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Seduta del 15/10/2008


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Audizione del Ministro dell'interno, Roberto Maroni, in merito alle misure avviate per migliorare l'efficacia della normativa in materia di immigrazione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro dell'interno, Roberto Maroni, in merito alle misure avviate per migliorare l'efficacia della normativa in materia di immigrazione.
Ricordo che sono presenti la dottoressa Daniela Propersi, l'avvocato Sonia Viale e il dottor Marco Villani, rispettivamente capo della segreteria particolare del Ministro, capo della segreteria tecnica e consigliere diplomatico.
Questa audizione, signor Ministro, è ritenuta di grandissimo rilievo in quanto costituisce la prima occasione per il Comitato di essere informato sullo sviluppo e sul dibattito circa la normativa nazionale sull'immigrazione, attraverso un'analisi delle misure avviate per migliorarne l'efficacia.
In primo luogo, il Comitato vorrebbe avere maggiori elementi di conoscenza circa le misure recentemente varate nell'ambito del cosiddetto pacchetto sicurezza che riguardano i temi dell'immigrazione.
In secondo luogo, vorremmo conoscere la sua opinione circa l'imminente approvazione da parte del Consiglio europeo in corso a Bruxelles oggi e domani del Patto europeo per l'immigrazione, che è un atto di indirizzo politico della Presidenza dell'Unione che riassume la politica europea in materia di immigrazione e asilo di questi ultimi anni; non è ancora, come sappiamo, una vera e propria politica dell'immigrazione europea in senso stretto, però credo che costituisca un importantissimo passo avanti in quella direzione. Con la recente normativa che ha trasformato gli ex centri di permanenza temporanea ed assistenza (CPTA) in centri di identificazione ed espulsione (CIE) si sono anche modificate le funzioni di questi centri; vorremmo sapere quali lei ritiene possano essere le prospettive dei centri alla luce della proposta di direttiva dell'Unione europea sui rimpatri e in particolare l'eventuale aumento del periodo di permanenza nei centri, che potrebbe provocare anche un sensibile aumento dei costi.
Saremmo inoltre interessati ad avere un primo bilancio dell'operazione di censimento dei campi nomadi avviato nelle scorse settimane, in particolare nelle tre grandi città di Milano, Napoli e Roma.
In ordine alla norma che stabilisce l'acquisizione delle impronte digitali sui documenti di identità a partire dal 2010, ci risulta che un centinaio di comuni italiani abbiano avviato già da tempo la sperimentazione di un progetto pilota finalizzato al rilascio di una vera e propria carta d'identità


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elettronica che dovrebbe gradualmente sostituire i tradizionali documenti cartacei. Ritiene dunque possibile che da qui al 2010 si possa estendere questo sistema di identificazione, oltre che a tutti i cittadini italiani anche alla popolazione immigrata regolare, ai fini dell'accesso semplificato ai servizi connessi allo status di immigrato, quali il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, o correlati al rapporto di lavoro, come il versamento dei contributi previdenziali?
Quanto alla rilevazione dei dati biometrici, che dovrebbe diventare obbligatoria per il rilascio del passaporto ai cittadini comunitari a partire dal giugno 2009, ritiene opportuno un coordinamento tra l'iniziativa italiana e quella comunitaria, anche ai fini di un più efficace controllo degli ingressi illegali?
Sarebbe inoltre di grande interesse per il Comitato avere notizie circa la politica del Governo nei confronti della programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari. Il ricorso ad accordi bilaterali è risultato essere uno strumento fondamentale per i controlli dei flussi; ci potrebbe dire come procede l'attuazione degli accordi in atto, soprattutto quelli con la Libia?
Infine, vorremmo sottoporre alla sua attenzione l'annosa questione della mancanza di una normativa nazionale sull'asilo, tanto più necessaria in quanto sembra in netto incremento negli ultimi tempi la percentuale di ingressi da parte di cittadini extracomunitari provenienti da aree di crisi e richiedenti protezione umanitaria. Anche a tale riguardo risulterebbe di estrema utilità la presentazione annuale al Comitato della relazione in materia di immigrazione ed asilo, secondo quanto disposto dall'articolo 37 della legge n. 189 del 2002.
Nel ringraziarla per aver accettato il nostro invito, le do immediatamente la parola.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Grazie, presidente. Risponderò alle questioni poste dal Comitato nell'ordine indicato nel suo intervento.
La politica dell'immigrazione italiana, sia per le norme adottate che per l'attività svolta, è in linea con la politica dell'UE. Lo scorso settembre, il Consiglio giustizia e affari interni (GAI) dell'Unione europea ha approvato il Patto europeo sull'immigrazione e sui diritti d'asilo, che viene esaminato proprio oggi nel corso del vertice dei Capi di Stato e di Governo; non ho dubbi che verrà approvato anche in questa sede. Il documento contiene, tra l'altro, regole comuni che vanno nella stessa direzione delle iniziative adottate dal Governo italiano, quali la regolamentazione dell'immigrazione legale in base ai bisogni e alle capacità di accoglienza di ogni Stato membro; l'inasprimento della lotta all'immigrazione clandestina, ad esempio portando il periodo di detenzione nei CIE fino a 18 mesi; il rafforzamento dei controlli alle frontiere dell'Unione europea e la creazione di una collaborazione con i Paesi di origine e di transito degli immigrati.
Il Patto europeo contiene inoltre l'invito a tutti i Paesi membri a non procedere in futuro a sanatorie o a regolarizzazioni generalizzate di immigrati clandestini.
Il Governo ha approvato, nel corso del primo Consiglio dei ministri, il cosiddetto «pacchetto sicurezza» composto da un decreto-legge, tre decreti legislativi e due disegni di legge , di cui uno di adesione al Trattato di Prüm, che prevede l'istituzione di una banca dati europea del DNA. Questi provvedimenti hanno superato tutti l'iter parlamentare, tranne il disegno di legge sulla sicurezza, che è in discussione in questo momento al Senato, e quello sulla ratifica del trattato di Prüm.
Con il primo decreto-legge n. 92 del 2008, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125, sono stati modificati alcuni articoli del codice penale. Le modifiche consentono l'espulsione dal territorio dello Stato dello straniero condannato a due anni di reclusione, invece dei dieci precedentemente previsti. Si stabilisce anche la reclusione da uno a quattro anni per chi trasgredisce l'ordine di espulsione emesso dal giudice.


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Il provvedimento aggiunge una nuova circostanza aggravante relativa alla commissione del reato da parte di chi si trova illegalmente sul territorio nazionale. Viene inoltre prevista una nuova fattispecie delittuosa per chi cede a titolo oneroso un immobile ad un cittadino straniero privo del titolo di soggiorno e vengono aggravate le sanzioni penali per il datore di lavoro che impiega stranieri irregolari e per coloro che agevolano la permanenza illegale dello straniero.
I tre decreti legislativi riguardano i ricongiungimenti familiari dei cittadini stranieri, il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato politico e la libera circolazione dei cittadini comunitari.
I primi due provvedimenti, dopo aver acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono stati inviati informalmente per un preliminare esame alla Commissione europea, la quale non ha ravvisato problemi di compatibilità con il diritto comunitario. L'invio dei provvedimenti non era un atto dovuto, ma abbiamo voluto farlo perché su questi temi intendiamo garantire un confronto costante e aperto con la Commissione europea. Attualmente i due decreti legislativi sono stati portati per l'adozione definitiva in Consiglio dei ministri e sono in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il decreto legislativo sui ricongiungimenti ha introdotto alcune condizioni limitative dell'esercizio del diritto al ricongiungimento nei confronti del coniuge, dei figli maggiorenni e dei genitori. Si prevede, inoltre, la possibilità del ricorso all'esame del DNA per l'accertamento del rapporto di parentela laddove non ci sia modo per l'autorità consolare di stabilire questo rapporto in modo inequivocabile.
Con il secondo decreto legislativo sul riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato politico, si vuole evitare l'uso strumentale delle richieste di asilo. Viene, in particolare, affidato al prefetto il compito di stabilire un luogo di residenza o un'area dove il richiedente asilo possa circolare e viene disposto che il richiedente asilo, già destinatario di un decreto di espulsione, permanga nel Centro di identificazione ed espulsione (CIE) in cui si trova. Viene mantenuto peraltro l'effetto sospensivo automatico del ricorso giurisdizionale contro la decisione di rigetto della commissione territoriale, con alcune eccezioni, tassativamente indicate.
Anticipo ciò che dirò dettagliatamente in seguito sul tema dello status di rifugiato politico: tra i principali Paesi europei l'Italia ha la più alta percentuale di accettazione delle domande che vengono presentate. Nel 2007, a fronte di 13.509 domande ne sono state accolte oltre il 59 per cento, rispetto al 36 per cento della Germania, al 48 per cento dell'Inghilterra, al 22 per cento della Francia, all'8,5 per cento della Spagna; ma il Paese che batte tutti è la Grecia, che su 25 mila domande circa non ne ha accolta nessuna e non credo che fossero tutte domande non degne di accoglimento. Il dato è particolarmente rilevante perché come sapete, in base alla normativa europea, il Paese dove viene presentata la richiesta di asilo è il Paese che deve mantenere chi viene accolto a seguito dell'accettazione della domanda.
Anche il terzo decreto legislativo relativo al diritto di libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari e ai requisiti per poter risiedere stabilmente nei Paesi membri, è stato inviato informalmente alla Commissione europea. In questo caso, la Commissione europea ha sollevato delle questioni che ci inducono a soprassedere per il momento alla sua approvazione definitiva.
Il testo da noi proposto modificava il decreto legislativo n. 30 del 2007, il cosiddetto decreto Amato, introducendo una procedura di espulsione immediata per i cittadini comunitari che non avessero i requisiti necessari per risiedere stabilmente in Italia, previsti dalla direttiva n. 38 del 2004. Su questo punto la Commissione ha espresso parere contrario, ritenendo eccessiva la sanzione dell'allontanamento e chiedendo di sostituirla con un semplice invito ad abbandonare il territorio nazionale. Nello spirito di intensa e costante collaborazione tra il Governo italiano e la Commissione ho accolto la


