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Seduta del 4/2/2009


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Audizione del presidente della regione autonoma Valle d'Aosta, Augusto Rollandin.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione in relazione al nuovo assetto di competenze riconosciute alle regioni ed alle autonomie locali in materia di federalismo fiscale, l'audizione del presidente della regione autonoma Valle d'Aosta, Augusto Rollandin.
Ringrazio tutti i presenti, in modo particolare il presidente Rollandin, e, tramite lui, vorrei salutare la Valle d'Aosta. Ricordo con affetto l'incontro che qualche anno fa organizzammo in questa regione, in un quadro di federalismo vissuto, con l'assemblea regionale, i consiglieri, il professor Lombardi, per affrontare i temi che sono oggi, finalmente, all'ordine del giorno. Se è consentita anche qualche nota biografica, tramite il presidente vorrei inviare un saluto alla Valle d'Aosta e anche all'amico Guido Dondeynaz, già senatore e già vicepresidente di questa Commissione.
Saluto il professor Scudiero, preside della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Napoli «Federico II», e il dottor Mosconi, che sono autorevoli consulenti di questa Commissione sulla materia della quale ci occuperemo tra poco nell'audizione.
Ho preso il posto - non con un «colpo di stato», ma in maniera formalmente corretta - del presidente, che a breve ci raggiungerà.
Do la parola al presidente Rollandin.

AUGUSTO ROLLANDIN, Presidente della regione autonoma Valle d'Aosta. La ringrazio, presidente, anche per le parole che ha rivolto alla nostra regione che, come lei ha ricordato, è sempre stata molto attenta ai temi del federalismo e ha sempre fatto di quest'ultimo un punto di riferimento della politica, indipendentemente da chi, negli anni, è stato al governo.
Addirittura, voglio ricordare che proprio ad Aosta c'era una scuola di federalismo, in tempi non sospetti. Credo che i professori presenti - che conosco per fama, saluto e ringrazio per la loro presenza - abbiano memoria, nell'ambito del travagliato iter per cercare di far passare l'idea del federalismo, di quello che è stato un punto di riferimento a livello internazionale.
Ringrazio naturalmente il senatore e il deputato della Valle d'Aosta, che hanno voluto oggi essere presenti. Essi sono i «portaparola» della nostra visione del federalismo e, di volta in volta, si sono espressi alla Camera e al Senato portando all'attenzione delle rispettive Assemblee le esigenze di riscontri che noi, come Valle d'Aosta, riteniamo debbano essere messi


