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Seduta del 25/9/2008


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Audizione del presidente dell'associazione nazionale comuni italiani (ANCI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione in relazione al nuovo assetto di competenze riconosciute alle regioni ed alle autonomie locali in materia di federalismo fiscale, l'audizione del presidente dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), Leonardo Domenici.
Ringrazio il presidente e i suoi collaboratori per avere accettato il nostro invito.
Do la parola al presidente Domenici.

LEONARDO DOMENICI, Presidente dell'ANCI. Signor presidente, ringrazio lei e gli onorevoli commissari. Questa è, a mio avviso, un'occasione utile e importante, perché questa audizione si colloca in un passaggio particolarmente delicato relativamente al federalismo fiscale. Infatti, già nella scorsa settimana, il 18 settembre, si è tenuta la riunione della Conferenza unificata, nel corso della quale si è avviato il confronto sul disegno di legge delega relativo al federalismo fiscale e all'attuazione dell'articolo 119, e ancora non sappiamo esattamente se oggi si terrà una riunione della Conferenza unificata, ma pare che ci sarà un piccolo slittamento rispetto alla data precedentemente indicata, il 25 settembre.
Credo che la Conferenza unificata si terrà nuovamente all'inizio della prossima settimana; in quella occasione si dovrebbero esprimere i pareri sulla cui base, poi, il testo dovrebbe essere presentato al Consiglio dei ministri.
Non vorrei fare un intervento particolarmente lungo e articolato; preferisco rimettermi eventualmente ai commissari presenti e al presidente, per questioni e domande alle quali possiamo rispondere sia io, sia il segretario generale dell'ANCI, sia la dottoressa Veronica Nicotra, che mi assistono in questa audizione.
In occasione della Conferenza unificata della scorsa settimana, noi abbiamo presentato le nostre osservazioni e anche i nostri emendamenti, il cui testo vedo già essere a vostra disposizione.
È un documento che avevamo concordato con province e regioni per affermare alcuni punti di principio. Prima di tutto la certezza di risorse per tutti i livelli istituzionali e la necessità di entrare anche nel merito delle quantità stabilite dal provvedimento che si intende avviare attraverso un allegato tecnico, nel quale si possa cominciare a considerare i problemi di ripartizione delle risorse.
Prima di entrare nel merito delle questioni che ci preoccupano maggiormente e


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che, in questo momento, riguardano in particolare i comuni, credo sia necessario fare una premessa, perché questo è un punto che abbiamo sottolineato in occasione della Conferenza unificata della scorsa settimana, in modo particolare con il mio intervento.
Non c'è dubbio che il federalismo fiscale sia un provvedimento estremamente importante e più volte da noi sollecitato. Ciononostante, abbiamo bisogno di collegare strettamente questo provvedimento riformatore, fondamentale per il nostro sistema istituzionale, ad una visione più nitida, più chiara, più definita della struttura e dell'assetto complessivo del nostro ordinamento, della forma di Stato e, in particolare, delle relazioni interistituzionali all'interno della Repubblica.
Dico questo perché - qui cominciamo ad entrare nel merito del disegno di legge delega - non c'è dubbio che alcune questioni relative alle regioni, alle loro funzioni e alle risorse per finanziarle, siano piuttosto circostanziate e articolate nel disegno di legge delega.
Non altrettanto si può dire per ciò che concerne i comuni, sia per quanto attiene alle funzioni fondamentali da svolgere, sia per quanto riguarda le stesse fonti di finanziamento.
In particolare, abbiamo avuto un problema di cui immagino siate informati; non desidero pertanto soffermarmi a lungo sull'argomento anche perché, a tal proposito, abbiamo avuto un positivo chiarimento con il ministro Calderoli.
All'inizio di settembre, siamo venuti a conoscenza di un testo che conteneva, esattamente all'articolo 10, comma 1, lettera b), una proposta che recitava così: «Razionalizzazione dell'imposizione fiscale immobiliare, compresa quella sui trasferimenti della proprietà e di altri diritti reali, anche al fine di riconoscere un'adeguata autonomia impositiva ai comuni e alle città metropolitane».
Successivamente, questa lettera b) del comma 1 dell'articolo 10 è venuta meno, sostituita da un articolo di carattere più generale e più generico che richiede, a nostro parere, un necessario approfondimento; in questo articolo si fa sostanzialmente riferimento ad un «paniere di tributi» da attribuire ai comuni che, naturalmente, per la sua genericità, può ricomprenderne vari o solo una parte.
A tal proposito abbiamo sollecitato un approfondimento - è il tema che ripropongo stamani all'attenzione di questa Commissione -, perché, pur rendendoci conto che si tratta di una legge delega, è anche vero che appare sproporzionato il livello di articolazione che si riferisce alle regioni in confronto a quello riguardante i comuni.
Ecco perché credo che sia particolarmente importante discuterne ancora e assumere un indirizzo preciso in merito all'assetto del nostro ordinamento.
Vorremmo capire se c'è una scelta che punta particolarmente sulle regioni oppure se, invece, sulla base di quanto è scritto nel Titolo V della nostra Costituzione, il problema non è una subordinazione fra i diversi livelli istituzionali, ma una differenziazione delle funzioni in condizione di pari dignità.
In particolare, per entrare nel concreto, questo problema riguarda, a nostro avviso, soprattutto la questione relativa alla cosiddetta perequazione.
Per quanto concerne le risorse perequative, il punto essenziale non è capire solo il loro ammontare, ma anche se tali risorse debbano essere distribuite, attraverso le regioni, all'intero sistema dei comuni o se, invece, si debba stabilire un altro tipo di procedimento in cui, con un ruolo fondamentale dello Stato e con un rapporto inevitabile con le regioni, si riconosce pur tuttavia una dignità particolare al sistema dei comuni e delle città.
Questi sono problemi che noi abbiamo avanzato e che io ho sinteticamente riproposto alla vostra attenzione; tuttavia, andando verso la conclusione di questa mia esposizione e dando per acquisita la conoscenza dei documenti che abbiamo consegnato, non posso fare a meno di sottolineare il fatto che la discussione sul federalismo fiscale si colloca in un momento particolarmente delicato per le risorse e per le finanze dei comuni italiani.


