VII Commissione - Mercoledì 25 novembre 2009


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ALLEGATO 1

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 140, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 (Atto n. 131).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),
esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 140, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 (Atto n. 131),
valutato nel suo complesso positivamente il provvedimento, che definisce la struttura e il funzionamento dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), organismo fondamentale al fine di promuovere la cultura del merito nel sistema italiano delle università e della ricerca;
considerato che al comma 3 dell'articolo 2 occorrerebbe dare risalto alla necessità che vi sia coerenza tra i fini istituzionali previsti per l'ANVUR con gli obiettivi strategici indicati dal Consiglio europeo di Lisbona e dal cosiddetto processo di Bologna;
rilevata la necessità che l'attività dell'Agenzia sia valutata periodicamente da comitati di esperti internazionali;
sottolineato altresì che all'articolo 3, comma 1, lettera b), occorre prevedere per le questioni didattiche il coinvolgimento attivo degli studenti e dei loro organismi di rappresentanza o delle commissioni paritetiche;
rilevato che il comma 2 dell'articolo 4 prevede che le istituzioni interessate possono chiedere motivatamente per una sola volta e sulla base delle procedure disciplinate dall'articolo 12 comma 4 lettera a) - che riguarda la definizione dei compiti delle tre aree in cui si articola la Direzione generale dell'ANVUR - il riesame dei rapporti di valutazione approvati dall'Agenzia;
sottolineato che il comma 3 dell'articolo 4 prevede che l'Agenzia redige annualmente un Rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca e che la relazione illustrativa del provvedimento fa riferimento ad un rapporto «biennale»;
sottolineato che il comma 1 dell'articolo 6 dispone che sono organi dell'Agenzia il Presidente, il Consiglio direttivo ed il Collegio dei revisori dei conti e che il comma 3 dell'articolo 6 e l'articolo 11 prevedono rispettivamente le figure del direttore e del Comitato consultivo e ne disciplinano i relativi compiti;
evidenziato, inoltre, che il comma 3 dell'articolo 10 prevede per la nomina del direttore lo svolgimento di un colloquio con un elenco ristretto di candidati determinato dal Consiglio direttivo;


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osservato che l'articolo 14, ai commi 1 e 2, prevede che, a decorrere dalla data dell'entrata in vigore del regolamento, è abrogato il decreto del Presidente della Repubblica n. 64 del 2008 e che a decorrere dalla stessa data e contestualmente all'effettiva operatività dell'Agenzia sono soppressi il CNVSU, il CIVR e i Comitati di valutazione del CNR e dell'ASI;
considerato altresì che il comma 5 dell'articolo 14 prevede che le modalità di valutazione delle attività delle AFAM, nonché i conseguenti adeguamenti organizzativi dell'Agenzia, sono determinati con i regolamenti previsti dall'articolo 2, comma 7 e 8, della legge n. 508 del 1999, che ha affidato a regolamenti di delegificazione la disciplina fra gli altri della valutazione delle istituzioni AFAM;
rilevato che nell'Allegato A si quantificano le unità di personale non dirigenziale con riferimento delle Aree terza e seconda, senza fare riferimento invece all'Area I;
sottolineato che l'articolo 8, comma 5, prevede che l'incarico di componente il Consiglio direttivo è a tempo pieno ed è incompatibile, a pena di decadenza, con qualsiasi rapporto di lavoro, diretto o indiretto, anche a titolo gratuito, instaurato con le istituzioni valutate;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) all'articolo 2, comma 3, alla fine del primo periodo, appare necessario aggiungere le parole «nell'ambito della realizzazione degli spazi europei dell'istruzione superiore e della ricerca»;
2) all'articolo 2, appare necessario aggiungere infine il seguente comma: «L'attività dell'Agenzia ed il suo inserimento nel contesto internazionale delle attività di valutazione dell'università e della ricerca sono valutati periodicamente da comitati di esperti internazionali nominati dal Ministro, anche sulla base di designazioni delle organizzazioni europee di settore.»;
3) all'articolo 3, comma 1, lettera b), dopo le parole «procedure di auto-valutazione» è necessario aggiungere le seguenti parole «Per le questioni didattiche è promosso il coinvolgimento attivo degli studenti e dei loro organismi di rappresentanza o delle commissioni paritetiche»;
4) all'articolo 4, comma 2, appare necessario chiarire il riferimento ivi contenuto alle procedure di cui all'articolo 12, comma 4, lettera a), che si riferisce ai compiti delle aree funzionali;
5) all'articolo 4, comma 3, occorre prevedere che il rapporto dell'Agenzia abbia cadenza «biennale»;
6) all'articolo 6 occorre chiarire se il Direttore - citato nello stesso articolo - e il Comitato consultivo di cui all'articolo 11 facciano parte degli organi dell'Agenzia;
7) all'articolo 10, comma 3, è necessario chiarire a quale organo spetti gestire il colloquio per la nomina del Direttore;
8) all'articolo 14, comma 2, occorre individuare un unico dies a quo per la soppressione degli attuali Comitati di valutazione;
9) all'articolo 14, comma 5 occorre fare riferimento al solo comma 7 dell'articolo 2 della legge n. 508 del 1999, poiché il comma 8 reca i criteri e i principi direttivi per l'emanazione dei regolamenti;
10) con riferimento all'Allegato A, appare infine necessario chiarire se la mancata citazione dell'Area I significhi che nella medesima non è presente personale non dirigenziale.

e con la seguente osservazione:
all'articolo 8, comma 5, appare opportuno prevedere che il trattamento economico dei componenti il Consiglio direttivo sia corrispondente a quello delle categorie equiparate.


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ALLEGATO 2

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 140, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 (Atto n. 131).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),
esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 140, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 (Atto n. 131),
valutato nel suo complesso positivamente il provvedimento, che definisce la struttura e il funzionamento dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), organismo fondamentale al fine di promuovere la cultura del merito nel sistema italiano delle università e della ricerca;
considerato che al comma 3 dell'articolo 2 occorrerebbe dare risalto alla necessità che vi sia coerenza tra i fini istituzionali previsti per l'ANVUR con gli obiettivi strategici indicati dal Consiglio europeo di Lisbona e dal cosiddetto processo di Bologna;
rilevata la necessità che l'attività dell'Agenzia sia valutata periodicamente da comitati di esperti internazionali;
sottolineato altresì che all'articolo 3, comma 1, lettera b), occorre prevedere per le questioni didattiche il coinvolgimento attivo degli studenti e dei loro organismi di rappresentanza o delle commissioni paritetiche;
rilevato che il comma 2 dell'articolo 4 prevede che le istituzioni interessate possono chiedere motivatamente per una sola volta e sulla base delle procedure disciplinate dall'articolo 12 comma 4 lettera a) - che riguarda la definizione dei compiti delle tre aree in cui si articola la Direzione generale dell'ANVUR - il riesame dei rapporti di valutazione approvati dall'Agenzia;
sottolineato che il comma 3 dell'articolo 4 prevede che l'Agenzia redige annualmente un Rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca e che la relazione illustrativa del provvedimento fa riferimento ad un rapporto «biennale»;
sottolineato che il comma 1 dell'articolo 6 dispone che sono organi dell'Agenzia il Presidente, il Consiglio direttivo ed il Collegio dei revisori dei conti e che il comma 3 dell'articolo 6 e l'articolo 11 prevedono rispettivamente le figure del direttore e del Comitato consultivo e ne disciplinano i relativi compiti;
evidenziato, inoltre, che il comma 3 dell'articolo 10 prevede per la nomina del


