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Seduta del 25/9/2012


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Audizione del Ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul diritto di asilo e immigrazione e integrazione in Europa, l'audizione del Ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri, che ringrazio a nome del Comitato di aver accettato il nostro invito.
Ricordo che il Ministro Cancellieri è accompagnata dal prefetto Bruno Frattasi, capo ufficio legislativo del ministero.
Nel ringraziare ancora una volta il ministro della sua preziosa presenza, rammento che il Comitato è interessato a ricevere la sua illustrazione sulle politiche generali che il Governo ha realizzato o intende attuare in questo scorcio di legislatura riguardo ai temi dell'immigrazione e dell'asilo. Su tali materie, inquadrate nell'ambito europeo di riferimento, il Comitato ha avuto modo di audire recentemente il Ministro Moavero Milanesi, che, durante la sua audizione, ha richiamato la specifica competenza del ministero da lei guidato. Desidereremo, pertanto, approfondire con lei queste aree di contiguità.
Ci sembra, infatti, che la riforma del sistema di governo del meccanismo Schengen, sia pure concepita a livello europeo, coinvolga in modo consistente la competenza del suo ministero, soprattutto per quanto riguarda il crescente ruolo che verrà attribuito alla Commissione europea nel valutare l'efficacia del controllo effettuato dai Governi dei singoli Stati membri.
Inoltre, vorremmo sapere su quali basi deve essere costruito un sistema comune di asilo, affinché i singoli Governi dei Paesi europei non siano tacciati di violazioni o inadempienze a livello del diritto internazionale, come già avvenuto in molte occasioni, in modo che siano garantiti, però, in egual misura i diritti dei rifugiati e le esigenze di protezione del territorio e la sicurezza del nostro Paese.
Infine, è specifico interesse di questo Comitato acquisire informazioni circa il recente provvedimento con cui il Governo ha disposto una «minisanatoria» o regolarizzazione di emersione a favore dei datori di lavoro di lavoratori immigrati irregolari, che permetterà ai datori di lavoro di regolarizzare gli stessi dietro il versamento di una limitata somma forfettaria. Abbiamo letto di alcune forti perplessità e difficoltà sui meccanismi per accedere a questa «minisanatoria», quindi le chiederemmo un approfondimento su questo.
Do la parola al Ministro dell'interno, Anna Maria Cancellieri.

ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro dell'interno. Signor presidente, onorevoli senatori e onorevoli deputati, ringrazio per l'occasione


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che mi è stata offerta di intervenire davanti a questo Comitato, cui spetta un'attività divenuta, negli ultimi tempi, ancora più sensibile a causa dell'accentuarsi della pressione migratoria verso il nostro Paese, anche a seguito dei noti eventi della «primavera araba».
L'Unione europea si confronta ormai da tempo con la sfida delle ondate migratorie che, ove non regolate e governate, possono incidere sul sistema Schengen, che costituisce uno straordinario strumento per la sicurezza e la convivenza specifica nello spazio unico europeo.
La questione migratoria si inserisce in un contesto caratterizzato dall'evoluzione politica dell'Africa mediterranea, ove è in atto un interessante dinamismo che continua ad avere ripercussioni sui flussi di migranti.
Particolare attenzione merita anche la situazione siriana. Difatti, viene effettuata una costante azione di monitoraggio nei confronti dei migranti provenienti dalla Siria, nonostante le difficoltà a instaurare una fattiva forma di dialogo con tale Paese.
Non si può, tuttavia, non prendere atto della domanda sempre più pressante di alcuni partner europei che chiedono la modifica, ove non proprio la revisione, del sistema Schengen, richiesta che manifesta una certa insofferenza dei popoli europei, preoccupati di vedere messa a rischio la loro sicurezza. È su questi aspetti che il Governo e il Parlamento, attraverso l'opera del Comitato, sono chiamati a confrontarsi per dare un contributo fattivo a problemi ancora oggi al centro del dibattito europeo e per i quali le diverse sensibilità esistenti non hanno tuttora trovato un punto di coagulo.
La vera sfida è individuare quelle soluzioni in grado di garantire la libertà di circolazione delle persone e, nello stesso tempo, il diritto dei cittadini di vivere in uno spazio di libertà e sicurezza, avendo comunque ben presente il dovere di assicurare adeguate forme di protezione a chi fugge da Paesi in guerra.
Accennerò prima ad alcune problematiche di carattere generale sulla gestione dell'immigrazione a livello europeo, per poi soffermarmi sulla possibilità di creare un'area comune di protezione e solidarietà nell'ambito del sistema europeo di asilo. Concluderò il mio intervento con alcuni brevi cenni al sistema di asilo italiano e alla procedura di emersione della manodopera straniera irregolare.
Cominciamo con le questioni della gestione dei flussi migratori nella prospettiva europea e della governance di Schengen. Gli sconvolgimenti che hanno interessato i Paesi del Nord Africa hanno determinato, come è noto, fin dall'inizio dello scorso anno, un significativo incremento della pressione migratoria, indirizzatasi in primo luogo sull'isola di Lampedusa.
Nel corso del 2011, infatti, sono stati 62.692 gli stranieri sbarcati sulle coste italiane, mentre dal 1o gennaio di quest'anno a oggi sono stati 8.884. Anche se siamo lontani dai dati numerici che hanno caratterizzato le fasi più acute dell'emergenza, la tragedia consumatasi lo scorso 6 settembre nelle acque di Lampedusa conferma che ci troviamo di fronte a un fenomeno che non può non interrogare le nostre coscienze e spingere a osservare una linea d'azione che tenga conto delle esigenze di rigore, come di quelle umanitarie.
In questa prospettiva, si colloca la decisione di consolidare, sia a livello bilaterale che europeo, i rapporti con i Paesi dell'altra sponda del Mediterraneo, in modo da rafforzare insieme i programmi di rimpatrio e l'attuazione di una sempre più efficace politica di programmazione dei flussi.
Ricordo che, proprio per impulso del Governo italiano, è in corso un articolato dibattito in sede europea sulle iniziative da intraprendere per fronteggiare l'afflusso di migranti irregolari provenienti dal Nord Africa. L'Italia ha richiesto l'attivazione di misure d'urgenza, ribadendo la propria consolidata posizione sulla necessità di una politica europea in materia di controllo delle frontiere esterne dell'Unione, che tenga in debito conto le peculiarità dei


