TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 66 di Martedì 14 ottobre 2008

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI ACCESSO DEGLI STUDENTI STRANIERI ALLA SCUOLA DELL'OBBLIGO

La Camera,
premesso che:
il crescente fenomeno dell'immigrazione ha modificato sensibilmente il modello organizzativo del sistema scolastico italiano;
l'elevata presenza di alunni stranieri nelle singole classi scolastiche della scuola dell'obbligo determina difficoltà oggettive d'insegnamento per i docenti e di apprendimento per gli studenti;
il diverso grado di alfabetizzazione linguistica si rivela, quindi, un ostacolo per gli studenti stranieri che devono affrontare lo studio e gli insegnamenti previsti nei programmi scolastici, e per gli alunni italiani che assistono a una «penalizzante riduzione dell'offerta didattica» a causa dei rallentamenti degli insegnamenti dovuti alle specifiche esigenze di apprendimento degli studenti stranieri;
tale situazione è ancora più evidente nelle classi che vedono la presenza di studenti provenienti da diversi Paesi, le cui specifiche esigenze personali sono anche caratterizzate dalle diversità culturali del Paese di origine, tanto da indurre gli insegnanti ad essere più tolleranti e meno rigorosi in merito alle valutazioni volte a stabilire i livelli di competenza acquisiti dagli alunni stranieri e italiani sulle singole discipline;
dai dati forniti dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la crescita di alunni stranieri, registrata nell'anno scolastico 2007-2008, è pari a 574.133 unità, con un incidenza del 6,4 per cento rispetto alla popolazione scolastica complessiva;
tale situazione è determinata dalla crescita degli alunni stranieri nel triennio 2003-2005 intensificatasi anche per effetto dei provvedimenti di regolarizzazione (legge n. 189 del 2002 e legge n. 222 del 2002);
rispetto alle nazionalità si confermano ai primi posti i gruppi di studenti provenienti dai Paesi dell'Est europeo, in particolare la Romania che, nell'arco di due anni, è passata dal 12,4 per cento (52.821 alunni), al 16,15 per cento (92.734 alunni), superando la numerosità degli alunni provenienti dall'Albania (85.195 pari al 14,84 per cento), e dal Marocco (76.217 presenze, pari al 13,28 per cento);
la disomogenea distribuzione territoriale di alunni con cittadinanza non italiana, molto concentrata al Centro-Nord e scarsa al Sud e nelle Isole, interessa circa 37.000 punti di erogazione del servizio scolastico, rispetto ai 57.000 presenti in ambito nazionale. È evidente il divario esistente tra i primi e i secondi, determinato dalla necessità per i primi di adeguare gli aspetti organizzativi e didattici all'attività di integrazione degli alunni stranieri;
la più elevata consistenza di alunni stranieri si trova nella scuola primaria e secondaria di I grado (il 7,7 per cento frequenta la primaria, il 7,3 per cento la secondaria di I grado, il 6,7 per cento le scuole dell'infanzia). Gli istituti di istruzione secondaria di II grado, pur non raggiungendo complessivamente i valori delle presenze registrate nella scuola primaria e secondaria di I grado, registrano l'8,7 per cento del totale degli studenti. Tra questi ultimi la maggior parte è concentrata nei professionali, dove rappresentano l'8,7 per cento del totale degli studenti, mentre nei tecnici raggiungono il 4,8 per cento e nei licei sono appena l'1,4 per cento;
l'osservazione a livello territoriale evidenzia che l'incidenza degli alunni con cittadinanza non italiana è particolarmente significativa in Emilia-Romagna, Umbria, Lombardia e Veneto dove essi rappresentano più del 10 per cento della popolazione scolastica regionale;
la presenza di studenti stranieri nel Centro-Nord è quindi superiore alla media italiana fino a raggiungere i 12 studenti stranieri ogni 100 in Emilia-Romagna, mentre nel Mezzogiorno l'incidenza percentuale varia tra l'1,3 e il 2,3 per cento ad eccezione dell'Abruzzo con il 5 per cento;
di grande attualità risultano i dati sulla presenza di alunni nomadi, essi raggiungono le 12.342 unità e pertanto rappresentano il 2,1 per cento degli alunni stranieri. Più della metà degli alunni nomadi frequenta la scuola primaria;
relativamente al rapporto tra la frequenza delle scuole statali e non statali e le loro suddivisioni tra i diversi gradi della scuola, si registra la presenza del 90,3 per cento di alunni stranieri in scuole statali, mentre il restante 9,7 per cento risulta iscritto in istituzioni scolastiche non statali;
i Paesi di provenienza degli alunni stranieri, sui 194 censiti dall'Istituto nazionale di statistica, sono ben 191. Nelle scuole della provincia di Bergamo, ad esempio, i dati del 2005 registravano la rappresentanza di 118 cittadinanze, a Perugia 109, a Pesaro 90, a Siena 80, a Latina 78;
l'osservazione sull'esito scolastico degli alunni italiani a confronto con quello degli alunni stranieri rivela che nelle scuole dove sono presenti alunni con cittadinanza non italiana si riscontra una maggiore selezione nei loro riguardi che finisce per incidere sui livelli generali di promozione: il divario dei tassi di promozione degli allievi stranieri e di quelli italiani è -3,36 per cento nella scuola primaria, -7,06 per cento nella secondaria di I grado, -12,56 per cento nella secondaria di II grado, in cui più di un alunno straniero su quattro non consegue la promozione;
la presenza di minori stranieri nella scuola si inserisce come fenomeno dinamico in una situazione in forte trasformazione a livello sociale, culturale, di organizzazione scolastica: globalizzazione, europeizzazione e allargamento dell'Unione europea, processi di trasformazione nelle competenze territoriali (decentramento, autonomia ed altro), trasformazione dei linguaggi e dei media della comunicazione, trasformazione dei saperi e delle connessioni tra i saperi, processi di riforma della scuola;
