TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 376 di Giovedì 30 settembre 2010

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

DONADI, PIFFARI, SCILIPOTI, ANIELLO FORMISANO, BARBATO e PALAGIANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni si sta assistendo a una nuova ennesima crisi dei rifiuti a Napoli e in Campania, con una situazione che rischia di diventare nuovamente esplosiva in tutta la provincia di Napoli;
di nuovo tonnellate di rifiuti in strada, a dimostrazione di una crisi che mette in luce ancora una volta come il problema rifiuti in Campania in realtà non sia mai stato risolto, come invece ha sempre dichiarato il Governo, e che il piano messo a punto da Berlusconi e Bertolaso si è rivelato non strutturale, ma solamente come un insieme di soluzioni tampone;
un Governo che aveva promesso che non si sarebbero più aperte nuove discariche e che, invece, ora ne prevede un'altra nel Parco del Vesuvio, in un'area protetta e di grande valenza naturalistica;
i sindaci e tutti gli abitanti dell'area interessata stanno, quindi, legittimamente contrastando l'apertura di questa ennesima discarica a cielo aperto, l'ex cava di Vitiello, che secondo i desideri del Governo dovrebbe «nascondere» i rifiuti in attesa di una nuova soluzione;
si ricorda che il Governo, con il decreto legge n. 90 del 2008, aveva stabilito la costruzione di quattro nuovi termovalorizzatori e individuato dieci siti in cui realizzare altrettante discariche;
i previsti termovalorizzatori (Napoli, Salerno, Santa Maria la Fossa) non sono mai entrati in funzione e per quanto riguarda il termovalorizzatore di Acerra - che Guido Bertolaso continua a considerare il miglior termovalorizzatore italiano - due linee su tre sono praticamente fuori uso, con la conseguenza che l'impianto incenerisce ogni giorno circa trecento tonnellate, invece delle mille tonnellate di rifiuti previste. Le restanti 700 tonnellate finiscono inevitabilmente in discarica;
vale la pena sottolineare che nella zona del Pantano, area limitrofa al termovalorizzatore, le polveri sottili hanno sforato i valori massimi in ben 250 giorni su 500;
in realtà dopo la solenne e sbandierata inaugurazione del termovalorizzatore avvenuta un anno e mezzo fa, nel marzo 2009, quest'ultimo non ha mai funzionato regolarmente e non ha mai raggiunto, neanche lontanamente, i parametri produttivi previsti;
va, peraltro, sottolineato che a gennaio 2011 le discariche saranno del tutto sature, che gli impianti di compostaggio sono praticamente inesistenti e che la raccolta differenziata non è mai decollata, rimanendo ancora molto lontana da standard minimamente accettabili. Anzi il quantitativo dei rifiuti indifferenziati negli ultimi mesi è andato aumentando;
a tutto ciò si aggiungono i pesantissimi tagli ai trasferimenti agli enti locali operati da questo Governo. È stato lo stesso commissario liquidatore di quello che fu il consorzio di bacino Napoli-Caserta, Gianfranco Torturano, che alcuni mesi fa dichiarava l'«impossibilità di continuare a gestire, per conto delle province, i siti di stoccaggio provvisori e definitivi in assenza del ristoro delle spese sostenute sia per la gestione che per il personale». In più, la società provinciale che dovrebbe gestire il ciclo dei rifiuti non ha ancora presentato il piano industriale;
al di là della propaganda che voleva risolta l'emergenza campana, si aggiunge la tutt'altro che risolta vertenza dei lavoratori del disciolto bacino unico: 2000 persone che attendono di sapere quanti e come saranno riassorbiti al lavoro -:
quali iniziative urgenti si intendano intraprendere alla luce delle forti criticità esposte in premessa, considerato che già dal 2011 le discariche attualmente in uso saranno tutte esaurite, e se non si intenda - nell'ambito delle proprie prerogative - favorire un indispensabile processo di normalizzazione nel settore del ciclo dei rifiuti in Campania, anche attraverso l'attivazione di un tavolo di confronto tra tutti i soggetti istituzionali coinvolti - Governo, sindaci, amministratori locali - che permetta di coordinare le iniziative da mettere in atto, promuovendo l'individuazione delle relative risorse finanziarie necessarie al reale funzionamento del ciclo dei rifiuti, nonché delle più opportune forme di controllo del territorio e nel settore degli appalti emergenziali, anche al fine di scongiurare la presenza della criminalità organizzata in questo ambito.(3-01249)
(29 settembre 2010)

BALDELLI e TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il tema della gestione dei rifiuti ha assunto una rilevanza sempre maggiore, che riguarda non solo la tutela dell'ambiente, ma anche la difesa della legalità;
i rifiuti pericolosi sono spesso oggetto di lucrosi traffici da parte delle organizzazioni criminali, che causano gravi danni al territorio e possono mettere in pericolo la salute pubblica;
è imminente l'avvio del Sistri, il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nato nel 2009 su iniziativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
sono diverse le critiche che vengono rivolte a questo nuovo sistema, come, ad esempio, le modalità con cui è stato creato, i costi per le imprese, i tempi messi a disposizione per il passaggio dal vecchio sistema cartaceo al nuovo progetto informatico, l'averlo sottoposto a «segreto di Stato» -:
se non ritenga di fornire un chiarimento in risposta alle critiche rivolte al Sistri.(3-01250)
(29 settembre 2010)

CASINI, LIBÈ, ZINZI, NUNZIO FRANCESCO TESTA, CICCANTI, COMPAGNON, GALLETTI, VOLONTÈ, NARO, OCCHIUTO, DIONISI, MONDELLO e RAO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni si sono ripresentate forti criticità nel sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Campania, con nuovi episodi di accumuli di immondizia nelle strade, che hanno superato le 2000 tonnellate a Napoli, e conseguenti manifestazioni di protesta da parte dei cittadini;
i maggiori disagi si sono riscontrati nei comuni nell'area di Terzigno, dove i cittadini e le amministrazioni locali, per la paventata ipotesi di allargamento della discarica e per la realizzazione di un secondo sito di deposito in zona, hanno dato vita ad una protesta che ha bloccato il regolare flusso dei rifiuti in discarica e nel capoluogo campano, che per di più ha dovuto far fronte all'improvviso sciopero di numerosi dipendenti delle ditte appaltatrici del servizio di raccolta;
a questo si sono aggiunti numerosi episodi di violenza e criminalità che si sono scatenati parallelamente, probabilmente di matrice camorristica, che hanno interessato le strutture e i mezzi di raccolta delle società di gestione in questione, che ha comportato così la totale sospensione del servizio per svariati giorni;
sulla vicenda sono state aperte tre differenti inchieste da parte della magistratura per accertare i fatti, le responsabilità e le eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata, a seguito anche delle dichiarazioni rilasciate sulla questione dal capo della Protezione civile Guido Bertolaso, che ha gettato numerosi dubbi e ombre sulle reali cause dell'improvviso blocco del ciclo di gestione, lamentando, inoltre, carenze strutturali nelle capacità organizzativa e operativa delle realtà locali;
la recente audizione del prefetto di Napoli De Martino in Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha evidenziato un sistema di traffici illeciti, che va ben oltre i confini campani e che interessa, tra l'altro, anche aziende del Nord del Paese;
gli avvenimenti fanno emergere grosse perplessità sul buon andamento dell'azione del Governo sulla questione rifiuti, considerato il grosso impegno e i risultati rivendicati con l'adozione dei piani di rientro dall'emergenza emanati negli ultimi due anni, culminati il 31 dicembre 2009 con la dichiarazione di conclusione della fase emergenziale in Campania;
appare evidente che l'emergenza non è conclusa e che la pianificazione predisposta dalla gestione commissariale presenta seri problemi. Ancor più chiaro è che l'intero programma di rientro è ancora ben lontano dall'essere realizzato compiutamente; allo stato attuale, infatti, non tutte le discariche previste dal piano emergenziale sono entrate in funzione, si riscontrano ritardi sull'applicazione del servizio di raccolta differenziata e l'unico impianto di termovalorizzazione entrato in funzione, sui cinque promessi dal Governo, non opera ancora a pieno regime;
alla luce di quanto innanzi esposto, non è stata ancora prevista una proroga ed una modifica del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010, consentendo ai comuni di gestire in proprio il servizio, con un controllo rigido della provincia, sulla quale continuerebbe a gravare la gestione degli impianti -:
quali urgenti iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda adottare per ripristinare la regolarità del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, alla luce anche delle recenti dichiarazioni rilasciate dal capo del dipartimento della Protezione Civile sugli avvenimenti accaduti nei giorni scorsi.(3-01251)
(29 settembre 2010)

