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PDL 4190

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4190



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

RUBINATO, FIORONI, BENAMATI, BINETTI, BOBBA, BOCCI, CALGARO, CASTAGNETTI, CODURELLI, DE PASQUALE, DUILIO, FARINONE, FOGLIARDI, GNECCHI, GOZI, GRASSI, LAGANÀ FORTUGNO, LULLI, MIOTTO, MOGHERINI REBESANI, NARDUCCI, PEDOTO, PORTA, RIGONI, SAMPERI, SBROLLINI, SCHIRRU, SERVODIO

Norme per la continuità nell'erogazione dei servizi pubblici essenziali a tutela dei minori e dei soggetti deboli

Presentata il 16 marzo 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — L'Italia è un Paese con otto milioni di persone in condizioni di povertà relativa e con più di tre milioni di persone in condizioni di povertà assoluta. Sono quasi quattro milioni le famiglie povere.
      Dall'autunno del 2009, da quando la crisi ha pienamente inciso sul tenore di vita e sul benessere dei cittadini, una sequenza impressionante di tragiche vicende di cronaca ha fatto emergere con evidenza le cause e le conseguenze delle condizioni di precarietà economica in cui si trovano molte famiglie. Da questi drammatici casi trae ispirazione la presente proposta di legge.
      Nell'ottobre 2009 muore infatti a Napoli un bambino di sei anni intossicato insieme alla madre dalle esalazioni di monossido di carbonio prodotto da un braciere a carbonella. L'abitazione nel rione Sanità in cui viveva in affitto era priva di energia elettrica per un distacco operato dall'azienda fornitrice. Due mesi dopo la scadenza della bolletta inevasa, la società ha provveduto ad abbassare da remoto, attraverso il sistema di telegestione dei contatori, la potenza disponibile e successivamente, con l'inizio dell'autunno, il 14 settembre, ha disposto il distacco della fornitura di energia. Un
 

