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Seduta del 18/2/2009


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Audizione del direttore generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'anagrafe tributaria nel contrasto all'evasione fiscale, l'audizione del direttore generale delle Finanze, professoressa Fabrizia Lapecorella, alla quale do la parola, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere, al termine dell'intervento, eventuali domande o formulare osservazioni.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale delle Finanze. Signor presidente, la ringrazio per l'invito. Abbiamo a disposizione solo poche copie di alcune slide che vi distribuiremo, differenziate per rilegatura.
Il mio contributo, oggi, è finalizzato essenzialmente ad illustrarvi le funzioni che il dipartimento delle finanze, che è un'articolazione del ministero, quindi non è un organo operativo, svolge in connessione all'azione di contrasto all'evasione che è, invece, una missione istituzionale specifica delle agenzie fiscali.
Tra le funzioni svolte dal dipartimento delle finanze, quelle legate all'attività di contrasto all'evasione sono essenzialmente quattro: l'analisi economica del fenomeno dell'evasione fiscale, il supporto all'autorità politica per la definizione degli interventi normativi, il coordinamento del sistema informativo della fiscalità e la promozione di soluzioni organizzative e tecnologiche per l'evoluzione dello stesso sistema informativo della fiscalità.
In effetti, mi concentrerò essenzialmente sul know how di cui il dipartimento dispone rispetto al complesso problema dell'identificazione del fenomeno dell'evasione fiscale e sul ruolo che il dipartimento svolge, attraverso la direzione sistema informativo della fiscalità, di coordinamento e indirizzo rispetto al funzionamento del sistema stesso.
Inizierei, quindi, dalla definizione e dai problemi di misurazione del fenomeno dell'evasione fiscale, in modo da contestualizzare la nostra discussione. L'evasione fiscale - la definizione è ovvia - è un comportamento illecito finalizzato ad occultare volontariamente, in tutto o in parte, la base imponibile di un tributo e si realizza tipicamente attraverso la sottodichiarazione dei ricavi, la sopravvalutazione dei costi oppure l'omessa dichiarazione dei redditi, nel caso in cui l'evasione sia totale.
L'elusione, invece, è un fenomeno più complesso. Per elusione si intende l'appropriazione, da parte del contribuente, di un risparmio di imposta indebito, che viene


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conseguito sfruttando alcune lacune ed imperfezioni presenti nella legislazione tributaria.
In prima approssimazione, generalmente, si tende a far coincidere il concetto di economia sommersa con la base imponibile evasa, sia a fini fiscali sia a fini contributivi. Questo è un punto importante da chiarire. Con il termine «economia sommersa», in effetti, si intendono le attività di produzione di beni e servizi che non vengono rilevate oggettivamente in contabilità nazionale, in quanto collegate a fenomeni di evasione fiscale e contributiva e all'utilizzo di lavoro non regolare.
L'ISTAT (Istituto nazionale di statistica) provvede a stimare l'economia sommersa, quindi nel calcolo del prodotto interno lordo rientra la valutazione dell'Istituto centrale di statistica dell'economia sommersa. In particolare, le ultime stime disponibili - quelle pubblicate dall'ISTAT nel 2008, relative all'anno 2006 - collocano l'ampiezza dell'economia sommersa fra 230 e 250 miliardi di euro.
In base all'ultima pubblicazione dell'ISTAT, nel 2006 la quota di economia sommersa sul PIL, quindi la parte di valore aggiunto che è considerato sommerso, è pari a circa il 16,1 per cento. Guardando il grafico presente nella slide, si osserva che dopo un trend crescente terminato nel 2001, la quota di economia sommersa sul PIL è costantemente diminuita fino ad arrivare, appunto, alla cifra del 16,1 per cento di cui sopra.
Devo precisare che tale cifra corrisponde ad una media: l'ISTAT, nello stimare la parte di valore aggiunto, individua un range, un intervallo di valori all'interno del quale si colloca ragionevolmente il valore aggiunto dell'economia sommersa. Per semplicità e per poter rappresentare graficamente, in maniera più efficace, questo risultato, noi abbiamo calcolato una media fra i due estremi dell'intervallo all'interno del quale l'ISTAT fornisce la stima dell'economia sommersa.
È importantissimo precisare che il sommerso stimato ai fini della contabilità nazionale, quindi la parte di PIL attribuita all'economia sommersa, non coincide con l'evasione, perlomeno per due motivi. Innanzitutto, in quella parte di valore aggiunto oltre all'evasione c'è anche l'elusione fiscale e l'erosione. L'erosione della base imponibile è determinata dalla struttura del sistema tributario e, quindi, dall'articolato sistema di detrazioni e agevolazioni che determinano, per l'appunto, un'erosione della base imponibile dichiarata.
Anche quando si perviene alla definizione dell'aggregato economico che può essere utilizzato come base imponibile sommersa, i criteri utilizzati dalla contabilità nazionale per stimare quell'aggregato e i criteri che, invece, sono impiegati dal fisco per determinare la base imponibile sono diversi e riconducibili a vari motivi: per aspetti di definizione, per metodi di calcolo, di stima e per fonti utilizzate (l'ISTAT compie comunque delle stime).
Per orientare e, successivamente, - se sarà il caso - per valutare l'azione di contrasto all'evasione, non si può fare riferimento al sommerso stimato dall'ISTAT, ma occorre identificare in modo molto più preciso la base imponibile che è evasa. Questo è, dunque, il senso e l'obiettivo dell'attività che al dipartimento svolgiamo quando siamo impegnati in tentativi di stima dell'evasione.
Dal punto di vista metodologico, esistono, teoricamente, diversi modi per identificare in maniera più precisa la base imponibile evasa. Le metodologie disponibili per stimare l'evasione fiscale si distinguono in indirette e dirette. I metodi indiretti più utilizzati sono due. Il primo adopera i dati fiscali e, in particolare, confronta i dati di contabilità nazionale con i dati fiscali e stima, quindi, l'evasione come differenza tra basi imponibili teoriche derivate dalla contabilità nazionale e basi imponibili dichiarate al fisco. Per citare un esempio di comprensione immediata delle difficoltà che si incontrano nel conciliare i dati della contabilità nazionale con i dati fiscali, al fine di costruire basi imponibili teoriche ed effettive da confrontare, basta pensare ai profitti. In contabilità nazionale la proxy dei profitti delle


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imprese è il margine operativo lordo, ma le regole di determinazione della base imponibile dell'imposta societaria sono talmente complicate che non rendono possibile l'utilizzazione di quell'aggregato di contabilità nazionale, il margine operativo lordo, né l'imputazione diretta a base imponibile del prelievo societario. Le correzioni che vengono effettuate sono essenzialmente di questa natura.
Un altro metodo indiretto è quello basato sul currency demand approach, che stima la quota di economia sommersa sul PIL attraverso l'analisi dell'eccesso di moneta circolante rispetto a quanto richiesto dall'economia regolare.
I metodi diretti, invece, sono più ambiziosi in quanto si caratterizzano per avere l'obiettivo di rilevare il dato del fenomeno che si vuole misurare. Peccato che il fenomeno che si vuole misurare non si conosca! Tali metodi, dunque, sono più ambiziosi ma sicuramente, in qualche misura, promettenti.
Quando valuto la bontà dei metodi diretti per stimare l'evasione fiscale non penso tanto alle indagini campionarie le quali consistono, tipicamente, in interviste somministrate a campioni di contribuenti, che vengono sì pensate e strutturate in maniera molto accurata, ma che comunque hanno tutti i limiti delle rilevazioni statistiche di questo tipo. Penso, invece, al metodo diretto alternativo per misurare l'evasione fiscale, che consiste nell'analizzare i risultati degli accertamenti compiuti dall'amministrazione finanziaria. Si tratta di dati veri, dall'analisi dei quali si possono inferire...

