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Seduta del 30/6/2009


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Audizione del Rappresentante italiano nel Consiglio di Amministrazione di Europol, Generale Antonio Sessa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove politiche europee in materia di immigrazione, il seguito dell'audizione del rappresentante italiano nel Consiglio di Amministrazione di Europol, generale Antonio Sessa, nonché direttore del Servizio cooperazione internazionale di Polizia, che ringrazio a nome di tutti i membri del Comitato per aver accettato nuovamente il nostro invito.
Comunico che sono presenti il Colonnello dei Carabinieri, Antonio Colacicco, direttore dell'Unità nazionale Europol, e il Tenente colonnello della Guardia di finanza, Adolfo Rufa, della divisione N.SIS.
Nell'audizione che abbiamo avuto il 20 maggio scorso, parlando del contrasto all'immigrazione clandestina lei ha accennato ad una serie di iniziative tra Stati membri riguardanti principalmente casi di cooperazione basati su scambi di informazioni e di personale, nonché metodologie investigative comuni. Inoltre, lei ha citato l'operazione ITARO (acronimo di Italia-Romania) ed un recentissimo accordo operativo stipulato con l'Albania. Siamo molto interessati a sapere se ci sono maggiori elementi di informazione su questi due argomenti.
Infine, un secondo quesito che vorrei porle concerne il tema dell'armonizzazione delle normative in materia di asilo e di rilascio dei visti. Dal momento che lei ci ha parlato di un progetto di studio per addivenire ad un formato unico per i passaporti ed i visti comunitari, le chiederei anche un approfondimento con riguardo all'applicazione di tecnologie biometriche, perché è proprio di questi giorni l'ingresso di questo nuovo passaporto con le impronte digitali.
Questi sono i quesiti che vorrei porle, generale. La ringrazio per la sua disponibilità.

ANTONIO SESSA, Rappresentante italiano nel Consiglio di Amministrazione di Europol. Signor presidente, mi scuso ancora del mio non usuale ritardo, ma sono stato trattenuto in una riunione operativa per il G8, che per il servizio che io dirigo non è un G8, ma un «G31» - oserei dire - dal momento che abbiamo invitato 31 Paesi esteri come osservatori a questo avvenimento. Vi chiedo, quindi, scusa per questo.
Vengo alle domande postemi dal presidente. ITARO, l'acronimo di Italia-Romania, è giunto ormai alla sua ottava edizione, ed è un patto bilaterale con il quale l'Italia e la Romania si sono impegnate in una reciproca assistenza che prevede lo scambio di ufficiali di collegamento. Noi abbiamo un funzionario e un ufficio di collegamento in Romania, e la Romania manda un gruppo, variabile nel


