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PDL 4593

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4593



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

ZACCARIA, BINDI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle associazioni cosiddette «P3» e «P4»

Presentata il 4 agosto 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — L'articolo 18 della Costituzione dispone che i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Dispone inoltre che sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
 

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      Per quanto concerne il divieto di associazioni segrete, la disposizione costituzionale è stata attuata nel nostro ordinamento giuridico con la legge 25 gennaio 1982, n. 17 (cosiddetta «legge Anselmi»), la quale, all'articolo 1, ha specificato la nozione di associazione segreta, definendo tali le associazioni «che, anche all'interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto od in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale».
      La presente proposta di legge riprende e integra l'atto Camera n. 3661 riguardante l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'associazione cosiddetta P3. Tale proposta di legge, a prima firma degli onorevoli Rosy Bindi e Roberto Zaccaria, necessita di essere integrata alla luce dei più recenti sviluppi di cronaca politica e giudiziaria relativi a quel sistema di connivenza tra attori politico-istituzionali e il mondo degli affari, giornalisticamente definito «P4». Al fine di poter meglio comprendere le ragioni che inducono a integrare la proposta di legge atto Camera n. 3661 attraverso l'estensione dell'ambito di interesse anche al fenomeno dell'associazione cosiddetta «P4», è quindi opportuno ripercorrere le principali tappe di entrambe le vicende giudiziarie.
      L'8 luglio 2010 il Paese ha appreso da fonti di stampa che, nell'ambito di un'indagine giudiziaria condotta dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma sugli appalti per la realizzazione di impianti per la produzione dell'energia eolica in Sardegna, si è proceduto all'iscrizione nel registro degli indagati di tre soggetti per il reato di associazione segreta. L'associazione in questione è stata presto denominata dagli organi di stampa come «nuova P2» o «P3», dato che sono apparse immediatamente chiare la portata delle attività da quest'ultima poste in essere nonché la gravità della loro natura.
      Nell'ordinanza di applicazione della custodia cautelare, disposta nei confronti dei tre indagati il 6 luglio 2010 dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, emerge «l'esistenza di un piano concordato tra i soggetti indagati» con il proposito di «ottenere risorse finanziarie, simulando la concessione di un prestito e di costituire, avvalendosi anche di prestanomi, una società destinata a lavorare in Sardegna» per la realizzazione di alcuni impianti di energia eolica.
      Ciò che emergerebbe dalle indagini è dunque l'esistenza di un «gruppo di potere occulto, volto a interferire nel funzionamento di organi costituzionali e della pubblica amministrazione» grazie a «una rete di rapporti diffusi negli ambienti della politica, della magistratura, della pubblica amministrazione e dell'imprenditoria, in un complesso intreccio di interessi condivisi, minacce, benefìci procurati o promessi (che va ben oltre un'attività, per quanto sistematica, di semplici “raccomandazioni” penalmente neutre), il quale genera un potere di fatto, che consente ai membri del gruppo di proporsi – perfino a personalità di alto livello – quali efficaci elementi di pressione e di intervento presso i più diversi organi dello Stato».
      Secondo l'ordinanza, gli episodi più significativi dell'attività dell'associazione segreta denominata «P3» avrebbero riguardato differenti e numerosi ambiti.
      In primo luogo vi sarebbe il giudizio di legittimità costituzionale sulla legge n. 124 del 2008 in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato. Stando all'ordinanza, gli indagati avrebbero «concordato e tentato l'avvicinamento di giudici della Corte costituzionale, allo scopo di influire sull'esito del giudizio» relativo alla legge n. 124 del 2008.
      Inoltre, l'associazione sarebbe intervenuta in merito alla candidatura alla presidenza della regione Campania in occasione delle elezioni dell'aprile 2010, sostenendo il nome dell'onorevole Nicola Cosentino e puntando a screditare quello che diverrà poi il presidente della regione Stefano Caldoro.
      Un ulteriore ambito nel quale i tre indagati sarebbero intervenuti, come si è accennato, è il progetto di sviluppo di impianti di produzione di energia eolica in Sardegna.
      Vi è poi l'attività di interferenza nei confronti dei componenti del Consiglio superiore della magistratura, «diretta a pilotare, tramite pressioni esercitate su componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, la nomina, ad alcune cariche elettive, di magistrati graditi al sodalizio», nonché il tentativo di «influire sull'esito del ricorso presentato nell'interesse della lista “Per la Lombardia” del Presidente Roberto Formigoni, contro il provvedimento di esclusione dalla competizione elettorale per la Regione Lombardia».
      Infine, gli indagati hanno esercitato «ripetute pressioni su rappresentanti del Ministero della giustizia, allo scopo di suscitare un'ispezione straordinaria nei confronti dei magistrati milanesi» della corte di appello che avevano respinto il ricorso sopra ricordato.
      Nei giorni successivi l'inchiesta si è allargata coinvolgendo nomi di primissimo piano della politica nazionale, tanto da indurre il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura a parlare, con riferimento all'attività dell'associazione segreta, di «cono d'ombra» sulla sostanza dell'attività svolta dal Consiglio stesso.
      A questa vicenda giudiziaria, che pure ha coinvolto direttamente il Parlamento per via di una richiesta di arresto, nel giugno del 2011 è andata ad aggiungersi una seconda e altrettanto rilevante inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Napoli e subito denominata «inchiesta P4». Il 13 giugno, infatti, il giudice per le indagini preliminari del tribunale del capoluogo campano ha emesso un'ordinanza per la custodia cautelare in carcere per una serie di persone tra cui l'ex magistrato e deputato Alfonso Papa e per Luigi Bisignani, «dirigente d'azienda, mediatore e procacciatore di affari». Questo primo filone dell'inchiesta riguarda anche alcuni soggetti appartenenti alle Forze di polizia. L'accusa per tutti è quella di far parte di «un'associazione per delinquere, organizzata e mantenuta in vita allo scopo di commettere un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione della giustizia».
