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PDL 4956

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4956



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CASINI, GALLETTI, CESA, BUTTIGLIONE, ADORNATO, BINETTI, BONCIANI, BOSI, CALGARO, CAPITANIO SANTOLINI, CARLUCCI, ENZO CARRA, CERA, CICCANTI, COMPAGNON, DE POLI, DELFINO, DIONISI, D'IPPOLITO VITALE, ANNA TERESA FORMISANO, LIBÈ, LUSETTI, MANTINI, MARCAZZAN, MEREU, RICARDO ANTONIO MERLO, MONDELLO, NARO, OCCHIUTO, PEZZOTTA, POLI, RAO, RIA, RUGGERI, TASSONE, NUNZIO FRANCESCO TESTA, VOLONTÈ, ZINZI

Disciplina dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, e disposizioni per la democrazia interna e la trasparenza della gestione finanziaria dei medesimi

Presentata il 14 febbraio 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — Il tema riguardante la disciplina giuridica dei partiti politici è antico ma sempre attuale. Esso affonda le sue radici nel dibattito all'Assemblea costituente, perché fu in quella sede che si prospettò l'ipotesi – respinta prima ancora di essere seriamente discussa – di aggiungere, nell'articolo della Costituzione riguardante i partiti politici, un comma in cui venisse esplicitamente affermato l'obbligo di previsione della regolamentazione giuridica dei partiti e della pubblicità delle fonti di finanziamento degli stessi. Se fosse stata approvata, si sarebbe così introdotta una norma ritenuta «consona a tutto lo spirito della Costituzione», come ebbe a dichiarare l'onorevole Costantino Mortati. Il risultato finale fu invece quello di un articolo, l'articolo 49, fin troppo essenziale nella sua formulazione costituzionale, perché si limita a dichiarare che: «Tutti i cittadini
 

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hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». E non è certo casuale la stessa collocazione dell'articolo 49 nella parte relativa ai diritti dei cittadini piuttosto che in quella relativa all'organizzazione costituzionale dello Stato, in cui i partiti, pur riconosciuti, non sono inclusi. Il loro operare, allora, dipende non da norme scritte ma esclusivamente dalla cosiddetta «Costituzione materiale» e incide in maniera rilevante sulla dinamica della forma di Governo.
      Certo, la scelta che volle compiere il Costituente, approvando un articolo dedicato ai partiti assai poco analitico e privo di strumentari giuridici, aveva la sua ragione d'essere nel momento storico in cui essa fu compiuta, che era condizionato dalla necessità che i partiti avessero un ampio spazio d'azione nel sistema politico. La nuova democrazia italiana doveva nascere e consolidarsi attraverso quegli strumenti di raccordo tra i cittadini e le istituzioni, tra il corpo elettorale e le assemblee rappresentative, che sono i partiti politici; questo, anche al fine di rendere concreta un'altrimenti indistinta volontà popolare. La funzionalità democratica e la stessa democraticità di un sistema politico sono garantite dall'esistenza di un pluralismo di partiti e dalla loro competizione.
      Con il riconoscimento costituzionale dei partiti si avviava così in Italia il superamento delle basi individualistiche della rappresentanza, sulle quali poggiava il regime parlamentare ottocentesco, per sostituirvi una nuova democrazia organizzata attraverso i partiti. Una democrazia senza partiti è un non senso, è come un liberalismo senza libertà. Non si volle però determinare un obbligo giuridico, per il tramite del quale si potesse venire a fondare anche una democrazia nei partiti; ovvero, non vi fu una previsione costituzionale, né legislativa, con cui imporre una disciplina interna dei partiti fondata su regole democratiche stabilite da statuti. E la stessa nozione costituzionale del «concorso con metodo democratico», di cui all'articolo 49, piuttosto che riferita anche all'attività interna dei partiti, venne a essere prevalentemente intesa come attività di pluralismo politico esterno, cioè come competizione fra partiti al gioco elettorale nel rispetto dell'eguaglianza delle opportunità.
      In tal modo, però, non si tenne nel giusto conto il fatto che il soggetto della proposizione dell'articolo 49 è «Tutti i cittadini» e, pertanto, riferire il «metodo democratico» al solo concorso fra partiti porterebbe a ritenere che proprio i cittadini siano estraniati dal concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
      Successivamente, negli anni settanta, vi furono i primi interventi legislativi volti a garantire il finanziamento pubblico in favore dei partiti, senza però che vi fosse l'attribuzione di un riconoscimento giuridico per quei soggetti che si finanziavano. Il criterio che stava a fondamento delle scelte legislative sulla contribuzione economica statale era perciò quello di finanziare i partiti senza riconoscerli, anziché di riconoscerli per finanziarli.
      Nell'ultimo decennio si assiste invece a una radicale ricomposizione del quadro partitico italiano, a seguito sia delle vicende giudiziarie di «Tangentopoli», sia della modificazione del sistema elettorale in senso semi-maggioritario, sia delle reiterate forme di disaffezione politica della cittadinanza manifestatesi con il crescente astensionismo elettorale, da un lato, e con le numerose richieste di referendum in funzione antipartitocratica, dall'altro.
      Inoltre, in questi ultimi anni si è assistito all'emergere di un fenomeno politico-istituzionale assai anomalo, che è stato efficacemente definito della «partitocrazia senza partiti»: cioè la presenza di un sistema di apparati partitocratici, non più di tipo organizzativo e ideologico come lo erano i partiti precedenti, ma piuttosto come macchine personali al servizio di questo o quel leader politico. Partiti personali che sono dominati, in funzione determinante e coagulante, dal capo in cui si riconoscono.
 

