economica. Occorrerebbero altresì chiarimenti su alcuni indirizzi, come quello riguardante il problema della produttività nella pubblica amministrazione, al di là di un incomprensibile atteggiamento punitivo verso il settore pubblico, di cui invece dovrebbero essere sfruttate le potenzialità ai fini della crescita del Paese. Cita a questo riguardo il taglio di fondi effettuato con riferimento all'Istituto per la ricerca sui tumori di Milano, avanzando forti dubbi sulla reale convenienza economica della riduzione degli investimenti nei settori di eccellenza.
Ritiene poi necessario che il Governo fornisca chiarimenti con riferimento al sostegno della domanda interna, anche alla luce della possibilità che l'incremento di tale domanda possa essere indirizzata all'acquisto di beni forniti dall'estero, senza rilevanti corrispondenti incrementi


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del PIL. Ritiene parimenti necessario conoscere la posizione del Governo in merito al recupero del fiscal drag.
Osserva poi che la fissazione dell'inflazione programmata ad un livello non realistico comporterà non solo mancato innalzamento del reddito delle famiglie e quindi del PIL, ma anche prevedibili e negative conseguenze per quanto riguarda il rinnovo dei contratti.
Da ultimo, rilevate le ampie carenze sul piano dell'equità sostanziale della manovra, ritiene che il DPEF non presenti, come era possibile prevedere, particolari elementi di novità capaci di incidere sulla crescita e lo sviluppo nel medio periodo. I tagli prefigurati nel DPEF con riferimento agli enti locali rimandano ai futuri provvedimenti in tema di federalismo fiscale che, però, non potranno intervenire prima della metà del 2009, quindi probabilmente in ritardo rispetto agli effetti prodotti dai tagli annunciati e con prevedibili notevoli ripercussioni sugli investimenti pubblici degli enti locali.
Per quanto riguarda poi la politica tributaria ritiene necessario che il Governo chiarisca se intenda proseguire la lotta all'evasione e all'elusione fiscale.
Auspica infine che il Governo possa conseguire il risultato della riduzione delle spese, specie di parte corrente, pur esprimendo perplessità sui tagli lineari, sulla scorta delle esperienze attraversate negli anni precedenti che hanno ampiamente dimostrato le difficoltà di attuare una significativa e permanente riduzione della spesa pubblica.

Cesare MARINI (PD) ribadisce l'opportunità di un ampio dibattito in Commissione, alla luce del fatto che i lavori in Assemblea, sia sul DPEF, sia sul decreto-legge n. 112, si svolgeranno in tempi assolutamente inadeguati. Dichiara di volere dedicare il proprio intervento alle questioni del Mezzogiorno, dal momento che le decisioni già assunte dal Governo risultano gravemente penalizzanti per le regioni meridionali; richiama in proposito le modalità di copertura dell'esenzione dall'ICI della prima casa, individuata a carico delle risorse destinate alle infrastrutture nel sud del Paese. Al tempo stesso il Governo non dedica nel documento di programmazione economico-finanziaria alcuna attenzione specifica alla politica per il Mezzogiorno. Soltanto nell'ambito degli interventi generali per la politica economica del Paese si fa riferimento alla riforma del fondo per le aree sottoutilizzate e alla banca del sud. Evidenzia che i problemi fondamentali del Mezzogiorno sono riconducibili al basso tasso di crescita economica e all'inadeguato livello dei redditi, che rimangono stazionari. Questi due fenomeni determinano una situazione di generale impoverimento e una grave crisi nei rapporti sociali. Rispetto ad un simile contesto il Governo non sembra intenzionato ad adottare alcun intervento. Si limita a ridurre le risorse per gli investimenti e adoperare un sostanziale inasprimento della pressione fiscale. Non viene indicata alcuna iniziativa idonea a potenziare la dotazione di infrastrutture ovvero a rendere più efficiente il sistema produttivo. Non viene dedicato alcun riferimento neppure alla creazione di un'area di libero scambio nel Mediterraneo sulla base dell'accordo di Barcellona, che offre alle regioni meridionali straordinarie possibilità di sviluppo, ma al tempo stesso richiede che siano poste in grado di affrontare la competizione, in particolare in materia agricola, con i paesi dell'Africa settentrionale. Riguardo alla concentrazione nell'utilizzo delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, rileva che si passa da una logica territoriale ad una settoriale e si domanda se, in considerazione delle specifiche condizioni dei territori meridionali, si tratti di una scelta opportuna. Osserva altresì che i distretti hanno prodotto risultati eccellenti soltanto in realtà ben definite e che è necessario intervenire sulle condizioni strutturali in cui operano gli attori economici; per questa ragione ritiene che dovrebbero essere prospettati interventi in materia di accesso al credito o di individuazione della forma giuridica più opportuna. La misura contenuta nel decreto-legge n. 112, che prevede la possibilità per le università di