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lungo periodo durante il quale sono stati inviati i solleciti di pagamento e il preavviso di distacco al proprietario dell'abitazione e non all'affittuario – che non era neppure intestatario del contratto (spesso il proprietario evita di intestare il contratto al locatore per non far emergere un affitto «in nero»). Nessuna verifica sulle condizioni di effettiva necessità e indigenza della famiglia è stata fatta né dall'azienda fornitrice di energia, né dai servizi sociali del comune.
      Poco tempo dopo, nell'entroterra di Genova, muore una bambina di dodici anni per intossicazione da monossido di carbonio e sono ricoverate in gravi condizioni la sorellina di un anno e la madre. La famiglia, a cui era stata interrotta la fornitura di gas per morosità, si scaldava utilizzando un rudimentale braciere. Anche in questo caso per un insoluto di poche centinaia di euro la società di servizi ha interrotto la fornitura senza verificare se la famiglia avesse obiettive difficoltà a pagare le bollette; un controllo che avrebbe potuto attivare delle misure di protezione in collaborazione con i servizi sociali del comune che, nella maggior parte dei casi, è azionista di riferimento o controlla al 100 per cento il capitale delle aziende che forniscono i servizi pubblici essenziali.
      In pochi mesi, seguono altre morti e intossicazioni da monossido di carbonio in famiglie senza più energia elettrica o gas, costrette a scaldarsi con mezzi di fortuna in abitazioni misere. Queste case non hanno canne fumarie e spesso neppure la «cappa» per usi di cucina, perché sono alloggi ricavati da locali che di frequente non hanno i requisiti di abitabilità. E quando le persone che vi abitano non riescono a pagare le bollette, subiscono il distacco come qualsiasi utente moroso; sono gli «invisibili» che non sanno neppure a chi rivolgersi per evitare l'interruzione o la riattivazione della fornitura di beni primari, come la luce e il calore; il «riallaccio», oltretutto, implica costi ulteriori per l'utente, tra cui il contributo per la disattivazione e la riattivazione del servizio e gli interessi di mora. Ancora più elevati i costi da sostenere per la riattivazione quando la morosità determina anche la rimozione del misuratore con intervento dell'ufficiale giudiziario incaricato dalla società di servizi. L'ufficiale giudiziario può anche disporre il pignoramento di altri beni della famiglia per somme non pagate su bollette inevase; la società di servizi può inoltre insinuarsi in un procedimento esecutivo per l'espropriazione di un immobile per insolvenza su un mutuo, sommando debito a debito e rendendo ancora più difficile e costoso l'intervento per salvare l'immobile dal sequestro o dall'espropriazione.
      Il dramma della povertà tocca il suo culmine nei primi giorni di febbraio di quest'anno, quando quattro fratellini muoiono arsi vivi nella loro baracca in un incendio provocato da un braciere utilizzato per scaldarsi. Molte famiglie abitano infatti in alloggi di fortuna, senza luce, gas e acqua; sono i veri «invisibili», quelli che si nascondono o non vogliono farsi trovare per paura di non sentirsi accettati o addirittura rifiutati. Quelli che spesso vengono sgomberati senza alternative per garantire condizioni più sicure e più degne agli abitanti del quartiere; quelli che se chiedessero servizi non potrebbero più contare sul silenzio e sull'indifferenza che colpevolmente li nasconde senza proteggerli.
      Invisibili sono soprattutto i bambini. Molti non sono registrati e neppure censiti.
      A oltre vent'anni dall'entrata in vigore della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva dalla legge n. 176 del 1991, accade dunque che un bambino, che dovrebbe avere garantiti pieni diritti umani, muore in un Paese «ricco» per la povertà o per la negligenza di un adulto che non ha pagato una bolletta.
      Ma la società di servizi e il comune che ne è proprietario non prendono in considerazione la possibilità di fermare una procedura di interruzione del servizio: nei contratti di fornitura si prevede che, se il cliente non paga entro la scadenza indicata sulla bolletta, il «venditore» del servizio ha l'obbligo di inviare una lettera raccomandata (non è necessario l'avviso di
 