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direttore lo svolgimento di un colloquio con un elenco ristretto di candidati determinato dal Consiglio direttivo;
osservato che l'articolo 14, ai commi 1 e 2, prevede che, a decorrere dalla data dell'entrata in vigore del regolamento, è abrogato il decreto del Presidente della Repubblica n. 64 del 2008 e che a decorrere dalla stessa data e contestualmente all'effettiva operatività dell'Agenzia sono soppressi il CNVSU, il CIVR e i Comitati di valutazione del CNR e dell'ASI;
considerato altresì che il comma 5 dell'articolo 14 prevede che le modalità di valutazione delle attività delle AFAM, nonché i conseguenti adeguamenti organizzativi dell'Agenzia, sono determinati con i regolamenti previsti dall'articolo 2, comma 7 e 8, della legge n. 508 del 1999, che ha affidato a regolamenti di delegificazione la disciplina fra gli altri della valutazione delle istituzioni AFAM;
rilevato che nell'Allegato A si quantificano le unità di personale non dirigenziale con riferimento delle Aree terza e seconda, senza fare riferimento invece all'Area I;
sottolineato che l'articolo 8, comma 5, prevede che l'incarico di componente il Consiglio direttivo è a tempo pieno ed è incompatibile, a pena di decadenza, con qualsiasi rapporto di lavoro, diretto o indiretto, anche a titolo gratuito, instaurato con le istituzioni valutate;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) all'articolo 2, comma 3, alla fine del primo periodo, appare necessario aggiungere le parole «nell'ambito della realizzazione degli spazi europei dell'istruzione superiore e della ricerca»;
2) all'articolo 2, appare necessario aggiungere infine il seguente comma: «L'attività dell'Agenzia ed il suo inserimento nel contesto internazionale delle attività di valutazione dell'università e della ricerca sono valutati periodicamente da comitati di esperti internazionali nominati dal Ministro, anche sulla base di designazioni delle organizzazioni europee di settore.»
3) all'articolo 3, comma 1, lettera b), dopo le parole «procedure di auto-valutazione» è necessario aggiungere le seguenti parole «Per le questioni didattiche è promosso il coinvolgimento attivo degli studenti e dei loro organismi di rappresentanza o delle commissioni paritetiche»;
4) all'articolo 4, comma 2, appare necessario chiarire il riferimento ivi contenuto alle procedure di cui all'articolo 12, comma 4, lettera a), che si riferisce ai compiti delle aree funzionali;
5) all'articolo 4, comma 3, occorre prevedere che il rapporto dell'Agenzia abbia cadenza «biennale»;
6) all'articolo 6 occorre chiarire se il Direttore - citato nello stesso articolo - e il Comitato consultivo di cui all'articolo 11 facciano parte degli organi dell'Agenzia;
7) all'articolo 10, comma 3, è necessario chiarire a quale organo spetti gestire il colloquio per la nomina del Direttore;
8) all'articolo 14, comma 2, occorre individuare un unico dies a quo per la soppressione degli attuali Comitati di valutazione;
9) all'articolo 14, comma 5 occorre fare riferimento al solo comma 7 dell'articolo 2 della legge n. 508 del 1999, poiché il comma 8 reca i criteri e i principi direttivi per l'emanazione dei regolamenti;
10) con riferimento all'Allegato A, appare infine necessario chiarire se la mancata citazione dell'Area I significhi che nella medesima non è presente personale non dirigenziale;
11) all'articolo 3, comma 2 lettera b) sopprimere la parola «principalmente», in quanto si ritiene che la valutazione tra


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pari debba essere l'unico ed esclusivo parametro di valutazione dei prodotti della qualità della ricerca;
12) all'articolo 8, comma 3, dopo le parole «ad evidenza pubblica», aggiungere le seguenti: «in Italia e all'estero»;

e con la seguente osservazione:
all'articolo 8, comma 5, appare opportuno prevedere che il trattamento economico dei componenti il Consiglio direttivo sia corrispondente a quello delle categorie equiparate.


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ALLEGATO 3

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2010) (C. 2936 Governo, approvato dal Senato).

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (C. 2937 Governo, approvato dal Senato) - Nota di variazione (C. 2937-bis).

Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2010 (limitatamente alle parti di competenza).

PROPOSTA DI RELAZIONE ALTERNATIVA

La 7a Commissione permanente della Camera dei Deputati, esaminato per le parti di propria competenza il disegno di legge A.C. 2936 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)» e il disegno di legge A.C. 2937 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012» (Tab. 2), premesso che,
in sede di esame del DPEF 2010-2012 il Ministro Tremonti ha affermato che il Governo, per contrastare la crisi con la manovra 2009 e con la manovra 2010 ha organizzato la politica economica su tre linee fondamentali: la finanza pubblica, la tenuta della struttura sociale, il credito alle imprese e la conservazione della struttura produttiva;
ad una attenta considerazione emerge che la gestione di bilancio e i provvedimenti anticrisi hanno avuto effetti perversi sullo stato dei conti pubblici e della nostra economia;
nel corso della legislatura sono apparsi evidenti le difficoltà previsionali e la sottovalutazione della gravità della crisi economica e finanziaria da parte del Governo: all'inizio della legislatura (giugno 2008) nel Documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013 indicava per il 2009 un PIL in crescita dello 0,9 per cento; nonostante la lunga sequenza di rettifiche in negativo di tali previsioni, il Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF 2010-2013 e nella Relazione previsionale e programmatica 2010 presentati dopo la pausa estiva, ha aggiornato in positivo le stime di crescita del PIL di quattro decimi di punto per il 2009 (da -5,2 per cento a -4,8 per cento) valori comunque migliori di quelli indicati a settembre 2009 dall'OCSE (Interim Assessment) e dalla Commissione UE (Interim Forecast); secondo la Commissione, in particolare, la contrazione del PIL 2009 in Italia, pari a -5,0 per cento, si mantiene di un punto percentuale al di sopra della media europea;
la capacità previsionale del Governo appare inadeguata anche rispetto ai due principali obiettivi di finanza pubblica considerati dalla UE indicatori di tendenziale equilibrio nella gestione delle risorse pubbliche: l'indebitamento netto e il debito pubblico misurati in rapporto al PIL.


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L'ISTAT stima per il 2009 un indebitamento al 4,6 per cento del PIL e per gli anni successivi ritiene che non possa scendere al di sotto del 4 per cento (4,6 per cento nel 2010 e 4,3 per cento nel 2011); molto negativo il trend del rapporto debito pubblico/PIL: tra il 2008 (105,8 per cento) e il 2009 (115,3 per cento) è aumentato di 9,5 punti percentuali e si prevede un ulteriore deterioramento di tale rapporto;
l'avanzo primario in rapporto al PIL - essenziale per sostenere la spesa per il servizio del debito - è cresciuto costantemente dal 2,1 per cento del 1994 al 6,7 per cento del 1997; in seguito ha iniziato a contrarsi ogni anno, fino a raggiungere lo 0,4 per cento nel 2006; il Governo Prodi, con una terapia «d'urto» lo aveva riportato al 2,6 per cento nel 2007; la previsione, forse ottimistica, del Governo Berlusconi è che l'avanzo 2009 precipiti a -0,4 per cento del Pil; questo significa che l'avanzo primario, di 50 miliardi nel 2007, sarà pari a 5,6 miliardi di euro alla fine del 2009;
per le entrate le prospettive non sono incoraggianti, poiché queste si ridurranno dell'1,4 per cento in termini nominali, per la prima volta negli ultimi cinquant'anni; la caduta del gettito è dovuta non solo alla forte contrazione del gettito dell'IVA (-9,5 per cento) nel primi nove mesi dell'anno ma, come ha puntualizzato Bankitalia nel corso dell'audizione sulla Finanziaria, in Senato, «non si può escludere un intensificarsi del fenomeno dell'evasione»; e a proposito dello scudo: «può avere effetti negativi sugli incentivi dei contribuenti a pagare le imposte in futuro»; la politica del Governo ha dunque molto attenuato la «tax compliance» dei contribuenti, determinando anche una netta riduzione del reddito dichiarato ed emerso;
le spese «primarie» crescono dal 44,1 al 47,5 per cento del Pil: l'incremento della spesa corrente primaria, determinato, secondo il Governo, «dalle misure a sostegno dell'economia» contrasta con quanto affermato dal Governo, che più volte si è fregiato del merito di aver varato provvedimenti anticrisi «non espansivi, senza effetti finanziari «netti» che in alcuni casi hanno determinato miglioramento dei saldi di finanza pubblica»;
la Finanziaria 2010 anticipa alcune norme della riforma della contabilità: in particolare, non sono più incluse, rispetto alla disciplina ora vigente, le norme che implicano aumenti di spesa o riduzioni di entrata finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia; si mette così a regime la disciplina transitoria introdotta per l'esercizio finanziario 2009 dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, la cui applicazione è stata estesa alla legge finanziaria per il 2010 dall'articolo 23, comma 21-ter, del decreto-legge n. 78 del 2009 collegato alla manovra;
tale misura non è «eccezionale» e «transitoria» e giustificata dalla strategia di prudenza fiscale del Governo per la politica di bilancio per il triennio «in attesa di un più netto consolidarsi della ripresa economica e, comunque, in attesa di una exit strategy (dalla crisi) che sarà definita in sede europea» ma, poiché è stata integralmente recepita dalla proposta di legge in materia di legge di contabilità e finanza pubblica approvata in seconda lettura, con modificazioni, dalla Camera l'11 novembre scorso, è una norma tale da pregiudicare tutte le politiche di sviluppo da adottare nei prossimi anni che il Governo intende introdurre «a regime» nella manovra di finanza pubblica; da tale quadro normativo deriva infatti che la legge finanziaria per il 2010 -così come quelle degli anni successivi - non possano più contenere disposizioni finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia;
considerato che
la crisi occupazionale in Italia è molto grave: le stime Ocse prevedono una crescita del tasso di disoccupazione dal 6,7 per cento del 2008 al 10,5 per cento nel 2010, con la perdita di 1,1 milioni di posti di lavoro;