GIULIANO BARBOLINI. Fare proiezioni, comparazioni...

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale delle Finanze. Esatto. Si può ricavare la grandezza dell'imponibile evaso, la natura dell'imponibile e anche le caratteristiche dell'evasore.
Naturalmente, per misurare l'evasione, al dipartimento delle finanze utilizziamo il metodo indiretto, che prevede il confronto tra i dati fiscali delle dichiarazioni e i dati di contabilità nazionale, adoperando, quindi, tutti i dati fiscali che sono disponibili presso l'Anagrafe tributaria.
La prima stima effettuata dal dipartimento è stata completata alla fine del 2006 ed era riferita a dati dell'anno d'imposta 2002. A fine 2008, quindi di recente, è stato effettuato un aggiornamento di questo esercizio ed è stata ultimata la stima dei dati relativi all'anno d'imposta 2004, ossia i dati delle dichiarazioni dei redditi dell'Unico 2005.
Se vi stupisce il ritardo, cioè il lag temporale che intercorre tra l'esercizio trattato da noi e l'anno di riferimento, occorre considerare che i dati relativi all'anno d'imposta 2004 sono quelli che vengono dichiarati con l'Unico 2005. Dunque, per effettuare questo esercizio - che è un esercizio di stima che contiene in sé un numero di errori di misurazioni e di approssimazioni che devono essere corretti - utilizziamo i dati delle dichiarazioni che sono validati, ossia che sono stati trattati dal nostro partner tecnologico SOGEI, al fine di correggere un numero molto significativo di errori formali presenti nelle dichiarazioni.
Con questo non voglio dire che l'amministrazione finanziaria, ogni anno, dispone dei dati fiscali relativi ai due anni precedenti, ma intendo dire che per fare questo tipo di analisi è necessario disporre di dati fiscali opportunamente validati.
In questo momento, l'Agenzia delle entrate ha a disposizione, per la sua attività, che è diversa da questa, dei dati relativi all'anno di imposta 2006, dichiarati nell'Unico 2007, ma essi non sono ancora validati, quindi non possono essere utilizzati per l'analisi.
La nostra stima riguarda il valore aggiunto lordo di tutte le attività produttive al netto di alcuni settori: pubblica amministrazione, settore del credito, assicurazioni e agricoltura. L'ammontare del valore aggiunto lordo evaso stimato per il 2004 - parliamo sempre di base imponibile - è di circa 200 miliardi di euro. Tale dato non è neppure troppo lontano da quello relativo al sommerso stimato dall'ISTAT.


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Nel confronto tra l'esercizio conclusosi alla fine del 2006 e l'aggiornamento conclusosi alla fine del 2008, emerge che nel 2002 il 25,4 per cento del reddito prodotto non è stato dichiarato e che tale percentuale nel 2004 si è ridotta al 24,2 per cento.
I settori in cui si evade di più (si continua a parlare di stima) in termini relativi - questo è anche un dato di interesse della conclusione di questi esercizi, i quali riescono non soltanto a dare informazioni sull'ammontare della base imponibile evasa, ma anche a fotografare in qualche modo il fenomeno - sono quelli dei servizi personali, del commercio, della ristorazione e delle costruzioni. Questa non è una sorpresa per nessuno di voi.
Occorre, naturalmente, tener presente le cautele con cui devono essere considerati i risultati di questi esercizi per quanto riguarda sia gli errori di misurazione sia gli errori di identificazione del fenomeno. Gli errori di misurazione, come vi dicevo, sono connessi alla difficoltà di conciliare il dato fiscale con il dato di contabilità nazionale, mentre quelli di identificazione sono connessi al fatto che una parte di evasione, che questo esercizio può catturare come tale, in realtà non è evasione perché potrebbe essere elusione o erosione della base imponibile.
Si tratta, comunque, indiscutibilmente di un fenomeno di portata molto ampia ed è in questo senso che parliamo di evasione di massa. È opportuno, quindi, che la strategia di contrasto all'evasione fiscale sia commisurata alle caratteristiche del fenomeno, che è enorme.
Le criticità del disegno di strategie efficienti ed efficaci per il contrasto all'evasione di massa, un fenomeno così pervasivo, sono riconducibili a vari fattori. Tra questi, credo sia importante sottolineare le caratteristiche strutturali dell'economia produttiva italiana che, come sappiamo, è contrassegnata dalla polverizzazione del sistema produttivo e da una prevalenza di lavoro autonomo. Alle caratteristiche strutturali dell'economia del nostro Paese si aggiungono quelle dell'economia globale che è, ormai, caratterizzata dalla liberalizzazione degli scambi e delle transazioni anche finanziarie.
Un altro elemento di criticità è rappresentato dal progresso tecnologico che comporta, tra le tante conseguenze, anche la dematerializzazione della ricchezza. Un'ulteriore criticità è data dai vincoli di risorse a disposizione dell'amministrazione finanziaria. Chiarisco che non intendo dire che non ci sono risorse sufficienti, ma che tali risorse non sono illimitate. Davanti a un fenomeno così complesso quale quello dell'evasione fiscale di massa esiste, comunque, un vincolo: l'amministrazione finanziaria può impegnarsi nell'attività di contrasto compatibilmente con i vincoli delle risorse umane, finanziarie e tecnologiche di cui dispone.
Un ulteriore elemento di criticità risiede nel funzionamento della giustizia tributaria. Infatti, il risultato dell'azione amministrativa di contrasto e accertamento finisce spesso in un contenzioso e, poiché l'esito di tale contenzioso ha tempi molto lunghi ed è imprevedibile, questo pezzo del sistema non funziona come deterrente rispetto alla scelta di evasione dei contribuenti.
In relazione a quanto ho appena affermato ho portato qualche dato. Si tratta di dati noti ma aggiornati, che sono significativi per inquadrare la complessità del contesto all'interno del quale deve essere disegnata una strategia efficace di contrasto all'evasione.
In particolare, in Italia nel 2005 il 93 per cento delle imprese del settore manifatturiero impiega meno di 20 addetti ed occupa circa il 30 per cento della forza lavoro del settore. Le imprese di piccole dimensioni non utilizzano una contabilità analitica e hanno relativamente maggiore facilità rispetto alle grandi imprese da un lato a rimanere sommerse, dall'altro a sfruttare i vantaggi della contabilità semplificata.
Per quanto riguarda i lavoratori, nel 2006 la quota dei lavoratori autonomi sul totale degli occupati è stata del 26,7 per cento, mentre lo stesso dato si attesta rispettivamente al 7,4 per cento per gli


