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PDL 1741

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1741



DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro dello sviluppo economico
(SCAJOLA)

di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
(TREMONTI)

con il ministro della giustizia
(ALFANO)

con il ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
(SACCONI)

e con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(MATTEOLI)

Delega al Governo per il riordino della legislazione in materia di gestione delle crisi aziendali

Presentato il 2 ottobre 2008


      

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Onorevoli Deputati! - Le esigenze di riforma delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi nascono dalla percezione delle carenze che affliggono questo importante settore del più ampio complesso di regole normalmente definito come «statuto dell'imprenditore».
      Il quadro normativo di riferimento con riguardo alla crisi delle grandi imprese si presenta invero variegato e per più aspetti confuso, il che rende disagevole il lavoro dell'interprete.
      È di comune conoscenza che un identico fenomeno, quello cioè delle «grandi imprese in stato di insolvenza», risulta oggi disciplinato da una concorrente normativa, il decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, recante misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e il decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, recante nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274, il cui discrimen applicativo è affidato alla presenza o meno di determinati requisiti di ammissione alla procedura, che non paiono però tali da sovvertire la sostanziale identità del problema socio-economico sotteso alle crisi di imprese di grandi dimensioni.
      Oltre a ciò, la normativa in parola dovrebbe essere coordinata con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (comunicazione della Commissione europea 2004/C 244/02) e con quella nazionale di riferimento, specie ora che la disciplina fallimentare di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è stata radicalmente modificata dal decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5; a tale proposito, inoltre, va rilevata la sostanziale, e da tutti ammessa, inadeguatezza delle disposizioni penali dell'attuale normativa fallimentare, che non risulta più coordinata con le citate novità della disciplina sostanziale, il che rende, da un lato, necessario un intervento di coordinamento e, dall'altro, pone il problema ineludibile di evitare possibili interferenze con la vetusta normativa penale fallimentare in tema di bancarotta, specie di tipo preferenziale. Non v'è chi non veda, infatti, come le attività dirette alla salvaguardia del patrimonio ancora attivo di un'impresa, così come le deroghe alle regole generali codicistiche ipotizzabili in situazioni di crisi di grandi imprese, debbano trovare una chiara legittimazione nella previsione della legge, così consentendo ai singoli interpreti di agire per il migliore raggiungimento dello scopo del risanamento, senza per questo vedersi esposti al rischio di postume contestazioni di carattere penale.
      Gli obiettivi unanimemente condivisi della riforma che si propone si sostanziano essenzialmente nella necessità di superare la contrapposizione fra tutela dei creditori e conservazione degli organismi produttivi. Le nuove regole devono offrire l'opportunità di contemperare nei limiti del possibile entrambe le esigenze, rifiutando sia le soluzioni che avviliscano le attese dei creditori sia quelle che trascurino interessi che gravitano a vario titolo attorno alla vita dell'impresa. Tanto più che queste posizioni si rivelano a volte assai meno confliggenti di quanto si possa in teoria supporre, costituendo la conservazione dell'impresa un valore anche per i creditori, i quali spesso proprio dalla conservazione di quel valore potranno sperare di conseguire un più congruo soddisfacimento del credito in sofferenza. Il giusto equilibrio deve peraltro essere ricercato attraverso il consenso dei creditori ogniqualvolta sia possibile evitare una procedura liquidatoria, e non essere ad essi imposto; sotto un altro profilo, l'intervento pubblicistico dell'autorità nell'ipotesi di commissariamento non per questo deve precludere la possibilità di avvalersi degli strumenti plurimi e flessibili di soluzione della crisi della grande impresa.
      La proposta di riforma si sviluppa in due articoli, il primo dei quali contiene una delega al Governo per la riforma della disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
      Con riferimento ai singoli princìpi e criteri direttivi di delega previsti al comma 4, si osserva quanto segue:

          la lettera a) prevede la riunificazione della disciplina della crisi delle grandi imprese in un solo atto normativo, con ciò contribuendo alla razionalizzazione delle fonti e pervenendo ad una chiarezza, anche procedurale, oggi minata dalla già evidenziata sovrapposizione di norme non sempre coerenti e coordinate tra loro;