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richiesta, pur non condividendola, con la conseguenza però che il testo così emendato del nostro decreto alla fine non avrebbe comportato modifiche al decreto Amato del 2007 tali da giustificarne l'approvazione definitiva e abbiamo deciso per il momento di soprassedere.
Il quarto provvedimento del pacchetto sicurezza è il disegno di legge atto Senato 733, recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», attualmente in corso di esame presso le Commissioni riunite 1a e 2a del Senato. Il provvedimento contiene due disposizioni in materia di immigrazione: l'estensione fino a 18 mesi del periodo di trattenimento in un CIE del cittadino straniero da rimpatriare e l'introduzione del reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato.
La prima disposizione anticipa il contenuto della proposta di direttiva europea recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente, in fase di definitiva approvazione. Si è molto polemizzato su questo termine; attualmente il termine in Italia è di 2 mesi e la direttiva europea lo uniforma a 18 mesi. In alcuni Paesi europei come l'Inghilterra, la Danimarca e la Svezia non c'è un termine massimo, per cui un cittadino extracomunitario può essere detenuto in un centro temporaneo sine die, e ci sono altri Paesi come la Germania dove il termine è già 18 mesi. Altri paesi ancora, come la Francia o l'Italia, hanno un termine inferiore.
Il termine di 18 mesi è il nuovo termine europeo, per cui nel disegno di legge che abbiamo approvato il 21 maggio 2008 abbiamo anticipato il disposto della direttiva europea che sarebbe stata approvata un mese dopo. Nel disegno di legge peraltro non si prevede, come nella direttiva, che il termine di 18 mesi sia relativo non solo all'accertamento dell'identità del cittadino, che a nostro avviso è il motivo del trattenimento nei CIE, ma che anche dopo l'accertamento dell'identità gli Stati membri possano trattenere i cittadini extracomunitari fino a che lo Stato di origine non accetti il rimpatrio, cosa che in moltissimi casi significherebbe il trattenimento per 18 mesi senza alcuna possibilità di rimpatrio perché con alcuni Stati non ci sono accordi bilaterali. Francamente mi sembra una forzatura, perché il trattenimento diventa una sorta di carcere preventivo sapendo che non ci sarà la possibilità di rimpatrio e per questo motivo nella normativa italiana non è previsto. Ritengo che questa norma della direttiva europea possa valere limitatamente ai Paesi con cui c'è un accordo bilaterale; sapendo che il cittadino sarà rimpatriato, dopo l'accertamento si può pensare di trattenerlo per il tempo necessario affinché si concludano le pratiche burocratiche, ma quando ho la certezza che lo Stato di origine non lo accetterà mai, tenerlo 18 mesi come prevede la direttiva europea francamente mi sembra una forzatura.
L'altra disposizione prevista riguarda il reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato. Su questo secondo punto il Governo insiste, pur prevedendo una pena pecuniaria e non detentiva, perché la direttiva europea stabilisce che la regola per l'allontanamento dei cittadini extracomunitari sarà l'invito ad andarsene e non l'espulsione, a meno che il provvedimento di espulsione sia conseguenza di una sanzione penale. Noi quindi vogliamo disegnare il reato di immigrazione clandestina o di ingresso illegale puntando principalmente sulla sanzione accessoria del provvedimento giudiziale di espulsione emanato dal giudice, piuttosto che sulla sanzione principale che sarà una sanzione pecuniaria. In questo modo possiamo procedere all'espulsione immediata con un provvedimento del giudice, applicando la direttiva europea ma eliminando l'inconveniente che ne pregiudicherebbe l'efficacia, perché come ha dimostrato l'esperienza italiana l'invito ad andarsene significa che nessuno verrebbe più espulso.
Gli stranieri titolari di permesso di soggiorno in corso di validità, al 30 settembre 2008, sono 1.924.906, di cui 455.938 minori iscritti sul titolo del genitore o affidatario. Rilevante è il dato relativo all'afflusso di stranieri irregolari, con riguardo agli sbarchi di clandestini. I


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dati complessivi riferiti al 9 ottobre di quest'anno, registrano arrivi sulle coste italiane per 27.417 unità, mentre nel 2007, alla medesima data, erano 17.264. Ricordo che alla fine dello scorso anno gli sbarchi sono arrivati a 20.455. Il sensibile aumento deriva dalle ottimali condizioni climatiche e dalla diminuzione dei controlli da parte delle autorità della Libia, Paese di prevalente partenza dei flussi, nonostante due accordi: il primo, del dicembre 2007, concluso dal Ministro Amato prevedeva il pattugliamento congiunto davanti alle coste libiche con sei motovedette, che il Governo italiano ha già approntato, con equipaggi misti italo-libici; il secondo accordo è quello di amicizia firmato dal Presidente del Consiglio Berlusconi il 30 agosto di quest'anno e richiama l'accordo del dicembre 2007. Se venissero attuati tali accordi, gli sbarchi a Lampedusa provenienti dalla Libia si ridurrebbero sostanzialmente fino a cessare del tutto, ma al momento la Libia non ha ancora dato esecuzione.
Nei primi quattro mesi del 2008, su 50 sbarchi avvenuti a Lampedusa, Linosa e Lampione, 45 provenivano dalla Libia; nel periodo 1o maggio-9 ottobre, su 275 sbarchi, 261 hanno avuto origine dalla Libia. Tra le mete prescelte per gli approdi, spicca Lampedusa che costituisce la destinazione naturale delle consistenti migrazioni che originano o transitano dalle aree del Maghreb e dall'Africa subsahariana. Dal 1o gennaio al 9 ottobre 2008, sul totale di 27.417 clandestini sbarcati, 22.454 sono approdati a Lampedusa e zone limitrofe. Per stabilizzare la gestione del flusso migratorio irregolare, le strategie recentemente attuate, supportate da mirati provvedimenti governativi, tra cui i due decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio e del 25 luglio 2008 in tema di «Proroga dello stato di emergenza per proseguire le attività di contrasto all'eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari», hanno evitato riflessi negativi sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica.
L'attività di contrasto al fenomeno dei flussi migratori clandestini è stata consistente. Nel 2008, fino al 30 settembre, sono stati registrati i seguenti provvedimenti: 6.553 espulsioni effettivamente eseguite (il 28,1 per cento in più rispetto all'anno precedente), 729 respingimenti del questore (il 24,6 per cento in più rispetto all'anno precedente), 6.124 riammissioni in base agli accordi bilaterali (il 6,1 per cento in più rispetto all'anno precedente). Gli allontanamenti adottati nei confronti dei cittadini comunitari, secondo le previsioni del decreto legislativo 28 febbraio 2008, n. 32, sono stati 591, fino al 30 settembre 2008.
Quanto alle strutture destinate ad ospitare a diverso titolo i clandestini, alla data del 10 ottobre 2008, nei 10 Centri di identificazione ed espulsione attivi sul territorio nazionale risultavano presenti 930 persone, a fronte di una capienza complessiva di 1.177 posti. Presso i Centri di accoglienza e i Centri di accoglienza per richiedenti asilo risultava, alla stessa data, una presenza di 10.400 persone a fronte di una capienza di 8.799 posti, ai quali si devono aggiungere gli 804 di Lampedusa, che portano la capienza massima a 9.603 posti. Complessivamente, quindi, a livello nazionale, sono disponibili 10.780 posti. Questi dati tengono conto anche delle strutture aperte in via d'urgenza, in base alle due ordinanze di protezione civile che ho citato, per accogliere il massiccio afflusso di clandestini, gran parte dei quali richiedenti asilo.
Il decreto legge n. 92, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 24 luglio 2008, il primo provvedimento del pacchetto sicurezza, ha innovato la denominazione dei Centri di permanenza temporanea e assistenza, ora Centri di identificazione ed espulsione, senza introdurre modifiche alle «funzioni». La politica europea in materia di immigrazione richiede agli Stati membri interventi rapidi nella predisposizione degli strumenti necessari a combattere la clandestinità. Per assicurare la funzionalità delle procedure di espulsione e garantire il ritorno nei Paesi di origine o il transito degli stranieri in posizione irregolare, il Governo ha ritenuto


