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Seduta del 22/2/2011


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Audizione del Presidente dell'Associazione Giovanni XXIII, Paolo Ramonda.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla prostituzione minorile, l'audizione del Presidente dell'Associazione Giovanni XXIII, Paolo Ramonda, al quale do la parola.

PAOLO RAMONDA, Presidente dell'Associazione Giovanni XIII. L'Associazione comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, è un'associazione privata internazionale di fedeli, di diritto pontificio, e un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto. Essa opera da oltre quarant'anni nel vasto mondo dell'emarginazione, in Italia e in altri 27 Paesi esteri, secondo la specifica vocazione della condivisione diretta di vita con gli ultimi e l'impegno alla rimozione delle cause che provocano ingiustizie.
Tra le diverse attività in cui la comunità è impegnata, ben nota è l'esperienza, acquisita in oltre vent'anni di impegno costante, per la liberazione delle migliaia di vittime della tratta e della prostituzione coatta, che ha permesso di accogliere nelle nostre strutture - circa 500 in tutto il mondo e 300 in Italia - oltre 7.500 donne, di cui molte minorenni. Attualmente sono 350 le vittime di tratta in programma di protezione e reintegrazione sociale.
Don Oreste Benzi, sin dall'inizio degli anni Novanta, aveva ben compreso il dramma di queste giovanissime donne che si prostituivano sulle strade, nei locali, negli alberghi e in appartamenti. Il 98 per cento della prostituzione su strada è esercitata da donne straniere e clandestine, prive di documenti, gestite e controllate da organizzazioni criminali dedite al reclutamento e allo sfruttamento della prostituzione, tratta di essere umani e schiavitù.
Il 90 per cento della prostituzione al chiuso è esercitata da donne straniere o clandestine, con permesso di soggiorno per ballerine facilmente concesso al fine di accedere a night e privè. Anch'esse sono destinate allo sfruttamento della prostituzione, spesso con modalità ancora più efferate, come la segregazione, le torture nel caso di ribellione o tradimento; tutte violentate e minacciate, a volte sfregiate e anche uccise. Purtroppo, la società civile e le istituzioni pubbliche e private, pur sapendo, a volte fingono di non conoscere il drammatico dato delle migliaia di uccisioni delle vittime del racket, trovate senza vita nei dirupi, nei campi e nelle abitazioni, spesso senza più essere reclamate, né identificate, e di cui nessuno vuole parlare. Il grido di questa nuova forma di schiavitù è stato colto proprio da don Oreste Benzi, colui che diventerà un simbolo visibile e credibile di una lotta che oggi continua con la stessa intensità da parte di tutta l'Associazione comunità


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Papa Giovanni XXIII, che in questa prestigiosa sede chiede la vostra attenzione.
La Convenzione ONU del 1949 per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, resa esecutiva in Italia con legge 23 novembre 1966, n. 1173, dichiara testualmente: «La prostituzione e il male che l'accompagna, vale a dire la tratta degli esseri umani ai fini della prostituzione, sono incompatibili con la dignità e il valore della persona umana e mettono in pericolo il benessere dell'individuo, della famiglia e della comunità». All'articolo 1, comma 2, si precisa che è da punire anche chi sfrutta la prostituzione di un'altra persona, anche se consenziente.
L'attività di meretrice, quindi, e le sue drammatiche conseguenze saranno sempre incompatibili con la dignità umana, mettendo in pericolo l'individuo e la collettività, a prescindere dalla scelta più o meno consapevole del soggetto. Nessuno Stato di diritto che abbia riconosciuto e così legiferato tali assunti può, quindi, contraddirne i princìpi.
Secondo noi, il male non può essere in alcun modo regolamentato o permesso, ma deve essere contrastato ed eliminato. Coloro che vorrebbero legalizzare il mercato dei corpi per fini sessuali, regolamentandone la compravendita, diventerebbero correi e complici di questi delitti sulla intangibilità della persona, favorendo le attività criminali e attentando alla sicurezza dei cittadini, costretti così ad assistere al radicamento delle organizzazioni nel proprio territorio.
