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PDL 59

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 59



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

REALACCI, VIGNALI, BARETTA, AGOSTINI, ANGELI, BACCINI, BARBIERI, BELLANOVA, BINETTI, BOBBA, BOCCI, BOCCIA, BOFFA, BOSSA, BRAGA, BRANDOLINI, BRATTI, CALEARO CIMAN, CALGARO, CAMBURSANO, CAPITANIO SANTOLINI, CASTAGNETTI, CAVALLARO, CECCUZZI, CENNI, CENTEMERO, CIMADORO, CONCIA, COSCIA, COSENZA, DE BIASI, DE CAMILLIS, DELFINO, DI VIRGILIO, DUILIO, ESPOSITO, FADDA, GIANNI FARINA, RENATO FARINA, FARINONE, FAVIA, FEDI, FERRARI, FIORONI, FONTANELLI, FRASSINETTI, GARAVINI, GENTILONI SILVERI, GNECCHI, GOZI, GRANATA, GRAZIANO, IANNUZZI, LAGANÀ FORTUGNO, LOSACCO, LUCÀ, LUPI, LUSETTI, MARANTELLI, MARCHI, MARCHIONI, MARGIOTTA, MARIANI, MARTELLA, PIERDOMENICO MARTINO, MASTROMAURO, MATTESINI, MELANDRI, GIORGIO MERLO, MIGLIOLI, MIOTTO, MISIANI, MOTTA, NARDUCCI, PAGANO, PEDOTO, PELUFFO, MARIO PEPE (PD), PEZZOTTA, PICIERNO, PIZZETTI, POMPILI, PORTA, QUARTIANI, RAISI, RAMPI, RAZZI, ROSSO, RUBINATO, RUGGHIA, SAMPERI, SANGA, SANTAGATA, SCHIRRU, SIRAGUSA, STRIZZOLO, TIDEI, TOCCAFONDI, TOCCI, TORRISI, TOUADI, TRAPPOLINO, TULLO, VACCARO, VANNUCCI, VASSALLO, VELLA, VERNETTI, VERSACE, VICO, VIOLA, VOLONTÈ

Disposizioni per la promozione e lo sviluppo della responsabilità sociale delle imprese

Presentata il 29 aprile 2008
 

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Onorevoli Colleghi! — Con la presentazione di questa proposta di legge si vuole raccogliere e sostenere l'appello del Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, rilanciato dal Libro verde della Commissione europea sulla responsabilità sociale delle imprese (COM(2002)347 del 2 luglio 2002), al «senso di responsabilità delle imprese nel settore sociale per quanto riguarda le buone prassi collegate all'istruzione e alla formazione lungo tutto l'arco della vita, all'organizzazione del lavoro, all'uguaglianza delle opportunità, all'inserimento sociale e allo sviluppo durevole». Si condivide questo appello, anzi, si considera l'impegno delle imprese per rafforzare crescita economica e competitività riconoscendo le proprie responsabilità sociali, ambientali e verso gli utenti e i consumatori, come uno degli elementi essenziali «della civiltà del mercato e dello sviluppo sostenibile».
      Dopo la grave crisi economica che ha colpito l'economia mondiale a partire dall'anno in corso la costruzione di un'economia a misura d'uomo, legata ai territori, sensibile alle grandi sfide del futuro è ancora più attuale. Basti pensare all'importante contributo dell'enciclica «Caritas in Veritate». In particolare nel nostro Paese la scommessa dell'innovazione e della qualità, che attinge forza dalle comunità, che è alimentata dalla sussidiarietà di istituzioni, imprese, società civile organizzata e cittadini, è condizione per un'economia al tempo stesso competitiva e sostenibile nel lungo periodo. Per muovere in questa direzione è però necessario fare i conti fino in fondo con la lezione della crisi e modificare modi di pensare e di agire che hanno causato ed aggravato la crisi stessa.
      Il dibattito sulla dimensione etica delle imprese, oltre a quella economica e giuridica, non è nuovo. Fin dagli anni trenta ci si è interrogati su quale fosse lo scopo di un'impresa e, fin da allora, si sono confrontate due opposte teorie, in vario modo articolate. Secondo una posizione nata negli Stati Uniti d'America negli anni della depressione, scopo delle imprese e dei loro manager è soltanto quello di assicurare il maggior vantaggio agli azionisti. Ovvero, secondo l'opinione di Milton Friedman, «c’è una e solo una responsabilità sociale dell'impresa: usare le sue risorse e dedicarsi ad attività volte ad aumentare i propri profitti a patto che essa rimanga all'interno delle regole del gioco, il quale equivale a sostenere che competa apertamente e liberamente senza ricorrere all'inganno o alla frode». Questa teoria, come sottolinea Emilio D'Orazio, «presuppone il riferimento alla teoria neoclassica dell'impresa secondo cui l'impresa è di proprietà di un gruppo di investitori che si uniscono tra loro volontariamente mettendo insieme le proprie risorse al fine unico di raggiungere un aumento della loro ricchezza». Tale tesi, peraltro, non esclude che il management possa dedicarsi ad attività sociali ma «coerentemente ritiene che debba farlo solo in prospettiva strategica, cioè solo nella misura in cui tali attività contribuiscono ad aumentare i profitti dell'azienda». Per Freeman ed Evan, invece, i poteri del management, oltre che per il profitto degli azionisti o dei proprietari, devono essere usati a beneficio dell'intera comunità. Questi economisti sostengono che i manager hanno un «rapporto fiduciario» verso un'ampia serie di stakeholder dell'impresa, intendendo con questo termine «fornitori, clienti, dipendenti, azionisti e la comunità locale, come pure il management nel suo ruolo di agente di questi gruppi». Il fondamento morale di tale tesi risiede nel principio kantiano del rispetto delle persone come fini in sé e non come mezzi per qualche fine. I diritti di proprietà degli azionisti, quindi, non sono assoluti e non giustificano «l'uso delle persone (gli stakeholder) come mezzi in vista di fini
 

