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Seduta del 19/11/2008


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Audizione del presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Prospero De Franchi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, in relazione al nuovo assetto di competenze riconosciute alle regioni e alle autonomie locali in materia di federalismo fiscale, l'audizione del presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Prospero De Franchi.

PROSPERO DE FRANCHI, Presidente del Consiglio regionale della Basilicata. Grazie per l'invito, che rientra fra le relazioni istituzionali necessarie per meglio garantire l'attività legislativa di ognuno di noi, nell'ambito dell'esercizio delle nostre funzioni elettive.
Su noi, consiglieri eletti nelle assemblee legislative regionali, incombe un particolare dovere di rappresentanza - non dico esclusiva, bensì concorrente - rispetto agli organi esecutivi. Pertanto, sono ben lieto di essere qui, con il consigliere segretario, avvocato Di Sanza, nonché della cortese e gentile presenza della senatrice Antezza, che è stata già molto autorevolmente rappresentante del consiglio regionale, in qualità di presidente, prima di essere eletta senatrice.
Ci facciamo pertanto scudo della sua presenza e autorevolezza per dichiarare ad alta voce quali siano non tanto le nostre lagnanze, quanto piuttosto le situazioni di uno stato di inferiorità - mi si passi questo termine - economica della nostra regione, in ordine alla previsione di entrate proprie di tributi, così come previsto dall'articolo 119 della nostra Costituzione.
Ci troviamo di fronte alla necessità di applicare il federalismo fiscale e, in ossequio a tale applicazione normativa, di esporre le nostre esigenze di regione piccola, ancorché efficiente nella sua articolazione di servizi resi alla cittadinanza (mi riferisco non solo all'articolazione e organizzazione parlamentare regionale, ma anche a quella, più diffusa sul territorio, degli enti locali).
Abbiamo una classe dirigente valida a livello politico. Vedo qui presente anche il senatore Chiurazzi, che saluto e ringrazio per la partecipazione. Essendo stato per molti anni amministratore e assessore della nostra regione, in vari dipartimenti, porta un'autorevole testimonianza di quanto sto dicendo e di quanto continuerò a dire.
Nel 1997, la nostra regione era stata indicata dal Governo allora in carica - mi si passi anche questo breve riferimento storico - come una delle due regioni (insieme all'Umbria) che avrebbero dovuto


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sperimentare il federalismo, applicandolo in via incidentale, prima ancora di renderlo norma.
Per valutazioni forse errate, all'epoca non fu avviata la sperimentazione. Non aderimmo a questa proposta e oggi, invece, avremmo potuto avere contezza, dopo due o tre anni di sperimentazione, di come si applica e funziona il federalismo a regime nelle regioni d'Italia.
Probabilmente all'epoca, con la FIAT che lavorava bene e occupava oltre 12 mila unità, con le 86 industrie che oggi - ahimè - hanno chiuso i battenti e che allora erano invece funzionanti, con il gettito IRAP e con le altre entrate tributarie previste e prevedibili con la delega piena alla regione Basilicata, avremmo potuto chiudere in pareggio i bilanci, forse addirittura con un piccolo attivo. Sono testimone di ciò, in quanto, essendo all'epoca dirigente dell'ufficio tributario regionale, sono stato attore di uno studio, che quattro regioni erano state delegate a compiere. Invece, negli anni 1999- 2000, abbiamo chiuso con 750 milioni di lire in meno.
Riguardo al federalismo fiscale, già l'attivazione del fondo perequativo garantiva e garantisce ancora oggi, alle regioni del Mezzogiorno, la chiusura dei bilanci entro il 15 settembre.
Forse non era sbagliata la soluzione del fondo di solidarietà nazionale già istituito presso il Ministero del tesoro - come tutti voi sapete - con il rimpinguamento automatico delle eccedenze delle tasse automobilistiche delle regioni del nord.
Su questo provvedimento, qualche autorevole parlamentare di altra sponda ha avuto occasione di lagnarsi, obiettando che non si sarebbero più dovuti erogare soldi al sud. Tuttavia, con questo prelievo non abbiamo scombussolato le economie delle regioni del nord, nella maniera più assoluta, giacché si trattava di eccedenze delle tasse automobilistiche.
La regione Lombardia versava 5 mila miliardi di lire che, forse, negli ultimi anni erano arrivati a 6-7 mila. È facile convertire questa cifra in euro. Tuttavia, ciò non ha determinato alcuno scompenso. Le regioni ricche non hanno mai trovato grandi difficoltà, né ne possono trovare, poiché basterebbe tassare in via eccezionale le «poche» industrie che hanno, lo dico tra virgolette per sottolineare che in realtà sono tante, per risolvere qualsiasi loro problema. Esse sono infatti in condizioni tali da comprarsi l'Italia!
Noi no. In Basilicata avevamo 750 milioni di lire di deficit nel bilancio, poi azzerati il 15 settembre. La regione Puglia aveva uno sbilancio di 12 mila miliardi di lire, la regione Campania di 19 mila miliardi di lire e, certamente, far eseguire la sperimentazione a una di queste regioni significava rischiare una finanziaria nazionale, se si voleva arrivare a pareggiare.
Invece, compiendo l'esperimento con noi e con altre regioni piccole, avremmo potuto mancare il pareggio di un qualcosa come mille miliardi, che sono facilmente drenabili.
Questa sperimentazione non si è fatta e vi prego di tenere conto ora di una tale esigenza. Può darsi che oggi questa sperimentazione si possa tentare e allora potremmo offrirci, come regione Basilicata, in qualità di cavie.
Certamente non abbiamo la consistenza economica di quattro o cinque anni fa. È in corso una recessione globale, che coinvolge tutti i Paesi e anche noi ne subiamo le conseguenze. Qualche industria sta chiudendo; la cassa integrazione non aiuta tutte le industrie; l'agricoltore è in affanno e la presenza dei servizi del terziario è statica. Quanto alla spesa pubblica, ci stiamo dando da fare per portarla avanti nella maniera migliore, ma, in presenza della finanza derivata, dobbiamo fare i conti con chi ci dà i soldi.
Abbiamo risorse autonome integrative, che ci vengono dalla natura: l'acqua e il petrolio. Tuttavia, queste ultime non producono l'effetto economico aggiuntivo tipico delle risorse di cui si può avere ampia e autonoma disponibilità, poiché sul bene essenziale, insopprimibile e irrinunciabile rappresentato dall'acqua grava il prezzo politico.
La regione Puglia, che ha quattro o cinque milioni di abitanti, ci paga un