Sconvolgenti sono i dati sull'aumento della prostituzione minorile. Ad esempio, in Olanda l'Organizzazione per i diritti del fanciullo ritiene che il numero dei minori che si prostituiscono in quel Paese sia passato da 4.000 nel 1996 a 15.000 nel 2001, un terzo dei quali provenienti dall'estero.
Il sindaco di Amsterdam sta proseguendo nell'azione di chiusura dei quartieri a luci rosse, iniziata nel 2008, ammettendo implicitamente un colossale fallimento, in quanto i casi di sfruttamento sono in forte aumento e proprio il racket, principalmente albanese, controlla le stesse vetrine. La legalizzazione della prostituzione, con la legge del 2000, è rapidamente scaduta da simbolo della liberazione delle donne, libere di disporre di se stesse, ad una svilita questione di sfruttamento.
Tale fallimentare esperienza deve insegnarci che non si risolve questo dramma umano rinchiudendo le persone nei ghetti o nei luoghi riparati. Bensì, è necessario che le azioni di polizia siano sempre più incisive nell'attuare interventi efficaci e continuativi sulle strade, ma anche nei locali dove si concentra una parte rilevante del fenomeno.
Proibire la prostituzione è un atto di civiltà e di rispetto per ogni singola persona e, come diceva don Oreste Benzi, nessuna donna nasce prostituta, ma c'è sempre qualcuno o qualcosa che ce la fa diventare.
Ebbene, uno Stato o un governo non possono mettersi mai dalla parte di chi fa diventare gli esseri umani oggetto di sfruttamento sessuale. Per questo motivo, il dibattito e l'analisi del fenomeno debbono essere inquadrati nei suoi aspetti fondamentali senza deviarlo, per quei secondi fini che nulla hanno a che fare con la salvaguardia della persona, la sua tutela, dignità e sicurezza.
Passo ora a descrivervi alcuni dati significativi, facendo un'importante premessa circa la punizione del cliente nella normativa italiana, come principale forma di contrasto.
Il secondo comma dell'articolo 600 bis del codice penale, modificato dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38, punisce anche colui che compie atti sessuali con minori, di età compresa tra i 14 e i 18 anni, così punendo in maniera del tutto innovativa l'origine del fenomeno e quindi la domanda.
Laddove il legislatore italiano ha voluto contrastare duramente la prostituzione minorile ha introdotto l'importante novità della punizione del cliente, forma di contrasto da noi ritenuta, ormai da anni,


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l'unica vera misura idonea a stroncare il fenomeno della prostituzione sfruttata e schiavizzata.
La Convenzione di Ginevra del 7 settembre 1956, all'articolo 1, lettera d, considera condizioni analoghe alla schiavitù quelle pratiche in forza delle quali un minore di anni 18 è consegnato dai genitori ad un terzo, dietro pagamento, consentendone lo sfruttamento.
Nel gennaio del 2007 il Ministero dell'Interno ha istituito un Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi, con il compito di studiare le misure già esistenti, anche quelle di assistenza e tutela delle vittime, e di formulare a riguardo pareri e proposte, per favorirne il miglioramento. Secondo tale osservatorio, nel 2006 sono state denunciate 340 persone per il reato previsto dall'articolo 600 bis c.p. e 77 nel corso del primo trimestre del 2007.
Dai dati relativi alle segnalazioni all'autorità giudiziaria, effettuati dalle Forze di polizia, risultano complessivamente 118 vittime del reato di cui all'articolo 600 bis c.p., per l'anno 2006, e 21 nel primo trimestre del 2007.
Dai dati emerge che i più sfruttati nella prostituzione sono i minorenni stranieri, sia maschi sia femmine, e che la fascia di età interessata è quella tra i 15 e i 18 anni, riguardando soprattutto rumeni e rumeni rom - la cui età può essere anche sensibilmente più bassa - e in percentuale minore anche ragazzi provenienti dal Nord Africa, dai Balcani e dall'Albania.