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trasformarsi in fondazioni, può risultare efficace soltanto in contesti forti. C'è il rischio che, se non si tiene presente questo aspetto, i divari tra territori aumentino. Osserva altresì che nono sono chiare le modalità e gli strumenti di intervento con i quali dovrà operare la Banca per il Sud. Ricorda che in Italia si è verificato un forte processo di concentrazione del sistema creditizio, che ha determinato il crollo dei soggetti più deboli, vale a dire le banche meridionali. Ciò ha permesso ai grandi gruppi di credito acquirenti di realizzare ottimi affari appropriandosi, a prezzi nettamente inferiori al loro valore, degli istituti meridionali. Infine richiama l'attenzione del rappresentante del Governo sull'articolo 58 del decreto-legge n. 112, che contiene misure sicuramente condivisibili in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare delle regioni e degli enti locali. Rileva peraltro che nel Sud, per ragioni storiche, i beni demaniali sono gravati da usi civici, che, pur non rivestendo oggi alcuna effettiva funzione, possono costituire un impedimento giuridico alla realizzazione delle misure di valorizzazione. Evidenzia pertanto l'opportunità di prevedere che, con le delibere degli organi delle regioni e degli enti locali previste dal citato articolo 58 si possano altresì dichiarare decaduti gli usi civici.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, comunica di aver disposto la ridefinizione dei tempi dei lavori delle Commissioni, nel senso di prevedere lo svolgimento della sede consultiva alle ore 13.50 e le dichiarazioni di voto, nonché la votazione del mandato al relatore a riferire sul DPEF dalle ore 14. I lavori delle Commissioni riunite V e VI sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008 avranno inizio a partire dalle ore 15.

Antonio MISIANI (PD) osserva che i dati relativi al quadro macroeconomico nazionale rivelano che il Governo precedente ha lasciato i conti in ordine: il deficit è infatti saldamente al di sotto del 3 per cento, il debito è in riduzione e la spesa, per quanto sostenuta, è stabile. Ne è una prova la chiusura della procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, aperta nel 2005. Tale assetto consente al Paese di affrontare ora una congiuntura internazionale decisamente difficile. Con riferimento alle linee di politica economica delineata nel DPEF, segnala tuttavia tre questioni problematiche. La prima concerne l'andamento della pressione fiscale. Nel ricordare che i partiti della maggioranza di governo avevano assunto impegni elettorali precisi in ordine alla riduzione della pressione fiscale al di sotto del 40 per cento rispetto al PIL, segnala che il DPEF non prospetta alcune consistente riduzione delle pressione fiscale ed anzi il dato programmatico risulta costantemente più alto di quello tendenziale. Inoltre, anche gli interventi prospettati sui settori energetico, bancario e assicurativo per mezzo della cosiddetta «Robin Hood tax» da un lato rischiano di ripercuotersi in modo negativo sui consumatori, e, dall'altro lato, verranno destinati alla stabilizzazione della finanza pubblica e solo in minima parte al sostegno delle categorie più disagiate. In generale, sottolinea che gli interventi prospettati non potranno in alcun modo dare stimolo alla domanda interna, che al momento è estremamente debole. Denuncia poi la significativa contrazione degli investimenti pubblici: si tratta di una questione di particolare gravità, se si considera il forte ritardo in cui versa l'Italia a paragone dei maggiori partner europei per quel che concerne la dotazione infrastrutturale. Infine gli obiettivi stabiliti dal DPEF in materia di riduzione della spesa primaria corrente risultano poco ambiziosi, come dimostrato dal fatto che si continui a ricorrere ai «tagli lineari» che già in passato si sono dimostrati inefficaci.
Rileva quindi l'assenza dal documento di ogni riferimento ad interventi in materia ambientale, settore in cui l'Italia è gravemente disallineata rispetto agli impegni assunti in campo internazionale. Sottolinea ancora che il documento è del tutto carente anche per quanto concerne le liberalizzazioni, che potrebbero costituire


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una leva cruciale per la modernizzazione del Paese e la ripresa dell'economia.
Infine, segnala che il documento assume impegni significativi su due riforme chiave, ovvero quella della pubblica amministrazione e il federalismo fiscale. Al riguardo sottolinea che si tratta degli impegni su cui realmente si misurerà la capacità riformatrice dell'attuale Governo e su cui, soprattutto per quanto riguarda il federalismo fiscale, vi dovrà essere, a differenza di quanto avvenuto per il DPEF e per il decreto-legge n. 112, i cui tempi di esame sono stati drammaticamente ristretti, un confronto ampio tra maggioranza e opposizione in Parlamento.