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ristoro parziale delle spese vive che sosteniamo sia per la manutenzione degli impianti (gli invasi, le dighe, gli sbarramenti), sia per la guardiania e anche per la sicurezza igienico sanitaria degli invasi stessi. Non ci paga il costo a metro cubo.
Per essere precisi l'Ilva di Taranto paga l'acqua per uso industriale al metro cubo, mentre l'acqua che distribuiamo per l'agricoltura ha il prezzo calmierato. D'altra parte, se non si aiutasse l'agricoltura e si facesse pagare ai contadini l'acqua al metro cubo, chiaramente sui mercati la frutta dovrebbe costare non due, bensì cinquanta euro al chilo. Tutto è rapportato, tutto è calibrato.
Quanto al petrolio, siamo la regione che offre all'Italia e all'Europa la risorsa di una notevole quantità di idrocarburi estratti, con un aiuto economico all'Italia intera pari all'80 per cento dell'estrazione nazionale. Eppure - come sapete - l'imposizione è pari al 3 per cento. In passato è stato fatto un tentativo per portarla al 20 per cento tramite legge o decreto, ma poi il Presidente del Consiglio dei ministri si è tirato indietro.
Da un tale incremento, che avrebbe fatto lievitare l'esborso delle compagnie petrolifere internazionali e favorito una maggiore compensazione derivante dal petrolio, la regione Basilicata avrebbe tratto giovamento.
Abbiamo poi le compensazioni ambientali, anch'esse di entità ridicola.
Noi non possiamo risolvere i problemi di incremento delle entrate proprie tributarie, ai sensi del secondo comma dell'articolo 119, con le entrate che ho citato e con quelle provenienti dalla tassazione. Anche se vogliamo considerarla selvaggia, non possiamo non contenere la tassazione nei limiti del tollerabile. Diversamente, affameremmo il popolo! Oltre un certo livello non possiamo andare, come non può nessuna altra regione d'Italia.
Occorrerebbe essere titolari di quote di compartecipazione del gettito dei tributi erariali. In questo senso, auspichiamo che tutto ciò che lo Stato dovesse incassare sotto questa voce sia interamente devoluto alla regione Basilicata. Mi riferisco, per esempio, alle royalty sul petrolio.
Sulla teoria dell'articolo 119, ad esempio sulle quote di partecipazione al fondo perequativo, non ho nulla da dire. Tuttavia, mi insegnate che il sistema non funzionerà come prima, attraverso l'azzeramento degli sbilanci, bensì si avrà una compartecipazione al fondo perequativo per livellare il reddito, facendo riferimento al numero dei cittadini che abitano nella regione.
Per l'espletamento della funzione pubblica, si riserva alla regione la facoltà di scegliere in che maniera calcolare e imporre i tributi, per determinare le entrate necessarie.
Sul quinto comma, che prevede risorse aggiuntive e provvedimenti speciali, rilevo che in Basilicata non ha mai avuto esecuzione. In fase sperimentale, si potrebbe tentare un'operazione del genere, giacché siamo notoriamente una regione molto dignitosa dal punto di vista morale e, sostanzialmente, anche come tenore di vita. Abbiamo la dignità di chi vive in sofferenza, ma non stende la mano per chiedere allo Stato interventi speciali e risorse aggiuntive, come si faceva una volta, con il cappello in mano, quando si andava a casa dei potenti. Preferiamo esprimerci attraverso il rispetto delle leggi e la compostezza della contestazione, con la fermezza di chi ha diritto di vivere una vita con decoro e dignità, alla pari di ogni cittadino della nostra Nazione.
Il sesto comma riguarda il patrimonio regionale, quello di cui potremo finalmente disporre un volta che sia cancellato il demanio.
Ci rendiamo conto che da parte del Governo dovrà essere svolto un lavoro enorme per attuare questa riforma, che è necessaria, buona e i cui presupposti, dal punto di vista formale, sono ineccepibili. L'attuazione della norma potrà determinare, in via sperimentale, sorprese di mancata o erronea applicazione, per cui in Italia avremmo «figli e figliastri», senza