il fenomeno migratorio sta assumendo caratteri di stabilizzazione sia per le caratteristiche dei progetti migratori delle famiglie, sia per la quota crescente di minori di origine immigrata che nascono in Italia o comunque frequentano l'intero percorso scolastico;
la Convenzione internazionale dei diritti dell'infanzia sancisce che tutti devono poter contare su pari opportunità in materia di accesso alla scuola, nonché di riuscita scolastica e di orientamento;
la scuola italiana deve quindi essere in grado di supportare una politica di «discriminazione transitoria positiva», a favore dei minori immigrati, avente come obiettivo la riduzione dei rischi di esclusione;
la maggior parte dei Paesi europei ha costruito luoghi d'apprendimento separati per i bambini immigrati, allo scopo di attuare un percorso breve o medio di alfabetizzazione culturale e linguistica del Paese accogliente. La presenza di bambini stranieri, ma anche nomadi o figli di genitori con lo status di rifugiati politici, implica l'aggiunta di finanziamenti e di docenti, e l'organizzazione di classi di recupero successive o contemporanee all'orario normale, di classi bilingue, oppure con la presenza di assistenti assunti a tal fine;
in Grecia, ad esempio, le scuole con un gran numero di alunni stranieri, figli di genitori nomadi o di greci rimpatriati, organizzano delle classi propedeutiche o delle sezioni preparatorie per l'insegnamento del greco, ma anche della lingua d'origine, per facilitare l'integrazione di questi bambini nel sistema educativo. Queste classi e sezioni usano materiale didattico specifico e possono essere seguite da insegnanti ordinari che effettuano delle ore supplementari, insegnanti di sostegno temporanei o da insegnanti con qualifiche specifiche a orario ridotto. Il rapporto ufficiale alunni/insegnanti da rispettare è di 9-17 alunni per insegnante nelle classi propedeutiche e di 3-8 alunni per insegnante nelle sezioni preparatorie. L'assegnazione delle risorse dipende dalla presenza di un numero di alunni sufficiente per poter organizzare una classe o sezione;
le gerarchie istituzionali del precedente Governo di centro-sinistra hanno rigettato la proposta della Lega Nord, sulla necessità di istituire dette «classi propedeutiche», considerandole addirittura «luoghi di segregazione culturale», o «mere strategie di integrazione degli alunni immigrati», ritenendole «soluzioni compensatorie di carattere speciale», avvolte in schemi stereotipi e folkloristici;
la pedagogia interculturale del centro-sinistra, attraverso l'affermazione dell'«universalismo», ha lasciato l'iniziativa alle singole scuole e agli enti locali che, pur avendo agito in maniera equilibrata, non possono attuare strategie per il superamento dei problemi derivanti dall'accoglienza e dalla formazione degli studenti stranieri. Le normative sull'immigrazione del 1998 e del 2002 (Testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 e legge n. 189 del 2002) contengono indicazioni utili sulla funzione e sull'uso dei cosiddetti «spazi dotati di strumenti appositamente dedicati», demandando alle scuole e agli enti locali l'iniziativa e la gestione di tali spazi e strumenti mirati all'istituzione di percorsi specifici di alfabetizzazione linguistica di durata variabile;
i dati forniti dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca evidenziano come il problema dei ripetenti e della dispersione scolastica incida soprattutto sui ragazzi stranieri. Secondo tali dati, il numero degli studenti stranieri ripetenti è del 4 per cento nella scuola primaria, dell'8 per cento nella scuola secondaria di primo grado e arriva al 14 per cento nella scuola secondaria di secondo grado. In riferimento a quest'ultimo ciclo di istruzione si rilevano, inoltre, incongruenze tra la classe frequentata e l'età, incongruenze che riguardano circa il 75 per cento degli studenti stranieri;
la dimensione della scuola, la quantità di stranieri rispetto alla popolazione scolastica e la quantità di cittadinanze concorrono al successo o all'insuccesso scolastico di tutti gli studenti;
dai dati ministeriali si rileva che per i diversi ordini di scuola gli alunni stranieri sembrano ottenere maggiori risultati quando sono ridotti di numero;
la densità della presenza di alunni con cittadinanza non italiana in piccole scuole sembra non favorire livelli elevati di esiti positivi. Tale fattore si determina maggiormente nelle scuole secondarie di secondo grado dove il decremento degli esiti in rapporto alla maggiore consistenza di alunni stranieri è ancora più accentuato: negli istituti di piccole dimensioni con gruppi minimi di studenti non italiani, il tasso di promozione degli alunni stranieri scende dal 93,29 per cento (da 1 a 5) fino al 78,64 per cento (da 11 a 30) se vi sono consistenti gruppi di alunni stranieri. Negli istituti di medie dimensioni (da 101 a 300 alunni complessivi) si passa dal 91,79 per cento al 78,46 per cento; negli istituti maggiormente dimensionati si passa dall'89,87 per cento all'80,26 per cento; ciò vuol dire che il tasso di promozione di alunni stranieri nelle scuole primarie e secondarie di I grado è inversamente proporzionale alla dimensione della loro presenza nella scuola;
l'elemento della presenza di molte diverse cittadinanze nelle scuole, pur non coincidendo necessariamente con esiti negativi finali degli alunni stranieri, rappresenta un fattore condizionante del complesso sistema educativo e formativo che influenza l'intera classe;
le sopraccitate analisi sugli esiti scolastici sono importanti poiché consentono di comprendere determinate categorie di alunni per i quali l'obiettivo, oltre a quello degli apprendimenti, è anche quello dell'integrazione del sistema scolastico e del sistema sociale;