      All'ipotesi di reato di cui all'articolo 416 del codice penale (associazione a delinquere) si aggiunge anche la violazione della legge Anselmi, come si evince dall'ordinanza del giudice per le indagini preliminari, ove si afferma che: «Con tali condotte promuovevano e partecipavano ad una struttura associativa vietata dall'articolo 18 della Costituzione, in seno alla quale venivano svolte attività dirette ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche – e in particolare dell'amministrazione della giustizia – anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale».
      Le condotte, continuate e coordinate, a cui fa riferimento l'ordinanza vanno, a titolo di esempio, dal favoreggiamento, alla rivelazione del segreto d'ufficio, alla concussione. Gli indagati avrebbero acquisito illegalmente e poi rivelato sia a soggetti istituzionali che a imprenditori una serie di informazioni e di dati sensibili inerenti a procedimenti penali in corso. L'acquisizione di tali informazioni sarebbe avvenuta sia in ambienti giudiziari e investigativi sia collegandosi a uffici dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato. Gli indagati avrebbero poi percepito «danari, favori ed utilità, in particolare da imprenditori coinvolti delle indagini» e in cambio fornivano a quest'ultimi informazioni riservate su indagini che riguardavano i medesimi imprenditori al fine di favorirli nell'elusione delle indagini in corso. Il medesimo meccanismo era impiegato per favorire anche altri «“amici” inquisiti» al fine di permettere loro di eludere le indagini o, in alcuni casi, di impedire l'avviarsi delle indagini stesse. Infine, venivano rivelate «notizie ed informazioni inerenti a “dati sensibili” e strettamente personali, riguardanti esponenti delle istituzioni e altre cariche dello Stato per “infangare” ovvero per poter poi ricattare e esercitare indebite pressioni sui medesimi esponenti delle istituzioni».
      A questo primo filone di inchiesta è andata ad aggiungersi, qualche settimana più tardi, anche un'altra indagine svolta dalla procura della Repubblica di Roma che, sempre nell'ambito degli accertamenti sulla cosiddetta «P4», si occupa dell'assegnazione di appalti per la ristrutturazione di immobili nel centro di Roma. Anche in questo caso il giudice per le indagini preliminari ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per un altro deputato, già membro della segreteria del Ministro dell'economia e delle finanze, Marco Milanese.
      Di fronte a un quadro siffatto e a eventi così rilevanti e in continua evoluzione per la credibilità delle istituzioni politiche italiane è di fondamentale importanza che il Parlamento si assuma la responsabilità di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sull'effettiva dimensione delle attività svolte dalle associazioni che la cronaca giudiziaria ha definito «P3» e «P4». Pur configurandosi come due fenomeni distinti e separati, relativi a soggetti differenti e a ipotesi di reato in parte diverse, entrambi i casi hanno in comune un fattore di grande rilevanza. Essi configurano una zona grigia di contatto tra le istituzioni e il mondo imprenditoriale e finanziario, finendo con il gettare discredito sull'intero sistema politico-istituzionale e minandone drammaticamente la credibilità nell'opinione pubblica.
      Appare indispensabile che le Camere siano chiamate a indagare sulla natura e sulla portata dell'attività di tali associazioni nonché sull'influenza che esse hanno esercitato o comunque hanno tentato di esercitare sull'attività di organi costituzionali o di rilevanza costituzionale. Occorre infatti un'inchiesta che proceda parallelamente a quella svolta dall'autorità giudiziaria, indipendentemente dalla rilevanza penale dei fatti verificatisi, al fine di comprendere la portata di questi ultimi sotto i profili non strettamente penali e giudiziari del fenomeno.
      Pertanto la presente proposta di legge intende istituire una Commissione parlamentare di inchiesta per accertare l'origine, la natura, l'organizzazione, la consistenza e le finalità delle associazioni cosiddette «P3» e «P4» (articolo 1).
      La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati. Il presidente della Commissione è nominato tra i componenti della stessa dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati d'intesa tra loro (articolo 2).
      La Commissione conclude i propri lavori entro un anno dalla data della sua costituzione; il termine può essere prorogato per una sola volta, per non più di un anno, dai Presidenti delle Camere, su motivata richiesta della Commissione stessa. La Commissione, entro sessanta giorni dalla conclusione dei propri lavori, presenta alle Camere una relazione sulle risultanze delle indagini (articolo 7).
      La proposta di legge disciplina i poteri della Commissione con riguardo alle audizioni a testimonianza (articolo 3) e alla richiesta di atti e di documenti (articolo 4); determina le collaborazioni di cui la Commissione può avvalersi (articolo 5); disciplina il regime della pubblicità dei lavori e del segreto (articolo 6) nonché l'organizzazione interna della Commissione medesima (articolo 8).
      L'onorevole Tina Anselmi, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2, nei suoi diari riservati – pubblicati non molto tempo fa – con tono quasi profetico aveva scritto: «Le P2 non nascono a caso, ma occupano spazi lasciati vuoti, per insensibilità, e li occupano per creare la P3, la P4...». Che si voglia stabilire o meno una connessione, politica, storica, concettuale o semplicemente giornalistica tra la P2 e i più recenti fenomeni, la verità delle parole dell'onorevole Anselmi sta proprio nel fatto che è la politica a non dover lasciare alcun varco al malaffare. In una democrazia matura il Parlamento, custode della funzione ispettiva e di controllo, ha il dovere di far luce sui risvolti politico-istituzionali di queste vicende. Oggi come allora.
      Per questi motivi si auspica un sollecito esame della presente proposta di legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione della Commissione).