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aziendali». A ben vedere, però, tali posizioni non sono «interamente incompatibili ed esse spesso porteranno in pratica a risultati simili. Il manager seguace della teoria di Friedman tratterà bene gli stakeholder allo scopo di ricavarne un profitto, mentre quello seguace della teoria di Freeman li tratterà bene perché è la cosa giusta da fare: trattare bene gli stakeholder è giusto e alla fine può essere redditizio». Tale dibattito, in particolare con riferimento alle posizioni più propense a considerare la responsabilità sociale delle imprese come un dovere morale, ha avuto nel diritto internazionale, a partire dagli anni settanta, un notevole riscontro e ha generato un gran numero di atti e documenti di cui non si può non tenere conto, particolarmente per quanto attiene ai vincolanti documenti della Commissione europea. Oltre alle dichiarazioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) dirette alle imprese multinazionali, concernenti la responsabilità di tali imprese con riferimento alla tutela dei diritti umani (fra tutte la Tripartite Declaration of Principles Concernine and Social Policy) e alle Guidelines dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, dirette a conciliare l'attività delle imprese multinazionali con gli obiettivi di politica economica perseguiti dai singoli Stati, oppure contro la corruzione, o ancora contro il lavoro infantile e minorile e per lo sviluppo sostenibile, grande importanza ha avuto la Global Compact che per iniziativa del Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), nel 1999, ha riunito in un testo concordato con le imprese i princìpi della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dell'Agenda 21 e della Dichiarazione sui princìpi e i diritti fondamentali nel lavoro e suoi seguiti, approvata dall'OIL nel 1998. Con il Libro verde della Commissione europea del luglio 2001, dal titolo «Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese» (COM(2001)366 del 18 luglio 2001), con la citata comunicazione, sempre della Commissione, su «Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile» (luglio 2002), nonché con le risoluzioni 10 aprile 2002 e 6 febbraio 2003 del Consiglio e, da ultimo, con la risoluzione 2006/2133 (INI) del 13 marzo 2007, del Parlamento europeo, sempre sulla responsabilità sociale delle imprese, si entra nella fase di una maggiore consapevolezza e concretezza nell'impegno per la responsabilità sociale delle imprese e di un appello diretto ai Paesi europei affinché si mettano in campo politiche attive di sostegno delle buone pratiche della responsabilità sociale e si coinvolgano in tali iniziative le piccole e medie imprese.
      Il citato Libro verde della Commissione europea del 2001 definisce la responsabilità sociale delle imprese come «l'integrazione su base volontaria dei problemi sociali ed ambientali delle imprese nelle loro attività commerciali e nelle loro relazioni con le altre parti». Adottando comportamenti socialmente responsabili, le imprese «gestiscono il cambiamento in modo consapevole sul piano sociale, cercando di trovare un compromesso equilibrato tra le esigenze e i bisogni delle parti interessate in termini che siano accettabili per tutti». La gestione responsabile e consapevole delle trasformazioni, secondo il Libro verde, non può che avere effetti positivi a livello macroeconomico. La responsabilità sociale delle imprese concorda con la strategia di sviluppo sostenibile adottata dal Consiglio europeo di Göteborg, secondo la quale «nel lungo termine la crescita economica, la coesione sociale e la tutela dell'ambiente vanno di pari passo» e può contribuire in modo significativo al raggiungimento dell'obiettivo strategico, fissato dal Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, di «diventare l'economia della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, capace di una crescita economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione e da una maggiore coesione sociale». Naturalmente la Commissione europea non ignora che la responsabilità principale delle imprese è quella di generare profitti, ma ritiene che esse possano «al tempo stesso
 