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Paesi della sponda nord del Mediterraneo, maggiormente esposti al fenomeno migratorio.
Non è un caso che gli eventi in corso nei Paesi arabi stiano determinando anche una riflessione sull'eventuale riforma del cosiddetto «sistema di libera circolazione Schengen». Non si può non sottacere, a tale proposito, la reazione della Francia che, giusto nello scorso anno, ha aperto il dibattito sulla tenuta del sistema Schengen a fronte di situazioni migratorie eccezionali.
Sono state proprio queste emergenze a spingere i Capi di Stato e di governo dell'Unione a chiedere, nel giugno dell'anno scorso, una maggiore collaborazione nella gestione delle frontiere esterne e un salto di qualità nel sistema di monitoraggio. Tale invito è stato accolto dalla Commissione europea, che ha presentato un pacchetto di proposte legislative che segnano il nuovo corso del sistema Schengen. Le proposte riguardano la possibilità di reintroduzione dei controlli alle frontiere interne, in presenza di circostanze eccezionali, nonché il meccanismo di valutazione e di monitoraggio sull'applicazione dell'acquis di Schengen.
Nel corso dell'ultima riunione del Consiglio giustizia e affari interni (GAI), i temi della governance di Schengen e del suo rafforzamento sono stati posti al centro del dibattito. Particolare attenzione è stata rivolta alla ridefinizione del meccanismo attraverso il quale procedere al ripristino dei controlli e alla connessa eventualità che il potere decisionale possa essere trasferito alla Commissione europea.
Ho sostenuto che l'eventuale riforma della governance debba trovare il giusto equilibrio tra il ruolo del Consiglio, della Commissione e degli Stati membri, nel pieno rispetto del principio di solidarietà.
Questo è il percorso per evitare azioni unilaterali da parte degli Stati membri che possano compromettere il principio di libera circolazione. Il rafforzamento della governance, infatti, deve essere realizzato nel quadro di un disegno complessivo e calibrato, in grado di prevedere strumenti e risposte flessibili alle diverse tipologie di sollecitazioni cui può essere sottoposta una grande area di libera circolazione come quella europea.
Dal confronto con i colleghi europei, ho maturato il convincimento che ripristinare i controlli a seguito di crisi migratorie sia un parametro di riferimento troppo ampio, suscettibile per questo di compromettere gravemente il principio di solidarietà, il cui pieno rispetto finirebbe per essere condizionato eccessivamente da possibili egoismi nazionali.
Il negoziato, tuttavia, si presenta molto complesso. I due regolamenti di riforma del sistema Schengen vanno considerati come un unico pacchetto, in cui l'uno è funzionale all'attuazione dell'altro. Sin dall'avvio del dibattito e anche nello scorso Consiglio GAI di giugno, il nostro Paese ha ricercato un assetto che vedesse la centralità della Commissione e garantisse gli equilibri politici e istituzionali anche nei confronti del Parlamento di Strasburgo, nell'ottica di strutturare una strategia europea coordinata e flessibile.
È innegabile, però, che nelle ultime fasi del negoziato questi obiettivi siano stati raggiunti solo in parte. Infatti, il dibattito sulle nuove proposte normative non ha posto termine al negoziato ed è stato caratterizzato da incertezze interpretative riguardanti la base giuridica da utilizzare per l'adozione dei provvedimenti di riforma sui meccanismi di valutazione Schengen, individuata ora nell'articolo 70 e non più, come originariamente previsto, nell'articolo 77 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Questo orientamento comporta l'esercizio della funzione legislativa da parte del Consiglio, su proposta della Commissione, e con un'informazione al Parlamento europeo. La diversa opzione avrebbe, invece, previsto l'adozione di una procedura ordinaria, con la codecisione tra i due organi.
L'irritazione del Parlamento europeo su questo punto ha determinato una sospensione temporanea del dialogo con il Consiglio sui due regolamenti di riforma del sistema Schengen. Sulla questione, la Presidenza cipriota ha avviato un tentativo di mediazione


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per avvicinare le posizioni del Consiglio e del Parlamento ed è auspicabile che il dialogo riprenda per addivenire in tempi brevi a una soluzione positiva.
Passiamo ora alla road map in materia migratoria e alla cooperazione con i Paesi terzi. A questo riguardo, va salutato con favore lo sforzo profuso dalla Presidenza danese e dalla Commissione per la definizione della road map presentata nel corso del Consiglio GAI del 26 aprile scorso. Il documento traccia le linee e i tempi per dare coerenti risposte al complesso fenomeno delle pressioni migratorie mediante un'impostazione dinamica e aperta, capace di seguire efficacemente l'evoluzione del fenomeno.
Una delle priorità strategiche individuate è il potenziamento della cooperazione con i Paesi terzi di origine e di transito dei migranti.
Lo scopo è migliorare le capacità degli Stati terzi nella gestione dei flussi migratori, incentivare le conclusioni di accordi di riammissione e, più in generale, sviluppare il dialogo con i Paesi del Mediterraneo meridionale, anche in vista della definizione dei partenariati di mobilità e dei programmi regionali di protezione.
Inoltre, il documento affronta questioni nodali quali quelle intese a rafforzare la prevenzione, il controllo e il contrasto dell'immigrazione clandestina alla frontiera greco-turca, che proviene dai Balcani occidentali, e un maggiore impegno a contrastare l'abuso dei diritti alla libera circolazione da parte di cittadini di Paesi terzi.
L'attuale Presidenza cipriota intende dare attuazione al documento, prevedendo l'inserimento di ulteriori priorità. Al riguardo, molte delegazioni hanno già richiesto l'attivazione di azioni specifiche relative ai minori non accompagnati, tematica di tutto rilievo anche per l'Italia che ha sull'argomento una legislazione tra le più garantiste in Europa.
La linea sostenuta dal Governo in sede di Consiglio GAI è quella di sollecitare l'impegno dei Paesi terzi per risultati concreti e visibili nel controllo delle proprie frontiere, sia marittime che terrestri.
In questa direzione, negli ultimi mesi, ho dato nuovo impulso alla politica di cooperazione bilaterale con i Paesi interessati dal fenomeno dei flussi migratori. In particolare, è stata riavviata la collaborazione, interrotta durante le fasi cruciali della crisi politica che ha interessato il Nord Africa, con la Libia e la Tunisia, Paesi con i quali si sta dialogando per riuscire a coniugare la massima efficienza del controllo delle frontiere con il rispetto dei diritti umani.
Il 22 marzo scorso mi sono recata in Tunisia, dove ho incontrato il Ministro degli affari esteri e il Ministro dell'interno. Nel corso dei colloqui è stata prestata un'attenzione particolare al livello di collaborazione raggiunto sui temi dell'immigrazione, sia in riferimento ai flussi di ingresso regolari che a quelli di natura clandestina o comunque illegale.
Ricordo, inoltre, che di recente è stato concordato con le Autorità di quel Paese di intensificare i rimpatri, anche in considerazione del fatto che gli strascichi dalla «primavera araba» non consentono ancora di considerare del tutto chiusa la fase emergenziale.
Aggiungo che con la Tunisia è in corso il negoziato per un accordo quadro, con il quale intendiamo pervenire a intese sul contrasto alla migrazione irregolare e alla tratta degli esseri umani, sulla gestione delle migrazioni per motivi di lavoro, sulla circolazione delle persone e sui visti.
Per quanto riguarda le iniziative con la Libia, il 3 aprile ho incontrato a Tripoli il Ministro dell'interno, con il quale ho siglato un processo verbale che, ricollegandosi alla Tripoli Declaration, conferisce particolare rilievo e valenza al rispetto dei diritti umani, anche nel quadro della cooperazione di polizia in materia migratoria.
Con la Libia abbiamo anche concordato di riprendere sia le fila di un progetto per la realizzazione di un sistema di gestione dei dati per l'anagrafe civile, che le attività del progetto «Sah-Med», cofinanziato dall'Unione europea e finalizzato alla prevenzione e alla gestione dei flussi migratori irregolari dal deserto del Sahara al Mar Mediterraneo.