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Il combinato disposto dei provvedimenti del precedente e dell'attuale Governo sta determinando una situazione particolarmente grave per la finanza comunale.
Proprio in queste ore abbiamo appreso che, contrariamente a quanto era stato concordato sia in sede politica che in sede tecnica, non è stato approvato dall'ultimo Consiglio dei ministri un decreto volto a compensare il mancato gettito del decreto Visco della Finanziaria 2007.
In questo momento si sta abbattendo sulla prossima tranche di trasferimenti anche un altro provvedimento del precedente Governo relativo ai costi della politica, che per i comuni rappresenta un altro impatto piuttosto significativo, intorno ai 180 milioni di euro; inoltre, facendo riferimento a un provvedimento assunto, in particolare, dal Governo attualmente in carica, rimane un grande punto interrogativo relativo al reintegro del mancato gettito dell'ICI sulla prima casa.
Sottolineo questi aspetti rendendomi conto che possono sembrare fuori contesto, ma in realtà non è così perché è del tutto evidente che esiste una relazione fra la discussione sul federalismo fiscale e i problemi attualmente aperti, tanto che nell'incontro che tenemmo lo scorso 4 settembre con il Ministro Calderoli sottolineammo comunque la necessità di anticipare e dare priorità al decreto legislativo che regolamenterà la finanza dei comuni e delle province, perché proprio per effetto dei provvedimenti - sia del precedente che dell'attuale Governo - che poco fa ho richiamato, si è creata una situazione di estrema incertezza per ciò che concerne la finanza dei comuni italiani.
Naturalmente, tutto questo implica inoltre una relazione con le questioni di tipo più strettamente istituzionale che ho citato prima, che hanno anch'esse un rapporto con decisioni e scelte che il Governo sta assumendo. Mi riferisco, in particolare, all'approvazione del cosiddetto Codice delle autonomie, rispetto al quale sappiamo che c'è un dibattito sulla possibilità di non presentare una legge delega ma di scorporare il provvedimento in una serie di leggi ordinarie, soluzione che noi giudicheremmo positivamente. Tuttavia, anche in questo senso noi poniamo una priorità, ovvero quella di lavorare sull'individuazione delle funzioni fondamentali dei comuni.
Vorrei che fosse chiaro un punto: non è intenzione dell'associazione che io presiedo utilizzare strumentalmente l'argomento delle funzioni fondamentali del Codice delle autonomie per rallentare od ostacolare il cammino del disegno di legge delega sul federalismo fiscale.
Tuttavia, nell'interesse stesso della consistenza, della solidità e della completezza del provvedimento sul federalismo fiscale, mi sembra indispensabile che si chiariscano i princìpi fondamentali relativi al nostro ordinamento e ai rapporti tra i diversi livelli istituzionali. A nostro avviso, non può esserci un rapporto subordinato tra il sistema degli enti locali - dei comuni in particolare - e le regioni. È indispensabile che sia chiarito questo aspetto delle funzioni fondamentali, senza le quali appare più fragile, o comunque più indeterminato, lo stesso processo di avvio delle federalismo fiscale.
Per questi motivi ritengo che un incontro come quello di questa mattina sia molto importante. Più tardi, noi terremo la riunione del direttivo dell'ANCI, nel corso della quale io avanzerò la proposta che si possa costituire una sede stabile di confronto, di dialogo e di ricerca comune fra rappresentanze delle autonomie regionali, provinciali e comunali, e il Parlamento.
D'altra parte, come è noto è ormai da alcuni anni che noi ribadiamo la necessità di far funzionare - e questa ne sarebbe la sede - la cosiddetta «bicameralina», come organo in cui siano rappresentati e integrati i rappresentanti delle autonomie locali.
Dal momento che, per fortuna, stiamo entrando nel merito di questo processo riformatore del nostro sistema istituzionale e del sistema fiscale regionale e degli enti locali, credo che questo potrebbe essere un obiettivo da realizzare a breve


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termine, proprio perché avvertiamo l'importanza, anzi, la necessità, di avere una sede istituzionale autorevole, diretta espressione del Parlamento, all'interno della quale sia possibile avere un confronto continuo.
Le audizioni rappresentano sicuramente un fatto importante, ma anche sporadico. In realtà, la necessità di avere un confronto costante e un approfondimento reciproco richiederebbe l'istituzionalizzazione di una sede in cui ciò sia reso possibile.
Siamo a vostra disposizione per ulteriori chiarimenti.

PRESIDENTE. Grazie, presidente. Sono molti gli elementi di sicuro interesse portati alla nostra attenzione. Ho già parecchi iscritti nella lista degli interventi. Alcuni colleghi hanno urgenza a causa della concomitanza di voto; darò la precedenza a coloro che me lo hanno segnalato, nell'ordine in cui l'hanno fatto.