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sono circa un milione i lavoratori in Cassa integrazione; le imprese che nel 2009 faranno ricorso agli ammortizzatori in deroga sono circa 36.000; da gennaio ad agosto del 2009 i decreti di Cassa integrazione straordinaria interessano 1.779 aziende e 2.552 siti produttivi (oltre il 60 per cento per crisi aziendali), senza considerare i lavoratori delle piccolissime imprese e i parasubordinati che non hanno nessun ammortizzatore sociale: nel secondo trimestre del 2009 -avverte il Bollettino di Bankitalia di ottobre - si stima una flessione di 300mila lavoratori «precari», soprattutto giovani;
l'intervento di politica scolastica del governo per il triennio 2009-2011 possono conoscersi prociclici, poiché prevedono la cancellazione di oltre 130 mila posti di lavoro (per l'anno scolastico in corso si tratta di...) e certamente il decreto legge 134? Non può valutarsi positivamente poiché non amplia la platea dei beneficiari dell'indennità di disoccupazione (che del resto rimane nell'importo) e scarica sulle regione e gli enti locali il peso sociale delle scelte assunte;
sul fronte delle politiche del lavoro, la Finanziaria 2010 ben rappresenta la «doppia morale» del Governo Berlusconi: poiché per il rinnovo dei contratti pubblici, non sono previsti stanziamenti adeguati, questo risulta, di fatto, condizionato alle entrate da scudo fiscale;
il Bollettino di Bankitalia di Ottobre segnala che alla caduta della produttività si accompagna un costo del lavoro in crescita del 5,4 per cento, anche dopo l'esame del Senato in Finanziaria non sono previsti interventi per contenere la pressione fiscale, in particolare sul lavoro dipendente;
l'avvio e il consolidamento delle misure anticicliche non può essere rinviato e, soprattutto, non può dipendere da incerte risorse derivanti da misure di fiscalità straordinaria come lo scudo fiscale; l'intero sistema economico e sociale e la struttura produttiva, pressati dalla crisi, chiedono certezze;
si stigmatizza che nelle Tabelle A e B della legge Finanziaria, di fatto, non sono previsti stanziamenti per il Ministero dell'economia e delle finanze, tale scelta pregiudica qualsiasi intervento futuro per il comparto dell'editoria, così esautorando il Parlamento dalla propria funzione di autonoma iniziativa legislativa;
nel suo complesso la manovra, pur dopo l'esame da parte dell'altro ramo del Parlamento, appare pessima nelle misure che riguardano il mondo dell'istruzione - scuola, università, ricerca -, pessima nelle misure rivolte ai mondi dello spettacolo e della cultura, la legge Finanziaria per il 2010, è altrettanto inaccettabile in ciò che tocca il settore dell'editoria;
in particolare, per quanto riguarda la Tab. 2, rilevato che:
la voce «Ministero dell'Economia e delle finanze, Missione Comunicazioni - Sostegno all'editoria - Legge 67 del 1987: Rinnovo della legge 5 agosto 1981 recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria» per dare base e sostanza a questo giudizio;
per valutare il significato delle cifre iscritte a bilancio per i contributi diretti all'editoria - 369,1 milioni per il 2010 che scendono a 229,7 nel 2011 e a 180,6 nel 2012 - bisogna considerare che il progressivo e pesantissimo taglio così disegnato interviene su un fondo già in precedenza decurtato e tale da non corrispondere in alcun modo alle necessità di finanziamento di un settore che in tutto il mondo, sottolineiamo in tutto il mondo, gode di un sostegno pubblico in virtù del particolarissimo prodotto, l'informazione, da esso fornito;
da qui nascono gli emendamenti per la ricostituzione degli stanziamenti a favore dell'editoria (70 milioni in più per l'anno 2010 e 140 per ciascuno dei due anni 201 e 2012) presentati dal Partito Democratico, fedele ad una linea che nel passato ha goduto in Parlamento di un appoggio vasto e trasversale e che, nonostante


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tutto, continuiamo a sperare possa essere confermata anche in questo passaggio;
decisiva nel consentire il perseguimento di un obiettivo - il pluralismo dell'informazione - tutelato e garantito dalla Costituzione, colpita da una crisi se possibile ancora più acuta di quella che ha investito gli altri comparti dell'economia, l'editoria, se non saranno stati introdotti rilevanti correttivi, uscirà da questa Finanziaria ancora più debole di prima;
ancora più fragili nel reggere ai cali, veri e propri crolli, della pubblicità e delle vendite, le imprese editrici destinatarie dei contributi diretti, (decine e decine di testate di opinione facenti capo a cooperative, associazioni non profit, fondazioni, partiti, movimenti politici) saranno anche più esposte al condizionamento del potere esecutivo che, essendo intervenuto con una vasta delegificazione che ha sottratto materia alla maestà della legge e al controllo del Parlamento, si è in larga e decisiva parte attribuito l'autorità di determinare in forma discrezionale modi e dimensioni dell'intervento pubblico a sostegno dell'editoria;
se, riprendendo il filo di una politica che non ha conosciuto negli anni distinzioni di schieramento, non saranno corretti e ricostituiti gli stanziamenti a favore dell'editoria e a presidio del pluralismo dell'informazione, non resterà che concludere che proprio questo, il prevalere della mano dell'esecutivo, è il vero obiettivo perseguito da questa Finanziaria, da questo governo, da questa maggioranza;
non può bastare a correggere questa interpretazione la positiva valutazione del comma 53 dell'articolo 2, introdotto durante l'esame del Senato, che reca una favorevole disposizione interpretativa delle condizioni necessarie, a partire dal 2006, per accedere ai contributi per quotidiani e periodici editi sia da cooperative di giornalisti sia da organi di partiti o movimenti politici

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO

Ghizzoni, Levi, Picierno, Nicolais, Mazzarella, Coscia, Rossa, Russo, De Pasquale, De Biasi, Bachelet, Siragusa, Sarubbi, De Torre, Pes, Lolli.


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ALLEGATO 4

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2010) (C. 2936 Governo, approvato dal Senato).

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (C. 2937 Governo, approvato dal Senato) - Nota di variazione (C. 2937-bis).

Tabella n. 7: Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e ricerca per l'anno finanziario 2010.

PROPOSTA DI RELAZIONE ALTERNATIVA

La 7a Commissione permanente della Camera dei Deputati, esaminato per le parti di propria competenza il disegno di legge A.C. 2936 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)» e il disegno di legge A.C. 2937 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012» (Tab. 7), premesso che,
in sede di esame del DPEF 2010-2012 il Ministro Tremonti ha affermato che il Governo, per contrastare la crisi con la manovra 2009 e con la manovra 2010 ha organizzato la politica economica su tre linee fondamentali: la finanza pubblica, la tenuta della struttura sociale, il credito alle imprese e la conservazione della struttura produttiva.
ad una attenta considerazione emerge che la gestione di bilancio e i provvedimenti anticrisi hanno avuto effetti perversi sullo stato dei conti pubblici e della nostra economia;
nel corso della legislatura sono apparsi evidenti le difficoltà previsionali e la sottovalutazione della gravità della crisi economica e finanziaria da parte del Governo: all'inizio della legislatura (giugno 2008) nel Documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013 indicava per il 2009 un PIL in crescita dello 0,9 per cento; nonostante la lunga sequenza di rettifiche in negativo di tali previsioni, il Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF 2010-2013 e nella Relazione previsionale e programmatica 2010 presentati dopo la pausa estiva, ha aggiornato in positivo le stime di crescita del PIL di quattro decimi di punto per il 2009 (da -5,2 per cento a -4,8 per cento) valori comunque migliori di quelli indicati a settembre 2009 dall'OCSE (Interim Assessment) e dalla Commissione UE (Interim Forecast); secondo la Commissione, in particolare, la contrazione del PIL 2009 in Italia, pari a -5,0 per cento, si mantiene di un punto percentuale al di sopra della media europea;
la capacità previsionale del Governo appare inadeguata anche rispetto ai due principali obiettivi di finanza pubblica considerati dalla UE indicatori di tendenziale equilibrio nella gestione delle risorse pubbliche: l'indebitamento netto e il debito pubblico misurati in rapporto al PIL. L'ISTAT stima per il 2009 un indebitamento al 4,6 per cento del PIL e per gli