Quanto al reato di tratta di minorenni, quasi sempre connesso al reato di prostituzione minorile, i dati delle Forze di polizia, rese note dall'Osservatorio nella relazione citata, parlano di 28 persone denunciate alle Forze di polizia nel 2004, 46 nel 2005 e 25 nel 2006.
Non dimentichiamo che su scala mondiale la tratta di essere umani è in continua crescita, ed è al secondo posto tra le attività criminali, dopo il traffico di armi e di droga.
Per coloro che erroneamente e confusamente dichiarano che non esistono dati certi sulla connessione tra prostituzione e tratta di essere umani, vogliamo richiamare la relazione del Dipartimento di Stato USA Trafficking in persons 2005, nella quale si dimostra che circa l'80 per cento delle 800.000 persone vittime ogni anno del traffico di essere umani è costituito da donne e ragazze, considerando in particolare lo sfruttamento sessuale come obiettivo principale della tratta.
Ancora, la relazione dell'OIL per il 2005 afferma che l'80 per cento delle vittime della tratta sono donne e ragazze. Detta relazione stima che una percentuale oscillante tra il 40 e il 50 per cento di tutte le vittime sono minori e il 98 per cento delle persone vittime del traffico a scopo sessuale sono donne e ragazze.
Quello dello sfruttamento dei minori, da parte di chi produce materiale pedopornografico, è un fenomeno che presenta gravità e dimensioni elevatissime, specie nel commercio delle videocassette; di queste il 25-30 per cento è a contenuto pedopornografico. In Italia si vendono o noleggiano circa 5 o 6 milioni di cassette pedopornografiche all'anno.
Per quanto concerne la nostra esperienza, in Italia la nostra associazione è presente quotidianamente con 90 operatori, raggruppati in 16 unità di strada, attive in 30 province di 14 regioni.
In base a quanto rilevato dalle unità di strada, stimiamo attualmente la presenza di circa 75.000 ragazze straniere vittime della prostituzione, di cui il 40 per cento nigeriane, il 30 per cento rumene e il restante albanesi, cinesi, moldave, ucraine, russe, polacche, domenicane, brasiliane, bulgare e ungheresi.
Siamo stati sempre convinti che per stroncare il fenomeno della prostituzione sia necessario innanzitutto interrompere la catena della domanda e dell'offerta, che alimenta direttamente questo business.
Per noi, la vera svolta culturale e legislativa è la lotta alla domanda. Il cliente, infatti, viene considerato, insieme alle organizzazioni criminali, la principale causa del mercato vergognoso e drammatico della prostituzione schiavizzata. Veniamo, dunque, alle nostre proposte, in primo luogo l'attuazione di un piano di


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azione nazionale contro la prostituzione minorile attraverso la prevenzione, e la promozione di campagne di sensibilizzazione nazionale in collaborazione con le associazioni di volontariato, che si occupano da anni della cura e della tutela dei minori, che siano maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
Detta azione dovrà svolgersi soprattutto nelle scuole e nei diversi ambiti in cui si esplica la vita familiare, al fine di: formare e sensibilizzare i minori, renderli consapevoli adeguatamente del fenomeno e fornire loro strumenti di prima difesa; sensibilizzare all'uso di internet e delle immagini in generale; organizzare programmi mirati a modificare gli atteggiamenti attraverso programmi di istruzione sessuale nelle scuole, nelle comunità, presso il personale militare e nei club sportivi; pubblicare un manuale da diffondere gratuitamente, che non parli soltanto della prostituzione e della tratta, ma anche dello stupro, della pornografia e di ogni tipo di violenza sessuale, di atteggiamenti verso le giovani donne, dello sfruttamento delle ragazze su internet, delle diverse modalità di adescamento e di tutte le insidie via internet, che sensibilizzino le giovani generazioni a tener presente il rischio dello sfruttamento sessuale e dell'industria pornografica su internet.