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numero, di ufficiali di collegamento in Italia, con un mandato bimestrale o trimestrale.
Quello che dovrebbe andare in funzione tra qualche giorno - in verità siamo già un po' in ritardo, dal momento che era previsto per il 15 giugno, ma ha subìto dei ritardi perché per motivi economici la Romania non è sempre sollecita e puntuale, però si tratta soltanto di giorni o, al massimo, di settimane di ritardo - ci vedrà di nuovo affrontare i temi dell'immigrazione.
Quando parlo di immigrazione - come ebbi a dire la volta scorsa - non mi riferisco soltanto all'immigrazione clandestina, quindi ai casi di persone che, anche attraversando il confine della Romania, che è nell'area Schengen, possono penetrare i confini europei, ma a tutto ciò che si nasconde sotto il fenomeno dell'immigrazione.
In altre parole, con il termine immigrazione ci riferiamo anche a fenomeni quali la tratta delle persone (una vera e propria forma di schiavitù), la riduzione in schiavitù e il lavoro nero, ovvero a certe forme che ci fanno pensare a quello che sembrava un retaggio del passato della schiavitù, ma che abbiamo constatato essere ancora in atto. Dunque, il patto riguarda anche tutte le forme di criminalità, comune e organizzata. Ricorderete i recenti avvenimenti romani, durante i quali proprio la cooperazione con gli ufficiali di collegamento rumeni ha consentito di individuare quei due cittadini rumeni che si erano resi protagonisti di uno stupro.
Con l'Albania, rivisitando un vecchio patto risalente agli anni Settanta - anche se con questo Paese è stato un po' più difficile, perché non si trova ancora nell'area Schengen - abbiamo predisposto un piano di azione.
Con questo piano, trattando sempre temi quali la criminalità organizzata e l'immigrazione - questa volta nel vero senso della parola, non essendo l'Albania nell'area Schengen - abbiamo concordato delle modalità operative comuni, con dei punti di contatto. Voi sapete che il Servizio cooperazione internazionale di Polizia si avvale di più sistemi di contatto, uno dei quali è quello che noi chiamiamo I-24/7 - con orgoglio, perché si svolge 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana, senza nessuna interruzione - grazie al quale riusciamo in tempo reale a fronteggiare ogni situazione.
Inoltre, abbiamo fatto di più. Dall'ultima volta in cui ci siamo incontrati, sono state portate a termine due operazioni molto importanti, chiamate rispettivamente «Foglie nere» con la Nigeria, e «Ticket to ride» con i curdi e gli iracheni, nel corso delle quali abbiamo sventato un traffico di esseri umani, in entrambi i casi con arresti molto consistenti in ambito internazionale, ovvero nell'intera area europea e nelle aree nigeriane e irachene.
L'anno prossimo, il programma di Stoccolma, che andrà ad accavallarsi al programma de L'Aja, che termina nel 2010, prevede un gruppo di lavoro, chiamato Future Group, il quale ha individuato - anche dietro suggerimento della postazione italiana - quali saranno le nuove linee guida della Comunità europea nel campo del contrasto a tutte le forme di criminalità legate all'immigrazione, con specifico riferimento ai visti, su cui vorrei darvi dei particolari.
Il Future Group prevede tra l'altro una banca dati condivisa sul DNA, che entrerà in vigore con gli USA e con i Paesi che aderiscono al Trattato di Prüm, e l'impegno della Direzione nazionale antimafia, che nella lotta all'immigrazione clandestina ha avuto un ruolo determinante di training negli ultimi tempi.
Per quanto riguarda l'immigrazione clandestina e i reati ad essa connessi - ed ho già avuto modo di precisare che dietro questi fenomeni si nascondono reati ben più gravi - c'è stata una vera e propria attività di addestramento per l'identificazione di alcuni reati, prodromici ad altri, i cosiddetti «reati spia», di fronte ai quali spesso i magistrati nazionali si fermavano, contrastandoli per la fattispecie giuridica che rappresentavano senza andare oltre e


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senza vedere quali potessero essere, invece, i reati più gravi che potevano nascondere.
Nella nuova visione del programma di Stoccolma, che entrerà in vigore dopo quello de L'Aja, è previsto anche un formato unico di documenti e visti che agevolerà moltissimo le attività degli operatori di polizia.
In riferimento al quesito che lei, presidente, mi aveva posto, rispondo che è previsto un formato unico di documenti e di visti, che produrrà molte agevolazioni.
Per quanto riguarda le aree di sofferenza per i permessi di visto e di soggiorno, mi preme innanzitutto sottolineare che questo è un campo giuridicamente molto difficile, dal momento che in Europa a volte si registrano delle sacche di incompetenza a causa dei visti di asilo concessi da uno Stato membro, che secondo il Trattato di Ginevra, ma anche secondo il Trattato di Dublino, con una interpretazione più o meno accettata da tutti, coinvolgerebbero tutti gli Stati membri europei. Pertanto, si può verificare che qualora una persona ricercata per atti di terrorismo internazionale, colpita da mandato di cattura internazionale, anche per gravi reati, ricevesse da uno Stato membro europeo il diritto di asilo, questo coinvolgerebbe tutti gli Stati europei.
In Italia, abbiamo avuto due casi simili: quello di una cittadina irachena con visto di soggiorno della Francia e quello di una cittadina turca con visto di soggiorno della Grecia. Probabilmente, si tratta di una questione da rimuovere o da chiarire meglio tra gli Stati membri, ossia se il diritto di asilo concesso da uno Stato membro debba legare tutti gli Stati membri. Infatti, il principio di libera circolazione, contenuto nel Trattato di Prüm e nel Trattato di Dublino, con questa interpretazione legherebbe ogni Stato.