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ritorno, quindi il moroso potrebbe non averla mai ricevuta) che specifichi il termine ultimo per il pagamento (potrebbe essere anche dopo soli cinque giorni dal ricevimento della lettera raccomandata); le modalità con cui il cliente deve comunicare al venditore l'avvenuto pagamento (telefono, fax eccetera); il termine oltre il quale, se il cliente continua a non pagare, il venditore invierà al distributore la richiesta di sospensione della fornitura. Per le forniture di energia elettrica si prevede nel contratto l'eventualità (ma solo se le condizioni tecniche del contatore lo consentono) che prima della sospensione la potenza venga ridotta a un livello pari al 15 per cento della potenza disponibile per consentire un uso, sia pure minimo, di alcune apparecchiature elettriche per soli quindici giorni, trascorsi i quali, se il cliente continua a non pagare, l'energia elettrica viene definitivamente sospesa. La fornitura di energia elettrica non può essere sospesa, nemmeno per morosità, solo per i clienti definiti «non disalimentabili»: per esempio, gli utenti che per ragioni di sopravvivenza sono connessi a macchine salvavita o che svolgono funzioni di pubblica utilità e che, se hanno difficoltà a pagare, possono beneficiare di una rateazione. I poveri non svolgono funzioni di pubblica utilità e dunque sono «disalimentabili».
      Secondo il 5o Rapporto dell’European fuel Poverty and Energy Efficiency (EPEE), che propone una sintesi degli studi nazionali sulle cause e sulle conseguenze della cosiddetta fuel poverty nei 5 Paesi partner (Belgio, Francia, Italia, Regno Unito e Spagna), la fuel poverty è il risultato dell'interazione di tre differenti fattori connessi a tre differenti ambiti: energia, edilizia e redditi. Con riferimento al fattore del basso reddito, il Regno Unito definisce la fuel poverty come la condizione in cui si spende più del 10 per cento del reddito disponibile per i bisogni di energia, compresi l'utilizzo degli elettrodomestici e quanto è necessario per dotare l'abitazione di un sufficiente livello di comfort e di salubrità. Con redditi bassi la percentuale di reddito disponibile per soddisfare il fabbisogno energetico risulta insufficiente, tanto più se si considera che la maggior parte delle persone sole e delle famiglie in condizione di povertà e di vulnerabilità vive in abitazioni a basso isolamento termico che richiedono maggior consumo di energia per essere scaldate in modo adeguato.
      I Paesi partner dell'EPEE non utilizzano un unico metodo per calcolare la soglia di povertà (per Eurostat, la soglia di povertà è il 60 per cento del reddito medio nei Paesi considerati); non esistono parimenti, criteri omogenei per valutare lo stato di bisogno: studi e ricerche elaborati per orientare le politiche di inclusione sociale hanno portato all'individuazione di alcune condizioni che definiscono la povertà (livello di disponibilità economica, lunga durata degli interventi assistenziali eccetera) e la marginalità o vulnerabilità sociale (presenza di due o più dei seguenti fattori: nuclei monogenitoriali con figli minori, condizione di anzianità o di disabilità, abbandono scolastico, perdita di lavoro e difficoltà di reinserimento, perdita dell'alloggio, debito e usura, donne immigrate, nomadi e rom). Purtroppo l'attuale crisi socio-economica evidenzia sempre nuove categorie di persone a rischio.
      Secondo il rapporto dell'EPEE, basso reddito, vulnerabilità sociale e permanenza in alloggi insalubri sono condizioni che più di altre contribuiscono a determinare la fuel poverty.
      Non necessariamente l'indigente è in una condizione di povertà assoluta: nella maggior parte dei casi, segnala il rapporto, il profilo tipico di chi si trova in condizioni di fuel poverty corrisponde a una persona destinataria di sussidi economici a finalità sociale, spesso impiegata part time o gravata da debiti. In molti Paesi, tra cui l'Italia, la crescente insicurezza nel lavoro, l'aumento dei contratti precari e a breve termine conducono molte persone a vivere sotto la soglia di povertà. Spesso la condizione di vulnerabilità, di povertà o di impoverimento interessa la vita delle persone e delle famiglie per periodi limitati di tempo. In questo caso l'accesso ai servizi
 

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deputati all'aiuto è precluso; il disagio «temporaneo» rimane allora invisibile e silente, ma espone fortemente al rischio di una prolungata condizione di povertà e di emarginazione. Paradossalmente, la crescita degli standard di vita, con il conseguente aumento dei canoni di locazione (in Italia si è registrato un incremento medio annuo del 100 per cento tra il 1999 e oggi; in Francia del 6,2 per cento negli ultimi venti anni; in Belgio una media di crescita del 10,6 per cento tra il 1996 e il 2001), ha fortemente condizionato la qualità della vita delle persone che vivono con redditi bassi. Non solo queste persone sono spesso costrette, vista la grave mancanza di mezzi, ad abitare in affitto in alloggi a «basse prestazioni energetiche» che necessitano di consumi energetici elevati per garantire il minimo comfort termico, ma proprio il dispendio di energia e le alte bollette le costringono a frequenti ritardi nei pagamenti fino alla morosità e al distacco delle forniture. La recente crescita dei prezzi dell'energia (e i nuovi aumenti attesi nel breve periodo) renderanno sempre più difficile il pagamento delle bollette per queste persone.
      Il secondo fattore determinante la fuel poverty è, secondo il rapporto, la qualità degli alloggi; le caratteristiche tipiche delle abitazioni a bassa prestazione energetica abitate da famiglie a basso reddito sono l'assenza di impianti centralizzati, lo scarso isolamento (finestre, coperture, pareti) e l'umidità.