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Stati Uniti, al 12,2 per cento per la Germania e al 9 per cento per la Francia. Questi dati, se confrontati con il nostro 26,7 per cento, si configurano come una buona rappresentazione della differenza strutturale che contraddistingue il nostro sistema economico.
È in questo contesto - nel quale il fenomeno dell'evasione si caratterizza come evasione di massa e il design di strategie di contrasto adeguate è estremamente complesso - che il potenziamento e l'evoluzione nell'utilizzazione delle banche dati che risiedono nell'Anagrafe tributaria diventa centrale per la definizione delle strategie di contrasto all'evasione e per la programmazione dell'attività di accertamento.
Il sistema informativo della fiscalità è, allo stato attuale, una realtà altamente complessa, che contiene, all'interno di un'architettura che si è evoluta nel tempo, l'insieme di tutte le banche dati fiscali e non fiscali, però strumentali rispetto all'esercizio delle funzioni fiscali.
Vi fornisco qualche elemento di contesto per rappresentare in maniera concreta tale complessità. Il sistema informativo della fiscalità è articolato in diverse applicazioni che sono specifiche per ogni singola struttura organizzativa. Quindi, ci sono applicazioni specificatamente disegnate e dedicate all'utilizzo da parte dell'Agenzia delle entrate, quelle invece destinate all'utilizzo da parte delle Agenzie del demanio, del territorio e delle dogane, ma anche quelle per i monopoli, per la nostra scuola, per la formazione del personale dell'amministrazione finanziaria, per Equitalia, per il dipartimento delle finanze e per la Guardia di finanza.
Ogni singola struttura cura lo sviluppo di una componente di questo complesso sistema. La conduzione e la gestione dello sviluppo del sistema informativo della fiscalità sono affidate al nostro partner tecnologico SOGEI, attraverso un contratto di servizi quadro e attraverso singoli contratti esecutivi stipulati tra la SOGEI e le singole strutture, per un valore complessivo di circa 300 milioni di euro all'anno.
Il sistema informativo della fiscalità è sviluppato su oltre 6 mila server, in ambiente mainframe e open, per la gestione di oltre 1500 applicazioni costruite utilizzando trenta linguaggi di programmazione diversi. Questo riflette l'evoluzione nel tempo di tale sistema.
All'interno del sistema della fiscalità vengono gestiti 70 mila utenti dell'amministrazione, per oltre 10 milioni di transazioni al giorno e un milione di contribuenti abilitati via internet.
Quali sono le criticità? In effetti, sarebbe difficile pensare che un meccanismo così complicato non presenti alcuna criticità. Il sistema informativo della fiscalità, allo stato attuale, si presenta come una collezione di isole informatiche cresciute in modo indipendente in relazione alle esigenze di ogni singola struttura organizzativa, con difficoltà, in qualche caso, di collegamento, di interazione e di sviluppo integrato. In questo ambito il dipartimento delle finanze prova a svolgere, e ha l'ambizione di farlo sempre meglio, un ruolo importante.
Infatti, il decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 2008, l'ultimo decreto di riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, ha attribuito al dipartimento delle finanze funzioni specifiche che prevedono la responsabilità del dipartimento di garantire un maggior coordinamento del sistema, permettendo in tal modo al dipartimento stesso di dare un contributo all'utilizzazione dei dati contenuti in questo sistema, anche allo scopo di contrastare il fenomeno dell'evasione.
In particolare, nello svolgimento di questa funzione di coordinamento e di indirizzo del sistema della fiscalità, il dipartimento garantisce il monitoraggio dell'evoluzione tecnologica del sistema, svolge attività di coordinamento e assicura che le scelte compiute dalle singole strutture siano compatibili con la normativa sulla privacy. Il dipartimento definisce le norme tecniche e organizzative per l'integrazione e l'unitarietà del sistema, per la cooperazione e l'interoperabilità con le altre pubbliche amministrazioni, ai fini di quanto


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previsto dall'articolo 1, commi 56 e 57, della legge finanziaria per il 2007, che ha istituito, al comma 56, il sistema integrato delle banche dati tributarie e finanziarie e ha previsto il percorso per la definizione delle regole di governo del sistema della fiscalità.
Il dipartimento, infine, promuove, attraverso la direzione dedicata, soluzioni organizzative e tecnologiche atte a garantire che il sistema sia in grado di attestare la certezza della posizione complessiva di ogni contribuente in materia di obblighi e di diritti di natura fiscale, fornendo informazioni anche ai soggetti esterni aventi diritto. Questo è il punto cruciale, come obiettivo di medio periodo. Raggiungere un livello di integrazione e di coordinamento all'interno del sistema informativo della fiscalità che consenta, appunto, di attestare la certezza della posizione complessiva di ciascun contribuente è l'obiettivo importante al quale stiamo lavorando.
Per conseguire tali obiettivi il dipartimento delle finanze ha condiviso con tutti i soggetti della fiscalità, con tutte le strutture organizzative, un programma di intervento che passa attraverso il rafforzamento della governance del sistema, il miglioramento della conoscenza del sistema informativo della fiscalità, il monitoraggio della qualità dei dati, l'implementazione di un modello di qualità dei dati e l'introduzione di regole di comunicazione informatica tra il SIF e i soggetti esterni.
Nel contesto di riflessione sulle potenzialità del sistema informativo della fiscalità per la definizione delle strategie migliori di contrasto all'evasione di massa, vorrei soffermarmi su tre progetti di recente definizione, che ci apprestiamo ad avviare con la SOGEI. In primo luogo, nello schema di atto aggiuntivo al contratto quadro del 2009 tra il dipartimento delle finanze e la SOGEI abbiamo inserito l'implementazione di un nuovo applicativo che si chiama «mappa dei sistemi».
La mappatura dei sistemi risponde a una serie di esigenze: garantisce una visione globale dei sistemi informativi e delle applicazioni di esercizio e delle loro relazioni; permette interrogazioni in tempo reale sulle dotazioni informatiche utilizzate dal dipartimento e dalle strutture organizzative; rende disponibili informazioni integrate a più livelli e costantemente aggiornate; consente viste e report direzionali per aree funzionali e per aree di utenti.
Il beneficio atteso essenziale è quello della conoscenza, poiché attraverso la mappa dei sistemi si realizza anche la ricognizione del fabbisogno di integrazione delle banche dati, che non sarebbe possibile realizzare in assenza di questa ricognizione.
Il secondo progetto molto importante sul quale siamo impegnati è l'implementazione di un modello di qualità dei dati. La qualità dei dati è centrale se si pensa di utilizzare il sistema informativo per fini di contrasto all'evasione. Un dato di qualità deve essere unico e fruibile anche se gestito da competenze diverse.
In particolare, le caratteristiche di qualità dei dati particolarmente importanti per l'integrazione delle diverse banche dati presenti nel sistema informativo sono: l'attualità, che fa sì che il dato abbia un valore aggiornato senza che si verifichino mai disallineamenti con altri dati all'interno dello stesso sistema; la comprensibilità, ossia la facilità di interpretazione del dato da parte dell'utente; la conformità, che consiste nell'aderenza del dato a standard, regolamenti e direttive.
La giusta attualità del dato si persegue attraverso la trasmissione nei tempi giusti e consente l'allineamento tra banche dati diverse; la coerenza dei dati implica la standardizzazione fra informazioni e formati di interscambio, mentre la completezza dei dati risponde all'esigenza di superare criticità e integrazioni che sono dovute ad omissione di informazioni. In definitiva, l'insieme delle caratteristiche di qualità consente l'integrazione di informazioni di interesse fiscale, di competenza di più amministrazioni, riferite a un medesimo soggetto. Dunque, l'insieme di queste caratteristiche di qualità, se implementato, consente di utilizzare tutte le informazioni, di natura diversa e disponibili a