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      Oggi, dopo le numerose vicende che hanno accompagnato e che stanno ancora accompagnando, in positivo e in negativo, la storia dei partiti politici nell'Italia repubblicana, occorre tornare ad affrontare il problema di una regolamentazione giuridica dei partiti. Per restituire ai partiti quel ruolo di raccordo fra i cittadini e le istituzioni che è fondamentale in una democrazia pluralista e che, proprio per questo motivo, non può più essere sottratto a una regolazione dei partiti in forme autenticamente democratiche e aperte al controllo dell'opinione pubblica se non della legge.
      Occorre, pertanto, rivitalizzare il patto fra cittadini e partiti; indurre questi ultimi a rinunciare a una parte del loro arbitrio, subordinandosi a regole certe e trasparenti, rendendo pubblici i loro statuti, dando più potere ai loro iscritti ed elettori. I partiti, per tornare a svolgere la loro funzione nella democrazia italiana, devono divenire effettivamente e autenticamente soggetti democratici.
      Il modo migliore per garantire ai cittadini di determinare la politica nazionale è fare una legge di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione che introduca il metodo democratico nella vita dei partiti e renda trasparenti il loro bilancio e il loro patrimonio. Una democrazia senza partiti non può esistere. Se i partiti non funzionano perché non sono democratici o trasparenti anche la democrazia non funziona.
      Tale esigenza è ancora più forte per una partecipazione reale del nostro Paese al passaggio dall'integrazione economica alla dimensione politica dell'Unione europea. Il diritto dell'Unione europea prevede che un partito politico a livello europeo per accedere ai finanziamenti debba «avere personalità giuridica nello Stato membro in cui ha sede» (articolo 3 del regolamento (CE) n. 2004/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, sul finanziamento dei partiti politici a livello europeo). Una modifica dell'ordinamento nel senso indicato dalla presente proposta di legge si rende necessaria anche per avere la sede di partiti europei in Italia rimettendo il nostro Paese al centro della costruzione di un'Europa dei popoli europei.
      Alla luce di quanto esposto, la presente proposta di legge si prefigge di dare attuazione all'articolo 49 della Costituzione, nel modo il più possibile rispettoso dell'autonomia dei partiti stessi, fissando anche delle norme in materia di finanziamento pubblico e privato dei partiti politici.
      La proposta di legge è composta da sette articoli. L'articolo 1 declina le varie modalità attraverso cui i partiti politici, ai sensi dell'articolo 49 della Costituzione e quali libere associazioni di cittadini, concorrono a determinare la politica nazionale.
      Al fine di assicurare il rispetto del metodo democratico di cui all'articolo 49 della Costituzione, l'articolo 2 fornisce indicazioni su come deve strutturarsi lo statuto di un partito e sulle modalità per favorire la partecipazione attiva dei giovani e delle donne alla politica. Viene stabilito altresì (articolo 3) che l'accesso ai rimborsi elettorali e ad ogni altra forma di provvidenza pubblica diretta e indiretta ai partiti è vincolato alla pubblicazione e all'omologazione dei loro statuti presso l'Ufficio elettorale centrale nazionale istituito presso la Corte di cassazione, che ne verifica la conformità alle disposizioni dell'articolo 2. L'omologazione dello statuto comporta il riconoscimento della personalità giuridica ai sensi dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361.
      È stabilito, altresì, che i partiti cessano di esistere se non presentano proprie liste alle elezioni politiche nazionali ed europee; da quel momento viene meno anche la possibilità di accedere ai rimborsi elettorali e il loro patrimonio è acquisito dallo Stato che lo liquida secondo le regole del codice civile.
      L'articolo 4 detta disposizioni in materia di trasparenza e di finanziamento dei partiti: è stabilito che i beni mobili e immobili dei partiti devono essere a essi intestati e che se i partiti vogliono investire
 

