IV Commissione - Marted́ 7 aprile 2009


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ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-00034 Cavallaro: Sulla possibile nocività di vaccini somministrati a militari.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il tema della presunta nocività dei vaccini somministrati ai nostri militari è da tempo all'attenzione della Difesa ed è stato affrontato anche nell'ambito dei lavori svolti nel corso della XIV legislatura dalla «Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impiegato nelle missioni internazionali di pace, sulle condizioni della conservazione e sull'eventuale utilizzo di uranio impoverito nelle esercitazioni militari sul territorio nazionale» ed ulteriormente approfondito, nella XV legislatura, dalla 2a «Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nano particelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico», chiamata spesso per brevità «Commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio impoverito», di cui parleremo più avanti.
L'ipotesi che i casi di malattie e decessi siano da correlare alla somministrazione di vaccini, appare poco sostenibile sia dal punto di vista tecnico-scientifico che etico-deontologico.
Le modalità di somministrazione, infatti, sono sempre state rispondenti ai principi della buona pratica vaccinale ed alle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali che consentono la somministrazione anche contemporanea di vaccini non viventi o in associazione a vaccini viventi purché in sedi diverse, mentre indicano un periodo di almeno quattro settimane fra inoculi di vaccini viventi, qualora non somministrati contemporaneamente.
In particolare, con decreto ministeriale 19 Febbraio 1997 è stata approvata, previe le opportune verifiche, la schedula delle vaccinazioni e delle profilassi, scaturita da un lavoro scientifico condotto da un gruppo di esperti infettivologi ed immunologi e validata dall'Istituto Superiore di Sanità. Successivamente, sulla base di considerazioni epidemiologiche e di nuove offerte di mercato, tenendo conto anche di segnalazioni di organizzazioni internazionali - quale l'Organizzazione Mondiale della Sanità - e delle autorità sanitarie locali dei teatri di operazione, la schedula è stata aggiornata con decreto ministeriale 31 marzo 2003 e sottoposta a preliminare ratifica da parte del Consiglio Superiore di Sanità, supremo Organo consultivo nazionale decisionale in materia.
La schedula esplicita le modalità applicative dei regimi immunoprofilattici, il calendario di inoculazione, l'organizzazione e le precauzioni prima e durante le sedute vaccinali, nonché la periodicità dei richiami e/o interruzione dei cicli vaccinali.
Per ogni teatro operativo vengono emanate specifiche direttive sulla schedula vaccinale e sulle eventuali misure di chemio-profilassi antimalarica, finalizzate alla prevenzione dei rischi biologici ambientali; l'attuazione dei moduli vaccinali adattati


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al singolo caso in relazione al pregresso stato vaccinale, deve essere, comunque, raggiunta prima della partenza per le zone di operazioni, così da garantire una sufficiente copertura.
Sebbene possa verificarsi, in situazioni di emergenza, che le vaccinazioni siano praticate direttamente nel teatro operativo, è da escludere, tuttavia, che la località e le condizioni ambientali in cui vengono effettuate possano incidere in qualche modo sull'efficacia e sulla sicurezza delle stesse.
I vaccini acquisiti ed impiegati dall'Amministrazione sono tutti farmaci regolarmente autorizzati al commercio (in Italia o all'estero e, in tal caso, regolarmente importati ai sensi del decreto ministeriale 11 febbraio 1997) e dispongono di una scheda individuale, presente nelle confezioni, contenente indicazioni, controindicazioni ed eventi avversi o effetti collaterali, oltre alla composizione autorizzata.
In linea generale, la maggior parte del personale impiegato in missione, è stato già sottoposto a molte delle vaccinazioni previste, sia in età pediatrica, per effetto delle vigenti disposizioni di legge, sia al momento dell'incorporamento.
Va doverosamente osservato che la vaccinazione del personale militare risponde a principi di:
salvaguardia della salute pubblica (considerato l'ambiente di vita comunitario della componente militare);
protezione del singolo militare e della rispettiva famiglia;
garanzia di efficienza fisica e salvaguardia operativa della componente umana dello strumento militare, solennemente sanciti dal dettato costituzionale (articolo 32, comma 1), la cui violazione ne costituirebbe una grave lesione.

In ambito militare, il successo delle misure vaccinali introdotte negli ultimi anni può essere sicuramente esemplificato dal significativo abbattimento di malattie infettive, quali la meningite meningococcica: oggi, non si registra più questa patologia, almeno con esiti letali.
L'Italia allinea la propria politica vaccinale militare a quella delle altre nazioni facenti parte della NATO, nel cui ambito vigono accordi di standardizzazione tra i Paesi membri (STANAG 2037) che individuano protocolli vaccinali standard, da garantirsi per tutti i militari.
Anche le perplessità derivanti dall'ipotetico stato immunodepressivo dovuto a stimolazioni vaccinali multiple non trovano alcun supporto nella pratica medica quotidiana, laddove non emergono segnalazioni di stati immunodepressivi (sembra, di massima, che un eventuale accumulo inciderebbe più nella risposta, nel senso di una minore quantità di anticorpi prodotti) conseguenti all'esecuzione delle vaccinazioni raccomandate per l'infanzia, riferendosi alla documentazione scientifica esistente.
Gli unici casi riportati in letteratura sono unicamente riferibili al vaccino antivaioloso, non più in uso dal 1977 a seguito di direttiva dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ed a quello antirosolia.
Naturalmente - e ciò vale per i vaccini come per ogni farmaco e ogni sostanza biologicamente attiva estranea introdotta nell'organismo - non esiste la garanzia assoluta ed inequivoca che tale sostanza sia innocua, né esistono modalità tecniche d'indagine preliminare che siano in grado di assicurare tale postulata innocuità.
Non a caso, il legislatore, conformandosi a tali principi, ha opportunamente previsto la risarcibilità dei danni provocati dalle pratiche emotrasfusionali e vaccinali, considerando quest'ultime, comunque, atti obbligati per ragioni di preminente salute pubblica oltre che individuale (legge n. 210/1992).
La questione dei possibili effetti nocivi dei vaccini è stata - come prima accennato - approfondita dalla citata 2a Commissione Parlamentare d'Inchiesta che, nella relazione conclusiva dei lavori, ha ribadito la correttezza delle modalità di preparazione dei vaccini, dei protocolli di