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livelli diversi all'interno dell'immenso sistema informativo della fiscalità, per ricostruire con certezza la posizione di ogni singolo soggetto.
Parte della complessità e dell'importanza della struttura è collegata anche all'afflusso, all'interno del sistema informativo della fiscalità, di dati che provengono da altre amministrazioni e, quindi, all'accesso che si intende dare agli attori esterni che implementano il sistema informativo della fiscalità, nel rispetto delle cautele e degli obblighi normativi e, soprattutto, nel rispetto della normativa sulla privacy.
Il dipartimento delle finanze ha lavorato, insieme a tutte le strutture, ad un sistema di regole per lo scambio dei dati tra il sistema informativo della fiscalità e i soggetti esterni. Gli aspetti principali di questo lavoro, quindi le caratteristiche principali delle regole che, allo stato attuale, sono ancora allo studio, sono la standardizzazione, il monitoraggio, il governo dei dati e la condivisione.
Evidentemente, la standardizzazione tende a rendere omogenei, per tutto il sistema informativo della fiscalità, i requisiti soggettivi e oggettivi di accesso ai dati, le procedure di autorizzazione all'accesso, gli obblighi e i doveri di sicurezza e privacy.
Il monitoraggio del Governo, invece, nel progetto che abbiamo appena ultimato di studiare, prevede l'istituzione di un registro elettronico degli scambi di dati gestito dal dipartimento e alimentato dalle agenzie.
Per ciascuna convenzione stipulata tra amministrazione fiscale e soggetto esterno, il registro elettronico contiene i dati del soggetto esterno che accede al sistema, il periodo di validità dell'autorizzazione ad accedere, le revoche eventuali, la motivazione e i requisiti dell'accesso, i requisiti di sicurezza e i dati rispetto ai quali viene effettuato l'accesso.
Questo progetto dimostra come l'amministrazione finanziaria sia consapevole della delicatezza - penso a questioni, di cui vi siete occupati anche in Commissione, sollevate dal Garante della privacy - dell'attività di gestione di questa immensa mole di dati e ponga particolare attenzione rispetto alle norme sulla tutela della privacy.
Il gruppo di lavoro è stato guidato dal dipartimento e il sistema di regole è stato interamente condiviso con tutte le strutture della fiscalità.
È evidente che il lavoro di condivisione è necessario non soltanto perché, come vi illustravo inizialmente, il sistema informativo della fiscalità serve per fini e strutture diverse che contribuiscono, ciascuna, a dare impulso allo sviluppo del sistema, ma anche e soprattutto per cercare di assicurare l'unica condizione che deve essere verificata per garantire il conseguimento degli obiettivi prefissati. Tale condizione è che tutte le strutture dell'amministrazione finanziaria, pur con finalità ed esigenze diverse di utilizzazione del sistema informativo, si muovano nella stessa direzione e con lo stesso passo verso l'obiettivo di assicurare l'integrazione delle banche dati che risiedono nell'Anagrafe tributaria, la qualità dei dati e il coordinamento.
I progetti che vi ho descritto sono appena iniziati. La mappa di cui vi parlavo è stata inserita nel contratto quadro, mentre il modello di qualità sarà parte dei nostri contratti esecutivi. Quanto alle regole, il tavolo di lavoro si è appena chiuso ed è in via di definizione. Il risultato che si ambisce a conseguire è un risultato di medio termine, dal momento che si tratta di obiettivi molto ambiziosi.
Il dipartimento delle finanze crede fortemente nell'importanza del sistema informativo della fiscalità e della sua aderenza a queste caratteristiche e, per questo motivo, la sua operatività è informata a questa logica. Infatti, di fronte a problematiche contingenti, il dipartimento ha operato coerentemente con tale logica.
Un esempio recente di risultato di breve periodo che si muove nella logica dello sfruttamento delle potenzialità dell'Anagrafe tributaria è rappresentato da un progetto di cui forse avrete sentito parlare: il progetto di analisi del patrimonio immobiliare.


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Si tratta di un progetto promosso dall'Agenzia del territorio, sviluppato in collaborazione con noi e con SOGEI, che ha rappresentato un'importantissima esperienza concreta di integrazione di banche dati diverse e scollegate. Prima vi parlavo di isole informatiche; ebbene, quella del territorio è un'isola informatica rispetto alle banche dati alle quali accediamo noi, ad esempio quella relativa alle dichiarazioni dei redditi. Tuttavia, attraverso il progetto di analisi del patrimonio immobiliare abbiamo realizzato il collegamento tra la banca dati catastale e la banca dati che contiene l'universo delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche e delle società.
Qual è, dunque, il plus che si ottiene integrando banche dati che risiedono nell'Anagrafe tributaria? È evidente che, rispetto a questo particolare progetto e con riguardo alle dichiarazioni dei redditi, le informazioni presenti nella banca dati delle dichiarazioni dei redditi non consentono di distribuire in modo puntuale l'onere tributario relativo agli immobili diversi dalle abitazioni principali di proprietà delle persone fisiche. Nelle dichiarazioni è presente l'informazione sull'utilizzo dell'immobile - ad esempio, se si tratta di un'abitazione principale, se è a disposizione oppure locato - ma non la categoria catastale. Ovviamente nell'Anagrafe tributaria mancano le informazioni relative agli immobili di proprietà di soggetti che non sono obbligati a presentare la dichiarazione e le informazioni sugli immobili strumentali delle società di capitale.
D'altra parte, il catasto non contiene informazioni che riguardano l'utilizzo, le quote e il periodo di possesso dell'immobile, il livello e la composizione del reddito, la ricchezza o le caratteristiche individuali e familiari dei possessori degli immobili.
Ora, questo progetto ha consentito di colmare il gap informativo delle banche dati sugli immobili, integrandole con quelle relative alle dichiarazioni, di definire questa mappa del patrimonio immobiliare italiano e di stimare, per la prima volta con riferimento all'universo dei dati disponibili, il prelievo del principale tributo immobiliare, l'ICI. Inoltre, ci consentirà di effettuare analisi distributive sul patrimonio immobiliare e analisi sui vari interventi di politica fiscale.
Questo progetto, appena concluso, è un esempio di com'è possibile sfruttare la potenzialità delle informazioni contenute nelle banche dati dell'Anagrafe tributaria collegandole ed integrandole con altri dati.
Gli obiettivi di medio periodo, di cui parlavo prima, sono evidentemente più ambiziosi, ossia tendono a fare in modo che la struttura delle informazioni che risiedono presso l'Anagrafe tributaria diventi tale per cui tutte le informazioni possano essere collegabili, attraverso i controlli di qualità, e riconducibili ai diversi contribuenti.
Si è parlato di questa analisi del patrimonio immobiliare e dei risultati che ha prodotto, ossia di ciò che è emerso dal confronto e dall'integrazione dei dati. In particolare, è emerso che gli immobili presenti in catasto sono il 16 per cento in più degli immobili presenti nelle dichiarazioni: 53,6 milioni di immobili nel catasto e circa 45 milioni nelle dichiarazioni. Le rendite catastali sono pari a 30,5 miliardi, mentre le rendite presenti nelle dichiarazioni sono pari a 24 miliardi.
A questo proposito, mi piace tornare al problema dell'evasione e della delicatezza della quantificazione di un fenomeno così complesso. Da questi dati non si ha nessuna indicazione diretta sull'evasione, perché si stanno confrontando due universi differenti, mentre la lettura dei risultati del progetto ha entusiasmato, confrontando ad esempio le rendite catastali e quelle presenti nelle dichiarazioni. Bisogna stare attenti, però, perché non è esattamente così. Ebbene, questa consapevolezza ci ha indotto a immaginare un'evoluzione di questo progetto che potrebbe prevedere tra le ricadute - che noi auspichiamo positive - anche la possibilità di individuare meglio le caratteristiche dell'evasione dei tributi immobiliari. Per fare ciò bisogna implementare i risultati di questo progetto, quindi bisogna migliorare le informazioni


