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CAMERA DEI DEPUTATI
| N. 4083 |
Le basi genetiche della variabilità individuale nella risposta ai farmaci.
Una delle più importanti cause che predispongono all'insorgenza di ADR è l'assetto genetico del paziente. Si ritiene che circa il 90 per cento dei geni nell'uomo contenga variazioni di sequenza nucleotidica, denominate polimorfismi, che possono modificare qualitativamente o quantitativamente il prodotto proteico codificato da un determinato gene e che possono causare variabilità di risposta ai farmaci. Ogni singolo polimorfismo, per essere definito tale, deve essere presente in una popolazione almeno nell'1 per cento dei soggetti, con punte che possono raggiungere per un certo polimorfismo, in alcune popolazioni, il 30-40 per cento.
I geni che determinano la risposta ai farmaci possono essere distinti in due grandi classi: quelli che codificano per il bersaglio terapeutico primario, come per esempio recettori ed enzimi, o le proteine coinvolte nell'assorbimento, nella distribuzione, nel metabolismo e nell'escrezione del farmaco. Polimorfismi a carico di geni appartenenti a queste due classi possono pertanto determinare modificazioni nell'azione di un farmaco provocando l'assenza di risposta clinica a un determinato trattamento o la comparsa di reazioni avverse.
Le moderne tecniche di biologia molecolare consentono oggi di identificare agevolmente questi polimorfismi, a costi spesso inferiori rispetto ai comuni esami diagnostici. L'identificazione di un particolare polimorfismo, associato a reazioni avverse, prima che il farmaco venga somministrato, permetterebbe la scelta di strategie terapeutiche alternative che potrebbero prevedere: 1) l'impiego di un farmaco della stessa classe non influenzato nella sua azione dal polimorfismo; 2) la riduzione della dose del farmaco inizialmente prescelto; 3) un più approfondito e prolungato monitoraggio del farmaco e del paziente; 4) l'impiego di un farmaco alternativo.
In questo contesto è nata la farmacogenetica, disciplina che studia come l'azione dei farmaci possa essere influenzata dall'assetto genetico dei pazienti, permettendo una personalizzazione del trattamento su basi razionali.
La farmacogenetica nella pratica clinica: la situazione attuale.
L'Agenzia europea dei medicinali (EMEA) e la FDA hanno recentemente approvato l'utilizzo di indagini farmacogenetiche in relazione all'impiego terapeutico di alcuni farmaci: il warfarin, il più importante anticoagulante orale attualmente in uso, e l'irinotecano, chemioterapico antitumorale largamente impiegato per il trattamento dei tumori del colon-retto. L'indagine non è obbligatoria ma, nella scheda tecnica, è suggerita esplicitamente l'opportunità di eseguirla per prevenire le ADR su base genetica che, nel caso del warfarin, costituiscono il 30 per cento delle ADR totali, ma probabilmente questa percentuale è più alta, potendo raggiungere il 60-70 per cento. In campo oncoematologico e reumatologico viene spesso utilizzato il test della tiopurina metiltransferasi per accertare le cause di reazioni avverse gravi alle tiopurine citotossiche (6-mercaptopurina, 6-tioguanina) e immunosoppressive (azatioprina). Ancora in campo oncologico è
I vantaggi delle indagini farmacogenetiche per la popolazione e per il Servizio sanitario nazionale.
Si ritiene che nel medio-lungo termine l'utilizzo di indagini farmacogenetiche nella pratica clinica quotidiana non soltanto porterà evidenti vantaggi per i pazienti che potranno, per alcuni farmaci, evitare reazioni avverse ed essere curati con farmaci più adatti alla loro costituzione e alla patologia di cui sono portatori, ma avrà anche importanti conseguenze sui costi a carico dei sistemi sanitari.
In uno studio condotto nel 1995 dall'ospedale San Carlo Borromeo di Milano si è evidenziato che circa il 5 per cento di 5.500 pazienti visitati in pronto soccorso presentava una ADR. In un altro studio condotto in ventuno strutture ospedaliere di pronto soccorso distribuite sul territorio nazionale si è rilevato che il 3,3 per cento dei ricoveri era dovuto a una ADR. Considerando l'elevata incidenza delle ADR sui costi sanitari, se semplicemente una parte potesse essere prevenuta da un'indagine farmacogenetica i risparmi effettivi per il Servizio sanitario nazionale (SSN) sarebbero considerevoli. A titolo indicativo, la regione Lombardia ha speso circa 5 milioni di euro nel 2007 di costi di pronto soccorso per la gestione di eventi avversi di tipo iatrogeno, a cui si sommano circa 15 milioni di euro di costi per l'ospedalizzazione dei pazienti che hanno avuto tali eventi. La maggior parte degli eventi avversi è stata causata dal warfarin, un farmaco per il quale sono oggi disponibili due test farmacogenetici. L'applicazione di tali indagini avrebbe quindi permesso un risparmio per la regione Lombardia di oltre 20 milioni di euro.