      1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle associazioni cosiddette «P3» e «P4», di seguito denominata «Commissione», con il compito di accertare l'origine, la natura, l'organizzazione, la consistenza e le finalità di tali associazioni.
      2. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Art. 2.
(Composizione della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo. I componenti sono nominati anche tenendo conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione. I componenti della Commissione dichiarano alla Presidenza della Camera di appartenenza se nei loro confronti sussiste alcuna delle condizioni indicate nella proposta di autoregolamentazione avanzata, con la relazione approvata nella seduta del 3 aprile 2007, dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, istituita dalla legge 27 ottobre 2006, n. 277.
      2. Il presidente della Commissione è nominato tra i componenti della stessa dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati

 

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d'intesa tra loro. La Commissione si riunisce per la sua prima seduta entro venti giorni dalla nomina del presidente, per l'elezione di due vicepresidenti e di due segretari che, insieme con il presidente, compongono l'ufficio di presidenza.

Art. 3.
(Audizioni a testimonianza).

      1. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni previste dagli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
      2. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124. In nessun caso, per i fatti rientranti nei compiti della Commissione, può essere opposto il segreto di ufficio o quello bancario.
      3. Non possono essere oggetto di segreto fatti eversivi dell'ordine costituzionale di cui si è venuti a conoscenza per ragioni della propria professione, salvo per quanto riguarda il rapporto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.

Art. 4.
(Richiesta di atti e di documenti).

      1. La Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.
      2. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 siano coperti da segreto.
      3. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione, copie di atti e

 

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di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente ai compiti della Commissione stessa.
      4. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione delle copie di atti e documenti richiesti con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. Il decreto non può essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari.
      5. Quando gli atti o i documenti sono stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non può essere opposto alla Commissione.
      6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso.

Art. 5.
(Collaborazioni).

      1. La Commissione si avvale dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e può avvalersi di tutte le collaborazioni, che ritiene necessarie, di soggetti interni ed esterni all'amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti.

Art. 6.
(Segreto).

      1. La Commissione delibera di volta in volta quali sedute o parti di esse possono essere rese pubbliche e se e quali documenti acquisiti possono essere pubblicati nel corso dei lavori, a cura della Commissione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 4.

 

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      2. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, i componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, commi 2 e 6.
      3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
      4. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le pene previste ai sensi del comma 3 si applicano a chiunque diffonde in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione.

Art. 7.
(Durata della Commissione).

      1. La Commissione conclude i propri lavori entro un anno dalla data della sua costituzione. Il termine può essere prorogato per una sola volta, per non più di un anno, dai Presidenti delle Camere, su motivata richiesta della Commissione stessa.
      2. La Commissione, entro sessanta giorni dalla conclusione dei propri lavori, presenta alle Camere una relazione sulle risultanze delle indagini.

Art. 8.
(Organizzazione interna della Commissione).

      1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei propri lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.
      2. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più

 

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comitati, costituiti secondo il regolamento di cui al comma 1.
      3. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
      4. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 100.000 euro per il primo anno e di 70.000 euro per l'eventuale anno di proroga di cui all'articolo 7, comma 1, e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.
      5. La Commissione cura l'informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso della propria attività.
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