WALTER VITALI. Ho molto apprezzato l'illustrazione della proposta ANCI da parte del presidente Domenici e il documento che ci è stato consegnato.
Ribadisco anche oggi quello che abbiamo avuto modo, insieme col presidente e con i colleghi presenti, di dire ieri, cioè che questa serie di audizioni molto ravvicinate e rapide dovrebbero servirci per audire il Ministro Calderoli - possibilmente la prossima settimana - in modo tale da poter esprimere in quella sede le nostre valutazioni, di cui eventualmente il Governo può tenere conto nel momento in cui si appresta ad approvare il testo di provvedimento da presentare alle Camere.
Questo sarebbe un modo per far pesare l'opinione qui espressa dalle varie associazioni e dalla nostra Commissione, in modo tale che possa poi essere presa in considerazione.
Vorrei sottolineare tre questioni. La prima riguarda le funzioni, tema già trattato dal presidente Domenici quale punto fondamentale della proposta ANCI. È del tutto evidente, anche secondo me, che è necessario procedere in modo congiunto verso l'attuazione dell'articolo 119 sul federalismo fiscale e l'attuazione del nuovo ordinamento locale, ovvero la Carta delle autonomie locali.
Come il presidente Domenici sa, l'articolo 119 prevede che vengano finanziate integralmente le funzioni pubbliche svolte dal sistema delle autonomie locali e regionali.
Oltre alle funzioni fondamentali, abbiamo funzioni proprie dei comuni e la necessità, a mio avviso molto rilevante, di attuare l'articolo 118, che prevede che tutte le funzioni amministrative debbano essere svolte a livello dei comuni tranne quelle che, per un esercizio unitario, devono essere svolte a livello superiore. Questo presuppone anche un forte trasferimento di funzioni, con relative risorse, verso il sistema delle autonomie.
Mi rendo conto che la mia domanda è un po' retorica, ma mi chiedo se l'ANCI non ritenga che il finanziamento integrale delle funzioni debba essere assolutamente garantito.
Il secondo punto che desidero sottolineare riguarda il tema cruciale dell'autonomia impositiva. Non vi è dubbio che, per effetto di una serie di provvedimenti, in particolare la recente abolizione dell'ICI sull'abitazione principale, stiamo tornando ad una situazione simile agli anni precedenti il 1992, ovvero i comuni stanno sostanzialmente tornando ad un sistema di prevalente finanza derivata. Questo è totalmente in contrasto con l'indirizzo assunto, anche da parte del Governo, di attuazione del federalismo fiscale, e desta preoccupazione a tal punto che alcune forze politiche, anche governative - in particolare la Lega Nord - lo hanno segnalato.
Il problema è molto serio, oserei dire quasi drammatico, nel senso che, ad esempio, nella mia regione risulta effettivamente che, come diceva il presidente, le difficoltà sono enormi già a partire dalla chiusura dei bilanci 2008 perché in corso d'anno sono venute meno una serie di risorse che erano iscritte a bilancio.
Più che una domanda - è difficile chiedere al presidente dell'ANCI se condivide


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quanto sto per dire, dato che si è già espresso in merito - vorrei fare una richiesta di approfondimento di questo tema. Una risposta potrebbe essere quella di avere come primo decreto legislativo quello relativo al sistema della finanza locale; tuttavia, anche così facendo arriveremo tardi rispetto ai temi tanto urgenti che stiamo affrontando.
Forse sarebbe più importante che la Commissione sollecitasse il Governo sulla questione riferita dal presidente Domenici, di modo che l'intesa sul decreto-legge volta a coprire innanzitutto quanto dovuto ai comuni per effetto del decreto Visco fosse almeno messa in atto.
Chiediamo un'ulteriore sollecitazione nei confronti del Governo affinché, a partire dal 2008, sia rispettato l'impegno alla copertura integrale del mancato gettito derivante dall'abolizione dell'ICI sull'abitazione principale. Ritengo che queste siano questioni assolutamente fondamentali, vitali ed urgentissime.
In merito al tema del futuro, la mia domanda è se l'ANCI ritiene che questo cespite di autonomia impositiva possa essere ancora il cespite immobiliare - attraverso una riorganizzazione di tutti i tributi che gravano sugli immobili - oppure se ci si deve muovere in altra direzione.
La terza e ultima questione è quella relativa alla perequazione. È del tutto evidente che la perequazione è comunque fondamentale, ma rischia di assumere, come dice giustamente il documento, un ruolo, un significato abnorme se non si ripristina un livello accettabile e giusto di autonomia impositiva.
Ho apprezzato il fatto che l'ANCI, associazione che storicamente ha un rapporto diretto con lo Stato su questo tema, riconosca che in materia di perequazioni comunque un ruolo delle regioni ci debba essere.
Penso che questo sia coerente non solo con l'impianto costituzionale, ma anche con il fatto che i comuni hanno un primario interesse a che le regioni svolgano la loro effettiva funzione che è legislativa, e che non abbiano funzioni amministrative ma facciano sistema insieme ai comuni e alle province del loro territorio.
Vorrei sapere come l'ANCI ritiene che questo ruolo delle regioni, in materia di perequazioni, possa essere svolto.
Purtroppo non potrò ascoltare le risposte perché mi devo assentare, e chiedo scusa per questo. Leggerò in ogni caso il verbale resoconto stenografico.

PRESIDENTE. Senatore Vitali, sarà nostra cura farle avere il resoconto dell'audizione.

GIANVITTORE VACCARI. Avrei numerose questioni da sollevare ed anche dei quesiti da porre, ma dovrò anch'io limitarmi ad alcune considerazioni di carattere generale, e me ne scuso anticipatamente. Mi auguro che ci possano essere ulteriori momenti di confronto, magari anche in altre sedi.
Innanzitutto, vorrei rilevare come nel Paese, nelle istituzioni, nel corso delle audizioni che abbiamo tenuto, nel lavoro che sta avvenendo in Parlamento, ormai sia chiaro e forte che il tema del federalismo fiscale ha preso una strada di non ritorno. È evidente, quindi, che ci sia un impegno serio e forte da parte di tutte le associazioni ed istituzioni, per collaborare e per addivenire, credo quanto prima, all'importante risultato che deve ottenere il nostro Paese. Come rappresentante del movimento della Lega, di questo sono particolarmente soddisfatto.
La maggioranza è molto coesa su questo punto di vista e vedo che oramai, a traino, tutti stanno seguendo in maniera precisa questa scelta.
Giudico molto importante quanto detto dal presidente dell'ANCI, ovvero che il federalismo fiscale non è un traguardo ma è un punto di partenza per una riforma che deve rivedere anche la situazione del nostro Paese. Mi piace molto la sottolineatura del termine «federale» che il presidente ha fatto all'inizio della sua audizione. Questo tema era emerso anche ieri, con l'audizione del presidente dell'UPI, del quale, purtroppo, non ho potuto


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seguire l'intervento per impegni in altre Commissioni.
Mi fa piacere aver sentito dire che, sebbene ci sia una richiesta - doverosa - rivolta al Governo e alla maggioranza del Parlamento in merito al lavoro sul Codice delle autonomie, quest'ultimo non deve inficiare il federalismo fiscale - forte priorità del Paese dovuta a crisi congiunturali e internazionali che hanno evidenziato il bisogno di riassestare il sistema della spesa e del prelievo in maniera forte ed evidente - bensì essere un percorso ad esso parallelo.
Condivido, sotto questo punto di vista, che ci debba essere certezza di risorse e di entrate rispetto agli enti locali; pertanto, i provvedimenti governativi del passato e del presente devono poi trovare riscontro nella concreta assunzione di un impegno.
Il presidente ha parlato del problema dell'accatastamento dei fabbricati rurali, un grande errore contabile che neanche un bambino delle elementari avrebbe commesso.