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in evidenza nell'ambito della discussione, in questo caso sul federalismo fiscale.
Negli ultimi mesi, l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale è stata al centro del dibattito politico anche se, in parte - dobbiamo ammetterlo - è stata oscurata, nelle ultime settimane, dalla crisi economica che ha indubbiamente pesato e che viene in qualche modo presentata, in questo momento, come un freno, un'eventuale difficoltà ulteriore all'attuazione del federalismo.
Prima di esprimere una valutazione sul disegno di legge delega di iniziativa del Governo, vorrei spendere qualche parola per presentare il punto di vista della regione che rappresento sul più ampio tema del federalismo.
Siamo, infatti, tra coloro che ritengono che la riforma in senso federale del Paese dovrebbe essere affrontata complessivamente e a partire dalla riforma delle istituzioni, con particolare riguardo al superamento del bicameralismo perfetto e all'istituzione del cosiddetto Senato federale, in grado di garantire il necessario raccordo tra i livelli istituzionali.
Non affrontare il federalismo in termini complessivi può compromettere il successo dell'iniziativa, perché una riforma abbozzata, o comunque incompleta, rischia di portare in sé le pecche di entrambi i sistemi, federalista e centralista. Questo mix, infatti, a volte diventa ingestibile.
In tal senso, mi sembra che, nel giusto sforzo di concludere la partita, si perda di vista il risultato finale che si intende perseguire. Infatti, il disegno di legge di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione sta proseguendo il suo iter, a prescindere dalle riflessioni sul nuovo ruolo che le istituzioni, sia territoriali sia centrali, dovranno necessariamente assumere, pena la duplicazione delle funzioni che, quindi, comporterebbero solo nuovi costi e scarsa efficienza, ovvero l'esatto contrario dell'obiettivo che, con il federalismo fiscale, si intende perseguire.
Ricordo, per inciso, che abbiamo avuto, sotto questo profilo, dei referendum per l'abolizione di alcuni ministeri. Di fatto, hanno semplicemente cambiato denominazione e tutto è esattamente come prima.
Inoltre, nel vasto panorama di opinioni e posizioni sul tema del federalismo fiscale, ciò che maggiormente colpisce è come oggi non vi sia politico, economista o giornalista che non si proclami, in ogni occasione, sostenitore del federalismo. Oggi sono tutti federalisti. Noi ne prendiamo atto con favore, ma di fatto, andando nel concreto, ci sembra che ci stiamo muovendo, molto spesso, nella direzione opposta.
Infatti, ci sono alcuni esempi, anche a livello di Governo, del fatto che, nell'attuare concretamente il decentramento, non si ponga attenzione forte al sistema che dovrebbe evolversi in senso federalista.
Recentemente, sono stati adottati numerosi provvedimenti in settori di competenza delle regioni, senza neppure preventivamente consultarle. È il caso della riproposizione del Fondo per le aree sottosviluppate, ovvero quello eclatante dell'articolo 13 del decreto-legge n. 112 del 2008 - provvedimento poi convertito nella legge n. 133 del 2008 -, che riproduce sostanzialmente il contenuto delle disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica, già dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale - non secoli fa, bensì con la sentenza n. 97 del 2007 - in quanto ritenuta invasiva della competenza esclusiva delle regioni. Di conseguenza, le regioni hanno fatto ricorso di nuovo alla Corte costituzionale, e da qui una nuova vertenza.
Questi sono solo alcuni esempi, ma l'atteggiamento dello Stato nei confronti delle regioni e degli enti territoriali è di scarsa fiducia e, a dispetto del principio di sussidiarietà, neppure alle regioni virtuose, che hanno dunque dimostrato di saper governare, fornendo ai cittadini servizi adeguati nel rispetto delle regole poste dal patto di stabilità interno, è consentita una maggiore autonomia.
Tale tendenza si sta ulteriormente accentuando in questo delicato momento, poiché la crisi economica potrebbe costituire una valida legittimazione alla compressione


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delle competenze e delle prerogative regionali, trascurando che un'azione integrata tra i diversi livelli istituzionali potrebbe garantire una migliore efficacia dell'azione a sostegno delle imprese e delle famiglie.
In qualità di rappresentante di una regione a statuto speciale, trovo singolare che molti tra coloro che stanno sostenendo l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione siano, al tempo stesso, tra i più accaniti detrattori delle autonomie differenziate.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DAVIDE CAPARINI