In Europa, diversi Paesi (Olanda, Inghilterra e Francia solo per citarne alcuni) hanno inserito già da qualche anno le indagini farmacogenetiche all'interno dei servizi diagnostici forniti dalle strutture sanitarie pubbliche. L'implementazione di questi servizi anche nello scenario italiano potrebbe quindi favorire una personalizzazione della terapia farmacologica, in casi selezionati, con enormi vantaggi sia per il paziente che per il SSN.
La farmacogenetica in Italia: un vuoto normativo da colmare.
La farmacogenetica non è ancora entrata in maniera diffusa nella pratica clinica
1) meccanismi fisiopatologici coinvolti nei processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione del farmaco;
2) leggi e modelli matematici che descrivono gli eventi conseguenti all'interazione del farmaco con i bersagli molecolari;
3) interpretazione degli eventi che possono portare alla comparsa di tossicità legata a un trattamento farmacologico;
4) conferma del significato funzionale della variante genetica per mezzo di test di fenotipizzazione (ad esempio attività degli enzimi di metabolismo su campioni biologici).
Tali competenze sono peculiari e identificano unicamente la figura del farmacologo.
Le indagini genetiche sono giustamente normate da regole rigide volte alla tutela del paziente e della sua privacy. L'applicazione di tali regole alle indagini farmacogenetiche non è giustificata in quanto l'indagine farmacogenetica non predice la comparsa di una malattia ma informa il medico prescrivente sulla terapia migliore da somministrare per ogni paziente; tali regole limitano la diffusione dell'indagine farmacogenetica privando il medico di uno strumento terapeutico importante per l'ottimizzazione della terapia in ogni paziente. La diffusione limitata delle indagini farmacogenetiche nella pratica clinica ha ripercussioni importanti in materia di salute pubblica in quanto:
1) l'uso non ottimale del farmaco contribuisce in parte al progressivo aumento della spesa farmaceutica (la mancata applicazione dell'indagine farmacogenetica limita all'empirismo la scelta terapeutica e aumenta i fallimenti terapeutici che richiedono nuove terapie e nuove prescrizioni a carico del SSN);
2) l'uso non ottimale del farmaco è una delle concause responsabili del progressivo aumento delle reazioni avverse di tipo iatrogeno osservate negli ultimi anni (le stime attuali ci dicono, infatti, che il cattivo uso di farmaci è tra le prime cause di morte o di invalidità permanente nel mondo), con ripercussioni sulla salute del paziente e con un aumento dei costi per il SSN (per la cura degli eventi avversi).
È opportuno sottolineare che l'indagine farmacogenetica fornisce informazioni a priori sulla possibilità di usare un determinato farmaco o sulle modalità del suo impiego in sicurezza (per esempio modificazione della dose), con un vantaggio spesso immediato per il paziente e senza nessuna interferenza con altri aspetti e aspettative della vita del paziente. Per tale motivo gli studi clinici farmacogenetici dovrebbero contemplare livelli di anonimizzazione compatibili con la divulgazione controllata delle informazioni per studi successivi che aggiungessero nuove informazioni genetiche o farmacologiche su un determinato farmaco.
La legislazione in vigore nel nostro Paese, equiparando l'indagine farmacogenetica all'indagine genetica, demanda al genetista il compito di attuare e di interpretare l'indagine farmacogenetica, non contemplando alcuna formazione farmacologica specifica, assolutamente indispensabile per il «counselling» del clinico che dovrà alla fine adottare le strategie terapeutiche più idonee.
È inoltre importante sottolineare che le indagini farmacogenetiche sono fondate su tecniche di biologia molecolare che sono alla base delle biotecnologie farmacologiche, le quali hanno prodotto i risultati più esaltanti tra tutte le discipline biotecnologiche considerabili e che sono ampiamente diffuse tra i farmacologi. Pertanto anche l'argomentazione metodologica in favore di un esclusivo coinvolgimento del genetista nell'indagine farmacogenetica è destituita di ogni fondamento.
Obiettivi di una regolamentazione legislativa della farmacogenetica.
Sulla base di quanto brevemente discusso, si può sostenere che un progetto di legge sulla farmacogenetica dovrebbe porsi i seguenti obiettivi fondamentali:
1) definizione di indagine farmacogenetica;
2) identificazione delle figure professionali abilitate all'esecuzione, all'interpretazione e alla refertazione dell'indagine farmacogenetica;
3) definizione delle regole che delimitano i confini di una sperimentazione farmacogenetica nell'uomo, in termini di privacy, di richiesta del consenso informato, di accesso alle informazioni e di riutilizzazione del DNA, in una prospettiva che consideri l'indagine farmacogenetica diversa dall'indagine genetica e che preveda normative specifiche;
4) istituzione di un osservatorio che controlli e favorisca lo sviluppo della farmacogenetica nel nostro Paese, soprattutto in termini di utilizzazione nelle strutture cliniche.