          la lettera b) equipara i percorsi di soluzione della crisi d'impresa; la ratio della riforma dev'essere rinvenuta nell'insegnamento derivante dalla prassi; al riguardo, non v'è chi non veda come l'obbligo, gravante sul commissario straordinario (articolo 4, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39: cosiddetta «legge Marzano»), di presentare in ogni caso un piano di ristrutturazione decorsi centottanta giorni dalla propria nomina (cosiddetto «tentativo obbligatorio di risanamento») non attribuisca rilievo al fatto che un percorso di risanamento tout court potrebbe essere precluso dalla natura stessa della patologia dell'impresa o addirittura dal peggioramento della situazione aziendale nonostante l'avvio della gestione commissariale. Orbene, in ipotesi di questo genere si verifica la paradossale situazione per cui il commissario straordinario, a pena di revoca del proprio incarico, deve redigere e sottoscrivere un piano di ristrutturazione pur nella consapevolezza dell'impossibilità di pervenire al risanamento dell'impresa. Con il criterio di delega in parola si supera tale aporia, consentendo al commissario anche un'immediata vendita di beni patrimoniali ancora fruttuosi, garantendo così maggiore elasticità al modello procedimentale;

          la lettera c) prevede che, ai fini di una maggiore razionalità della procedura, il commissario straordinario abbia la possibilità di valutare il piano proposto dall'impresa, se del caso proponendo le necessarie modifiche o integrazioni ovvero presentandone uno da lui redatto e alternativo da sottoporre all'approvazione ministeriale;

          la lettera d) prevede espressamente che il risanamento possa essere perseguito anche attraverso l'affitto di beni, di aziende o di rami aziendali;

          la lettera e) disciplina le ipotesi nelle quali il superamento della crisi potrebbe richiedere termini superiori al biennio per l'attuazione del piano di ristrutturazione o di cessione dei complessi aziendali e prevede una proroga dei tempi del loro svolgimento;

          la lettera f) prevede che nel piano predisposto dal commissario siano indicati i requisiti soggettivi minimi (in termini di solidità patrimoniale, vocazione industriale eccetera) dei possibili assuntori e siano definiti, almeno per grandi linee, la procedura di selezione dei possibili assuntori, nonché i livelli minimi di soddisfazione delle diverse categorie dei creditori;

          la lettera g) disciplina l'ipotesi che l'assuntore sia individuato successivamente all'approvazione del piano predisposto dal commissario straordinario o alla presentazione dell'istanza di concordato, così eliminando le attuali rigidità del sistema che, imponendo la previa individuazione, non facilitano il ricorso a tale strumento;

          la lettera h) prevede il coordinamento dell'esercizio delle azioni revocatorie fallimentari con le fattispecie di risanamento mediante ristrutturazione economica e finanziaria;

          la lettera i), nella prospettiva di agevolare il superamento della crisi, consente il ricorso a ristrutturazioni di debito finanziate con il fondo di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, previa approvazione del Ministero dello sviluppo economico;

          la lettera l) pone a carico del legislatore delegato il compito di individuare adeguate forme di tutela giurisdizionale dei creditori e dei terzi interessati, compatibili con le esigenze di celerità della procedura;

          la lettera m), infine, concerne la disciplina transitoria per le procedure in corso alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dal comma 1.

      L'articolo 2 contiene, invece, una delega al Governo per la riforma della disciplina penale fallimentare.
      Come si è già osservato, il sistema delle norme penali in materia fallimentare ha mantenuto la continuità, di struttura e terminologica, con la normativa già vigente, pur essendo mutati i presupposti extrapenali di riferimento.
      In tale senso, ad esempio, la circostanza aggravante della pluralità di fatti, non concretando fattispecie di reato continuato, continua a presupporre la cosiddetta «concezione unitaria» del reato di bancarotta, così come rimane centrale, nella struttura delle norme incriminatrici, il ruolo del provvedimento giudiziale, anche agli effetti della determinazione del luogo e del tempo del commesso reato; analogamente avviene per quanto concerne la distinzione tra fatti commessi prima ovvero dopo tale provvedimento.
      Si è, dunque, ritenuto di non disperdere il complesso delle elaborazioni interpretative sinora maturate, sia allo scopo di assicurare la certezza applicativa delle nuove disposizioni, sia al fine di agevolare il regime transitorio (che, in ogni caso, è disciplinato espressamente).
      Il disegno di legge intende recuperare una precisa oggettività giuridica di natura patrimoniale, imperniata fondamentalmente sugli interessi dei creditori.
      In coerenza con tale prospettiva sono state, ad esempio, previste:

          1) l'estensione dell'oggetto materiale della bancarotta patrimoniale al patrimonio «che, a norma delle leggi civili, è destinato al soddisfacimento dei creditori», con inclusione, ad esempio, del patrimonio del garante concorrente con il soggetto qualificato;

          2) come ipotesi di bancarotta documentale, l'omessa tenuta delle scritture previste dalla legge, se finalizzata ad arrecare pregiudizio ai creditori ovvero ad occultare il dissesto o la commissione dei reati di bancarotta fraudolenta;

          3) la configurazione, in termini non formali ma di effettivo pregiudizio dell'interesse tutelato, delle fattispecie di bancarotta semplice, significativamente ridotte, in una logica di pragmatico accorpamento, rispetto all'impostazione casistica della legge vigente;

          4) una circostanza ad effetto speciale legata al danno;

          5) circostanze attenuanti ad effetto speciale nel caso di comportamenti che, post factum, elidano le conseguenze dannose del fatto (circostanze che operano anche in materia di bancarotta documentale).

      È stata introdotta, anche per le fattispecie di bancarotta impropria da «illecito societario», una «zona di rischio penale», individuata nello stato d'insolvenza o nella situazione di concreto pericolo d'insolvenza. Soltanto le condotte commesse nell'ambito di tale situazione assumono disvalore penale: ciò nella prospettiva di una selezione delle condotte penalmente rilevanti (particolarmente rimarcata, con riguardo alla bancarotta preferenziale, dal richiamo alla natura ingiustificata dei pagamenti), sottolineando con l'aggettivo «concreto» la necessità di un collegamento tra la situazione in cui la condotta è stata realizzata e l'insolvenza verificatasi e successivamente dichiarata.
      È stata poi prevista ed estesa all'imprenditore individuale l'incriminazione della causazione intenzionale del dissesto (fattispecie causalmente orientata) a cui si affiancano, per la bancarotta societaria, la causazione dolosa del dissesto mediante abuso dei poteri o violazione dei doveri da parte degli esponenti societari e la causazione ovvero l'aggravamento del dissesto per inosservanza di specifici obblighi di legge, nonché, in ogni caso, la causazione di dissesti al fine di arrecare pregiudizio ai soci.
      Si è ritenuto, con riguardo alla bancarotta impropria «da illecito societario», di non riproporre la formulazione dell'articolo 223, secondo comma, numero 1), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, di seguito denominato «legge fallimentare», come sostituito dall'articolo 4 del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61: ciò per evitare una sovrapposizione con le fattispecie di causazione intenzionale del dissesto e di causazione dolosa mediante abuso dei poteri e violazione dei doveri da parte degli esponenti societari.
      Al tempo stesso, la scelta dei fatti costituenti reati societari è caduta sulle condotte dichiarative (articoli 2621, 2622, 2624 e 2638 del codice civile e articolo 173-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998), che non hanno generalmente portata causale rispetto al dissesto ma che, se realizzate nella zona di rischio penale, presentano una maggiore potenzialità offensiva.
      L'individuazione dei soggetti delle fattispecie incriminatrici si rifà necessariamente alle indicazioni scaturenti dalla disciplina del sistema concorsuale, e così si spiegano, ad esempio: le ipotesi di bancarotta, patrimoniale e preferenziale, commesse su propri beni dal soggetto «cui è estesa la procedura di liquidazione concorsuale», nonché la nuova incriminazione prevista per il debitore insolvente non imprenditore, ispirata al delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, ma modulata nel senso che, per il debitore assoggettato alla procedura concorsuale semplificata, la responsabilità è limitata ai soli fatti posti in essere successivamente al provvedimento di apertura della procedura.
      Sempre con riguardo ai soggetti, si è optato per una formulazione di tipo funzionale anziché nominalistico per l'individuazione degli esponenti societari.
      È contemplato un diffuso coordinamento con la disciplina penale societaria.
      Non sono state previste norme penali specifiche per il curatore e per gli altri organi delle procedure (non sono state, in sostanza, riproposte le disposizioni di cui agli articoli 228-231 della legge fallimentare); tali condotte possono invero rientrare nello statuto penale della pubblica amministrazione, considerata l'indiscussa qualità di pubblico ufficiale rivestita anche dagli organi anzidetti.
      Con riguardo ai reati fallimentari diversi dalla bancarotta è stata mantenuta la figura della cosiddetta «ricettazione fallimentare» di cui all'articolo 232 della legge fallimentare, pur con le dovute significative variazioni imposte, da un lato, dalla disciplina civilistica di riferimento e, dall'altro, da esigenze di coerenza interne alla nuova normativa penale.
      A tutela della correttezza nelle fasi di apertura e di svolgimento della nuova procedura di composizione concordata della crisi, si introduce una nuova figura di delitto, che opera se e quando non sia aperta la procedura di liquidazione concorsuale, inglobando le condotte attualmente represse a titolo di mercato di voto (articolo 233 della legge fallimentare).
      Per quanto concerne l'entità delle pene edittali il disegno di legge prevede una doppia «forbice» relativa sia al minimo che al massimo.
      Non sono previste pene pecuniarie mentre si propone la conservazione della pena accessoria dell'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
      Dal presente disegno di legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e pertanto non è stata predisposta relazione tecnica.