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che sono contenute in quella che chiamiamo banca dati immobiliare.
Abbiamo in cantiere l'integrazione di queste informazioni con i dati dei versamenti ICI, che dovrebbero consentirci di acquisire, per ciascun contribuente, il gettito che deriva dai versamenti effettuati tramite vari strumenti: bollettini postali, F24, concessionari e quant'altro.
Inoltre, ci siamo posti l'ulteriore obiettivo di integrare le informazioni di questa banca dati con quelle della banca dati della pubblicità immobiliare, che ci consentirà di avere informazioni che riguardano le transazioni e, quindi, di fare analisi anche sulla fiscalità delle transazioni immobiliari.
Abbiamo intenzione, altresì, di migliorare le informazioni disponibili presso l'Anagrafe tributaria attraverso l'integrazione con informazioni desumibili, per esempio, dai contratti di locazione registrati, dalle utenze attivate oppure dalle risultanze dell'Osservatorio del mercato immobiliare.
La prima parte dello scenario evolutivo del programma di analisi del patrimonio immobiliare rientra nel nostro progetto, finalizzato essenzialmente a definire meglio il gettito dei tributi immobiliari attraverso l'integrazione con altre banche dati, in particolare acquisendo i dati dei versamenti ICI e integrandoli con quelli della banca dati della pubblicità immobiliare.
La seconda linea evolutiva ci vedrà lavorare fianco a fianco con il territorio per integrare le informazioni dell'Anagrafe tributaria con queste informazioni di natura immobiliare.
Vi ho descritto le attività principali. Vorrei concludere il mio intervento con due rapidissime considerazioni sulla centralità dell'utilizzo dei dati disponibili nel sistema informativo della fiscalità ai fini del design delle strategie ottimali di contrasto all'evasione fiscale. Con riferimento alle questioni che per voi sono di maggiore interesse e che rientrano nelle nostre competenze, vi sono due profili di riflessione.
L'utilizzazione ottimale dell'Anagrafe tributaria può svolgere un ruolo anche davanti a criticità nella definizione del contrasto all'evasione di massa, determinate da caratteristiche del sistema normativo. Ebbene, tale sistema è stato caratterizzato, nel passato recente, dal susseguirsi di interventi di riforma che generano una situazione di instabilità delle regole che rende più costosa l'azione di accertamento e riduce la deterrenza.
In queste circostanze, l'utilizzazione ottimale delle potenzialità che derivano dalla comunicazione dei dati disponibili può essere una risposta efficace da parte dell'amministrazione, nella misura in cui i dati vengano utilizzati correttamente e abbiano le caratteristiche desiderabili di qualità, coerenza e completezza, e una risposta efficiente nella misura in cui consente di ridurre i tempi e i costi dell'azione amministrativa.
Ciò è evidente anche se si considera il maggiore utilizzo che, in un contesto di questo tipo, si potrebbe realizzare del sistema delle presunzioni, come auspicato dalla volontà del legislatore che, all'articolo 83 della legge n. 133 del 2008, ha disposto un piano straordinario di controlli finalizzati all'accertamento sintetico.
È vero che l'amministrazione finanziaria dispone di un'enorme quantità di dati - prima vi ho riferito i numeri - ma perché questi dati siano usati in maniera efficiente ed efficace per l'azione di contrasto all'evasione deve essere garantita la qualità di quelle informazioni e la loro capacità di identificare e definire in maniera univoca e certa situazioni contributive individuali.
All'inizio avevo indicato tra le criticità del design delle strategie di contrasto all'evasione di massa anche il funzionamento della giustizia tributaria. Il dipartimento, per effetto del decreto del Presidente della Repubblica n. 43, ha una nuova direzione, appena istituita, dedicata alla giustizia tributaria, alla cui guida è stato di recente nominato un dirigente generale. Questa nuova direzione sarà impegnata, tra l'altro, nella realizzazione della telematizzazione del processo tributario, della quale non ho bisogno di descrivervi i vantaggi. Questo futuro impegno del dipartimento delle finanze rientra, in


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ogni caso, in quel quadro che punta al risparmio dei costi e dei tempi e ad assicurare maggiore capacità di deterrenza all'azione di accertamento.

PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Lapecorella per il prezioso contributo.
Do ora la parola ai signori senatori e deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIANPIERO DE TONI. C'è una ragionevole speranza che questa drammatica evasione - 200 miliardi di euro - rispetto all'impegno che il dipartimento delle finanze sta mettendo in atto, possa essere ridotta? C'è un modello che faccia pensare a una riduzione?

ROSARIO GIORGIO COSTA. La prima convenzione che fu stipulata con SOGEI - all'epoca ero già senatore - mi vide favorevole. Sono contento per quello che SOGEI ha realizzato nel tempo e per quello che ci offre oggi.
È evidente che, sulle prime, la finalità era quella di acquisire i dati. Oggi, effettivamente, una volta messi a sistema, è giusto che questi dati siano finalizzati anche al contrasto all'elusione e all'evasione fiscale.
Mi permetto di chiederle se siete in grado di fornire un raffronto tra l'entità dell'evasione nel nostro Paese e quella degli altri Paesi europei e se sapete dirci qual è la media degli altri Paesi.
A pagina 9 della sua relazione si fa riferimento, al punto 3, alla stima del valore aggiunto lordo, al punto 4 si parla di nuovo di valore aggiunto lordo e al punto 5 di reddito prodotto. Che rapporto esiste tra queste entità? Quando si dice «valore aggiunto lordo» si intende fare riferimento a ciò che i tecnici dell'amministrazione chiamano «ricarico»? Per quanto riguarda il reddito, siccome questi parametri sembrano essere messi quasi a confronto, pur non essendo entità omogenee, le chiedo se è giusto così oppure se c'è stata una svista.
Per quanto attiene alla giustizia tributaria, l'occasione è troppo ghiotta per trattenermi dal chiederle una piccola attenzione. È da circa una decina d'anni, da quando abbiamo fatto l'ultima riforma del sistema dell'accertamento e della giustizia tributaria, che la Puglia ha 23 sezioni a Bari, con un carico fiscale sensibilmente inferiore a quello di Lecce. Ci siamo dannati a presentare interrogazioni e mozioni e si era sul punto di avere la traslazione di tre sezioni da Bari a Lecce. Non è una questione di poco conto, ma assume il sapore dello scandalo nel vero senso della parola, al punto che il presidente Paracampo si è visto costretto a fare una denuncia nei confronti del ministro - cosa stranissima per un uomo di giustizia, un uomo perbene - per danno erariale.
Ci si chiede come mai non si offra la possibilità di portare tre sezioni da Bari a Lecce, dal momento che a Lecce c'è maggior carico di lavoro. Oltretutto, i giudici sono - guarda caso - di Lecce e vanno a Bari in trasferta. Io non so quale diavolo si è messo in mezzo, nel corso di dieci anni, per impedire questo trasferimento.
Ebbene, visto che il presidente Paracampo si è rivolto financo alla Corte dei conti per chiedere giustizia, con esito negativo, approfitto della sua presenza per chiederle di dare uno sguardo alla questione. Ho l'impressione che il problema sia del personale che assiste la commissione tributaria di Bari. È davvero uno scandalo non riuscire a risolvere un problema così semplice; ci chiediamo come mai possa accadere.
Non vado più alle riunioni che si tengono in materia fiscale per non essere aggredito, anche perché non so proprio cosa rispondere. Ho applicato ogni mio sforzo migliore, ma con esito negativo; quindi, affido a lei il tentativo di risolvere questo problema, che non significa maggiori spese.
Da ultimo, voi che siete così bravi, avete per caso considerato l'eventualità di tassare i redditi fondiari? C'è stato un momento in cui sembrava che, con l'ultimo provvedimento, si arrivasse all'aliquota fissa per i redditi fondiari. Siccome sono