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somministrazione adottati dalle Forze armate italiane e, in generale, delle misure di profilassi igienico-sanitaria.
Per contro, ha chiesto ulteriori approfondimenti - anche in applicazione della citata legge n. 210 del 1992 - evidenziando l'assenza di previa verifica del livello anticorpale presente nei singoli soggetti sottoposti alle vaccinazioni preventive, segnalando la necessità di esplorare il campo delle possibili interconnessioni fra corredo immunitario, ipotetico stato immunodepressivo e azione dei vaccini, così da evitare che in soggetti particolarmente predisposti o immunodepressi per qualsivoglia causa, possano determinarsi squilibri del sistema immunitario tale da indurre l'effetto «paradosso» di aumentare la vulnerabilità da parte di agenti patogeni.
L'indagine sul carattere nocivo di alcune stimolazioni, ivi comprese le pratiche vaccinali, è stata affidata ad un apposito Comitato tecnicoscientifico ad elevata specializzazione per la prevenzione ed il controllo delle malattie del personale appartenente al Ministero della Difesa, con particolare riguardo ai fattori di rischio per la salute correlati alla permanenza in zone addestrative ed operative, compresi quelli derivanti dall'inquinamento prodotto da nano particelle.
In tale ottica, vengono valutate ed avviate tutte le linee di ricerca ritenute perseguibili, senza preclusione alcuna, stimolando lo sviluppo delle strutture universitarie nazionali e non, potenzialmente capaci di svilupparle.
L'ipotesi di un eventuale associazione tra le vaccinazioni e i tumori dell'apparato emolinfopoietico, con particolare attenzione alle popolazioni dei militari, è stata approfondita in sede scientifica dall'Istituto Superiore di Sanità - interessato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali - che ha ampiamente revisionato la relativa letteratura scientifica internazionale.
Con particolare riferimento ad un'associazione causale tra il rischio di neoplasie del sistema emolinfopoietico e le vaccinazioni nei militari, è emerso che sono stati effettuati pochissimi studi, i cui risultati, nell'insieme, sono poco coerenti e l'evidenza è inconsistente.
Al riguardo, meritevole di segnalazione è lo studio condotto nella coorte inglese dei veterani della guerra del Golfo e in una coorte di controllo: l'incidenza di tumori tra i veterani del Golfo, su 11 anni di follow-up, è risultata identica a quella osservata nella coorte di controllo.
Fatte queste considerazioni di carattere generale sul sistema di profilassi, con riferimento ai casi di malattia e di decesso richiamati dall'Onorevole interrogante, essi non possono attribuirsi tout court alla somministrazione di vaccini: ipotesi che appare scarsissimamente fondata.
La documentazione acquisita ha consentito di rilevare che i due giovani militari sono stati sottoposti alla profilassi vaccinale prevista (antitifica orale, antimeningococcica, antimorbillo-parotite-rosolia, antitetanica) e non sussistono elementi oggettivi di valutazione che consentano di ricondurre le patologie neoplastiche che ne hanno causato il decesso a fattori di rischio oncogenetico correlabili col servizio prestato e/o con le vaccinazioni praticate.
La Difesa e le Forze Armate sono le prime a considerare la salute dei propri militari come un bene prezioso da salvaguardare, per cui costituisce una priorità assoluta proseguire le indagini con totale apertura e trasparenza, affinché possano essere raggiunte definitive certezze su tale questione, nell'interesse del personale coinvolto, delle loro famiglie e dell'Istituzione.


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ALLEGATO 2

Legge comunitaria 2008. (C. 2320 Governo, approvato dal Senato).

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La IV Commissione Difesa,
esaminato il disegno di legge recante «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee-Legge comunitaria 2008» (C. 2320 Governo, approvato dal Senato);
rilevato che il citato disegno di legge non reca parti di specifico interesse della Commissione,

DELIBERA DI RIFERIRE FAVOREVOLMENTE


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ALLEGATO 3

Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2007. (Doc. LXXXVII, n. 1).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La IV Commissione Difesa,
esaminata, per la parte di propria competenza, la «Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2007» (Doc. LXXXVII, n. 1);
valutati positivamente l'impegno profuso dall'Unione europea per la sicurezza internazionale attraverso missioni internazionali civili e militari nonché le iniziative assunte dall'Unione stessa per sviluppare le capacità militari della difesa europea, con particolare riferimento alle iniziative intraprese nel settore industriale della difesa, finalizzate alla realizzazione di un sistema industriale integrato e interdipendente a livello europeo,

esprime

PARERE FAVOREVOLE