PRESIDENTE. Grazie mille per aver risposto ai miei quesiti. Immagino che ce ne siano anche degli altri. Visto da qui, il Senato batte la Camera cinque a uno.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MAURO DEL VECCHIO. Ringrazio il generale Sessa, per la sua ampia rappresentazione di questo organismo così importante.
Gli argomenti da lei affrontati sono tutti interessanti, e saranno oggetto di approfondimenti da parte di ognuno di noi. Tuttavia, vorrei richiamare la sua attenzione sulla parte della presentazione in cui lei pone in risalto la cooperazione tra Europol e Frontex, sul delicato problema della lotta all'immigrazione clandestina.
Lei ricorda perfettamente come questa attività di contrasto all'immigrazione clandestina si svolga sotto il coordinamento dell'Agenzia europea, Frontex.
Tuttavia, mi pare che lei evidenzi l'esistenza di soverchie differenze tra le capacità operative, anche in termini di risorse finanziarie, che sono state attribuite a Frontex e quelle che invece sono e saranno sempre assegnate, anche in futuro, ad Europol, tanto da arrivare a delle valutazioni che pongono come questione se sia il caso di mantenere l'Agenzia europea con queste dimensioni e questi compiti, oppure se sia invece il caso - come mi sembra di leggere - di rafforzare adeguatamente Europol, considerato il fatto che Europol sta acquistando più importanza.
Vorrei quindi chiederle, signor generale, se può chiarirci questo particolare aspetto.

ANTONIO SESSA, Rappresentante italiano nel Consiglio di Amministrazione di Europol. Senatore, ricordo ciò che ho detto l'altra volta. Ebbene, quella considerazione potrà forse apparire polemica, ma era una valutazione professionale.
Frontex, a fronte del dispendio economico e di risorse umane che richiede allo Stato italiano - mi sembra di ricordare circa 80 milioni di euro all'anno - probabilmente non ha corrisposto alle aspettative di tutti. Tuttavia, devo dire - e questa è una considerazione nuova rispetto


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all'audizione dell'altra volta - che nell'organizzazione del Future Group del quinquennio 2010-2014 di Stoccolma è previsto il rilancio di Frontex, il che ci fa pensare con ottimismo. Siamo dei professionisti, non abbiamo motivi per pensare diversamente. Essendo stato affrontato il problema di Frontex in maniera particolare, forse anche stigmatizzando i successi sperati fino a questo momento, si spera che Frontex, con una predisposizione migliore degli sforzi, e anche una maggiore armonia con Europol e con le altre agenzie, potrà funzionare meglio.
In ogni caso, ricordo di aver sostenuto nella scorsa audizione che l'impegno di Frontex è sembrato inferiore alle aspettative, anche in funzione dell'onere, in termini umani ed economici, che noi sopportiamo.

PRESIDENTE. Vorrei fare un commento a proposito di Frontex. Non so se mi sbaglio, generale, ma noi abbiamo avuto l'impressione - o perlomeno io l'ho avuta - proprio dalle recenti missioni in Spagna e in Grecia, che il problema di Frontex sia soprattutto una questione di coordinamento.
Infatti, mi è parso di capire che in Spagna i nostri colleghi spagnoli parlassero con molta soddisfazione del lavoro svolto da Frontex, mentre in Grecia abbiamo assistito addirittura ad un pattugliamento misto, italo-Frontex, nell'isola di Samos.
Invece, in altre situazioni, lo spessore e la possibilità di contrasto che Frontex dovrebbe svolgere sembra venire a mancare probabilmente a causa anche di un minore coordinamento con i Paesi rivieraschi. Non so se questa sia un'impressione convalidata anche dai fatti, o soltanto una percezione che abbiamo avuto nel corso delle nostre brevi visite.