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accorgercene e senza voler operare una discriminazione pregiudiziale tra i cittadini del nord e i cittadini del sud.
Il tracollo delle regioni del sud sarebbe inevitabile e potremmo allora rimpiangere la normativa attuale e il fondo di solidarietà nazionale rimpinguato dalla eccedenza delle tasse automobilistiche. Lo ripeto: non abbiamo tolto niente alle regioni del nord, in quanto si tratta delle eccedenze delle tasse automobilistiche. In Basilicata raccogliamo 80 miliardi di lire e va considerato che abbiamo 600 mila abitanti e, nella città di Potenza, il tasso più alto, a livello nazionale, di presenza di auto.
In Basilicata il territorio è depauperato, ma non deserto. Esso è interamente coperto e presidiato dall'uomo, con 131 comuni validi e efficienti, abitati da chi ha la fortuna di trovare occupazione nelle varie attività produttive, agricoltura in primo luogo e poi artigianato e turismo, che stiamo sviluppando. Rileviamo anche un forte turismo di ritorno, da parte del milione circa di emigrati dal dopoguerra a oggi, che vivono sparsi nel mondo e che danno lustro alla nostra regione. Si tratta di gente che viene dal sacrificio e che con dignità e onestà ha centuplicato le proprie risorse iniziali. Non ha dilapidato quello che possedeva: ognuno ha ancora una casa nei piccoli paesi, o appezzamenti di terreno. La nostra regione è un modellino di vivibilità.
Vi ringrazio per avermi ascoltato e non voglio tediarvi oltre. Tuttavia, ho voluto fare questo piccolo excursus per dirvi che, se si dovesse ritenere di sperimentare l'applicazione immediata del federalismo fiscale a regime, la regione Basilicata è pronta ad offrirsi per farlo.
Tuttavia, per ragioni di continuità - oggi ci siamo incontrati, ma non siamo in grado di incontrarci operativamente nei luoghi istituzionali e costituzionali in cui si assumono le decisioni connesse e conseguenti all'applicazione di questa normativa - riteniamo che sia opportuno, anzi indispensabile, confermare la richiesta (già presentata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province) di integrazione della Commissione bicamerale degli affari regionali.
Sui temi della finanza pubblica abbiamo una sede permanente di cooperazione. Ci sta bene che gli esecutivi regionali possano far parte della Commissione paritetica per l'attuazione del federalismo e per l'applicazione dei decreti delegati, come supporto tecnico e amministrativo, insieme alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica che esprime le funzioni di indirizzo e di proposta. Tuttavia, mi chiedo in quale sede siano propriamente presenti i consigli elettivi, che hanno la responsabilità diretta e immediata. Molto spesso, negli organi esecutivi si trovano organismi esterni che vengono a rappresentare i cittadini in maniera surrettizia, irreale, non concreta, non immediata, non diretta e neppure rispondendo ai cittadini stessi. Chi risponde ai cittadini siamo noi, gli eletti, che però non siamo presenti.
Penso che, unitamente agli enti locali, l'attenzione prioritaria debba essere riservata al consesso maggiore, a quello istituzionalmente più responsabile, in quanto dotato di maggiore autorità, che è il consiglio regionale di ogni regione, la nostra compresa.
Chiediamo una maggiore attenzione per i consigli regionali. Sarà poi vostra e nostra cura stabilire forme e modalità, termini e numerosità della rappresentanza nei consessi che il Parlamento riterrà di doverci accordare come segno di attenzione alla nostra disponibilità a fornire un contributo concreto affinché si possa rendere più attuale la riforma e più fruibile l'effetto dell'applicazione della normativa.
La regione Basilicata fa anche molto altro. Monitoriamo già da anni - la senatrice Antezza potrà confermarlo - con un ufficio a ciò preposto e con dovizia di risultati, il lavoro svolto in consiglio regionale e l'efficacia delle leggi che si producono sul territorio. Ciò allo scopo di verificare la rispondenza di queste ultime ai presupposti che hanno mosso il parlamento regionale a adottare i provvedimenti, rilevare gli effetti che si sono prodotti