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Riguardo al sistema comune europeo di asilo, l'obiettivo che l'Unione europea intende realizzare è la creazione di un'area comune di protezione e solidarietà, basata su una procedura standard di richiesta d'asilo e su uno status uniforme a favore di coloro cui è stata garantita la protezione internazionale.
Di questo processo, sul quale il nostro Governo è fortemente impegnato, intendo fornirvi un rapido e sintetico excursus.
Dopo aver completato la prima fase di armonizzazione dei vari sistemi di asilo, la Commissione europea ha presentato, già dalla fine del 2008, le proposte normative per la realizzazione del Sistema unico d'asilo.
Per rafforzare la cooperazione degli Stati membri dell'Unione europea è stato istituito un Ufficio europeo di supporto in materia di asilo, la cui attività è iniziata nella primavera del 2011. Si tratta di un ufficio che ha compiti di sostegno alla cooperazione pratica in materia di asilo, attraverso l'individuazione di best practices e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri. Questa struttura sostiene altresì ogni azione a favore dei Paesi dell'Unione europea, i cui sistemi di asilo e accoglienza sono sottoposti a forte pressione, a causa della loro situazione geografica o demografica o di situazioni caratterizzate dall'improvviso arrivo di un vasto numero di cittadini extracomunitari.
A livello europeo, si registra una volontà comune di pervenire, entro quest'anno, al completamento del Sistema unico. Il rispetto di tale termine comporta l'adozione di un pacchetto di provvedimenti normativi riguardanti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo (cosiddetta direttiva «accoglienza»), le procedure comuni per la protezione internazionale (cosiddetta direttiva «procedure») e il ravvicinamento dei diritti garantiti dallo status di rifugiato e da quello di beneficiario di protezione sussidiaria (cosiddetta direttiva «qualifiche»).
Con la prima direttiva si intende ridurre il margine di discrezionalità degli Stati membri nel definire gli standard di accoglienza a livello nazionale, dando vita a uno sforzo di armonizzazione che persegue anche uno scopo di evitare la ricerca, da parte dello straniero, del cosiddetto «trattamento migliore».
In sede di negoziato, sono emersi diversi profili critici, riguardanti in particolare le disposizioni concernenti l'intervista, l'accessibilità al mercato del lavoro, il trattenimento dei richiedenti asilo e la valutazione individuale finalizzata all'identificazione dei soggetti vulnerabili con particolari esigenze sotto il profilo dell'accoglienza.
La direttiva «procedure» mira a costituire una procedura unica per entrambe le forme di protezione internazionale, cioè per lo status di rifugiato e per i beneficiari di protezione sussidiaria, in un'ottica di semplificazione e razionalizzazione, nonché a facilitare l'accesso alle procedure d'asilo.
Le questioni ancora da chiarire riguardano l'individuazione dei richiedenti asilo che necessitano di particolari garanzie procedurali, in particolare i minori non accompagnati, il ruolo e il finanziamento degli accertamenti medici, i fondamenti dei procedimenti di urgenza, la portata del patrocinio legale e il diritto del richiedente di rimanere sul territorio nazionale in attesa dell'appello.
La Presidenza cipriota intende organizzare alcuni dibattiti a livello tecnico con il Parlamento europeo e la Commissione, in vista dei prossimi adempimenti relativi all'adozione della proposta di revisione di tale direttiva.
Con la direttiva «qualifiche», infine, già approvata e pubblicata lo scorso dicembre sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, si mira a garantire standard più elevati di protezione ai richiedenti asilo, procedendo a un riavvicinamento dei diritti garantiti dai due differenti status di protezione.
Il suo recepimento nel nostro ordinamento, che dovrà avvenire entro il 21 dicembre 2013, non evidenzia particolari criticità, in quanto l'Italia già riconosce una sostanziale parità tra i due status, in particolare in materia di accesso al lavoro, alle cure sanitarie e ai benefici sociali.