LEONARDO DOMENICI, Presidente dell'ANCI. E speriamo che non si ripeta!

GIANVITTORE VACCARI. Mi sento toccato nel vivo perché, essendo sindaco di un comune, vivo questa realtà e mi sento particolarmente impegnato da questo punto di vista, anche per il corretto rapporto che ci deve essere tra le istituzioni in questo Paese. Bisogna dare certezza delle norme, il che significa che quando le facciamo devono avere applicazione completa, sia per quanto riguarda la giustizia sia per un discorso più generale.
Apprezziamo l'estrema diligenza e l'impegno profuso dall'ANCI e dall'UPI, che ci hanno portato un testo praticamente riscritto, facendo un lavoro parlamentare e legislativo di grande fatica che, ovviamente, sarà tenuto nella massima considerazione.
Vorrei fare una considerazione finale. Sul piano politico sono fortemente soddisfatto, e sul piano dei contenuti ritengo che ci sia spazio per un approfondimento e un contributo da parte di più soggetti; tuttavia, la cosa fondamentale è che si tratta di un traguardo che dobbiamo raggiungere in maniera molto rapida, se vogliamo mantenere questo assetto dei nostri enti locali.

GIUSEPPE ASTORE. Come premessa vorrei dire che tra di noi, in questo dibattito, non vorrei essere considerato come colui che viene trascinato. Ci sono tante persone tra di noi che, culturalmente, credono in un cambiamento della nostra Repubblica, e lo dico con affetto.
Aggiungo anche che oggi parliamo di queste cose perché c'è il Titolo V della Costituzione, il cui cambiamento è stato da noi fortemente voluto.
Se ci ponessimo, nel dibattito, su questo piano, credo che sbaglieremmo; dovremmo riscoprire, invece, come ha fatto il presidente, lo spirito costituzionale che ha guidato questa Repubblica appena dopo la seconda guerra mondiale.
Primariamente dico che non dobbiamo fornire alcuna occasione ai nemici del federalismo. Sento oggi parlare solo di costi, di richieste di fondi, e via dicendo.
Noi crediamo che la Repubblica debba essere organizzata diversamente rispetto a questo, e do ragione al presidente dell'ANCI, in maniera chiara, sul fatto che se non si chiarisce la pari dignità delle istituzioni non possiamo assolutamente andare avanti.
Sono stato sindaco di comune, consigliere regionale nonché vicepresidente della mia regione. Ho fatto promulgare la legge n. 34 - dopo la Bassanini -, che è rimasta totalmente inapplicata perché la cultura non ha favorito il neocentralismo regionale.
Su questo, culturalmente, ci dobbiamo mettere d'accordo: creare uno Stato-regione o creare una regione, sia pure con funzioni legislative e pari dignità delle autonomie locali?
A mio avviso, è il caso di portare avanti sia il federalismo istituzionale - che comprende anche Camera, Senato e via dicendo - sia il federalismo fiscale. Non


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vogliamo dare, infatti, alcun trofeo a nessuno, perché noi crediamo profondamente che questo Paese vada riorganizzato.
Come si evince anche dai vostri documenti, presidente, in Italia l'egoismo istituzionale regionale è sotto gli occhi di tutti.
Oggi ci sono assessori che non cederanno, e che puntano all'amministrazione attiva. Badate che chi vi parla è stato assessore regionale per dieci anni.
Come pure, in merito alla semplificazione istituzionale, mi chiedo: ma possiamo andare avanti con l'aggiunta di un nuovo livello istituzionale?
La questione delle province, dove anche in questo caso si pongono degli ostacoli, va affrontata. In tutta onestà, dobbiamo passare alla scelta. Ritengo che se questo Parlamento intende rivoluzionare veramente l'assetto dello Stato, dovrà fare determinate scelte.
In tutto questo, diventa molto importante - vengo alla seconda domanda - il fondo perequativo. Sono preoccupato del costo standard, e mi rivolgo al presidente dell'ANCI che dirige comuni del nord, del sud, di montagna e di pianura, ricchi e poveri. Bisogna certamente passare all'esame del costo standard, e credo che una delega generica in questa materia vada dotata di altri paletti fondamentali per l'individuazione di tale costo.
Presidente Domenici, lei mi insegna che nelle montagne della sua regione ci sono degli elementi che aumentano il costo; in alcune città totalmente urbanizzate, con indici di povertà enormi, ci sono alti costi dei servizi. Credo che per fare una perequazione seria bisogna assolutamente passare all'individuazione di elementi oggettivi, e questo lo può fare semplicemente il Parlamento.
Condivido quanto avete scritto in altri documenti - ma non in quello che avete presentato oggi -, ovvero che la delega sembra molto, molto generica.
Per quanto riguarda la mia forza politica, siamo favorevoli a correre, a confrontarci, a non creare steccati tra di noi e a riscoprire uno spirito costituzionale tutti insieme, ma non siamo certamente d'accordo con chi vuol correre per arrivare semplicemente ad un trofeo.
Noi riteniamo seriamente che stiamo trasformando la nostra Repubblica, anche applicando ciò che per cinquant'anni non abbiamo saputo portare avanti; i nostri padri costituenti avevano già sottolineato l'importanza delle autonomie in un Paese di molteplici culture, che noi non siamo stati capaci di esaltare.
Offriamo pertanto la massima disponibilità; ma dobbiamo iniziare a lavorare bene, senza che qualcuno pensi di aggiudicarsi dei trofei.