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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Delega al Governo per la riforma della disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 4, uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, comprese le disposizioni per il salvataggio delle imprese che esercitano servizi pubblici di interesse economico essenziale, al fine di armonizzarne le disposizioni, di semplificarne le procedure e di assicurare la continuità aziendale e la salvaguardia dei posti di lavoro nel rispetto della tutela del credito e della concorrenza. La riforma, in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui al comma 4, realizza il necessario coordinamento, anche formale, con le altre disposizioni vigenti.
      2. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri della giustizia, dell'economia e delle finanze e per le politiche europee, e sono successivamente trasmessi alle Camere, al fine dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni.
      3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere emanati uno o più decreti legislativi correttivi e integrativi con il rispetto del procedimento di cui al comma 2.
      4. Nell'attuazione della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) unificare le procedure previste dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, individuando quale provvedimento iniziale della procedura il decreto di ammissione alla medesima da parte del Ministro dello sviluppo economico;

          b) ridefinire il contenuto della domanda di ammissione alla procedura, prevedendo per l'impresa la possibilità di presentare un piano che possa prevedere, anche cumulativamente, la ristrutturazione, la cessione e l'affitto del patrimonio aziendale;

          c) prevedere che il commissario straordinario debba valutare il piano proponendo modifiche e integrazioni, ovvero presentando egli stesso un piano da sottoporre, in alternativa a quello dell'impresa, all'approvazione del Ministro dello sviluppo economico;

          d) prevedere espressamente, tra le operazioni autorizzabili per favorire il risanamento, l'affitto di beni, di aziende o di rami aziendali;

          e) prevedere che la durata del piano possa essere determinata da uno a due anni in funzione della complessità della procedura e che possa essere prorogata fino ad un massimo di un ulteriore anno in caso di eccezionali esigenze sopravvenute;

          f) prevedere che nel piano predisposto dal commissario straordinario ai sensi della lettera c) siano indicati il profilo dell'eventuale assuntore e i livelli minimi di soddisfacimento dei creditori;

          g) prevedere che l'individuazione dell'eventuale assuntore delle attività delle imprese possa avvenire anche nel corso dell'esecuzione del piano ovvero successivamente al deposito dell'istanza di concordato e che possano essere contemplate limitazioni nell'assunzione dei debiti;

          h) coordinare l'esercizio delle azioni revocatorie fallimentari con le fattispecie di risanamento mediante ristrutturazione economica e finanziaria;

          i) prevedere la possibilità di concludere accordi di ristrutturazione approvati dal Ministero dello sviluppo economico nei casi di ricorso al beneficio del Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80;

          l) prevedere adeguate forme di tutela giurisdizionale dei creditori e dei terzi interessati, compatibili con le esigenze di celerità della procedura;

          m) prevedere una disciplina transitoria per le procedure in corso alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1.