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contribuire ad obiettivi sociali e alla tutela dell'ambiente, integrando la responsabilità sociale come investimento strategico nel quadro della propria strategia commerciale, negli strumenti di gestione e nelle loro operazioni». La responsabilità sociale delle imprese, insomma, non deve e non può essere considerata come un costo ma, piuttosto, come un investimento. Essere socialmente responsabili non significa soltanto adempiere pienamente agli obblighi di legge applicabili all'attività di impresa, ma andare oltre tali obblighi «investendo di più nel capitale umano, nell'ambiente e nei rapporti con le parti interessate».
      La responsabilità sociale delle imprese, nell'impostazione del citato Libro verde, ha una dimensione interna e una dimensione esterna. Le prassi socialmente responsabili rilevanti all'interno di un'impresa riguardano essenzialmente:

      a) la gestione delle risorse umane, quindi innanzitutto quelle dirette a eliminare discriminazioni nel reclutamento e alla formazione e all'istruzione «lungo tutto l'arco della vita»;

      b) la salute e la sicurezza dei lavoratori con riferimento non tanto all'adempimento delle misure legislative e coercitive al riguardo, ma attraverso l'adozione di misure volontarie che integrino le attività legislative e di controllo pubblico, sia in materia di salute e di sicurezza che di qualità dei prodotti e dei servizi;

      c) l'adattamento alle trasformazioni. Le ristrutturazioni aziendali devono essere condotte attraverso la partecipazione e il coinvolgimento delle persone interessate con procedure aperte di informazione e di consultazione;

      d) la gestione degli effetti sull'ambiente e sulle risorse naturali, attraverso una riduzione del consumo delle risorse o delle emissioni inquinanti e l'esame dell'impatto sull'ambiente dei prodotti lungo tutto il loro ciclo di vita.

      La responsabilità sociale delle imprese si estende al di là del perimetro delle imprese e coinvolge, oltre ai lavoratori dipendenti e agli azionisti, i partner commerciali, i fornitori, i clienti, i poteri pubblici e le organizzazioni non governative che rappresentano la comunità locale e l'ambiente, e in particolare:

      a) per le comunità locali la responsabilità sociale si riflette sulla buona integrazione nell'ambiente locale, attraverso il miglioramento delle condizioni di vita rappresentato dalle opportunità di lavoro e contribuendo alla salubrità dell'ambiente naturale circostante, oppure con l'impegno nei servizi al cittadino;

      b) quanto alle partnership commerciali e ai rapporti con i fornitori e con i consumatori, le buone prassi impongono la riduzione della complessità delle operazioni e dei costi, migliorando la qualità, il controllo sulle pratiche dei fornitori, in particolare se si tratta di fornitori esteri, e l'assistenza, soprattutto se si tratta di piccole aziende, nonché l'essere affidabili e trasparenti con i clienti e con i consumatori e garantire la massima utilizzabilità possibile dei propri prodotti (si pensi ai disabili);

      c) il rispetto dei diritti umani e le preoccupazioni ambientali devono essere garantiti, in particolare per quanto riguarda le operazioni internazionali e le catene di produzione, a livello planetario.

      Questa impostazione del Libro verde è stata confermata dalla citata comunicazione della Commissione europea del luglio 2002 con la quale, dopo una lunga consultazione e partendo dall'analisi degli ostacoli che potrebbero rallentare la diffusione della responsabilità sociale, è stata precisata una strategia comunitaria di promozione che tiene conto della sempre maggiore diffusione tra le imprese di prassi socialmente responsabili e dell'intervento, in molti casi, di legislazioni statali di sostegno. Tale strategia è riassumibile nella conferma dell'approccio volontaristico: «l'adozione di una politica di responsabilità sociale è una decisione che

 

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spetta alle stesse imprese, che nasce dinamicamente dalla loro interazione con le parti interessate». Tuttavia la Commissione europea ha voluto precisare che «spetta ai poteri pubblici incoraggiare l'adozione da parte delle imprese di pratiche responsabili sul piano sociale e ambientale». L'intervento pubblico si giustifica:

          per limitare la confusione generata dalla «proliferazione di strumenti diversi, difficilmente comparabili, della RSI (norme di gestione, programmi di etichettatura e di certificazione, elaborazione di relazioni eccetera)», che disorienta le imprese stesse, i consumatori, gli investitori e gli altri soggetti interessati e causa distorsioni del mercato;

          per verificare e misurare le prestazioni e l'elaborazione di relazioni e di audit, anche attraverso il coinvolgimento diretto degli stakeholder;

          per facilitare l'accesso alle pratiche socialmente responsabili delle piccole e medie imprese.