AUGUSTO ROLLANDIN, Presidente della regione autonoma Valle d'Aosta. Forse si equivoca sul significato di federalismo, che è anche differenziazione e valorizzazione del ruolo delle autonomie, che devono poter scegliere il modello più adatto alle comunità che rappresentano.
La scelta più sbagliata e antifederalista sarebbe quella di comprimere l'autonomia e disconoscere le specialità, che - è il caso di ricordarlo - ha costituito per decenni l'unica esperienza di regionalismo in Italia, laboratorio per la creazione e la sperimentazione di modelli istituzionali innovativi, tanto da porre le premesse per il progetto dell'Italia delle regioni.
Credo che questo sia un altro punto da sottolineare. Oggi si dà per scontato il percorso che ha portato alla decisione relativa all'Italia delle regioni, senza considerare che il dibattito è partito, soprattutto, tenendo conto dell'esperienza delle regioni a statuto speciale.
La Valle d'Aosta, da sempre sostenitrice convinta del federalismo, conferma il proprio impegno alla realizzazione di un nuovo modello costituzionale dei rapporti tra le regioni, e tra le regioni e lo Stato. Federalismo è distribuzione equilibrata delle competenze, definizione delle risorse e assunzione delle relative responsabilità, compresa quella della perequazione tra le regioni.
A questo proposito, passando ora ad una valutazione puntuale del disegno di legge che ci occupa, ritengo soddisfacente la formulazione dell'ex articolo 24, ora articolo 25, frutto della condivisione di tutte le autonomie differenziate, raggiunto dopo un lungo lavoro di mediazione. Di questo devo dare atto anche al Ministro che ha tenuto un atteggiamento molto corretto nell'evidenziare la posizione delle autonomie speciali.
La Valle d'Aosta conferma il proprio impegno alla realizzazione degli obiettivi di solidarietà e di perequazione, rappresentando tuttavia l'esigenza che tale concorso sia determinato nel rispetto dell'autonomia dello statuto speciale. Il disegno di legge ha correttamente demandato tale compito alle norme di attuazione e noi ci impegneremo affinché la solidarietà e la perequazione siano l'occasione per rafforzare la nostra autonomia, traducendosi nell'assunzione degli oneri derivanti dal trasferimento o dalla delega delle funzioni statali.
Tuttavia, devo constatare che gli emendamenti al disegno di legge delega sul federalismo fiscale, accolti nel testo licenziato di recente dal Senato, non solo lo hanno reso difforme rispetto a quello oggetto dell'intesa raggiunta in Conferenza, ma hanno modificato anche lo stesso articolo 25.
Mi riferisco, in particolare, all'applicazione, per le regioni a statuto speciale, del cosiddetto «patto di convergenza», previsto dall'attuale articolo 17 del testo che, come è noto, prevede la proposta, da parte del Governo, di «norme di coordinamento dinamico della finanza pubblica volte a realizzare l'obiettivo della convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo e a stabilire (...) il livello programmato dei saldi da rispettare, (...) il livello di ricorso al debito nonché l'obiettivo programmato della pressione fiscale complessiva (...)», nonché le relative azioni correttive in caso di discostamento dai parametri così determinati.
Nonostante le rassicurazioni ottenute in merito dal Governo, secondo cui il riferimento al patto di convergenza non sarà suscettibile di comprimere le prerogative statutarie e le modalità della sua


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applicazione alle regioni a statuto speciale saranno definite pur sempre dalle amministrazioni, le perplessità permangono e attengono sia ai principi sia al merito. Questo è un punto nodale, molto importante.
Invero, si è da sempre sostenuto che l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione interessi le autonomie differenziate soltanto per quanto riguarda il concorso agli obiettivi di solidarietà e perequazione, che sono gli aspetti fondamentali del progetto di federalismo. È evidente, pertanto, che l'estensione del patto di convergenza alle regioni a statuto speciale smentirebbe tale impostazione, introducendo limitazioni alla loro autonomia che si ritengono ultronee rispetto agli obiettivi cui le medesime sono chiamate a concorrere.
Nel merito, poi, va segnalato che l'estensione del patto di convergenza alle autonomie differenziate non si adatta alla peculiarità dei rispettivi ordinamenti finanziari e ciò anche tenendo conto che la definizione del coordinamento tra leggi statali in materia di finanza pubblica e le corrispondenti leggi in materia di finanza regionale e locale è demandata, per espressa previsione dell'articolo 25, alle norme di attuazione statutarie.
Alla luce di tali considerazioni, quindi, auspico che si possa intervenire per disporre l'eliminazione, dall'articolo 25 del disegno di legge delega in esame, del riferimento al patto di convergenza di cui all'articolo 17.
Sottolineo ancora che le regioni a statuto speciale rispettano il riferimento del patto di stabilità, concordando già oggi le linee guida. Invece, il patto di convergenza è molto diverso e credo che avrebbe una cogenza del tutto particolare, che svilirebbe le potestà riferite all'autonomia speciale.
Infine, tengo a rappresentare l'esigenza che le regioni siano valutate in relazione alle competenze effettivamente esercitate e alla qualità dei servizi resi ai cittadini.
Questi, a nostro avviso, sono due dei pilastri della considerazione sul futuro, sull'eventuale risparmio e sulla logica del federalismo fiscale. Non si può prescindere da una valutazione effettiva dei servizi resi: non basta dire quanto si spende, ma anche come si spende. Altrimenti, non si ha la possibilità di raggiungere questo obiettivo.
L'altro aspetto è quello delle reali competenze esercitate. Mi riferisco a settori come la sanità e la scuola, a proposito dei quali si sta discutendo molto, oggi, circa le possibilità di attivare, nelle regioni a statuto ordinario, questo aspetto. L'esempio esiste, poiché il punto di riferimento sono le regioni a statuto speciale che già possiedono queste competenze; attraverso questa esperienza si possono valutare le differenze attuative nell'ambito delle competenze già esercitate.
Quindi, abbiamo un modello a cui fare riferimento. Insisto su questo aspetto, perché sarà un modo giusto per dire che si può spendere, ma lo si deve fare in funzione dei risultati.
Dopodiché, sono giusti i principi della perequazione e della solidarietà. Tuttavia, se ci sono sprechi, si devono evidenziare in questo momento, ossia prima di partire con i decreti attuativi, che dovranno essere molto attenti a tener conto di questi due pilastri.
Nelle tabelle frequentemente pubblicate dai giornali si trovano raffronti basati su dati non omogenei, che non tengono conto delle diverse funzioni e compiti esercitati dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome. Oltretutto, questi enti sono molto diversi tra loro da un punto di vista ordinamentale. Basti pensare, ad esempio, che la Valle d'Aosta, come dicevo, esercita direttamente le competenze provinciali e quelle prefettizie, ed è l'unica a farlo; esercita, altresì, le competenze dei vigili del fuoco e del corpo forestale, così come a carico della regione sono sanità e pubblica istruzione.
Credo che di questi dati occorra tenere debito conto, così come credo che lo Stato dovrà necessariamente distinguere tra le regioni virtuose e quelle che non lo sono.
Se si vuole realizzare il federalismo, alle prime dovrà necessariamente essere riconosciuto un maggiore spazio di azione,