Antonio BORGHESI (IdV) osserva che il DPEF mostra chiaramente che, a dispetto degli impegni elettorali, la pressione fiscale sia a livello nazionale che a livello locale è destinata ad aumentare. Insieme non viene delineata una coerente strategia di promozione dello sviluppo economico e si prevedono anzi misure che rischiano di avere un effetto depressivo sull'economia, andandosi ad aggiungere all'effetto depressivo che sarà provocato dall'annunciata decisione della Banca centrale europea di un ulteriore aumento dei tassi di interesse. In proposito osserva che si sarebbe dovuto reagire alla situazione di «stagflazione» che si sta profilando con interventi a sostegno della capacità di consumo a partire dai ceti più bassi, anziché da quelli più alti. Con riferimento ad alcuni specifici aspetti rileva in primo luogo che non vi è chiarezza sui contenuti dell'annunciato disegno di legge sul federalismo fiscale. Al riguardo segnala che se, come indicato dal ministro Bossi, il modello adottato sarà quello proposto dalla regione Lombardia, si verificherà un aumento della sperequazione tra Nord e Sud del Paese. Inoltre, risulta del tutto incoerente con i propositi di federalismo fiscale il finanziamento previsto dal decreto-legge n. 112 per Roma capitale, senza imporre al comune di Roma una vendita delle proprie partecipazioni o del proprio patrimonio immobiliare. Con riferimento alle misure in materia di semplificazione rileva che la finalità delle stesse risulta condivisibile, ma ricorda che in materia risultavano già esistenti altri strumenti normativi. In materia di liberalizzazione dei servizi pubblici locali rileva la necessità di aggredire le logiche clientelari che ormai caratterizzano la gestione delle società partecipate degli enti locali. Lamenta poi il silenzio del documento in materia di giustizia: in proposito segnala che una misura per il sostegno di questo settore sarebbe rappresentata dalla devoluzione dell'amministrazione giudiziaria delle ingenti somme derivanti da sequestri giudiziari la cui attuale entità è di oltre due miliardi, mentre il decreto-legge n. 112 prevede, al contrario, nuovi tagli al settore. Ribadisce poi il giudizio che la cosiddetta «Robin Hood tax» rappresenti in realtà una «Robin Furb tax» i cui costi ricadranno sui consumatori. Osserva al riguardo che ad esempio per le imprese petrolifere si prevede un incremento dell'aliquota IRES dal 27 al 33 per cento; tuttavia, al tempo stesso, la tassazione delle plusvalenze su depositi e magazzini è fissata al 16 per cento. Esprime poi dubbi sulla annunciata possibilità di trasformare le università in fondazioni, rilevando la difficoltà per le realtà più piccole, ma non per questo meno efficienti, di trovare adeguati finanziamenti. Rileva ancora che le questioni ambientali sono praticamente ignorate dal documento, fatta eccezione per la conferma del ritorno all'utilizzo dell'energia nucleare. In proposito, nel ricordare la sostanziale contrarietà del suo partito sul punto, esprime invece una sua personale disponibilità con riferimento alla promozione della ricerca in particolare sugli impianti di nuova generazione. Rileva tuttavia che si tratta di una prospettiva che richiederà decenni per essere completamente realizzata, mentre nel breve periodo risulterebbe opportuno incentivare la promozione di energia rinnovabili. Lamenta quindi il progettato taglio alla spesa per le infrastrutture, che quindi non potrà rappresentare un volano per lo sviluppo. In proposito ricorda che l'allegato al DPEF sulle infrastrutture prevede comunque investimenti


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pubblici per 40 miliardi per la realizzazione delle grandi opere senza indicare come potranno essere individuate. Insieme esprime dubbi sul ricorso in misura consistente al project financing in quanto l'esperienza passata dimostra che difficilmente i privati riescono a sostituirsi allo Stato. Rileva ancora che il DPEF manca di chiarezza sul sostengo alle attività produttive, posto che si prevede una concentrazione delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate sugli investimenti infrastrutturali. Manca anche un intervento realmente efficace per la promozione ed il rafforzamento dei distretti industriali. Analoga vaghezza poi si registra sulle politiche di privatizzazione, per tacere dell'annunciato impegno alla conclusione della privatizzazione di Alitalia, la cui situazione drammatica è responsabilità non solo del Presidente del Consiglio ma anche di alcuni leaders sindacali che hanno fatto fallire la trattativa con AirFrance senza valutare che il costo complessivo per i lavoratori di Alitalia risulterà alla fine in questo modo di gran lunga maggiore. Con riferimento alla ristrutturazione della pubblica amministrazione, rileva che già rispetto alle prime proposte del ministro Brunetta si stanno compiendo dei passi indietro e non sarà possibile realizzare in questo settore le economie di spesa annunciate. Dopo aver ricordato il suo sostegno a politiche di flessibilità del mercato lavoro anche nella pubblica amministrazione, che sono però cosa diversa da una generalizzata precarizzazione, segnala la contraddizione tra una indiscriminata stabilizzazione di 32 mila unità di personale docente nella scuola, mentre al tempo stesso si annuncia una riduzione di 70 mila cattedre dal 2009. Analogamente non risultano credibili gli annunciati tagli nel settore sanitario. In proposito rileva che le recenti valutazioni della Corte dei conti hanno evidenziato che le regioni in situazione di deficit sanitario hanno visto a marzo 2008 ulteriormente aumentare il loro deficit, fatta eccezione per Abruzzo e Campania, dove si è registrata una lenta diminuzione, fondata sul sostegno dello Stato e sull'aumento dell'imposizione fiscale locale e non su una ristrutturazione della spesa. Più in generale, osserva che gli enti locali vedranno peggiorare la loro situazione finanziaria non solo per l'esenzione ICI e per il blocco delle addizionali ma anche per la già ricordata «Robin Furb Tax» che colpirà anche le imprese energetiche locali, partecipate dagli enti locali, che hanno fino a qui rappresentato un importante serbatoio di risorse per tali enti.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, comunica che la replica del rappresentante del Governo e del relatore avrà luogo a partire dalle ore 14.