BOSSA, BRATTI, MARIANI, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, BENAMATI, BOCCI, BRAGA, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA, REALACCI, VIOLA, CIRIELLO, D'ANTONA, MAZZARELLA, NICOLAIS, PICCOLO, SANTAGATA, SARUBBI, BOFFA, BONAVITACOLA, CUOMO, GRAZIANO, PEDOTO, MARIO PEPE (PD), PICIERNO, VACCARO, CENNI e RUGGHIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
è riesplosa a Napoli e nella sua area metropolitana l'emergenza rifiuti;
nel centro storico di Napoli la raccolta dei rifiuti è stata ferma per alcuni giorni, lasciando a marcire nelle strade fino a seicento tonnellate di spazzatura;
tale situazione determina un livello di forte allarme sociale, sia dal punto di vista igienico-sanitario, sia dal punto di vista della situazione economico-turistica;
la situazione esplosa a Napoli è solo l'anticipo di una nuova emergenza che potrebbe scoppiare a breve anche nel resto del territorio dell'area metropolitana, visto che l'equilibrio su cui si regge il ciclo dei rifiuti in Campania è estremamente fragile;
dalla chiusura, con decreto del Governo, dell'emergenza rifiuti in Campania non sono stati fatti i passi che si ritenevano necessari per portare la situazione ad un livello di gestione ordinaria; nello specifico:
a) la raccolta differenziata resta ben lontana dall'obiettivo minimo del 40 per cento. Nella città di Napoli non si supera il 15 per cento; in molti centri della provincia di Napoli non è proprio partita o si è attestata su livelli minimi;
b) i numerosi termodistruttori, di cui il Presidente del Consiglio dei ministri, in una conferenza stampa a Napoli, un anno fa, aveva promesso la costruzione, sono rimasti sulla carta;
c) l'unico termodistruttore in funzione, quello di Acerra, inaugurato nel 2010, è in tilt: dovrebbe bruciare 2000 tonnellate di immondizia al giorno. Adesso non va oltre quota 500. Due forni su tre sono saltati; secondo la Partenope ambiente, la controllata del gruppo A2a, che gestisce il termovalorizzatore, per rimettere in sesto l'impianto occorreranno non meno di 11 milioni di euro;
d) su tutto il territorio della regione Campania non sono stati attivati impianti di compostaggio; i pochi comuni della Campania che nella differenziata raccolgono l'umido spendono 200 euro a tonnellata affinché sia trattato fuori regione;
non essendo decollato il ciclo completo dei rifiuti, con differenziata, compostaggio, termodistruzione, l'unica via di smaltimento restano ancora le discariche;
se il ciclo ordinario dei rifiuti fosse almeno partito, ad oggi, nella peggiore delle ipotesi, anche con percentuali minime, si avrebbero non più di duemila tonnellate di spazzatura al giorno da smaltire in discarica, a fronte delle 5100 tonnellate di rifiuti al giorno;
gli invasi di Terzigno e di Chiaiano, le discariche attualmente attive a Napoli e provincia, sono ovviamente in via di esaurimento. Lo sversatoio di Cava Sari nel Parco nazionale del Vesuvio a Terzigno dovrebbe esaurirsi tra gennaio e febbraio 2011; la discarica di Chiaiano, invece, dovrebbe esaurirsi nell'ottobre 2011;
a causa dell'evidente fallimento della programmazione effettuata dal Governo in sede di chiusura della gestione straordinaria, si va, con l'esaurimento delle due discariche, verso una nuova e drammatica emergenza rifiuti;
per scongiurare questa ipotesi si parla insistentemente di allargamento della discarica di Terzigno, con l'uso di Cava Vitiello, e dell'ampliamento della discarica di Chiaiano, con l'uso di altre cave attigue;
tale soluzione appare come uno schiaffo a popolazioni già gravemente provate dal disagio di ospitare nei loro luoghi (aree di pregio e centri abitati, come il Parco del Vesuvio di Terzigno e il Parco delle Colline di Chiaiano) degli invasi ad alto impatto e che si vedono costretti a pagare un nuovo e devastante prezzo, a causa dell'incapacità delle autorità nazionali e locali di dare seguito ai loro annunci roboanti di dare esecuzione ai loro piani annunciati in conferenza stampa, di dare gambe e fiato a progetti esibiti come miracoli e rivelatisi scatole vuote -:
come intenda il Governo affrontare la crisi rifiuti a Napoli e provincia, sia rispetto all'emergenza riesplosa in questi giorni sia in previsione di nuove situazioni di crisi che potrebbero determinarsi nei prossimi mesi, a causa del mancato decollo del ciclo ordinario dei rifiuti e del contestuale esaurimento delle discariche, evitando che il peso dell'emergenza mai risolta si scarichi di nuovo su popolazioni e territori come quelli di Terzigno e Chiaiano, già provate duramente da impianti ad altissimo impatto ambientale.
(3-01252)

(29 settembre 2010)

NUCARA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi il Parco nazionale delle Cinque Terre è stato oggetto di un'indagine della magistratura che ha portato all'arresto di otto persone, tra le quali il presidente Franco Bonanini, con accuse che vanno dall'associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato al falso, dall'abuso d'ufficio alla concussione;
secondo le dichiarazioni di illustri personalità del mondo ambientalista la gestione del presidente Bonanini ha rappresentato un punto di forza per la valorizzazione e la promozione dei valori ambientali, culturali e storici presenti nelle aree protette;
lo stesso Ministro interrogato si è dichiarata sconcertata dall'iniziativa della magistratura;
è innegabile lo sviluppo delle Cinque Terre in questi anni -:
di quali sistemi di controllo e monitoraggio disponga il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per verificare, al di là della riconosciuta probità delle persone, che le risorse che lo Stato trasferisce annualmente ai parchi e alle aree protette non vengano distolte su iniziative che niente hanno a che vedere con la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.(3-01253)
(29 settembre 2010)

REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI, VOLPI e ZAFFINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Teatro Carlo Felice di Genova presenta un deficit finanziario di oltre 14 milioni di euro;
per salvaguardare il teatro in oggetto dalla bancarotta il consiglio d'amministrazione ha deciso di mandare in cassa integrazione i 300 dipendenti, sospendendo conseguentemente ogni attività artistica fino alla fine del 2010; dette «misure» scongiurerebbero la levitazione del debito, che rischia di raggiungere i 17 milioni di euro a fine 2010;
il 15 settembre 2010 il Ministro interrogato avrebbe concordato con il sindaco di Genova «sulla necessità di utilizzare al più presto tutti gli strumenti che le leggi sul lavoro permettono, al fine di avviare un rapido risanamento del Teatro Carlo Felice, stante l'impossibilità per l'anno in corso di reperire fondi straordinari»;
contestualmente il Ministro interrogato si sarebbe impegnato a valutare il piano di rilancio del teatro, la cui presentazione dovrebbe avvenire nei prossimi giorni, previo accordo tra il vertice della fondazione e le parti sociali;
ai fini del predetto risanamento finanziario del Teatro Carlo Felice, sarebbe auspicabile un piano che preveda la patrimonializzazione della Fondazione Carlo Felice attraverso l'attribuzione alla stessa di immobili, come lo stesso stabile sede del teatro, oggi di proprietà comunale; tale intervento registra, tuttavia, la contrarietà dell'attuale amministrazione comunale -:
quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare per superare la crisi che investe il Teatro Carlo Felice di Genova, anche al fine di tranquillizzare i lavoratori coinvolti e tutti i soggetti interessati alle sorti del teatro, nonché allo sviluppo della cultura a Genova e in Liguria.(3-01254)
(29 settembre 2010)

DELLA VEDOVA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 19 gennaio 2005 del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare («Prescrizioni per la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agro-alimentare, relativamente alle attività di rilascio deliberato nell'ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato», pubblicato in Gazzetta ufficiale il 29 marzo 2005) definisce i criteri per la valutazione dei rischi per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agro-alimentare, derivanti dall'immissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, a fini di ricerca e sperimentazione;
su questa base, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avrebbe dovuto definire con proprio decreto i protocolli operativi per la gestione del rischio delle singole specie geneticamente modificate, acquisito il parere di un comitato tecnico di coordinamento, composto da rappresentanti ministeriali e da rappresentanti delle regioni e delle province autonome designati dalla conferenza Stato-regioni;
in data 20 novembre 2008 il comitato tecnico di coordinamento ha espresso parere favorevole allo schema di nove protocolli tecnico-operativi, relativi ad altrettante colture geneticamente modificate (actinidia, agrumi, ciliegio dolce, fragola, mais, melanzana, olivo, pomodoro, vite);
nel frattempo, nelle more di un procedimento la cui lunghezza ha scontato pregiudizi ideologici e ostacoli burocratici, alcune regioni hanno provveduto ad individuare i siti utilizzabili per la sperimentazione, valutando concretamente l'applicabilità dei protocolli definiti dal comitato tecnico;
un anno e mezzo dopo le conclusioni del comitato tecnico, l'allora Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, rispondendo all'interrogazione n. 4-04893, che chiedeva conto dei ritardi nell'emanazione del decreto relativo ai protocolli operativi, ha giustificato la mancata adozione del provvedimento sulla base di una perplessità della conferenza permanente Stato, regioni e province autonome a proposito del protocollo relativo al solo mais e, più in generale, senza far riferimento ad alcun rischio di contaminazione scientificamente dimostrato, ha sostenuto che il ritardato avvio delle sperimentazioni avrebbe garantito «il diritto del sistema agro-alimentare italiano di essere esente dal transgenico»; d'altra parte le stesse linee guida di coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate, affidate ad un tavolo tecnico interregionale, non erano ancora state perfezionate, perché «subordinate ad una approvazione politica dei contenuti»;
se questo uso politico e irrazionale del principio di precauzione venisse esteso ad ogni forma di sperimentazione scientifica, il nostro Paese uscirebbe nel giro di pochi anni dal novero dei Paesi avanzati;
il perdurare del vuoto regolatorio rispetto alla coltivazione ed alla sperimentazione di sementi geneticamente modificate inibisce lo sviluppo in Italia di un importante filone di ricerca scientifica, su cui fino a una decina di anni fa l'Italia era all'avanguardia -:
se non ritenga di dovere emanare, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il decreto ministeriale sui protocolli tecnici operativi relativi alle seguenti colture geneticamente modificate: actinidia, agrumi, ciliegio dolce, fragola, mais, melanzana, olivo, pomodoro, vite, approvate dal comitato tecnico di coordinamento in data 20 novembre 2008, e se non ritenga di dovere inaugurare un approccio diverso rispetto a quello del suo predecessore sul tema della sperimentazione delle colture geneticamente modificate, considerando che il progresso scientifico sottopone all'attenzione dei ricercatori - purtroppo fuori dall'Italia - sempre nuove specie da studiare e sperimentare in campo aperto.
(3-01255)
(29 settembre 2010)



