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PDL 2374

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2374


PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati

COTA, GIBELLI, STUCCHI, ALLASIA, BITONCI, CHIAPPORI, CROSIO, LUCIANO DUSSIN, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, NEGRO, PASTORE, RAINIERI, SIMONETTI, STEFANI, TORAZZI, VANALLI, VOLPI

Modifica all'articolo 8 della Costituzione, concernente il riconoscimento della tradizione giudaico-cristiana quale fondamento civile e spirituale della Repubblica

Presentata il 9 aprile 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - Da sempre la battaglia identitaria caratterizzata dalla difesa dei popoli nella loro dimensione territoriale, religiosa e culturale costituisce l'ossatura di tutta la nostra attività politica.
      Questa battaglia, cominciata ormai molti anni fa, si è confrontata nel tempo con problematiche (immigrazione incontrollata, perdita dei riferimenti valoriali e religiosi, usurpazione della sovranità dei popoli, senso diffuso di insicurezza, sfiducia nella classe politica, scollamento dall'ordine naturale) che hanno acquisito sempre maggior peso nell'attualità nazionale e internazionale e che hanno destrutturato il «modus vivendi» tradizionale della civiltà occidentale europea. Il modello mondialista, senza frontiere per le merci come per gli uomini, improntato a una ricerca di pace globale basata unicamente sul riconoscimento di uno stile di vita uniformato, dove ciò che conta è soltanto il produrre e il consumare, è imploso, lasciandosi alle spalle «metastasi» molto gravi.
      Siamo stati costretti a lanciare ripetuti gridi di allarme di fronte all'abbandono delle nostre radici.
      La nostra opera di denuncia è stata costante e mirata, insieme a un'attività di proposta e di stimolo ai governi che si sono succeduti, alle istituzioni internazionali e al Paese affinché fossero adottati i provvedimenti opportuni.
      Se è vero che, da un lato, la libertà religiosa, di credenza e di coscienza è un diritto inviolabile consolidato nella cultura del popolo italiano e riconosciuto in modo inequivocabile dal combinato disposto degli articoli 3, 8, 19 e 20 della Costituzione, dall'altro lato è innegabile che il patrimonio storico e culturale del nostro Paese affonda le sue radici nella civiltà e nella tradizione cristiane.
      Difatti il concetto di libertà religiosa riguarda una sfera intima della persona e un suo modo di interpretare e di dare senso alla vita in base alla propria coscienza e non trova alcuna relazione in merito a una valutazione storico-sociale di come le radici cristiane rappresentino le fondamenta sulle quali è stato edificato tutto il nostro ordinamento giuridico.
      L'articolo 8 della Costituzione sancisce l'importante principio in base al quale tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge e hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purché non contrastino con il nostro ordinamento giuridico.
      I rapporti tra il nostro Stato e le diverse confessioni religiose sono regolati per legge sulla base di intese con le rispettive rappresentanze.
      Nell'era moderna, con la fine degli Stati temporali e con l'affermazione del modello liberale fondato sul principio di libera Chiesa in libero Stato, si è iniziato a riflettere sulla necessità di riconoscere uguali diritti ai vari culti.
      Già nel '700 il Codice leopoldino in Toscana introduceva una certa tolleranza religiosa.
      Il Regno d'Italia, secondo quanto disposto dallo Statuto albertino, aveva una religione di Stato, ma in seguito, nel 1872, grazie a un ordine del giorno presentato alla Camera dei deputati da Pasquale Stanislao Mancini, conobbe un'autentica libertà di coscienza e di culto.
      Quest'anno ricorrono l'ottantesimo anniversario della firma del Concordato del 1929 e il venticinquesimo anniversario della revisione concordataria avvenuta nel 1984.
      La storia del nostro Paese è stata segnata dal Concordato tra lo Stato e la Santa Sede del 1929. Nel Concordato si sancirono norme a garanzia di tutti i culti acattolici considerandoli ammessi a differenza di quanto previsto nello Statuto albertino, secondo il quale erano considerati soltanto tollerati.
      I Padri costituenti, nel redigere il testo della Carta fondamentale della nostra Repubblica, da un lato, all'articolo 7 riconobbero la validità dei Patti lateranensi e, dall'altro lato, stabilirono il riconoscimento del principio della libertà religiosa rafforzato dal disposto dell'articolo 8, che prevede la possibilità per lo Stato di regolare via via i rapporti con le altre confessioni religiose mediante intese bilaterali.