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convinto che sarebbe di grande virtuosità, e non c'è chi non lo veda, anche ai fini della scrematura dell'evasione fiscale - con un'aliquota al 20 per cento dichiarerebbero anche quelli che non dichiarano - perché non si dà luogo a ciò che sembrava essere un traguardo prossimo al conseguimento?
Avete mai condotto - ma questa è solo accademia - uno studio per valutare che cosa accadrebbe, sul piano della contrazione dell'evasione, dell'erosione, e dell'elusione nell'eventualità che questo Paese fosse nelle condizioni di comprimere la pressione fiscale? Penso a ciò che accadde quando Vanoni ridusse l'IGE e raddoppiò il gettito. Siccome siete tanto bravi e avete tanti collaboratori, state studiando una misura di questo genere per riuscire a convincerci?
Del resto, vi affidano il compito improbo di mantenere la muraglia cinese. Fino a quando c'è una pressione fiscale di queste dimensioni, potremo compiere molti studi, ma sono convinto che lo studio migliore non potrà sortire il risultato sperato. Certo, noi tutti che siamo intenzionati a ridurre l'evasione fiscale otterremo qualche risultato, ma sperare, con questa pressione fiscale, di avere un grande successo, è veramente arduo, nonostante la capacità e la bravura della nostra direttrice e dei suoi collaboratori.
Infine, sollevo nuovamente il problema della commissione tributaria di Bari. Davvero, non possiamo nemmeno andare alle riunioni. Adesso ci sarà l'inaugurazione dell'anno giudiziario...

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale delle finanze. Lei ci vada, senatore.

ROSARIO GIORGIO COSTA. Farò di tutto per andare, ma ho paura di essere sgridato.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale delle Finanze. Senatore, incontrerà il nuovo direttore della giustizia tributaria del dipartimento delle finanze che dovrà investire formalmente del compito di risolvere questa questione.

ROSARIO GIORGIO COSTA. Proprio non si riesce a capire perché non la si risolva.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale delle Finanze. A parte questo problema, al quale credo assolutamente, so che ci sono grosse aspettative sull'attività che questa nuova direzione della giustizia tributaria potrà svolgere. Sono sicura, visto che la scelta del dirigente generale è caduta su una persona...

ROSARIO GIORGIO COSTA. Chi è il direttore generale?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale delle Finanze. Il dottor Sirianni.

PRESIDENTE. Secondo me i tempi sono maturi per arrivare a una soluzione.

LUCIO D'UBALDO. Devo dire che, a mano a mano che andiamo avanti con le audizioni, riusciamo ad avere un affresco che progressivamente ci si palesa in modo molto più chiaro, evidente, completo.
Oggi, per esempio, devo riconoscere - così mi associo anch'io ai complimenti - che, nel contributo del dipartimento, si coglie una capacità di fornire un'architettura al lavoro generale della pubblica amministrazione, mentre finora inevitabilmente abbiamo tratto informazioni e rappresentazioni che risentivano della specificità tecnica delle diverse istituzioni. La SOGEI ci ha fornito notizie sulla sua parte di lavoro e così hanno fatto gli altri soggetti auditi. In effetti, oggi abbiamo un quadro più generale, ed è giusto che sia così.
Prima di arrivare alla domanda principale, ho bisogno di un piccolo intermezzo, che serve, come ormai è usuale nelle audizioni, anche per precisare alcune questioni in corso d'opera e rimettere in ordine le idee. Quando registriamo che l'ISTAT stima un'evasione leggermente in calo e, a fronte di questo, si registra anche un dato delle entrate inferiore rispetto alle attese ipotizzabili, in termini statistici succede che, da un lato, dovremmo avere un


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PIL pari a cento che, se non ricordo male, l'ISTAT aggiusta in termini statistici inglobando anche la parte di evasione. Pertanto, quando normalmente si sente dire - semplificando molto - che dovremmo tener conto dell'economia sommersa, in realtà oggi l'ISTAT ne tiene conto nel suo calcolo, dunque quel cento di PIL ingloba anche la quota che sfugge al sistema tributario. Dall'altro lato, invece, vi è sicuramente il fatto che il cento del gettito è quello e basta, senza nessuna possibilità di aggiustarlo.
Se è così - mi pare di ricevere conferma con gli sguardi - in realtà il problema della pressione fiscale è più accentuato. Infatti, quel 42-43 per cento di pressione fiscale nasconde il fatto che uno dei due termini per calcolare la pressione, in realtà, è più alto. Avevo capito bene, dunque, ma volevo una vostra conferma, anche perché qui siamo in una sede più formale, più ufficiale, ed è bene specificarlo una volta per tutte, a beneficio dei nostri lavori.
Vengo alla domanda principale che vorrei rivolgere alla professoressa Lapecorella. Veniamo da un sistema in cui il Ministero delle finanze era, per l'appunto, tale. Non so chi dei presenti ricordi questa condizione. Tuttavia, in seguito il ministero ha subìto una trasformazione; perdendo la sua identità di ministero, si è trasformato - non voglio dire «ridotto» - in un dipartimento del Ministero dell'economia e delle finanze e, contemporaneamente, ha perduto delle funzioni operative, che prime erano interne e che oggi sono state affidate alle agenzie. Quindi, abbiamo avuto un doppio processo, verso l'alto per assorbimento e verso il basso per decentramento e per esternalizzazione.
Le chiedo - immaginando che lei possa rispondere facendosi carico della storia di questo ordinamento prima interministeriale e oggi intraministeriale - se il sistema nel suo complesso ci abbia guadagnato. Per esempio, anche in relazione alla lotta all'evasione, il fatto di avere un unico centro di direzione in capo al Ministro dell'economia e delle finanze aiuta questo processo? Oppure, se vogliamo «sfiocchettare» questa domanda, oggi il dipartimento rischia o meno di essere sottovalutato, parzialmente utilizzato, un po' soffocato? Rischia, insomma, il dipartimento di non avere un suo terreno specifico, in quanto il ruolo delle agenzie inevitabilmente comprime il suo spazio? C'è o non c'è questa difficoltà di sistema?
Credo che noi, dovendo ragionare in termini propri di una funzione legislativa, che contiene in sé anche una prima fase di approfondimento e di elaborazione, dobbiamo porci questa domanda. Questa è una riflessione tipicamente nostra, anche come Commissione, a mio parere.
Del resto, se non abbiamo presenti le questioni di ordinamento e, quindi, non sappiamo cogliere se esistono o meno problemi a questo livello, è chiaro che limitarci o concentrarci solo sugli aspetti meramente organizzativi, per quanto importante, può essere anche fuorviante.
Le chiedo - questa è la domanda che mi sta veramente a cuore - se cortesemente ci può aiutare a capire se esistono questi problemi e qual è la sua percezione, alla luce di un'esperienza che, se non è di lunga data come direttore del dipartimento, comunque assorbe virtualmente l'esperienza dei suoi predecessori.

MARIA IDA GERMONTANI. Professoressa Lapecorella, la ringrazio di questo studio che ci ha portato; ne ho apprezzato la razionalità nell'impostazione, vale a dire la divisione nei vari capitoli, prima la definizione del fenomeno dell'evasione, quindi le strategie di contrasto che voi individuate, le soluzioni prospettate, l'integrazione delle banche dati.
Il punto sul quale vorrei soffermarmi, che credo riguardi in particolare il lavoro della nostra Commissione e il risultato che porteremo a casa - approfitto per ringraziare il presidente di aver voluto e di aver organizzato questa indagine e queste audizioni - riguarda le criticità del sistema normativo. È evidente che se possiamo portare un contributo importante, come Commissione, è proprio quello di intervenire, a livello di Camera e Senato, sul sistema normativo.