INTERPELLANZE URGENTI

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
il settore agroalimentare è stato assoggettato nel corso del 2000 ad una profonda crisi che è stata particolarmente grave per alcuni comparti quale il lattiero caseario;
il comparto ovino è quello più coinvolto, con particolare riferimento alla Sardegna dove viene realizzato circa il 50 per cento della produzione lorda vendibile del comparto nazionale e dove operano circa 17.000 aziende;
gli interventi predisposti celermente dalla Commissione europea per fronteggiare la crisi del latte mediante la stabilizzazione del mercato non hanno comunque riguardato la crisi delle produzioni agricole lattiere casearie del comparto ovicaprino;
ad oggi, la crisi del comparto ovino ha raggiunto un'intensità non più sostenibile mettendo seriamente in discussione l'esistenza stessa di migliaia di aziende;
dopo un lungo periodo caratterizzato da importanti ed impegnativi investimenti nelle aziende ovicaprine, sia nelle strutture sia nel miglioramento genetico e nella salute animale, ed a seguito di un lungo periodo di stagnazione della contrattazione tra le parti per la determinazione del prezzo del latte, il comparto agropastorale versa oggi in una crisi gravissima, con la gran parte delle aziende agropastorali che producono praticamente in perdita;
nelle regioni italiane a vocazione agropastorale la crisi del comparto ovino colpisce il cuore del sistema agricolo in termini economici e occupazionali e la cultura stessa di quei popoli, mettendo in discussione anche alcuni tratti fondamentali delle loro identità;
l'allevamento ovicaprino svolge, inoltre, un ruolo ambientale fondamentale, tra cui la preservazione naturale di zone meno fertili e la salvaguardia del paesaggio e di ecosistemi sensibili; spazi naturali, come i pascoli, si sono preservati per secoli grazie all'allevamento ovicaprino; inoltre il comportamento alimentare degli animali in questione, che sono soliti brucare, contribuisce a mantenere la biodiversità della flora, a proteggere la fauna selvatica e a ripulire gli spazi naturali dalla materia vegetale secca, il che è essenziale, nei Paesi mediterranei, ai fini della prevenzione degli incendi;
il settore ovicaprino dell'Italia, concentrato soprattutto nelle zone svantaggiate, sta subendo un grave declino in termini di produzione e un esodo di produttori che denota un'assenza totale di attrattiva per i giovani allevatori ovicaprini;
le proteste dei pastori e del mondo delle campagne di queste settimane rappresentano il sintomo di una crisi grave e di lungo periodo e la preoccupazione di chi non riesce più a vivere pur lavorando duramente;
da lungo tempo il punto debole della filiera del comparto ovicaprino è rappresentato dalla gestione del mercato e dalla programmazione delle produzioni, certificando così la debolezza e la crisi strutturale dell'operato dei soggetti che, operando a valle delle aziende pastorali, sovraintendono alla trasformazione del latte, alla commercializzazione dei formaggi e alla programmazione delle produzioni;
negli ultimi dieci anni il sistema delle imprese di trasformazione è stato destinatario di un consistente piano di investimenti finalizzati soprattutto alla modernizzazione degli impianti e alla diversificazione produttiva, senza che si riuscisse ad ammodernare anche l'intero sistema di mercato e, con ciò, si facesse registrare alcuna ricaduta positiva, diretta o indiretta, sul sistema delle imprese agropastorali che, anzi, hanno assistito ad un costante calo del prezzo del latte, fermo ai livelli dei primi anni Novanta, ed al raddoppio dei costi di produzione;
nonostante il settore lattiero caseario ovino rappresenti una delle punte di diamante dell'export agroalimentare italiano, negli ultimi anni le aziende agropastorali hanno potuto sopravvivere solo grazie agli aiuti comunitari, mentre l'abbandono della strategia di valorizzazione del ruolo delle organizzazioni dei produttori, perseguito negli ultimi tempi, ha coinciso con il riacutizzarsi della crisi del settore;
per uscire da una situazione di costante penalizzazione degli interessi dei pastori, è necessario altresì spingere tutti gli attori in campo a contribuire affinché il prezzo del latte venga determinato sulla base dei prezzi di mercato delle quattro maggiori categorie merceologiche dei formaggi pecorini (pecorino romano quotazione USA, pecorino romano quotazione Italia, pecorino sardo e altre specialità tipiche semistagionate e formaggi a pasta molle) e da un sistema di calcolo che tenga conto dei costi di produzione, delle rese e dei cali di peso delle diverse tipologie, ossia dell'insieme dei diversi costi di filiera, in piena trasparenza, nell'ambito di un'intesa di filiera che porti alla sottoscrizione di un contratto quadro e di contratti di fornitura tra le parti che diano garanzie ad entrambe, secondo la legislazione vigente;
l'assenza nelle varie realtà regionali di un'adeguata politica del credito in agricoltura ha reso debole la situazione finanziaria delle aziende pastorali e ha rafforzato il ruolo dei mediatori e accaparratori di latte con nessun beneficio per i pastori e con danno evidente del sistema;
la tutela degli interessi legittimi degli allevatori passa in particolare attraverso il potenziamento e il rilancio su basi nuove dell'associazionismo, con particolare riferimento alle organizzazioni dei produttori, indispensabili per realizzare tutta la filiera, compresa la commercializzazione, al fine di garantire il massimo delle ricadute a favore degli allevatori medesimi;
è necessario definire una serie di proposte finalizzate a rispondere nell'immediato all'emergenza, ma rivolte anche alla soluzione di nodi storici irrisolti, alle novità maturate negli ultimi anni con la globalizzazione e l'evoluzione mondiale del settore;
l'health check della politica agricola comune (Pac) ha introdotto una nuova forma di sostegno, chiamata sostegno specifico, prevista dall'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009. Mediante tale sostegno si ha la possibilità di finanziare ben cinque tipologie di misure, molto diverse tra di loro;
una delle cinque misure è specifica per attivare un sostegno mirato alla zootecnia estensiva (vacche nutrici, ovicaprini), con il triplice obiettivo del miglioramento dell'ambiente, della qualità del prodotto e dell'attivazione delle economie locali;
il sostegno alla zootecnia estensiva è una delle più importanti misure assunte dalla Francia, che manterrà un premio accoppiato per vacche nutrici ed ovicaprini; la Francia è un Paese direttamente concorrente dell'Italia per la zootecnia, per cui è auspicabile creare condizioni di parità nell'ambito delle politiche di sostegno;
una seconda misura, adattabile alle realtà agropastorali, consentita dal sostegno specifico dell'articolo 68, è quella che consente di erogare pagamenti supplementari a favore di produttori dei settori lattiero caseario, delle carni bovine, delle carni ovicaprine e del riso in zone vulnerabili dal punto di vista economico o sensibili dal punto di vista ambientale;
questo sostegno è molto importante per l'Italia, che potrà utilizzarlo per salvaguardare la zootecnia da latte e da carne in montagna, soprattutto per arginare le conseguenze di una maggiore competitività nel settore lattiero caseario dopo l'eliminazione delle quote latte;
l'articolo 68 si presenta come una nuova forma di sostegno della politica agricola comune, con un importo finanziario abbastanza importante, circa 430 milioni di euro di cofinanziamento nazionale e oltre 693 milioni di euro di risorse assegnate dall'Europa all'Italia, risorse la cui programmazione avviene esclusivamente a livello nazionale al fine di fare una politica che tenga conto delle specificità nazionali;
l'articolo 68 andrebbe, quindi, utilizzato al massimo livello finanziario e scegliendo attentamente le misure da attuare, le imprese e i territori da sostenere, i contributi da concedere, evitando la suddivisione del sostegno tra tante misure;
la possibilità per l'Italia di decidere l'allocazione di risorse importanti è un'occasione da non perdere. Ma occorre una politica nazionale coraggiosa, in grado di fare scelte virtuose evitando le erogazioni a pioggia;
ad esempio, le risorse dell'articolo 68 andrebbero concentrate sulla zootecnia di montagna e delle zone svantaggiate e, in particolare, sulla zootecnia delle produzioni ovicaprine, al pari di quanto fatto dalla Francia di Sarkozy;
ad oggi, questo purtroppo non avviene e lo schema nazionale di riparto delle risorse dell'articolo 68 per l'anno in corso assegna alla zootecnia ovicaprina pochissime risorse, pari a 10 milioni di euro su un plafond di oltre 300 milioni di euro, non sufficienti nemmeno per affrontare l'emergenza di questi giorni;
il tavolo tecnico per risolvere la crisi del comparto ovicaprino, istituito il 6 settembre 2010 presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, a cui hanno partecipato, oltre ai rappresentanti del Ministero, i rappresentanti delle regioni Sardegna, Toscana e Lazio, l'Agea e il consorzio del pecorino romano, potrebbe rappresentare il luogo ideale in cui fare la scelta di concentrare le risorse dell'articolo 68 sulla zootecnia di montagna e, in particolare, sulla zootecnia delle produzioni ovicaprine, al pari di quanto fatto dalla Francia;
il lavoro del tavolo tecnico è altresì importante alla luce delle evoluzioni che si registrano a livello europeo; infatti, a seguito della situazione di crisi in cui si è venuto a trovare tutto il mercato lattiero nell'anno 2009, il Commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale Dacian Ciolos ha istituito un gruppo di esperti di alto livello sul latte, incaricato di analizzare i provvedimenti da adottare a medio e lungo termine per il settore lattiero caseario;
costituito da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal direttore generale per l'agricoltura e lo sviluppo rurale Jean-Luc Demarty, il gruppo di alto livello ha ricevuto ed esaminato contributi scritti e orali da parte dei maggiori gruppi europei di portatori di interesse del settore lattiero-caseario, oltre ad autorevoli contributi di esperti invitati del mondo accademico, di rappresentanti di Paesi terzi, della direzione generale della concorrenza, delle autorità nazionali preposte alla concorrenza e della direzione generale Agri rispetto a talune questioni specifiche;
il gruppo di alto livello è stato invitato a esaminare soluzioni normative per stabilizzare il mercato e i redditi dei produttori e migliorare la trasparenza del mercato. Nel giugno 2010 il gruppo ha presentato una relazione, approvata all'unanimità, in cui si riassumevano i risultati dei lavori e si formulavano alcune raccomandazioni;
il Commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, Dacian Ciolos, ha dichiarato: «Mi complimento per il lavoro del gruppo di alto livello e per la sua relazione. Intendo studiarla in maniera approfondita per presentare proposte legislative entro la fine dell'anno. Il mio principale obiettivo è quello di proporre misure a medio e lungo termine che tengano conto degli insegnamenti tratti dalla crisi dell'anno scorso per strutturare meglio il settore nel suo insieme.»;
risulta, pertanto, fondamentale che vengano individuate le misure necessarie per fronteggiare l'emergenza e per offrire prospettive efficaci di rilancio e sviluppo produttivo del comparto lattiero caseario ovicaprino, dando così seguito ed attuazione alle numerose iniziative chieste dal Parlamento europeo con la risoluzione del 19 giugno 2008 sul futuro del settore ovicaprino in Europa, al fine di negoziare con l'Europa un pacchetto di misure specifiche da inserire nelle proposte legislative che il commissario Dacian Ciolos intende presentare entro il 2010;
accanto alle misure del sostegno specifico e, soprattutto, del futuro pacchetto legislativo europeo per il comparto lattiero caseario, sarebbe opportuno esaminare e individuare anche delle risposte immediate per ricondurre l'emergenza delle produzioni agricole ovicaprine a una dimensione sostenibile; sarebbe pertanto importante verificare se esistano i presupposti per attivare alcune misure vigenti che potrebbero aiutare le aziende agropastorali, sostenendone i redditi e stabilizzando il mercato delle produzioni interessate;
innanzitutto, sarebbe necessario chiarire l'effettiva operatività dello strumento della dichiarazione dello stato di crisi di mercato per specifiche produzioni agricole di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge 28 febbraio 2005 n. 22, convertito con modificazioni dalla legge 29 aprile 2005, n. 71; tale strumento utilissimo in situazioni come quella delle produzioni ovicaprine di fatto non è mai stato utilizzato e sembrerebbe che nemmeno la necessaria notifica alla Commissione europea sia mai stata effettuata;
sarebbe poi importante verificare la disponibilità del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ad intervenire sia per incrementare le risorse del regime di aiuti de minimis di cui al regolamento (CE) n. 1535/2007 mediante parte delle quote disponibili della riserva nazionale, di cui all'articolo 2, comma 3 del decreto ministeriale 30 marzo 2009, sia per negoziare in sede europea la possibilità di ampliare il plafond del regime de minimis destinato all'Italia;
un'altra misura di efficacia immediata per il settore ovicaprino che si chiede di assumere è la possibilità di un ammasso straordinario privato per le eccedenze di pecorino romano, sollecitando il Ministero ad aprire un negoziato con la Commissione europea basato sia sulle recenti iniziative autorizzate per il burro, per il quale è stato reintrodotto un ammasso privato per il periodo da gennaio 2009 a febbraio 2010;
andrebbe, inoltre, valutata la possibilità di chiedere alla Commissione europea l'applicazione alle produzioni del comparto ovicaprino della cosiddetta clausola d'urgenza di cui all'articolo 186 del regolamento (CE) n. 1234/2007 (regolamento unico OCM), come modificato dal regolamento (CE) n. 1140/2009 del Consiglio, che consente alla Commissione di intervenire immediatamente in caso di turbolenze di mercato permettendo, tra le altre cose, agli Stati membri di acquistare con risorse comunitarie i prodotti lattiero caseari per un migliore equilibrio di mercato;
infine, risulta di fondamentale importanza che le produzioni lattiero casearie del comparto ovicaprino siano interessate da un intervento diretto di acquisto da destinare agli indigenti nella Comunità europea e ai Paesi in via di sviluppo, ai sensi del regolamento comunitario del 14 settembre 2010, n. 807, che disponga, per il tramite di Agea, un acquisto di almeno 30.000 quintali di formaggio pecorino romano (e formaggi diversi dal romano), anche al fine di favorire la diversificazione produttiva;
il regolamento (CE) n. 807/2010 prevede che gli Stati membri comunichino la loro volontà di attuazione entro il 1o febbraio dell'anno di riferimento, informando più dettagliatamente la Commissione entro il successivo 31 maggio. Entro il 1o ottobre la Commissione europea adotta il piano annuale di distribuzione; al momento non sono noti i prodotti alimentari che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha comunicato alla Commissione al fine di inserirli nel piano annuale, né è nota la programmazione dei futuri piani annuali di distribuzione;
con la legge finanziaria per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191, articolo 2, comma 57) si è autorizzata una spesa pari a 10 milioni di euro, per il solo esercizio 2010, destinati all'erogazione di contributi alla produzione per i prodotti agricoli che hanno necessità di una stagionatura prolungata e che si possano fregiare di una denominazione protetta dop o igp. Sono compresi in tale definizione alcune categorie di formaggi e alcuni prodotti a base di carne. Nel comparto lattiero caseario ovicaprino rientrano nella categoria talune varietà a stagionatura prolungata come il pecorino romano da grattugiare (almeno 8 mesi) o quello sardo maturo (che può arrivare a 12 mesi);
la norma prevedeva che entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge, un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze definisse le modalità d'attuazione e l'erogazione delle risorse -:
se il Ministro interpellato ritenga che esistano i presupposti per decretare la dichiarazione dello stato di crisi di mercato per le produzioni di formaggio pecorino ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge 28 febbraio 2005 n. 22, convertito con modificazioni dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, e, in caso affermativo, se la misura sia di immediata applicazione o, al contrario, necessiti ancora dell'iter di notifica presso le sedi comunitarie;
se il Ministro interpellato, nell'ambito e nei limiti del regime di aiuti de minimis di cui al regolamento (CE) n. 1535/2007 e nell'ambito dei nuovi importi di aiuto previsti dalla Commissione europea nella comunicazione 2009/C/261/02, intenda intervenire per sostenere la produzione agricola del pecorino mediante prestiti agevolati, contributi in conto interessi, sovvenzioni in denaro o esenzioni fiscali limitate, utilizzando a tal fine parte delle quote disponibili della riserva nazionale di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto ministeriale 30 marzo 2009 e nel caso in cui, come risulta da affermazioni fatte dal presidente della regione Sardegna, tale ipotesi sia concretamente realizzabile quale sia l'ammontare delle risorse che il Ministero intende mettere a disposizione;
se il Ministro interpellato, a fronte delle pesanti ripercussioni sul comparto ovino caprino derivanti dalla crisi economica, ritenga praticabile negoziare in sede europea la possibilità di ampliare il plafond del regime de minimis destinato all'Italia di cui al regolamento (CE) n. 1535/2007;
se il Ministro interpellato ritenga possibile che si realizzi una maggiore razionalizzazione degli interventi finanziati con il cosiddetto aiuto specifico, previsto dall'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009 e introdotto dall'health check della politica agricola comune (Pac), e in tale contesto prevedere una concentrazione delle risorse disponibili per il comparto ovicaprino;
a che punto sia il lavoro del tavolo tecnico istituito presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per superare la grave crisi del comparto ovicaprino e se siano già state individuate le misure con cui dare risposte concrete alle aziende agropastorali;
su quali misure di rilancio del settore ovinocaprino il Ministro interpellato intenda avviare un negoziato con la Commissione europea nell'ambito dell'obiettivo dichiarato dal Commissario Dacian Ciolos di predisporre proposte legislative entro il 2010 di sostegno e rilancio dell'intero settore lattiero-caseario;
se sia intenzione del Ministro interpellato negoziare con l'Unione europea un ammasso straordinario privato per le eccedenze di pecorino romano per congrui quantitativi e adeguata remunerazione, al pari di quanto avvenuto per il burro per il quale la Commissione europea ha autorizzato, in maniera eccezionale per stabilizzare il mercato, la reintroduzione dell'ammasso privato per il periodo da gennaio 2009 a febbraio 2010;
se il Ministro interpellato intenda chiedere alla Commissione europea l'applicazione alla cosiddetta clausola d'urgenza di cui all'articolo 186 del regolamento (CE) n. 1234/2007 (regolamento unico OCM), come modificato dal regolamento (CE) n. 1140/2009 del Consiglio per i prodotti lattiero caseari del comparto ovicaprino;
se il Ministero abbia già previsto l'acquisto di formaggi, in particolare di formaggio pecorino, nelle comunicazioni inviate alla Commissione europea, negli scorsi mesi di febbraio e di maggio, in attuazione del regolamento (CE) n. 807/2010 recante modalità d'esecuzione delle forniture di derrate alimentari provenienti dalle scorte di intervento a favore degli indigenti e, in caso contrario, se non ritenga urgente autorizzare per il tramite di Agea un acquisto di almeno 30.000 quintali di formaggio pecorino romano, e formaggi diversi dal romano, anche al fine di favorire la diversificazione produttiva;
se il decreto di attuazione di cui all'articolo 2, comma 57, delle legge 23 dicembre 2009, n. 191, relativo all'erogazione di contributi alla produzione per i prodotti agricoli a stagionatura prolungata con denominazione protetta dop o igp sia stato emanato e, in caso negativo, quali siano state le cause ostative e, soprattutto, se si intenda procedere celermente all'attribuzione delle risorse al fine di evitare che le risorse autorizzate per il solo esercizio di bilancio 2010, vadano in economia;
quali siano gli effetti che la mancata proroga delle agevolazioni in materia previdenziale per il settore agricolo nelle modalità più vantaggiose previste dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006 nelle zone di montagna e svantaggiate, venuta meno il 31 luglio 2010, sulla crisi del settore lattiero caseario e in che modo intenda intervenire, anche alla luce dei risultati della simulazione fatta dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sulla base dei parametri indicati dall'Unione europea in ordine all'iter di ridefinizione delle zone svantaggiate in Europa.
(2-00826)
«Calvisi, Ventura, Marrocu, Soro, Fadda, Melis, Arturo Mario Luigi Parisi, Pes, Schirru».
(21 settembre 2010)