Amedeo CICCANTI (UdC) rileva che la vera emergenza in Italia è attualmente rappresentata dalla difficoltà delle famiglie, alimentata dal forte incremento dei prezzi dei beni di consumo ordinari. Osserva che l'unica forma di difesa è rappresentata dal tasso di inflazione programmata, in base al quale sono definiti gli aumenti delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti; pertanto ritiene non condivisibile la scelta del Governo di fissarla a un livello irrealisticamente basso. Ritiene che, rispetto ai problemi strutturali del Paese occorrerebbe un consenso di tutte le forze politiche a tutela dell'interesse comune. Per questo giudica estremamente grave che il Governo e la maggioranza abbiano compromesso la prospettiva di una collaborazione politica per difendere interessi di carattere personale del Presidente del Consiglio. Invita pertanto a desistere da un atteggiamento di scontro che non permette di instaurare quel clima positivo assolutamente necessario per difendere gli interessi delle imprese e delle famiglie. Ricorda che in relazione all'introduzione dell'euro si è verificata una forte riduzione della spesa per interessi, di cui tuttavia il Paese non ha tratto vantaggio, a causa della mancata riduzione della spesa corrente, che invece è stata operata in Francia e in Germania. Osserva altresì che la pressione fiscale si è mantenuta su livelli molto alti a partire dal 1997 e, contrariamente alle promesse


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elettorali, non si ridurrà nel prossimo triennio. Al tempo stesso si preannuncia una riforma volta a introdurre il federalismo fiscale, senza avere alcuna idea dei contenuti che tale federalismo dovrà assumere, anche in considerazione dei forti contrasti e dei differenti progetti che in proposito sono presenti nella maggioranza. Il documento di programmazione manca inoltre di indicazioni su interventi idonei a superare i problemi strutturali che affliggono l'economia del Paese. Le liberalizzazioni dei servizi pubblici locali sono osteggiati dalla Lega Nord degli interessi degli enti locali settentrionali. Manca la volontà di creare effettive condizioni di concorrenza nel settore creditizio. Non basta la previsione della possibilità di una trasformazione in fondazioni per risolvere i problemi delle università italiane. Più in generale evidenzia che il Governo è venuto meno rispetto ai due principali impegni assunti nel corso della campagna elettorale. Non vi è infatti ridotta la pressione fiscale, che rimane inalterata per il prossimo triennio. Al tempo stesso non sono adottate misure che effettivamente garantiscano la sicurezza. Ad un inasprimento per i reati minori si affianca infatti una grave riduzione destinate alle forze dell'ordine, quando il Governo precedente era stato criticato proprio per l'insufficienza dei finanziamenti destinati a questo settore. Per quanto riguarda l'altro tema essenziale di fronte al quale si trova oggi la politica italiana, vale a dire la razionalizzazione delle istituzioni, sottolinea che si tratta di una questione che non può essere affrontata con successo in assenza di una cultura e di un atteggiamento politico ispirati alla ricerca di un ampio consenso. Osserva che, di fronte a problemi di tale natura, il Governo si limita a tradizionali interventi su voci di spesa, come i consumi intermedi e gli investimenti, che sono stati oggetto di ripetute decurtazioni. Mancano invece riforme strutturali che sono l'unico strumento per pervenire ad un abbassamento permanente del livello della spesa pubblica. Rileva altresì che dei 5,3 miliardi di euro ottenuti dalle misure di carattere fiscale soltanto 300 milioni sono destinati a finalità sociali e di difesa del potere di acquisto. In definitiva ritiene che la mancanza di misure strutturali a favore della produttività, dell'occupazione e della formazione, la riduzione delle risorse per le infrastrutture, l'assenza di una politica a favore della concorrenza e delle liberalizzazioni, la carenza di una politica per il Mezzogiorno motivano il giudizio di grave insufficienza sul DPEF in esame. In conclusione preannuncia la presentazione di una risoluzione alternativa da parte del proprio gruppo.

Gioacchino ALFANO (PdL) esprime apprezzamento per il dibattito ampio e ricco di spunti. Rileva peraltro come sia necessario riconoscere il coraggio del Governo nell'adottare una manovra innovativa, sia sotto il profilo del metodo sia sotto il profilo dei contenuti. La condizione del Paese richiede che le istituzioni sappiano intervenire in modo efficace e il Governo ha inteso dare risposta alle rilevanti esigenze di tutti i cittadini che sono ben note. Per questo esprime a nome del proprio gruppo una valutazione sicuramente favorevole su una manovra che assicura il consolidamento dei conti pubblici e, al tempo stesso, apre prospettive di rilancio e di sviluppo.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame del provvedimento alla seduta appositamente prevista per le ore 14.

La seduta termina alle 13.35

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Giovedì 3 luglio 2008. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Giuseppe Vegas.

La seduta comincia alle 14.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter,


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comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-00178 Duilio: Risorse umane dell'ISTAT.

Lino DUILIO (PD) illustra l'interrogazione in titolo.

Il sottosegretario Giuseppe VEGAS risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato).