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necessario avviare un piano straordinario di ampliamento della ricettività dei CIE esistenti.
Una prima proposta in tal senso è contenuta nel disegno di legge del pacchetto sicurezza atto Senato 733, dove - in relazione al prolungamento del periodo massimo di permanenza dei clandestini nei CIE - si prevedono nuove costruzioni e ristrutturazioni dei centri già esistenti per la realizzazione di 4.640 posti. Ciò comporterà una spesa pari a euro 233.160.000, da ripartire come segue: 46.632.000 euro per l'anno 2008, 93.264.000 euro per l'anno 2009, 93.264.000 euro per l'anno 2010. Sommando a tali importi i costi derivanti dalla prolungata permanenza degli stranieri nei CIE, occorreranno in totale: 47.014.800 euro per il 2008, 103.248.700 euro per il 2009, 152.183.300 euro per il 2010. A decorrere dal 2011, le spese annuali saranno pari a 93.148.000 euro. Tutte queste risorse sono state previste nel disegno di legge.
Nelle more dell'esame del disegno di legge da parte del Parlamento, il Governo ha adottato, lo scorso 2 ottobre 2008, il decreto-legge n. 151, recante «Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento dei reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina», che consente di anticipare immediatamente la realizzazione di nuovi centri con la corrispondente dotazione finanziaria: 8 milioni di euro per il 2008, 32.500.000 euro sia per il 2009 che per il 2010. Voglio anticipare al Comitato che nelle regioni nelle quali attualmente non esistono CIE abbiamo individuato nei mesi scorsi le strutture che potrebbero ospitare i nuovi centri, le stiamo valutando dal punto di vista dell'immediata disponibilità e dello stato dei luoghi, ovviamente per spendere il meno possibile nella ristrutturazione, e penso che entro un paio di settimane sarò in grado di definire le nuove strutture in queste dieci regioni. Sono scelte che naturalmente verranno fatte sentendo le regioni e gli enti locali interessati, perché voglio che siano scelte condivise.
Circa le operazioni di censimento dei campi nomadi la Commissione europea, anche sulla base del rapporto inviato il 1o agosto scorso al commissario Barrot, ha approvato l'azione del Governo italiano e ha riconosciuto che le iniziative adottate per i campi nomadi sono in linea con la normativa europea. Contrariamente a quanto apparso sui giornali, questa approvazione si riferisce all'originaria ordinanza di protezione civile, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 2008 e mai modificata, che stabilisce cosa bisogna fare nei campi nomadi, come viene fatto il censimento e quali sono le azioni da intraprendere per le tre realtà di Roma, Milano e Napoli.
Oggi scade il termine per completare le operazioni di censimento, la prossima settimana è previsto un incontro con i tre commissari che presenteranno un rapporto definitivo sulle rilevazioni fatte, che trasmetterò al Comitato per conoscenza. In seguito sarà avviata la fase della elaborazione dei dati, al fine di predisporre tutti quegli interventi mirati a garantire le previsioni dell'ordinanza del 31 maggio nei campi regolarmente autorizzati - mentre quelli abusivi verranno chiusi -: i livelli minimi delle prestazioni sociali e sanitarie, con particolare riguardo alla scolarizzazione dei minori, all'avviamento professionale e alla tutela della salute. Alcune iniziative, le più urgenti, sono state già avviate dai commissari delegati che hanno anche formulato alcune proposte, attualmente allo studio, unitamente ai dati. Ricordo che il censimento è stato fatto con l'accompagnamento della Croce Rossa, che è stata sempre presente e ha rilasciato addirittura le tessere sanitarie.
Contestualmente al censimento dei nomadi sono stati avviati diversi interventi di integrazione sociale e di tutela sanitaria. Oltre alla scolarizzazione, le iniziative riguardano la partecipazione alle attività sportive del «doposcuola», nonché l'incentivazione alla prosecuzione degli studi attraverso la concessione di borse di studio. È anche all'esame un piano di potenziamento


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dei servizi destinati alla scolarizzazione, con il finanziamento dei mezzi di trasporto.
Per l'avviamento al lavoro sono stati individuati due percorsi: il primo riguarda il coinvolgimento dei nomadi nella costruzione di nuovi villaggi, anche attraverso l'apertura di un «cantiere scuola» (peraltro finalizzato al conseguimento di una qualifica in campo edile). Il secondo prevede la costituzione di cooperative di servizi, sempre utilizzando il canale della qualificazione regionale. Voglio citare un'iniziativa che è in corso a Napoli nel campo dello smaltimento dei rifiuti e della raccolta differenziata: il prefetto di Napoli sta per stipulare un accordo con alcuni residenti nei campi nomadi, che si sono impegnati ad attuare, attraverso la costituzione di una cooperativa di servizi, un'attività parallela a quella del commissario Bertolaso per lo smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi ancora presenti in ciascun campo di residenza.
Quello che abbiamo in mente sono i campi attrezzati, come quello di Voghera che rappresenta una best practice a livello europeo; ce ne sono anche altri, ma cito Voghera perché essendo in Lombardia è quello che conosco meglio. Quel campo è una specie di condominio orizzontale con un amministratore di condominio. Il campo dispone, e paga per questo, delle forniture che hanno tutte le case di civile abitazione come acqua, gas e luce, organizza la raccolta differenziata, possiede delle parti comuni e delle parti di proprietà dei singoli. Esso rappresenta, dunque, un esempio di perfetta integrazione di un insediamento nomade in una città, con reciproca accettazione e anzi con vantaggi reciproci. Questo è il modello che vogliamo attuare quando parliamo di campi autorizzati e ciò comporta la rimozione e la chiusura di tutti i campi non autorizzati.
Riguardo alle impronte digitali sui documenti, la carta d'identità elettronica è stata introdotta nel 1997, almeno sulla carta, al fine di semplificare il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione. L'intento del legislatore era quello di introdurre su tutto il territorio nazionale un documento che fosse utile ai fini dell'identificazione e che permettesse anche la fruizione da parte dei cittadini di tutti i servizi di e-government centrali e locali. Una buona idea, anzi un'ottima idea che ha anticipato le esperienze di altri Paesi europei che pur iniziando successivamente l'hanno attuata veramente. Noi siamo arrivati prima, nel 1997, ma siamo ancora nella fase sperimentale.
Il rilascio del documento elettronico, a seguito della sperimentazione avviata nel 2002, è in atto da parte di circa 130 comuni, tra i quali numerosi capoluoghi di provincia. Ad oggi sono state emesse quasi 2 milioni di carte d'identità elettroniche. Il decreto interministeriale dell'8 novembre 2007 sulle «Regole tecniche sulla carta d'identità elettronica» definisce il modello organizzativo di emissione, i ruoli di tutti i soggetti coinvolti nel processo del suo rilascio, e detta le regole tecniche e di sicurezza. In tema di impronte digitali, già precedentemente previste per la carta d'identità elettronica, il Ministero dell'interno si è confrontato con l'Autorità garante per la privacy che, il 1o agosto 2007, ha espresso parere favorevole alla proposta di memorizzare nel chip della carta d'identità elettronica il «template» - rappresentazione numerica dell'impronta calcolata secondo algoritmi standard - di due impronte digitali. In questi termini il decreto ha definito le caratteristiche di acquisizione e memorizzazione delle impronte con modalità sicure, in modo da evitare contraffazioni. Gli aspetti tecnici della carta d'identità elettronica e le modalità di emissione sono stati studiati e realizzati in modo da garantire la sicurezza dei dati personali e biometrici del cittadino. Il Centro nazionale dei servizi demografici del Ministero dell'interno garantisce l'autenticazione in rete e il controllo della validità della carta. Presso i comuni sperimentatori del progetto carta d'identità elettronica, il sistema di identificazione è esteso alla popolazione immigrata regolare, ai fini dell'accesso semplificato ai servizi connessi allo status di immigrato.


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Ricordo infine che il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge lo scorso mese di agosto, prevede che le carte d'identità in formato cartaceo che saranno rilasciate a decorrere dal 1o gennaio 2010 dovranno contenere, oltre alla fotografia dell'interessato, le impronte digitali.
Mi auguro davvero che prima di quella data si possa passare completamente alle carte di identità elettroniche; non c'è motivo per cui dopo undici anni la carta di identità elettronica rimanga ancora un test. Ho verificato nei mesi scorsi lo stato di avanzamento del progetto e devo dire con rammarico che esso è bloccato. Esiste addirittura un contenzioso dinanzi al TAR tra il Poligrafico dello Stato, che è il soggetto che doveva gestire il processo, e Finmeccanica, che è uno dei partner del progetto stesso. Questo contenzioso blocca ogni attività. Ho pensato di riprendere l'iniziativa anche attraverso un procedimento legislativo per attuare il progetto nella sua completezza, non solo dunque carta di identità elettronica, ma anche carta dei servizi che sia a disposizione delle regioni e degli enti locali per inserirvi tutti i dati utili. Un esempio potrebbe essere quello dell'accesso al trasporto urbano secondo certe caratteristiche definite dal comune di residenza, non certo dal Ministero dell'interno. È un progetto ambizioso, ma è un progetto che alcuni Stati europei hanno già varato e che non è accettabile che sia bloccato per un contenzioso legale. Non escludo che nel prossimo disegno di legge sulla sicurezza, o addirittura nel decreto-legge, il Governo, per il mio tramite, presenti un emendamento per risolvere tali questioni e dare il via finalmente alla fase dell'implementazione totale dopo la sperimentazione.
Riguardo ai passaporti, il loro rilascio avviene già con modalità conformi alle disposizioni internazionali ed in particolare alle norme comunitarie sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri, contenute nel regolamento CE n. 2252 del 2004.
In armonia con le previsioni comunitarie, il decreto del Ministero degli affari esteri del 29 novembre 2005 sul cosiddetto passaporto elettronico ha previsto l'inserimento nella copertina del passaporto di un microchip destinato a memorizzare in modalità criptata l'immagine del volto e le impronte digitali del dito indice di ogni mano. Tali elementi biometrici, in base all'articolo 2 del decreto ministeriale, sono finalizzati solo a verificare l'autenticità del documento e l'identità del titolare, ma non è prevista la loro conservazione in banche dati. Con decisione della Commissione europea del 28 giugno 2006, è stata resa obbligatoria, dal 28 giugno 2009, la memorizzazione aggiuntiva di due impronte digitali sul chip del passaporto da proteggersi con una tecnologia più avanzata e sofisticata di quella utilizzata per la protezione degli altri dati inseriti sul microchip. In questo modo saranno più difficili le contraffazioni dei documenti e ciò costituirà un ulteriore strumento di controllo sulla regolarità della presenza degli stranieri sul territorio nazionale.
Peraltro, a livello europeo è in corso un'ulteriore revisione del regolamento del 2004, finalizzata ad armonizzare le necessarie deroghe volte ad esentare dall'obbligo di rilevamento delle impronte digitali i bambini al di sotto dei sei anni e le persone per cui tale rilevamento è fisicamente impossibile, nonché ad introdurre, come raccomandato dall'organizzazione per l'aviazione civile internazionale, il principio «una persona, un passaporto», finalizzato a prevenire la tratta dei minori. In vista dell'approssimarsi della data del 28 giugno 2009, sono attualmente in corso i necessari approfondimenti tecnico-amministrativi, a cura delle amministrazioni interessate, per il completamento dell'iniziativa e l'inserimento delle impronte digitali nel supporto di memoria del passaporto elettronico.
È emersa tuttavia qualche difficoltà nell'esecuzione della seconda fase del progetto. Infatti, anche se il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'interno hanno già definito gli standard tecnici relativi agli apparati di acquisizione delle