      In queste condizioni, le conseguenze, secondo il rapporto, sono ampiamente prevedibili: «Un alloggio dotato di scarso isolamento e sprovvisto di impianto centralizzato, dotato di apparecchiature elettriche antiquate non può essere ricondotto a condizioni “decorose” se non con investimenti ingenti. Il calore prodotto dall'impianto di riscaldamento viene immediatamente disperso se non esiste un livello sufficiente di isolamento. In queste circostanze, le famiglie in condizioni di fuel poverty optano per due diverse scelte di vita: cercano di riscaldare comunque il proprio alloggio, utilizzando metodi alternativi di riscaldamento (ad esempio, stufe ad olio) e corrono il rischio di non essere in grado di pagare le bollette energetiche, finendo per indebitarsi o cadere in una perdurante condizione di morosità; decidono di non riscaldare l'alloggio (o di riscaldarlo in modo insufficiente) anche se ciò può significare vivere in un ambiente freddo».
      Come prima osservato, in Italia la morosità implica il distacco del servizio senza appello; per riscaldarsi – soprattutto quando ci sono bambini piccoli, anziani, disabili, persone in precarie condizioni di salute che non tollerano il freddo, aggravato da condizioni di malnutrizione e da un abbigliamento non adeguato – si utilizzano mezzi di fortuna che non richiedono energia, come i bracieri, frequente causa di intossicazioni da monossido di carbonio e di incendi.
      Il terzo fattore determinante la fuel poverty, secondo il medesimo rapporto, è il costo dell'energia. «In occasione della crisi petrolifera degli anni settanta, i Governi “– nota il rapporto dell'EPEE –” cominciarono ad abbandonare le politiche di risparmio energetico che avevano avviato e che sarebbero state strumenti efficaci per la lotta ai cambiamenti climatici (all'epoca largamente sconosciuti) e alla fuel poverty. (...) Dopo l'ultimo decennio il prezzo del gas è significativamente cresciuto. I prezzi dell'elettricità si sono stabilizzati, ma hanno riscontrato una crescita consistente nell'ultimo biennio.
      I meccanismi di risoluzione dei casi di morosità sono piuttosto diversi da un Paese all'altro. Si tratta di meccanismi quasi nulli in Italia ed in Spagna. In Francia, il meccanismo è stato definito con precisione e reso obbligatorio con l'ultima “legge di decentralizzazione”. Nel Regno Unito, in virtù dell'esistenza dei sistemi di prepagamento, il problema non ha le dimensioni che si riscontrano in altri Paesi, nonostante si possa stimare che più di un milione di sterline di debito sia reclamato dai distributori di energia».
      La fuel poverty – nota il rapporto – ha conseguenze dirette sulla salute fisica e psichica, in particolare delle persone più

 