Lino DUILIO (PD), replicando, esprime l'auspicio che la situazione di fatto determinatasi, che risulta confermata dagli elementi di risposta forniti dal rappresentante del Governo, consenta comunque all'ISTAT di continuare a svolgere i suoi preziosi compiti istituzionali, anche ove si verificasse il paventato trasferimento di importanti risorse umane al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 14.10

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 3 luglio 2008. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Giuseppe Vegas.

La seduta comincia alle 14.10.

DL 92/2008: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.
C. 1366 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite I e II).
(Esame e conclusione - Nulla osta).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Massimo Enrico CORSARO (PdL), relatore, con riferimento ai profili finanziari del provvedimento, rileva che, con riferimento alla previsione dell'accompagnamento alla frontiera quale modalità di esecuzione dell'espulsione di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), in precedenti provvedimenti esaminati dalla Commissione bilancio sono stati indicati e quantificati effetti onerosi. Osserva tuttavia che in proposito, come emerso anche nel corso dell'esame in Senato, si può ritenere che gli attuali stanziamenti di bilancio previsti per l'attuazione dei provvedimenti di espulsione risultano capienti. Sul punto chiede una conferma al rappresentante del Governo. Con riferimento all'articolo 7-bis, ricorda che la relazione tecnica, trasmessa nel corso dell'esame presso il Senato, ipotizza che il contingente di forze armate da impiegare con compiti di controllo del territorio sia composto da 2.500 unità di personale delle Forze armate e 500 dell'Arma dei carabinieri. In proposito, rileva che le stime contenute nella relazione tecnica, riguardanti sia le spese di personale sia le dotazioni strumentali necessarie all'attuazione dell'intervento in esame, sono riferite ad un onere complessivo che il testo configura quale limite massimo di spesa. Ritiene pertanto presumibile che a tali previsioni, con particolare riferimento all'entità del contingente impiegato e alla dimensione degli equipaggiamenti, potrà darsi attuazione nei limiti delle risorse finanziarie disponibili. Sul punto chiede comunque un chiarimento del Governo, con particolare riferimento alla compatibilità del limite di spesa in esame rispetto alle modalità di attuazione dell'intervento e alle posizioni soggettive coinvolte. Tale aspetto andrebbe precisato anche in relazione allo sviluppo temporale dell'onere, che è stato parametrato su due identici periodi di sei mesi ciascuno. Infatti, poiché l'articolo 7-bis potrà entrare in vigore soltanto a decorrere dalla conversione in legge del decreto in esame, l'utilizzo effettivo


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del contingente potrebbe risultare inferiore ai sei mesi nell'anno 2008. Nell'anno successivo, invece, il rispetto del predetto limite di spesa richiederebbe un utilizzo di personale e di mezzi compatibile con la circostanza che l'intervento (qualora complessivamente protratto per dodici mesi) dovrebbe avere una durata superiore ai sei mesi previsti dalla relazione tecnica.
In ordine ai profili di copertura finanziaria, osserva che il comma 4 dispone che agli oneri derivanti dall'impiego delle Forze armate per le specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità di cui al comma 1, stabiliti entro il limite di spesa di 31,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, comprendenti le spese per il trasferimento e l'impiego del personale e dei mezzi e la e la corresponsione dei compensi per lavoro straordinario e un'indennità onnicomprensiva, si provvede mediante utilizzo del Fondo speciale di parte corrente relativo al triennio 2008-2010. In particolare si prevede l'utilizzo quanto a 4 milioni di euro per il 2008 e 16 milioni di euro per il 2009 l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia; quanto a 9 milioni di euro per il 2008 e 8 milioni di euro per il 2009 l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia; quanto a 18,2 milioni di euro per il 2008 e 7,2 milioni di euro per il 2009 l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. Al riguardo, con riferimento all'utilizzo degli accantonamenti del Fondo speciale, segnala che gli stessi, sebbene privi di una specifica voce programmatica, recano la necessaria disponibilità. In particolare, quanto all'utilizzo dell'accantonamento del Ministero degli affari esteri, preordinato ai sensi della vigente normativa contabile all'attuazione degli obblighi internazionali, e, quindi, non utilizzabile per finalità differenti, si ricorda che nel corso dell'esame, in sede consultiva, presso la Commissione bilancio del Senato, nella seduta del 18 giugno 2008, il rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze ha chiarito che si poteva convenire sull'utilizzo dell'accantonamento in quanto tale utilizzo non è suscettibile di pregiudicare l'adempimento dei suddetti obblighi. Ricorda che, alla luce di tali chiarimenti, la Commissione bilancio del Senato ha espresso parere di nulla osta sull'articolo aggiuntivo con il quale la disposizione in esame è stata inserita. Più in generale osserva che il provvedimento, ferme restando le conferme richieste al Governo, non appare presentare profili problematici di carattere finanziario.

Il sottosegretario Giuseppe VEGAS con riferimento ai provvedimenti di espulsione di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b) segnala che gli attuali stanziamenti di bilanci risultano capienti per far fronte alle attività previste. Per quanto concerne gli articoli 2-bis, 2-ter e 3 in materia di sospensione dei procedimenti penali e di competenza del giudice di pace, rileva che le attività che essi comportano appaiono riconducibili all'attività ordinaria dell'amministrazione della giustizia e pertanto non comportano maggiori oneri. Infine segnala che all'attuazione dell'articolo 7-bis, in materia di concorso delle Forze armate al controllo del territorio, si provvederà comunque nel rispetto del limite di spesa previsto che risulta calibrato.