      Si aderisce a tale orientamento, salutato positivamente dalle maggiori associazioni ambientaliste e per la tutela dei consumatori, degli utenti e dei risparmiatori, che sono state ascoltate e coinvolte nell'elaborazione della presente proposta di legge. In particolare, Cittadinanzattiva, Legambiente, Manitese, Amnesty International e le altre associazioni aderenti alla campagna «Meno beneficenza più diritti» che da anni promuove l'affermazione della responsabilità sociale delle imprese in Italia. Si è cercato anche di raccogliere i suggerimenti di esponenti delle autonomie locali e delle regioni e di organizzazioni sindacali e delle imprese oltre a quelli dei molti esperti sono stati consultati e che hanno accettato di dare un contributo. Anche grazie a loro, si ritiene, cresce ogni anno nel nostro Paese il numero delle imprese che adottano prassi socialmente responsabili.
      Il Governo uscente aveva inserito la responsabilità sociale delle imprese tra le priorità della Presidenza italiana dell'Unione europea. Al tema sono stati dedicati apprezzabili approfondimenti. La presente proposta di legge vuole essere un contributo alla maggiore affermazione della responsabilità sociale delle imprese e uno stimolo al nuovo Governo per portare nel Parlamento il frutto degli approfondimenti e del confronto avuto con i partner dell'Unione. Questo, in sintesi, il suo contenuto.
      L'articolo 1 impegna la Repubblica «in conformità agli obiettivi dell'Unione europea» a promuovere la responsabilità sociale delle imprese, riconoscendone il ruolo di elemento di crescita economica e il suo contributo ad una maggiore coesione sociale. Contiene, poi, il riferimento ai princìpi costituzionali ai quali è legato questo impegno, in particolare quelli contenuti nell'articolo 41 il quale, a ulteriore conferma della «vitalità» della nostra Carta, afferma che l'iniziativa economica «Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale», anzi, deve essere «indirizzata e coordinata a fini sociali».
      L'articolo 2 contiene la definizione di «responsabilità sociale delle imprese» e di «parti interessate», rifacendosi a quanto al riguardo stabilisce il citato Libro verde della Commissione europea del 2002.
      Il successivo articolo 3 istituisce l'Autorità per la responsabilità sociale delle imprese a cui è affidata, tra l'altro, ai sensi dell'articolo 4, l'individuazione di indicatori per la definizione dei comportamenti socialmente responsabili e degli strumenti per valutare l'effettività di tali comportamenti e i risultati raggiunti, nonché la selezione, sulla base delle indicazioni del Forum consultivo, dei progetti da ammettere ai benefìci previsti dalla presente proposta di legge.
      L'articolo 5 istituisce il Forum consultivo con lo scopo di coadiuvare l'Autorità per la responsabilità sociale delle imprese nell'adempimento dei suoi compiti e di assicurare la più ampia partecipazione delle parti interessate alla definizione degli indicatori per la definizione dei comportamenti socialmente responsabili, quindi alla valutazione e alla verifica di tali prassi

 

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e all'individuazione delle misure più adeguate per incentivarle.
      L'articolo 6 assicura alle imprese socialmente responsabili strumenti di visibilità e di divulgazione delle loro iniziative presso il pubblico, anche attraverso la facilitazione all'accesso ai programmi televisivi e radiofonici del servizio pubblico.
      Con l'articolo 7 si delega il Governo ad emanare norme recanti agevolazioni fiscali per le imprese socialmente responsabili. Tali agevolazioni, insieme ai benefìci di comunicazione, si spera stimolino in particolare le piccole e medie imprese a intraprendere la strada della responsabilità sociale.
      L'articolo 8 reca misure relative alla responsabilità sociale delle imprese a prevalente capitale pubblico, mentre l'articolo 9 reca una modifica all'articolo 3 della legge sulla tutela della concorrenza e del mercato (legge n. 287 del 1990), vietando la massimizzazione del profitto derivante dal «dumping sociale » ed equiparandola all'abuso di posizione dominante. Anche il successivo articolo, l'articolo 10, si occupa di questo tema, istituendo l'Osservatorio nazionale sul dumping sociale, con lo scopo di monitorare il fenomeno anche in relazione all'attività in Italia di imprese estere. Come è noto il fenomeno della massimizzazione del profitto, ottenuta grazie alla violazione delle norme sul lavoro, oltre a costituire una gravissima violazione delle leggi statali, garantisce a chi la attua un ingiustificato vantaggio in termini di competitività nei confronti di chi produce nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Si pensi al vantaggio sul costo del lavoro derivante dallo sfruttamento del lavoro infantile e minorile o da orari di lavoro di 10 o più ore, come avviene purtroppo in molte parti del mondo. Si ritiene che l'impegno contro queste pratiche, che costituisce uno degli elementi essenziali della responsabilità sociale, oltre ad essere un obbligo morale, sia essenziale per la tutela della concorrenza e la correttezza del mercato. Per questo si attribuisce grande importanza all'attività di monitoraggio svolta dall'Osservatorio che, oltre a fornire un supporto all'attività dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, orienta le scelte dei consumatori e tutela i prodotti delle imprese che non ricorrono a tali mezzi per ottenere ingiusti vantaggi competitivi. L'articolo 11, infine, reca la copertura finanziaria.
      Non si è tra i primi ad avere cercato di portare all'attenzione del Parlamento la responsabilità sociale delle imprese, già nella XIII legislatura un testo, scaturito dalla campagna «Meno beneficenza più diritti», aveva percorso una buona parte del cammino parlamentare dovendo arrestarsi solo per la fine della legislatura. Ci si augura che la presente proposta di legge, che riprende l'analoga proposta di legge presentata nella XIV e nella XV legislatura, forte dell'ulteriore elaborazione scaturita dall'iniziativa citata e del contributo dei soggetti interessati, sia condivisa da parlamentari di tutte le forze politiche e riesca finalmente a dotare il nostro Paese di una base normativa adeguata allo sviluppo della responsabilità sociale delle imprese, secondo le indicazioni dell'Unione europea e degli organismi sovranazionali e internazionali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. La Repubblica, in conformità agli obiettivi dell'Unione europea, riconosce e promuove la responsabilità sociale delle imprese, quale condizione per la promozione dei diritti umani e dello sviluppo sostenibile e quale elemento di crescita economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione, da una maggiore coesione sociale e dal pieno rispetto dei diritti dei consumatori.
      2. La presente legge, in attuazione degli articoli 2, 3, secondo comma, 4, 9, 18 e 41, secondo e terzo comma, della Costituzione, e in conformità alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, approvata il 10 dicembre 1948 dall'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, e ai documenti dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), ha lo scopo di favorire e di incentivare l'assunzione da parte delle imprese di comportamenti socialmente responsabili e di verificare che tali impegni siano effettivamente mantenuti e attuati.
      3. Lo Stato ha la responsabilità primaria di promuovere e di garantire il rispetto e l'attuazione dei diritti umani riconosciuti dal diritto nazionale e internazionale; in particolare, lo Stato ha la responsabilità di assicurare che le compagnie multinazionali e le altre imprese che operano nel suo territorio, entro le rispettive sfere di attività e di influenza, garantiscano il rispetto di tali diritti, inclusi i diritti e gli interessi delle popolazioni indigene e di altri gruppi vulnerabili.
      4. Lo Stato promuove l'integrazione dei princìpi della responsabilità sociale delle imprese nel sistema di istruzione e formazione,