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vulnerabili, come i bambini, gli anziani, i disabili e le persone affette da patologie croniche. «Nel Regno Unito, per esempio, dove sono disponibili dati e ricerche statistiche sulla mortalità causata dalle cattive condizioni abitative, emerge che una media di 25.000-40.000 individui muore ogni anno a causa della rigidità della stagione invernale. Negli altri Paesi non esistono statistiche di questo genere. Il freddo insistente e l'umidità in un alloggio possono provocare problemi respiratori, come asma, bronchiti eccetera. Al fine di trovare una via alternativa e più economica per riscaldare l'abitazione, le famiglie scelgono di installare sistemi ausiliari, soluzioni che non risolvono i problemi di umidità e che mantengono un forte impatto sulla salute, oltre a rappresentare un rischio elevato in termini di sicurezza (incidenti e fughe di monossido di carbonio)». Le cattive condizioni abitative possono avere effetti significativi anche sullo stato di salute mentale, determinando ansia, condizioni di esclusione sociale e di isolamento, nonché esercitare un effetto fortemente negativo sull'autostima e sulla capacità di gestire quotidianamente la propria vita.
      Per questo motivo è necessario mettere a punto sistemi di protezione sociale per tutelare la salute della persona soprattutto se in condizione di povertà e di vulnerabilità, perché maggiormente esposta a fattori di rischio ambientali anche legati a stili di vita ad essi connessi.
      Le disposizioni, normative e regolamentari, oggi in vigore nel nostro Paese per sostenere i consumi energetici dei soggetti deboli sono invece del tutto inadeguate.
      Con il decreto interdipartimentale del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali 30 novembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2009, è stato stabilito in 20 euro, a partire dal bimestre corrente dalla data di pubblicazione del decreto stesso, l'incremento della disponibilità concessa ai beneficiari della carta acquisti che siano utilizzatori, sul territorio nazionale, di gas naturale o di gas di petrolio liquefatto (GPL), per uso finalizzato al riscaldamento e o alla produzione di acqua calda per la propria unità abitativa.
      L'incremento è stato concesso fino ad esaurimento dei fondi versati a titolo spontaneo e solidale dall'ENI Spa e dall'ENI Foundation ed è subordinato al possesso della carta acquisti e alla verifica del requisito di utilizzo di gas naturale o GPL per l'abitazione (pertanto, se il contratto di fornitura è intestato al proprietario e non al conduttore non è possibile dimostrare che si utilizza gas o GPL per l'abitazione; stesso problema si pone se l'abitazione è priva di impianti di riscaldamento e di produzione di acqua sanitaria).
      Ma gli esclusi dalla social card sono in tanti.
      A fronte di otto milioni di persone in condizioni di povertà relativa e di più di tre milioni in condizioni di povertà assoluta, in circa due anni dalla sua istituzione, secondo il Ministero dell'economia e delle finanze, non più di 750.000 persone hanno utilizzato la carta acquisti, spesso una volta sola (il Governo aveva stimato circa 1,3 milioni di potenziali beneficiari). Le persone che la usano con continuità non sono più di 400.000-500.000, anche perché basta che si modifichi uno dei requisiti (per esempio, l'età) per perdere il diritto alla carta. Gli stranieri poveri, anche se residenti, sono esclusi. Esclusi risultano anche i giovani con lavoro discontinuo e che non abbiano figli con meno di tre anni di età. E i requisiti di reddito sono stringenti (non più di 6.300 euro all'anno o di 8.300 euro se pensionato) come quelli sull'età del beneficiario (oltre i 65 anni di età o sotto i tre anni).
      Dunque sono esclusi i giovani poveri. Eppure secondo l'ultimo «Rapporto sulle politiche contro la povertà e l'esclusione sociale» della Commissione di indagine sull'esclusione sociale, i giovani poveri sotto i 34 anni di età sono il 4,8 per cento del totale; nella fascia di età compresa tra i 35 e i 44 anni la povertà è al 5,6 per cento. Con il decreto-legge n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011 (cosiddetto «Milleproroghe»)
 