Giulio CALVISI (PD) rileva preliminarmente che la mancata presentazione di una relazione tecnica aggiornata rende difficile la valutazione degli effetti finanziari del provvedimento. Ciò risulta vero in primo luogo con riferimento all'obbligo, individuato dall'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), di effettuare, in presenza di determinate condizioni, l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera degli stranieri entrati illegalmente in Italia. Ricorda infatti che già la legge Turco-Napolitano ha previsto la possibilità per il giudice di disporre l'allontanamento con accompagnamento alla frontiera, facoltà poi ampliata dalla legge Bossi-Fini. Tuttavia in entrambi i casi ed anche nel recente decreto legislativo in materia di espulsione dei cittadini comunitari sono stati sempre previsti appositi stanziamenti di bilancio per tali procedimenti, come segnalato


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nella documentazione predisposta dagli uffici. Non è chiaro perché non si sia proceduto nello stesso modo nel provvedimento in esame, considerato che la facoltà è ora divenuta un obbligo. Rileva che ciò significa che o si prevedono poche espulsioni e quindi il provvedimento è finanziariamente sostenibile, ma inefficace, o se ne prevedono molte e quindi il provvedimento è finanziariamente scoperto. In secondo luogo rileva che la sospensione dei procedimenti penali rischia di comportare un considerevole aumento delle spese di notifica rispetto al quale non è prevista alcuna copertura finanziaria né è fornito alcun chiarimento. In terzo luogo, con riferimento all'impiego di militari per il controllo del territorio rileva che l'emergenza sicurezza non può essere definita né sotto il profilo temporale né per quel che concerne l'ambito di applicazione territoriale. Esprime pertanto dubbi sull'effettiva possibilità del rispetto del limite di spesa previsto dal decreto, osservando peraltro che a parità di onere il contingente potrebbe risultare inferiore alle tremila unità, tenuto conto dei diversi profili professionali impiegati. Anche in relazione a questo profilo, non sono fornite indicazioni.

Il sottosegretario Giuseppe VEGAS, per quanto concerne la procedura di accompagnamento alla frontiera, rileva che l'idoneità dello stanziamento di bilancio attualmente previsto a farvi fronte discende dall'effetto di razionalizzazione della disciplina che il decreto comporta. Inoltre la politica di maggiore rigore nei confronti di immigrazione clandestina adottata costituirà probabilmente un disincentivo ad ulteriori arrivi illegali nel territorio nazionale. Con riferimento alle eventuali spese di notifica derivanti dalla disposizione in materia di sospensione dei procedimenti penali rileva che tali eventuali costi potrebbero essere compensati dai minori oneri per la effettuazione dei processi. Conferma infine che il limite di spesa derivante dall'articolo 7-bis in materia di impiego dei militari per il controllo del territorio definisce un limite massimo di risorse per quel che concerne l'attuazione della disposizione medesima; se emergeranno esigenze che rendano necessario un intervento più consistente o più esteso nel tempo si provvederà con un apposito provvedimento.

Massimo Enrico CORSARO (PdL), relatore, formula la seguente proposta di parere:

«La V Commissione,
esaminato il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 92 del 2008, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica;
preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo secondo cui le previsioni dell'accompagnamento alla frontiera quale modalità di esecuzione dell'espulsione di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b) non comporta nuovi o maggiori oneri,
esprime

NULLA OSTA

nel presupposto che:
l'utilizzo, per finalità di copertura, dell'accantonamento del Ministero degli affari esteri del fondo speciale di parte corrente relativo al triennio 2008-2010, preordinato ai sensi della vigente normativa contabile all'attuazione degli obblighi internazionali, non pregiudichi l'adempimento dei suddetti obblighi;
il contingente di militari utilizzabili ai sensi dell'articolo 7-bis sia modulabile in misura tale da assicurare il rispetto del limite di spesa determinato dallo stesso articolo».

Bruno TABACCI (UdC), intervenendo in sede di dichiarazione di voto, annuncia il voto contrario del suo gruppo alla proposta di parere in quanto la quantificazione degli effetti finanziari risulta del tutto priva di elementi giustificativi e pertanto non vi sono ragioni che motivino l'espressione di un nulla osta. I contenuti


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del provvedimento sono comunque assolutamente inaccettabili. Non è neppure ammissibile una politica che si basa soltanto sull'effetto di annuncio, come nel caso della rilevazione delle impronte digitali dei bambini rom.

Giulio CALVISI (PD) annuncia il voto contrario del suo gruppo in quanto non sono stati forniti chiarimenti sufficienti sugli aspetti problematici da lui richiamati. Osserva inoltre che, mentre si vara un provvedimento in materia di sicurezza, nel decreto-legge in materia finanziaria sono previsti tagli consistenti al Ministero della giustizia e alle forze dell'ordine.