Ancora, una raccolta dati e un monitoraggio del fenomeno a livello nazionale, ma in stretto collegamento con le associazioni che si occupano dell'accoglienza delle vittime e che hanno unità operative di strada. Istituire presso le questure delle unità operative specializzate permanenti, composte da agenti della Polizia, adeguatamente formati nell'ambito del contrasto allo sfruttamento sessuale e minorile. Infine, per le vittime è fondamentale, per contrastare la prostituzione minorile, che le ragazze fermate per i controlli dalle Forze dell'ordine, qualora si dichiarino minorenni - oppure vi sia motivo di ritenere che siano minori di 18 anni - siano sottoposte a specifici accertamenti sulla loro età, quali per esempio la radiografia al polso.
Spesso, accertiamo situazioni di minorenni che, nel corso del loro sfruttamento sessuale, sono state più volte fermate dalle Forze dell'ordine, senza che per questo siano stati attivati i programmi di protezione per loro previsti, in quanto erroneamente ritenute maggiori di età. Spesso il loro rilascio viene eseguito sulla base delle mere dichiarazioni circa i dati anagrafici da loro stesse fornite, ovviamente sotto minaccia degli sfruttatori, senza una verifica, nonostante la totale mancanza di documenti attestanti l'età e le manifeste condizioni fisiche.
È fondamentale considerare che il pericolo per le minorenni, qualora rimpatriate, di essere nuovamente rapite o vendute, e riammesse nel mercato del sesso, è sempre attuale.
È necessario, quindi, in primis che i criminali siano assicurati alla giustizia. A tale scopo, riteniamo molto utile fornire assistenza legale alle vittime, anche in deroga ai presupposti e ai requisiti previsti dalle norme sul gratuito patrocinio. In tal modo, le associazioni che si occupano della cura dei minori potranno promuovere la nomina del curatore speciale (ex articolo 338 c.p.p.) con facoltà di costituirsi parte civile e assistere la minorenne in tutte le diverse fasi processuali, senza subire i costi della difesa.
Proponiamo, dunque, l'estensione dell'articolo 76 del codice di procedura penale anche alle persone offese dai reati di cui alla legge Merlin e alle persone offese da reati di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Occorre assicurare non soltanto che le persone vittime della prostituzione abbiano accesso ad ampi progetti di reinserimento sociale, ma anche garantire che ricevano una protezione, un sostegno e un accesso adeguati a programmi di occupazione pubblica ed istruzione, per aiutarle a continuare la loro vita al di fuori dell'industria della prostituzione.
È importantissimo prevedere un fondo patrimoniale per le vittime dei reati sessuali, nonché accessi gratuiti a terapie e percorsi di ausilio psicologico per le ragazze


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in protezione sociale, al fine di rielaborare e superare il dramma dell'esperienza vissuta.
Ringraziamo sentitamente per questa audizione e auspichiamo una proficua collaborazione, anche per il futuro, nell'azione di contrasto alla prostituzione minorile. Se fosse possibile, pregherei di ascoltare una breve testimonianza di una collaboratrice dell'associazione.

ALINA KOROL, Collaboratore dell'Associazione Giovanni XXII. Grazie per la possibilità offertami di rappresentare la voce delle ragazze che non possono parlare, e soprattutto di quelle che non potranno parlare mai più. Purtroppo, anche a me è capitata questa brutta esperienza. Intanto, mi presento: mi chiamo Alina e vengo dall'Ucraina. Sono venuta in Italia appena compiuti 16 anni, con un grosso inganno, perché dopo aver avuto delle complicazioni in famiglia ho ricevuto la proposta di partire per l'estero per diventare una badante.
Ho riflettuto sulla cosa, ma non ho considerato che i miei genitori si opponevano, dicendo che non ero neppure adolescente. Comunque, c'erano delle persone che hanno fatto di tutto per farmi partire e hanno organizzato in breve tempo la mia partenza.
Da quel momento, è emerso l'inganno e sono iniziate le violenze, che ho subìto fin dai primi giorni della mia partenza. Subito mi hanno tolto tutte le cose che possedevo e le hanno buttate via, lasciandomi solo i vestiti che avevo addosso.