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la propria liquidità possono farlo esclusivamente in titoli di Stato italiani. Tutte le risorse e i beni dei partiti devono essere destinati in via esclusiva agli scopi del partito come disciplinati dallo statuto. Si prevede, altresì, che tutte le donazioni superiori a 5.000 euro devono essere rese pubbliche e che le contribuzioni superiori a 50.000 euro che eventualmente i partiti facciano a istituzioni, enti, fondazioni e società obbligano questi ultimi a sottoporre i propri bilanci al controllo della Corte dei conti.
      Sempre in materia di trasparenza, la proposta di legge dispone che, per accedere ai rimborsi elettorali e alle altre provvidenze pubbliche dirette e indirette, i partiti devono sottoporre i bilanci annuali preventivi e consuntivi e i rendiconti dei rimborsi elettorali al controllo della Corte dei conti e depositarli, una volta approvati, presso i due rami del Parlamento.
      In caso di esito negativo del controllo o di mancata presentazione dell'istanza di pubblicazione dei bilanci annuali di previsione e consuntivi e dei rendiconti relativi alle spese elettorali è prevista la perdita del diritto a ogni forma di provvidenza pubblica diretta o indiretta e con essa scatta anche la sanzione di cui all'articolo 6, che dispone la nomina di un commissario liquidatore e la cessazione dell'attività del partito.
      L'articolo 7 dispone l'entrata in vigore.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Natura giuridica dei partiti politici).

      1. I partiti politici, ai sensi dell'articolo 49 della Costituzione, sono libere associazioni di cittadini che concorrono a determinare la politica nazionale in particolare:

          a) contribuendo a formare la volontà politica dei cittadini;

          b) promuovendo e approfondendo la cultura politica;

          c) promuovendo la partecipazione dei cittadini alla vita politica;

          d) formando i cittadini in grado di assumere responsabilità pubbliche;

          e) partecipando mediante la presentazione di candidati alle elezioni per la Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, per gli organi collegiali e monocratici dei comuni, delle province, delle città metropolitane e delle regioni nonché per i membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia;

          f) realizzando le finalità politiche da essi elaborate nell'ambito del processo di formazione della volontà politica statale e operando per un vitale e continuo legame tra il popolo e gli organi dello Stato.

Art. 2.
(Statuto).