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali e del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
per i lavori condotti in amministrazione diretta il Corpo forestale dello Stato impiega da anni personale assunto con contratto di diritto privato;
il rapporto di lavoro di tali lavoratori è definito dalla legge (speciale) 5 aprile 1985, n. 124, e la loro utilità di impiego è ribadita dalla legge di riordino del Corpo forestale, (legge n. 36 del 6 febbraio 2004) la quale conferma all'articolo 5, comma 1, che «per consentire il supporto alle attività istituzionali del Corpo forestale dello Stato continuano ad applicarsi le norme previste dalla legge 5 aprile 1985, n. 124»;
rientrano in tale fattispecie circa 1.700 operai forestali che svolgono il proprio lavoro presso gli uffici territoriali per la biodiversità a protezione di importanti zone di interesse naturalistico del patrimonio forestale italiano;
a quattro anni di distanza e nonostante quattro giornate di sciopero nazionale ed altre a livello locale la situazione non è minimamente mutata e gli operai sono ancora senza contratto;
si evidenzia, inoltre, che, nonostante l'impegno sottoscritto 16 gennaio 2008 dal capo del Corpo forestale, dottor Cesare Patrone, che prevedeva l'erogazione dei buoni pasto a partire dal mese di maggio 2008, nulla è successo sempre per mancanza di risorse;
il giorno 6 ottobre 2010 è stata proclamata una nuova giornata di sciopero con manifestazione a Roma per chiedere la risoluzione delle problematiche sopra elencate -:
se non ritengano di avviare iniziative concrete volte a dare una soluzione rapida alle problematiche suesposte, eliminando evidenti discriminazioni tra lavoratori che godono di tutele, in virtù di un rapporto di lavoro pubblico, e lavoratori assunti con rapporto di natura privata cui le stesse non sono assicurate;
se non ritenga, altresì, di prevedere le risorse necessarie per garantire l'erogazione dei buoni pasto al pari degli altri lavoratori.
(2-00832)
«Pezzotta, Adornato, Binetti, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».
(28 settembre 2010)