Mi tenevano anche sotto effetto di droghe, per impedirmi di gridare aiuto. Non potevo parlare con nessuno. Fin dall'inizio, sono stata minacciata e mi dicevano che se mi fossi rivolta alle Forze dell'ordine la mia famiglia sarebbe finita male. La mia famiglia rappresentava tutto ciò che avevo e non potevo farle questo, quindi ho accettato tutto e mi sono sottomessa a tutto quanto mi chiedevano. Mi hanno portata in Italia di notte, legata in un bagagliaio, e mi hanno messa la sera stessa sulla strada, lanciandomi un paio di scarpe col tacco e la minigonna bruttissima che avrei dovuto indossare. Poi mi hanno detto che tutte le sere avrei dovuto portare 500 euro al protettore. Quando non riuscivo a raggiungere quella cifra - e purtroppo non sempre ci riuscivo, e ancora oggi porto addosso le cicatrici che mi sono state provocate - dovevo subire coltellate sotto la gola, tagli sul corpo e sigarette spente sulla pelle. Purtroppo, anche se sono passati tanti anni, guardando quei segni sul mio corpo, le ferite ancora bruciano e i ancora ricordi di quelle serate e di quanto mi accadeva sono ancora freschi. Scusatemi per l'emozione, ma ancora faccio fatica a parlare di quelle vicende.
Quando mi hanno messo sulla strada per sfruttarmi, se non riuscivo a portare i soldi che si pretendevano da me, succedeva sempre un disastro. Alcune ragazze sono state massacrate davanti ai nostri occhi. Le chiudevano in un bagno e chiedevano a tutte di guardare cosa accadeva ad una ragazza che avesse provato a scappare, a comunicare con la polizia, a provare a fare una telefonata in più, oppure a dire il suo vero nome o l'età. Essendo minorenni, ci raccomandavano sempre di dire che avevamo 20 o 25 anni, anche se si vedeva che eravamo piccole.
Alcune di noi avevano anche 14 o 15 anni. Alcune erano state proprio portate via da casa e buttate in strada. Purtroppo, non potevamo fare nemmeno un passo, perché eravamo controllate e c'era sempre una macchina che vegliava su di noi 24 ore su 24. Non c'erano orari, e quando rompevano le ossa a qualcuna o procuravano ferite e cicatrici, non potevamo contare su un dottore che ci aiutasse. Capitava che poi alcune ragazze rimanessero incinte e quindi le facevano abortire in casa. Non vi racconto quanto ho visto a riguardo, perché è molto brutto. Il giorno dopo l'aborto, le ragazze erano comunque costrette ad andare in strada a prostituirsi.
Il cliente - posso dirlo, perché l'ho vissuto sulla mia pelle - è un complice. Se non ci fosse richiesta, non esisterebbero ragazze schiavizzate. Le ragazze sulla


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strada sono considerate come il nulla, sono immondizia. Ci si sente immondizia, quando le macchine passano e sputano o lanciano oggetti, o gridano parolacce verso di noi. Noi, però, non potevamo rispondere a nessuno, perché non ne avevamo il diritto e perché nessuno sa che sei costretta a stare lì e non lo hai scelto, ma ti hanno messo lì con la forza.
Quindi, i clienti facevano la loro parte. L'età dei clienti era di 30, 40 o 50 anni, alcuni anche 60 anni. La cosa che più ci dispiaceva vedere erano i clienti giovanissimi che magari avevano un passeggino o un giocattolo per bambini sul sedile posteriore della macchina. Quando si chiedeva loro spiegazioni, veniva risposto che con la moglie non era possibile fare tutto quello che faceva con una prostituta. Ciò era un dolore, anche nei confronti di quella donna che aspettava il marito a casa o di quel bambino che guardava suo padre. Era una sensazione orribile.