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anni successivi ritiene che non possa scendere al di sotto del 4 per cento (4,6 per cento nel 2010 e 4,3 per cento nel 2011); molto negativo il trend del rapporto debito pubblico/PIL: tra il 2008 (105,8 per cento) e il 2009 (115,3 per cento) è aumentato di 9,5 punti percentuali e si prevede un ulteriore deterioramento di tale rapporto;
l'avanzo primario in rapporto al PIL - essenziale per sostenere la spesa per il servizio del debito - è cresciuto costantemente dal 2,1 per cento del 1994 al 6,7 per cento del 1997; in seguito ha iniziato a contrarsi ogni anno, fino a raggiungere lo 0,4 per cento nel 2006; il Governo Prodi, con una terapia «d'urto» lo aveva riportato al 2,6 per cento nel 2007; la previsione, forse ottimistica, del Governo Berlusconi è che l'avanzo 2009 precipiti a -0,4 per cento del Pil; questo significa che l'avanzo primario, di 50 miliardi nel 2007, sarà pari a 5,6 miliardi di euro alla fine del 2009;
per le entrate le prospettive non sono incoraggianti, poiché queste si ridurranno dell'1,4 per cento in termini nominali, per la prima volta negli ultimi cinquant'anni; la caduta del gettito è dovuta non solo alla forte contrazione del gettito dell'IVA (-9,5 per cento) nel primi nove mesi dell'anno ma, come ha puntualizzato Bankitalia nel corso dell'audizione sulla Finanziaria, in Senato, «non si può escludere un intensificarsi del fenomeno dell'evasione»; e a proposito dello scudo: «può avere effetti negativi sugli incentivi dei contribuenti a pagare le imposte in futuro»; la politica del Governo ha dunque molto attenuato la «tax compliance» dei contribuenti, determinando anche una netta riduzione del reddito dichiarato ed emerso;
le spese «primarie» crescono dal 44,1 al 47,5 per cento del Pil: l'incremento della spesa corrente primaria, determinato, secondo il Governo, «dalle misure a sostegno dell'economia» contrasta con quanto affermato dal Governo, che più volte si è fregiato del merito di aver varato provvedimenti anticrisi «non espansivi, senza effetti finanziari «netti» che in alcuni casi hanno determinato miglioramento dei saldi di finanza pubblica»;
la Finanziaria 2010 anticipa alcune norme della riforma della contabilità: in particolare, non sono più incluse, rispetto alla disciplina ora vigente, le norme che implicano aumenti di spesa o riduzioni di entrata finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia; si mette così a regime la disciplina transitoria introdotta per l'esercizio finanziario 2009 dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, la cui applicazione è stata estesa alla legge finanziaria per il 2010 dall'articolo 23, comma 21-ter, del decreto-legge n. 78 del 2009 collegato alla manovra;
tale misura non è «eccezionale» e «transitoria» e giustificata dalla strategia di prudenza fiscale del Governo per la politica di bilancio per il triennio «in attesa di un più netto consolidarsi della ripresa economica e, comunque, in attesa di una exit strategy (dalla crisi) che sarà definita in sede europea» ma, poiché è stata integralmente recepita dalla proposta di legge in materia di legge di contabilità e finanza pubblica approvata in seconda lettura, con modificazioni, dalla Camera l'11 novembre scorso, è una norma tale da pregiudicare tutte le politiche di sviluppo da adottare nei prossimi anni che il Governo intende introdurre «a regime» nella manovra di finanza pubblica; da tale quadro normativo deriva infatti che la legge finanziaria per il 2010 -così come quelle degli anni successivi - non possano più contenere disposizioni finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia;
considerato che
la crisi occupazionale in Italia è molto grave: le stime Ocse prevedono una crescita del tasso di disoccupazione dal 6,7 per cento del 2008 al 10,5 per cento nel 2010, con la perdita di 1,1 milioni di posti di lavoro;
sono circa un milione i lavoratori in Cassa integrazione; le imprese che nel


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2009 faranno ricorso agli ammortizzatori in deroga sono circa 36.000; da gennaio ad agosto del 2009 i decreti di Cassa integrazione straordinaria interessano 1.779 aziende e 2.552 siti produttivi (oltre il 60 per cento per crisi aziendali), senza considerare i lavoratori delle piccolissime imprese e i parasubordinati che non hanno nessun ammortizzatore sociale: nel secondo trimestre del 2009 -avverte il Bollettino di Bankitalia di ottobre - si stima una flessione di 300mila lavoratori «precari», soprattutto giovani;
l'intervento di politica scolastica del governo per il triennio 2009-2011 possono conoscersi prociclici, poiché prevedono la cancellazione di oltre 130 mila posti di lavoro (per l'anno scolastico 2009-2010 si tratta di 42.000 posti docente e 15.000 posti ATA: in termini di «licenziamenti» o mancati rinnovi di contratto si tratta di 18.000 incarichi di docente e 8.000 ATA) e certamente il decreto legge 134/2009, non può valutarsi positivamente poiché non amplia la platea dei beneficiari dell'indennità di disoccupazione (che del resto rimane nell'importo) e scarica sulle regione e gli enti locali il peso sociale delle scelte assunte;
sul fronte delle politiche del lavoro, la Finanziaria 2010 ben rappresenta la «doppia morale» del Governo Berlusconi: poiché per il rinnovo dei contratti pubblici, non sono previsti stanziamenti adeguati, questo risulta, di fatto, condizionato alle entrate da scudo fiscale;
il Bollettino di Bankitalia di Ottobre segnala che alla caduta della produttività si accompagna un costo del lavoro in crescita del 5,4 per cento, anche dopo l'esame del Senato in Finanziaria non sono previsti interventi per contenere la pressione fiscale, in particolare sul lavoro dipendente;
l'avvio e il consolidamento delle misure anticicliche non può essere rinviato e, soprattutto, non può dipendere da incerte risorse derivanti da misure di fiscalità straordinaria come lo scudo fiscale; l'intero sistema economico e sociale e la struttura produttiva, pressati dalla crisi, chiedono certezze;
valutato negativamente l'azzeramento delle risorse per la fornitura gratuita dei libri di testo nella scuola dell'obbligo e il comodato nella scuola superiore, finora rispettivamente garantite da una legge del 1964 e dalla legge 448 del 1998 e successive leggi finanziarie, fino a quella del 2007 del Governo Prodi (estensione della gratuità alle scuole secondarie in forme legate al reddito). Tale taglio pare lesivo della esigibilità del diritto alla studio per i nostri ragazzi, nonché fortemente in contrasto con i principi di federalismo costantemente invocati dalla maggioranza e dal governo, poiché i comuni saranno costretti a garantire la gratuità dei libri di testo a valere su risorse proprie che sappiamo essere fortemente decurtate a causa dei mancati trasferimenti dovuti in conseguenza del taglio dell'ICI. Siamo di fronte a all'ennesima decisione che scarica le conseguenze sui livelli istituzionali più vicini ai cittadini gli effetti di decisioni assunte da un Governo che si sottrae costantemente all'assolvimento dei propri obblighi costituzionali;
per quanto riguarda la Tab. 7 e le parti correlate della legge Finanziaria, rilevato che:
il disegno di legge del bilancio di previsione per il 2010 si attesta sui 55.280 mln (10,3 per cento della spesa ministeriale complessiva) e realizza una riduzione di 381 mln sul bilancio assestato 2009 (di cui 77,5 mln sulla missione istruzione scolastica), che potrebbe sembrare molto inferiore alle previsioni della relazione tecnica dell'art 64, del decreto legge 112/08 che postulavano per questa sola missione una riduzione di 1.650 mln. Il bilancio 2010 registra circa 1.800 mln di euro di riduzioni alle previsioni 2009 e realizza altri tagli per le supplenze annuali a cui non si può escludere che si aggiungeranno, per far quadrare i conti del 2010 e per predisporre i conti per il 2011, quelli che saranno certamente realizzati anche con l'assestamento 2010;


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la spesa per l'istruzione aumenta sempre ogni anno, pur in presenza di tagli di organico, poiché una parte assai consistente della medesima - pari a circa il 90 per cento - è destinata alle retribuzioni, pertanto cresce per far fronte alle carriere economiche e agli aumenti retributivi del biennio 2008-2009. Peraltro, con il 2010 inizia il rientro di una parte delle risorse tagliate per finanziare il merito della professione docente secondo le previsioni del comma... dell'articolo 64 del decreto 112/08;
altresì l'aumento della spesa complessiva di cui alla Tab. 7, di 381 mln rispetto alle previsioni assestate del bilancio 2009 è dovuto alla seguente composizione di tagli e aumenti:
la missione «Istruzione scolastica» realizza un decremento di 77,5 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2009, per l'effetto della compensazione tra gli aumenti dovuti per il contratto e le riduzioni di circa 700 mln causate dalle decurtazioni ai «capitolini» per 226.838.243 euro di cui 97.988.043 euro per il Funzionamento e 128.850.200 euro per il Personale e ai seguenti programmi:
1.1. Programmazione e coordinamento dell'istruzione scolastica riduzione di 99,1 milioni di euro
1.4. Istruzione secondaria di primo grado - riduzione di 206,5 mln. di euro(comprensive di una quota che si riferisce ai capitoloni);
1.8. Diritto allo studio, condizione studentesca - riduzione di 7,5 mln. di euro;
1.10 Interventi in materia di istruzione - riduzione di 120 mln di euro;
lo stanziamento complessivo per la missione Istruzione universitaria che è pari a 7.902,3 milioni di euro, con una riduzione di ben 652,7 milioni di euro (-8,3 per cento) rispetto alle previsioni assestate del bilancio 2009. Da notare che già lo scorso anno lo stanziamento complessivo per la missione Istruzione universitaria era calato rispetto al bilancio 2008 (un calo di -133,5 milioni di euro ovvero -1,5 per cento); il raffronto tra gli importi assegnati ai programmi per il 2009 e per il 2010 segnala che:
a) il programma 2.1 «Diritto allo studio nell'istruzione universitaria», con stanziamento in conto competenza pari a 179,9 milioni di euro, reca una riduzione di spesa di 8,1 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2009, già peraltro ridotte rispetto al bilancio 2008 (pari a 65,1 milioni di euro);
b) il programma 2.3 «Sistema universitario e formazione post-universitaria», con stanziamento in conto competenza pari a 7.305,4 milioni di euro reca una riduzione di spesa di ben 651,7 milioni di euro;
all'interno del programma «Sistema universitario e formazione post-universitaria» si segnala che il «Fondo per il finanziamento ordinario delle università» (cap. 1694) ha una dotazione di 6.256,4 milioni di euro e registra un decremento di ben 678,8 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2009;
si ricorda inoltre che il Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO), in attuazione dell'articolo 66, comma 13, del decreto-legge n. 112 del 2008, è stato già ridotto di 63,5 milioni per il 2009, di 190 milioni di euro per il 2010, di 316 milioni per il 2011, di 417 milioni per il 2012 e di 455 milioni a partire dal 2013, per un totale di 1,4 miliardi di euro in un quinquennio;
In sintesi, per il 2010 il fondo Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO) è stato ulteriormente decurtato rispetto a quanto già previsto dal decreto 112 del 2008. Poiché negli ultimi mesi e settimane i Rettori, gli esperti anche di area governativa (Giavazzi sul Corriere a fine estate e molti altri autorevoli firme sui principali quotidiani nazionali), associazioni e forze sociali hanno fatto ampie aperture di credito della riforma universitaria proposta dal Governo ma hanno


