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PDL 4542

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4542



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

TOUADI, MELIS, AGOSTINI, ALBINI, AMICI, BACHELET, BELLANOVA, BELTRANDI, BENAMATI, BERNARDINI, BERRETTA, BINETTI, BOCCUZZI, BOSSA, BRAGA, BRANDOLINI, BRESSA, BUCCHINO, BURTONE, CALGARO, CALVISI, CAPANO, CARELLA, MARCO CARRA, CASTAGNETTI, CAUSI, CENNI, CIRIELLO, CODURELLI, COLOMBO, CONCIA, CORSINI, COSCIA, CUPERLO, DAMIANO, D'ANTONA, DE BIASI, DE PASQUALE, DE TORRE, DI GIUSEPPE, DI STANISLAO, D'INCECCO, DUILIO, ESPOSITO, FADDA, FARINA COSCIONI, GIANNI FARINA, FAVIA, FEDI, FERRANTI, FIANO, FONTANELLI, FRONER, GARAVINI, GHIZZONI, GIACOMELLI, GINEFRA, GINOBLE, GIOVANELLI, GIULIETTI, GNECCHI, GOZI, GRANATA, GRASSI, LAGANÀ FORTUGNO, LARATTA, LENZI, LO MORO, LOSACCO, LUCÀ, MADIA, MARCHI, MARGIOTTA, MARIANI, PIERDOMENICO MARTINO, MATTESINI, MAZZARELLA, MECACCI, MELANDRI, MESSINA, MIGLIOLI, MIOTTO, MOGHERINI REBESANI, MOSELLA, MURER, NARDUCCI, OLIVERIO, LEOLUCA ORLANDO, PALAGIANO, PELUFFO, PEZZOTTA, PICIERNO, PIFFARI, PISTELLI, PORTA, RAMPI, REALACCI, RIA, ROSSA, ROTA, RUGGHIA, SAMPERI, SANI, SARUBBI, SCHIRRU, SERVODIO, SIRAGUSA, STRIZZOLO, TIDEI, TULLO, LIVIA TURCO, MAURIZIO TURCO, VACCARO, VANNUCCI, VELO, VELTRONI, VERINI, VILLECCO CALIPARI, VIOLA, ZACCARIA, ZAMPA, ZAMPARUTTI, ZAZZERA, ZUCCHI

Abrogazione dell'articolo 10-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, riguardante il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato

Presentata il 25 luglio 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — Il fenomeno dell'immigrazione rappresenta forse, dal punto di vista economico e sociologico, l'evento caratteristico dei nostri tempi e soprattutto il fatto storico cruciale degli anni che verranno. In Italia, Paese demograficamente «debole», con forte prevalenza delle fasce d'età più anziane, con una natalità prossima allo zero, con interi settori produttivi alla ricerca disperata di
 