Io ho avuto anche brutte esperienze con alcuni clienti violenti o che chiedevano prestazioni molto sgradevoli. Alcuni, ci buttavano giù dalla macchina senza pagare, dopo aver consumato il rapporto, anche ad alta velocità. Alcuni rubavano i soldi dalle nostre borse, mentre altri passando davanti a noi con la macchina lanciavano sacchi sporchi o addirittura sassi, frutta marcia oppure uova. Il luogo dove tornavamo non poteva nemmeno essere considerata una casa.
Più clientela c'era, più i protettori portavano ragazze sulla strada. Quando c'è richiesta, infatti, ci sono nuove ragazze che arrivano sulla strada.
Adesso posso dire che a me è andata molto bene, perché sono qui e posso parlare, a differenza di altre che non possono e non potranno farlo. Quando ho visto alcune di loro, ho pensato di essermela cavata bene, perché ci sono ragazze con le orecchie tagliate o con le costole spezzate, che a guardarle assomigliano al Cristo tolto dalla croce.
È in quei momenti che pensi: dove siamo? Perché non siamo considerate, non abbiamo diritti e dobbiamo soffrire? Perché queste donne devono essere massacrate di botte, mentre vorrebbero avere soltanto una vita dignitosa?
Sono uscita dalla strada grazie alla comunità Papa Giovanni XXIII, e quindi anch'io adesso cerco di fare quello che posso per aiutare quelle ragazze, perché so cosa vuol dire quella vita. Io ho avuto bisogno di uscire da quella condizione, perché ero azzerata, mi consideravo un nulla, non avevo più valori e non potevo più nemmeno guardare un uomo. La mia vita non aveva più colori ed ho avuto bisogno anche di sostegno psicologico e medico, perché ero messa abbastanza male.
È per questo che mi domando cosa possiamo fare, ovvero se possiamo davvero togliere queste ragazze dalla schiavitù e ridare loro i diritti. Sono disponibile ad eventuali domande.

PRESIDENTE. Io la ringrazio per questa testimonianza, per alcuni tratti cruda, ma, purtroppo, reale. La nostra Commissione si occupa soprattutto dei minori, del anche con riferimento al fenomeno della prostituzione minorile. Come abbiamo ascoltato, la fascia d'età maggiormente colpita dal fenomeno della prostituzione è proprio quella che arriva fino ai 18 anni.
Adesso lasceremo spazio alle domande dei colleghi. Volevo però prima parlarvi di una richiesta di audizione avanzata dalla associazione Giovanni XXIII - soprattutto per quanto riguarda quello che sta accadendo in Africa - relativa al tema dei minori migranti, che potrebbe rientrare tra l'altro nell'ambito della nostra indagine conoscitiva sui minori stranieri. Si potrebbe valutare, a proposito, l'opportunità di svolgere una seconda audizione dell'Associazione, su questo specifico tema.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

DONATELLA PORETTI. Ringrazio davvero molto la signora per la testimonianza che ci ha offerto. Vorrei sapere da lei come è riuscita ad uscire da quella situazione e a chiedere aiuto.


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Credo sia importante ascoltare testimonianze anche così crude, perché ci fanno rendere conto della realtà. Conosciamo queste situazioni, ma sentirle raccontare ci procura quei famosi pugni nello stomaco che servono e sono utili. Ovviamente, non è soltanto con le emozioni che si devono fare le leggi, però queste servono.
Per quanto riguarda il discorso del cliente, si sa che le regole di mercato sono queste: finché c'è una domanda si propone un'offerta. Tuttavia, non ho ben capito come si pensa di arrivare ad eliminare la domanda, al di là delle battute su quanto possa essere antico questo tipo di mestiere. In questo caso, si tratta di riduzione in schiavitù, quindi separerei la battuta sul mestiere, perché in questo caso davvero non c'entra.
Sul problema di eliminare la domanda, vanno benissimo tutti i programmi di sensibilizzazione e informazione - anzi ce ne dovrebbero essere di più, perché non mi sembra che ce ne siano poi più di tanti - che proponete, ma non so se possano bastare a contrastare la domanda di prostituzione.