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impronte e ai software collegati, l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ha censurato le modalità seguite dall'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato per la stipula dei contratti concernenti la prima fase del progetto. In particolare, l'Autorità ha eccepito che la procedura di affidamento è stata effettuata senza avere bandito gare pubbliche d'appalto a livello europeo.
L'Istituto poligrafico ha fatto presente che, qualora si dovesse ricorrere per la fase 2 ad una gara pubblica europea e non ad un affidamento diretto come per la fase precedente, i tempi di realizzazione non consentirebbero il rispetto della scadenza del 28 giugno 2009. In tale prospettiva il Ministero degli affari esteri, d'intesa con il Ministero dell'interno, ha chiesto al Poligrafico di conoscere le iniziative che intende adottare per far fronte alla situazione venutasi a determinare al fine di rispettare la suddetta scadenza.
Vorrei fare un breve cenno ai fondi europei per l'immigrazione, che spesso vengono dimenticati, ma che sono invece piuttosto cospicui.
Nel quadro degli interventi promossi dal Ministero dell'interno per rafforzare le politiche di inclusione e di integrazione sociale degli immigrati, si segnalano le attività previste dal «Piano di azione per la gestione dell'impatto migratorio» predisposto in relazione al Programma operativo nazionale «Sicurezza per lo Sviluppo-Obiettivo convergenza», 2007-2013 (PON Sicurezza), che ha una dotazione di oltre un miliardo e 200 milioni di euro. Queste iniziative concernono il miglioramento della gestione dell'impatto migratorio nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, perché solo a queste quattro regioni è destinato il PON sicurezza.
Il PON mira ad effettuare interventi volti a migliorare i livelli di accoglienza e di integrazione degli immigrati, per esempio progetti di riqualificazione di strutture preposte all'accoglienza, progetti di riconversione di strutture già esistenti sul territorio e realizzazione di centri specializzati dedicati ai minori non accompagnati richiedenti asilo. Particolare attenzione verrà riservata ai progetti dedicati alla formazione professionale, iniziale e successiva degli operatori di settore coinvolti nelle varie attività.
Importanti sono, altresì, i fondi europei per i rifugiati, per i rimpatri e per l'integrazione. Il fondo europeo per i rifugiati è stato istituito con decisione n. 573/2007/CE e consentirà di fruire, per il periodo 2008-2013, di complessivi 19.440.520,30 euro.
Sono stati già presentati sia il sistema di gestione e di controllo, sia i programmi annuali e pluriennali relativi alle azioni in favore dei richiedenti/destinatari di protezione internazionale.
In considerazione dell'emergenza collegata al fenomeno degli sbarchi, a seguito dei quali è particolarmente incrementata la richiesta di asilo, è stata inoltrata alla Commissione europea una richiesta di finanziamento delle spese sostenute in emergenza. Anche tale istanza è attualmente al vaglio della Commissione.
Il nostro Paese si è posto come obiettivo generale quello di ricondurre a sistema le varie misure di accoglienza presenti sul territorio (Servizio protezione richiedenti asilo e rifugiati - SPRAR, Centri assistenza richiedenti asilo - CARA, Centri polifunzionali metropolitani ed ogni altra risorsa disponibile).
Tra i programmi che sono stati sviluppati e studiati possiamo ricordare i progetti di formazione specifica, rivolti al personale dei centri per immigrati, nonché al personale delle ASL territorialmente competenti; la realizzazione di progetti (anche sperimentali) per implementare misure di supporto e di riabilitazione di vittime di tortura, nonché misure specifiche di supporto alle donne (sia singole che in famiglia) che contemplino anche specifici interventi di mediazione e accompagnamento, volti all'emersione di eventuali violenze subite. Infine, vi è stato l'allestimento, presso tutti i centri per richiedenti protezione internazionale, di uffici di contatto.
La previsione finanziaria di tali progettualità è stata calcolata per il quinquennio in 17.830.000,00 euro.


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Il fondo europeo per i rimpatri, istituito con decisione n. 575/2007/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 maggio 2007, assolve all'obiettivo generale di sostenere l'impegno degli Stati nella gestione dei rimpatri.
Per l'anno 2008 la Commissione europea concede all'Italia l'importo di 5.867.478,00 euro (che costituisce il 50 per cento degli interventi programmabili), e sono in previsione ulteriori stanziamenti annuali per un totale di 71.063.478,00 euro nel periodo 2008-2013.
Per quanto riguarda i programmi che saranno finanziati mediante questi importi, tuttora in via di approvazione da parte della Commissione europea (li abbiamo definiti e inviati alla Commissione e siamo in attesa che li approvi), essi hanno per obiettivo, tra gli altri, quello di agevolare l'accesso e promuovere un ricorso più ampio all'opzione del Ritorno volontario assistito (RVA) per specifici gruppi vulnerabili di immigrati, quali vittime del traffico di esseri umani, richiedenti asilo respinti in Italia, migranti titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari e rifugiati. Il progetto ha un costo pari a circa 1.336.000,00 euro su base annua.
Ulteriore obiettivo è quello di implementare le operazioni di rimpatrio sotto scorta, con voli nazionali sia commerciali che charter, ove consentito da specifici accordi bilaterali. Infatti esistono paesi che consentono il rimpatrio con voli charter e paesi che non consentono il rimpatrio di più di due cittadini alla volta. Ciò comporta difficoltà e costi enormi in quanto i rimpatri devono essere effettuati sotto scorta, mediante l'accompagnamento da parte di agenti di polizia. Le operazioni di rimpatrio riguardano soprattutto i cittadini africani sbarcati sulle coste italiane o intercettati sul territorio (principalmente egiziani, algerini, marocchini, tunisini e nigeriani). Il progetto ha un costo pari a circa 7.079.560,00 euro su base annua. Il fondo non è stato ancora attivato dalla Commissione.
Il Fondo europeo per l'integrazione è stato istituito con decisione del Consiglio n. 2007/435/EC del 25 giugno 2007. L'obiettivo generale è quello di supportare gli Stati membri nelle politiche d'integrazione dei cittadini provenienti da paesi terzi.
Sono state inviate alla Commissione europea, nel termine prescritto del gennaio 2008, la programmazione pluriennale 2007-2013 e le programmazioni annuali 2007 e 2008. Purtroppo, si è ancora in attesa dell'approvazione definitiva da parte della Commissione.
Per il Ministero dell'interno particolare rilevanza assume il «Progetto per facilitare le procedure d'ingresso regolare e l'integrazione dei cittadini extracomunitari» per un costo complessivo pari a circa 5.500.000,00 euro, fino alla conclusione prevista per il 31 dicembre 2009. Il progetto prevede la diffusione dell'insegnamento della lingua italiana, l'educazione civica e la formazione professionale per chi entra nel nostro Paese.
Nel 2007 il Parlamento europeo ha istituito il Fondo europeo per le frontiere esterne (EBF) per il periodo 2007-2013, il cui scopo principale è quello di rafforzare il controllo del perimetro delle frontiere esterne e dei flussi di persone che si presentano alle frontiere stesse.
Il Fondo ha lo scopo di sostenere finanziariamente quei Paesi che hanno maggiori difficoltà nell'attuare queste misure. Il Fondo, che adotta la formula del co-finanziamento, richiede allo Stato membro una corrispondente partecipazione finanziaria per programmi, progetti o attività ispirate alle seguenti cinque priorità: graduale organizzazione di una comune gestione integrata delle frontiere; sviluppo e realizzazione delle «componenti» nazionali del sistema di sorveglianza europeo delle frontiere esterne e della rete di pattugliamento europeo; rilascio dei visti e contrasto all'immigrazione illegale; realizzazione di sistemi IT per l'incremento degli strumenti legislativi comunitari nel settore dei visti e delle frontiere esterne (SIS -Schengen - VIS); efficace ed efficiente applicazione degli strumenti giuridici comunitari nell'ambito dei controlli alle frontiere esterne e del