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
in data 4 maggio 2010 il Ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola, in seguito alla vicenda che lo ha coinvolto nell'ambito dell'acquisto di abitazioni con presunti fondi neri, è stato costretto a dimettersi dall'incarico;
in data 5 maggio 2010 il Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, ha assunto ad interim l'incarico di Ministro dello sviluppo economico nell'attesa di individuare e proporre un nuovo Ministro;
dopo più di quattro mesi ancora il Ministero risulta carente del suo esponente maggiore, con ciò creando palesi difficoltà decisionali, operative, organizzative all'intero personale del dicastero;
la mancanza del Ministro non evidenzia difficoltà esclusivamente nell'ambito ministeriale, ma in modo più accentuato produce effetti problematici sulla politica industriale del Paese e, dunque, sulle aziende italiane, viste le peculiari e fondamentali funzioni di indirizzo strategico dello sviluppo economico;
a testimonianza di quanto siano palpabili disordine e confusione all'interno del dicastero, sarebbe stata conclusa tra il direttore generale dello sviluppo economico, Gianluca Maria Esposito, e il Ministro per il turismo, Michela Brambilla, un'intesa per destinare al Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo circa 800 milioni di euro inizialmente destinati alle regioni (secondo le indiscrezioni degli organi di stampa) nell'ambito di un piano straordinario per il turismo;
tale accordo ha causato diverse polemiche in sede parlamentare, a causa dell'anomala interferenza ministeriale in una materia, come il turismo, la cui competenza è appannaggio delle regioni;
anche sul tema degli incentivi alle imprese, l'evidente stallo, percepito dal mondo imprenditoriale, sta causando enormi intoppi ai fini della realizzazione degli investimenti agevolati: il 24 giugno 2010, infatti, circa 150 imprenditori vincitori delle agevolazioni previste dal piano «Industria 2015» hanno espresso il loro malcontento nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri perché, dopo oltre 15 mesi, non hanno ricevuto le risorse economiche dovute e necessarie al corretto completamento dei piani d'investimento intrapresi;
dalle precedenti considerazioni si comprende come oggi la politica industriale del nostro Paese sia completamente ferma, soprattutto con riferimento alle mancate scelte in tema di liberalizzazioni e di concorrenza, oltre all'energia, vista l'importante svolta a cui l'Italia è chiamata a far fronte nel settore; la volontà del Governo Berlusconi di puntare, ad esempio, sul ritorno dell'energia nucleare, dopo aver correttamente posto le basi con la cosidetta legge sviluppo del 2009, adesso sembra aver subito un inspiegabile arresto, in seguito all'assenza della figura maggiormente di spicco dedita alla fase attuativa dei piani già previsti;
a parere degli interpellanti particolarmente evidente è una sorta di «spezzatino» che gli altri dicasteri stanno attuando a discapito del Ministero dello sviluppo economico, sia in termini di sottrazione di risorse che in termini di sottrazione di competenze;
a testimonianza di quanto suddetto, la manovra economica di recente approvazione nelle aule parlamentari, ha ridotto di circa 900 milioni di euro l'ammontare di risorse economiche a disposizione dell'ex Ministero dell'industria;
alcune funzioni di primaria importanza sono state assegnate ad altri dicasteri: la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate e dei Fondi dell'Unione europea è stata delegata dal Ministro ad interim Berlusconi al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale Fitto, divenuto responsabile del dipartimento per le politiche dello sviluppo; sempre il Ministro Fitto dovrà varare il Piano per il sud che inizialmente rientrava tra le competenze del Ministro Scajola;
anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta occupando uno spazio tradizionalmente affidato al Ministro dello sviluppo economico, come nelle vertenze Fiat-Pomigliano, Glaxo e Telecom;
il potere di nomina relativo alla Sogin ed alla Sace, in origine nelle competenze del Ministero dello sviluppo economico, oggi è stato assegnato al Ministero dell'economia e delle finanze, come evidente è la volontà del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare di assumere maggiori poteri nella nomina dei componenti dell'Agenzia di sicurezza sul nucleare -:
quali siano le reali intenzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, per quanto di competenza, in merito alla nomina del nuovo Ministro dello sviluppo economico;
quali elementi intenda fornire in merito alle vicende che hanno visto ridestinare risorse e competenze, fino a due mesi fa assegnate al Ministero dello sviluppo economico, ad altri dicasteri;
quali siano le reali intenzioni del Governo in tema di politiche industriali e di sviluppo per il Paese, con riferimento in particolar modo alle strategie in tema di energia, liberalizzazioni, politiche per il Mezzogiorno, incentivi alle imprese e destinazione del Fondo per le aree sottoutilizzate.
(2-00834)
«Libè, Casini, Galletti, Rao, Occhiuto, Compagnon, Anna Teresa Formisano, Pezzotta, Ruggeri, Tassone, Ciccanti, Naro».
(28 settembre 2010)