 

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generale e professionale, in materia di gestione d'impresa.

Art. 2.
(Definizioni).

      1. Ai fini della presente legge si intende per:

          a) «responsabilità sociale delle imprese»: l'integrazione volontaria da parte delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate di finalità di tutela degli interessi sociali ed ecologici;

          b) «parti interessate»: i soggetti che hanno un interesse specifico nella sopravvivenza dell'impresa, nel miglioramento dei suoi risultati economici e nella sua azione sociale e, in particolare, i soci, i dipendenti, la comunità locale, i fornitori, i clienti, gli utenti e i consumatori, i risparmiatori, le pubbliche amministrazioni e le organizzazioni non governative.

Art. 3.
(Istituzione dell'Autorità per la responsabilità sociale delle imprese).

      1. È istituita l'Autorità per la responsabilità sociale delle imprese, di seguito denominata «Autorità». L'Autorità è organo collegiale composto dal presidente e da quattro membri, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'economia e delle finanze. Le designazioni del Governo in merito alle nomine sono previamente sottoposte al parere delle Commissioni parlamentari competenti.
      2. Le Commissioni parlamentari competenti, ai fini di cui al comma 1, possono procedere all'audizione delle persone designate. In nessun caso le nomine possono essere effettuate in mancanza del parere

 

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favorevole espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti delle medesime Commissioni parlamentari.
      3. I componenti dell'Autorità sono scelti tra persone di indiscussa moralità e indipendenza e di comprovata esperienza e competenza nei settori in cui opera la stessa Autorità.
      4. Il curriculum dei componenti dell'Autorità è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in allegato ai relativi decreti di nomina.
      5. I componenti dell'Autorità sono nominati per un periodo di sette anni e non possono essere confermati nella carica.

Art. 4.
(Compiti dell'Autorità e rapporti istituzionali).

      1. L'Autorità svolge i seguenti compiti:

          a) razionalizzare le tipologie delle iniziative di responsabilità sociale adottate dalle imprese, favorendo l'individuazione delle migliori pratiche e dei più accreditati standard esistenti, ed individuare i principali strumenti atti a favorire la loro diffusione tra le imprese;

          b) individuare, anche ai fini di una codificazione della redazione dei bilanci sociali, un sistema di misurazione dei comportamenti socialmente responsabili adottabili da parte delle imprese, mediante la definizione di indicatori di tipo quantitativo e qualitativo, che faccia riferimento alle più avanzate esperienze internazionali ed europee in materia di responsabilità sociale e di sviluppo sostenibile. Tra gli indicatori dei comportamenti socialmente responsabili devono essere considerati: il rispetto dei diritti alle pari opportunità, alla non discriminazione, alla sicurezza della persona e, in conformità alla Dichiarazione sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro e suoi seguiti, adottata il 18 giugno 1998 dalla Conferenza internazionale del lavoro nella sua 86o sessione, dei diritti dei lavoratori stabiliti dalle convenzioni dell'OIL ratificate