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I negoziati sul sistema comune europeo di asilo riguardano anche la revisione del cosiddetto «Regolamento Dublino II», che fissa i criteri di individuazione dello Stato competente all'esame della domanda di protezione internazionale, nonché la revisione del regolamento Eurodac, che disciplina il sistema di raccolta e di confronto delle impronte digitali.
In merito a questo progetto normativo, il passaggio più problematico riguarda l'inserimento di disposizioni che consentano all'autorità di polizia di accedere alla banca dati del sistema, previsione sostenuta dalla maggioranza del Consiglio, ma osteggiata dal Parlamento europeo. La discussione sul tema prosegue in sede tecnica, su un nuovo testo della Commissione, che prevede l'accesso delle autorità di polizia nel rispetto di un stretto regime di protezione dei dati e limitatamente alle finalità di contrasto del terrorismo e della criminalità organizzata.
Desidero ora soffermarmi su ciò che costituisce, attualmente, l'aspetto più delicato per il nostro Paese. In forza del Regolamento Dublino II, vige il principio del Paese di primo ingresso. L'applicazione di questo principio comporta che la competenza per l'esame della domanda di asilo sia attribuita al Paese di primo arrivo. Si è inteso così anche limitare il fenomeno delle domande d'asilo multiple, cioè presentate in più Stati membri.
Il criterio del Paese di primo ingresso non è, però, certamente favorevole per l'Italia, Paese di frontiera esterna dell'Unione europea, ma è sostenuto dalla maggioranza dei Paesi del centro e del nord Europa. L'Italia e gli altri Paesi di frontiera esterna hanno più volte ribadito l'esigenza di rendere quanto mai flessibile l'applicazione di questo criterio.
I tentativi in tal senso non hanno, al momento, trovato i necessari consensi da parte degli altri Stati europei. Quindi, tale criterio rimane oggi rigorosamente vigente ed attesta, appunto, quella differenza di sensibilità tra i vari partner europei cui ho fatto cenno.
In ordine alle modifiche proposte dalla Commissione europea al Regolamento, l'Italia si è ispirata al superamento di visioni parziali, collegate a interessi strettamente nazionali, finalizzando le sue iniziative all'introduzione di strumenti che, ispirati a motivi umanitari, consentano la concreta applicazione del principio della condivisione degli oneri, il cosiddetto «burden sharing».
Al riguardo, è sembrata importante la proposta della Commissione di ricorrere al meccanismo della temporanea sospensione dei trasferimenti nel Paese dell'Unione europea sottoposto a particolari pressioni migratorie. La proposta teneva conto anche dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, che avevano imposto a molti Stati membri di sospendere i trasferimenti verso il Paese di primo arrivo in tutti i casi in cui il relativo sistema di asilo presentasse lacune o non fosse conforme agli standard dell'acquis comunitario.
Tuttavia, la forte opposizione della maggioranza degli Stati membri, in primis Francia e Germania, ha portato allo stralcio dal testo delle disposizioni sul meccanismo di sospensione, in favore in un sistema di allerta preventivo e di preparazione e gestione delle crisi, articolato in più fasi e basato su forme graduali di intervento che permettono di verificare la rispondenza delle misure adottate e di intervenire immediatamente con provvedimenti più drastici, laddove il piano di azione messo a punto dallo Stato membro interessato sia considerato insufficiente a risolvere le criticità riscontrate.
In questo contesto, il Consiglio - come richiesto da molti Stati - potrà monitorare costantemente la situazione, chiedendo informazioni e adottando eventualmente le misure di solidarietà ritenute opportune.
La nuova formulazione, giunta al termine del negoziato conclusosi lo scorso 21 aprile, risulta accettabile per l'Italia, tenuto conto che si è riusciti a ottenere un'apertura sulla possibilità che il Consiglio decida eventuali misure di solidarietà nei confronti degli Stati membri maggiormente esposti.
Passiamo ora al sistema di asilo in Italia. Il nostro sistema di asilo prevede dieci


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commissioni territoriali competenti per l'istruttoria e la decisione sulle istanze presentate per il riconoscimento della protezione internazionale. L'attività di coordinamento è affidata a una commissione nazionale con sede a Roma.
Al fine di far fronte all'eccezionale afflusso dei richiedenti asilo a seguito dell'emergenza Nord Africa, il Ministro dell'interno è stato autorizzato a istituire ulteriori cinque nuove sezioni. Pertanto, attualmente sul territorio, oltre alle dieci commissioni, sono operative in totale 13 sezioni.
In tutta Italia è stato adottato il progetto finalizzato all'automazione totale delle istanze per il riconoscimento della protezione internazionale, che prevede l'acquisizione diretta in via informatica dei dati da parte degli uffici immigrazione delle questure e la trasmissione immediata dell'istanza alla commissione territoriale competente.
Il nuovo sistema è volto al raggiungimento dell'obiettivo di semplificazione del procedimento amministrativo attraverso la riduzione dei flussi cartacei, la velocizzazione delle procedure, l'univocità e condivisione delle informazioni e l'armonizzazione dei processi.
Nel 2011 si è registrato un aumento delle domande per il riconoscimento della protezione internazionale. Dal 1o agosto 2011 al 31 agosto di quest'anno, ne sono state avanzate più di 32.000.
Nell'ambito del complessivo sistema di accoglienza dei titolari o dei richiedenti diritto di asilo assume un ruolo particolare lo SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), da considerare il «modello italiano» di sostegno all'integrazione, riconosciuto e apprezzato in Europa per la sua sperimentazione, divenuta misura della capacità di accoglienza del nostro Paese.
Lo stesso Commissario europeo per gli affari interni, Cecilia Malmström, soffermatasi sull'argomento nel corso di un incontro al Viminale, ha ribadito le valutazioni positive sul nostro modello, riaffermando l'impegno dell'Unione europea a favore delle politiche di sostegno ai Paesi dell'area mediterranea, che si trovano più esposti ai flussi migratori.
Il sistema si basa sulla proficua sinergia tra istituzioni dello Stato e degli enti locali e la stessa società civile, secondo una governance di interventi che vede la compartecipazione dei diversi livelli amministrativi interessati.
Per garantire l'operatività dell'accoglienza sul territorio, è prevista l'erogazione di contributi governativi in favore dei progetti di sostegno e integrazione presentati dagli enti locali, a cui si collega un costante monitoraggio sulla presenza dei richiedenti asilo, sugli interventi realizzati e sulla loro efficacia.
In tale contesto, vengono garantiti non soltanto i fondamentali servizi di accoglienza (vitto alloggio e vestiario), ma anche l'insegnamento della lingua italiana, l'informazione legale, l'orientamento al territorio e, ove possibile, la formazione professionale e, per i minori, l'iscrizione nelle varie scuole dell'obbligo.
L'esperienza di questi anni ha condotto al progressivo sviluppo di percorsi di accoglienza diretti a categorie di soggetti più vulnerabili, quali i minori non accompagnati richiedenti asilo, le donne in stato di gravidanza, gli anziani, i disabili e le vittime di violenze fisiche, psichiche o sessuali.
Lo SPRAR è sostenuto con le risorse del Fondo nazionale per i servizi e le politiche per l'asilo. I contributi vengono assegnati agli enti locali a seguito di bando pubblico. Per il triennio 2011-2013, con un costo annuo complessivo di circa 35 milioni di euro, sono stati avviati complessivamente 151 progetti.
Vorrei, infine, svolgere alcune considerazioni in merito alla disciplina concernente il lavoro dei migranti, con particolare riferimento all'utilizzo della manodopera straniera irregolare.
A questo tema è dedicata la cosiddetta direttiva «sanzioni», che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano i cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. La direttiva è