      1. Al fine di assicurare il rispetto del metodo democratico di cui all'articolo 49 della Costituzione, ogni partito politico

 

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deve dotarsi di un proprio statuto che indica:

          a) l'organo o la persona cui è attribuita la rappresentanza legale e la capacità di stare in giudizio per il partito;

          b) gli organi dirigenti e quelli cui è attribuita l'amministrazione dell'associazione, i loro poteri, le loro competenze e le modalità della loro elezione con metodo democratico;

          c) le procedure richieste per l'approvazione degli atti che impegnano il partito;

          d) le condizioni di ammissione degli associati, improntate a criteri non discriminatori, i loro diritti e doveri e i relativi organi di garanzia; le regole per l'istituzione e per l'accesso all'anagrafe degli associati, la cui consultazione deve essere sempre nella disponibilità di ogni associato, nel rispetto di quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;

          e) le modalità per assicurare negli organi elettivi che nessuno dei due sessi sia rappresentato in misura superiore a due terzi;

          f) i criteri con i quali è assicurata la presenza delle minoranze in tutti gli organi elettivi;

          g) l'organo di controllo interno amministrativo e contabile;

          h) le misure disciplinari che possono essere adottate nei confronti degli associati, gli organi competenti ad assumerle e le procedure di ricorso previste;

          i) le modalità di selezione, da parte degli organi collegiali competenti, delle candidature per i membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, per il Parlamento nazionale, per i consigli regionali, provinciali e comunali nonché per le cariche di sindaco, di presidente della provincia e di presidente della regione;

          l) le procedure per modificare lo statuto, il simbolo e il nome del partito;

 

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          m) le modalità con le quali gli associati partecipano alle votazioni, assicurando, quando è prevista, l'effettiva segretezza del voto.

      2. Allo statuto del partito politico è allegato, anche in forma grafica, il simbolo, che con il nome costituisce elemento essenziale di riconoscimento del partito medesimo ai sensi dell'articolo 14 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni.
      3. Al fine di favorire la partecipazione attiva dei giovani alla politica, ogni partito politico destina alla loro formazione una quota pari almeno al 5 per cento dei rimborsi ricevuti per le spese elettorali, con le medesime modalità previste per accrescere la partecipazione delle donne alla politica di cui all'articolo 3 della legge 3 giugno 1999, n. 157.
      4. Lo statuto del partito politico può altresì contenere norme integrative, adottate in conformità a quanto stabilito dalla presente legge.
      5. Per quanto non espressamente previsto dallo statuto, ai partiti politici si applicano le disposizioni del codice civile e le norme di legge vigenti in materia.
      6. La cessazione dell'attività del partito politico comporta la perdita del diritto ai rimborsi delle spese elettorali e referendarie, nonché alle agevolazioni di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, ivi compresi i contributi pubblici concessi alle imprese editrici di quotidiani e di periodici anche telematici o alle imprese radiofoniche che risultano essere organi di partito, previsti dalla legislazione vigente in materia.
      7. Ai fini dell'attuazione della presente legge, si considera cessata l'attiva del partito politico che non presenta liste di candidati alle elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.
      8. L'Ufficio elettorale centrale nazionale previsto di cui all'articolo 3 accerta, d'ufficio o anche su istanza di qualunque

 

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interessato, l'esistenza di una delle cause di cessazione dell'attività dei partiti politici di cui alla presente legge e ne da comunicazione al legale rappresentante e al presidente del tribunale il quale, ai sensi dell'articolo 11 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, nomina uno o più commissari liquidatori. Una volta cessata l'attività e completata la liquidazione, il residuo patrimonio del partito è acquisito al patrimonio dello Stato.

Art. 3.
(Pubblicazione e omologazione dello statuto).