 

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dall'Italia. Tra i medesimi indicatori devono altresì essere compresi: l'assenza di lavoro infantile e minorile, una remunerazione che assicuri un adeguato tenore di vita, orari di lavoro sostenibili, libertà di associazione e di contrattazione collettiva, salvaguardia dell'ambiente e promozione dello sviluppo sostenibile e rispetto dei diritti dei consumatori e degli utenti;

          c) predisporre gli strumenti operativi, facilmente applicabili, per favorire la diffusione delle iniziative di responsabilità sociale tra le imprese nonché per accertare l'impatto sociale e ambientale delle imprese sulla filiera produttiva e valutare i risultati delle iniziative socialmente responsabili dalle stesse messe in atto dalle stesse imprese;

          d) promuovere iniziative e incontri tra le aziende per lo scambio di esperienze al fine di diffondere, in particolare tra le piccole e medie imprese, la cultura della responsabilità sociale;

          e) promuovere la conoscenza da parte dell'opinione pubblica delle iniziative socialmente responsabili;

          f) garantire che l'impegno sociale delle imprese sia effettivo e non ingannevole, anche mediante la verifica, ad opera delle parti interessate, dei risultati delle azioni socialmente responsabili;

          g) elaborare un codice di condotta per le imprese italiane che operano all'estero, in particolare nei Paesi delle regioni in cui sono presenti conflitti sociali violenti o un grave depauperamento ambientale, che tenga conto dei trattati e degli accordi internazionali in materia di lavoro, diritti umani e protezione dell'ambiente;

          h) selezionare, sulla base degli indicatori di cui alla lettera b), i progetti da ammettere alle agevolazioni di cui all'articolo 7, anche valutando il grado di coinvolgimento delle parti interessate nell'elaborazione e nell'attuazione dei progetti medesimi.

 

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      2. L'Autorità riferisce alle Camere sui risultati dell'attività svolta presentando una relazione annuale, che è sottoposta all'esame delle Commissioni parlamentari competenti.
      3. L'Autorità trasmette alle Camere e al Governo pareri e segnalazioni in ordine alle modifiche legislative e regolamentari necessarie alla promozione della responsabilità sociale delle imprese.
      4. L'Autorità collabora, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità e con le amministrazioni competenti dell'Unione europea e degli Stati esteri, al fine di agevolare le rispettive funzioni.
      5. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a fornire all'Autorità, oltre a notizie e informazioni, la collaborazione necessaria per l'adempimento delle sue funzioni.
      6. L'Autorità approva entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge le norme attinenti alla sua organizzazione interna, le procedure per l'emanazione dei provvedimenti di sua competenza e per la sua partecipazione alle attività del Forum di cui all'articolo 5.

Art. 5.
(Forum consultivo).

      1. Al fine di coadiuvare l'Autorità nell'adempimento dei compiti di cui all'articolo 4 e di assicurare la più ampia partecipazione delle parti interessate alla definizione degli indicatori di cui al citato articolo 4, comma 1, lettera b), alla valutazione e alla verifica dei comportamenti socialmente responsabili e all'individuazione delle misure più adeguate per incentivare tali comportamenti, è istituito, con funzioni consultive dell'Autorità, un Forum di venticinque esperti, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

 

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      2. Il Forum è composto da:

          a) tre rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, previsto dall'articolo 136 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni;

          b) tre rappresentanti delle associazioni di categoria della produzione industriale maggiormente rappresentative sul piano nazionale, di cui uno per le piccole e medie imprese;

          c) due rappresentanti delle associazioni di categoria del settore dell'artigianato maggiormente rappresentative sul piano nazionale;

          d) due rappresentanti delle associazioni di categoria del settore del commercio maggiormente rappresentative sul piano nazionale;

          e) tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale;

          f) due rappresentanti delle organizzazioni non governative e delle associazioni impegnate nella promozione e nella protezione dei diritti umani e due rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni;

          g) due rappresentanti degli organismi rappresentativi delle autonomie locali;

          h) due rappresentanti delle associazioni del settore delle aziende dei servizi pubblici locali;

          i) due rappresentanti della comunità scientifica e del mondo universitario di comprovata competenza ed esperienza in materia di responsabilità sociale delle imprese;

          l) due rappresentanti indicati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

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      3. Le spese per la partecipazione al Forum sono poste a carico dell'Autorità.
      4. Le funzioni di segreteria del Forum sono assicurate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
      5. Il Forum, con regolamento interno approvato dall'Autorità previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, stabilisce le norme procedurali attinenti al suo funzionamento, in particolare relativamente alle modalità per il rilascio dei pareri, prevedendo, con riferimento a tale funzione, la costituzione al proprio interno di gruppi di lavoro e di commissioni ristrette.
      6. Nella valutazione dei progetti da ammettere alle agevolazioni di cui all'articolo 7 e nella valutazione dei comportamenti sociali delle imprese, l'Autorità garantisce la partecipazione del Forum.