questa tipologia di alunni con cittadinanza non italiana consegue determinati esiti scolastici, in rapporto al livello di conoscenza della lingua italiana, alla dimensione temporale di scolarizzazione nel nostro Paese, alle misure di accompagnamento per la loro integrazione all'interno e all'esterno dell'ambito scolastico;
tali misure risultano infatti determinate sia dal numero degli studenti stranieri, sia dalle diverse nazionalità presenti nella stessa classe o scuola e dalle conseguenti differenti situazioni culturali e sociali che generano molteplici esigenze cui dare risposta,

impegna il Governo:

a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione;
a istituire classi ponte che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti;
a non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine di un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole e a prevedere, altresì, una distribuzione degli stessi proporzionata al numero complessivo degli alunni per classe, per favorirne la piena integrazione e scongiurare il rischio della formazione di classi di soli alunni stranieri;
a favorire, all'interno delle predette classi ponte, l'attuazione di percorsi monodisciplinari e interdisciplinari, attraverso l'elaborazione di un curricolo formativo essenziale, che tenga conto di progetti interculturali, nonché dell'educazione alla legalità e alla cittadinanza:
a) comprensione dei diritti e doveri (rispetto per gli altri, tolleranza, lealtà, rispetto della legge del paese accogliente);
b) sostegno alla vita democratica;
c) interdipendenza mondiale;
d) rispetto di tradizioni territoriali e regionali del Paese accogliente, senza etnocentrismi;
e) rispetto per la diversità morale e cultura religiosa del Paese accogliente;
a prevedere l'eventuale maggiore fabbisogno di personale docente da assegnare a tali classi, inserendolo nel prossimo programma triennale delle assunzioni di personale docente disciplinato dal decreto-legge n. 97 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2004, alla cui copertura finanziaria si provvede mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria.
(1-00033) (Nuova formulazione) «Cota, Goisis, Grimoldi, Rivolta, Maccanti, Aprea, Frassinetti, Granata, Latteri, Baldelli, Garagnani, Centemero, Barbieri, Barbaro, Caldoro, Carlucci, Ceccacci Rubino, Di Centa, Renato Farina, Giammanco, Lainati, Mazzuca, Murgia, Palmieri, Massimo Parisi, Perina, Rampelli».
(16 settembre 2008)

La Camera,
premesso che:
il fenomeno dell'immigrazione di bambini ed adolescenti stranieri nel nostro Paese ed il loro inserimento nelle strutture scolastiche, secondo i dati forniti dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha assunto dimensioni notevoli e tali da incidere in maniera rilevante sulla normale attività di insegnamento-apprendimento;
la presenza degli alunni che usufruiscono del servizio è disomogenea territorialmente, etnicamente e culturalmente, con conseguente aggravamento dell'operatività del servizio stesso;
le cronache quotidiane segnalano l'insorgenza di forme, più o meno palesi, di un certo razzismo di ritorno con le sue ostilità, repulsioni e violenza;
attraverso ripetuti appelli Papa Benedetto XVI ha richiamato tutti ad un maggior rispetto della dignità della persona umana, all'accoglienza premurosa dei più deboli ed emarginati, alla tutela soprattutto delle giovani generazioni che spesso arrivano in Italia in età scolare, dopo essere stati oggetti di tratta nei Paesi di origine, privi dei loro genitori naturali e accompagnati da persone che li avviano all'accattonaggio o ad attività delinquenziali;
il compito di ordinare il flusso immigratorio con il necessario discernimento non è del sistema educativo, che non può essere caricato della responsabilità di separare gli allievi regolari dagli irregolari, avendo invece come sua specifica missione quella dell'istruzione e della formazione;
la sfida per l'educazione scolastica nel nostro Paese è costituita dalla valorizzazione del pluralismo, della diversità e del dialogo;
il progetto educativo - superando il transculturalismo che porta alla diffusione del potere del gruppo dominante e del multiculturalismo che induce ogni gruppo a rinchiudersi nel proprio particolare - deve assumere l'ottica della interculturalità che riconosce le specificità senza assolutizzarle, volgendole, anzi, al pieno inserimento dei minori nel contesto sociale,

impegna il Governo:

a fornire un quadro dettagliato ed aggiornato della situazione, indicando i punti di maggiore criticità;
a destinare adeguate risorse economiche agli istituti e agli enti locali che, per ragioni diverse, sono maggiormente esposti su questo fronte, affinché possano affrontare l'emergenza;
a progettare interventi di formazione in servizio dei docenti nelle zone a maggior densità di insediamenti migratori;
a sollecitare la circolazione delle «buone pratiche», che molte scuole hanno realizzato con ottimi risultati;
a prevedere un'equilibrata distribuzione degli alunni stranieri in modo da evitare il concentramento degli stessi in un'unica sede;
ad intensificare il collegamento con l'extrascuola e con le famiglie, dove si svolgono le esperienze più autentiche di vita, aiutando anche i genitori ad apprendere la lingua italiana;
a ripristinare le cosiddette «classi aperte» in maniera da consentire, senza eccessi, il raggruppamento di alunni bisognevoli di specifici interventi di insegnamento-apprendimento;
ad arricchire i curricula di contenuti che abbiano riferimento alle varietà culturali;
a preparare approcci nel settore linguistico integrati con le attività pratiche, differenziando, per il tramite della mediazione di un docente specializzato, i programmi a seconda delle esigenze degli alunni stranieri.