Renato CAMBURSANO (IdV), nell'annunciare il voto contrario del suo gruppo, dichiara di condividere le valutazioni del collega Tabacci sull'effetto assolutamente virtuale delle misure contenute nel provvedimento, che peraltro hanno determinato uno scontro istituzionale senza precedenti. Rileva che nel momento in cui si stanziano risorse per attribuire ai militari compiti di polizia, con diverso provvedimento, si ostacola, sul piano finanziario, attraverso una decurtazione degli stanziamenti previsti, l'azione della magistratura e delle forze dell'ordine. Osserva che i colleghi della maggioranza si dovrebbero vergognare di questa situazione, se anch'essi in realtà non si trovassero a subirla.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.40.

SEDE REFERENTE

Giovedì 3 luglio 2008. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Giuseppe Vegas.

La seduta comincia alle 14.40.

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013.
Doc. LVII, n. 1.
(Seguito dell'esame e conclusione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta antimeridiana.

Gabriele TOCCAFONDI, relatore, intervenendo in sede di replica, esprime apprezzamento per l'ampio dibattito svolto. Dichiara di non poter rispondere a tutte le questioni evidenziate. Intende peraltro svolgere alcune brevi osservazioni su punti che ritiene particolarmente rilevanti. In primo luogo non ritiene che nella politica del Governo si possa individuare una penalizzazione delle autonomie locali, dal momento che uno dei provvedimenti collegati alla manovra riguarda proprio la definizione del codice delle autonomie. Non ritiene neppure che si possa parlare di inasprimento fiscale, dal momento che il DPEF evidenzia con grande chiarezza che le maggiori entrate fiscali deriveranno dal settore dell'energia, dal settore bancario e assicurativo e dalla lotta all'evasione. Riguardo alle misure fiscali introdotte condivide l'esigenza di una attenta vigilanza per evitare la traslazione degli oneri a carico dei consumatori e degli utenti dei servizi. Rileva altresì che il Governo ha chiaramente indicato che le risorse che si renderanno disponibili per effetto del contenimento della spesa e della lotta all'evasione saranno destinate alla riduzione del carico fiscale a sostegno delle famiglie. In proposito ritiene peraltro che non si possa non condividere la scelta di impegnarsi in via prioritaria per ridurre il deficit e il debito pubblico, evidenziando che si tratta di una scelta in continuità con gli impegni assunti dal precedente Governo. Rileva altresì che la situazione dell'economia italiana negli ultimi tempi presenta anche profili incoraggianti, come attesta il dato, richiamato anche dal presidente dell'ISTAT nell'audizione di ieri, di un sensibile aumento del saldo attivo della bilancia


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commerciale al netto dei prodotti energetici. Per quanto riguarda infine il tasso di inflazione programmata, osserva che è stato fissato scontando il mancato recupero dell'inflazione derivante dall'aumento dei prezzi dei prodotti importati. Ricorda in proposito che la Banca centrale europea ha confermato l'impegno a mantenere un tasso d'inflazione prossimo al 2 per cento.

Il sottosegretario Giuseppe VEGAS rileva in primo luogo che compito specifico del DPEF è definire gli obiettivi della politica economico-finanziaria, non dare conto di tutte le politiche che il Governo intende porre in essere. Per quanto concerne la contestualità tra l'adozione del documento di programmazione e l'approvazione del decreto-legge n. 112, sottolinea che il decreto-legge ha la funzione di definire le basi finanziarie in relazione alle quali verrà definita la legge finanziaria, attuando misure di risanamento che dovevano essere assunte con urgenza. Segnala peraltro che il decreto-legge non reca soltanto interventi di contenimento della spesa o di aumento delle entrate, ma anche misura a sostegno dello sviluppo. Per quanto concerne più in generale il tema, toccato in molti interventi, della disciplina delle procedure di bilancio, fa presente che è intenzione del Governo, se vi sarà il consenso del Parlamento, pervenire, anche in relazione alla nuova struttura del bilancio per missioni e programmi, a una legge finanziaria snella, che non includa misure espansive e che, come tale, possa essere esaminata in tempi più rapidi. Ritiene altresì importante pervenire alla definizione di regole più rigorose in materia di copertura degli interventi di spesa. Nel ribadire che la manovra adottata dal Governo reca non soltanto misure di risanamento dei conti pubblici, ma anche misure a sostegno dello sviluppo, ricorda la detassazione dei compensi relativi al lavoro straordinario e le incisive misure di semplificazione che possono avvantaggiare notevolmente l'attività dei soggetti economici. Segnala altresì che il decreto-legge n. 112 contiene anche alcune prime misure di sostegno a favore dei cittadini con redditi più bassi. In ogni caso ritiene che la diminuzione della pressione fiscale possa essere disposta solo una volta che sia stato assicurato il risanamento dei conti pubblici. Per queste ragioni il Governo ha effettuato una significativa operazione di contenimento della spesa, che rappresenta un'inversione di tendenza indispensabile rispetto ad una tendenza all'incremento che è perdurata per molti anni. Segnala in proposito che non si tratta di misure soltanto programmatiche o comunque prive di efficacia, in quanto sono stati previsti efficaci meccanismi di controllo e di sanzione, con particolare riguardo alla spesa per il pubblico impiego. Per quanto riguarda il tasso d'inflazione programmata, rileva che si tratta di un valore che rappresenta un obiettivo. D'altra parte sussiste l'esigenza di evitare di alimentare l'inflazione derivante dall'aumento dei prezzi importati. In relazione alle misure in materia di enti locali e di sanità, osserva che esse rispondono all'esigenza di ripartire tra i diversi comparti dell'amministrazione pubblica l'onere del risanamento. Per quanto concerne il blocco dell'aumento delle addizionali e dei tributi locali, sottolinea che si tratta di una misura necessaria per evitare che il contenimento del carico fiscale operato a livello statale non sia vanificato dalle decisioni delle regioni e delle autonomie locali. Per quanto riguarda infine le politiche a sostegno delle regioni meridionali, rileva che, anche se nel DPEF non è dedicato un ampio spazio alla questione, sono tuttavia enunciate alcune linee guida di grande importanza. In particolare ritiene essenziale concentrare le risorse su interventi in grado di sostenere effettivamente la crescita del Mezzogiorno. Anche per quanto riguarda la riduzione degli stanziamenti relativi ad investimenti, osserva che tali finanziamenti devono esser determinati in relazione alla effettiva spendibilità.