      1. Per accedere ai rimborsi delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie, nonché alle agevolazioni, di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, ivi compresi i contributi pubblici concessi alle imprese editrici di quotidiani e di periodici anche telematici o alle imprese radiofoniche che risultano essere organi di partito, previsti dalla legislazione vigente in materia, i partiti devono sottoporre a omologazione i propri statuti e le eventuali modificazioni da parte dell'Ufficio elettorale centrale nazionale istituito presso la Corte di cassazione ai sensi dell'articolo 12 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361. L'Ufficio verifica la conformità dello statuto alle disposizioni dell'articolo 2.
      2. Lo statuto del partito politico e le sue eventuali modificazioni devono essere depositati presso il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati, a cura del legale rappresentante e a pena di decadenza dall'omologazione e della perdita del diritto a ogni forma di provvidenza pubblica diretta o indiretta in favore del partito, entro il termine di trenta giorni dalla loro omologazione. Lo statuto del partito e le

 

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sue eventuali modificazioni devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, oltre che nei siti istituzionali delle Camere, entro il termine di trenta giorni dal deposito presso il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati.
      3. L'omologazione dello statuto del partito politico comporta il riconoscimento della personalità giuridica ai sensi dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361. A tal fine il prefetto, su domanda sottoscritta dal rappresentante legale del partito, corredata dello statuto omologato, procede d'ufficio all'iscrizione del partito nel registro delle persone giuridiche. Con le stesse modalità il prefetto procede in caso di modificazioni dello statuto.

Art. 4.
(Trasparenza del patrimonio e dei finanziamenti ai partiti politici).

      1. I beni mobili e immobili del partito politico devono essere intestati ad esso.
      2. I partiti politici possono investire la propria liquidità esclusivamente in titoli di credito emessi dallo Stato italiano.
      3. I beni mobili e immobili del partito politico devono essere destinati in via esclusiva agli scopi indicati dallo statuto e dall'articolo 1.
      4. Tutte le donazioni ai partiti politici superiori a 5.000 euro devono essere rese pubbliche secondo le modalità previste dalla legislazione vigente.
      5. Le contribuzioni dei partiti politici a fondazioni, enti e istituzioni o società che eccedono l'importo di 50.000 euro comportano l'obbligo per questi ultimi di sottoporre i propri bilanci alla disciplina prevista dall'articolo 5.
      6. Il mancato rispetto delle disposizioni del presente articolo comporta la perdita del diritto del partito politico a ogni forma di provvidenza pubblica diretta o indiretta.

 

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Art. 5.
(Controllo e trasparenza dei bilanci dei partiti politici).

      1. I bilanci annuali di previsione e consuntivi dei partiti politici e i rendiconti relativi alle spese elettorali dei partiti politici che godono di finanziamenti, rimborsi, agevolazioni, esenzioni o qualsiasi altro tipo di provvidenza pubblica previsti dalla legislazione vigente sono redatti secondo le norme del codice civile e in conformità ai princìpi contabili nazionali e internazionali.
      2. I bilanci preventivi e consuntivi e i rendiconti delle spese elettorali dei partiti politici sono sottoposti al controllo della Corte dei conti.
      3. I bilanci di previsione e consuntivi dei partiti politici e i rendiconti delle spese elettorali devono essere depositati presso la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica e pubblicati in forma analitica nei siti istituzionali delle Camere, su istanza del legale rappresentante del partito ed entro il termine di trenta giorni dall'esito positivo del controllo della Corte dei conti.
      4. L'esito negativo del controllo o la mancata presentazione dell'istanza di pubblicazione dei bilanci annuali di previsione e consuntivi e dei rendiconti relativi alle spese elettorali comporta la perdita del diritto a ogni forma di provvidenza pubblica diretta o indiretta.
      5. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono approvati gli schemi di statuto, di bilancio annuale di previsione e consuntivo e di rendiconto delle spese elettorali che i partiti politici possono utilizzare ai fini delle procedure previste dalla presente legge. Con il medesimo decreto è approvato il regolamento di attuazione delle procedure di omologazione degli statuti da parte dell'Ufficio centrale nazionale presso la Corte di cassazione e di controllo dei bilanci annuali preventivi e consuntivi e dei rendiconti

 

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delle spese elettorali dei partiti politici da parte della Corte dei conti.

Art. 6.
(Sanzione).

      1. La perdita del diritto a ogni forma di provvidenza pubblica diretta o indiretta comporta l'applicazione del comma 8 dell'articolo 2.

Art. 7.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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