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tutti contestualmente denunciato la sua improponibilità se i tagli del decreto 112 non vengono ritirati o almeno sostanzialmente mitigati, la scelta del Governo di operare ulteriori tagli rispetto al decreto 112 suona più o meno come una dichiarazione di guerra, o più semplicemente tradisce la volontà politica di far fallire la propria riforma universitaria o peggio utilizzarla per fermare, nell'attesa di una riforma che non verrà mai, tutti i futuri concorsi, con conseguenti, ulteriori risparmi e contestuale morte dell'università pubblica. La scelta governativa risulta inoltre una vera beffa se confrontata con le richieste di ingenti risorse aggiuntive per università e ricerca inserite nell'ultimo DPEF approvato (515 milioni di euro);
in questo contesto, oltre a quanto già detto sul Fondo di finanziamento ordinario, risultano particolarmente gravi:
l'appena citata riduzione dei fondi per il Diritto allo studio nell'istruzione universitaria: il nostro partito all'epoca del decreto 180 (legge 1/2009) aveva chiaramente denunciato un finanziamento monco e insensato e puramente propagandistico in quanto previsto per un solo anno, e, malgrado tutte le partite di giro, il saldo finale è negativo: i soldi alle borse di studio sono inferiori a quelli dell'anno precedente
l'azzeramento del cosiddetto FIRST (Fondo Investimenti Ricerca Scientifica e Tecnologica), in clamorosa controtendenza con l'atteggiamento assunto dagli altri paesi dell'area euro e OCSE di orientare massicce dosi di risorse verso la ricerca di base e applicata come volano per l'uscita dalla crisi
rilevato che la missione «Ricerca e innovazione» prevede una riduzione di 158,8 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2009. La missione si articola in 3 programmi:
3.1. Ricerca per la didattica, dotato di 7,5 milioni di euro (riduzione di 0,3 mln.);
3.2. Ricerca scientifica e tecnologica applicata, con una riduzione di 149,6 rispetto al bilancio assestato 2009);
3.3. Ricerca scientifica e tecnologica di base, con una riduzione di 8,9 milioni).
La missione «Fondi da ripartire» è dotata di uno stanziamento di 778,9 milioni di euro con un incremento di 467,2 milioni rispetto al bilancio assestato 2009. Al suo interno si segnalano i seguenti tagli e incrementi(fra parentesi lo stanziamento 2009 nell'assestamento):
il Fondo per l'offerta formativa ed interventi perequativi (cap. 1270), con 130,2 (140,7) mln di euro. Nell'assestamento 2008 erano 185 mln;
il Piano programmatico degli interventi per la scuola (cap. 1294), con 48,6 (47,6) mln. Nell'assestamento 2008 erano 108;
il Fondo da ripartire per interventi in favore del sistema dell'istruzione (cap. 1287) con 97,3(0) mln. Nell'assestamento 2008 erano 185;
la somma per la valorizzazione della carriera del personale della scuola (cap. 1298), con 410(0) mln. Si tratta del reinvestimento di una parte dei taglia per le premialità gelminiane. Il guaio è che non ci sono in finanziaria altri stanziamenti per il rinnovo contrattuale della scuola e per quello della dirigenza scolastica;
non viene rifinanziato il capitolo 1286, per le innovazioni tecnologiche a supporto delle attività didattiche,che, con 23,2 milioni annui, ha consentito per tre anni fino al 2009, grazie alla finanziaria Prodi del 2007, di comprare fra l'altro le fantastiche lavagne interattive;
rileva infine che la riduzione nel triennio 2010-2012 della spesa per il MIUR si attesta sui 6.903 milioni di euro;
complessivamente non si può non rilevare come tali scelte si discostino vistosamente da quanto perseguiti dagli altri


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Governi dei Paesi economicamente avanzati, basti pensare che in Francia, l'esecutivo di centro-destra ha deciso di investire in ricerca e innovazione ben 16 miliardi di euro;
si stigmatizza che nelle Tabelle A e B della legge Finanziaria non sono previsti stanziamenti per il Ministero dell'università e della ricerca, tale scelta pregiudica qualsiasi intervento per il futuro (soprattutto in considerazione della presentazione del disegno di legge di riforma del sistema universitario e alla proposta di intervento sulla governance del sistema scolastico e le misure sullo stato giuridico della professione docente), così esautorando il Parlamento dalla propria funzione di autonoma iniziativa legislativa;
per il sistema scolastico il Governo anche quest'anno non ha reperito le risorse necessarie per restituire peso e valore all'istruzione scolastica, per promuovere la formazione degli insegnanti, per valorizzare la professionalità docente e per sostenere l'innovazione didattica e organizzativa, nella consapevolezza che la scuola dovrebbe rappresentare uno dei più importanti fattori di crescita del Paese;
il Governo, inoltre, non adotta iniziative concrete per rilanciare il sistema universitario, secondo i principi di autonomia, valutazione, valorizzazione del talento, contrasto della precarizzazione del lavoro, internazionalizzazione, e certezza delle risorse che potrebbero consentire la necessaria programmazione degli interventi di sviluppo, così da consentire alle Università di essere un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita, ma al contrario persevera in una politica di tagli che penalizza l'intero sistema;
per il settore della ricerca mancano le risorse necessarie al fine di favorire e di non penalizzare la ricerca stessa, con l'obiettivo di valorizzare i numerosi giovani ricercatori e di investire sul loro talento, come risorsa per modernizzare il funzionamento delle istituzioni di ricerca, nonché per la crescita economica e sociale del Paese

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO

Ghizzoni, Bachelet, Picierno, Nicolais, Mazzarella, Coscia, Rossa, Russo, De Pasquale, De Biasi, Levi, Siragusa, Sarubbi, De Torre, Pes, Lolli.


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ALLEGATO 5

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2010) (C. 2936 Governo, approvato dal Senato).

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (C. 2937 Governo, approvato dal Senato) - Nota di variazione (C. 2937-bis).

Tabella n. 7: Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e ricerca per l'anno finanziario 2010.

PROPOSTA DI RELAZIONE ALTERNATIVA

La VII Commissione
esaminato per le parti di propria competenza la stato di previsione del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (2937 - Tabella 7) e le parti corrispondenti del disegno di legge 2936 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»
considerato che:
lo scorso anno, il Ministro dell'Economia e delle Finanze ha cercato di anticipare la manovra economica - normalmente affidata alla legge finanziaria - elaborando una serie di norme (contenute nel Decreto Legge n. 112 del 2008) che, per almeno tre anni, avrebbero dovuto metterlo al riparo dai soliti assalti alla diligenza del percorso parlamentare delle leggi finanziarie;
la legge finanziaria 2010 risulta quindi costituita da pochissimi articoli e interventi essenzialmente volti alla proroga di norme esistenti;
pur tuttavia, la previsione governativa che non ci sarebbero più state leggi finanziarie omnibus come in passato è stata smentita dai duri attacchi dei senatori della stessa maggioranza alla legge finanziaria 2010. Un gruppo di senatori del Popolo della libertà si è infatti spinto ad ideare e redigere una vera e propria proposta di contro finanziaria;
in attesa di conoscere l'entità del gettito del c.d. «scudo fiscale», le molte questioni di rilievo che rimangono ad oggi sospese sono le seguenti:
la banca per il mezzogiorno;
il taglio dell'Irap;
lo sblocco dei fondi per i ricercatori universitari;
il recupero dei finanziamenti (800 milioni) per la banda larga;
la cedolare secca sugli affitti;
il risanamento del territorio dal punto di vista idro-geologico, problema diventato ancora più acuto dopo le frane di Messina ed Ischia;
la detrazione fiscale per il risparmio energetico degli edifici (il 55 per cento);
il 5 per mille;
le misure anche fiscali a favore del lavoro;