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'interno e per le politiche europee, per sapere - premesso che:
in seguito agli allargamenti dell'Unione europea del 2004 e del 2007, gran parte dei rom europei sono divenuti cittadini dell'Unione europea e godono pertanto, assieme ai loro familiari, del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri: un diritto che costituisce un aspetto fondamentale della cittadinanza europea quale è definita dai trattati e attuata dalla direttiva 2004/38/CE;
tale direttiva prevede limitazioni della libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione europea soltanto in casi eccezionali, e impone limiti chiari e precisi a tali misure, prevedendo in particolare, agli articoli 28, 30 e 31, che i provvedimenti di allontanamento debbano essere valutati e decisi singolarmente, tenendo conto delle circostanze personali e assicurando garanzie procedurali e mezzi di impugnazione, mentre la mancanza di mezzi economici non può assolutamente giustificare l'espulsione automatica di cittadini dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 14;
a seguito delle numerose espulsioni avvenute recentemente ad opera del Governo francese, il 9 settembre 2010 il Parlamento europeo ha approvato, con 337 voti a favore, una risoluzione con la quale, dopo aver espresso viva preoccupazione per i provvedimenti adottati dalle autorità francesi, nonché da altri Stati membri nei confronti dei rom, ha esortato gli Stati membri non solo a rispettare pienamente gli obblighi emananti dalla normativa dell'Unione europea, eliminando eventuali incongruenze nell'applicazione, ma anche a rivedere e revocare le leggi e le politiche che discriminano, direttamente o indirettamente, i rom sulla base della razza e dell'origine etnica;
il 14 settembre 2010, la Commissaria europea Reding alla giustizia, dopo aver usato toni molto duri sulla politica del Governo francese sulla questione delle recenti espulsioni dei rom, ha preannunciato l'apertura di una procedura d'infrazione per un'applicazione discriminatoria della direttiva sulla libertà di circolazione dei cittadini comunitari e per la mancata trasposizione delle garanzie procedurali e sostanziali previste dalla direttiva 2004/38/CE;
il 16 settembre 2010 durante il pranzo con i leader dei 27 Stati membri in occasione del Consiglio europeo, si è verificato uno «scontro verbale molto acceso» tra il Presidente della Commissione europea Jose Manuel Durão Barroso - tramite la portavoce della Commissione che ha ribadito che la posizione della commissaria Reding sulle espulsioni dei rom corrisponde a quella dell'intera Commissione - e il presidente francese Sarkozy - che ha considerato le espressioni usate, come «oltraggiose» e ha dichiarato che la Francia continuerà a smantellare tutti i campi illegali;
è sembrato così profilarsi l'avvio di un possibile scontro istituzionale tra alcuni membri del Consiglio dell'Unione europea, da un lato, e la Commissione dall'altro, mentre secondo l'agenzia France Presse, che cita fonti anonime del Dipartimento di Stato, Washington ha invitato il Governo francese e quello di altri Paesi a «rispettare i diritti dei rom»; da rilevare anche la posizione tedesca, con la cancelliera Merkel che si è dichiarata d'accordo con la Commissaria Reding sulla sostanza, anche se ha specificato di non approvare i toni usati;
il Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, al termine del vertice, ha dichiarato che «si discuterà della problematica dell'integrazione dei rom in uno dei prossimi Consigli», e ha enunciato le conclusioni di principio a cui sono giunti i 27 Stati membri dopo l'acceso dibattito sui rom ossia: che «uno stato membro ha il diritto di applicare la legislazione nazionale e prendere misure per fare rispettare lo stato di diritto sul suo territorio»; che «la Commissione ha il diritto, e anzi il dovere, di vegliare sul rispetto del diritto comunitario da parte degli Stati membri, in particolare sul rispetto dei diritti fondamentali e della direttiva sulla libera circolazione, e di aprire un'inchiesta se lo ritiene necessario»; che «gli Stati membri hanno preso nota della dichiarazione del Presidente della Commissione a nome dell'intero Collegio dei commissari, che ha preso le distanze dalle affermazioni fatte dalla commissaria Reding»; e che «il rapporto tra gli Stati membri e le istituzioni europee, in particolare la Commissione, deve essere improntato al reciproco rispetto»;
in questo difficile contesto l'Italia ha appoggiato senza indugi, in un'intervista rilasciata dal Presidente del Consiglio il 9 settembre 2010 al giornale Le Figaro, la linea seguita sui rom dal Governo francese, affermando, tra l'altro, che la Commissaria europea meglio avrebbe fatto a trattare la questione in privato con i dirigenti francesi, piuttosto che renderla pubblica come ha fatto;
già il 21 agosto 2010, il Ministro dell'interno aveva dichiarato in un'intervista al Corriere della Sera che «la Francia non sta facendo altro che copiare l'Italia» e che semmai occorre fare un passo ulteriore arrivando «alla possibilità di espellere i cittadini comunitari come già previsto per i clandestini»; in occasione di un seminario sull'immigrazione tenutosi a Parigi, prima del Consiglio europeo del 6 settembre 2010, il Ministro, annunciava che la proposta di adozione di provvedimenti di «espulsione e rimpatrio anche per i cittadini comunitari» sarebbe stata avanzata formalmente alla Commissione europea;
lo stesso Ministro in un'altra intervista del 9 settembre 2010, ricordando le passate censure della Commissione europea sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 maggio 2008 e sulle conseguenti ordinanze che dichiaravano lo stato di emergenza sulla questione dei rom in Lazio, Lombardia, e Campania (nn. 3676, 3677 e n. 3678) - e che prevedevano tra l'altro la possibilità di procedere a censimenti di tutti i presenti nei campi rom, anche tramite il rilevamento delle impronte digitali, persino se in presenza di soggetti minori - ha ribadito che le censure a livello europeo sarebbero state fondate su un «pregiudizio politico negativo»;
venerdì 17 settembre 2010 una decina di nomadi milanesi, attraverso i loro legali, hanno presentato ricorso al tribunale civile di Milano sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2008 e sull'ordinanza relativa alla Lombardia, chiedendo, da un lato, l'accertamento del carattere discriminatorio dei provvedimenti del Governo sull'emergenza nomadi, e la loro immediata sospensione; dall'altro, di sollevare la questione alla Corte di giustizia dell'Unione europea, qualora il magistrato lo ritenga necessario per l'interpretazione delle normative comunitarie;
l'ex presidente della Corte costituzionale, Valerio Onida, in qualità di rappresentante della Organizzazione americana Open society justice initiative, che assiste legalmente i nomadi milanesi, ha dichiarato che il censimento previsto nelle ordinanze costituirebbe un controllo a carattere discriminatorio avendo per destinatari delle minoranze, quali i rom e i sinti;
in attesa della nuova udienza prevista per il 5 novembre 2010, nella quale il giudice dovrà anche decidere se inoltrare l'istanza alla Corte europea di giustizia, prima di poter emettere una decisione sul carattere discriminatorio dei provvedimenti adottati, resta il giudizio fortemente negativo per la policy adottata dal nostro Governo nei confronti di queste minoranze, «una politica discriminatoria nei confronti di una popolazione, che, sostanzialmente, non si è riuscita a gestire attraverso canali che sono soprattutto di tipo sociale, di tipo scolastico e di accompagnamento» come dichiarato dal direttore generale della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana -:
quali siano le iniziative in materia di politiche nei confronti dei rom che il Governo italiano ha già assunto in analogia al Governo francese o che intende assumere, e se i Ministri interpellati ritengano che tali misure siano compatibili con le disposizioni dell'ordinamento comunitario e non rischino di portare all'apertura di una procedura di infrazione anche nei confronti dell'Italia.
(2-00829)
«Gozi, Damiano, De Torre, Peluffo, Tullo, Tocci, Gentiloni Silveri, Marco Carra, Martella, Maran, De Pasquale, Pompili, La Forgia, Losacco, Gianni Farina, Lovelli, Castagnetti, Sani, Gasbarra, Servodio, Pizzetti, Sposetti, Lo Moro, Morassut, D'Antona, Minniti, Ceccuzzi, Motta, Amici, Albonetti, Sereni, Bachelet, Baretta, Bindi, Bratti, Capodicasa, Causi, Cenni, Coscia, Fiano, Fluvi, Melandri, Meta, Nannicini, Schirru, Villecco Calipari».
(22 settembre 2010)