ANTONIO SESSA, Rappresentante italiano nel Consiglio di Amministrazione di Europol. Signor presidente, anche noi qualche volta abbiamo pensato a qualcosa del genere. Si tratta di sensazioni, ma di certo abbiamo avuto l'impressione che il ruolo di Frontex non fosse primario o importante rispetto a quello delle altre agenzie, e soprattutto che vi fosse una mancanza di coordinamento.
Non so quali possano esserne i motivi, forse la presidenza finlandese e il fatto che dalla Finlandia probabilmente si guarda con minore attenzione ai problemi dei Paesi rivieraschi.
Tuttavia, rispetto a questa situazione io confido molto nel fatto che Stoccolma, nell'avvalersi del contributo di tutti i Paesi, tra cui quello dell'Italia, ha previsto un rilancio, in un capitolo specifico, dell'Agenzia europea Frontex.
Credo che dovremmo aspettare gli inizi dell'anno prossimo per vedere cosa accadrà, perché eliminare un'istituzione è sempre un peccato, dal momento che si tratta comunque di un novero di patrimoni, di conoscenze, di sforzi e di attività che hanno avuto la loro importanza.
Noi siamo dei perfezionisti, ci aspettiamo di più e meglio, e siamo anche autocritici. Abbiamo visto che Frontex funziona meno bene delle altre istituzioni.
Tuttavia, il fatto di averla vista - altrimenti, probabilmente non avrei neanche accennato a questo tema nella scorsa audizione - inserita nel programma di Stoccolma, come argomento specifico, forse anche per l'input ricevuto dall'Italia o da altri Paesi, mi fa ben sperare per l'avvenire.

IVANO STRIZZOLO. Anche io ringrazio nuovamente il generale Sessa e i suoi stretti collaboratori per le informazioni che ci hanno fornito nel corso della precedente audizione e per gli ulteriori aggiornamenti presentati qui oggi. Vorrei sapere, ripercorrendo qualche passaggio dell'audizione che abbiamo avuto circa un mese fa, se circa l'attuazione del SIS II ci sono alcune perplessità.
In aggiunta, c'è questa sua considerazione relativa al fatto che rispetto alle risorse impiegate da Frontex forse i risultati fino ad oggi ottenuti non sono proporzionali allo sforzo e all'impegno, in termini di risorse economiche e di mezzi.


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Ebbene, l'iniziativa di alcuni Paesi, quali Austria, Germania e Francia sul SIS II, ovvero di implementare il sistema attualmente esistente, oltre che produrre un rallentamento non finirà anche per complicare un maggior grado di integrazione di questi sistemi fra i Paesi aderenti? Vorrei chiederle se può magari aggiungere qualche ulteriore riflessione su questi problemi. La ringrazio.

ANTONIO SESSA, Rappresentante italiano nel Consiglio di Amministrazione di Europol.
Come ho già detto in un'altra occasione - poi lascerò la parola per gli aspetti tecnici al collega - la decisione di non passare al nuovo sistema, che ormai è in via di ultimazione, cercando di utilizzare il vecchio sistema implementato, è sembrata un po' a tutti - come diceva Andreotti, a pensar male si fa male, però qualche volta ci si indovina - una scusa dei Paesi che detengono quel sistema, che quindi perderebbero nel loro territorio questo meccanismo.
Io ritengo che comunque si tratterebbe di un sistema nuovo, con i tempi morti che esso comporta, quindi tanto vale passare al nuovo sistema, che noi consideriamo pronto per essere attuato.
Quanto agli aspetti tecnici, se permettete, il mio collega risponderà ai vostri quesiti.