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con nuove competenze oppure con un'applicazione più flessibile delle norme sul patto di stabilità interno.
Per ora, il nostro riferimento al disegno di legge in esame si ferma qui, perché questi sono i punti a cui diamo valenza. Noi condividiamo questo modo di operare, però vorremmo che si riservasse massima attenzione all'esperienza delle regioni a statuto speciale che - lo sottolineo - sono un laboratorio importante per il futuro di questo sistema di federalismo, se si vuole realizzare un obiettivo principio di sussidiarietà.
Altrimenti, non succederà nulla. Si produrrà soltanto una ripartizione molto grossolana delle risorse, che non conserverà nulla del principio di federalismo.
Vi ringrazio ancora per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Rollandin.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

MARIO PEPE (PD). Ringrazio dai «banchi della Gironda» il presidente Rollandin per la relazione presentata, che condivido nelle linee generali, soprattutto perché si offre come modello esemplificativo di un federalismo vissuto e attuato per alcune discipline e funzioni che dovrebbero tradursi in atti, in funzioni di affidamento alle autonomie territoriali e regionali.
Non so se la valutazione che ha fatto il presidente Rollandin è riferibile solo alla regione Valle d'Aosta o rappresenta anche la sintesi di una consultazione che le regioni a statuto speciale e le province autonome hanno fatto su queste valutazioni.
Attualmente, siamo in campo aperto. Qui ed ora bisogna battagliare rispetto ad un disegno di legge che può avere l'«osanna» del Parlamento o può essere votato a maggioranza. Dipenderà anche dai riferimenti e dalle valutazioni che esprimeremo a breve.
Presidente Rollandin, lei ha indubbiamente rivendicato il tema della sussidiarietà e dell'autonomia, elemento costitutivo delle regioni a statuto speciale. Il patto di convergenza non è nato per penalizzare le regioni che hanno una specialità particolare. Tenga conto che, a Costituzione vigente, anche le altre regioni possono chiedere, a fronte di una relazione dettagliata, una particolare specialità. Argomento, questo, che non è stato messo in campo perché siamo in una fase di Costituzione aperta. Come lei ha affermato prima, il federalismo fiscale è l'altra faccia di un federalismo istituzionale che, comunque, bisogna realizzare.
Il patto di convergenza - e l'articolo cui lei faceva riferimento - non è nato per penalizzare, ma per richiamare tutti a un obbligo di solidarietà sulle grandi categorie economiche che oggi, in periodo di crisi, interessano la finanza e l'economia del Paese. Quindi, esso rappresenta un elemento di costruttività e di positività, non di verticismo. Lei, infatti, sa meglio di me che la sintesi operativa su queste materie è, comunque, del Governo nazionale.
Entrando nel merito della questione, vorrei esprimere alcune osservazioni. La Valle d'Aosta ha simulato se, con il federalismo fiscale diventato legge, avrà più o meno risorse a fronte delle funzioni assegnate o da assegnare? Questo, infatti, è uno dei temi in cantiere, tenendo in considerazione che anche la regione Valle d'Aosta concorrerà alla perequazione, in riferimento all'articolo 25.
Vi ritenete certamente soddisfatti del fatto che siete stati chiamati ad essere timonieri. Prima che il Governo approvi gli schemi attuativi dei disegni di legge voi, infatti, sarete chiamati a dire, previamente, se siete d'accordo o meno. Dunque fate parte, oserei dire, del timone di comando, prima ancora che i testi siano approvati dalla Conferenza unificata. Mi pare che questo sia un riconoscimento notevole.
Non ritenete anche voi - come è stato espresso dagli appartenenti al Partito Democratico e da altri - che, rispetto ad un'afasia di notizie circa le risorse da assegnare nel momento in cui il federalismo sarà entrato a regime, ci siano perplessità nel produrre una legge che rischia