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nonché il gradimento riscosso, con un rapporto con gli elettori diretto, costante, continuo e quotidiano.
Guai a essere esclusi dalle sedi in cui si decide e guai se si dovesse limitare il ruolo del consiglio regionale a mero organismo di ratifica delle decisioni assunte in altra sede e in assenza dei consiglieri regionali.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente per la sua esposizione. Do la parola ai colleghi che intendano formulare quesiti e osservazioni.

MARIO PEPE (PD). Ringrazio il presidente De Franchi per aver fornito una diagnosi di carattere socio-economico più che politico-istituzionale sul tema dell'audizione. Vorrei definire «strutturale» l'analisi da lei svolta, in quanto essa deve precedere necessariamente la fase in cui si affrontano in maniera seria le questioni istituzionali che riguardano il funzionamento degli organi istituzionali maggiori e minori del nostro Paese.
Vorrei svolgere due osservazioni di carattere metodologico.
La prima osservazione concerne il coinvolgimento della sovranità dell'assemblea regionale nel dibattere oggi, per essere preparati domani, la proposta di federalismo fiscale; questo proprio per la rilevanza che hanno gli eletti e per la considerazione dovuta da parte di un esecutivo che è diverso dall'organo che deve poi accogliere, recepire e legiferare di conseguenza. Sarebbe opportuno avviare un dibattito, sia pure in assenza di una legge approvata, in modo da raccogliere anche il parere dei consiglieri dei territori delle comunità. La Basilicata, del resto, ha sempre avuto una tradizione di grande serietà amministrativa e legislativa. Fin dai primi presidenti che hanno vissuto in maniera continua l'esperienza di guida, si tratta di una regione molto democratica ed efficiente, che ha sempre risposto alle esigenze del territorio.
La seconda osservazione è rivolta a ricordare che, fra qualche giorno, ci troveremo a dibattere un testo sul quale il Senato ha richiesto il parere della Commissione per le questioni regionali e sappiamo già che esiste un orientamento diffusamente positivo da parte dei rappresentanti degli organi regionali. La Conferenza unificata si è espressa in questo senso.
Oggi, però, dopo una valutazione più diffusa e più riflessiva, anche con l'ausilio di associazioni, di centri studi e di enti che vanno a definire le questioni tecniche e operative del federalismo così come oggi è stato presentato, nascono perplessità simili a quelle che affioravano anche nelle sue valutazioni.
Vorrei svolgere una riflessione da meridionalista: nel portare avanti le nostre questioni dobbiamo essere orgogliosi e non vivere passivamente. Il nostro territorio, al di là delle difficoltà, non è un territorio subalterno e passivo. Al contrario, dobbiamo essere orgogliosi della nostra forza e fare dichiarazioni in cui si esprime la volontà di cambiare le cose nel nostro Paese. Si tratta di un'osservazione di carattere politico che mi sento di fare, essendo anch'io di provenienza regionale.
Le domando, signor presidente, se anche lei non ritenga che gli studi recenti della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno) abbiano suscitato grande preoccupazione, se non allarmismi, sulla definizione delle quote finanziarie da assegnare agli enti territoriali, al di là della finanza e dei tributi autonomi. Sussiste una grande preoccupazione a tal riguardo. Le chiedo se non ritenga che dovremmo assumere e sostenere il provvedimento di cui stiamo parlando con una piattaforma economica e finanziaria molto oggettiva, in modo che ognuno di noi sappia che cosa dovrà accadere domani.
Si tratta di una processualità che è stata iniziata e che dobbiamo vivere non con sgomento e paura, bensì con grande serenità e orgoglio, giacché come il federalismo sarà realisticamente vissuto dipenderà da noi (cioè da ciò che il legislatore andrà a definire).
La mia prima domanda, quindi, verte sulle quote finanziarie.