Art. 6.
(Informazione e comunicazione).

      1. Per l'attuazione delle iniziative di informazione sulle finalità e sui benefìci previsti dalla presente legge e di comunicazione delle iniziative socialmente responsabili promosse dalle imprese è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.
      2. Le iniziative di informazione e di comunicazione di cui al comma 1 sono definite dall'Autorità, sentito il Forum, mediante un programma di comunicazione, approvato dal Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del lavoro e della previdenza sociale.
      3. Nel programma di cui al comma 2 sono indicati: i soggetti destinatari, le linee fondamentali per la realizzazione delle attività informative, i princìpi, i criteri e gli strumenti necessari per la realizzazione delle iniziative di comunicazione, utilizzando a tale fine prioritariamente la diffusione sui mezzi radiotelevisivi in orari di buon ascolto e con particolare riferimento alle trasmissioni effettuate dalla RAI-Radiotelevisione

 

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italiana Spa, concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, compresi quelli relativi alle spese e ai finanziamenti, le modalità, la durata e gli ambiti territoriali che riguardano le iniziative e le campagne pubblicitarie e l'eventuale istituzione di siti internet.
      4. La Presidenza del Consiglio dei ministri riserva alla comunicazione sulle iniziative delle imprese ammesse alle agevolazioni di cui all'articolo 7 una quota dei messaggi di utilità sociale ovvero di pubblico interesse, che la RAI-Radiotelevisione italiana Spa, concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, può trasmettere a titolo gratuito ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 7 giugno 2000, n. 150.
      5. Il Ministro delle comunicazioni e la RAI-Radiotelevisione italiana Spa, concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, assicurano che, nel contratto di servizio, la parte relativa all'offerta radiofonica e televisiva garantisca ampio spazio all'informazione sulle finalità della presente legge e sulle iniziative delle imprese ammesse alle agevolazioni di cui all'articolo 7.
      6. Le concessionarie radiotelevisive e le società autorizzate possono destinare alle finalità della presente legge i messaggi di utilità sociale di cui all'articolo 3, commi 3 e 4, della legge 7 giugno 2000, n. 150.

Art. 7.
(Delega al Governo per l'adozione di norme recanti incentivi alle imprese socialmente responsabili).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti ai sensi del comma 2, un decreto legislativo recante agevolazioni fiscali per la realizzazione di progetti di responsabilità sociale da parte delle imprese, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) introduzione di un contributo nella forma di credito di imposta per le spese

 

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relative a progetti diretti allo sviluppo di tecnologie produttive pulite, a migliorare le condizioni di salubrità dell'ambiente di lavoro, all'educazione e alla formazione a distanza dei propri dipendenti e delle loro famiglie, all'approntamento di servizi utili alla conciliazione dei tempi della vita familiare con la vita lavorativa, alla realizzazione di asili, mense, biblioteche e palestre aziendali, ad agevolare l'accesso alle sedi dell'azienda a persone disabili, allo sviluppo di prodotti e di processi a basso impatto ambientale, alla tutela ambientale, con particolare riferimento al miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici e alla produzione di energia da fonti rinnovabili, al miglioramento delle condizioni di vita delle comunità comunque interessate alle attività dell'impresa e alla realizzazione di campagne contro l'analfabetismo, per l'assistenza sanitaria, contro la fame, contro la mortalità infantile, contro il lavoro infantile e minorile e per la formazione professionale e l'avvio al lavoro, per la conservazione e il restauro dei beni del patrimonio culturale, nonché per l'adozione di procedure di conciliazione nel contenzioso tra aziende e consumatori o utenti;

          b) previsione, fermi restando i princìpi di cui all'articolo 8 della legge 7 aprile 2003, n. 80, concernenti la graduale riduzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, di una riduzione delle aliquote dell'imposta in favore dei soggetti che, comunque, introducono indicatori di responsabilità sociale e di compatibilità ambientale nei processi produttivi asseverati da sistemi di certificazione dei medesimi, ovvero di etichettatura del prodotto o del servizio, che ne garantiscano la sostenibilità ambientale, con particolare riferimento al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), di cui al regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, e al marchio di qualità ecologica (Ecolabel) di cui al regolamento (CE) n. 1980/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, sulla base di intese con la Conferenza unificata di cui

 