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rilascio dei visti con riferimento al manuale comune per le Guardie di frontiera e all'istruzione consolare comune.
Nel piano di ripartizione dei fondi agli Stati membri, anche all'Italia sono state assegnate delle risorse: per l'anno 2007 quasi 25 milioni di euro, per il 2008 e per il 2009 poco più di 17 milioni di euro. Le programmazioni per le annualità 2007 e 2008 sono state già completate ed inviate per un esame preliminare alla Commissione europea, con la quale è stata avviata una fase negoziale che si stima di chiudere entro pochi giorni. Per i progetti ed i programmi del 2009, sono stati già pianificati gli incontri con i partners istituzionali in vista del completamento della relativa procedura.
Per quanto riguarda la programmazione transitoria dei flussi, secondo la vigente normativa, la programmazione annuale dei flussi di ingresso viene effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base dei criteri generali individuati dal documento programmatico triennale, relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato. Per il triennio 2009-2011, la procedura di adozione del documento è già stata avviata. Il 30 ottobre dello scorso anno, non essendo stato emanato il documento programmatico relativo al triennio 2007-2009, è stato adottato da parte dell'allora Presidente del Consiglio dei Ministri un decreto recante la programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori non stagionali, fissato in 170 mila unità. Alla data del 10 ottobre 2008, in relazione a quel decreto, a quel flusso, a quei limiti e a quella programmazione, sono pervenute ben 740.600 domande di nulla osta. Tra queste, ne risultano definite 150.000, di cui 88.045 con esito positivo. La percentuale dei rigetti è pari a circa il 40 per cento, sostanzialmente in linea rispetto al precedente decreto flussi.
Con l'introduzione dell'innovativo sistema di invio e ricezione delle domande, cosiddetto click day, è stata operata una radicale trasformazione delle procedure che fanno capo agli sportelli unici per l'immigrazione, che ha consentito di eliminare alcune criticità emerse nelle precedenti esperienze. Significativa appare l'introduzione della modalità esclusivamente informatica di inoltro delle domande di competenza dello sportello unico. È altresì stata semplificata la modulistica.
Sono attualmente in corso, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, gli incontri tra le amministrazioni interessate, tra cui il Ministero dell'interno, per definire il decreto flussi per l'anno 2008.
Per quanto riguarda gli accordi bilaterali, fin dal 1991 - ne sa qualcosa il presidente - l'Italia ha avviato intese bilaterali con 30 Stati, dalle quali sono scaturiti 32 accordi di riammissione, già sottoscritti. Sono tuttora in corso di negoziato 14 accordi, tra cui si evidenziano quelli con i paesi rivieraschi del Mediterraneo (Libano, Siria e Turchia), e quelli con Paesi sub-sahariani, quali il Ghana, il Niger e il Senegal, da cui potrebbero originare, e stanno originando, flussi migratori importanti. L'entrata in vigore degli accordi di riammissione rende possibile l'attivazione delle procedure per l'identificazione, attraverso i canali diplomatici o consolari, della nazionalità degli immigrati irregolari e il conseguente rimpatrio. Gli accordi bilaterali sono quindi alla base di ogni politica di rimpatrio degli immigrati che non hanno il diritto di rimanere in Italia. Particolare attenzione è dedicata ai rapporti con la Libia, con la quale sono stati stipulati protocolli di cooperazione e tecnico-operativi. Detti protocolli prevedono l'esecuzione di pattugliamenti marittimi in acque internazionali e libiche con l'uso di unità navali della Guardia di finanza, cedute temporaneamente dall'Italia, e la costituzione di un Comando operativo interforze.
Da un punto di vista operativo, lo scorso aprile durante un incontro con esperti libici, sono stati definiti i dettagli tecnici per l'attuazione di tali protocolli e sono state concordate iniziative per l'addestramento e la formazione della polizia libica nonché per la cessione e la manutenzione di imbarcazioni destinate ai pattugliamenti. Tali accordi, sebbene arrivati


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alla definizione tecnica, tuttavia faticano a decollare - sarebbe meglio dire faticano a lasciare il porto, trattandosi di navi - nonostante le continue sollecitazioni italiane, in particolare da parte del Ministro dell'interno, e l'impegno profuso a livello sia tecnico sia politico. Su questo tema stanno naturalmente lavorando intensamente sia la Farnesina sia la Presidenza del Consiglio.
Il tema dell'immigrazione è stato infatti affrontato dal Presidente del Consiglio lo scorso 27 giugno durante un incontro con il Premier libico Gheddafi e il 17 luglio in occasione di un colloquio tra Berlusconi e il Primo Ministro libico. Il 5 settembre, durante un colloquio avvenuto al Viminale con l'ambasciatore libico Gaddur, sono stati approfonditi i temi legati alle relazioni bilaterali, con particolare riferimento al Trattato di amicizia e cooperazione firmato tra Roma e Tripoli lo scorso 30 agosto, che dovrà essere ratificato dal Parlamento, mi auguro molto rapidamente.
Desidero inoltre informare che nel quadro della riorganizzazione del sistema di controllo e di contrasto dell'immigrazione proveniente dalla Libia, mi recherò a Malta il 27 ottobre prossimo per meglio definire con quelle autorità le attività di intervento nelle rispettive aree di competenza territoriale.
Colgo l'occasione per aggiornare il Comitato anche sul Progetto europeo Frontex. Nell'ottobre 2004, come è noto, è stata creata un'Agenzia per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, denominata Frontex. Tra i compiti dell'Agenzia, che dispone per il 2008 di un budget di circa 70 milioni di euro, vi sono quelli di coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di gestione delle frontiere esterne, di assistere gli Stati membri in materia di formazione del corpo delle guardie di confine, di monitorare l'evoluzione delle ricerche in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne e di fornire il sostegno necessario per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte.
Per quanto attiene alla formazione, voglio ritenere soddisfacenti i risultati sin qui conseguiti e, a questo proposito, voglio sottolineare l'importante apporto fornito dall'Italia attraverso le scuole della Polizia di Stato di Cesena e della Guardia di finanza di Gaeta. Per quanto riguarda il controllo delle frontiere, teso a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, è stato lo stesso responsabile della Frontex, in una recente dichiarazione, a definire assolutamente insoddisfacenti i risultati sin qui conseguiti. Altrettanto insoddisfacenti appaiono le attività svolte da Frontex per assicurare ai Paesi membri l'assistenza per l'organizzazione delle operazioni per il rimpatrio di cittadini clandestini. Nel 2007 sono stati organizzati due soli voli charter per la Nigeria e per il 2008 un solo volo charter da parte di Frontex, che costa 70 milioni di euro all'anno. È al momento in corso la verifica periodica prevista ai sensi del regolamento istitutivo dell'Agenzia. Tale verifica consiste in una valutazione esterna indipendente sui rapporti costi-benefici dell'Agenzia stessa, anche sulla base dei pareri dei soggetti interessati, tra cui il Governo italiano.
Nel parere che dovrò inviare in sede di valutazione formulerò delle critiche, ma anche precise proposte tese a rendere più efficace ed incisiva la cooperazione operativa alle frontiere esterne dell'Unione. In queste condizioni Frontex può risultare utile. È stata un'esperienza molto utile sicuramente per la Spagna, nel contrasto all'immigrazione clandestina dalle coste marocchine alle isole Canarie, ma si è trattato di una situazione logistica geografica ben precisa. Per quanto riguarda il Mediterraneo, invece, l'efficacia è praticamente nulla.
Un ultimo punto riguarda la normativa sull'asilo. La questione relativa alla mancanza di una legge organica sul diritto di asilo - come ha ricordato il presidente - previsto dall'articolo 10, comma 3, della Costituzione, è stata più volte discussa, ma la Corte di cassazione ha affermato che il diritto di asilo ha ricevuto attuazione e va esercitato nell'ambito del quadro normativo


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esistente, costituito dalle leggi in materia di «rifugio politico» vigenti nel nostro ordinamento. Tuttavia la normativa in materia è stata di recente parzialmente modificata ed integrata attraverso l'adozione di due decreti legislativi di attuazione di altrettante direttive comunitarie.
Si tratta in particolare del decreto legislativo n. 251 del 2007, sull'attribuzione della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa della protezione internazionale (i cosiddetti soggetti vulnerabili: anziani, disabili, donne in stato di gravidanza) e del decreto legislativo n. 25 del 25 gennaio 2008 sulle norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. Tali provvedimenti hanno sviluppato le disposizioni già presenti nella legislazione nazionale.
Il nuovo sistema amplia complessivamente le garanzie per i richiedenti asilo, sia sotto il profilo contenutistico della protezione riconosciuta che sotto il profilo procedurale. Infatti, in aggiunta allo status di rifugiato, fondato sul timore di persecuzione, viene previsto lo status di persona ammessa alla protezione sussidiaria (cosiddette persone vulnerabili), basato sul rischio effettivo che corre lo straniero di subire un danno grave alla persona in caso di rientro nel Paese di origine. Vengono anche ampliate le garanzie per i richiedenti asilo nella fase procedurale. La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, qualora non riconosca lo status di rifugiato o quello di persona ammessa alla protezione sussidiaria, può tuttavia chiedere al questore il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Quindi c'è un'ulteriore estensione del livello di accoglimento per queste persone.
Sulla materia hanno inciso anche, recentemente, le disposizioni contenute nel pacchetto sicurezza, di cui si è trattato all'inizio dello svolgimento della mia relazione.
Nel settore della protezione internazionale si registra un costante incremento delle istanze. Vengono in rilievo i numeri che ho già citato inizialmente sottolineando come l'Italia abbia la più alta percentuale di accoglimento delle domande di asilo.
Sono altresì aumentate le richieste della Commissione per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, che sono passate da 4.338 del 2006 a 6.318 del 2007, con un incremento del 46 per cento. Per il corrente anno si conferma il trend in ascesa, con l'emanazione al 30 settembre di 5.116 provvedimenti di riconoscimento della protezione internazionale e di 1.430 di richieste al Questore di rilascio del permesso per motivi umanitari. Sulla base di questi dati, risulta evidente che l'Italia, con il 59 per cento di domande accolte nel 2007, assicura un livello di protezione più alto rispetto agli altri Paesi europei.
Come richiesto dall'articolo 37 della legge n. 189 del 2002, il Governo è chiamato a presentare annualmente al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen una relazione per consentire lo svolgimento dei compiti di indirizzo e vigilanza sulla concreta attuazione della legge, degli accordi internazionali e della restante legislazione in materia di immigrazione ed asilo. Finora questo obbligo non è mai stato rispettato; mi impegno affinché venga data attuazione al dettato della legge.