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di essere legge-cornice di dichiarazioni di principi e che non si sostiene in assenza dei fondamentali dati economici? Non dobbiamo giocare a carte, ma dare le carte, cioè sapere che cosa tocca a ciascuno.
Siamo di fronte al cantiere aperto di un federalismo che, come credo, si andrà a realizzare subito. Indubbiamente si tratta di uscire da un grande equivoco: non possiamo conservare un sistema istituzionale bicamerale e non possiamo restituire al centralismo, cui lei faceva riferimento, determinate competenze. Concordo pienamente sul fatto che da un lato si debba portare avanti la linea del federalismo e, dall'altro, soprattutto sull'edilizia pubblica, lo Stato e il Governo continuino ad affermare la propria centralità.
Sottolineo, dunque, due preoccupazioni, relative alle quote e ai costi. È vero che si tratta di una nuova modalità di governo, ma occorre chiarire le risorse, le responsabilità e gli effetti sul territorio. Se c'è, ben venga qualche elemento di conoscenza economica da parte della regione Valle d'Aosta, a fronte di un disegno di legge che, comunque, dovrà essere approvato.

LUCIANO PIZZETTI. Signor presidente, oltre alle osservazioni del collega, vorrei dirle che ho apprezzato molto la prima parte del suo intervento, perché richiama un federalismo concreto e non semplicemente declamato, in particolare con riferimento ad atti che vengono compiuti nella definizione legislativa che - ultime le vicende sul patto di stabilità - remano in senso contrario rispetto al progetto più generale di federalismo che si sta discutendo.
Nelle Commissioni di merito vi sarà, poi, l'audizione delle regioni a statuto speciale, per comprendere meglio i vari meccanismi. Rispetto, però, alle osservazioni che lei ha fatto, specifico che questa Commissione aveva già avanzato una richiesta alle Commissioni di merito del Senato circa il riferimento alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia di alcune regioni, ossia l'articolo 116. Il riferimento non è stato recepito dal Senato, ma si lavorerà perché possa essere recepito nel testo che sarà, nei prossimi giorni, in discussione alla Camera.
Per quanto riguarda il patto di convergenza, credo che il collega Pepe abbia ragione. Naturalmente, se lei, presidente Rollandin, potrà farci avere qualche ulteriore elemento conoscitivo, anche dal punto di vista della sua specifica regione, sarebbe estremamente utile. Tuttavia, l'intendimento è proprio quello del maggior coordinamento e del concorso comune al tema non solo del risanamento, ma del governo del processo economico, tanto più in una fase così complicata. Peraltro, lei sa bene che in questo processo ciascuno mette un pezzo nella costruzione del castello.
Considero importante anche il riferimento che lei ha fatto - e con questo finisco - al tema della sussidiarietà. Lei ha ragione e ritengo che questo sia un punto ancora carente in tutti i testi di cui si è discusso, sia nel testo originario, sia in quello uscito ora dal Senato, ma anche nel testo che presentammo come Partito Democratico. Lo dico per essere chiari e per evitare infingimenti.
Pertanto, credo che questo tema debba essere affrontato, ed è evidente che trattarlo significa anche definire meglio quali sono i compiti di ciascun livello istituzionale. Altrimenti, si rischia di fare un discorso di carattere generale, senza chiudere concretamente la questione.
Ribadisco che se lei, presidente Rollandin, ha qualche osservazione in più sul tema del patto di convergenza, sarei molto interessato a comprendere di più e meglio le ragioni.