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In secondo luogo, dobbiamo evitare che si crei un forte dualismo istituzionale tra le regioni e gli enti territoriali minori, ossia le province e i comuni. L'afflato territorialistico e autonomistico deve essere integrale e la prima cosa che le regioni devono acquisire è la loro natura di regioni delle autonomie territoriali. Non sono articolazioni dello Stato centrale; invece devono recuperare, nella loro forza istituzionale, la capacità di essere sintesi di rappresentanza delle autonomie territoriali.
Diversamente, non sarebbero regioni, bensì un altro governo centralista con il quale fare i conti. Si tratta di avere piena consapevolezza del valore dell'articolo 5 della Costituzione, del valore delle autonomie che si devono riassumere e riconoscere. La legge costituzionale riconosce il Consiglio delle autonomie territoriali, che di per sé rappresenta un elemento positivo, al di là del fatto che in alcune regioni non sia stato istituito.
Concludendo, prendo atto che la Basilicata è orientata a riconoscere il potenziamento di questa Commissione per le questioni regionali. Essa deve anche respingere talune movenze di personaggi carismatici che, improvvisamente, per affrontare e monitorare l'attuazione del federalismo immaginano che dobbiamo istituire un'altra commissione bicamerale. Sarebbe una vergogna istituzionale: riteniamo che questa Commissione (anche perché voluta da Camera e Senato) abbia le competenze e le conoscenze necessarie per affrontare questo tema e per essere integrata. Bene ha fatto, quindi, il presidente di questa Commissione a chiedere ai Presidenti della Camera e del Senato di integrare la Commissione stessa con le rappresentanze delle autonomie. Riteniamo di dovere portare avanti insieme alle regioni questo elemento fortemente innovatore, anche perché rispettoso della Costituzione.

MARIA ANTEZZA. Saluto il presidente De Franchi e il consigliere segretario Di Sanza. Ho apprezzato le osservazioni e il contributo che questa mattina il presidente ha portato a nome del consiglio regionale della Basilicata. So che nell'ambito di quella assemblea legislativa - anche per rispondere a una sollecitazione che veniva dal nostro capogruppo Pepe - è già stato attivato un dibattito sul tema del federalismo fiscale. Credo che questa presenza rappresenti un rafforzamento della posizione che già la Conferenza dei consigli regionali d'Italia ha portato in questa Commissione.
Sicuramente esiste un tema attinente al potenziamento dell'autonomia finanziaria delle regioni e alla piena attuazione dell'articolo 119 della Costituzione che, in qualche modo, fa emergere per le assemblee legislative una serie di nodi da sciogliere, rispetto anche alla revisione organica e coordinata delle funzioni relative a determinate procedure, per riaffermare anche la loro nuova mission.
Mi riferisco, in particolare, al fatto che l'articolo 119 della Costituzione comporta automaticamente una implementazione delle funzioni e un ripensamento complessivo, se vogliamo, degli assetti istituzionali, sul versante degli ambiti di autonomia e di spesa relativi a vari livelli di governo, delle procedure di bilancio e di contabilità, del coordinamento interistituzionale tra i soggetti della Repubblica e della compatibilità costituzionale del nuovo sistema che si va a immaginare nonché, nello stesso tempo, sul ruolo specifico, da un lato, delle assemblee parlamentari, dall'altro, delle assemblee legislative regionali.
Uno dei temi dibattuti nelle assemblee legislative regionali riguarda l'attuazione dell'articolo 119 e il nuovo rapporto che deve stabilirsi tra gli esecutivi e le assemblee legislative. Riteniamo infatti che il rafforzamento del ruolo dei governi regionali debba essere accompagnato anche da un rafforzamento dei ruoli delle assemblee legislative, che rappresentano - come puntualizzava giustamente il presidente De Franchi - il luogo di rappresentanza degli interessi che compongono l'intera collettività.
Credo che, da questo punto di vista, il lavoro svolto dalla Conferenza dei presidenti dei consigli regionali, che ha dato