      Nel 1984 con gli accordi di Villa Madama noti anche come «nuovo Concordato», pur se si superò l'affermazione prevista dal Trattato del 1929 per cui «la religione cattolica apostolica romana» veniva considerata «la sola religione di Stato», si riaffermò allo stesso tempo che non sussiste una situazione di parità tra la Chiesa cattolica e le altre confessioni, né sul piano legislativo ordinario né sul profilo costituzionale, assegnando, ad esempio, alla Chiesa cattolica: un'importante missione educativa, prevedendo l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche; riconoscendo gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico e riservando, nei limiti fissati dalla giurisprudenza costituzionale, ai tribunali ecclesiastici le relative sentenze di nullità.
      Va inoltre ricordato che la religione cattolica gode di una maggiore protezione anche in sede penale nell'ipotesi di «delitti contro il sentimento religioso» e che la Corte costituzionale più volte adita in materia ha rigettato le istanze volte a mettere in luce una violazione del principio di uguaglianza e di libertà, proprio considerata la maggiore intensità delle reazioni sociali che suscitano le offese alla fede cattolica dato l'inscindibile legame tradizionale con il popolo italiano.
      La nostra Repubblica, infatti, attraverso il Concordato e la protezione costituzionale di cui esso gode a norma dell'articolo 7 della Costituzione, riconosce alla Chiesa cattolica un fondamentale ruolo storico e sociale dato da un'antica e ininterrotta tradizione che lega il popolo italiano al cattolicesimo.
      La presente proposta di legge costituzionale intende premettere un nuovo comma al citato articolo 8 della Costituzione, recante l'importante riconoscimento del nostro patrimonio spirituale e religioso cristiano.
      Già nel corso dei lavori preparatori del Trattato europeo è stato vivo e fortemente sentito il dibattito sull'opportunità o meno di inserire nel preambolo della Carta fondamentale l'espresso riferimento alla tradizione culturale e spirituale cristiana del continente europeo. Un emendamento volto a modificare il preambolo nel senso di un richiamo al patrimonio religioso giudaico-cristiano come uno dei fondamenti spirituali dell'Europa fu proposto dal Governo italiano durante i lavori della Convenzione.
      Certamente da più parti è stato sostenuto che uno Stato di diritto deve garantire assolute imparzialità e uguaglianza tra tutti i cittadini assicurando la laicità delle istituzioni, e tuttavia l'opinione pubblica, la volontà del popolo, oltre che politici, opinionisti e la stessa Chiesa cattolica, si sono immediatamente schierati per l'espressa menzione nella Costituzione europea delle nostre radici cristiane, così che il nostro passato, la nostra storia e la nostra stessa cultura non vadano dimenticati, ma si pongano come forte baluardo contro la perdita di valori cui costantemente assistiamo e contro il pericolo di una società frammentata e priva di una reale identità.
      È assurdo negare il riferimento alle radici cristiane che hanno apportato significati prevalentemente morali e spirituali elaborando il concetto di «psiche», l'idea dell'uomo capace di intendere e di volere, l'importanza della cura dell'anima, il valore e la centralità dell'uomo come persona in rapporto con gli altri e con Dio, promuovendo i valori dell'uguaglianza, della tolleranza e della libertà oltre che della grandezza dell'umile e mettendo al centro dell'esistenza umana il principio dell'amore.
      Quando si parla di laicità delle istituzioni democratiche infatti, così come di autonomia della politica, si fa riferimento ai princìpi fondamentali di uno Stato di diritto, posti a perseguimento e a garanzia del bene comune e della libertà religiosa e di culto di tutti.
      Ma nessuna istituzione può dirsi realmente neutra se agisce nel rispetto dei valori di autonomia e di laicità poiché questi stessi valori sono prodotto e derivazione del cristianesimo.
      Oggi viviamo in un clima di profonda crisi identitaria. Si sente dire che tutte le religioni sono uguali e che non esistono criteri seri e validi per distinguerle o per affermare che una sia più o meno «vera» delle altre. Questo relativismo alimenta solo la confusione e il sincretismo, ossia conduce a una mescolanza di temi religiosi presi un po' da una religione e un po' da un'altra, secondo i bisogni e le esigenze del momento, dando vita a una religione «su misura», «personalizzata».