ALBERTO FILIPPI. Ringrazio anche io il presidente Rollandin. Prima, fuori dall'aula, parlavamo dello sbarramento, ma possiamo invece constatare come anche piccole regioni come la Valle d'Aosta siano ben ascoltate dal Governo e da noi parlamentari.


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Questa del federalismo vissuto è un'esperienza importante, della quale non vogliamo e sembra che il Governo non voglia assolutamente privarsi.
Aggiungo solo alcune osservazioni. In merito alla questione della necessità, da lei sollevata, di affrontare politicamente e complessivamente il tema del federalismo, non vorrei che, come è accaduto diverse volte in passato, per voler ottenere il 100 per cento del risultato, poi si porti a casa lo zero per cento.
Intendo dire che, se si vuole impostare e ottenere un federalismo completo, noi della Lega, evidentemente, siamo in prima fila, pronti a giocare questa partita. Tuttavia, sono trascorsi vent'anni di esperienza, durante i quali abbiamo ricevuto tante pacche sulle spalle (e magari anche qualche sgambetto), tanti complimenti, tante esortazioni ad andare avanti - da soli, però - ma non è stato posto in essere nessun atto concreto per andare a dama con un federalismo serio.
Occorre considerare anche quanto è accaduto con il referendum sulla devolution, anche nella sua regione, sebbene lei oggi giustamente sostenga che essa è d'accordo per l'abbattimento del bicameralismo perfetto. Ebbene, avreste potuto farlo qualche anno fa quando, evidentemente, una grossa parte della popolazione e delle forze politiche della sua regione non hanno sostenuto la devolution.
Quindi, a noi va bene andare avanti per realizzare un federalismo più compiuto, ma da qualche parte si dovrà cominciare.
Dunque, non blocchiamo quanto di positivo può partire dal federalismo fiscale che, evidentemente, non si deve fermare. Inoltre, lei, presidente Rollandin, solleva la questione della possibilità che il federalismo fiscale porti con sé maggiori e nuovi costi o, comunque, non abbatta i costi. Nel disegno di legge S. 1117 è sottolineata, in più articoli, la necessità che i decreti attuativi facciano in modo che ciò non avvenga. Onde evitare che si possa incorrere in questo errore, lo si evidenzia in più punti del disegno di legge.
Questo pericolo, dunque, è ben conosciuto e sottolineato, ragion per cui il Governo sa che dovrà prestare particolare attenzione per non cadere in tale errore. Se esistono esempi pratici, credo che debbano essere suggeriti. Io non ho una grandissima esperienza parlamentare, ma credo che mai si siano viste tante audizioni, a partire dalla Commissione bilancio al Senato, congiuntamente con altre Commissioni, e in questa bicamerale. Mai come in questa occasione c'è stata così tanta volontà di ascolto da parte del Governo e dei ministri competenti, proprio con l'obiettivo di arrivare a un provvedimento totalmente condiviso, o quanto più condiviso possibile.
Lo ripeto, ben venga l'esempio del federalismo perfetto, come diceva il collega Pepe, del federalismo vissuto come quello della Valle d'Aosta. Il contributo di questa regione sarà preziosissimo, come è stato sottolineato fin dall'inizio. Tuttavia, io non sarei così pessimista, cercherei di veder le cose in modo positivo, considerando che il punto relativo ai costi è ben conosciuto. D'altra parte, non vorrei che, con la «scusa» di ottenere qualcosa in più, si finisse per bloccare un processo che è decisamente positivo.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Rollandin per la replica.