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stata recepita a livello nazionale con il decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, che ha previsto una disciplina transitoria per consentire ai datori di lavoro, famiglie e imprese, di far emergere il rapporto di lavoro illegale, evitando così di incorrere in severe sanzioni anche di carattere penale. La presentazione della dichiarazione di emersione, che si estende a tutti i settori di occupazione, comporterà, infatti, la sospensione dei procedimenti penali e amministrativi per la violazione delle norme relative all'impiego dei lavoratori.
Dal 15 settembre al 15 ottobre i datori di lavoro hanno la possibilità di regolarizzare i dipendenti impiegati irregolarmente, presenti in Italia almeno dal 31 dicembre 2011, adempiendo a tutti gli obblighi previsti sul fronte retributivo, contributivo e fiscale.
Il rigore nella definizione delle condizioni per poter beneficiare della procedura di emersione testimonia la volontà di non favorire un accesso indiscriminato, bensì di offrire un'opportunità per riportare nell'alveo della legalità, con benefici sia individuali che di sistema, i rapporti di lavoro già consolidati.
Per garantire l'efficiente gestione del procedimento sono stati sensibilizzati gli sportelli unici dell'immigrazione presso le prefetture, che provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili.
La presentazione delle domande di emersione avviene esclusivamente tramite modalità informatiche, ulteriormente potenziate. Gli sportelli unici ricevono le istanze dal sistema di acquisizione entro 24 ore dalla presentazione.
Come sperimentato in analoghe occasioni, saranno operativi i protocolli d'intesa stipulati con l'ANCI, le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali e i patronati che potranno fornire assistenza per la compilazione e l'inoltro delle domande.
Turismo, edilizia e agricoltura sono i settori in cui è maggiore la presenza degli irregolari, senza dimenticare coloro che svolgono lavori domestici presso le famiglie. Sono proprio questi ultimi a far registrare i numeri più elevati. Infatti, delle oltre 25.400 istanze finora pervenute, circa 22.000 riguardano collaboratori familiari, che si dedicano in prevalenza all'assistenza delle persone. Sono, invece, poco meno di 3.000 le istanze relative agli altri lavoratori subordinati.
Al riguardo, vorrei chiarire che non ci sono quote massime di ammissione. A differenza di altri procedimenti informatizzati in materia di immigrazione, non è necessario, dunque, concentrare la presentazione delle domande nella fase iniziale della procedura.
Avviandomi alla conclusione, colgo l'occasione che mi viene offerta da questo Comitato per confermare l'impegno a intensificare le attività diplomatiche con i Paesi d'origine e di transito dei migranti, volte a promuovere ogni accordo utile a instaurare o rinsaldare quei rapporti di fiducia e collaborazione necessari per il contenimento e la regolamentazione dei flussi migratori.
Analogo impegno sarà profuso nei confronti della Commissione europea affinché intensifichi i propri sforzi verso gli stessi Paesi al fine di realizzare programmi capaci di produrre quelle condizioni di sviluppo e crescita in grado di allentare all'origine la tensione migratoria.
In tale ambito, sarà evidentemente più semplice realizzare una politica europea di rimpatri maggiormente incisiva. Per realizzare tale coesione, occorrono sinergie. Occorre, cioè, instaurare un ciclo virtuoso e solidale tra i Paesi dell'Unione, evitando il proliferare di iniziative prive di organicità e coordinamento, che rispondono esclusivamente alle logica dei singoli interessi nazionali e non a una prospettiva di respiro europeo. Tuttavia, purtroppo, ne siamo ancora lontani.
Per questo, il Governo auspica che anche i Parlamenti nazionali si facciano promotori del massimo sforzo per una maggiore sensibilizzazione, nella piena consapevolezza che solo una risposta globale potrà dare un'adeguata e soddisfacente soluzione a un problema epocale.


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PRESIDENTE. La ringrazio moltissimo, signora ministro, per questa puntuale e utilissima informativa. Prima di dare la parola ai colleghi, vorrei fare un'osservazione.
Lei ha accennato alla crisi siriana. Sono tornata dopo una breve missione nei Paesi limitrofi alla Siria e credo che questo sia un allarme che non dobbiamo assolutamente sottovalutare perché, in mancanza di una soluzione politica negoziata, che ancora non si profila, oramai i numeri sono eloquenti. Sono oltre 300.000 i rifugiati che hanno trovato protezione nei Paesi confinanti (Turchia, Libano, Giordania e anche Iraq). Di questi, si presuppone che vi sia un numero di persone non ancora quantificabile che vorrà arrivare in Paesi sicuri, come i quelli europei.
Ciò si aggiunge all'emergenza Nord Africa, di cui ha parlato con molta eloquenza, sulla quale vorrei rivolgerle una domanda. Chiedo una valutazione del Governo rispetto alla prospettiva di un ruolo maggiore dell'agenzia Frontex. Infatti, ogni tanto emerge qualche accenno all'utilità di questa agenzia, anche se sono più eloquenti i silenzi sul ruolo che effettivamente svolge, con le modalità che conosciamo.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

DIANA DE FEO. A proposito di Frontex, nei periodi di crisi a Lampedusa, in che modo l'agenzia è stata funzionale? Chiedo questo perché si parla tanto di Frontex, ma poi, quando è il momento, non è chiaro come agisca.