Art. 2.
(Delega al Governo per la riforma della disciplina penale fallimentare).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 4, uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle disposizioni penali in materia di procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. La riforma, in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui al comma 4, realizza il necessario coordinamento, anche formale, con le altre disposizioni vigenti.
      2. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, e sono successivamente trasmessi alle Camere, al fine dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni.
      3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere emanati uno o più decreti legislativi correttivi e integrativi con il rispetto del procedimento di cui al comma 2.
      4. Nell'attuazione della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) prevedere i seguenti delitti di bancarotta fraudolenta:

              1) bancarotta fraudolenta patrimoniale, consistente nella condotta dell'imprenditore individuale che, contemporaneamente allo stato di insolvenza o al concreto pericolo del medesimo, distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa il patrimonio che, a norma delle leggi civili, è destinato al soddisfacimento dei creditori, ovvero espone o riconosce passività inesistenti finalizzate ad arrecare pregiudizio ai creditori; prevedere altresì quale reato la condotta dell'imprenditore individuale che cagiona intenzionalmente il dissesto;

              2) bancarotta fraudolenta documentale, consistente nella condotta dell'imprenditore individuale che, allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori ovvero di occultare il dissesto o la commissione dei reati di cui ai numeri 1) e 3), nei tre anni precedenti il provvedimento di apertura della procedura concorsuale, distrugge, sottrae, falsifica od omette di tenere i libri o le scritture contabili previsti dalla legge, ovvero tiene i medesimi in modo irregolare o incompleto;

              3) bancarotta fraudolenta preferenziale dell'imprenditore individuale, consistente nella condotta dell'imprenditore che, allo scopo di favorire taluni creditori a danno di altri, contemporaneamente allo stato di insolvenza o al concreto pericolo del medesimo, esegue pagamenti, o altre prestazioni estintive di obbligazioni, indebiti o non giustificati sotto il profilo giuridico o economico, ovvero simula titoli di prelazione;

          b) prevedere il delitto di bancarotta semplice, consistente nella condotta dell'imprenditore individuale che omette o ritarda la presentazione dell'istanza per l'apertura della procedura concorsuale in modo tale da aggravare il preesistente dissesto;

          c) prevedere il delitto di bancarotta del soggetto cui è estesa la procedura concorsuale, consistente nei fatti descritti alla lettera a), numeri 1) e 3), se commessi sui propri beni;

          d) prevedere il delitto di bancarotta fraudolenta impropria, consistente:

              1) nei fatti di cui alla lettera a) commessi dall'institore, da chi svolge, anche di fatto, funzioni di amministrazione, direzione, controllo o liquidazione di società, di imprenditori collettivi o di enti dichiarati insolventi, nonché dai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari; prevedere per tali ipotesi, quale dolo alternativo, quello del fine di arrecare pregiudizio ai soci;

              2) in ulteriori condotte commesse mediante abuso dei poteri o violazione dei doveri relativi alla carica rivestita da parte dei soggetti di cui al numero 1), ovvero mediante false comunicazioni sociali o illecite operazioni sul capitale, sugli utili, sulle riserve o sul patrimonio sociale, purché tali condotte abbiano cagionato, aggravato od occultato il dissesto della società;

          e) prevedere il delitto di bancarotta semplice impropria consistente:

              1) nei fatti di cui alla lettera b) commessi dai soggetti di cui alla lettera d), numero 1);

              2) nel cagionare o aggravare il dissesto della società mediante condotte od operazioni manifestamente imprudenti o di pura sorte, eventualmente limitando la punibilità della condotta al caso in cui sia commessa in danno di società con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse tra il pubblico in misura rilevante;

          f) prevedere il reato di simulazione di credito, consistente nella presentazione, nel corso della procedura concorsuale, di domande di ammissione di crediti fraudolentemente simulati, anche per interposta persona;

          g) prevedere il reato di ricettazione fallimentare, consistente nella condotta di chi, consapevole dello stato di dissesto o dell'apertura della procedura concorsuale, senza essere creditore o titolare di diritti sul patrimonio dell'insolvente e senza concorrere con il medesimo, cagiona una diminuzione ingiustificata del patrimonio dell'insolvente stesso; prevedere circostanze attenuanti, ad effetto speciale, nel caso in cui le predette domande siano ritirate prima del provvedimento di cui all'articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, o, se manca l'accertamento dei crediti o dei diritti, prima dell'esercizio dell'azione penale o nel caso in cui i beni, ingiustificatamente sottratti al patrimonio dell'insolvente, siano reintegrati, anche per equivalente;

          h) prevedere il delitto di falsa esposizione di dati o di informazioni o altri comportamenti fraudolenti, consistente:

              1) nell'esposizione di informazioni false o nell'omissione di informazioni imposte dalla legge per l'apertura delle procedure di concordato preventivo al fine di potervi accedere, ovvero per ottenere l'omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, ovvero per ottenere l'approvazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti da parte del Ministero dello sviluppo economico; prevedere altresì la punibilità delle condotte fraudolente commesse nel corso di tali procedure;

              2) nella simulazione di crediti inesistenti o in altri comportamenti di frode, al fine di influire sulla formazione delle maggioranze; prevedere che la stessa pena si applichi al creditore che riceve il pagamento o che accetta la promessa al fine dell'espressione del proprio voto;

          i) determinare le pene applicabili in relazione alla commissione dei delitti di cui alle lettere da a) a h), da graduare in riferimento alla gravità degli illeciti:

              1) per i delitti di cui alle lettere a), numeri 1) e 2), e d), nella parte in cui rinvia ai fatti descritti alla lettera a), numeri 1) e 2), prevedendo la pena della reclusione da individuare in una pena compresa, nel minimo, tra due e quattro anni e, nel massimo, tra otto e dodici anni;

              2) per i delitti di cui alle lettere a) numero 3), c), d), nella parte in cui rinvia ai fatti descritti alla lettera a), numero 3), f), g) e h), prevedendo la pena della reclusione non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni;

              3) per i delitti di cui alle lettere b) ed e), prevedendo la pena della reclusione non inferiore a sei mesi e non superiore a due anni;

          l) prevedere circostanze aggravanti e attenuanti, anche ad effetto speciale, per i reati di cui alle lettere da a) a i) nel caso di più fatti ovvero se il fatto ha causato, rispettivamente, un danno patrimoniale di rilevante gravità ovvero di speciale tenuità ovvero se, prima del giudizio o prima del provvedimento di cui all'articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, è intervenuta l'integrale riparazione del danno patrimoniale ai creditori o, se manca l'accertamento dei crediti o dei diritti, prima dell'esercizio dell'azione penale è intervenuta da parte dell'autore del fatto la consegna della contabilità o di altri documenti idonei alla completa ricostruzione contabile del patrimonio o del movimento degli affari;

          m) prevedere che alla condanna per i delitti di cui alle lettere a), b), d) ed e) consegue, in ogni caso, la pena accessoria dell'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, per un periodo da stabilire;

          n) stabilire, agli effetti della legge penale, l'equiparazione dei curatori, dei commissari giudiziali o governativi e dei loro coadiutori ai pubblici ufficiali;

          o) prevedere che le condotte di cui alle lettere da a) ad e) costituiscano reato solo se alle medesime segua il provvedimento di apertura della procedura concorsuale e che le medesime disposizioni si applichino anche ai fatti commessi successivamente al provvedimento di apertura della procedura concorsuale;

          p) prevedere che, agli effetti della legge penale, non è ingiusto il vantaggio dell'impresa collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo;

          q) prevedere l'attribuzione in via esclusiva al curatore, fino alla definizione della procedura concorsuale, della legittimazione alla costituzione di parte civile nel procedimento penale, anche contro il fallito, per i reati di cui al presente comma, salvo che i creditori intendano far valere un titolo di azione propria o personale;

          r) prevedere, mediante la modificazione degli articoli 95 e 96 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, che l'equiparazione della dichiarazione dello stato di insolvenza alla dichiarazione di fallimento, ai fini della punibilità delle condotte indebite o ingiustificate tenute nel corso della procedura, sia limitata all'ipotesi di conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, nel corso o al termine della procedura, ovvero al caso in cui si riscontri la falsità dei presupposti per l'ammissione alla procedura;

          s) prevedere disposizioni transitorie relative alla disciplina dei fatti commessi prima della data di entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 e alla successione nel tempo delle nuove norme penali rispetto a quelle abrogate;

          t) disporre l'abrogazione delle norme incompatibili con quelle introdotte in attuazione della delega di cui al comma 1.


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