MARIO PEPE (PD). Signor presidente, ringrazio il presidente dell'ANCI per le considerazioni fatte e, soprattutto, per le proposte emendative che accompagnano la sua relazione. Permettetemi una prima domanda. Condivido le risultanze del convegno tenutosi l'altro giorno a Reggio Emilia, nel quale si ipotizzava una preoccupazione diffusa nelle amministrazioni del nord - ma credo in tutte - in ordine alle funzioni, alle risorse e alle fonti di finanziamento.
È un tema che il presidente Domenici ha codificato molto bene nella relazione, ed è una preoccupazione presente anche in questa Commissione.
Stabilito che, quindi, una preoccupazione c'è, io eviterei l'insistente richiesta di tormentare oltremodo la Costituzione Italiana. Noi parliamo di «federalismo» e la semantica in questo ci aiuta; tuttavia, è un termine improprio in quanto noi riteniamo che non si tratti altro che di un equilibrio finanziario, in attuazione prevalentemente dell'articolo 5 della Costituzione - che resta una pietra miliare - e, secondariamente, dell'articolo 119 della Costituzione modificato, che nacque per affrontare politiche perequative per le regioni che avevano forti discrasie economiche e territoriali.
È chiaro che «funzioni» significa «risorse», quindi le preoccupazioni ci sono tutte.
Non ritiene, presidente, che noi della Commissione questioni regionali, in attuazione


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al presente decreto dovremmo incardinare al nostro interno, sia pure considerandola come organo tecnico alle questioni regionali, la Conferenza per il coordinamento della finanza pubblica - la cui costituzione è decretata all'articolo 4 del provvedimento Calderoli - così attuando, sia pure in maniera impropria, l'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, rimasto inattuato e della cui inattuazione tutti soffriamo?
Una maggiore centralità della Commissione questioni regionali, sussidiata da questa Conferenza per il coordinamento della finanza pubblica, prevalentemente tecnica e qui incardinata, potrebbe essere una soluzione.
Si parlava, anche a livello delle amministrazioni, del tema affiorato durante gli incontri dell'ANCI sulla service tax, come imposta omnicomprensiva da restituire o da definire anche in quel decreto sulla finanza locale - cui si faceva riferimento - per far fronte alle questioni.
Ritiene veramente, presidente, che il Codice delle autonomie possa essere ancora adottato dopo la legge n.142 del 1990, dopo la legge generale sul sistema delle autonomie territoriali mai modificata dal 1934 se non da noi?
A mio avviso, le dichiarazioni che lei ha fatto e le cose che ha scritto nella relazione ipotizzano questo rapporto dialettico tra risorse e funzioni.
Sono convinto che dobbiamo evitare, come diceva il collega Astore, un eccessivo regionalismo, pur ritenendo che le regioni abbiano un ruolo significativo in raccordo con le autonomie territoriali.
Nelle proposte emendative occorre pertanto giungere possibilmente ad una sintesi operativa della Conferenza unificata, per non dividerci nei meandri della istituzionalità e della emendabilità degli atti.

LUCIANO PIZZETTI. Anch'io ho apprezzato la chiarezza della sua esposizione, presidente Domenici. Desidero dirle che ritengo che l'ANCI, e lei come suo rappresentante, abbiate ragione su un punto essenziale, cioè il tema delle funzioni, della connessione tra il provvedimento che qui si sta discutendo e i vari soggetti e le rispettive competenze. Se non si chiarisce questo punto, la cosa diventa complicata.
Da questo lato, credo che sarebbe importante che si accompagnasse il provvedimento sul federalismo fiscale con l'atto di ridefinizione delle funzioni delle autonomie.
Le chiedo se l'ANCI immagina che questo debba andare in parallelo o che, essendo la legge delega a maglie sufficientemente larghe su alcuni aspetti - e meno, come lei diceva, su altri -, questo parallelismo possa essere attuato anche in relazione ai tempi che si allungano relativamente all'assunzione dei decreti attuativi.
Mi chiedo, cioè, se il cosiddetto Codice delle autonomie - o comunque lo si voglia chiamare - debba accompagnare il provvedimento sul federalismo e avere, anche in progress, tempi più lunghi in relazione a quelli stabiliti dalla definizione dei decreti.
Credo che questo sia importante anche in relazione al tema, che lei poneva, delle autonomie impositive, quindi alle fonti di finanziamento. Condivido anche l'osservazione - che, del resto, è un principio costituzionale - che non vi debba essere subordinazione tra i livelli istituzionali.
Fatta questa premessa, mi limito a rivolgerle anch'io tre domande, come i colleghi che mi hanno preceduto.
La prima domanda riguarda le funzioni fondamentali ed essenziali: voi come le immaginate? Più contenute o più larghe? Naturalmente qui ci sarebbe da fare una discussione più approfondita, trattandosi di un tema di grande rilievo nell'attuazione della legge e nella definizione dei livelli di finanziamento.
La seconda domanda riguarda la perequazione. Avendo letto il vostro testo, vorrei capire meglio come immaginate l'aspetto perequativo, sia sul piano verticale, sia sul piano infraregionale.
Infine, condividendo la sua osservazione in merito alla relazione diretta con il Parlamento - credo che, tra l'altro, il tema sia all'attenzione del presidente di


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questa Commissione - le chiedo come immaginate di poter venire al confronto Governo-Parlamento, se riuscendo ad articolare in misura maggiore o minore la relazione tra ANCI, UPI e regioni. Mi spiego meglio: vorrei capire se ANCI, UPI e regioni sono in grado di costruire un processo di relazioni con Parlamento e Governo partendo da basi più comuni, oppure se questo è un tema ostico per cui «ciascuno fa per sé», e non so chi faccia per tutti.
Queste sono le mie domande essenziali; per il resto, la ringrazio nuovamente e ribadisco che ho apprezzato molto la chiarezza dell'impostazione.