Io ho un dubbio e come tale ve lo pongo. Temo che tutto quello che si svolge nella clandestinità non possa far altro che creare ulteriori complicazioni. Voi avete detto che addirittura la Polizia non è in grado, in alcuni casi, di distinguere una minorenne da una maggiorenne.
Non voglio trovare alcuna giustificazione nei confronti dei clienti, però se addirittura la polizia non è in grado di riconoscere una minorenne, immagino che la stessa difficoltà valga anche per il cliente, visto che non è reato prostituirsi e neanche andare con delle prostitute, a meno che non si tratti di minori.
Tuttavia, appunto, siccome c'è questa situazione di limbo, tale per cui il reato non sussiste se non in presenza di una ragazza minorenne, e allo stesso tempo questa materia non è neppure regolamentata, è evidente che un cliente finge spesso di non sapere che quella ragazza non è maggiorenne o casomai si crea l'autoillusione che quella ragazza lo faccia volontariamente.
Nei fatti, siccome la materia non è disciplinata, e quindi non si sa chi finisce per strada e per quali motivazioni, io credo che la clandestinità degli immigrati sia un'alleata fortissima della riduzione in schiavitù dei minorenni e delle persone che sono costrette a prostituirsi non volontariamente. Temo anche che alcune ordinanze che in qualche modo hanno anche ispirato il disegno di legge proposto dal Governo e dal Ministro Carfagna per introdurre il reato di prostituzione su strada, rischino di portare ancora più in clandestinità la situazione e quindi di rendere meno avvicinabile una ragazza sia da parte delle Forze dell'ordine, sia da parte di associazioni che meritoriamente si occupano di entrare in contatto con queste persone.
Ecco perché - rinnovo la domanda - vorrei sapere come la nostra ospite è riuscita a liberarsi. Infatti, non credo che nel chiuso di una casa, in cui una ragazza viene segregata e schiavizzata, possa ad un certo punto entrare la polizia a prestare soccorso.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Zampa, volevo fare una puntualizzazione su un aspetto che condivido e che potrebbe esserci utile.
Voi avete parlato del gratuito patrocinio, e occorre ricordarsi che alla fine si tratta di una questione meramente economica. Modestamente, io e altre parlamentari abbiamo insistito per inserire nella legge contro la violenza sessuale sulle donne e i minori, il gratuito patrocinio. Infatti, anche per una questione simbolica, le vittime di questi abusi non possono essere costrette anche a sostenere le spese legali. Tuttavia, questo argomento non vale nel caso della prostituzione. Le misure finora adottate nei confronti del cliente, telecamere comprese, non servono a molto.
A mio parere, il tema del gratuito patrocinio per le prostitute schiave - per non parlare dei minori - potrebbe essere un punto simbolico importante da sviluppare,


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oltre che essere di aiuto per le associazioni che poi devono sopportare i costi del patrocinio.

SANDRA ZAMPA. Vorrei distinguere due piani nel mio brevissimo intervento. Innanzitutto, la prima parte è rivolta alla signora Korol, che ha portato una testimonianza così drammatica e carica di sofferenza. Le voglio dire che è una vergogna per tutti che questo capiti, perché in un certo senso tutti siamo colpevoli del fatto che queste vicende accadano sulle nostre strade e nella nostra società.
Il dramma della politica è proprio quello di non riuscire ad assolvere davvero e pienamente al proprio compito. Ciononostante, credo che tentativi di intervenire su questi aspetti siano già stati fatti, che occorra fare di più e che qualcosa si possa e si debba fare.
Così come a lei è stato possibile uscire da questo dramma personale, deve e può essere possibile per altre giovani donne, tanto più quando sono tratte in schiavitù e minorenni.
Vorrei, invece, chiedere ai rappresentanti dell'associazione alcuni chiarimenti. L'inasprimento delle pene previste per coloro che avvicinano minorenni e hanno rapporti sessuali con minorenni ha prodotto, a vostro modo di vedere - o per quello che siete in grado di stimare - qualche risultato? I provvedimenti dei sindaci, che talvolta hanno riempito le pagine di un dibattito spesso anche stupido - quali il rilevamento delle targhe, gli interventi dei vigili eccetera - hanno avuto secondo voi qualche ricaduta sul fenomeno della prostituzione?