FILIPPO SALTAMARTINI. Ringrazio il ministro per la relazione molto ampia ed esaustiva e per i provvedimenti che sono stati o dovranno essere adottati nell'ambito delle politiche comunitarie in questa materia molto interessante.
Vorrei porre al ministro una domanda, che riguarda la funzione propria del Ministero dell'interno in questa materia. Signor ministro, tutta la politica dell'immigrazione del nostro Paese, dagli anni Novanta, è interamente a carico delle questure e del personale della Polizia di Stato. Quindi, accanto alle funzioni generali dell'amministrazione della pubblica sicurezza, c'è questa branca che impone l'impiego di risorse enormi, soprattutto di uomini e mezzi, che nessun Governo ha mai valutato.
Ora, lei sa che con il provvedimento di spending review è stato bloccato il turnover delle forze di polizia. In Italia si è fatto sempre un discorso generale perché, se si aumentava l'organico di 1.000 uomini, questi venivano spalmati tra tutti i corpi di polizia, come se le esigenze fossero le medesime tra i vari corpi, cosa che non è affatto vera.
Allora, le chiedo se da Ministro dell'interno ha mai valutato questo aspetto e se, eventualmente, l'ha portato in Consiglio dei Ministri.
Non si può immaginare, infatti, che un problema di così enorme portata nell'ambito della sicurezza interna e della cooperazione internazionale sia affrontato con le risorse esistenti, che devono essere utilizzate per la lotta alla mafia, al terrorismo internazionale, all'ordine pubblico e a tutte le altre attività della sicurezza interna. Credo, quindi, che sia giunto il momento di porre questo problema nella sua reale portata, accanto alle grandi difficoltà del Paese. Insomma, occorre chiarire chi e con quali risorse provvede alla politica dell'immigrazione, visto che il sistema attuale non può più funzionare.
Inoltre, signor ministro, valuti che questa sera comincerà la discussione in Aula al Senato sull'introduzione nel nostro Codice penale del reato di tortura. Naturalmente, non è che fino a oggi questo reato non sia stato perseguito nell'ordinamento italiano. Si introduce, tuttavia, un elemento aggiuntivo, quello delle sofferenze psichiche. Questa questione interesserà il dibattito in Senato, che considererà i relativi aspetti penalistici, come la tassatività o la modalità di misura del dolore psicofisico.
Comunque, credo che il Parlamento, il Governo e il Ministro dell'interno in particolare


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si debbano assumere una grande responsabilità. Questo personale, che affronta con grandi sacrifici e disagi il tema del controllo dell'immigrazione, non può correre il rischio di essere perseguito per la sofferenza psichica che in certe circostanze si può verificare, senza che contestualmente gli venga data alcuna risposta in termini di politica della sicurezza in materia di immigrazione. Dobbiamo stabilire, dunque, quanti uomini hanno a disposizione gli uffici immigrazione, per quali funzioni, con quali trattamenti e con quali risorse debbano operare.
Finora questo non è stato fatto e credo sia un grave errore anche sul fronte della cooperazione internazionale di polizia, perché negli altri Paesi le politiche dell'immigrazione sono seguite da appositi corpi, cosa che non avviene in Italia.
Pertanto, nel contesto delle pur necessarie riduzioni di spesa del personale pubblico, penso che lei debba portare questo problema all'attenzione del Consiglio dei Ministri, perché è centrale nel quadro delle politiche di sicurezza e di immigrazione che sono competenza di questo Comitato.
La ringrazio per l'attenzione e per la sua esaustiva relazione.

MASSIMO LIVI BACCI. La ringrazio, signora ministro, per aver parlato a 360 gradi dei temi migratori. Vi sarebbero molte osservazioni da fare, tuttavia mi limito a una premessa.
Mi sembra molto importante che nelle discussioni che si fanno, a Bruxelles e non solo, sull'eventuale revisione del Trattato di Schengen e soprattutto sulla questione della sospensione della sua validità nel caso di pressioni o eventi eccezionali sia chiaro, come punto di orientamento, che la libera circolazione è un'acquisizione di grande civiltà e di grande utilità per l'Europa, per cui ogni eventuale cautela sospensiva del Trattato deve essere effettivamente giustificata dall'assoluta eccezionalità e temporaneità del fenomeno. Altrimenti, cade tutta l'impalcatura.
Ecco, credo che questo debba essere chiaro, perché se lasciamo ai singoli Stati la valutazione quasi completa del grado di eccezionalità di un evento, ci leghiamo le mani di fronte a questa grande acquisizione di civiltà che è la libera circolazione delle persone.
Dopo questa premessa, vorrei rivolgerle due domande.
La prima riguarda la Tripoli Declaration e gli eventuali accordi che sono stati conclusi con le autorità libiche sul controllo delle frontiere marittime. In particolare, le chiedo quali assicurazioni siano state date sul rispetto dei più basilari diritti umani che, come sappiamo, hanno subito gravi violazioni negli anni passati. Questo è un punto cruciale: quindi è importante sapere se gli organismi internazionali di tutela hanno libero accesso ai centri di detenzione dei migranti irregolari in Libia e via dicendo. Insomma, gradiremmo qualche rassicurazione o maggiore informazione in merito.
La seconda questione riguarda l'emersione del lavoro irregolare dei migranti. Lei ha citato un dato molto interessante. Aver ricevuto 24.000 domande nei primi dieci giorni significa che, forse, non andremo oltre le 100.000 domande in tutto. Resteremo, probabilmente, sensibilmente al di sotto di questo dato, ma anche delle previsioni e dei timori che erano stati avanzati. Peraltro, queste domande dovranno essere vagliate, quindi non tutte andranno a buon fine, per cui si resterà presumibilmente al di sotto delle 50.000.
Sulla base di questa esperienza, lei non crede che alcuni meccanismi di «regolare emersione» possano essere un modo utile per riportare l'irregolarità a un livello fisiologico e non patologico?
Personalmente, credo che questa esperienza vada valorizzata per capire in che modo possiamo introdurre nella legislazione ordinaria dei processi di emersione, ovviamente ben valutati, che permettano di sgonfiare quella bolla di irregolarità che si forma regolarmente. Le chiedo, quindi, come vede questo tema, nella sua sensibilità, proiettandolo nel futuro.
Infine, visto che avere in audizione il Ministro dell'interno è un privilegio, non vorrei


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farmi scappare questa occasione, per cui le rivolgerei una domanda un po' irrispettosa o che può suonare tale.
Lei ha parlato ad ampio spettro, ma solo di irregolarità. Invece, la migrazione è in grandissima parte migrazione regolare. Quindi, qual è la visione del nostro Paese circa la migrazione regolare in futuro? I decreti flussi sono morti per sempre, come forse dovrebbero essere? Da che cosa potranno essere sostituiti? In che modo assicureremo, insomma, quel flusso necessario di migranti regolari? Il fenomeno migratorio - ripeto - è soprattutto regolarità; l'irregolarità è una patologia che va limitata. La regolarità, invece, è la natura del fenomeno migratorio.
Concludendo, quali ragioni lei darebbe, dopo il 2013, se si decidesse di affidare le competenze in materia a un ministero autonomo, che avesse sotto mano tutti gli aspetti della migrazione, quindi il lavoro, la parte sociale, l'asilo e così via? Immagino che, istituzionalmente, lei non possa che essere contraria. Tuttavia, forse ci sono delle ragioni più o meno forti per esserlo.
Mi scuso di questa domanda irrituale o forse irrispettosa, ma ho voluto approfittare della sua presenza.