E)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
il colonnello pilota Gianmarco Bellini in forza all'Aeronautica militare italiana prendeva parte alla guerra del golfo nel 1990-1991;
la sera del 17 gennaio 1991 fu comandato di partecipare alla prima ondata del primo attacco, decollò col suo tornado e, unico a poter eseguire il rifornimento, proseguì l'azione da solo fino all'obiettivo stabilito;
dopo l'attacco fu abbattuto dal nemico e fatto prigioniero per 47 giorni, in cui fu sottoposto a torture fisiche e psicologiche;
liberato il 3 marzo 1991, fu ricoverato su una nave militare Usa come «prigioniero di guerra liberato» e gli venivano diagnosticate due fratture alla colonna vertebrale ed una alla mandibola;
tornato in patria il Presidente della Repubblica volle insignirlo di medaglia d'argento al valor militare, con la seguente motivazione: «Comandante di "Tornado" impegnato nella sua prima, difficile operazione bellica notturna contro obiettivi militari fortemente difesi, riusciva ad effettuare, in presenza di condizioni meteorologiche avverse, il previsto rifornimento in volo e decideva, con chiaro sprezzo del pericolo e senza esitazione, di continuare da solo la missione che gli era stata affidata. Raggiungendo l'obiettivo, subito dopo aver sganciato il carico bellico a bassissima quota su un deposito di munizioni iracheno, veniva fatto segno ad intenso fuoco contraereo. Sceso ulteriormente di quota sul deserto in piena oscurità, veniva colpito dalla violentissima reazione contraerea che rendeva ingovernabile l'aeromobile. Lanciandosi assieme al navigatore veniva fatto prigioniero. Manteneva, in mani nemiche, un contegno fermo ed esemplare, nonostante le violenze fisiche e morali subite. Chiaro esempio di professionalità, dedizione e coraggio, degno erede di una luminosa tradizione.» - Cielo del Kuwait, 18 gennaio 1991 -:
se sia stato riconosciuto sullo stato di servizio del colonnello Gianmarco Bellini il periodo di guerra cui ha preso parte con l'operazione Onu in Iraq, denominata «Locusta», dal 25 settembre 1990 al 7 marzo 1991;
conseguentemente, se le ferite riportate in combattimento riconosciute dalla commissione medica militare siano state messe a matricola e conteggiate come tali, ex articolo 93 del regolamento per la disciplina delle uniformi;
in caso contrario per quale motivo vi sia questa evidente quanto ingiusta discrasia.
(2-00798)
«Gidoni, Brigandì, Luciano Dussin».
(27 luglio 2010)

F)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dello sviluppo economico e degli affari esteri, per sapere - premesso che:
la recente vicenda che ha interessato il canale satellitare Italiani nel mondo channel, di cui si è avuta eco anche sui mezzi di informazione quotidiana del nostro Paese, desta particolare preoccupazione dato il contenuto pornografico delle trasmissioni offerte ai connazionali all'estero, una variazione nel classico e previsto palinsesto dell'emittente che secondo alcune affermazioni è da ricondursi ad un attacco di presunti hacker;
l'attacco dell'hacker «televisivo», in genere, è di breve durata e giunge ad interrompere le normali trasmissioni, mentre le affermazioni del direttore editoriale della rete televisiva satellitare Italiani nel mondo channel, attestano la chiusura delle trasmissioni dal mese di giugno 2010. Sembra, pertanto, strano che al momento della prima trasmissione di contenuto pornografico i responsabili dell'emittente non abbiano prontamente provveduto a denunciare l'accaduto al gestore ed alle autorità competenti;
tale mancanza è aggravata dal fatto che le dette trasmissioni sono state più di una, configurando pertanto almeno un'omissione nel dovuto esercizio di controllo da parte del responsabile dei contenuti dell'emittente. Le trasmissioni apparse sulla televisione satellitare Italiani nel mondo channel, canale satellitare 888, risulterebbero avere carattere piuttosto «commerciale» e non di mero intrattenimento socio-culturale;
il danno d'immagine per il nostro Paese, non solo tra le comunità italiane emigrate, è particolarmente grave ed è pertanto necessario fare chiarezza sull'intera vicenda, sia dal punto di vista gestionale che dell'attività redazionale e di vigilanza, essendo stati lesi anche gli obiettivi fissati dall'emittente per l'informazione diretta agli italiani residenti all'estero;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel 2009 aveva deliberato le deroghe al canale satellitare sugli obblighi di programmazione e di investimenti in opere cinematografiche di espressione originaria italiana, in quanto dedicata per oltre il 70 per cento all'attualità e all'approfondimento socio-culturale. L'effettiva attività di informazione e approfondimento socio-culturale e il rispetto dei canoni che presiedono l'attività di tale settore ed una corretta organizzazione redazionale sono, d'altronde, le condizioni necessarie affinché una televisione privata ottenga finanziamenti pubblici;
secondo la stessa delibera n. 607/09/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, concernente il rilascio di deroga dagli obblighi di programmazione e investimento, «La società Italiani nel mondo radio e Tv s.r.l., autorizzata alla trasmissione del canale satellitare Italiani nel mondo, è tenuta a comunicare, entro 30 giorni dal verificarsi della circostanza, qualunque variazione concernente la programmazione o la linea editoriale tematica del suddetto canale, che modifichi quanto dichiarato dalla stessa società in sede di richiesta di deroga o nel corso del conseguente procedimento» -:
quali iniziative siano state assunte per fare chiarezza sulla vicenda e quali iniziative si intendano assumere affinché in futuro non si ripetano tali episodi che ledono fortemente la dignità di un territorio e dei cittadini italiani residenti all'estero, posto che il Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie) nella prossima sessione assembleare provvederà ad acquisire tutti gli elementi di conoscenza possibili sul caso;
in questa era di rivoluzione informatica, quali azioni di monitoraggio intendano porre in essere sulle attività editoriali delle emittenti televisive che trasmettono all'estero in lingua italiana affinché vi sia un effettivo rispetto delle disposizioni in materia.
(2-00821)
«Narducci, Vannucci, Strizzolo, Barbi, Touadi, Mattesini, Tempestini, Fassino, Rugghia, Froner, Lulli, Fogliardi, Porta, Bucchino, Zucchi, Zunino, Servodio, Vico, Scarpetti, Lolli, Bossa, Rampi, Fadda, Piccolo, Cardinale, Melis, Bellanova, Benamati, Losacco, Cuomo, Nicolais, Verini, Rossa, Rosato, Lucà, Fontanelli, Marantelli».
(16 settembre 2010)