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vita anche a un documento importante che è stato trasmesso tanto alla Camera quanto al Senato - mi riferisco alla Carta di Matera, che veniva richiamata anche dalla presidente Donini - consenta di mettere in luce un lavoro che i consigli regionali hanno svolto sul tema della nuova funzione di controllo da parte delle assemblee legislative. Si tratta di implementare quella funzione di indirizzo e di semplice sindacato ispettivo con un nuovo ruolo, che attiene alla valutazione dell'impatto e degli effetti che le politiche pubbliche producono sui cittadini.
Da questo punto di vista, non solo è stata prodotta la Carta di Matera, ma ogni consiglio regionale ha attivato già uffici di monitoraggio - come diceva anche il presidente De Franchi per quanto riguarda la regione Basilicata - o ha immesso in leggi importanti le cosiddette clausole valutative.
Vorrei concludere, proprio tenendo conto di queste considerazioni espresse dalla presidente Donini attraverso un documento che è stato consegnato a questa Commissione, dicendo che sono d'accordo sulla necessità di integrare la Commissione bicamerale per le questioni regionali con i rappresentanti delle assemblee legislative regionali e, nello stesso tempo, sull'opportunità stabilire procedure di raccordo tra le assemblee regionali e il Parlamento, anche rispetto ai temi di cui parlavo prima.
Sicuramente siamo favorevoli - in virtù delle esperienze che abbiamo vissuto a livello territoriale - a un rafforzamento della collaborazione interistituzionale tra assemblee legislative regionali e Parlamento, anche per procedere all'auspicato coordinamento.

GIANVITTORE VACCARI. Saluto i nostri ospiti e mi scuso per non avere seguito dall'inizio la relazione di cui, tuttavia, penso di avere colto i tratti principali.
Riconosco, anche per averla visitata, che la Basilicata è sicuramente una nobile regione, con un popolo di grande dignità. Sappiamo che nelle regioni che mi permetterei di chiamare «mediterranee d'Italia» e non del sud Italia, poiché la contrapposizione nord-sud forse svia gli approfondimenti e porta su scenari di discussione che non ci interessano, sono presenti anche importanti aziende ad alta tecnologia e con una notevole capacità di generare profitto, reddito e posti di lavoro. Anche nel campo della ricerca universitaria e di quanto ad essa collegato si sta facendo molto. Sappiamo anche che sono presenti molte aziende nazionali che hanno le proprie strutture di servizi ai cittadini allocate in queste regioni. È bene che sia così e da parte di tutti non si può che auspicare una crescita e una qualità della vita sempre più alta.
Tuttavia, nel ragionamento svolto e nelle preoccupazioni che ho sentito pronunciare, peraltro del tutto legittime, ho notato che si insiste sempre più sul lato delle entrate e meno su quello delle uscite.
Sappiamo che questo provvedimento di legge ha come caratteristica fondamentale il tentativo di uniformare e responsabilizzare tutti intorno ai cosiddetti costi standard.
Su tale standard si aprirà un dibattito, poiché si tratta di una parola facile da dirsi, ma difficile da coniugarsi. Dobbiamo concentrarci su questo punto, poiché, se andiamo a concentrarci su trasferimenti ipotetici o reali, prima, dopo e durante, allora sviamo il discorso.
La grossa sfida che abbiamo di fronte, come amministratori, anche nel rapporto con i cittadini che rappresentiamo, è costituita da una vera rivoluzione sul lato delle uscite, dei costi. Anche perché - mi permetto di aggiungere - è senz'altro importante il valore totale complessivo dei possibili trasferimenti, ma se andiamo a vedere i trasferimenti pro capite, non credo che le regioni che a me piace definire «più mediterranee» facciano rilevare valori inferiori rispetto alle regioni «meno mediterranee» e «più alpine». Anzi, alle prime sono associati valori tre, quattro o cinque volte maggiori rispetto alle seconde. Sono valori di spesa sul quel territorio in termini euro pro capite, di fatto simili a quelli delle regioni a statuto speciale. Ebbene, credo si debba riconoscere -