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le risorse per la sicurezza e la giustizia;
al netto di alcuni provvedimenti dovuti e di altri fin troppo preannunciati, resterà ben poco da spendere del gettito dello scudo fiscale. Nel frattempo è ben evidente che il peggio della crisi, almeno dal punto di vista occupazionale, deve ancora arrivare;
il Governo non è in grado di proporre una politica economica anticiclica convincente tale da aggredire la crisi;
stiamo discutendo di una legge finanziaria inesistente, di un provvedimento del tutto inadeguato e insufficiente, che fa semplicemente da ponte tra ciò che non si è voluto fare prima e ciò che non si sa o non si vuole fare dopo;
il quadro dei conti pubblici è decisamente oscuro: la spesa corrente al netto degli interessi raggiunge il 43,1 per cento del PIL, con un aumento di ben 2,7 punti rispetto al 2008 e - ciò che è più grave - è programmata ben al di sopra del livello raggiunto nel 2008 fino a tutto il 2013;
la pressione fiscale cresce, nel 2009, fino al 43 per cento del PIL, e si mantiene vicina a questa percentuale per tutto il periodo 2010-2013 preso in considerazione dal DPEF, cioè per l'intera legislatura;
il livello di indebitamento raggiunge il 5,3 per cento del PIL nel 2009 e si mantiene ben al di sopra del 3 per cento fino a tutto il 2011, mentre lo stock del debito è programmato, nel 2009, pari al 115,1 per cento del PIL, in aumento di ben 9,4 punti rispetto al 2008, per salire al 117,3 per cento nel 2010 e restare attorno al 115 per cento in tutto il periodo considerato dal DPEF;
la manovra triennale avviata dal Governo nell'estate 2008, all'insegna della stabilizzazione dei conti pubblici, ci ha portato comunque in una nuova procedura d'infrazione per disavanzo eccessivo;
bisogna avere l'onestà di riconoscere che la crisi ne è una causa, ma fino ad un certo punto, e che il Paese, nonostante l'assenza colposa di necessari interventi anticiclici, si sta avviando verso un nuovo ciclo di aumento incontrollato della spesa primaria, simile a quanto già visto dagli italiani nel precedente Governo Berlusconi tra il 2001 e il 2006;
i numeri di oggi ci dicono che la scelta messa in campo con il decreto-legge n. 112 del 2008 e basata su una logica prevalentemente di tagli lineari, non solo non ha prodotto i risultati attesi, ma contrariamente rispetto alle previsioni, ha prodotto una crescita dell'indebitamento e del fabbisogno, mentre la stima delle spese al netto degli interessi sale a circa 25 miliardi e solo una minima parte di essi sono stati spesi per interventi anticrisi;
se l'Italia dovesse uscire dalla recessione, a bocce ferme (come sta facendo il Governo) e crescendo con lo stesso ritmo con cui è cresciuta nei dieci anni che hanno preceduto la crisi, ci vorrebbero ben 15 anni per recuperare il terreno perduto, e ciò significa persone senza lavoro, famiglie in povertà alimentare, disuguaglianze sociali;
gli interventi attuati finora per attenuare i costi sociali della recessione hanno soprattutto utilizzato risorse già stanziate per altri impieghi. Sotto il profilo quantitativo, secondo l'OCSE il Governo Italiano ha stanziato in funzione anti-crisi risorse nette pari praticamente a zero nel triennio 2008-2010, contro una media ponderata dei paesi OCSE pari al 3,9 per cento del Pil (4,2 per cento per i soli paesi che hanno adottato una politica fiscale espansiva);
se la crisi «è alle spalle» - come dice il nostro Governo - essa è, forse, alle spalle di qualche istituto finanziario. Ma Confindustria e Confcommercio sono preoccupate e le organizzazioni sindacali mobilitano i loro iscritti; la disoccupazione aumenta, i livelli di povertà anche, le sperequazioni dei redditi pure e le prospettive


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sono per ulteriori chiusure di fabbriche e di perdita di posti di lavoro;
la crisi che sta allentando la presa del Pil, pesa ora soprattutto sul mondo del lavoro: nel nostro Paese il tasso di disoccupazione da gennaio a settembre 2009 è salito dal 6,8 per cento al 7,4 per cento, ed esso continuerà a salire nei prossimi mesi perché la reazione del mercato del lavoro si muove con ritardo rispetto al ciclo economico;
poco o niente è previsto dalla legge finanziaria 2010 per lo sviluppo economico, se non qualche timido accenno ad una riduzione dell'Irap, pur necessaria, insistendo su una politica solo dal lato dell'offerta, riducendo i costi di produzione, quando siamo di fronte ovunque ad un crollo dei consumi del settore privato;
la competizione sui costi per tentare di attrarre o di mantenere una parte della domanda su scala internazionale attualmente depressa è una politica illusoria poiché le produzioni labour intensive sono ormai trasferite in altre parti del mondo;
la ripresa internazionale quando verrà non rimetterà in moto il meccanismo espansivo precedente basato sul traino dei consumi delle famiglie statunitensi. Il dopo crisi non lascerà le cose come erano. Nessuno sa in questo momento chi nel mondo sostituirà le famiglie americane come consumatori globali. Non potremo contare, dunque, per il rilancio della nostra economia, soltanto sulle esportazioni;
dovremmo comunque implementare politiche industriali e commerciali per aumentare la capacità di aggredire anche mercati in via di espansione come quelli asiatici;
il nostro Paese soffre, peraltro, di una doppia concorrenza esposto come è a quella dei paesi emergenti a basso costo del lavoro ed a quella dei paesi più innovatori per quanto concerne la qualità dei prodotti;
per il nuovo modello di sviluppo che dovremo costruire dopo la crisi ci vorrà più domanda interna, più domanda non soltanto a livello nazionale, ma anche a livello europeo;
il Governo italiano deve insistere in tutte le sedi affinché la politica economica europea manifesti un impulso estensivo ed espansivo tramite gli eurobond, tramite un maggior coordinamento della vigilanza bancaria e finanziaria per avere istituti di credito più capaci di dare credito;
il nostro Paese ha bisogno di interventi che correggano la politica economica e la politica fiscale dell'attuale governo: stimolando di più la domanda interna, prevedendo nell'immediato una vera manovra di almeno un punto di PIL che vada a sostegno dei redditi, della domanda, e delle piccole imprese;
premesso che, per quanto concerne, in particolare, gli aspetti all'attenzione della Commissione:
lo stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca reca, per l'esercizio finanziario 2010, spese in conto competenza per 55.252,1 milioni di euro, di cui 52.925,8 milioni di euro per spese correnti e 2.326,3 milioni di euro per spese in conto capitale;
l'incidenza percentuale sul totale generale del bilancio dello Stato è pari al 6,96 per cento;
rispetto alle previsioni assestate per l'esercizio finanziario 2009, si registra una riduzione di ben 409,3 milioni di euro di euro;
tenuto conto che:
lo stanziamento complessivo per la missione «Istruzione universitaria» è pari a 7.902,3 milioni di euro, con una riduzione di ben 652,7 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate del bilancio 2009 (-7,9 per cento) rispetto alla legge di assestamento 2009;
già lo scorso anno lo stanziamento complessivo per la missione «Istruzione


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universitaria» era pari a 8.549,3 milioni di euro (pari al 15,4 per cento dello stanziamento del Ministero), con una riduzione di ben 133,5 milioni di euro (-1,5 per cento) rispetto al bilancio 2008;
il programma 2.1 «Diritto allo studio nell'istruzione universitaria», con stanziamento in conto competenza pari a 179,9 milioni di euro, reca una riduzione di spesa di 8,1 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2009, già peraltro ridotte rispetto al bilancio 2008 (pari a 65,1 milioni di euro);
il programma 2.3 «Sistema universitario e formazione post-universitaria», con stanziamento in conto competenza pari a 7.305,4 milioni di euro, reca una riduzione di spesa di ben 651,7 milioni di euro;
all'interno del programma «Sistema universitario e formazione post-universitaria» il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) (cap. 1694) ha una dotazione di 6.256,4 milioni di euro e registra un decremento di ben 678,8 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2009;
il Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO), in attuazione dell'articolo 66, comma 13, del decreto-legge n. 112 del 2008, è stato già ridotto di 63,5 milioni per il 2009, di 190 milioni di euro per il 2010, di 316 milioni per il 2011, di 417 milioni per il 2012 e di 455 milioni a partire dal 2013, per un totale di 1,4 miliardi di euro in un quinquennio;
tutto ciò conferma tristemente il disinteresse del Governo per un settore fondamentale per la crescita del Paese quale quello dell'istruzione universitaria, che purtroppo non potrà non continuare a risentire di una politica di tagli i quali, anno dopo anno, producono dissesto ed una situazione economica insostenibile, soprattutto a partire dal 2010;
premesso inoltre che:
alla missione «Istruzione scolastica» è assegnata la dotazione di 44.060,4 milioni di euro, con decremento di 83,5 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2009;
dal raffronto tra gli importi assegnati ai programmi per il 2009 e per il 2010 emergono:
a) la riduzione di 99,1 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2009 per il programma «Programmazione e coordinamento dell'istruzione scolastica», con uno stanziamento in conto competenza pari a 311,3 milioni;
b) la riduzione di 206,5 milioni di euro per il programma «Istruzione secondaria di primo grado», con uno stanziamento in conto competenza pari a 9.494,5 milioni;
c) la riduzione di 0,1 milioni di euro per il programma «Istruzione post-secondaria»;
d) la riduzione di 0,1 milioni di euro per il programma «Istruzione degli adulti»;
e) la riduzione di 7,5 milioni di euro per il programma «Diritto allo studio, condizione studentesca», con uno stanziamento in conto competenza pari a 5,4 milioni;
detti programmi avevano già subito notevoli riduzioni rispetto al 2008;
tenuto conto altresì che:
lo stanziamento complessivo per la missione «Ricerca e innovazione» è pari a 2.284,4 milioni di euro, con una riduzione di 158,8 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2009;
la missione si articola in 3 programmi:
a) «Ricerca per la didattica», dotato di 7,5 milioni di euro che reca una riduzione di spesa di 0,3 milioni;
b) «Ricerca scientifica e tecnologica applicata», con stanziamento in conto competenza pari a 103,2 milioni di euro che reca una riduzione di spesa di 149,6 rispetto al bilancio assestato 2009;