MARIA TERESA BERTUZZI. Signor presidente, c'è una grande attesa nel sistema delle autonomie locali rispetto a questo processo di costruzione del sistema federale, come lo ha definito il presidente.
È un'attesa che non deriva solamente dal bisogno di innovazione del nostro ordinamento statale, ma da un bisogno nato all'interno dei comuni, e che deriva da - ormai diversi - anni di incertezza e da una gestione dei comuni principalmente legata al tema delle risorse, senza le quali diventa necessariamente sempre più complicato assicurare la certezza nella fornitura di servizi.
Sono molto preoccupata rispetto al fatto che questa occasione, se non condotta nei termini di una vera solidarietà istituzionale, potrebbe in qualche modo portare a situazioni ancor più preoccupanti perché è evidente che, in questa filiera, il sistema delle autonomie locali è comunque sempre la parte più debole.
Questo perché le autonomie locali rappresentano quella parte della filiera istituzionale che non ha potere legislativo, e l'unica cosa che può fare è cercare le strade attraverso cui manifestare la propria partecipazione e dare il proprio contributo, sebbene con una forza sicuramente non paragonabile a quella dei sistemi legislativi nazionale e regionale.
Apprezzo la relazione del presidente Domenici; molte delle cose dette dai colleghi sono condivisibili, e rafforzano la preoccupazione del fatto che questa ampia discussione sul federalismo rischia di far passare in sottordine la situazione di forte criticità che i comuni si troveranno ad affrontare nei prossimi mesi al momento dell'approvazione dei bilanci.
In questa sede è già passata qualche mese fa la discussione relativa al decreto ICI e dal parere della stessa Commissione era emerso un invito al Governo a rendere certe sia le risorse da destinare ai comuni dopo l'abolizione dell'ICI, sia le date entro cui questi trasferimenti avrebbero dovuto concretizzarsi.
Approfitto del passaggio del presidente dell'ANCI per dire che, se questo è l'andazzo, io sono piuttosto preoccupata sulla discussione più generale della riforma federale. Non più tardi della fine di agosto è stato fatto questo decreto che ha approfittato dell'occasione per trasformare l'abolizione dell'ICI - che non doveva in alcun modo compromettere la gestione dei comuni - in qualcosa di diverso, dando incertezza alle somme e introducendo un'azione di distorsione delle modalità di determinazione del gettito, dal momento che il decreto contiene relazioni con il patto di stabilità e con l'efficienza nel livello di riscossione dei tributi.
Questo aumenta sicuramente il livello di incertezza con cui i comuni affronteranno la predisposizione dei prossimi bilanci.
Come diceva il presidente Domenici, a questo si aggiungono altre incertezze che riguardano le finanziarie degli anni precedenti e che si legano fortemente ad un elemento che, come portavoce del sistema delle autonomie locali, mi piacerebbe sottoporre, in questa sede, al presidente: mi riferisco al tema della tecnicalità, in relazione al federalismo attraverso la compartecipazione ai tributi nazionali per gli enti locali.
L'esperienza della compartecipazione IRPEF ci insegna una cosa di cui dobbiamo tener conto: era nata come elemento fortemente innovatore, che dava grandi speranze ai comuni di poter generare ricchezza attraverso la ricchezza delle proprie comunità e, quindi, anche la possibilità


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di implementare le proprie entrate. Di fatto, nel giro di pochissimi anni è già diventato un trasferimento praticamente storicizzato.
Pertanto, a proposito della tecnicalità con cui il federalismo fiscale verrà analizzato, chiedo al presidente Domenici se non ha timore che possa incidere su quel processo di autonomia finanziaria che, se non è realizzato, svuota profondamente di valore questo processo federativo. Allo stesso modo, svuota di valore questo processo federativo la semplice elencazione delle funzioni da trasferire ai comuni se, nel passaggio del trasferimento delle funzioni gestite a livello macro, non si trova anche il modo di mettere in valore il tema dell'associazionismo intercomunale.
Questa è un'occasione molto importante per il sistema delle autonomie locali e, nel momento in cui c'è la volontà di affrontarlo, credo che ci debba essere una grande trasversalità e che ci sia anche un grande bisogno, come diceva il presidente, di trovare il luogo del confronto e della discussione.
Questa è la mia prima esperienza all'interno del Parlamento, e sono ancora sindaco del mio comune; mi trovo spesso a vivere questa schizofrenia di ruolo, che mi deriva dal fatto che quando si discute di norme che riguardano le autonomie locali non c'è luogo ove tali autonomie possano di fatto far valere la loro voce.
Per questo motivo, anche dietro sollecitazione del presidente Domenici, invito il presidente a fare una riflessione e ad incrementare il valore di questa Commissione bicamerale. Mi rendo conto che tutto ciò che passa attraverso questa Commissione potrebbe essere arricchito non tanto dall'occasionale presenza di qualche parlamentare che sia anche amministratore locale, quanto da una presenza riconosciuta e istituzionalizzata delle autonomie locali, soprattutto quando si legifera introducendo decreti che modificano le responsabilità dei comuni.
Approfittando di questo momento, molto importante per me come penso per la maggior parte dei commissari, mi chiedo se non si possa cogliere anche l'occasione di far partire questa sollecitazione attraverso la costruzione di un documento che nasca da questa Commissione e ponga l'attenzione del Governo sul tema della fiscalità attuale e della criticità del sistema finanziario dei comuni.
La finanziaria è già in sede di elaborazione all'interno del Consiglio di ministri, e non pare che vi siano grandi modificazioni rispetto ai contenuti del decreto-legge n. 112.
Io credo che ci sia bisogno di sollecitare l'attenzione circa la criticità, evidenziata dal presidente, riguardante la costruzione dei bilanci nei nostri comuni per l'anno 2009.
Mi piacerebbe che si potesse valutare, al di là di questa audizione, la costruzione di un documento di stimolo e di aiuto a questo percorso, perché se aspettiamo che sia pronta la legge sulla federalismo rischiamo di lasciare i comuni al guado in questo periodo di transizione.

LORENZO RIA. Evito di tornare su alcuni temi, in gran parte condivisibili, già affrontati negli interventi precedenti. Condivido naturalmente la relazione introduttiva del presidente Domenici e, soprattutto, il taglio che ha voluto dare a questo intervento.
Non siamo in una fase in cui si tratta di vedere quali e quante modifiche, e in che misura, devono essere fatte, perché ci troviamo di fronte ad un disegno di legge che non è stato ancora approvato, quindi stiamo discutendo di qualcosa che è abbastanza in itinere e in merito al quale ciascun livello si confronta con gli altri livelli istituzionali.
Mi rendo conto che, in questo caso, la situazione dei comuni si confronta soprattutto con il Governo, per mettere a punto in questa fase un provvedimento che venga emanato dal Consiglio dei ministri già in un'articolazione di norme che sia un contributo, se non addirittura una sintesi, rispetto al lavoro fatto in questi mesi.
Raccolgo alcune sollecitazioni, che mi interessano molto anche dal punto di vista culturale.


