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PDL 3136

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3136


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

LEVI, ZACCARIA, BACHELET, BINDI, CORSINI, DE TORRE, FERRANTI, MARCHIGNOLI, MARGIOTTA, MAZZARELLA, MIGLIOLI, MIOTTO, SAMPERI, TABACCI, ZAMPA

Modifica all'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di priorità dei processi a carico di membri del Parlamento nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi

Presentata il 20 gennaio 2010


      

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Onorevoli Colleghi! - Nel più ampio quadro dei problemi relativi alla giustizia in Italia, grande rilievo è venuto assumendo nell'opinione pubblica il tema dei rapporti tra politica e magistratura. La questione si è andata ponendo con particolare e crescente acutezza in riferimento e a seguito dei casi, invero numerosi, in cui membri del Parlamento sono stati oggetto di procedimenti giudiziari.
      Come noto, su questa materia intervenne già la Costituzione prevedendo, tra l'altro, con l'articolo 68, che, senza l'autorizzazione della Camera di appartenenza, nessun membro del Parlamento potesse essere sottoposto a procedimento penale, né potesse essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo se colto nell'atto di commettere delitti per i quali fosse obbligatorio l'arresto o il mandato di cattura.
      Garantendo con norma di rango costituzionale ai rappresentanti del popolo la prerogativa dell'inviolabilità, si intendeva evitare che con atti giudiziari avviati in modo pretestuoso o politicamente motivato nei confronti di singoli parlamentari si potesse impedire il libero esercizio del loro mandato e condizionare il lavoro e, nei casi estremi, la composizione stessa del Parlamento e il libero dispiegarsi del confronto democratico.
 

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      L'immunità parlamentare così disegnata dalla Costituzione, anche in ragione degli abusi che ne sono stati fatti, si è nel corso del tempo rivelata in contrasto con l'evolversi del pubblico sentire. All'inizio degli anni novanta, dopo passaggi travagliati della storia politica nazionale, si giunse così, con la legge costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3, a una riforma dell'articolo 68 della Costituzione che, seppur confermandolo per l'esecuzione di un arresto, per ogni altra forma di privazione della libertà personale e per le perquisizioni, abolì l'obbligo dell'autorizzazione della Camera di appartenenza per l'avvio del procedimento penale nei confronti di un parlamentare.
      La riforma del 1993 non è valsa, tuttavia, a risolvere in modo soddisfacente o duraturo la questione del rapporto tra politica e magistratura. L'impianto allora costruito è parso sempre più inadatto a reggere, da solo, le pressioni di un conflitto, quello appunto tra politica e magistratura, che è venuto assumendo toni sempre più accesi, con ombre sulla correttezza di esponenti del mondo politico, ombre sull'imparzialità di esponenti del mondo giudiziario e un crescente disorientamento dei cittadini.
      Nel corso degli anni, e con maggiore intensità in quelli a noi più vicini, si sono andate, così, moltiplicando le proposte di nuove norme.
      Per quanto diverse tra loro, queste ipotesi di intervento hanno un elemento in comune, peraltro presente anche nell'istituto dell'immunità parlamentare prevista dall'articolo 68 della Costituzione, sia nella sua formulazione originale che in quella riformata del 1993: la volontà di impedire o di arrestare lo scorrere del tempo della giustizia.
      Fermare le lancette dell'orologio della giustizia e spostare in avanti nel tempo l'accertamento della verità processuale quando a essere chiamato in causa sia un rappresentante della classe politica: può essere questa la soluzione? Possiamo considerare che una soluzione di questo genere corrisponda alla domanda di trasparenza che l'opinione pubblica rivolge alla politica e rispetti il principio dell'eguaglianza dei diritti di tutti i cittadini?
      Se la risposta è no, forse conviene prendere una strada diversa, addirittura opposta. Che si chieda non di arrestare ma, al contrario, di accelerare lo scorrere del tempo; non di bloccare ma, al contrario, di far cadere il più in fretta possibile la sabbia nella clessidra.
      Si conceda ai politici la garanzia di una giustizia rapida, più rapida di quella dei cittadini normali. Si conceda al politico imputato di un reato il privilegio di non restare esposto ai tempi lunghi della giustizia italiana e di vedere, invece, velocemente accertata la verità, così da poter, se prosciolto dalle accuse, recuperare in pieno il proprio onore e la propria capacità di operare.
      Si tratterebbe indubbiamente di un privilegio, ma di un privilegio che rappresenterebbe la traduzione del dovere, che sta in capo ad ogni rappresentante del popolo, di rispondere delle proprie azioni di fronte all'opinione pubblica. Di un privilegio, quindi, che corrisponderebbe all'interesse generale, al diritto dei cittadini di valutare l'operato di chi li rappresenta nel Parlamento della Repubblica. Prima ancora del parlamentare interessato, sono i cittadini che hanno il diritto di sapere nel più breve tempo possibile se chi li rappresenta è innocente o colpevole dei reati di cui sia stato eventualmente imputato. Accordato tutto il tempo necessario alle indagini, dal momento del rinvio a giudizio si costruisca, dunque, nei casi in cui l'imputato sia un rappresentante del popolo, una «corsia preferenziale» per l'accertamento della verità processuale. Per introdurre questa «corsia preferenziale» è sufficiente una legge ordinaria.
      Traducendosi non in un ritardo dei tempi processuali suscettibile di sfociare in un'immunità di fatto ma, al contrario, in una loro accelerazione, il privilegio di cui stiamo parlando non è assimilabile a una prerogativa, come l'immunità parlamentare o la sospensione dei processi per le alte cariche dello Stato, che per essere
 