(1-00049) «Capitanio Santolini, Ciocchetti, Vietti, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè».
(9 ottobre 2008)

La Camera,
premesso che:
ricorrono quest'anno i 60 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, che all'articolo 2, recita: «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e le libertà enunciate nella presente dichiarazione, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione» e questa circostanza sollecita ulteriormente il nostro Paese ad attuare i principi in essa contenuti. Principi confermati dalla convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia con la legge 25 maggio 1991, n. 176, la quale, all'articolo 2, ribadisce: «gli Stati parte si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione pubblica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica e sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza»;
ricorre anche il 60o anniversario della nostra Carta costituzionale che, attraverso il lavoro, ricco di alti valori umani e sociali, dei padri costituenti, a metà di uno dei secoli più bui dell'occidente, seppe esprimere con forza che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge», ed il compito della Repubblica è «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana» (articolo 3) e «la scuola è aperta a tutti» (articolo 34). Il dettato costituzionale ebbe bisogno di tempo per affermarsi anche nella scuola e nella sua storia annovera una pietra miliare che è la legge n. 517 del 1977, che sancì definitivamente il carattere inclusivo della scuola italiana aperta a tutti e di tutti insieme nella stessa scuola e nelle stesse classi, dapprima rivolto agli alunni con disabilità e via via rivolto agli alunni con cittadinanza non italiana;
per l'impegno educativo, professionale e civile di migliaia di docenti e del lavoro collegiale delle istituzioni scolastiche autonome del Paese, si è, dunque, affermato un modello che l'osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, istituito presso il ministero della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca nel dicembre 2006, ha messo a punto un documento dal titolo «La via italiana alla scuola interculturale», che definisce i principi, le caratteristiche, le azioni da intraprendere per sostenere in modo efficace una scuola rivolta a tutti, che si svolga per tutti nelle stesse scuole e nelle stesse classi, che metta al centro ciascun alunno con la rete di tutte le sue relazioni e che si attui in una dimensione interculturale;
vista l'importanza della conoscenza della lingua italiana come elemento essenziale di questo modello, nella XV legislatura, nella seduta del 4 luglio 2007, la Camera dei deputati ha votato la mozione n. 1-00175, che raccoglieva le istanze di ben nove mozioni presentate da altrettanti gruppi parlamentari, finalizzata ad impegnare congruenti risorse dedicate a questo tema: «la Camera (...) impegna il Governo: a favorire iniziative da parte delle istituzioni scolastiche, nell'ambito della loro autonomia organizzativa e didattica, finalizzate alla strutturazione di corsi o di attività che possano facilitare l'apprendimento della lingua italiana come lingua seconda, sulla base delle effettive esigenze degli alunni rilevate in sede di valutazione d'ingresso, adottando anche tutte le possibili modalità organizzative e didattiche»;
per rispondere a tale impegno, pienamente condiviso, il Governo Prodi nell'autunno successivo ha predisposto un piano per l'insegnamento della lingua italiana come seconda lingua (L2) agli alunni di recente immigrazione;
detto piano nazionale di insegnamento di italiano L2, è stato steso da linguisti esperti in L2, membri dell'osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, che in passato, durante la XIV legislatura, avevano già seguito la formazione di oltre 700 docenti per renderli esperti in insegnamento dell'italiano L2;
le linee del piano possono essere riassunte come di seguito: viene evidenziato nell'analisi che vivere in una comunità ed insegnare in un contesto multiculturale e multilingue sta diventando un fatto consueto che investe in modo particolare le scuole. In classe capire ed essere capiti diventano sempre di più obiettivi pedagogici e condizioni di base per poter apprendere e insegnare nelle situazioni linguisticamente eterogenee. Il tema dell'insegnamento e apprendimento dell'italiano considerato come seconda lingua è dunque oggi cruciale nella scuola italiana e nei servizi educativi. La competenza nella nuova lingua, da parte dei minori di nazionalità non italiana, rappresenta un fattore positivo di inserimento e di integrazione; è la condizione di base per poter apprendere i contenuti disciplinari comuni; diventa un elemento di appartenenza alla società ospite ed un dato irrinunciabile per i percorsi di cittadinanza. La presenza di alunni stranieri è un dato ormai strutturale del nostro sistema scolastico. Nell'anno 2007-2008 nelle scuole italiane si è registrato il 6,4 per cento degli alunni con cittadinanza non italiana, dieci anni fa (1997-1998) era lo 0,8 per cento. Gli alunni con cittadinanza non italiana che hanno frequentato le scuole statali e non statali del nostro Paese nell'anno scolastico 2006-2007 sono stati 574.133 (dieci anni fa erano poco più di 70 mila). Negli ultimi anni la crescita più significativa si è avvertita nell'istruzione secondaria di secondo grado (118.977 studenti, di cui circa l'80 per cento in istituti tecnici e professionali). L'arrivo di alunni