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Lei parla, se non sbaglio, di impiego di maggiori risorse nell'attività di accertamento e di un maggior grado di conflittualità con i contribuenti dovuto all'interpretazione e all'applicazione delle norme.
Un altro punto riguarda l'integrazione delle informazioni presenti nel sistema informativo della fiscalità. Lei ha detto che c'è un grande numero di dati, quindi è necessaria la razionalizzazione di questi dati - così ho inteso - e una maggiore integrazione con gli altri sistemi, ossia Anagrafe tributaria, SOGEI, anche in funzione di questo nuovo dipartimento, che si occuperà della telematizzazione del processo tributario.
Ebbene, quale suggerimento ci può dare su come intervenire, come Commissione bicamerale, in modo concreto? Nel dipartimento delle finanze abbiamo una rappresentanza di donne, e mi fa molto piacere. Ecco, con la concretezza che in genere ci contraddistingue, come possiamo intervenire in modo concreto dal punto di vista normativo?

GIANPIERO DE TONI. Sono stato molto meno bravo dei colleghi, nel senso che prima non ho ringraziato la professoressa Lapecorella, ma anch'io mi unisco ai ringraziamenti, per la capacità espositiva e perché ci ha fornito delle informazioni che diversamente non avremmo potuto avere. Ringrazio anche il presidente Leo per questa importantissima iniziativa.
Prima ho posto una domanda evidentemente forte, adesso gliene formulo un'altra. A pagina 12 del documento leggo che in Italia nel 2006 i lavoratori autonomi erano il 26,7 per cento, contro il 7 per cento degli Stati Uniti, il 12 per cento della Germania, il 9 per cento della Francia. Ebbene, può essere questo uno degli elementi che rende cospicua l'evasione nel nostro Paese? Si dice che l'evasione viene fortemente dalla partita IVA, per intenderci. È una domanda banale o può avere una valenza? La percentuale italiana del 26,7 per cento rispetto al 7 per cento di altri Paesi non è indifferente.

PRESIDENTE. In conclusione, nel ringraziare ulteriormente la professoressa Lapecorella e gli altri rappresentanti del dipartimento delle finanze, vorrei tornare su un punto già evidenziato dai colleghi, quello degli interventi normativi che il dipartimento ritiene possano essere approntati per rendere più efficace l'azione di contrasto all'evasione fiscale.
Sul punto, la professoressa prima accennava a una rivisitazione dei meccanismi presuntivi, che sono alla base dell'accertamento non analitico, ma di tipo induttivo o sintetico. A tal proposito, si ritiene di poter rimettere mano al provvedimento, che è un po' datato? Mi riferisco al provvedimento del redditometro, che è fermo al 1992, anche se di recente è stato fatto un aggiornamento dei valori, semplicemente per tener conto degli adeguamenti ISTAT.
Si ritiene che si debba rivedere alla radice lo strumento del redditometro, implementandolo con ulteriori elementi, indici di pericolosità fiscale, di tenore di vita e via elencando? Penso che questa possa essere la strada, lavorando in combinazione tra l'integrazione delle banche dati, la revisione di questo strumento normativo e andando quasi ad una sorta di automatismo accertativo.
L'obiettivo sarebbe quello di avere tanti e tali di quegli elementi per cui il fisco potrebbe riuscire quasi in via automatica a predisporre l'atto di accertamento, con la firma prestampata del direttore, e farlo arrivare direttamente al contribuente infedele, a colui che dichiara i famosi 10 mila euro, ma poi ha un tenore di vita elevatissimo.
Lei pensa che i tempi siano maturi? Che cosa possiamo fare? Come possiamo supportare la vostra azione per raggiungere questo risultato, che costituisce l'obiettivo finale per stroncare l'evasione di massa che, stando alle cifre che ci avete fornito, è sicuramente allarmante?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale delle Finanze. Io procederei velocemente...

PRESIDENTE. Se vuole, può anche tornare in un momento successivo.


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FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale delle Finanze. Senatore, lei mi chiedeva se c'è un modo per ridurre in maniera puntuale la cifra stimata dell'evasione. Innanzitutto ci sono diversi provvedimenti - penso alla legge n. 133, al decreto n. 185, alla legge n. 2 del 2009 - diretti a potenziare l'attività di accertamento, che sono cifrati, nel senso che ad essi è stato assegnato un obiettivo di risultato. È presumibile che ci sia un recupero che si può quantificare.
Il ruolo che il dipartimento svolge, rispetto a quell'attività, è di indirizzo sull'operato delle agenzie. Il dipartimento promuove l'efficienza dell'azione di accertamento attraverso la definizione degli obiettivi che vengono riportati nelle convenzioni che le agenzie stipulano con il ministro e che tengono conto, evidentemente, di quanto prescritto dalla normativa.
Allo stato, stiamo discutendo con le agenzie le bozze di convenzione. Per quello che posso percepire del clima di interazione tra dipartimento e agenzie, ritengo che le convenzioni di quest'anno conterranno, come sempre, obiettivi «sfidanti» per le amministrazioni. Credo che quella sia la strada giusta.
Per quanto riguarda la misura di quanto si può ridurre l'evasione, sicuramente l'ambizione dell'amministrazione di recupero dell'evasione è definita dalla quantificazione dei provvedimenti che disciplinano le nuove iniziative di accertamento. Ho già citato, nel corso dell'audizione, la disposizione dell'articolo 83, che è un incentivo all'accertamento sintetico e fissa degli obiettivi. Quella norma prevede che entro il 2011 l'Agenzia delle entrate faccia oltre 35 mila controlli.
Per quanto riguarda il rapporto tra i dati italiani e quelli internazionali, non ho portato questi dati perché gli ultimi risalgono al 2004. È stata pubblicata una tabella, riportata anche in uno studio dell'OCSE, che confrontava i dati dell'evasione fiscale di diversi Paesi, ma risale appunto al 2004. La dottoressa Ruocco, che è un'economista raffinata e attenta, mi ricorda che lo studio condotto dal professor Schneider è stato pubblicato nel 2004, dunque evidentemente riportava dati ancora precedenti. Per questa ragione non sono stati riportati in questa audizione. Comunque, nelle classifiche internazionali, purtroppo, il nostro Paese non è ben posizionato. Questa è la verità.
Per quanto riguarda la domanda relativa al passaggio tra valore aggiunto e reddito, il valore aggiunto è stato stimato con riferimento alla base imponibile IRAP, quindi si tratta delle remunerazioni dei fattori della produzione, che sono nella base imponibile IRAP. È un valore aggiunto lordo, anche se nell'applicazione del metodo indiretto e nella ricostruzione della base imponibile con riferimento ai dati fiscali si è fatto riferimento ai dati dell'IRAP. Come dicevo, benché l'IRAP sia un valore aggiunto determinato al netto degli ammortamenti, per il motivo che gli ammortamenti sono trattati in contabilità nazionale e dal fisco in maniera così diversa, è stato preferibile fare riferimento al valore aggiunto lordo.
Indipendentemente dagli effetti della riduzione della pressione fiscale sul fenomeno dell'evasione, è difficile sostenere che tale riduzione possa portare a un effetto contrario, cioè all'aumento dell'evasione.
La scelta di evadere è una scelta che confronta, in termini probabilistici, il reddito disponibile al netto delle imposte con il reddito che si otterrebbe non pagando le imposte. In realtà, sono tre i termini di confronto: se pago le imposte ho il mio reddito e soffro la pressione fiscale; se non le pago, ho due possibili risultati, ossia ottengo tutto il mio reddito senza dare niente allo Stato oppure, se lo Stato mi scopre, pago le imposte e anche le sanzioni, con una certa probabilità.
Pertanto, è evidente che il valore delle imposte entra in questa decisione, che è una scelta in condizioni di incertezza. Dunque, quanto più bassa è la pressione fiscale tanto minore è l'incentivo a evadere. Tuttavia, le componenti sono tante e tra queste, significativamente, vi è la propensione ad evadere di ogni individuo, che dipende anche da circostanze che sono del