ADOLFO RUFA, Tenente Colonnello della Divisione N. SIS della Guardia di Finanza. Ringrazio per l'opportunità di chiarire un po' meglio alcune questioni.
Come è stato detto giustamente, il progetto SIS II ha subìto un ulteriore ritardo nella messa in funzione del nuovo sistema, attualmente prevista per la fine del 2011. L'alternativa che era stata proposta da alcuni Paesi prevedeva, anziché il varo di un sistema completamente nuovo, con nuove funzionalità e nuove categorie di dati, di incrementare le funzionalità del sistema già esistente.
A parole si tratta di un'operazione abbastanza semplice, ma in pratica essa consiste nel varare un progetto ex novo. Il beneficio che tendevano ad ottenere i Paesi che hanno proposto tale soluzione era quello - per dirla in maniera prosaica - di sostituire il contractor, che ha dimostrato una non perfetta capacità di implementare un progetto così importante e complesso.
D'altra parte, ciò avrebbe rappresentato una sorta di salto nel vuoto, perché si sarebbe dovuto ripartire dall'inizio, con una fase di analisi informatica ab ovo e a seguire una di implementazione, senza avere nessuna garanzia di non incontrare ulteriori difficoltà. Infatti, è vero che gli investimenti a livello europeo sul SIS II sono stati e continuano ad essere cospicui, ma è anche vero che il progetto è effettivamente molto complesso.
Inoltre, durante l'esecuzione e lo svolgimento del progetto, esso ha acquisito una maggiore complessità a causa sia dell'aggiunta di ulteriori requisiti, che non erano previsti all'inizio, sia dell'ingresso di altri Paesi, il cui numero è quasi raddoppiato rispetto a quello previsto all'inizio, passando da 15 a 24-25. Per di più, con la Romania e la Bulgaria i Paesi diventeranno 27, quindi oggettivamente si è verificato un incremento di complessità.
Per concludere, è sembrato molto più sicuro proseguire un progetto che avrebbe previsto un ritardo di un paio di anni piuttosto che partire con un nuovo progetto, che avrebbe richiesto un nuovo contractor, nuove fasi di sviluppo, di disegno, di architettura e così via.

LUIGI DE SENA. Signor presidente, ringrazio il generale Sessa e i colonnelli Colacicco e Rufa. Ho letto la relazione. Purtroppo, molto spesso - mi sono dovuto scusare - dovendo partecipare alla Commissione parlamentare antimafia e anche alla I Commissione permanente del Senato, non mi è consentito di essere molto presente. Ho letto ora la relazione del generale Sessa, al quale rivolgo i miei complimenti perché è stata svolta molto bene.
Vorrei avanzare una semplicissima domanda, sulla quale abbiamo anche discusso a suo tempo, specialmente con il


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colonnello Colacicco. Lei dirige attualmente il Servizio cooperazione internazionale di Polizia, un organismo interforze che è stato opportunamente creato proprio per avere un coordinamento interno al settore della cooperazione. Tale servizio prevede varie divisioni interne: la divisione Interpol, quella Europol e infine la divisione Schengen.
L'Interpol ormai ha una consolidata storia di cooperazione internazionale. Io mi sono fermato a 185 Paesi partecipanti, ma credo che nel frattempo questo numero sia cresciuto. Sono sempre stato il sostenitore della proposta, condivisa anche dal segretario generale dell'Interpol, Ronald Noble, di costituire un ufficio Interpol presso la Commissione europea o presso gli organismi di cooperazione europea.
Con ciò mi ricollego alla questione che lei giustamente poneva, in maniera abbastanza critica, in merito alla proliferazione di agenzie. Lei sottolinea l'esistenza di ben 30 agenzie.
La cooperazione di Polizia, attraverso Interpol, è sempre stata impeccabile in tutti i settori, perché sostanzialmente le polizie parlano lo stesso linguaggio e si comprendono molto rapidamente. Tuttavia, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa di questa proposta, anche perché credo ci sia bisogno di un consolidamento della cooperazione internazionale di Polizia anche a livello extra europeo.
A suo tempo erano stati istituiti degli uffici Europol in Sudamerica, se non vado errato. Dunque, perché non avere un interscambio con Interpol, che peraltro è un'organizzazione ultracentenaria che ci porta, e ci ha sempre portato ad un livello di cooperazione qualitativamente apprezzabile? Questa è la mia domanda.
Permettetemi un'altra brevissima considerazione. Ho menzionato in precedenza i tre settori della cooperazione europea e di Polizia, poi abbiamo la cooperazione giudiziaria e dovremmo avere anche una coerente cooperazione legislativa. La seconda e la terza sicuramente sono interdipendenti. La prima è quella che ha dato sempre i migliori risultati, con grande soddisfazione di tutti i partner non soltanto a livello europeo, ma anche mondiale. Quindi, che cosa ne pensa di questo ufficio Interpol presso gli organismi europei, anche per abbattere i livelli di spesa?