      Si assiste sempre più nella nostra società moderna o, meglio, «post-moderna», al sorgere di un «individualismo sincretistico», a una forma esperienziale religiosa, paradossalmente senza bisogno di religioni. Aumentano così i particolarismi e gli egoismi individuali, soprattutto delle nuove generazioni, e l'impressione è che ci si avvii verso un'epoca in cui più niente ha valore.
      Tutto ciò, se spinto all'eccesso, può portare solo a separazioni, conflitti e violenze.
      Le cause sono più culturali che religiose: il relativismo e il sincretismo in campo religioso sono la conseguenza di una cultura in cui sembra contare la vuota apparenza sulla sostanza.
      I valori sono diventati sempre più delle «sensazioni».
      Un'Europa che voglia essere unita, non solo teoricamente ma anche e soprattutto nella sostanza, non può prescindere dal riconoscimento anche formale delle proprie radici cristiane quale elemento fondante e caratterizzante della propria storia.
      L'Europa non può ignorare da dove deriva la sua stessa democrazia. È, infatti, innegabile che sia proprio la tradizione cristiana ad aver consegnato alla storia il moderno concetto di persona (cioè dell'individuo che in quanto tale, prima ancora di essere cittadino, è portatore di dignità e di diritti), principio recepito come fondante da tutte le Costituzioni laiche degli Stati membri dell'Unione europea.
      In più di un'occasione i popoli europei si sono espressi contro i trattati che sono stati sottoposti alla loro approvazione anche perché non hanno riconosciuto in essi la tutela delle proprie origini e della propria identità. Molti esponenti di spicco della scena politica, senza distinzione di appartenenza partitica, sono più volte intervenuti sottolineando l'importanza di un riferimento alle radici cristiane nella Carta europea.
      Sua Santità Giovanni Paolo II e poi Papa Benedetto XVI hanno più volte ribadito in tutte le sedi istituzionali il loro profondo rammarico a proposito dell'ingiustificabile marginalizzazione della fede e della cultura cristiane, al di là di ogni confessionalismo, nel processo costituente europeo.
      Il Trattato di Lisbona, come tutti i trattati europei che lo hanno preceduto, sconta la gravissima omissione di qualsiasi richiamo alla tradizione cristiana quale elemento identitario della realtà sociale e civile in cui vivono i popoli europei.
      Un'Europa che rinuncia alla propria anima è destinata a morire, come del resto ogni realtà umana non può sopravvivere senza radici. Relegare la religione alla sfera privata escludendo la tradizione religiosa dell'Europa dal dialogo pubblico è un grave errore che rischia di far precipitare le nuove generazioni in un vuoto valoriale.
      In conclusione, sarebbe una manifestazione di stoltezza rifiutare che la nostra Patria ha radici squisitamente cristiane, basti constatare quale ricco patrimonio religioso si presenti in modo indelebile nel nostro Paese: cattedrali, monumenti, dipinti, musica sacra, poesia e letteratura religiose, croci poste agli incroci delle nostre strade, semplici icone fissate sulle pareti esterne delle case o dei palazzi, croci piantate sulle cime delle nostre montagne.
      Per i motivi illustrati è importante che anche nella Costituzione della nostra Repubblica vi sia un richiamo esplicito alle tradizioni religiose cristiane.
      Il riferimento è a quel patrimonio spirituale cristiano che, senza voler essere escludente, si esprime in quei valori che hanno contribuito al processo di formazione europeo. L'identità dell'occidente nasce dalla cultura greco-romana, cui dobbiamo la nozione di «polis» e l'origine del concetto stesso di «Stato», nonché dalla cultura cristiana, di cui è massima espressione l'idea di «persona».
      L'impostazione personalistica permea di sé tutta la parte prima della Costituzione e pertanto appare opportuno esplicitare sinteticamente la sua radice, individuabile nel patrimonio religioso cristiano.
      Lasciare il nostro Stato e la nostra Costituzione, nell'epoca attuale, come uno spazio vuoto di valori non rende più facile la convivenza, anzi può costituire un serio rischio di fronte alla pressione di culture e di fedi religiose che propugnano valori estranei alla nostra consolidata tradizione.


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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. All'articolo 8 della Costituzione è premesso il seguente comma:

      «La Repubblica riconosce il proprio fondamento civile e spirituale nel patrimonio culturale e religioso giudaico-cristiano».


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