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è stato disposto l'affidamento della gestione della social card – nei comuni con oltre 250.000 abitanti – agli enti «caritativi» che avranno, tra l'altro, il compito di selezionare i soggetti realmente bisognosi. I comuni sono chiamati ad individuare gli enti caritativi e ad integrarne le prestazioni.
      Nuovi meccanismi per combattere la fuel poverty si rendono necessari, in particolar modo per aiutare le famiglie disagiate a sostenere i costi dell'energia. È importante ricordare, tra l'altro, che contrastare la fuel poverty significa anche favorire la lotta ai cambiamenti climatici con azioni direttamente rivolte a migliorare la condizione delle abitazioni e l'efficienza energetica.
      Con la direttiva, cosiddetta «Ciampi-Cassese», del Presidente del Consiglio dei ministri 27 gennaio 1994, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 22 febbraio 1994, che dettava alcuni princìpi fondamentali nell'erogazione dei servizi pubblici, il Governo si impegnava ad adottare tutte le misure legislative, regolamentari e amministrative necessarie a dare piena effettività ai diritti degli utenti contenuti nella direttiva.
      In particolare, si stabiliva che l'erogazione dei servizi pubblici deve essere ispirata al principio di eguaglianza dei diritti degli utenti. Questo significa che devono essere garantite parità di trattamento e parità di condizioni del servizio prestato, sia fra le diverse aree geografiche di utenza, anche quando le stesse non siano agevolmente raggiungibili, sia fra le diverse categorie o fasce di utenti, allo scopo di evitare ogni ingiustificata discriminazione tra gli utenti stessi.
      Il principio più importante della direttiva è la continuità del servizio: l'erogazione dei servizi pubblici deve essere continua, regolare e senza interruzioni; nel caso di interruzione del servizio, che deve essere espressamente regolata, i soggetti erogatori devono adottare misure volte ad arrecare agli utenti il minor disagio possibile.
      Questo è lo spirito della presente proposta di legge: per garantire continuità nell'erogazione dei servizi pubblici essenziali a persone sole o ai nuclei familiari in condizione di indigenza economica e di disagio sociale in cui vi siano minori, anziani, disabili o persone comunque in situazione di vulnerabilità sociale, si prevede l'istituzione di un Fondo per la morosità incolpevole nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2011. A decorrere dall'anno 2012, la dotazione sarà costituita – in misura non inferiore a 18 milioni di euro – mediante utilizzo delle entrate derivanti dal comma 16 dell'articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni (cosiddetta «Robin Hood Tax»). Il Fondo per la morosità incolpevole ha lo scopo di compensare gli oneri sostenuti dalle società per garantire la continuità dei servizi pubblici essenziali nei casi indicati dai comuni.
      Le società che gestiscono servizi pubblici locali, e in particolare la fornitura di energia elettrica, gas naturale, GPL o acqua, prima di avviare le procedure necessarie a interrompere l'erogazione del servizio per morosità ad una utenza domestica, hanno l'obbligo di verificare attraverso i servizi sociali e socio-assistenziali dei comuni, che possono avvalersi a tal fine, delle associazioni del terzo settore che operano nel campo dell'inclusione sociale, se non sussista una condizione effettiva di bisogno del beneficiario del servizio che abbia determinato la morosità incolpevole. Tale verifica si attiva prima dell'interruzione del servizio per morosità qualora la fornitura di energia elettrica, acqua, gas naturale o GPL, sia finalizzata al riscaldamento o all'uso cucina o alla produzione di acqua calda per l'abitazione principale. La verifica e la relativa certificazione, che ha carattere periodico, spetta in ogni caso al responsabile del servizio sociale del comune di competenza. Se da tale verifica risulta che il beneficiario del servizio si trova in condizioni economiche e sociali disagiate e non può
 

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fare fronte ai bisogni essenziali, è garantita la continuità della fornitura di energia elettrica, gas naturale, GPL o acqua qualora questa sia finalizzata a riscaldamento, all'uso cucina o alla produzione di acqua calda. Gli oneri relativi a tale utenza, per il periodo in cui sussistono la condizione di vulnerabilità sociale e lo stato di bisogno, sono posti a carico delle società che gestiscono servizi pubblici essenziali che, entro novanta giorni dall'accertata condizione di indigenza del beneficiario del servizio possono rivalersi, a seguito di certificazione rilasciata dal comune, sulle risorse del Fondo per la morosità incolpevole.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Continuità nell'erogazione dei servizi pubblici essenziali).