non italiani non è stato omogeneo tra le diverse zone del Paese, come d'altronde è accaduto per la popolazione straniera in generale: su 100 alunni non italiani 90 frequentano le scuole del Centro-Nord e solo 10 quelle del Mezzogiorno. Oltre a ciò, in alcune scuole si registra una particolare concentrazione: in 896 istituzioni scolastiche si supera il 20 per cento di presenze di alunni stranieri, in 94 si supera il 40 per cento. La maggior parte di esse è concentrata nelle regioni del Nord. Tra le province con il maggior numero di scuole con significativa concentrazione troviamo Milano, Torino, Roma, Brescia, Verona. Però la maggior concentrazione di alunni con cittadinanza non italiana, entrati per la prima volta nel sistema scolastico nazionale, si ha soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, dove le percentuali superano sempre il valore nazionale (10 per cento). Nel Centro Nord, invece, le incidenze percentuali sono tutte inferiori ad esso, con l'eccezione del Lazio (12,9 per cento), la Valle d'Aosta (11,7 per cento) e il Friuli-Venezia Giulia (10,7 per cento). Le nazioni maggiormente rappresentate sono l'Albania (14,84 per cento), la Romania (16,15 per cento) ed il Marocco (13,26 per cento). Da questi tre Paesi proviene il 44,27 per cento di tutti gli studenti stranieri;
alla complessità di questa situazione ed alle preoccupazioni che ne possono derivare la scuola italiana risponde con un proprio modello che l'osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale, istituito presso il ministero della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca nel dicembre 2006, ha messo a punto un documento dal titolo «La via italiana alla scuola interculturale», che definisce i principi, le caratteristiche, le azioni da intraprendere per sostenere in modo efficace il «modello» italiano di integrazione;
una delle azioni principali del documento «La via italiana all'intercultura», sopraccitato, e della circolare ministeriale, 1o marzo 2006 «Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri» è l'insegnamento dell'italiano come seconda lingua agli studenti stranieri. Entrambi i documenti riconoscono che è una componente essenziale del processo di integrazione, condizione di base per capire ed essere capiti, per studiare ed ottenere un successo scolastico, per partecipare e sentirsi parte della comunità scolastica e non. La centralità di questa azione è confermata dalle leggi sull'immigrazione, n. 40 del 6 marzo 1998 e n. 189 del 30 luglio 2002;
il piano nazionale di insegnamento di italiano L2 afferma che per mettere in atto azioni comuni il sistema scolastico e gli enti locali sono chiamati oggi ad un impegno quotidiano di intervento mirato e di azioni specifiche. Essendo in atto nel Paese tante buone pratiche riguardo l'insegnamento dell'L2, si tratta in molti casi di consolidare percorsi virtuosi, modelli organizzativi e azioni positive, da tempo già realizzati e di creare-potenziare reti positive di collaborazione;
inoltre il piano riconosce che la presenza di bambini e ragazzi stranieri e la necessità di rispondere in maniera efficace ai loro bisogni linguistici possono essere un'opportunità per tutta la scuola e lo è di fatto come lo riconoscono varie ricerche internazionali e la ricerca in corso dell'università Cattolica di Milano. Considerare l'insegnamento della nostra lingua con maggiore attenzione e cura, proponendo percorsi graduali e proposte didattiche di qualità per lo sviluppo della comunicazione e dello studio, può, dunque, avere una ricaduta positiva sull'educazione linguistica in generale;
il piano operativo si concentra in una prima fase per dare risposta ai bisogni comunicativi e linguistici degli alunni stranieri di recente immigrazione inseriti nelle scuole di diverso ordine e grado, rilevati ed evidenziati dai docenti e dai dirigenti scolastici. Esso si richiama alla finalità di una piena integrazione interculturale che può attuarsi solo a partire dall'acquisizione della capacità di capire e di essere capiti; di comprendere e di esprimere contenuti e saperi comuni. La padronanza efficace e approfondita dell'italiano L2 diventa mezzo di comunicazione e di contatto interpersonale, da un lato, e lingua veicolare dell'apprendimento, dall'altro. Come già accennato più sopra, il piano nazionale si pone inoltre in continuità con i documenti sull'integrazione degli alunni stranieri e sull'educazione interculturale e costituisce un'azione prioritaria alla quale dare attenzione e continuità;
il piano nazionale per l'apprendimento e l'insegnamento dell'italiano L2 - lingua di contatto e lingua veicolare dello studio e dell'apprendimento - si richiama ai criteri seguenti: è un progetto pilota, da sperimentare e monitorare durante l'anno scolastico 2007-2008 e 2008-2009 in alcune aree regionali di maggiore bisogno, per valutarne gli esiti e renderlo, nella seconda fase, progetto diffuso e da portare «a sistema»; è un intervento integrato (e non si pone dunque come azione separata da altre che istituzioni scolastiche autonome svolgono) dal momento che accompagna l'inserimento scolastico degli alunni di cittadinanza nella classe ordinaria di pertinenza e che occupa solo una parte del monte-ore scolastico; pur nella definizione di linee progettuali comuni, ha carattere di territorialità e tiene conto delle situazioni locali di inserimento degli alunni non o poco italofoni, dei loro bisogni e del grado di scuola frequentato; in tal senso, il piano nazionale intende integrare e arricchire l'offerta formativa a carattere linguistico erogata dagli enti locali, dall'associazionismo e dalle scuole; ha carattere di flessibilità e modularità e può quindi essere adattato alle esigenze degli alunni non italofoni inseriti e alle esigenze specifiche di un territorio e delle istituzioni scolastiche; è un piano che prevede azioni di sistema, monitoraggio, documentazione, e si compone di risorse economiche, di linee progettuali, di un sito dedicato, di attività di monitoraggio dei risultati, di comunicazione degli esiti e dei materiali prodotti;