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manodopera, l'immigrazione può ben dirsi senza alcuna retorica la vera sfida del futuro, il terreno specifico sul quale si misurerà la nostra capacità di confrontarci con le complesse dinamiche della contemporaneità.
      Non è difficile prevedere (e del resto gli studi più autorevoli già lo fanno ampiamente fin da oggi) gli inevitabili spostamenti migratori dei popoli, flussi ingenti che investiranno specialmente l'area del Mediterraneo, e con ciò l'irrompere dell'immigrazione, ancora più di quanto già non avvenga oggi, nel nostro tessuto produttivo e socio-culturale di domani, dentro i processi dei mutamenti urbani e all'interno dei meccanismi formativi delle nuove generazioni. In breve: sarà su questo delicato terreno dell'immigrazione, nel quale gli interessi economici si intrecciano strettamente con le relazioni dell'Unione europea, che l'Italia dovrà dimostrare la sua propensione a vivere dentro la globalizzazione, con mappe concettuali e con strategie operative nuove, che siano all'altezza della complessità contemporanea.
      Deriva da tutto ciò un invito alla responsabilità, nel senso letterale di misurare il peso (rei pondus) della presenza e dell'agire dei nuovi cittadini che già abitano in Italia o che vi abiteranno, allo scopo di costruire insieme con loro un futuro comune.
      Rispetto all'orizzonte appena delineato, l'attuale politica sull'immigrazione, specificamente quella messa in opera dal Governo Berlusconi dal 2008 ad oggi, appare profondamente inadeguata e nei suoi tratti essenziali anche totalmente sbagliata. Il tema dell'immigrazione, infatti, è considerato essenzialmente, in particolare dal centrodestra, come un tema elettoralistico e propagandistico, senza che intervenga alcun approccio o soluzione moderna pur minimamente all'altezza delle sfide della globalizzazione.
      E ciò accade mentre diventa urgente, ancor più nella durezza di una crisi economica internazionale che promette di riscrivere i rapporti di forza tra le economie del mondo intero, affrontare il tema in chiave di programmazione, mettendo finalmente mano a una legislazione che esca dall'emergenza e dall'evocazione della paura del diverso per inscrivere gli atti del Governo nel solco di una gestione razionale, nel rispetto dei diritti costituzionali delle persone e nella capacità di offrire soluzioni percorribili nel bene della convivenza civile.
      L'immigrazione può e deve essere governata avendo presenti, da un lato, il presente e il futuro della società italiana e, dall'altro, i diritti inalienabili della persona sanciti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali.
      Con la legge 15 luglio 2009, n. 94, recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», entrata in vigore l'8 agosto 2009, il legislatore di centrodestra ha invece introdotto nel nostro ordinamento il «reato di clandestinità» (articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 186), che comporta, a carico dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio, qualora siano richiesti di un qualsiasi atto, l'obbligo di denunciare la persona definita come «clandestina», ovvero il migrante colpevole di non possedere o di avere perduto (suo malgrado e anche temporaneamente) il proprio permesso di soggiorno.
      Com’è stato autorevolmente argomentato, il reato di clandestinità è palesemente incostituzionale, perché di fatto punisce la persona in conseguenza non di un suo comportamento contrario alle norme, cioè non in ragione di quello che fa, ma per il semplice fatto di trovarsi in una condizione personale di difetto di permesso di soggiorno, cioè per quello che egli è, e ciò in aperta e totale violazione dell'articolo 3 della Costituzione.
      Si aggiunga che immediatamente dopo l'approvazione di questa pessima norma è giunta dall'Unione europea una richiesta puntuale di chiarimento, poiché tale norma palesemente confligge in molti punti non di poco conto con la direttiva 2008/CE/115 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, sui rimpatri di stranieri
 