Bruno TABACCI (UdC), intervenendo in sede di dichiarazioni di voto, osserva in primo luogo che sono i contribuenti a pagare gli effetti della situazione economica complessiva, con particolare riferimento ai corsi dei prodotti petroliferi e


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all'andamento del mercato energetico, e della inadeguatezza delle politiche del Governo. Sotto il profilo istituzionale si assiste ad una sovrapposizione di provvedimenti che il Parlamento è costretto ad approvare, senza neppure essere in condizione di esaminarli. Da quanto ha detto il sottosegretario Vegas risulta che la situazione sarà resa ancora più abnorme dal fatto che il Governo inserirà nel decreto-legge n. 112 anche il disegno di legge, mediante un maxiemendamento su cui sarà posta la questione di fiducia. Per queste ragioni ribadisce il giudizio fortemente negativo sul DPEF e conferma il proprio gruppo presenterà in Assemblea una risoluzione alternativa rispetto a quella della maggioranza.

Renato CAMBURSANO (IdV) rileva che, a fronte di numerose e reiterate promesse di concordia e collaborazione, il Governo ha adottato una serie di atti, recanti interventi molto discutibili sia nel settore economico e finanziario, sia nel settore della giustizia, che vengono sostanzialmente imposti al Parlamento. Anche dal punto di vista del merito si assiste ad una manovra depressiva, caratterizzata da un inasprimento della pressione fiscale e da pesanti riduzioni degli stanziamento per investimenti. Rileva altresì che, nonostante gli impegni assunti, vengono decurtati i finanziamenti per la sicurezza e sono ridotte le risorse destinate agli enti locali. Ritiene che simili misure produrranno gravi conseguenze per i cittadini. Al tempo stesso non è adottato alcun intervento significativo ed efficace a sostegno dello sviluppo; in relazione alle dichiarazione del sottosegretario Vegas evidenzia che non può certo ritenersi una misura di grande efficacia la detassazione sperimentale dei compensi per il lavoro straordinario, in particolare se si tiene conto dell'entità dell'economia sommersa in Italia. In conclusione ribadisce il voto contrario del proprio gruppo e preannuncia la presentazione di una risoluzione in Assemblea.

Pier Paolo BARETTA (PD) ritiene che l'elemento più critico del documento di programmazione economico-finanziario in esame sia rappresentato dalla mancata riduzione della pressione fiscale. Ritiene infatti che, senza una diminuzione delle tasse, non potrà esservi alcuno stimolo efficace alla ripresa. Ricorda in proposito che il Governo Prodi aveva già assunto significative misure di riduzione della pressione fiscale per le imprese; gli interventi che adesso è necessario adottare, ma che non sono presenti nella manovra del Governo, dovrebbero garantire una riduzione del carico fiscale sulle famiglie. Condivide la considerazione per cui l'inflazione importata è un dato di difficile determinazione; tuttavia, rispetto al tasso d'inflazione programmata indicato dal DPEF, emerge un eccessivo divario rispetto all'inflazione effettiva, per cui ritiene che dovrebbe essere stabilito un tasso più elevato a tutela dei redditi da lavoro dipendente. In conclusione il complesso della manovra che emerge dal documento di programmazione, dal decreto-legge n. 112 e dal disegno di legge adottato contestualmente si concentra, a suo avviso, sull'obiettivo di una riduzione del deficit; tuttavia, in assenza di una ripresa e di un tasso soddisfacente di crescita, le misure adottate si dimostreranno inefficaci anche a garantire conseguimento di tale obiettivo. Per tali ragioni conferma il giudizio negativo sul documento di programmazione in esame e preannuncia la presentazione di una risoluzione alternativa. Preannuncia altresì che il proprio gruppo lo ha designato quale relatore di minoranza sul documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2009-2013.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, dichiara concluso l'esame del documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2009-2013. Pone quindi in votazione la proposta di conferire al relatore il mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sul documento medesimo.

La Commissione delibera quindi di conferire al deputato Toccafondi il mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sul documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2009-2013.

La seduta termina alle 15.15.