l'intervento d'insegnamento dell'italiano come seconda lingua nella scuola comune previsto dal piano, è, dal punto di vista didattico, specifico e in transizione. Specifico, perché esso si differenzia - nei tempi, metodi, obiettivi - sia rispetto all'insegnamento di una lingua straniera, sia a quello dell'italiano lingua materna. In transizione, perché ha una durata limitata e differenziata da caso a caso (anche se si notano naturalmente alcune regolarità e passaggi comuni nei tragitti di apprendimento). In tempi più o meno rapidi, l'alunno straniero si trova a seguire i contenuti del curricolo della classe in cui è inserito, potendo contare su forme protratte di facilitazione didattica. I destinatari del piano nazionale sono dunque gli alunni neoarrivati in Italia affatto o poco italofoni. Come avviene attualmente in altri Paesi europei, l'intervento specifico - e le risorse che ad esso afferiscono - devono essere indirizzate, non agli alunni stranieri in generale, ma a quella componente che esprime bisogni di tipo linguistico. Gran parte degli alunni di nazionalità non italiana presenti in Italia sono, infatti, nati in Italia o arrivati qui piccolissimi. Essi rappresentano ormai la «normalità» del volto delle nostre scuole, i futuri cittadini italiani a pieno titolo e non sono dunque destinatari di interventi specifici, ma di un'educazione interculturale diffusa rivolta a tutti gli alunni di tutta la scuola. In Francia, ad esempio, le risorse e le iniziative specifiche vengono destinate agli enaf (élèves nouveaux arrivants en France); in Gran Bretagna al naep (new arrivals excellence programme);
gli alunni destinatari privilegiati del piano nazionale sono i bambini e i ragazzi giunti in Italia e inseriti nella scuola italiana da meno di due anni. Si può stimare che la loro presenza sia pari a circa il 15-20 per cento del numero totale di alunni stranieri. Essi sono inseriti, in particolare, nelle scuole secondarie di primo e secondo grado e l'annuale rapporto statistico realizzato dal ministero della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca evidenzia le località e le regioni in cui sono maggiormente presenti;
un alunno non italofono attraversa, in genere, tre fasi nel suo percorso di apprendimento linguistico che il progetto nazionale deve sostenere e accompagnare in maniera efficace. Durante la prima fase (della durata di alcuni mesi), gli sforzi e l'attenzione privilegiata sono rivolti all'acquisizione della lingua per comunicare (italbase): comprensione, produzione, lessico, strutture di base, tecniche di letto-scrittura in L2. Durante la seconda fase, la cosiddetta «fase ponte» (che può estendersi fino a tutto il primo anno di inserimento) continua e si amplia l'acquisizione della lingua per la comunicazione interpersonale di base e si inaugura l'apprendimento dei contenuti disciplinari comuni, a partire dalle materie a minor carattere «verbale», contando su strumenti mirati: glossari bilingui, testi semplificati e linguisticamente accessibili (italstudio). Nella terza fase, l'alunno straniero segue il curricolo comune ai pari e viene «sostenuto» da tutti i docenti della classe attraverso forme molteplici di facilitazione didattica e linguistica, iniziative di aiuto allo studio in orario scolastico ed extrascolastico. Il piano nazionale per l'apprendimento e l'insegnamento dell'italiano L2 si propone di dare risposta soprattutto ai bisogni linguistici che si evidenziano nelle prime due fasi dell'acquisizione della nuova lingua;
per fare questo, attraverso un impianto modulare, l'offerta si compone di corsi diversi che dovranno essere definiti sulla base dei bisogni linguistici e dei percorsi di apprendimento degli allievi. Deve essere previsto un test d'ingresso e un test di fine di ciascuno dei percorsi e tutto ciò deve essere documentato e deve corredare il percorso scolastico degli allievi;
il piano nazionale si configura, dunque, come un intervento «integrato»: l'alunno segue il programma della classe di inserimento per una parte della giornata e frequenta il modulo di italiano L2 durante le ore in cui è previsto nella classe l'insegnamento di discipline a carattere prevalentemente verbale. L'intervento linguistico mirato è inoltre «a scalare»: più intensivo nella prima fase, meno intensivo nella fase seguente;
per definire in maniera più efficace e meno empirica i livelli degli apprendenti, gli stadi interlinguistici che essi attraversano e gli obiettivi di apprendimento riferiti alle diverse fasi, uno strumento utile, al quale il piano nazionale si richiama, è il quadro comune europeo di riferimento per l'apprendimento delle lingue. Sulla base di questo documento e dell'esperienza condotta in questi anni, possono essere rivisti, diffusi e sperimentati: le descrizioni operative dei livelli A1-A2 (fase iniziale); A2-B1 (fase ponte); B2 (fase della facilitazione linguistica) riferite all'apprendimento dell'italiano L2 in situazione scolastica; le programmazioni differenziate per livello e ordine di scuola; i test di ingresso, i test da usare in itinere e i test finali;