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extracomunitari in caso di soggiorno irregolare. Il «trattenimento» nei centri di identificazione ed espulsione (CIE), inoltre, nella legge italiana è disposto in tutti i casi in cui non si può eseguire l'espulsione immediata mentre, secondo la direttiva, il trattenimento non dovrebbe essere automatico. Ma soprattutto la legge italiana è in contrasto con il diritto dell'Unione europea perché contempla il ricorso alla pena detentiva (fino a cinque anni) per punire la mancata partenza volontaria nonostante la notifica di un ordine di allontanamento. In seguito, proprio questa «difformità» in materia di carcerazione ha provocato, com’è noto, una sentenza di condanna dell'Italia da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea.
      In merito alla grave inadempienza rispetto alla legalità repubblicana vale quanto scritto dal professor Roberto Zaccaria, componente del Partito democratico (PD) della Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati: «La direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008 è la cosiddetta “direttiva rimpatri”. Adottata attraverso la procedura di codecisione da Parlamento e Consiglio, essa mira a stabilire delle regole comuni che disciplinino la fattispecie del rimpatrio dei cittadini non comunitari. La direttiva 2008/115/CE definisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri relativamente alle procedure di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno risulti irregolare. Tali procedure devono essere eseguite nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto considerati princìpi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale e sempre nel rispetto degli obblighi previsti in materia di rifugiati e di diritti dell'uomo.
      Come chiarisce la stessa direttiva, il rimpatrio è cosa diversa dal respingimento; quest'ultimo infatti avviene alle frontiere, al momento dell'accesso illegale dello straniero non comunitario nel territorio Schengen. Il termine per l'adeguamento degli Stati membri alla direttiva è scaduto il 24 dicembre 2010, e l'Italia, nonostante i proclami del Ministro Maroni del dicembre 2008, ancora non ha provveduto al recepimento della direttiva. Un emendamento PD in Commissione XIV al Senato aveva introdotto la direttiva nell'allegato B del disegno di legge comunitaria 2010, ovvero l'allegato contenente le direttive a cui la comunitaria dà attuazione e in merito a cui il tempo per l'espressione del parere parlamentare è di quaranta giorni. In Aula, nella seduta del 1o febbraio 2011, un emendamento del senatore Mazzatorta della Lega Nord (emendamento n. 1.100 all'atto Senato n. 2322) ha nuovamente escluso la direttiva dalla Comunitaria. Il Sottosegretario all'interno Scotti ha dichiarato l'impegno del Governo a dare pronta attuazione alla direttiva in un differente provvedimento. Alla Camera ho ritenuto di riproporre il medesimo emendamento alla legge comunitaria per sollecitare l'attuazione della direttiva. In merito a questo vorrei sottolineare un ultimo rilevante aspetto. A fronte delle inadempienze del Governo e del sopravvenuto termine di recepimento della direttiva, i giudici, alla luce dello status di primazia del diritto comunitario su quello interno, stanno applicando la direttiva e disapplicando le norme di diritto interno con essa contrastanti. Contrariamente alle norme nazionali, infatti, quelle della direttiva prevedono che il ricorso all'espulsione dello straniero irregolare avvenga con una certa gradualità e che il trattenimento avvenga solo come ultima soluzione. A tal proposito la Corte di cassazione, lo scorso 18 marzo, ha operato un ricorso pregiudiziale, chiedendo alla Corte di giustizia europea di pronunciarsi sulle discrepanze tra le norme della “direttiva rimpatri” e le norme nazionali».
      A questa grave illegalità vanno aggiunte la situazione concreta e le condizioni di detenzione nei CIE. Condizioni che violano oggettivamente il divieto costituzionale di sottoporre le persone a trattamenti disumani e degradanti. Inoltre, nei CIE sono costantemente violate le disposizioni costituzionali di cui agli articoli 10 sulla condizione giuridica dello straniero, 13 sulla libertà personale e, soprattutto, di cui all'articolo 3 sull'eguaglianza dei cittadini
 

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davanti alla legge. I CIE sono diventati luoghi di non diritto dove le persone detenute non godono di nessuna tutela né garanzia rispetto all'assistenza legale, ai rapporti con il mondo esterno e alla salvaguardia della loro integrità fisica e psichica. Luoghi dove i diritti delle persone sono sospesi con l'aggravante del divieto d'ingresso per la stampa (grazie alla circolare n. 1305 del 1o aprile 2011, del Ministero dell'interno, in violazione flagrante dell'articolo 21 della Carta fondamentale).
      Sono tutte disposizioni che pongono il Governo italiano in una situazione di illegalità e di inadeguatezza funzionale rispetto alla normativa europea. Inoltre, tutte le disposizioni costituzionali sui diritti inalienabili delle persone nonché le convenzioni internazionali a tutela dello straniero sono disattese dalla pessima norma italiana sul reato di immigrazione clandestina.
      Ecco dunque la premessa logica e, in certo senso, anche la ratio della presente proposta di legge, la quale, disponendo l'abrogazione della norma «simbolo» sconfessata dall'Unione europea, getta con ciò stesso le basi per una nuova visione della politica nazionale sull'immigrazione.
      La legge Bossi-Fini (legge n. 189 del 2002), del resto, rinnegata perfino da uno dei due firmatari che le hanno dato il nome, è oggi di fatto ridotta a brandelli, sia per gli interventi correttivi dell'Unione europea sia per quelli della Corte costituzionale. La stagione che si va aprendo sul terreno dei flussi migratori rende peraltro necessari un cambiamento radicale delle politiche fino ad oggi portate avanti dal Governo di centrodestra, nonché un recepimento finalmente «organico» e non più contraddittorio delle norme in materia provenienti dall'Unione europea.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è abrogato.


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