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Il presidente Domenici ha sollevato il problema della sproporzione nell'individuazione delle risorse tra regioni e comuni. Per le regioni la questione è affrontata abbastanza diffusamente nella bozza del disegno di legge, mentre così non è per i comuni, rispetto ai quali oggi si parla genericamente di «un paniere di tributi», poi si vedrà cosa accadrà.
A questa mia osservazione ne è sottesa un'altra: tutto questo è la conseguenza di una subordinazione ancora esistente tra i diversi livelli istituzionali? Questo è il tema che, nonostante la riforma del Titolo V, non è stato ancora definitivamente affrontato e definito.
Avendo avuto la fortuna di condurre per alcuni anni con il presidente dell'ANCI alcune battaglie, in questa sede così come in altre, mi rendo conto che sto per dire delle cose che possono sembrare delle riflessioni troppo critiche rispetto al dibattito.
Io penso che di subordinazione non si parlerà più quando si capirà che vi sono, nel nostro ordinamento, nel nostro assetto istituzionale, soggetti con ruoli definiti - ovvero quello legislativo e quello della funzione amministrativa - che hanno una forte riconoscibilità di presenza nel quadro istituzionale. Mi riferisco al tema delle province, sollevato anche dal collega.
Sono stato anche invitato a partecipare ad un dibattito sull'abolizione delle province. Io non sono a favore della loro abolizione, ma sul tema della subordinazione penso che potremo dare un contributo alla sua definizione se, molto serenamente e tranquillamente, considereremo le province per quello che oggi, in un momento in cui si parla di federalismo fiscale, potranno essere nell'ordinamento, ovvero articolazioni, sia pure importanti, delle regioni, bracci operativi delle regioni per ciò che attiene alla funzione di raccolta di dati dal punto di vista della programmazione del territorio, per la programmazione di carattere generale che le regioni sono chiamate a svolgere.
Affronto questi temi perché trattano il cuore del federalismo.
Il federalismo è, sostanzialmente, livello standard, efficienza e responsabilità. Tutto questo può riguardare, dal punto di vista delle funzioni amministrative, i veri soggetti di prossimità, ovvero i comuni.
È evidente che quando il soggetto si allontana da questa funzione di prossimità vengono meno la responsabilità e l'individuazione del servizio e del suo livello migliore da offrire ai cittadini, nei confronti dei quali si risponde al momento della chiamata elettorale.
L'altra domanda, che naturalmente è già stata affrontata ma che mi piace ricordare, è se funzioni fondamentali debbano andare in parallelo. Dal mio punto di vista, devono precedere la definizione dei meccanismi di attribuzione delle risorse. Come facciamo a parlare di risorse se non sappiamo chi fa cosa? Sostanzialmente, il tema è questo.
Naturalmente, siamo molto avanti nel dibattito, molte funzioni sono già state trasferite e si tratta di vedere quali altre funzioni debbano ancora esserlo; tuttavia, è evidente che, nell'ambito del Codice delle autonomie, questa attività legislativa deve essere definita prima di arrivare alla conclusione del processo del federalismo.
Se noi oggi facessimo questa mossa pur di chiudere nel giro di uno o due mesi, senza aver messo paletti certi su quelle che sono le funzioni fondamentali dei comuni, l'impianto normativo del federalismo istituzionale sarebbe fragile rispetto al federalismo fiscale.
L'ultimo tema, già affrontato dal presidente Domenici, riguarda il ruolo di questa Commissione. Nel disegno di legge Calderoli c'è addirittura la previsione di un'ulteriore Commissione bicamerale (non vorrei confondermi, ma mi sembra che le cose stiano in questo modo).
Ancora una volta, per le battaglie che sono state fatte, non vedo perché il Titolo V non debba essere attuato nella sua interezza. Quale momento e quale occasione può essere migliore per far diventare questa Commissione bicamerale - la famosa «bicameralina» - la sede istituzionale dove tutto ciò che deve essere portato a sintesi può essere fatto con l'apporto di


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tutti i livelli istituzionali. Auspico che la sollecitazione ad integrare la Commissione bicamerale nasca dal mondo delle autonomie.
Naturalmente mi rivolgo anche al presidente della stessa Commissione; non sono necessari procedimenti legislativi, credo sia sufficiente un decreto del presidente del Consiglio.
Si tratterebbe, naturalmente con una intesa sulla rappresentanza, di procedere anche in questa direzione.

PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi. In merito al tema dell'integrazione della nostra Commissione, quindi sulla piena attuazione dell'articolo 11 della recente riforma costituzionale, abbiamo più volte, anche in sede di ufficio di presidenza, approfondito il tema.
È stato fatto un lavoro veramente importante da parte delle precedenti Commissioni, in particolare quella della XIV legislatura che ha tracciato il percorso da compiere per l'integrazione di questa Commissione, che è tutto interno al Parlamento. Pertanto, è in sede di modifica dei regolamenti parlamentari che si svolgerà il ruolo preponderante ai fini dell'integrazione della nostra Commissione. È lì che dobbiamo concentrare tutti i nostri sforzi, indipendentemente dalle forze politiche che qui rappresentiamo, al fine di applicare quell'articolo della riforma costituzionale.
Per quanto riguarda, senatrice Bertuzzi, il problema della criticità dei bilanci delle autonomie locali, sia nel momento in cui chiameremo il ministro dell'economia Tremonti in audizione, sia nel momento in cui la nostra Commissione sarà chiamata dalle altre Commissioni a esprimere pareri sui provvedimenti, avremo modo di far sentire la voce delle autonomie locali, quindi di dare piena espressione alle esigenze delle autonomie in tema di conti e di finanziamenti da parte dello Stato.
Do la parola al presidente Domenici per le considerazioni finali.