VINCENZO TADDEI. Sarò abbastanza breve e conciso perché non voglio togliere tempo ulteriore al ministro, che ha svolto una relazione estremamente ampia e precisa rispetto ad alcune questioni concernenti i settori dell'immigrazione.
Vorrei dire al collega Livi Bacci, che, purtroppo, anche riguardo al Ministero dell'interno vale quanto diceva Aldo Moro, cioè che il bene non fa notizia, ma il male sì. Le problematiche che di giorno in giorno si affrontano rientrano nella sfera dell'urgenza, per cui anche il ministro ha dovuto mettere in evidenza le urgenze e non tanto i fatti di carattere «regolare».
Detto questo, vorrei soffermarmi su due questioni.
Innanzitutto, nell'ambito del più ampio spettro delle questioni di carattere europeo, visto che questo è un tema antico, vorrei capire se, dal punto di vista finanziario, l'Europa si vuol far carico del fatto che alcune realtà - e in modo particolare il nostro Paese - fronteggiano più di altre le questioni relative all'immigrazione. Siccome siamo immersi nel Mediterraneo più di altri Paesi, soffriamo il problema dell'immigrazione irregolare.
A questo riguardo, lei diceva poc'anzi che ha dovuto ampliare anche il numero delle Commissioni territoriali, portandole da 10 a 15, a fronte di flussi verso il nostro Paese che sono ormai permanenti, al di là dei numeri. Vorrei, quindi, capire se, nel processo di revisione degli accordi europei, l'aspetto finanziario sia tenuto in debita considerazione.
Vorrei, poi, anch'io approfittare della sua presenza per affrontare un'altra questione interconnessa a questa tematica.
Lei faceva riferimento alla vicenda della Siria, ma anche alle altre questioni che negli ultimi mesi hanno interessato i Paesi rivieraschi del Mar Mediterraneo. Vorrei capire se queste tensioni - compresa la vicenda ultima della morte dell'ambasciatore americano in Libia - abbiano creato allerta nell'ambito del Ministero e se vi è un controllo puntuale sui settori islamici estremisti presenti sul nostro territorio.
Lei diceva, peraltro, che alcuni prigionieri di Guantanamo potrebbero tornare nel nostro Paese perché è stata la loro ultima destinazione. Si tratta, quindi, di personaggi pericolosi, che hanno causato grossi problemi nell'ambito del terrorismo internazionale. Insomma, vorrei sapere se nel quadro della sua azione vi è una puntuale considerazione di queste problematiche.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Cancellieri per la replica.

ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro dell'interno. Per quanto riguarda la Siria siamo molto preoccupati e monitoriamo continuamente la situazione. Il Ministro degli esteri è molto focalizzato su questo e abbiamo svolto più di una riunione interministeriale sul punto, perché la Siria potrebbe dar luogo a nuove emergenze


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anche importanti, data la situazione davvero molto delicata. Comunque, per ora, la situazione siriana è seguita con attenzione.
Per quanto riguarda l'emergenza Nord Africa, completeremo tutta la procedura di accoglienza alla fine dell'anno, quando saranno state verificate tutte le domande di asilo pervenute. Peraltro, alcune stanno per essere riviste, mentre altri migranti sono accompagnati nel loro Paese, quindi speriamo di concludere questa fase in maniera completa e corretta.
Sul potenziamento di Frontex, sono d'accordissimo. Infatti, l'ho chiesto e continuo a farlo. Frontex è fondamentale, per cui crediamo che sia importante potenziarla. Quando si verificò la tragedia di Lampedusa, Frontex ha collaborato ai soccorsi. Infatti, c'era anche un suo mezzo navale assieme agli altri.
Peraltro, in quel giorno - quasi per un caso fortunato - nel Canale di Sicilia erano presenti molti mezzi di vario genere, sia italiani che stranieri, tra cui, appunto, anche uno di Frontex. Su quella tragedia siamo molto attenti e vigili proprio perché quel giorno quel tratto di mare era controllato in maniera straordinaria. Sarà stata una circostanza, ma era davvero sottoposto ad un notevole controllo. Nello specifico, anche Frontex - ripeto - ha contribuito.
Più in generale, se Frontex potenziasse la sua attività, non potremmo che essere favorevoli, come abbiamo dichiarato più volte nei vari incontri che si sono tenuti in Europa.
In merito alla politica dell'immigrazione, vorrei dire che è un problema complesso che non riguarda solo la polizia. Torniamo, così, all'altro discorso. Per quanto riguarda, l'uso e la quantità degli uomini che impieghiamo, vi è un grossissimo dispendio di energie da parte della Polizia di Stato, che ha il know how per fronteggiare la questione dell'immigrazione. Si tratta - lo ripeto - di un problema complesso, che richiede conoscenze, rapporti internazionali, dati e qualità che soltanto la Polizia possiede. Infatti, gli uffici stranieri della questura sono ben organizzati.
È vero che vi è un grosso dispendio di energie. Sono impiegati molti uomini, appartenenti sia alla Polizia di Stato, sia al personale civile, dato che lo smaltimento delle varie pratiche (permessi di soggiorno e altro) costituisce un'importante voce nelle attività svolte dal Ministero dell'interno.
D'altra parte, la professionalità acquisita e le capacità del personale del Ministero sono tali per cui non si può che pensare di potenziare questi uffici o dotarli di mezzi ulteriori. Purtroppo, però, questa esigenza si scontra con la necessità di bloccare il turnover e con tutte le difficoltà che conosciamo. Tuttavia, la delicatezza e la qualificazione dei nostri apparati è tale per cui ritengo che la situazione debba essere gestita così com'è. Certo, potremmo dedicare loro maggiori mezzi, se riuscissimo a trovarne la disponibilità.
Si tratta di un tema affascinante che dobbiamo ancora approfondire, soprattutto alla luce dell'introduzione del reato di tortura e di altri elementi che presuppongono, tra l'altro, la crescita anche culturale dei nostri uomini: c'è quindi molto lavoro da fare, in termini di formazione, su soggetti che si trovano a dover affrontare problemi delicatissimi, con conflittualità latenti. Insomma, credo che l'Amministrazione debba continuare ad approfondire questo tema, perché occorrerà un significativo investimento di qualificazione professionale e materiale.
Per quanto riguarda la libera circolazione, sono d'accordo che non si possano toccare le acquisizioni di Schengen. Peraltro, abbiamo espresso questa nostra posizione anche in sede europea. Soprattutto per noi, che siamo molto esposti ai flussi migratori, eventuali sospensioni dell'Accordo di Schengen creerebbero molte difficoltà. Tuttavia, la situazione non è così facile, perché in Europa compaiono a macchia di leopardo posizioni contrarie. Comunque, per quanto ci riguarda, siamo sempre favorevoli a garantire la libera circolazione di merci e persone perché l'Europa non può che essere Schengen: questa è la posizione dell'Italia.