      1. Al fine di garantire la continuità nell'erogazione dei servizi pubblici essenziali a persone sole o a nuclei familiari in condizioni di indigenza economica e di disagio sociale in cui siano presenti minori, disabili, anziani ultra sessantacinquenni o comunque persone in condizione di vulnerabilità o di marginalità sociale, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito il Fondo per la morosità incolpevole, con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2011 e di non meno di 18 milioni di euro per l'anno 2012 e seguenti. Il Fondo eroga le risorse necessarie a compensare gli oneri sostenuti dalle società che erogano servizi pubblici essenziali a nuclei familiari o singole persone che, per morosità incolpevole, non sono in grado di garantire la regolarità dei pagamenti delle bollette. A tal fine le società che gestiscono i servizi pubblici di fornitura di energia elettrica, di gas naturale o gas di petrolio liquefatto (GPL) e di acqua, prima di avviare le procedure necessarie a interrompere l'erogazione del servizio per morosità ad un'utenza domestica, hanno l'obbligo di verificare attraverso i servizi sociali dei comuni, se il singolo o il nucleo familiare fruitore dell'utenza morosa sia in possesso dei requisiti per richiedere la carta acquisti, di cui all'articolo 81, comma 32, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, o comunque si trovi in una condizione effettiva di bisogno tale da determinare la morosità incolpevole.

 

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      2. La verifica di cui al comma 1 deve essere effettuata prima dell'interruzione del servizio per morosità qualora la fornitura di energia elettrica, di gas naturale o GPL, o di acqua sia finalizzata al riscaldamento o all'uso cucina o alla produzione di acqua calda per l'abitazione principale. Se da tale verifica risulta che il soggetto fruitore dell'utenza è moroso in quanto si trova effettivamente in condizioni di indigenza economica e di vulnerabilità sociale e non può fare fronte con i propri mezzi ai bisogni essenziali propri o del nucleo familiare in cui siano presenti minori, disabili, anziani ultra sessantacinquenni o comunque persone in condizione di vulnerabilità o marginalità sociale, deve essere comunque garantita la continuità del servizio della fornitura di acqua, di energia elettrica, di gas naturale o GPL finalizzato al riscaldamento o all'uso cucina o alla produzione di acqua calda in condizioni di sicurezza e nei limiti dei valori medi caratteristici di quell'utenza.
      3. I servizi sociali dei comuni effettuano a cadenza periodica, comunque non superiore a due bimestri successivi, apposita verifica sul perdurare della condizione di indigenza di cui al comma 2 al fine di garantire la continuità del servizio.
      4. Gli oneri necessari a garantire la continuità del servizio pubblico essenziale, per il periodo in cui sussiste la condizione di disagio economico e sociale incolpevole, sono posti a carico provvisorio delle società che gestiscono i medesimi servizi che, entro novanta giorni dall'accertata condizione di indigenza del fruitore dell'utenza, possono chiederne il rimborso, in base a certificazione rilasciata dal comune di competenza, al Fondo per la morosità incolpevole, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 2.
(Associazioni del terzo settore ed enti caritativi).

      1. I comuni, ai fini della verifica di cui all'articolo 1 della presente legge, possono

 

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avvalersi della collaborazione delle associazioni del terzo settore che operano nel campo dell'inclusione sociale, e, in particolare, degli enti caritativi di cui all'articolo 2, comma 46, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, previa stipula, a tal fine, di apposita convenzione.
      2. In ogni caso la certificazione dell'esistenza della condizione di indigenza economica e vulnerabilità sociale e del suo perdurare, ai sensi dell'articolo 1, è rilasciata dal responsabile del servizio sociale del comune di competenza.
      3. Le convenzioni di cui al comma 1 sono regolate nell'ambito della programmazione dei Piani di zona approvati dalla Conferenza dei sindaci.

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 1, pari a 10 milioni euro per l'anno 2011, si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo speciale di cui all'articolo 81, comma 29, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
      2. A decorrere dal 1o gennaio 2012 la dotazione del Fondo per la morosità incolpevole è integrata, in ragione d'anno, con una percentuale degli introiti derivanti dalle disposizioni di cui all'articolo 81, comma 16, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e comunque in misura tale da assicurare una disponibilità non inferiore a 18 milioni di euro all'anno.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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