LEONARDO DOMENICI, Presidente dell'ANCI. Grazie, presidente Caparini. Vi ringrazio per gli interventi. Esprimerò alcune valutazioni, darò qualche risposta e, se mi permettete, esprimerò anche un auspicio finale.
Per quanto riguarda la relazione fra il Codice delle autonomie e il federalismo fiscale, l'ho già detto nell'introduzione a questo dibattito e lo ripeto: sono assolutamente contrario a che possa esservi un uso per così dire strumentale dell'una o dell'altra questione per creare ostacoli o difficoltà al processo riformatore.
Tuttavia - lo sottolineo con molta forza - voglio ricordare in questa autorevole sede che è lo stesso documento di programmazione economico-finanziaria, presentato e approvato dal Governo, che prevede che congiuntamente alla finanziaria si approvino i due provvedimenti. La relazione fra i due processi riformatori è sostanzialmente prevista dal Governo stesso.
Credo quindi che sia indispensabile mantenere questo processo parallelo, naturalmente senza che l'uno sia utilizzato strumentalmente per bloccare l'altro, anzi: sarebbe utile che entrambi traessero da questo parallelismo la spinta per progredire.
A tal proposito, voglio dire che sulla questione, per noi particolarmente importante, delle funzioni fondamentali, nel corso di questi anni l'ANCI ha lavorato molto sul tema. Siamo arrivati alla conclusione che in un provvedimento di carattere generale come il cosiddetto Codice delle autonomie - quindi la revisione del Testo unico degli enti locali - sia opportuna una individuazione delle funzioni fondamentali «a maglie larghe», cioè senza entrare troppo in un dettaglio che rischia di determinare problemi interpretativi, i quali possono essere lasciati ad una fase successiva.
A mio parere, l'elemento fondamentale è dato dalla considerazione, fatta anche in alcuni interventi di questa mattina, circa la netta distinzione fra la funzione di legislazione e la programmazione alta che devono svolgere le regioni, e la funzione amministrativa che deve essere evidentemente attribuita in primo luogo ai comuni.


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Per quanto riguarda alcune questioni di merito che sono state sollevate, ritengo che sia necessario indicare con precisione il finanziamento integrale di queste funzioni fondamentali. Riteniamo che, come si era previsto in un primo momento, avremmo potuto andare verso la previsione di un tributo che avesse come riferimento la base immobiliare.
In ogni caso, per noi questo non è un elemento discriminante; si possono trovare altre risposte - penso ad esempio alla compartecipazione a grandi tributi erariali - purché, naturalmente, come credo dicesse la senatrice Bertuzzi, non si trasformi la compartecipazione in una nuova forma di puro e semplice trasferimento erariale.
Per quanto concerne la perequazione, fermi restando i parametri nazionali, la nostra proposta è quella di lasciare a livello regionale la possibilità di accordi che prevedano che sulla perequazione si possano introdurre modifiche, in una logica di condivisione fra regione ed enti locali.
Tuttavia, il punto fondamentale è questo: è evidente che noi propendiamo per una maggiore autonomia e responsabilità sul piano dei tributi propri, perché ovviamente così facendo si riduce l'incidenza della perequazione la quale, con i problemi che questo comporta, aumenta invece se la sfera dei tributi propri viene ridotta.
Se il paniere di cui si parla nell'ultima versione della legge delega sul federalismo fiscale va riempito di tributi propri, non verrà riempito abbastanza.
È evidente che il nostro obiettivo è di stabilire, con molta forza e molta determinazione, che l'ambito dei tributi propri sia ampio, perché questo diminuisce anche l'incidenza e l'impatto della perequazione.
Per quanto riguarda gli auspici, vedo ovviamente con molto favore se da questa Commissione verrà una sollecitazione al Governo per affrontare i problemi anche più immediati, contingenti e urgenti, che riguardano la fiscalità e la finanza comunale.
Naturalmente, il mio auspicio è che questa sia una presa di posizione unitaria da parte della Commissione, perché è evidente che questo è il presupposto per dare più forza a questa iniziativa.
Sempre in fatto di iniziative unitarie, si è chiesto se siamo in grado di portare avanti il lavoro emendativo, il più possibile unitariamente con le regioni e le province.
Con le province non abbiamo attualmente nessun problema, ma con le regioni ci sono ancora aspetti da chiarire e da approfondire. Tuttavia, ci muoviamo il più possibile in una logica di collaborazione tant'è che, come ricordavo nell'introduzione, abbiamo presentato quel preambolo unitario con l'UPI e con la Conferenza delle regioni, che spero sia a vostra disposizione (o che provvederemo a consegnarvi).
Infine, anche prendendo spunto da quanto diceva il presidente Caparini or ora, se da questa Commissione partisse un'iniziativa volta a dare finalmente la possibilità di raggiungere l'obiettivo che ci si era dati con le disposizioni transitorie e finali della riforma del Titolo V, noi la sosterremmo con molta forza.
Per quanto mi consta, credo che il problema sia essenzialmente legato ad una modifica e revisione dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato.
Pertanto, è un atto che può essere fatto senza grandi problemi. Se, per esempio, dall'audizione di questa mattina si potesse far partire, con il nostro sostegno, un'iniziativa di questo tipo, noi saremmo ben felici di poterla sostenere, anzi, credo che sarebbe davvero un fatto importante.
Per quanto riguarda altri problemi specifici posti a questo proposito dall'onorevole Pepe, io penso che la possibilità di vedere se la Commissione paritetica per il federalismo fiscale possa essere eventualmente incardinata in questa Commissione è da valutarsi soprattutto in relazione al fatto se la Commissione paritetica debba essere una Commissione fra esecutivi oppure debba avere un riferimento alla sede parlamentare. Questo mi pare l'unico problema da affrontare.


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Ciò di cui abbiamo assolutamente necessità è una sede istituzionalizzata a livello parlamentare, dove sussistano un rapporto continuo e costante, un'effettiva integrazione, un confronto e un lavoro comune tra Parlamento e autonomie.
Mi permetto quindi di sollecitare e auspicare che questa iniziativa possa andare avanti.
Se, come noi ci auguriamo, questa iniziativa potrà essere avviata, la sosterremo con molta determinazione. Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente dell'ANCI Leonardo Domenici, il segretario generale Rughetti, il capo di gabinetto Nicotra e il capo ufficio stampa.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,45.

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