il piano si occupa anche degli strumenti e materiali didattici che in questi anni sono stati elaborati, diffusi e sperimentati in modo numeroso, destinati ad apprendenti di età, livello e classe di inserimento diverse e che si richiamano a impostazioni metodologiche differenti. Il piano richiama in particolare per la fase iniziale materiali con approccio comunicativo; testi per la riflessione linguistica; strumenti per sviluppare e sostenere la letto-scrittura in L2; per la fase «ponte» testi semplificati di storia, geografia, scienze destinati ad alunni inseriti in ordini di scuola diversi, anche multimediali e disponibili on-line. Indica che un ulteriore passo avanti può essere rappresentato dai materiali diffusi attraverso la Rai e dai percorsi di autoapprendimento, da realizzare e diffondere e da destinare, destinati alle fasi di apprendimento più avanzato e più autonomo. Inoltre è previsto che il piano di insegnamento-apprendimento dell'italiano promuova l'utilizzo degli strumenti e dei materiali didattici prodotti dalle stesse autonomie scolastiche e, per fare questo, si doti di un sito dedicato che ospiti indicazioni, materiali, bibliografie, sitografie;
per ottimizzare le risorse economiche previste dal piano nazionale per l'insegnamento dell'italiano si propone di concentrare le risorse previste nei territori (regioni e province) che hanno un consistente numero di alunni neoarrivati in Italia e di privilegiare, all'interno di questi territori provinciali, le scuole secondarie di primo e secondo grado, che richiedono oggi le attenzioni e gli impegni maggiori (nella scuola primaria buona parte degli alunni stranieri è nata in Italia ed è italofona al momento dell'ingresso e i problemi legati all'apprendimento linguistico sono minori), inoltre di organizzare nelle scuole o nelle reti di scuole individuate moduli di apprendimento dell'italiano L2 in tempi diversi per un miglior utilizzo delle aule e delle risorse umane e per evitare frammentazioni degli interventi;
il piano nazionale per l'apprendimento e l'insegnamento dell'italiano L2 prevede di avvalersi di personale interno alla scuola, ma, in mancanza di docenti qualificati disponibili, anche di operatori esterni. In particolare per i docenti interni vanno individuati gli insegnanti di italiano L2 fra coloro che hanno frequentato i corsi promossi in questi anni dalle università e dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; tra coloro che hanno seguito la formazione proposta dalle università collegate nei vari progetti riconosciuti dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e di tener conto anche dell'esperienza sul campo; per i docenti esterni ci si deve assicurare che siano laureati in lingue e formati sul tema;
il piano nazionale di italiano L2 prevede alcune linee pedagogiche e glottodidattiche comuni da condividere e diffondere (obiettivi, definizione dei livelli, metodi, materiali didattici, modalità di valutazione) e un'impostazione organizzativa e didattica da sperimentare e «modellizzare». Per fare questo indica la necessità di documentare il progetto pilota: (dati, caratteristiche dei frequentanti, docenti impegnati, collaborazioni con altri enti); monitorare la qualità dell'intervento per portarlo a sistema e diffonderne i risultati: modalità organizzative, impianto didattico, strumenti e materiali, modalità di valutazione, esiti, prevedere e organizzare il monitoraggio;
nell'aprile 2008 vi è stato un primo impegno di finanziamento al piano dell'ordine di 5 milioni di euro;
sempre al fine di potenziare l'insegnamento di L2, in accordo con i sindacati, si era diversamente suddiviso il fondo per la dispersione scolastica e gli studenti stranieri dell'articolo 9 del contratto nazionale dei docenti;
nella reciproca consapevolezza dell'imprescindibile lavoro di rete tra istituzioni, durante il Governo Prodi era iniziato un percorso di confronto e di condivisione con Anci, Upi e coordinamento degli assessori regionali all'istruzione che sarebbe dovuto sfociare a breve in una intesa in sede di conferenza unificata,

impegna il Governo:

a porre immediatamente in atto il piano nazionale di insegnamento di italiano L2 agli studenti poco o non italofoni, a cui si fa riferimento in premessa, in particolare rivolgendolo agli studenti di recente immigrazione e utilizzando integralmente i fondi già dedicati e in premessa descritti;
a finanziare ulteriormente tale piano mediante l'utilizzo delle risorse già giacenti presso il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, o le sue articolazioni regionali, e destinate o destinabili alla realizzazione di progetti per il sostegno dell'apprendimento della lingua italiana e/o per l'integrazione degli alunni immigrati;
a fare sì che l'attuazione del piano, la sua valutazione, i necessari miglioramenti vengano seguiti da un comitato scientifico composto da membri esperti in insegnamento dell'italiano L2;
a proseguire il confronto con Anci, Upi e regioni italiane in vista di un comune impegno a favore di minori immigrati, da sancire in sede di conferenza unificata.
(1-00050) «De Torre, Soro, Sereni, Bressa, De Biasi, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Pasquale, Froner, Ginefra, Levi, Lolli, Mazzarella, Nicolais, Pes, Picierno, Rossa, Antonino Russo, Siragusa».