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lo affermo col massimo rispetto e pacatezza - che sono esistite anche realtà che negli anni Settanta-Ottanta non navigavano nell'oro e non avevano certamente situazioni privilegiate di qualità della vita, ma che hanno messo bene a frutto i propri talenti, li hanno resi produttivi e adesso viaggiano su situazioni di reddito e sviluppo sicuramente interessanti.
Altre realtà - non è sicuramente questo il momento di farne l'analisi - non hanno avuto lo stesso tipo di trend. Anche nella VI Commissione del Senato, Finanza e tesoro, in cui opero, è stato riconosciuto in maniera indistinta da tutti che i flussi di trasferimento, in tutti questi decenni, sono sicuramente stati di tale entità da dover generare quei benefici che purtroppo non si sono visti.
Senza riaprire il dibattito su questo tema, occorre ribadire che il versante dei costi (che, come ho detto prima, questa legge pone all'attenzione e alla centralità della responsabilità di tutti noi) rappresenta l'elemento fondamentale sul quale dobbiamo ragionare.
La preoccupazione non deve essere quella di valutare i flussi d'entrata prima, dopo e durante, bensì quella di impegnarsi su una spesa che sia - pur con le differenziazioni che ci debbono comunque essere - equilibrata in tutte le regioni italiane, in modo tale che i cittadini, in ogni realtà, abbiano pari qualità di servizi a parità di costo.
Se spostiamo l'attenzione su altri temi, smarriamo la grandezza di questa riforma e rischiamo anche di diffondere un'informazione non completa.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente De Franchi per la replica.

PROSPERO DE FRANCHI, Presidente del Consiglio regionale della Basilicata. Ringrazio i presenti, perché l'incontro di oggi è stato estremamente interessante.
Vorrei subito dire che, in effetti, avevamo dato già per scontata un'attività concreta, mirata al contenimento delle spese che abbiamo già condotto e stiamo continuando a svolgere, per cui siamo passati a trattare la seconda parte dell'aspetto problematico.
Noi siamo infatti di esempio all'Italia, per capacità di contenimento della spesa pubblica.
Abbiamo ridotto le Asl da cinque a due; abbiamo drasticamente ridotto le comunità montane; abbiamo accorpato gli enti pubblici non indispensabili - non amo definirli come «inutili», poiché tutto è utile -, eliminandone alcuni e concentrando le competenze negli uffici regionali.
Molta gente che, in Basilicata, è mossa anche dalla compartecipazione alla vita pubblica attraverso questi organismi, si è trovata esclusa. Non penso che altre regioni abbiano fatto altrettanto. Noi paghiamo sempre e solo lo scotto delle restrizioni, dei sacrifici e delle negatività che derivano anche dal fatto di essere una regione disponibile nei confronti delle altre e della Nazione intera. Nella mia esposizione ho parlato dell'acqua e del petrolio. Ebbene, sussiste un limite anche all'utilizzazione di questa solidarietà unilaterale. Noi non vediamo grande generosità e molta attenzione da parte di ogni Governo. Anche il Governo di sinistra aveva - non voglio sollevare critiche in questa sede - sfumature poco incisive nei nostri confronti; come si comporterà l'attuale Governo non lo sappiamo. Si ha notizia dell'applicazione di uno sconto sul prezzo della benzina, del gasolio e del gas, alla distribuzione, per i cittadini della regione Basilicata, similmente a quanto operato dal Governo nazionale, a favore di altre regioni che sono al confine con la Svizzera e con i paesi della ex Jugoslavia. Attendiamo, sempre con pazienza, questi segni di attenzione.
Sappiamo di poter richiedere una maggiore attenzione, poiché offriamo compostezza e abbiamo già svolto la prima parte del tema, cioè il contenimento della spesa pubblica. Non abbiamo molto apprendere da altri - anche se si può sempre apprendere qualcosa - e riteniamo che molti non facciano quello che noi abbiamo fatto. Ciononostante, prevediamo di non avere le risorse necessarie per garantire la necessaria dignità al singolo cittadino della