AUGUSTO ROLLANDIN, Presidente della regione autonoma Valle d'Aosta. Cercherò di dare alcune risposte e ringrazio i colleghi che sono intervenuti. Per quanto riguarda le osservazioni espresse dal vicepresidente Pepe, credo che il discorso sulla sussidiarietà rappresenti la vera sfida per il futuro.
Per quanto riguarda la cosiddetta «cornice», oggi effettivamente noi parliamo di un progetto di legge che stabilisce alcuni principi, secondo i quali si opererà. Da questo punto di vista, noi abbiamo sottolineato, come giustamente si è voluto evidenziare, che il tema delle regioni a statuto speciale va trattato come un argomento a sé stante. Non bisogna uniformare modalità di riparto e di intervento. Si tratterà, infatti, di adottare modalità di intervento finanziario nelle regioni in


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modo che ci sia una corrispondenza con quello che succede a livello locale, in termini di servizi offerti, competenze e reale utilizzo delle risorse. Da questo punto di vista, ci sono delle differenze che, per fortuna, vengono sancite.
Passando al problema dell'articolo 17, del patto di convergenza, lascerò una lettera per meglio spiegare perché non riteniamo che questo aiuti il mantenimento dell'obiettivo che vale per le regioni a statuto ordinario.
Per le regioni a statuto ordinario, oggi, c'è una disomogeneità di dati che non permette di fare un raffronto malgrado, in partenza, ci sia un'omogeneità di competenze, laddove, paradossalmente, per le regioni a statuto speciale gli statuti sono differenziati.
Qui mi ricollego alla domanda che mi è stata posta in precedenza, se esista o meno, tra le regioni a statuto speciale, una posizione univoca sulle osservazioni in merito al disegno di legge. Sull'ex articolo 24 abbiamo dato tutti parere favorevole, come cornice entro cui attuare determinati provvedimenti, sottolineando, allo stesso tempo, due concetti: siamo disposti a fare dei sacrifici nel momento in cui capiamo quali sono le regole del gioco e, inoltre, siamo disponibili ad attuare nuove competenze - mi riferisco alle strade nazionali e internazionali o ad altri servizi, come quelli INAIL o INPS, che potrebbero essere tranquillamente decentrati a livello regionale - purché ci sia la norma di attuazione. Ciò rappresenta un altro punto chiave, che viene evocato in riferimento al patto di convergenza, dal momento che quest'ultimo farebbe saltare il principio con cui oggi sono regolamentati questi passaggi di competenza.
D'altro canto, voglio sottolineare che, se interessa alla Commissione, sono a disposizione tutti i dati delle regioni a statuto speciale relativi all'attivazione di quel meccanismo che è già esistente, dal momento che, proprio queste regioni, credo siano le uniche a rispettare il patto di stabilità. Esiste infatti la norma secondo la quale, senza un accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze - adesso addirittura entro marzo, prima il termine era aprile - non può essere dato ulteriore seguito alla legge finanziaria.
Quindi, noi riteniamo che questo appesantimento del patto di convergenza sia uno strumento che, per quanto riguarda le regioni speciali, non può - lo sottolineo - dare una valutazione ulteriore rispetto ai dati che già esistono, posto che ciò riguardi il flusso e la possibilità operativa che hanno le regioni.
Se, invece, si tratta di un controllo sull'autonomia contabile, allora andiamo a incidere su un altro principio, che non è quello del federalismo. Su questo, chiaramente, non siamo d'accordo.
Giustamente, l'onorevole Pepe chiedeva se abbiamo dei dati relativi a che cosa potrà succedere in futuro. Oggi è impossibile fare tale riscontro. Questa è la ragione per cui condividiamo i principi relativi alla norma quadro, ma crediamo che i decreti attuativi saranno il momento di reale configurazione del meccanismo: ossia, posto che una regione a statuto speciale spende in un determinato modo, come essa partecipa al paniere per il fondo perequativo?
Noi siamo disponibili, a condizione che le regole valgano per tutti. Non conosciamo i conti di tutte le regioni a statuto speciale, né ci interessa, perché ognuno fa la propria parte. Tuttavia, gradiremmo capire che cosa succede in alcune realtà. Le regioni a statuto speciale pagano la sanità, ma per alcune, ogni anno, c'è un finanziamento straordinario, che peraltro non ammonta a qualche milione di euro, ma a decine di milioni di euro.
Non vogliamo andare oltre, ma è chiaro che questa situazione ci spinge a porci qualche interrogativo. Siamo molto attenti, da questo punto di vista, a vedere cosa succede.
Naturalmente, insistiamo nel dire che il federalismo reale sarebbe altra cosa. Il discorso istituzionale sul federalismo porta a creare dei concetti base, tali per cui da un lato c'è la potestà legislativa, dall'altro l'avvicinamento del servizio al cittadino. Oggi, su una serie di temi questo non viene realizzato.