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Sulla Tripoli Declaration, devo precisare che si tratta di un primo contatto con la Libia, preso all'epoca del precedente Governo, per cercare di riprendere le fila di diverse attività - poi interrotte - dei Governi italiano e libico in tema di controlli alle frontiere. Abbiamo, però, in questa circostanza messo per iscritto - quasi inciso sulla pietra - che dovevano essere garantiti i diritti umani e abbiamo chiesto che gli organismi internazionali potessero effettuare le loro verifiche. Comunque, abbiamo chiarito che la garanzia del rispetto dei diritti umani sarebbe stata propedeutica a qualunque azione da parte del Governo italiano.
Nel frattempo, si sono svolte le elezioni. Attualmente, la situazione è quella che è, quindi siamo ancora fermi a una pagina di buone intenzioni. Tuttavia, appena sarà possibile ritorneremo in Libia e continueremo a dialogare con le autorità locali. In nessun caso infatti il Governo italiano intende demordere sul tema dei diritti umani, che considera fondamentali.
Passando all'emersione dei migranti irregolari, non so quanti saranno i numeri. Probabilmente, il suo calcolo è giusto, ma sarà necessario verificare le domande (sul punto saremo molto rigorosi). Infatti, si dovrà trattare di una vera emersione, cioè una vera ricerca del lavoratore in nero, e non di una sanatoria o un'introduzione di irregolari sul territorio nazionale. Insomma, vedremo alla fine. Fin da ora, posso dire che da parte nostra ci sarà molta serietà. Le direttive che abbiamo diramato vanno in questo senso. Abbiamo anche inviato delle circolari alle varie prefetture affinché possano agire sempre nel rispetto del criterio specifico dell'emersione.
Per quanto riguarda il futuro dei flussi, questa decisione non appartiene a me. Tra l'altro sono un tecnico, quindi bisognerà vedere cosa deciderà la politica in futuro. Probabilmente, si opterà per dei flussi adeguati e si sceglierà a quale tipo di immigrazione fare riferimento. Comunque, questi sono temi politici, per cui è giusto che sia un Parlamento eletto dal popolo a scegliere quale strada intraprendere.
Quest'anno i flussi sono stati bloccati, a causa dei dati sull'emersione e della situazione economica contingente del Paese, in cui i dimissionati sono maggiori delle richieste di lavoro; si è fatto perciò soltanto un discorso di flussi per gli stagionali, per i quali esisteva un'effettiva esigenza da parte delle imprese. In generale, però, sapete meglio di me in che momento siamo. Tuttavia, queste scelte - ripeto - appartengono a un Parlamento eletto dal popolo.
Se lei mi stuzzica poi sul fatto che il Ministero dell'interno sia o meno indicato a gestire il fenomeno migratorio nel suo complesso, tenendo conto che sono un prefetto, non posso che dire che il Ministero dell'interno è in grado di fare tutto. Sono convinta che il Ministero dell'interno si possa caratterizzare anche per essere un ministero di diritti civili. Anzi, lo è già, perché c'è un'anima del Ministro dell'interno che è fortemente consapevole dei diritti civili, quindi, come tale, può gestire anche il fenomeno migratorio. Questo, però, dovrà deciderlo il nuovo Parlamento, che dovrà stabilire se questo è il ministero adeguato e, più in generale, quanti dicasteri vorrà e che tipo di indirizzo vorrà dare alla politica migratoria.
Per parte mia, non posso che credere fermamente nella capacità del nostro ministero di dare anche risposte molto civili. Infatti, non siamo un ministero di polizia, ma abbiamo tante anime, di cui una civile molto profonda. Sicuramente, molto più di quanto non si tenda a pensare, per cui - ripeto - ci credo fermamente.
Per quanto riguarda l'Europa, devo dire che ci aiuta con diversi fondi. Non so dirvi esattamente la misura di questi fondi, perché non ho i dati sotto mano, ma posso farveli avere. Quindi, l'Europa ci aiuta abbastanza su alcuni versanti: tuttavia, vogliamo che ci aiuti di più. Su questo non c'è dubbio. Redigiamo continuamente rapporti in cui diciamo che siamo la sponda più delicata e più fragile del Mediterraneo: quindi, chiediamo di essere supportati soprattutto per quanto riguarda la politica dell'accoglienza e dell'asilo.


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Peraltro, diamo ai migranti un'accoglienza della quale siamo orgogliosi. Invitiamo tutti a venire a vedere come accogliamo queste persone: questa accoglienza richiede grossi mezzi perché non basta dare loro una possibilità di vita, ma bisogna anche dare un'opportunità di crescita. Pertanto, chiediamo sempre all'Europa una maggiore solidarietà.
L'atteggiamento del Governo è di consapevolezza dei doveri cui deve fare fronte, ma anche della necessità di poterli svolgere nel migliore dei modi, per dare risposte di grande civiltà a coloro che hanno diritto a richiedere l'asilo. Questo, ovviamente, comporta fermezza dove vi è irregolarità, perché senza fermezza e senza legalità non garantiamo la sicurezza del nostro Paese.
Mi richiamo ora al problema dell'attenzione e dell'allerta in tema di sicurezza. Siamo molto allertati e molto attenti a quello che sta accadendo. Svolgiamo un'attività molto intensa di controllo sulle reti del terrorismo internazionale, un'attività silenziosa (del resto, non potrebbe essere altrimenti). Il problema esiste realmente, proprio per questo dobbiamo essere molto aperti e rispettosi dei diritti civili del richiedente asilo e di quanti ne hanno titolo, ma anche molto rigorosi per non lasciare spazio a chi nel nostro territorio non deve stare. Insomma, si deve coniugare umanità con rigore nella stessa misura e con la stessa fermezza. Ribadisco, pertanto, che sul tema del terrorismo internazionale vi è molta attenzione e viene condotta un'importantissima attività.
Se vi occorrono altri elementi, sono a disposizione.

PRESIDENTE. La ringrazio, signor ministro, della replica esaustiva alle domande poste dai colleghi. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14.

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