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all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, prevedendo altresì il concorso delle regioni alla definizione, con legge, dei predetti indicatori di compatibilità ambientale e la possibilità per le regioni medesime di variare l'aliquota dell'imposta differenziandola per settori di attività e per categorie di soggetti passivi in base a criteri di compatibilità ambientale;

          c) introduzione, in favore delle piccole e medie imprese, di un credito di imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione, finalizzato a incentivare la certificazione sociale, l'approvazione di bilanci ambientali, sociali e di sostenibilità, la partecipazione al sistema (EMAS), di cui al citato regolamento (CE) n. 761/2001, in ragione della spesa sostenuta dalle imprese per gli adempimenti connessi all'ottenimento delle iscrizioni e delle certificazioni;

          d) previsione, fermi restando i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a), b) e c), e all'articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80, della deducibilità, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta sul reddito delle società, di quota parte delle somme conferite sotto forma di erogazione liberale ad enti o istituzioni pubblici, fondazioni, associazioni e organizzazioni legalmente riconosciute che svolgono attività in campo culturale, sociale e ambientale e di tutela dei consumatori senza scopo di lucro;

          e) previsione della partecipazione delle parti interessate alle fasi di predisposizione e di verifica dell'attuazione dei progetti da ammettere ai benefìci di cui alla lettera a);

          f) previsione della possibilità di ottenere i benefìci di cui al presente articolo anche per progetti da realizzare all'estero, in particolare nelle aree svantaggiate del pianeta;

          g) previsione di una disciplina tributaria di favore per il commercio equo e solidale, diretta ad attenuare il prelievo

 

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fiscale sul reddito derivante dall'importazione e dalla distribuzione di prodotti alimentari, artigianali e agricoli provenienti dai Paesi in via di sviluppo, a condizione che: i prodotti non implichino sfruttamento del lavoro infantile e minorile, in conformità alla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176; il lavoro locale, impiegato per la realizzazione dei prodotti, assicuri una giusta retribuzione e pari opportunità senza distinzioni di sesso, età, condizione sociale, religione o convinzioni politiche; i prodotti oggetto del commercio equo e solidale siano riconoscibili dal consumatore finale mediante un sistema di certificazione ed etichettatura idoneo a identificarne le qualità.

      2. Il Governo, ai fini dell'adozione del decreto legislativo di cui al comma 1, trasmette lo schema del medesimo decreto, corredato dalle osservazioni della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, alle Commissioni parlamentari competenti che esprimono il parere entro venti giorni dalla data di trasmissione.
      3. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, possono essere emanate, con uno o più decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive.

Art. 8.
(Società a prevalente capitale pubblico).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto da emanare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni,

 

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individua le modalità e i tempi per l'adozione di comportamenti socialmente responsabili da parte delle imprese a prevalente capitale pubblico.

Art. 9.
(Modifica all'articolo 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287).

      1. All'articolo 3, comma 1, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
      «d-bis) trarre profitto, anche nelle attività di delocalizzazione della produzione, dallo sfruttamento del lavoro prestato in violazione delle norme fondamentali sul lavoro contenute nei trattati e negli accordi internazionali, in particolare nelle convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro, ratificati dall'Italia».

Art. 10.
(Osservatorio nazionale sul dumping sociale).

      1. Al fine di fornire l'adeguato supporto informativo e di conoscenza del fenomeno di cui alla lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, introdotta dall'articolo 9 della presente legge, è istituito, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, l'Osservatorio nazionale sul dumping sociale, di seguito denominato «Osservatorio». L'Osservatorio svolge, in particolare, le seguenti funzioni:

          a) vigila sul rispetto da parte delle imprese italiane nelle attività di delocalizzazione della produzione, nonché da parte delle imprese estere che operano in Italia, delle norme fondamentali sul lavoro contenute nei trattati, accordi e convenzioni internazionali ratificati dall'Italia;

          b) segnala all'Autorità e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ed eventualmente all'autorità giudiziaria, violazioni e abusi, di cui sia venuto a

 

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conoscenza nell'ambito dell'ordinaria attività di monitoraggio, delle norme di cui alla lettera a);

          c) segnala i prodotti commercializzati in Italia realizzati, anche da imprese estere, in violazione delle norme di cui alla lettera a);

          d) redige annualmente un rapporto sul dumping sociale, pubblicato a cura del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che provvede a inviarlo alle regioni, alle amministrazioni locali, alle associazioni per i diritti umani, per la tutela dei diritti degli utenti e dei consumatori e alle organizzazioni sindacali.

      2. L'Osservatorio è costituito con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro degli affari esteri, ed è composto da dieci membri scelti tra persone esperte in materia, di cui:

          a) due designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale;

          b) uno designato dal Ministro dello sviluppo economico;

          c) uno designato dal Ministro degli affari esteri;

          d) quattro designati dal Forum di cui all'articolo 5;

          e) due designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

      3. I membri dell'Osservatorio durano in carica tre anni. Il trattamento economico spettante ai membri dell'Osservatorio e della segreteria tecnica, costituita presso lo stesso Osservatorio, è determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dello sviluppo economico e degli affari esteri.
      4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e degli

 

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affari esteri, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità organizzative e di funzionamento dell'Osservatorio e della segreteria tecnica.

Art. 11.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, in particolare per il funzionamento dell'Autorità, del Forum di cui all'articolo 5 e dell'Osservatorio, valutato complessivamente in 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per i medesimi anni, dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di conto capitale dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Per gli anni successivi si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
      2. Dal decreto legislativo adottato ai sensi dell'articolo 7 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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