È specificamente a queste esigenze che cerca di fornire una risposta la proposta di legge in esame, della quale conseguentemente si auspica un tempestivo esame e una rapida approvazione da parte della Camera dei deputati.
1. Per indagine farmacogenetica si intende un'analisi, condotta con metodi di sequenziamento diretto o indiretto del DNA, volta all'identificazione di polimorfismi per i quali è noto o è sospettato un ruolo nel modificare la sensibilità di un individuo a un farmaco, o ad un'associazione di farmaci, in termini di biodisponibilità, attività, resistenza e tossicità. Sono esclusi da tale definizione gli accertamenti e le indagini volti a stabilire una diagnosi o una predisposizione di malattia su base genetica.
1. Sono abilitati a eseguire, interpretare e refertare l'indagine farmacogenetica i laureati in medicina e chirurgia, in chimica e tecnologia farmaceutica e in farmacia e i laureati magistrali in scienze biologiche o in scienze biotecnologiche, in possesso delle specializzazioni in farmacologia e in tossicologia.
2. Le regioni, nel rispetto dei criteri definiti dal Ministro della salute con proprio decreto, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, istituiscono elenchi regionali di soggetti abilitati all'esecuzione, all'interpretazione e alla refertazione delle indagini farmacogenetiche.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei criteri e delle procedure di cui all'articolo 3, le regioni individuano, sul territorio
1. Le linee guida per l'autorizzazione dei centri di cui all'articolo 2, comma 3, sono adottate, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Sulla base delle linee guida adottate ai sensi del comma 1, le regioni disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione. In caso di prolungata inadempienza delle regioni, protratta oltre il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al citato comma 1, i centri che intendono acquisire l'autorizzazione possono presentare la domanda direttamente al Ministero della salute, che provvede al rilascio dell'autorizzazione sulla base delle predette linee guida.
1. L'indagine farmacogenetica rientra nella categoria degli accertamenti e nelle indagini ematologiche ed ematochimiche di routine e non richiede una preventiva indagine genetica. L'informazione farmacogenetica a scopi esclusivamente diagnostici è codificata in termini di sensibilità di risposta a un dato farmaco o ad un'associazione di farmaci; essa è conservata nel fascicolo unico del paziente, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. In nessun caso è riportato il dato genetico
1. Le indagini farmacogenetiche condotte all'interno di studi scientifici rivolti all'ottimizzazione delle terapie sono sottoposte obbligatoriamente al conseguimento preventivo del consenso informato. Nel consenso sono esplicitate le indagini farmacogenetiche alle quali il paziente è sottoposto e le modalità di utilizzazione del campione. Il campione, previo conseguimento di un secondo consenso informato, può essere impiegato in successivi studi clinici per scopi esclusivamente scientifici e di prevenzione e tutela della salute pubblica.
2. I dati farmacogenetici e il materiale biologico ad essi relativo che derivano da studi clinico-tossicologici possono essere conservati nei centri di riferimento unico, istituiti ai sensi del comma 3, per gli scopi scientifici e di prevenzione e tutela della salute pubblica di cui al comma 1.
3. Le regioni individuano, sul proprio territorio, un centro di riferimento unico, operante all'interno del servizio sanitario regionale, in cui è presente un'unità operativa di farmacologia clinica. Il centro di riferimento unico, al quale è affidata la conservazione di dati sensibili, ha natura giuridica pubblica e opera quale ente strumentale della regione. I risultati delle indagini farmacogenetiche nonché il materiale biologico a esse relativo sono conservati nel centro di riferimento unico che, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di
1. Il Ministro della salute promuove la costituzione, presso l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), di un tavolo di lavoro per la farmacogenetica che provvede, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio:
a) a promuovere campagne di sensibilizzazione per garantire una corretta informazione sul significato e sul ruolo clinico della farmacogenetica;
b) a predisporre appositi programmi di ricerca multidisciplinari;
c) a monitorare l'attività dei centri autorizzati all'attività diagnostico-assistenziale di farmacogenetica.
2. Il tavolo di lavoro è composto da due membri nominati dall'AIFA, da due membri nominati dalla Società italiana di farmacologia e da quattro membri nominati dal Ministro della salute.
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 2 e 6, pari a 2.200.000 euro annui a decorrere dall'anno 2011, di cui 2.100.000 euro come contributo all'attività dei centri e 100.000 euro per la costituzione del tavolo di lavoro, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2011-2013, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2011, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Ulteriori eventuali oneri per il funzionamento dei centri previsti dalla presente legge sono posti a carico dei bilanci delle regioni.
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