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c) «Ricerca scientifica e tecnologica di base», con stanziamento in conto competenza pari a 2.173,7 milioni di euro, che reca una riduzione di spesa di 8,9 milioni;
i tre programmi (Ricerca per la didattica, Ricerca scientifica e tecnologica applicata e Ricerca scientifica e tecnologica di base) erano già stati ridotti rispetto al bilancio 2008;
nell'ambito del programma «Ricerca scientifica e tecnologica di base» sono ridotti anche:
il Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (cap. 7236), con una dotazione di 1.867,8 milioni di euro;
il Fondo occorrente per le assunzioni di ricercatori delle università e degli enti ed istituzioni di ricerca (cap. 1714), con una dotazione di 154 milioni di euro;
il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (cap. 7245), con una dotazione di 83,9 milioni di euro;
tenuto conto che la manovra finanziaria e di bilancio avrebbe dovuto:
adottare iniziative concrete per modernizzare le università italiane, esaltando la loro autonomia finanziaria, introducendo forme sistematiche di valutazione efficace dell'utilizzo di risorse, incentivi e disincentivi, nonché aumentando la competizione tra gli atenei, nella consapevolezza che l'università deve essere un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita, ma al contrario persevera in una politica di tagli che penalizza l'intero sistema universitario;
reperire le risorse necessarie per restituire peso e valore all'istruzione scolastica, per promuovere la formazione degli insegnanti, per valorizzare la professionalità docente e per sostenere l'innovazione didattica e organizzativa, nella consapevolezza che la scuola dovrebbe rappresentare uno dei più importanti fattori di crescita del Paese;
reperire i fondi necessari al fine di favorire e di non penalizzare il comparto della ricerca, con l'obiettivo di creare una nuova leva di giovani ricercatori e di investire su di essi come risorsa per modernizzare tanto il funzionamento delle istituzioni di ricerca quanto l'università, rendendola un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita,
e che rispetto a tali obiettivi il Governo dimostra di rimanere lontano da qualsiasi iniziativa concreta

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO

Zazzera.


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ALLEGATO 6

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2010) (C. 2936 Governo, approvato dal Senato).

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012 (C. 2937 Governo, approvato dal Senato) - Nota di variazione (C. 2937-bis).

Tabella n. 13: Stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali per l'anno finanziario 2010.

PROPOSTA DI RELAZIONE ALTERNATIVA

La 7a Commissione permanente della Camera dei Deputati, esaminato per le parti di propria competenza il disegno di legge A.C. 2936 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)» e il disegno di legge A.C. 2937 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per il triennio 2010-2012» (Tab. 13), premesso che:
in sede di esame del DPEF 2010-2012 il Ministro Tremonti ha affermato che il Governo, per contrastare la crisi con la manovra 2009 e con la manovra 2010 ha organizzato la politica economica su tre linee fondamentali: la finanza pubblica, la tenuta della struttura sociale, il credito alle imprese e la conservazione della struttura produttiva.
ad una attenta considerazione emerge che la gestione di bilancio e i provvedimenti anticrisi hanno avuto effetti perversi sullo stato dei conti pubblici e della nostra economia;
nel corso della legislatura sono apparsi evidenti le difficoltà previsionali e la sottovalutazione della gravità della crisi economica e finanziaria da parte del Governo: all'inizio della legislatura (giugno 2008) nel Documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013 indicava per il 2009 un PIL in crescita dello 0,9 per cento; nonostante la lunga sequenza di rettifiche in negativo di tali previsioni, il Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF 2010-2013 e nella Relazione previsionale e programmatica 2010 presentati dopo la pausa estiva, ha aggiornato in positivo le stime di crescita del PIL di quattro decimi di punto per il 2009 (da -5,2 per cento a -4,8 per cento) valori comunque migliori di quelli indicati a settembre 2009 dall'OCSE (Interim Assessment) e dalla Commissione UE (Interim Forecast); secondo la Commissione, in particolare, la contrazione del PIL 2009 in Italia, pari a -5,0 per cento, si mantiene di un punto percentuale al di sopra della media europea;
la capacità previsionale del Governo appare inadeguata anche rispetto ai due principali obiettivi di finanza pubblica considerati dalla UE indicatori di tendenziale equilibrio nella gestione delle risorse pubbliche: l'indebitamento netto e il debito pubblico misurati in rapporto al PIL. L'ISTAT stima per il 2009 un indebitamento al 4,6 per cento del PIL e per gli


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anni successivi ritiene che non possa scendere al di sotto del 4 per cento (4,6 per cento nel 2010 e 4,3 per cento nel 2011); molto negativo il trend del rapporto debito pubblico/PIL: tra il 2008 (105,8 per cento) e il 2009 (115,3 per cento) è aumentato di 9,5 punti percentuali e si prevede un ulteriore deterioramento di tale rapporto;
l'avanzo primario in rapporto al PIL - essenziale per sostenere la spesa per il servizio del debito - è cresciuto costantemente dal 2,1 per cento del 1994 al 6,7 per cento del 1997; in seguito ha iniziato a contrarsi ogni anno, fino a raggiungere lo 0,4 per cento nel 2006; il Governo Prodi, con una terapia «d'urto» lo aveva riportato al 2,6 per cento nel 2007; la previsione, forse ottimistica, del Governo Berlusconi è che l'avanzo 2009 precipiti a -0,4 per cento del Pil; questo significa che l'avanzo primario, di 50 miliardi nel 2007, sarà pari a 5,6 miliardi di euro alla fine del 2009;
per le entrate le prospettive non sono incoraggianti, poiché queste si ridurranno dell'1,4 per cento in termini nominali, per la prima volta negli ultimi cinquant'anni; la caduta del gettito è dovuta non solo alla forte contrazione del gettito dell'IVA (-9,5 per cento) nel primi nove mesi dell'anno ma, come ha puntualizzato Bankitalia nel corso dell'audizione sulla Finanziaria, in Senato, «non si può escludere un intensificarsi del fenomeno dell'evasione»; e a proposito dello scudo: «può avere effetti negativi sugli incentivi dei contribuenti a pagare le imposte in futuro»; la politica del Governo ha dunque molto attenuato la «tax compliance» dei contribuenti, determinando anche una netta riduzione del reddito dichiarato ed emerso;
le spese «primarie» crescono dal 44,1 al 47,5 per cento del Pil: l'incremento della spesa corrente primaria, determinato, secondo il Governo, «dalle misure a sostegno dell'economia» contrasta con quanto affermato dal Governo, che più volte si è fregiato del merito di aver varato provvedimenti anticrisi «non espansivi, senza effetti finanziari «netti» che in alcuni casi hanno determinato miglioramento dei saldi di finanza pubblica»;
la Finanziaria 2010 anticipa alcune norme della riforma della contabilità: in particolare, non sono più incluse, rispetto alla disciplina ora vigente, le norme che implicano aumenti di spesa o riduzioni di entrata finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia; si mette così a regime la disciplina transitoria introdotta per l'esercizio finanziario 2009 dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, la cui applicazione è stata estesa alla legge finanziaria per il 2010 dall'articolo 23, comma 21-ter, del decreto-legge n. 78 del 2009 collegato alla manovra;
tale misura non è «eccezionale» e «transitoria» e giustificata dalla strategia di prudenza fiscale del Governo per la politica di bilancio per il triennio «in attesa di un più netto consolidarsi della ripresa economica e, comunque, in attesa di una exit strategy (dalla crisi) che sarà definita in sede europea» ma, poiché è stata integralmente recepita dalla proposta di legge in materia di legge di contabilità e finanza pubblica approvata in seconda lettura, con modificazioni, dalla Camera l'11 novembre scorso, è una norma tale da pregiudicare tutte le politiche di sviluppo da adottare nei prossimi anni che il Governo intende introdurre «a regime» nella manovra di finanza pubblica; da tale quadro normativo deriva infatti che la legge finanziaria per il 2010 -così come quelle degli anni successivi - non possano più contenere disposizioni finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia;
considerato che
la crisi occupazionale in Italia è molto grave: le stime OCSE prevedono una crescita del tasso di disoccupazione dal 6,7 per cento del 2008 al 10,5 per cento nel 2010, con la perdita di 1,1 milioni di posti di lavoro;
sono circa un milione i lavoratori in Cassa integrazione; le imprese che nel 2009