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Credo che siano tanti i temi all'attenzione della politica nazionale. Che cosa succede, ad esempio, delle province? Si è discusso delle comunità montane; noi, ad esempio, in Valle d'Aosta eravamo intervenuti prima che ci fosse questo aut aut. Tuttavia, sono questi i centri di spesa, dunque bisogna capire in che modo si provvede a esercitare certe peculiarità o certi servizi. Questo è un tema su cui, credo, ci confronteremo. Penso, quindi, che sia un momento molto delicato.
Passo ora alle osservazioni dell'onorevole Pizzetti, che ringrazio. Noi crediamo nel principio di sussidiarietà. A riprova di ciò, in Valle d'Aosta, come presa di coscienza del sistema federalista, stiamo cercando di applicare lo stesso principio con i comuni, in modo da introdurre una responsabilizzazione, ma anche una forma di intervento che tenga conto del principio di sussidiarietà.
Sull'applicazione dell'articolo 116, riteniamo che esso sia rimasto, ad oggi, lettera morta.
Noi insistiamo sul federalismo reale, però vale anche la discussione che si è svolta. Io ho partecipato alla discussione sulla riforma federalista, che poi è stata oggetto del referendum. Quello che si sottolineava è che, già oggi, le regioni a statuto ordinario potrebbero diventare un po' più «speciali», ossia che, a regime vigente, esiste la possibilità di riconoscere loro una maggiore autonomia. Tuttavia, non si è mosso nulla; anzi, ad oggi, è stato fatto qualche passo indietro. Ci auguriamo, perciò, che si vada nella direzione di un chiarimento, anche istituzionale, sulle reali competenze.
Tengo a sottolineare che la Valle d'Aosta ha detto «no» al referendum non perché fosse contraria al bicameralismo o al Senato delle regioni, ma perché era contraria a due aspetti sostanziali. In primo luogo, la contrarietà riguardava il fatto che non esisteva un patto che stabilisse come attivare un meccanismo di modifica dello statuto in modo concordato e non con forzature da una parte o dall'altra. In secondo luogo, la modifica a suo tempo proposta prevedeva sì una semplificazione ma, paradossalmente, non chiariva in modo inequivocabile il discorso delle competenze riservate allo Stato e alle regioni. Si includevano delle competenze, sia per lo Stato sia per le regioni, che creavano ulteriori difficoltà. La prova di ciò è rappresentata dai ricorsi delle regioni, ancora oggi in Corte costituzionale, che sono aumentati del 500 per cento. Questo accade perché quando non c'è chiarezza diventa difficile anche governare.
La regione Valle d'Aosta, dunque, non era contraria a questi fondamenti del federalismo, ma al modo con cui si attivavano meccanismi che si opponevano al principio federalista stesso. Non spetta a me ricordare il grande dibattito sull'unità nazionale, intesa come vincolo inviolabile, da difendere a tutti i costi, e su come il federalismo avrebbe dovuto essere attuato. Delle due l'una, dunque. Credo che questo dibattito sia registrato e facci parte degli atti parlamentari.
Sottolineo che, come regione, saremo molto attenti al dibattito, che seguiremo attraverso i nostri parlamentari, ma anche al passaggio successivo. Parteciperemo attivamente alla Conferenza Stato-regioni per vedere in che modo verranno predisposti gli atti che daranno il vero segnale degli indicatori con cui si preparerà il piatto vero su cui si stabiliranno le regole.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Rollandin e i colleghi intervenuti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,50.

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