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nostra regione e quei servizi essenziali: la sanità innanzitutto, la scuola, i trasporti.
Ditemi voi se non sia discriminante avere ospedali di «serie A» e «serie B». I servizi pubblici che abbiamo sono concorrenti (in termini di qualità dell'intervento al fine di renderli efficienti) e le strutture sono valide rispetto a quelle di altre regioni, pur con costi inferiori. Alludo, ad esempio, all'ospedale di Potenza: un gioiellino di tecnologia avanzata nel mondo sanitario, con reparti efficienti e con professionalità mediche e paramediche di eccellenza, che costituisce anche un richiamo e un'attrattiva sanitaria per le regioni limitrofe, cosicché si compensano le spese tra l'emigrazione sanitaria attiva e quella passiva.
Ci va bene, anzi benissimo, se la gestione del servizio della cosa pubblica in Italia continua in questa maniera, con un'attenzione ai rapporti interregionali. Facciamo un salto di qualità, se miglioriamo questi rapporti.
Certamente, la regione delle autonomie territoriali non può entrare in contrasto, come ente autarchico o territoriale, rispetto agli altri enti locali: provincia e comune.
Sarà un problema del Parlamento l'eliminazione o meno delle province. Da parte nostra, potremmo anche sostenere che l'esperienza di una regione piccola, probabilmente, non può essere traslata. Al riguardo esprimo un pensiero personale, prima di lasciare brevemente la parola al consigliere segretario dell'Ufficio di presidenza, avvocato Di Sanza, che ringrazio per avermi accompagnato. L'attività regionale di programmazione (e di cogestione, per qualche aspetto) attraverso varie forme consentite dalla legge, dal nostro statuto e dai regolamenti, permetterebbe, nelle piccole regioni, di sostenere che si può fare a meno delle province se si aumenta la capacità contrattuale e gestionale dei comuni. Abbiamo comuni, piccoli e grandi, che non sanno che fare e si inventano gli argomenti da porre all'ordine del giorno. Forse dico un'eresia, ma sono convinto che ciò succeda un po' in tutte le regioni d'Italia, per cui, se qualcuno aveva pensato di eliminare le province, secondo me non sbaglia. Possiamo economizzare la spesa pubblica in questa maniera, evitando di tagliare i servizi ai cittadini.
Noi abbiamo tagliato la spesa (abbiamo tolto l'indennità ai direttori generali delle Asl, ai direttori sanitari e amministrativi, contenendo la spesa notevolmente, per diversi milioni di euro), ma non intendiamo perseguire un risparmio sciocco e anzi intendiamo, con quelle somme, migliorare i servizi ai cittadini. Per esempio (consideratelo come un contributo di attenzione alle problematiche della nostra regione) non sappiamo, scientificamente, in che misura il petrolio, il gas e quant'altro incidano sull'incremento del tasso dei malati di tumore (questo è in crescita anche nella nostra regione, oltre che in tutta Italia). Ebbene, porteremo l'acceleratore lineare anche a Potenza, oltre ad averlo già a Rionero, nel centro di eccellenza a livello nazionale, in materia di terapia e di studi e ricerche nel campo dei tumori.
Contenendo la spesa possiamo aumentare servizi, ma abbiamo bisogno di quel sostegno economico a cui si faceva riferimento, in via preventiva, per non trovarci dopo con la sorpresa di non aver fatto bene i conti.
Vogliamo fornire il nostro modesto contributo. Eseguite una sperimentazione, urgente e rapida, in almeno due regioni italiane. Verificate come si applica il federalismo: potrà essere un esempio utile.
Noi ci offriamo con umiltà a farlo (come dicevo, eravamo già stati indicati). Abbiamo il paracadute, poiché la solidarietà nazionale, in caso di sperimentazione, può correre ai ripari se si verificasse uno sforamento.
Occorre notare che, mentre la spesa ufficiale è facilmente controllabile, quella ufficiosa (altrettanto reale) sfugge molto spesso al controllo dei calcoli e dei computer. Mi riferisco alla spesa non prevista, quella che deriva dalle calamità naturali, dai terremoti, dagli smottamenti, anche dalle epidemie ed epizoozie che infestano


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e attanagliano la nostra regione. Non si tratta di spese facilmente preventivabili.
Ci troviamo di fronte all'impossibilità, con il fondo nazionale rimpinguato in maniera irrisoria, di far fronte alle calamità naturali, con il conseguente contenimento del rafforzamento - al quale stiamo mirando - della qualità dell'imprenditoria locale che produce e distribuisce ricchezza.
Penso al rischio delle calamità naturali in agricoltura e a quelle congiunturali che rovinano l'imprenditoria locale, l'industria medio-grande e l'artigianato, con riflessi negativi sull'immagine di una regione che offre al turista le proprie bellezze. Andiamo a vedere le macerie in Basilicata? Andiamo a vedere una regione in cui imperversa l'epizoozia e non si affronta con immediatezza l'emergenza?
La realtà è un combinato disposto di regole, di modi di vita, di riflessi dell'andamento economico di una regione, che poi ha effetti inevitabili, positivi o negativi, su quelle contermini, sul bilancio nazionale e sull'immagine di un'Italia che, a livello internazionale, realizza innovazioni e modifiche sostanziali, ma che anche sperimenta le stesse, prima di applicarle a pieno regime.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente De Franchi. Domando al segretario Di Sanza se intenda intervenire.

ANTONIO DI SANZA, Segretario del Consiglio regionale della Basilicata. Grazie, presidente, ma rinuncio al mio intervento.

PRESIDENTE. Nel ringraziare gli auditi per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,40.

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