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faranno ricorso agli ammortizzatori in deroga sono circa 36.000; da gennaio ad agosto del 2009 i decreti di Cassa integrazione straordinaria interessano 1.779 aziende e 2.552 siti produttivi (oltre il 60 per cento per crisi aziendali), senza considerare i lavoratori delle piccolissime imprese e i parasubordinati che non hanno nessun ammortizzatore sociale: nel secondo trimestre del 2009 -avverte il Bollettino di Bankitalia di ottobre - si stima una flessione di 300mila lavoratori «precari», soprattutto giovani;
l'intervento di politica scolastica del governo per il triennio 2009-2011 possono conoscersi prociclici, poiché prevedono la cancellazione di oltre 130 mila posti di lavoro (per l'anno scolastico 2009-2010 si tratta di 42.000 posti docente e 15.000 posti ATA: in termini di «licenziamenti» o mancati rinnovi di contratto so tratta di 18.000 incarichi di docente e 8.000 ATA) e certamente il decreto legge 134? Non può valutarsi positivamente poiché non amplia la platea dei beneficiari dell'indennità di disoccupazione (che del resto rimane nell'importo) e scarica sulle regione e gli enti locali il peso sociale delle scelte assunte;
sul fronte delle politiche del lavoro, la Finanziaria 2010 ben rappresenta la «doppia morale» del Governo Berlusconi: poiché per il rinnovo dei contratti pubblici, non sono previsti stanziamenti adeguati, questo risulta, di fatto, condizionato alle entrate da scudo fiscale;
il Bollettino di Bankitalia di Ottobre segnala che alla caduta della produttività si accompagna un costo del lavoro in crescita del 5,4 per cento, anche dopo l'esame del Senato in Finanziaria non sono previsti interventi per contenere la pressione fiscale, in particolare sul lavoro dipendente;
l'avvio e il consolidamento delle misure anticicliche non può essere rinviato e, soprattutto, non può dipendere da incerte risorse derivanti da misure di fiscalità straordinaria come lo scudo fiscale; l'intero sistema economico e sociale e la struttura produttiva, pressati dalla crisi, chiedono certezze;
in perfetta linea con le risibili indicazioni contenute nel dpef la linea del MIBAC si riconferma come una linea di mera sopravvivenza;
la riconferma della spesa per la cultura pari allo 0,3 del PIL smentisce le recenti affermazioni del Ministro sull'importanza della cultura per il Paese e colloca l'Italia, che possiede la metà dei beni culturali del pianeta, fra i paesi europei che meno investono su questa straordinaria risorsa;
la cultura potrebbe essere un importante volano di sviluppo sociale ed economico, e non solo perché volano di profitto attraverso il turismo, sebbene, come affermato dal direttore Resca per un euro investito in cultura ne ritornano 16;
la verità è che la cultura viene considerata, anche nei parametri legislativi, come una spesa e non come un investimento;
da questo assioma derivano una manovra di bilancio che porta le risorse immense del nostro patrimonio culturale ai limiti della residualità, con il conseguente aggravarsi di situazioni già allo stremo e scelte preoccupanti per il futuro;
la dimostrazione è nelle tabelle A e B, che recano gli stanziamenti da iscrivere, rispettivamente, nel Fondo speciale di parte corrente e nel fondo speciale di conto capitale, destinati alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi approvati nel corso del triennio, per i quali non sono previsti stanziamenti;
è una scelta grave, lesiva dell'autonomia del Ministero, consegnato nelle sue scelte, alle disposizioni del Ministro dell'economia;
è una scelta pericolosa, perché rischia di paralizzare le attività culturali nella logica del puro finanziamento, e per di più con un sistema di regole incerte e talvolta obsolete;


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l'esclusiva linea monetaria infatti esautora il Parlamento da funzioni proprie, quali la autonoma iniziativa legislativa e progettuale;
è una scelta, infine, in contraddizione con gli obiettivi del Ministero dichiarati nel DPEF: non si può invocare leggi di riforma e nel contempo privarle di finanziamento;
la genericità degli obiettivi, peraltro, mal si accompagna con i sostanziali piccoli aggiustamenti di bilancio, segnalano l'assenza di una linea progettuale coerente con le esigenze invocate dal mondo della cultura e si dimostra velleitaria in alcune affermazioni, quelle ad esempio quella relativa al potenziamento della fiscalità di vantaggio, che, come si sa, è di fatto una mancata entrata e dunque si configura come una forma indiretta di spesa;
di fatto si registra un decremento dell'1,2 per cento rispetto alle previsioni assestate per l'esercizio finanziario 2009, dovuto alla riduzione delle spese in conto capitale, cioè per investimenti, e l'aumento di 17,8 milioni per la parte corrente è poco più che un timido atto di buona volontà, del tutto insufficiente per ridare impulso ai diversi settori;
pur nella consapevolezza della situazione finanziaria dello Stato, non si può non rilevare che ciò che manca nel provvedimento in esame è una linea che sappia ottimizzare la spesa non attraverso la riduzione della stessa, ma con scelte di innovazione e di riforma;
non è chiaro cosa si intenda per « anche in collaborazione con il privato», anche perché non sono chiari gli strumenti e le modalità di coinvolgimento delle risorse private, e se esse si configurino come integrative o sostitutive dell'intervento pubblico. Si considerino due esempi:
il primo è relativo al coinvolgimento privato nella valorizzazione della cultura italiana nel mondo, come evidenziato dal relatore: si osserva che non sono chiare le modalità con cui si sostanzia questo coinvolgimento, né con quale percentuale di intervento pubblico;
il secondo è quello relativo ai contributi a favore della Fondazione MAXXI, pari a 1.833.125 euro.
Si osserva che,come capita quando c'è mancanza di trasparenza, non si sa chi sono i partner privati e/o pubblici della Fondazione, né quale sia la missione della fondazione, né con quale lo statuto e tantomeno quale sia la finalizzazione del finanziamento pubblico;
si rileva una pesante contraddizione fra gli obiettivi di tutela del paesaggio e la riduzione del 9,1 spesa per il settore, con conseguenti inevitabili domande sul futuro della tutela delle belle arti, dell'architettura e dell'arte contemporanee e della tutela e valorizzazione del paesaggio. Non si può certo pensare che gli interventi in qualche modo dovuti in Abruzzo, o la demolizione di ecomostri possano esaurire il drammatico problema della tutela del paesaggio nel nostro Paese;
negli obiettivi del Ministero enunciati nella manovra in esame viene dato risalto allo sviluppo del cinema e al sostegno allo spettacolo dal vivo. Va apprezzato lo sforzo di incrementare il FUS che passa da 447,8 milioni dell'assestamento a 465,1 milioni per il 2010. Tuttavia la cifra è ancora al di sotto del bisogno. Bisognerebbe almeno riportarla ai valori della finanziaria del 2007, stanziando 550 milioni, per stare in un regime di sopravvivenza. Il grave ritardo del ministro nella presentazione delle più volte annunciata riforma delle fondazioni lirico - sinfoniche fa si che una parte rilevante del FUS sia ad esse dedicato e in compenso che le suddette fondazioni vivano la stagione più cupa e incerta della loro storia, a dispetto del tanto conclamato intervento dei privati. La legge dello spettacolo dal vivo non potrà nascere senza adeguata copertura finanziaria, con grave depressione del settore, già molto provato da risorse esigue e mal distribuite. Si pensi alla situazione per certi versi irreversibile del settore lirico-concertistico


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e della musica in generale, alle ristrettezze in cui versa la prosa, alle incertezze per la danza;
pur non essendo questa la sede per delineare una strategia di dignità e sviluppo dello spettacolo, tuttavia va osservato ancora una volta che lo spettacolo è cultura e non solo divertimento, è attività produttiva e risorsa per il Paese. Andrebbe perciò dimostrato maggior rispetto per i lavoratori del settore e per la loro produzione industriale;
infine, il lieve incremento del FUS è del tutto insufficiente anche per il cinema, industria cultura di primaria importanza, che richiederebbe finalmente una normativa moderna, innanzitutto attraverso la creazione di un'agenzia del cinema

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO

Ghizzoni, Bachelet, Picierno, Nicolais, Mazzarella, Coscia, Rossa, Russo, De Pasquale, De Biasi, Levi, Siragusa, Sarubbi, De Torre, Pes, Lolli.