ANTONIO SESSA, Rappresentante italiano nel Consiglio di Amministrazione di Europol. Grazie senatore De Sena. Il senatore è stato mio superiore diretto quando sono sbarcato dal Comando di regione al Dipartimento di pubblica sicurezza, con incarico interforze.
Comincerò in una maniera che forse vi sembrerà suggestiva. I termini non sono mai casuali. Ci si riempie la bocca ogni giorno a parlare di coordinamento, ma il coordinamento - che è una bella cosa - ha i sui limiti.
Il grande limite del coordinamento è il seguente: c'è chi coordina e chi deve essere coordinato. Ebbene, tutti vorrebbero coordinare, ma nessuno vorrebbe essere coordinato da un altro.
A livello internazionale non è quello il termine esatto. Il mio non si chiama Servizio di coordinamento internazionale delle Forze di polizia, noi siamo il Servizio di cooperazione internazionale delle Forze di polizia. Da noi, esiste veramente la cooperazione. Sul piano internazionale non c'è differenza di Paesi, di luoghi, di divise, di polizie civili o polizie militari, di polizie a competenza totale o a competenza parziale. C'è soltanto una reale collaborazione in questi 187 Paesi.
Senatore, le devo dare questa notizia, i Paesi non sono più 185. L'anno scorso, lo Stato del Vaticano ha ritenuto necessario entrare in Interpol, che è comunque la più grande Agenzia mondiale. Tutto sommato, essa rimane l'Agenzia con le maggiori tradizioni di scambi informativi tra le Forze di polizia, con un sistema punto a punto in ogni ufficio di ciascuna delle 187 Nazioni. Solo l'ONU forse ne ha di più, ma non ne sono sicuro. Noi siamo 187. Per quanto riguarda la situazione tra Interpol ed Europol, le comunico che quanto lei chiedeva adesso è stato realizzato. Infatti,


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adesso c'è un ufficiale di collegamento Interpol presso la sede de L'Aja di Europol.

LUIGI DE SENA. Bella notizia.