PRESIDENTE. Signor Ministro, a nome del Comitato, la ringrazio: le siamo molto grati per la sua amplissima e ricchissima relazione.
Sappiamo che alle 15,30 il Ministro dovrà allontanarsi. Ritengo quindi che se riuscissimo a contenere ogni intervento in pochi minuti potremmo ascoltare la replica del Ministro, altrimenti dovremmo pregarlo di ritornare in un'altra occasione da concordare con i suoi uffici.
D'altro canto, lo stesso Ministro ha citato molti dati straordinariamente interessanti, che ci fanno comprendere come l'immigrazione in Italia, che ormai ha compiuto 25 anni, rappresenti un fenomeno di particolare complessità che merita tutta la nostra attenzione.


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Do quindi la parola ai colleghi che intendano porre domande o formulare osservazioni.

SANDRO GOZI. Signor presidente, cercherò di rispettare i tempi ma, come può comprendere, oggi si tratta di un esercizio particolarmente difficile perché la relazione del Ministro, che anch'io voglio ringraziare, è stata veramente molto dettagliata e ha coperto tutte le grandi priorità. Avrei voluto parlarne più lungamente, ma rispetto i tempi indicati dalla presidenza.
Signor Ministro, vorrei tornare sulla questione relativa ai rapporti tra le direttive comunitarie e il pacchetto sicurezza. Devo constatare - e lo dico con soddisfazione, vista la battaglia condotta in Parlamento - che avete preso atto del fatto che le modifiche che avreste voluto apportare alla normativa attuativa della direttiva 2004/38/CE, sulla libera circolazione dei cittadini comunitari, non sono compatibili con il diritto comunitario. Mi sembra una decisione saggia e mi sembra un dato positivo che abbiate avviato un dialogo informale su una materia così delicata. Al momento, o si modifica la direttiva, che presenta aspetti che, tra l'altro, a volte possono essere discutibili, oppure non è possibile introdurre né quei criteri di automaticità né le altre modifiche da voi auspicate.
In qualità di Partito Democratico, nelle Commissioni competenti avevamo presentato un parere contrario; ora constatiamo che la vostra posizione è molto vicina, anzi identica, a quella che noi stessi abbiamo assunto alla Camera.
Vi è anche un altro aspetto, sul quale vorrei richiamare la sua attenzione, che riguarda la parte già in vigore del pacchetto sicurezza. Mi riferisco, in particolare, alla circostanza aggravante che consiste nella condizione di irregolarità per il cittadino comunitario e alla possibilità, prevista per lo straniero, dell'espulsione automatica in caso di condanna a pena detentiva superiore ai due anni. Signor Ministro, so che siete in contatto permanente con Bruxelles e con la Commissione europea, ma questo aspetto - già in vigore e per il quale quindi è possibile una procedura di infrazione formale - mi sembra a rischio, proprio perché equipara giuridicamente lo straniero e i cittadini comunitari. A nostro parere, invece, occorre distinguere le due figure.
Riteniamo che l'aggravante della clandestinità - che riteniamo inopportuna nello spazio europeo - non sia giuridicamente possibile per i cittadini comunitari. Nutriamo anche forti dubbi circa l'automatismo dell'espulsione per gli stranieri condannati a pena superiore ai due anni.
Per quanto riguarda il patto sull'immigrazione, mi sembra che parli molto in francese, ma ciò non mi sorprende, considerata la sua origine. In materia di asilo, il patto prevede una procedura singola da attuare entro il 2012. A noi sembra che si tratti di un passo indietro, perché il pacchetto dell'Aja - di cui è stato protagonista l'attuale Ministro degli esteri Frattini - faceva riferimento ad un sistema di asilo comune da attuare entro il 2010.
A mio parere, alla luce anche di quanto lei stesso ha affermato, al di là della giurisprudenza della Cassazione, poiché in Italia non esiste una disciplina giuridica organica che regoli la materia, sarebbe opportuno - anche se forse non è possibile adesso - ritornare su questo tema. Infatti credo sia interesse nazionale avere un sistema di asilo comune a livello europeo e non solamente una convergenza di procedure, anche alla luce delle divergenze molto forti, cui lei stesso ha accennato, tra la Grecia e l'Italia. Credo quindi che su questa tematica il patto compia un passo indietro e vorrei invitare il Governo a riesaminare la parte relativa all'asilo.
Per quanto riguarda la direttiva rimpatri, cui lei stesso ha fatto riferimento, essa prevede che gli Stati membri non la utilizzino per introdurre nel proprio sistema norme più restrittive rispetto a quelle vigenti al momento della sua adozione. Non tanto nello svolgimento della sua relazione quest'oggi, ma nel dibattito italiano, la direttiva è stata spesso invocata per giustificare misure più restrittive. Vorrei quindi delle rassicurazioni da parte sua a tale riguardo.


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Inoltre, lei giustamente ha fatto riferimento ai fondi europei. Non credo che oggi disponga dei dati per rispondere alla mia domanda, ma ritengo che sarebbe interessante per il Comitato avere a disposizione un quadro che indichi, in percentuale, la parte dei fondi destinata alle misure necessarie, di controllo e di sicurezza, e quella disponibile per le politiche di integrazione, per vedere quale importo, sotto il cappello dell'immigrazione, che è materia trasversale, è destinato alla sicurezza e all'immigrazione.
L'ultimo punto sul quale vorrei soffermarmi riguarda la Libia. Sono d'accordo con quanto lei ha affermato quest'oggi, manifestando una certa sorpresa per il dato politico, in quanto, nonostante tutti gli accordi conclusi anche di recente, la Libia continua a non cooperare. Il Ministro Frattini, rispondendo ad una mia domanda, ha affermato che è necessario attendere la ratifica dell'accordo, in mancanza della quale non si può fare nulla. Credo invece che sin d'ora, senza attendere la ratifica, dovremmo insistere con la Libia per un suo impegno politico più forte.

MAURO DEL VECCHIO. Signor Ministro, la ringrazio per la sua relazione, che anch'io giudico estremamente articolata e incisiva, in quanto ha affrontato problemi delicati e complessi che, a mio modo di vedere - così come ha affermato anche il nostro presidente - meritano una riflessione attenta.
In primo luogo, mi permetto di far presente che probabilmente, dopo un esame approfondito della sua importante relazione, cercheremo di ascoltarla nuovamente in audizione proprio per poter chiarire quegli aspetti che, in questa circostanza, non è possibile sviluppare in modo dettagliato.
Vorrei brevemente riallacciarmi alla problematica, anch'essa particolarmente delicata, relativa ai centri di identificazione ed espulsione. Sulla base dei dati che lei stesso ha fornito, abbiamo preso atto che la capienza non è elevatissima e che è in corso un progetto di ampliamento che, naturalmente, richiederà dei tempi di attuazione. Il periodo di permanenza nei centri è stato elevato a 18 mesi perché spesso era molto difficile effettuare l'identificazione. Ma se non riusciremo a limitare l'afflusso degli immigrati - lo abbiamo visto di recente nel viaggio a Lampedusa - come potremo garantire una permanenza nei centri rispondente alle loro esigenze di vita per un tempo così lungo?

PIERGIORGIO STIFFONI. Ringrazio sentitamente il Ministro per essere venuto e vorrei chiedergli se l'attenzione dell'Unione europea nei nostri confronti sia identica a quella che presta agli altri Stati membri.
La scorsa estate siamo stati ripetutamente attaccati da parte di esponenti del Governo spagnolo, che si sono scagliati contro di noi perché avremmo voluto attuare alcune misure di contrasto all'immigrazione clandestina. Ricordo come in Germania, non molto tempo fa, siano stati instaurati controlli più rigorosi riguardo al ricongiungimento familiare tra cui, ad esempio, un esame di lingua tedesca che ha ridotto del 60 per cento il ricongiungimento dei cittadini turchi. Se adottassimo anche questo tipo di misure, probabilmente gli spagnoli o qualcun altro, si scaglierebbero contro di noi.
Il CIR dovrebbe collaborare con le nostre autorità di confine, ciò non sempre avviene. Infatti, nei porti dell'Adriatico, al momento dell'identificazione dei clandestini che vengono poi rimpatriati, abbiamo spesso notato che si manifesta una tendenza ad indirizzarli verso la richiesta di asilo e protezione.
Ritengo inoltre che sia un'ottima iniziativa quella volta ad attivare e sviluppare il fondo per le frontiere esterne, soprattutto verso la Grecia. Mi riferisco, in particolare, al problema dell'Adriatico, che ormai è diventato un «colabrodo».
In relazione al rimpatrio dei detenuti stranieri - anche se non si tratta propriamente di una materia di competenza del Ministero dell'interno - so che recentemente anche in Romania si sono tenuti


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degli incontri e sono stati conclusi degli accordi con il Governo rumeno, per far sì che i detenuti stranieri scontino la pena nei paesi di origine. Ciò avrebbe anche l'effetto di limitare il sovraffollamento nelle nostre carceri, considerato che ormai, soprattutto al nord, i detenuti sono in maggioranza stranieri ed extracomunitari.