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tutto estranee al sistema fiscale (situazioni di carattere etico, condizioni socioculturali, eccetera). Soprattutto, però, tale propensione dipende dalla probabilità che ogni individuo assegna all'evento di subire un accertamento e questa, a sua volta, dipende dall'efficienza dell'amministrazione, dal sistema delle regole. Potrebbe anche dipendere, inoltre, dalla consapevolezza che esiste un'Anagrafe tributaria che funziona così bene da associare la marea di informazioni di cui dispone, in maniera univoca, per definire una posizione complessiva del singolo contribuente. Ciò farebbe cambiare radicalmente il valore di quella probabilità, che è soggettiva.
Per quanto riguarda il sommerso, il senatore ha pienamente ragione. Se si corregge per la stima del sommerso, il valore della pressione aumenta di circa 5-6 punti percentuali.
Per quanto riguarda le criticità del sistema normativo...

LUCIO D'UBALDO. Si può avvalere della facoltà di non rispondere.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale delle Finanze. Evidentemente, non ho nessuna esperienza precedente. Sono approdata al ministero nel 2001, quando il modello delle agenzie era stato appena implementato.
Io credo in questo modello e credo anche che adesso sia trascorso sufficiente tempo per fare una valutazione e cogliere le opportunità che esso offre. Del resto, queste strutture, alle quali sono affidati compiti operativi e che godono di autonomia organizzativa e contabile, rappresentano l'unica architettura istituzionale che rende disponibili gli strumenti per fornire gli incentivi corretti alla pubblica amministrazione, che in un'organizzazione centralizzata sono più difficili.
In linea di principio, dunque, abbiamo tutti gli strumenti. Le agenzie hanno la responsabilità delle loro scelte organizzative e contabili, noi vigiliamo sul perseguimento degli obiettivi del ministro, monitoriamo queste strutture nello svolgimento della loro azione attraverso la definizione di indicatori. L'Anagrafe tributaria serve per tante ragioni; ad esempio, i suoi dati servono anche a monitorare l'attività delle agenzie, la coerenza delle scelte con gli obiettivi fissati dall'autorità politica. Insomma, io credo in questo modello, anche se certamente non è perfetto.
È compito delle donne e degli uomini farlo funzionare.

PRESIDENTE. Quando furono istituite avevano una mission particolare, perché fu preso a riferimento il modello spagnolo, in base al quale l'agenzia doveva svolgere un'attività meramente operativa, essere il braccio operativo del centro strategico, ossia il dipartimento. Ora sembra che alcuni compiti e funzioni siano presenti in tutte e due le strutture, nelle agenzie e, come giustamente diceva lei, nel dipartimento. Il «chi fa cosa» rimane ancora un po' incerto, nonostante il fatto che il regolamento che fu approvato nella passata legislatura mi sembra sia diventato effettivamente operativo. Ad esempio, un tema che presenta ancora un'incognita riguarda la parte interpretativa delle norme tributarie. Oggi tale parte dovrebbe essere assolta, a stretto rigore, dal dipartimento; semmai, l'agenzia potrebbe dare il parere sul caso concreto, sull'interpello.
Per far funzionare perfettamente il sistema, qual è l'organismo più a stretto contatto con il legislatore? Deve essere il dipartimento delle finanze, che emana la circolare, la prima interpretazione. Per quanto riguarda, invece, il caso concreto dell'applicazione della fattispecie, di questo dovrebbe occuparsi l'agenzia, ma mi sembra che adesso non succeda questo. Peraltro, questo sta creando problemi sul versante del contenzioso, perché i giudici sostengono che quella è parte del rapporto. Il dipartimento, invece, ha una posizione sovraordinata.
In definitiva, questi aspetti devono essere regolati.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale delle Finanze. Il regolamento che chiarisce questo punto è recente. Penso


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che sia importante impegnarsi a realizzarlo, credendo assolutamente nel modello, quindi nell'importanza che le agenzie svolgano in autonomia la propria funzione di braccio operativo dell'amministrazione finanziaria.
Vorrei aggiungere alcune considerazioni finali. Per quanto riguarda la domanda relativa all'incidenza della percentuale di lavoratori autonomi sul fenomeno dell'evasione, si tratta di dati noti, non è niente di nuovo. Davanti a un fenomeno critico come quello dell'evasione di massa, queste caratteristiche strutturali dell'economia di certo non aiutano. Considerato che, con questa quantità di lavoratori autonomi, l'andamento delle entrate, soprattutto in questo periodo, è retto dall'IRPEF, ossia dal prelievo sui lavoratori dipendenti, si pensi a come staremmo molto meglio se ci fosse il corretto adempimento degli obblighi tributari anche da parte dei lavoratori autonomi.
Badate, questa non vuole essere una considerazione troppo semplicistica sul fatto che i lavoratori autonomi evadano le imposte. Il problema è che sono tantissimi, hanno dei sistemi di contabilità molto semplificati ed è molto costosa l'azione di accertamento su di loro.
Non voglio affatto stigmatizzare questa categoria di contribuenti. Dico soltanto che è un dato con il quale dobbiamo confrontarci. Sicuramente, il recupero dell'evasione che si forma in questo tipo di sacche può essere affrontato anche - non solo - utilizzando meglio le informazioni disponibili presso l'Anagrafe tributaria.
Infine, per quanto riguarda gli interventi normativi, mi sembra del tutto legittima l'osservazione sulla obsolescenza dello strumento. Siamo in presenza di disposizioni legislative che danno vigore ad un certo tipo di strategia di accertamento e abbiamo, invece, nell'ordinamento degli strumenti datati, come ad esempio il redditometro. Del resto, risale al 1992 il decreto ministeriale che definisce gli elementi che servono a determinare in maniera presuntiva la capacità contributiva e questi elementi vengono aggiornati nei valori. Lo strumento, però, non è stato ripensato.
Colgo il suggerimento di utilizzare oggi - non siamo più nel 1992, ma nel 2009 - le potenzialità dell'Anagrafe tributaria e delle informazioni in essa contenute per ripensare lo strumento. Questa è sicuramente una linea di riflessione che dovrebbe essere intrapresa, però con la consapevolezza - tengo a sottolinearlo, perché è un messaggio importante che deve passare in questa audizione - che l'utilizzazione dei dati contenuti nel sistema informativo della fiscalità, a maggior ragione per questioni delicate come la costruzione di indici presuntivi di capacità contributiva, è ammissibile e diventa uno strumento efficiente solo se è assicurata la qualità del dato, la giusta integrazione tra le banche dati e il coordinamento, che consentono di definire in maniera non ambigua la posizione del contribuente.
Diversamente, il vantaggio teorico che si può associare all'uso di strumenti di accertamento di questa natura corre il rischio di essere, nell'attualità, più che controbilanciato dal costo del contenzioso e di tutto quello che ne può derivare.

PRESIDENTE. Ringrazio ancora la professoressa Lapecorella.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.

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