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introdotta richiede una legge costituzionale.
      Già oggi la legge prevede che nella formazione dei ruoli di udienza e nella loro trattazione dibattimentale sia data priorità assoluta ai processi per delitti particolarmente gravi o a carico di imputati detenuti, in stato di arresto o recidivi.
      Ferme restando, come ovvio, le previsioni dell'articolo 68 della Costituzione, si tratta, pertanto, di estendere ai membri del Parlamento l'elenco degli imputati i cui processi devono essere per legge trattati con assoluta priorità.
      A questo fine, la presente proposta di legge fa riferimento all'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, che recita:

      «1. Nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta:

          a) ai processi relativi ai delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice e ai delitti di criminalità organizzata, anche terroristica;

          b) ai processi relativi ai delitti commessi in violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro e delle norme in materia di circolazione stradale, ai delitti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché ai delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni;

          c) ai processi a carico di imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede;

          d) ai processi nei quali l'imputato è stato sottoposto ad arresto o a fermo di indiziato di delitti, ovvero a misura cautelare personale, anche revocata o la cui efficacia sia cessata;

          e) ai processi nei quali è contestata la recidiva, ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale;

          f) ai processi da celebrare con giudizio direttissimo e con giudizio immediato.

      2. I dirigenti degli uffici giudicanti adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali è prevista la trattazione prioritaria».
      L'articolo 1 della presente proposta di legge definisce, sulla base delle considerazioni sopra esposte, l'oggetto e le finalità della disciplina proposta.
      L'articolo 2 estende ai processi penali a carico di membri del Parlamento l'assicurazione della priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi prevista dal citato articolo 132-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale.
      La presente proposta di legge non comporta oneri finanziari per il bilancio dello Stato.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. Al fine di garantire il libero e ordinato esercizio delle prerogative e delle competenze connesse all'esercizio del mandato parlamentare, ai sensi degli articoli 67 e 68 della Costituzione, la presente legge riconosce priorità assoluta ai procedimenti penali a carico di membri del Parlamento, in sede di formazione dei ruoli di udienza e di trattazione dei processi.

Art. 2.
(Priorità assoluta dei processi penali a carico di membri del Parlamento).

      1. Al comma 1 dell'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «f-bis) ai processi a carico di membri del Parlamento».


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