IVANO STRIZZOLO. In precedenza abbiamo audito il Ministro Frattini, oggi il Ministro dell'interno, Maroni. Ebbene, dobbiamo esprimere apprezzamento per i dati forniti e le trasformazioni elencate. Ovviamente, dobbiamo anche approfondire e valutare l'enorme mole di dati resi noti oggi dal Ministro.
In particolare, devo riconoscere che il Ministro Maroni, rispetto ai messaggi che hanno enfatizzato l'ultimo incontro avvenuto il 30 agosto tra il nostro Primo Ministro e il Primo Ministro della Libia, che sembrava dovesse risolvere tutti i problemi riguardanti l'immigrazione proveniente da quel Paese, ha ammesso che purtroppo le cose non solo non sono migliorate ma, nella sostanza, presentano qualche ulteriore elemento di preoccupazione.
Vorrei quindi sapere - riservandomi di approfondire altre questioni, insieme ai colleghi, in un momento successivo - se al Ministero dell'interno risulti che in Libia siano presenti decine di migliaia di clandestini pronti ad attraversare il Mediterraneo, magari in forma contingentata, provenienti anche da altri Paesi, soprattutto dalla zona subsahariana.
Inoltre, mi chiedo se, successivamente alla ratifica dell'accordo sottoscritto da Berlusconi e Gheddafi, le cose miglioreranno o se, invece, occorra qualche ulteriore iniziativa da parte del nostro Governo, anche mediante un coinvolgimento dell'Unione europea.

PRESIDENTE. Signor Ministro, vorrei porle alcune domande, ma prima vorrei fare una premessa. Si tratta di una preoccupazione che credo sia condivisa non soltanto da molti membri del Comitato ma anche da numerosi italiani e riguarda la credibilità delle cifre sull'immigrazione in Italia, spesso molto difformi tra loro. Mi chiedo allora: non sarebbe opportuno fare un censimento molto più serio e più rigido di quanto è avvenuto finora? Infatti, è ovvio che per risolvere un problema è importante conoscerne le reali dimensioni.
Fatta questa premessa, in primo luogo, per quanto riguarda il ricongiungimento familiare vorrei conoscere meglio le norme che devono essere introdotte, non tanto per allargare indiscriminatamente le maglie ma, innanzitutto, per combattere il fenomeno della poligamia, introdotto nei Paesi europei e quindi anche in Italia attraverso il ricongiungimento familiare, fenomeno che sta diventando abbastanza frequente.
Inoltre, mi chiedo se non sia il caso di valutare la possibilità, magari realizzando un progetto pilota, di fare giungere in Italia, con regolare permesso di soggiorno, persone, lavoratori o lavoratrici, insieme alle loro famiglie, così come avveniva nell'antica emigrazione italiana di due secoli fa e come sta avvenendo in alcuni Paesi europei, per una maggiore e più immediata integrazione dei nuclei familiari.
Un'altra domanda riguarda l'azione del programma Frontex, che lei stesso ha ritenuto insoddisfacente. Sebbene non sia una fanatica ammiratrice delle norme europee, credo che molto spesso, considerati i fondi erogati per questioni di tale delicatezza, sarebbe necessario un maggiore trim lining, altrimenti tutto finisce per disperdersi in rivoli e rivoletti, senza riuscire a raggiungere l'obiettivo con efficacia.
L'ultima questione riguarda la Libia, della quale crediamo di sapere quasi tutto. Abbiamo visitato Lampedusa, la prossima missione riguarderà un fronte di cui si parla molto poco, ma dal quale probabilmente giungono molti immigrati clandestini: i paesi di nuovo ingresso come la Romania e quelli dell'area balcanica. La visita che faremo a Gorizia probabilmente ci riserverà delle sorprese proprio dal punto di vista statistico, perché credo che da quella parte d'Europa arrivi il maggior numero di immigrati clandestini.


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Signor Ministro, non so quanto sia il tempo ancora a sua disposizione. Nell'ipotesi in cui non le sia possibile completare la replica ai quesiti che le sono stati posti, ci auguriamo che possa tornare nuovamente.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Per quanto riguarda le questioni poste dall'onorevole Gozi, la procedura di attuazione della direttiva n. 38 del 2004 è stata fatta, come ho ricordato, con un decreto del precedente Governo, che ha introdotto il principio dell'espulsione anche per i cittadini comunitari per «imperativi motivi di ordine pubblico». Nella nostra proposta, abbiamo specificato che tra i motivi imperativi di ordine pubblico, che determinano l'espulsione e non solo l'invito ad andarsene, possa rientrare la violazione delle condizioni previste dalla direttiva n. 38 del 2004.
Un cittadino comunitario può rimanere regolarmente in Italia se ha i requisiti che la direttiva europea prevede: un reddito minimo, l'iscrizione al servizio sanitario, e così via. Dal mio punto di vista, senza questi requisiti previsti dalla direttiva non si può rimanere in Italia e se un cittadino straniero non può rimanere, lo Stato membro ha il diritto di accompagnarlo fuori dei confini nazionali, prendendolo e portandolo fuori a seguito di un provvedimento di espulsione. La Commissione europea non ritiene contraria alle norme europee, ma ritiene eccessiva questa sanzione di accompagnamento coatto, cioè di espulsione, per un cittadino comunitario anche in presenza di una violazione della direttiva europea. Personalmente non sono d'accordo e credo che la violazione della direttiva europea consenta a uno Stato membro di riaccompagnare alla frontiera il cittadino comunitario così come fa con il cittadino extracomunitario. Rispetto l'opinione del commissario europeo, anche se non la condivido, e quindi evito di modificare il decreto del 2007 semplicemente per dire che tra gli imperativi motivi di ordine pubblico la violazione della direttiva n. 38 del 2007 non comporta l'espulsione ma il semplice invito ad andarsene. Mi sembra francamente un lavoro superfluo.
Su questo punto accettiamo la richiesta della Commissione europea, che non è una censura ma un invito. Tuttavia, voglio sottolineare che per tutti gli altri provvedimenti del pacchetto sicurezza, il decreto-legge, gli altri due decreti legislativi e tutta la procedura che abbiamo messo in atto con le ordinanze di protezione civile sui campi nomadi, il parere della Commissione europea è stato inequivoco sul fatto che è del tutto conforme alle direttive europee. Mi piace sottolinearlo, perché su questo punto si è scatenata una polemica furibonda nei mesi precedenti l'estate, polemica che però ha portato, rispondo anche all'osservazione del senatore Stiffoni, a una censura del Parlamento europeo. Il senatore Stiffoni sostiene che l'attenzione dell'Unione europea sull'Italia non è uguale ad altri Paesi; secondo la mia esperienza l'attenzione della Commissione europea è uguale ed è ugualmente corretta. Abbiamo sviluppato un dialogo molto intenso e corretto con la Commissione europea e con il commissario Barrot che ha portato a richieste di informazioni, a invio di documentazione e alla fine all'approvazione pressoché integrale delle misure del pacchetto sicurezza con l'unica eccezione che ho citato, l'invito a soprassedere a introdurre una norma che secondo me è invece assolutamente legittima e conforme alle direttive europee.
Voglio peraltro anticipare che mi è giunta voce che la Commissione europea, proprio sul provvedimento di attuazione della direttiva europea da parte del Governo Prodi, potrebbe aprire una procedura di infrazione perché riterrebbe che gli imperativi motivi di ordine pubblico, limitando il diritto di circolazione, siano anch'essi un provvedimento eccessivo nei confronti dei cittadini europei.
Al momento non ho evidenza di questa procedura di infrazione, ma se così fosse la procedura riguarderebbe ciò che ha fatto il Governo precedente e non il Governo Berlusconi. Non mi compiaccio di questo, perché ritengo che la possibilità di introdurre gli «imperativi motivi di ordine