ANTONIO SESSA, Rappresentante italiano nel Consiglio di Amministrazione di Europol.
È una bella notizia. Si tratterà di fare ancora molto di più. Certo, tra Interpol ed Europol non sempre corre buon sangue, perché Interpol a volte guarda a questa sacca di incompetenza nell'Unione europea con degli spunti di criticità. Tuttavia, ormai anche questa situazione è stata superata e la presenza di questo ufficiale di collegamento mette anche in questo caso tutti insieme.
L'altra domanda è più delicata, perché potrebbero emergere da me degli spunti di criticità, ma lo faccio da professionista. Mi riferisco al coordinamento di Polizia giudiziaria e a quello legislativo. Quello di Polizia è perfetto. Le uniche imperfezioni sono dovute alle imperfezioni degli uomini, al loro ritardo, talvolta alle carenze di personale o al sovrapporsi di esigenze.
Per quanto riguarda il coordinamento giudiziario, il programma di Stoccolma anche in questo caso ha evidenziato le gelosie nazionali delle autorità giudiziarie e devo dire, con molta criticità, in particolare dell'autorità giudiziaria italiana nel contrapporre troppo spesso il segreto istruttorio fino alla fine o quasi del dibattimento, o quanto meno di una fase pre-dibattimentale, il che a volte ha ritardato le operazioni di Polizia. Eurojust fa del suo meglio, ma se non ha la collaborazione delle autorità giudiziarie degli Stati membri potrà fare poco.
Ad esempio, ancora manca la ratifica da parte del Parlamento delle squadre investigative comuni. La legge è fatta, siamo - credo - l'ultimo Paese della Comunità europea (o ne mancheranno pochi) per quanto riguarda le squadre investigative comuni. Non riusciamo a capire perché non possiamo approfittare della cooperazione di Polizia, perché si tratterebbe di una cooperazione di Polizia senza l'avallo della magistratura per indagini avviate, solo perché esistono queste gelosie tra magistrature.
L'aspetto legislativo non sta a me giudicarlo. Noi ogni giorno, nei nostri convegni additiamo tutti gli altri Stati circa la necessità di omogeneizzare al massimo le procedure e, se si può, le norme.
Vi porto un esempio: in Albania il reato di ricettazione non esiste. Esiste soltanto il reato di furto, ragion per cui se uno dimostra di non aver rubato un oggetto di cui non è legittimo proprietario e dà contezza di questo, non commette nessun reato. Questo è uno degli esempi tipici.
Quando vi parlo di furti non pensiate che stia parlando di un'attività di bassa Polizia, perché c'è una trasmigrazione di mezzi nel mondo, specialmente di mezzi pesanti, che fa paura.
Se interessa a questa Commissione, esiste una task force, istituita dopo i fatti Duisburg, che ha dato risultati eccezionali, perché abbiamo arrestato tutti gli autori della strage, lavando anche un'onta italiana, perché un comando italiano aveva compiuto una strage nel centro della Germania ammazzando 7 persone. Ebbene, noi abbiamo dato una risposta operativa efficace, perché li abbiamo catturati tutti con indagini partite dall'Italia.
Dunque, nell'ambito di questa cooperazione è venuta fuori un'indagine, che all'inizio sembrava di minore importanza, ma che poi ha cominciato ad essere parallela e oggi forse è quasi la più importante, sulla circolazione di mezzi di altissimo costo (di mezzi industriali, camion, mezzi di movimento terra) compiuta da intelligenze italiane, in particolare calabresi - noi seguiamo l'assioma secondo cui un calabrese ne cerca sempre un altro e quindi li abbiamo trovati tutti - ma anche tedeschi, che stanno accentrando negli Emirati Arabi mezzi industriali.
Io immagino a cosa servirà ciò, quindi ho attivato anche gli Emirati Arabi. Probabilmente il prossimo anno vi daremo la notizia di un patto bilaterale con gli Emirati Arabi, per poter mettere meglio gli occhi su questa situazione, che a me pare prodromica di grandi eventi dal punto di


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vista criminale. Forse, si tratta di criminalità amministrativa più che di criminalità vera e propria, ma a me sembra una costituzione di beni e servizi in funzione di attività industriali che si dovranno aprire negli Emirati Arabi.

LUIGI DE SENA. Signor presidente, voglio fare un commento sull'affermazione del generale Sessa per quanto riguarda il coordinamento, anche perché abbiamo condiviso questa frase in passato.
L'unico vero coordinamento esiste solo ed esclusivamente qualora il coordinatore sia il titolare della risorsa finanziaria, altrimenti il coordinamento è un'ipotesi artistica delegata all'autorevolezza del coordinatore. Mi sbaglio?

ANTONIO SESSA, Rappresentante italiano nel Consiglio di Amministrazione di Europol. È certamente così, però ci tenevo con orgoglio a usare il termine che ho usato per l'internazionale. Da noi si tratta di cooperazione vera e propria.