(9 ottobre 2008)

La Camera,
premesso che:
la presenza di alunni stranieri, pur in percentuale inferiore a quella di altri Paesi, è un dato strutturale del nostro sistema scolastico ed in progressivo aumento: si calcola che, negli ultimi anni, il numero di allievi non italiani abbia superato le 550.000 unità, con una incidenza di circa il 6 per cento della popolazione scolastica complessiva;
la situazione italiana presenta due principali caratteristiche. La prima è che la presenza di alunni stranieri è molto disomogenea e differenziata sul territorio nazionale. Si va dalla percentuale massima della regione Emilia-Romagna, superiore al 10 per cento, seguita da Lombardia, Veneto e Marche, fino alla percentuale minima della regione Campania, di poco superiore all'1 per cento. La provenienza degli alunni stranieri comprende una grande molteplicità di cittadinanze, con un aumento significativo dell'incidenza di cittadinanze dei Paesi dell'Est europeo;
un'altra caratteristica è la rapidità del cambiamento e la mobilità delle varie cittadinanze sul territorio, che portano anche a situazioni di concentrazione di alunni stranieri in singole scuole o territori, fenomeno di fronte al quale si pone il problema di un'equilibrata distribuzione delle presenze, attraverso un'intesa fra scuole e reti di scuole in collaborazione con gli enti locali. La costruzione di reti e coordinamenti è anche utile per la costruzione di un'offerta formativa che riduca le disuguaglianze e i rischi di esclusione;
i minori stranieri, al pari di quelli italiani, sono innanzitutto «persone» e, in quanto tali, sono titolari di diritti che prescindono dalla loro origine nazionale o condizione sociale; la Dichiarazione universale dei diritti umani, all'articolo 2, recita: «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e le libertà enunciate nella presente dichiarazione, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione». Principi confermati dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia con la legge 25 maggio 1991, n. 176, la quale, all'articolo 2, ribadisce: «gli Stati parte si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione pubblica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica e sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza»;
l'Italia ha scelto la piena integrazione di tutti nella scuola, ivi compresi i minori stranieri presenti nel territorio dello Stato, attraverso lo strumento dell'educazione interculturale, per la cui realizzazione sono necessari specifici interventi: per l'apprendimento della lingua, per l'adeguamento dei programmi, per la formulazione di contenuti e stili educativi interculturali, per il ricorso ai mediatori linguistici culturali in caso di necessità nell'ambito di un'adeguata programmazione;
il nostro Paese ha superato la fase dell'emergenza rispetto al fenomeno della presenza di studenti stranieri all'interno delle aule scolastiche e sta passando ad una fase di valutazione delle esperienze già realizzate e di programmazione degli interventi. La presenza degli alunni stranieri è un dato, peraltro, strutturale e riguarda l'intero sistema scolastico. In questo senso ancora molto vi è da fare nel nostro sistema scolastico: tuttavia, esistono delle esperienze significative, che, già da tempo, hanno affrontato con successo la questione degli alunni migranti nelle aule italiane e costituiscono punti di riferimento da divulgare ed amplificare;
la scuola media statale sperimentale Giuseppe Mazzini di Roma ha avviato, fin dal 1985, un percorso di integrazione interculturale in alcune sezioni miste con alunni italiani e stranieri, per facilitare il processo di apprendimento ed alfabetizzazione di questi ultimi tramite la compresenza in classe di due insegnanti, che svolgono il loro lavoro in contemporanea, soprattutto per le materie che richiedono una maggiore elaborazione teorica. Gli alunni stranieri, in genere, a seconda del livello di alfabetizzazione, vengono seguiti da un insegnante in una materia specifica, lungo un percorso semplificato ma del tutto simile a quello dei compagni italiani. Nessuna diversificazione nei programmi, anche perché alla fine del ciclo l'esame è lo stesso. La sperimentazione accelera il processo di apprendimento e, soprattutto, favorisce l'abbattimento delle barriere linguistiche e culturali, favorendo l'incontro tra studenti di diverse nazionalità e conseguendo notevoli risultati positivi dal punto di vista dell'apprendimento scolastico e delle conseguenti valutazioni finali degli studenti interessati, evitando, dunque, forme di esclusione o separazione tra studenti italiani e stranieri;
l'educazione interculturale in tutti i gradi e livelli del sistema scolastico costituisce la colonna portante di una reale educazione dei giovani a valori, quali la solidarietà, l'accoglienza, la comprensione dell'altro, comunemente catalogato come «diverso», la conoscenza di culture e tradizioni di altri Paesi, che costituiscono l'antidoto principale a fenomeni di razzismo, violenza e discriminazione, nei confronti di persone di nazionalità e origine sociale e culturale differente;
siamo stati tutti testimoni da qualche tempo di una serie di tristi episodi di cronaca, frutto di un fenomeno che è stato sintetizzato nel termine «razzismo»; ad ogni modo, si tratta di episodi che denotano una profonda intolleranza e un sentimento di insofferenza che rischiano di rasentare il fanatismo e dei quali, come sempre, la paura rappresenta il primo e fondamentale nutrimento;
bisogna evitare che il sentimento di insofferenza nei confronti dello «straniero» si diffonda; ed è necessario partire proprio dalle scuole, dove bambini italiani e stranieri si incontrano, studiano, crescono,

impegna il Governo:

a farsi promotore su tutto il territorio nazionale di iniziative volte a valorizzare la presenza nella scuola italiana di alunni di nazionalità diverse quale importante situazione di incontro, reciproca conoscenza, arricchimento culturale, socializzazione in una società sempre più multiculturale e, dunque, impegnata a prevenire e combattere ogni forma di razzismo e xenofobia;
a farsi promotore su tutto il territorio di politiche scolastiche che mirano all'integrazione dei bambini stranieri, senza tradursi in un semplice processo di «assimilazione» della cultura italiana, né tanto meno di «omologazione», ma che siano effettivamente tese all'inserimento degli studenti immigrati nel contesto socio-culturale italiano;
a contrastare ed impedire forme di esclusione o separazione degli studenti stranieri non ancora alfabetizzati, assicurando alle scuole un organico di docenti, che, essendo funzionale anche alla presenza di alunni di diverse nazionalità, preveda, in tali situazioni, un minor numero di alunni per classe, situazioni di compresenza di docenti, soprattutto nelle materie che richiedono maggiore elaborazione teorica, quali italiano, storia, geografia, matematica e scienze, ed attività specifiche di formazione-aggiornamento dei docenti sul tema della multiculturalità, facendo in modo che tali iniziative siano prioritariamente indirizzate a situazioni, nelle scuole di ogni ordine e grado, dove maggiore si registra la presenza di alunni stranieri;
a favorire e valorizzare con interventi specifici il fondamentale ruolo che gli enti locali svolgono su questa tematica.
(1-00051) «Evangelisti, Donadi».
(10 ottobre 2008)