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pubblico» sia un diritto di ogni Stato e di ogni Governo, anche in presenza del principio di libera circolazione. Non posso tollerare che in Italia possa rimanere un terrorista, o presunto tale, anche se è un cittadino europeo.
In tema di asilo, sempre rispondendo all'onorevole Gozi, abbiamo sviluppato una best practice a livello europeo, ma ciò non toglie che sia opportuno un intervento del Parlamento per introdurre una normativa sull'asilo.
Sulle politiche europee non so francamente cosa sia meglio, ma so che qualunque cosa succederà in Europa, noi che abbiamo sviluppato le politiche di asilo di maggiore accoglienza non abbiamo nulla da temere, perché le politiche europee non potranno essere più ampie di quelle che già attuiamo oggi in Italia. Saranno eventualmente gli altri Paesi, come la Grecia, la Germania o la Francia, a dover modificare le loro politiche aumentando i livelli di accoglienza al livello italiano. L'Italia aveva chiesto, insieme a Malta e a Cipro, un intervento dell'Unione europea su questo tema, perché i richiedenti asilo devono rimanere sul territorio dello Stato nel quale richiedono asilo. Per l'Italia i numeri che ho citato non sono così elevati da creare problemi: 13-14 mila, 8-9 mila persone l'anno che accogliamo e a cui diamo una sistemazione.
Un problema serio invece riguarda Malta e Cipro: chi arriva a Malta perché vuole vivere in Europa, qualora richieda asilo deve rimanere necessariamente a Malta. In questo caso è necessaria una politica europea che consenta all'Europa di accogliere gli immigrati senza obbligare gli Stati che, per semplice condizione geografica, sono gli Stati di approdo a tenere tutti i richiedenti asilo sul proprio territorio. Su questo devo dire che con mia grande sorpresa i Paesi dell'Europa del nord, sempre pronti a dare lezioni all'Italia in materia di solidarietà e di accoglienza, hanno detto «no, grazie» dal momento che gli immigrati che arrivano in Italia devono rimanere sul territorio italiano. Questo per l'Italia non è un problema perché siamo un popolo tradizionalmente generoso, ma mi ha molto meravigliato che la risposta di alcuni Paesi dell'Unione europea alla richiesta di solidarietà in materia di asilo sia stata negativa.
Sui Fondi per le politiche di integrazione non sono in grado di fornire in questo momento tutti i dati, ma li invierò presto.
Con riguardo alla Libia, esiste un accordo che risale al dicembre del 2007, attuato nei dettagli nell'aprile del 2008, riconfermato con l'accordo di amicizia del 30 agosto 2008 il quale si configura come un Trattato internazionale e quindi richiede l'approvazione del Parlamento. Non penso che anche in presenza di questi accordi nulla cambi sul piano giuridico, quando l'accordo sarà ratificato ci saranno degli obblighi che i due Paesi dovranno applicare. Certamente mi aspettavo che, anche nelle more dell'adozione, ci fosse un maggior impegno da parte libica, ma era solo una aspettativa, legittima ma non basata su un accordo. Su questo insisto naturalmente e per questo motivo ho chiesto al Presidente del Consiglio e al Ministro degli esteri di portare rapidamente in Parlamento la ratifica del Trattato.
Gli stanziamenti per i nuovi Centri di identificazione ed espulsione sono definiti dal disegno di legge, 233 milioni e 160 mila euro sia per la realizzazione dei nuovi che per il prolungamento nella permanenza dei nuovi centri fino a 18 mesi. La permanenza fino ai 18 mesi è stata decisa anticipando quello che è contenuto nella direttiva europea sui rimpatri. Tale permanenza è finalizzata all'identificazione e non anche per aspettare i tempi che occorreranno al Paese di origine per riprendere gli immigrati clandestini. Penso che questo prolungamento sia utile. Voi ricorderete che quando i CIE sono stati introdotti dall'allora Ministro dell'interno Giorgio Napolitano la permanenza era limitata ad un mese, quando è stata raddoppiata sono più che raddoppiati i casi di identificazione e di riconoscimento. Ciò è avvenuto perché se si ha la prospettiva di dover rimanere nei centri un mese si


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resiste, due mesi è già più difficile, mentre credo che nessuno possa pensare di non farsi riconoscere e resistere per 18 mesi. La prospettiva di portare la permanenza a 18 mesi è molto utile per ottenere il riconoscimento che prelude al rimpatrio con tutte le difficoltà che ho citato per quanto riguarda gli accordi bilaterali, che non ci sono o sono molto restrittivi in alcuni casi. La permanenza fino a 18 mesi non è a discrezione dell'organo amministrativo, nella nostra legge si prevede che il magistrato, dopo un certo numero di mesi, verifichi se ci sono ancora i requisiti perché il cittadino extracomunitario possa restare nei CIE.
Le risorse saranno a disposizione, entro una decina di giorni, due settimane al massimo procederemo all'individuazione dei nuovi centri.
Per rispondere alle domande in tema di asilo del senatore Stiffoni e del presidente Boniver, vorrei dire che abbiamo introdotto la nuova normativa proprio per evitare gli abusi, che consistono nella richiesta di asilo anche quando non ci sono le condizioni. I richiedenti asilo, infatti, non vengono messi in un centro di identificazione ma in un albergo o in una struttura requisita e hanno libertà di circolare; l'unica sanzione che rischiano è che se decidono di rendersi irreperibili, la loro domanda di asilo può essere processata anche senza sentirli. La normativa che intendiamo introdurre è stata approvata dal Governo, è passata dal Parlamento per il parere delle Commissioni, è tornata al Governo che l'ha approvata definitivamente ed è in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Essa prevede misure più restrittive proprio per evitare gli abusi; non abbassiamo i livelli di accoglienza ma modifichiamo le procedure per evitare che attraverso la procedura di asilo si possa entrare irregolarmente in Italia abusando di questa procedura per poi allontanarsi. In questa normativa, ad esempio, è previsto che il prefetto possa stabilire che il richiedente asilo venga messo in un centro in attesa della verifica della domanda e abbia l'obbligo di residenza con un controllo da parte della polizia.
In tema di detenuti stranieri, l'Italia ha concluso due accordi con la Romania e con l'Albania; quello con la Romania in particolare è stato firmato nel 2003 dall'allora Ministro Castelli e prevede che ci sia il rimpatrio dei detenuti rumeni anche senza il consenso dei detenuti stessi. Questo accordo si fonda su una direttiva del Consiglio d'Europa che prevede già che i Paesi membri del Consiglio d'Europa debbano riaccogliere i propri cittadini detenuti. Si richiede in questi casi il consenso del detenuto, salvo che, come dice la direttiva, ci sia un accordo bilaterale tra gli Stati. L'accordo con la Romania del 2003 è entrato in vigore, dopo molte fatiche, nel 2006 e non è mai stato sostanzialmente attuato, tranne forse tre o quattro casi. Ne abbiamo discusso all'ultimo vertice con i colleghi rumeni e c'è un impegno formale del Governo rumeno a dare attuazione a quest'accordo.
La nostra preoccupazione tuttavia non è solo quella di ottenere dalle autorità rumene di poter trasferire i detenuti nel loro Paese, ma anche che vi rimangano a scontare la pena in carcere. Se sono rimandati in Romania e per qualche motivo vengono rimessi in libertà, rischiamo di ritrovarceli sul territorio italiano, per di più fuori dalle galere e francamente questa non è una cosa che noi auspichiamo.
Il presidente Boniver chiedeva le cifre sull'immigrazione e posso assicurare che, tra le tante che girano, le uniche attendibili naturalmente sono quelle fornite dal Ministro dell'interno! Sull'immigrazione irregolare si possono solo fare delle stime. Su alcune realtà specifiche, come i campi nomadi, abbiamo iniziato a fare un vero e proprio censimento per capire chi e quanti sono coloro che ci vivono: ci sono rom, sinti, di nazionalità rumena, italiana o magari di altri Paesi che non esistono più, come la Jugoslavia. In quest'ultimo caso si crea un problema in più: qual è la nazionalità di un bambino che viene da un Paese che non esiste più? In base ai primi dati che emergono dai censimenti che


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abbiamo fatto ci sono cittadini extracomunitari e cittadini italiani che si rifugiano nei campi nomadi perché non hanno altro posto dove andare. Metà sono minori, e ciò pone un problema rilevante perché non è detto che l'altra metà siano i loro genitori, e solo il 20 per cento di questi minori ha avuto una qualche precedente esperienza di scolarizzazione. Stiamo studiando con l'UNICEF un piano di intervento per tutelare i minori dai rischi di traffico di organi, prostituzione, accattonaggio, eccetera. Ribadisco comunque che sulle cifre ufficiali in tema di immigrazione, quelle a cui potete fare riferimento certo sono quelle del Ministero dell'interno.
Sui ricongiungimenti familiari colgo il suggerimento del presidente di far venire i nuclei familiari assieme ai lavoratori, ma la mia personale opinione è che noi dobbiamo scoraggiare l'arrivo di cittadini extracomunitari. Quelli che vengono regolarmente devono essere perfettamente integrati e su questo voglio ricordare che la tanto vituperata legge Bossi-Fini prevede, da questo punto di vista, un istituto che non è mai stato efficacemente applicato da chi poteva farlo e cioè la possibilità di realizzare nei Paesi di origine delle strutture finanziate dal Governo italiano per la formazione e la selezione dei lavoratori; formazione e selezione che consentirebbero di eliminare tanti problemi sui ritardi nell'emanazione dei visti, dei permessi. Questo percorso potrebbe essere realizzato dalle aziende, dalle associazioni di categoria, dalle università, dai sindacati, dalle ONG, ma finora nulla è stato fatto. Forse se si iniziasse a dare attuazione anche a questa parte della legge Bossi-Fini, molti problemi si risolverebbero.
Infine, circa i fondi a disposizione la preoccupazione è certamente quella che lei, presidente, ha esposto e cioè evitare di distribuirli in tanti piccoli interventi. È una cosa che noi stiamo facendo con il PON sicurezza. Come sapete esiste un Comitato di controllo sul PON sicurezza, per la gestione un miliardo e 250 milioni di euro, che sviluppa degli interventi secondo progetti specifici e rilevanti nelle quattro regioni interessate. Ci sono, inoltre, i fondi europei che sono decisi dall'Europa: non sono nella nostra disponibilità e non possiamo intervenire per modificarli, possiamo solo presentare dei progetti da sottoporre alla approvazione.

PRESIDENTE. Ringrazio sentitamente il Ministro per questa relazione e tutti i colleghi intervenuti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.

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