DIANA DE FEO. Signor presidente, voglio riprendere il problema dell'applicazione delle varie leggi europee che consentono e obbligano al riconoscimento del diritto d'asilo in altri Paesi.
Io mi domando se ci sia in Europa un coordinamento nel concedere o meno il diritto d'asilo, perché siamo stati in Grecia e abbiamo visto che il diritto d'asilo è concesso in casi molto rari, nell'ordine dell'8 per cento. In Italia, invece, esso è concesso nell'ordine del 50 per cento. Non so negli altri Paesi europei su quali basi sia concesso tale diritto, e se ci sia una regola che valga per tutti.

ANTONIO SESSA, Rappresentante italiano nel Consiglio di Amministrazione di Europol. Non conosco le percentuali, senatrice, però il Trattato di Dublino prevede delle specifiche a riguardo e determina i casi in cui può essere concesso il diritto d'asilo. Infatti, una persona non può chiedere il riconoscimento del diritto d'asilo a tutti gli Stati, ma deve trattarsi dello Stato in cui il richiedente ha residenza o è domiciliato in quel momento, e credo che si imponga anche un periodo minimo di permanenza.
Ciononostante non c'è un coordinamento - proprio quello che noi lamentiamo - anche se l'argomento del diritto d'asilo è previsto, ma io non ne conosco le specifiche e non so quali temi si vorranno trattare in riferimento a tale diritto nel programma di Stoccolma 2010-2015. Credo che ciò sia stato rilevato da altri Stati.
Non sono in grado di rispondere, perché ho soltanto le linee guida. Per alcune linee guida, essendo attività del mio ufficio, posso fare delle proiezioni e avere delle intuizioni, in questo caso non lo so, ma spero che si vorrà valutare proprio questo aspetto, soprattutto il fatto che il diritto d'asilo concesso da uno Stato, qualunque ne sia il motivo, non debba obbligatoriamente legare anche gli altri Stati.
Ben venga, lei mi sta dando uno spunto di quella che potrebbe essere una speranza. Ovvero, se c'è la richiesta di diritto d'asilo in uno Stato, che quest'ultimo senta gli altri 26 Stati. Questo per me sarebbe il massimo, oppure si agisca, se non all'unanimità, a maggioranza. Questa potrebbe essere una bella iniziativa, alla quale sto pensando in questo momento.
La richiesta di diritto d'asilo in uno Stato dovrebbe metterlo in obbligo di chiedere agli altri 26 Stati cosa ne pensano, o quanto meno occorrerebbe agire con un criterio di maggioranza, dei due terzi, o - perché no - dell'unanimità, visto che poi queste persone avrebbero il diritto di circolare. Questo potrebbe un ottimo correttivo.
Non conosco il programma, però vi è indicato, come capitolo, il rivedere le norme sul diritto di asilo.

PRESIDENTE. Secondo quanto ha appena detto il generale Sessa, in effetti si sta costituendo a livello europeo questo European Asylum Office, che però ancora non si è concretizzato, e che avrebbe l'ambizione di coordinare e cooperare su un argomento che ancora non è stato normato a livello europeo, dal momento


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che ogni Paese ha non dico delle norme diverse, ma degli atteggiamenti diversi rispetto al diritto d'asilo.
Questo stato di cose ha provocato anche delle serie rimostranze da parte di Paesi - la Grecia, ma soprattutto Malta - i quali sostengono di non avere la capacità di assorbimento necessaria per rispondere positivamente a tutti coloro che hanno diritto a richiedere e ad ottenere l'asilo politico.
Si tratta di un argomento molto spinoso che credo l'Italia, assieme ai Paesi rivieraschi, attraverso un accordo già abbozzato con Malta, Cipro e con la Grecia per l'appunto, porrà con sempre maggior forza nei futuri consigli dove l'argomento immigrazione sarà all'ordine del giorno. Peraltro, di questo argomento ho parlato con Jacques Barrot a Bruxelles, circa due mesi fa.
Se non ci sono altre domande ringrazio ancora una volta il generale per la sua presenza, per aver risposto a tutte le domande e per gli interessantissimi spunti che ha saputo fornire anche in questa occasione.

La seduta termina alle 13.

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