Per quanto riguarda l'accertamento dell'età, la collega parlava del fatto che neppure la polizia riesce a distinguere una minorenne da una maggiorenne, ma io mi domando se la polizia provi a farlo oppure no. La radiografia del polso, infatti, è una delle misure possibili, ma ce ne sono anche altre che consentirebbero di accertare l'età.
Ancora, visto che vi occupate anche del tema dei minori stranieri, il sistema di tutela e di protezione dell'infanzia, e quindi dei minori stranieri non accompagnati, quante e quali falle ha, secondo voi? Come la presidente ha ricordato, a questo riguardo abbiamo avviato un'indagine e ascoltato molte persone. Abbiamo raccolto denunce precise in merito ad alcuni minori stranieri, maschi e femmine, ovviamente con una prevalenza femminile, che escono o vengono cacciati dalle case di accoglienza o comunque - ci sono testimonianze di giornalisti che li hanno seguiti - attraversano l'Italia senza controllo. Come mai succede questo? Che cosa non funziona?
Inoltre, l'inasprimento delle misure introdotte dal provvedimento sulla sicurezza approvato da questo Governo, che prevede il rifiuto dei permessi di soggiorno anche nei confronti dei soggetti che compiono diciotto anni, i quali vengono rimandati a casa o comunque messi in clandestinità, fino a che punto peggiora questa condizione? Difatti, la clandestinità non è soltanto quella evocata dalla mia collega, cioè relativa ai luoghi dove si pratica, ma diventa una clandestinità anche dell'identità, conseguente alla mancanza di accertamenti dell'identità stessa.
In conclusione, vorrei capire come la politica e il legislatore devono e possono intervenire, anche con misure immediate e specifiche.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Santolini, vorrei ricordare che abbiamo a seguire un'altra audizione. Vi prego, quindi, di proseguire con domande e risposte brevi.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Presidente, sarò brevissima anche perché molti punti li ha anticipati la collega, quindi non vorrei ripetermi.
Innanzitutto, vorrei ringraziarvi di essere venuti e di aver portato questa testimonianza che, peraltro, non è la prima e temo che non sarà neppure l'ultima. Ci conosciamo bene da tanto tempo e abbiamo già sentito altre volte questi terrificanti racconti in varie sedi e in varie occasioni. Mi rammarico che il racconto sia sempre lo stesso, cioè siamo sempre al


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solito punto. Del resto, non mi pare che da questo intervento si possa registrare un miglioramento o qualche cambiamento.
Quindi, riprendendo quello che diceva la collega, ho l'impressione che siamo ancora non dico all'anno zero, ma all'anno uno al massimo. Vorrei, perciò, sapere se la mia convinzione è condivisibile e conoscere la vostra opinione circa la presa d'atto che le misure adottate non sono state sufficienti e che non è stato fatto abbastanza, senza voler cercare il «colpevole», bensì individuando una responsabilità collettiva.
Vorrei chiedere, inoltre, che cosa pensate, in particolare, delle proposte di legge - ce ne sono diverse - depositate in Parlamento. Credo, infatti, che dovremo affrontare, prima o poi, questo problema. Ricordo che don Benzi aveva partecipato ad alcune audizioni al Senato ed era venuto da noi, da me in particolare, per chiedere l'accoglimento della vostra proposta di legge. Vi chiedo a che punto siamo rispetto a queste problematiche e come possiamo interagire, anche al di fuori di questa audizione, per trovare dei canali di collaborazione e di reciproca consultazione.
Vorrei sapere, poi, oltre alle iniziative della polizia per cercare di contrastare questo fenomeno, che cosa pensate del tentativo sperimentato a Roma - anche se poi è finito lì - di punire il cliente. Questa idea a me piace molto, quindi vorrei sapere se, secondo voi, dobbiamo insistere o meno in questa direzione.
Infine, una provocazione. Qualcuno sostiene che le proposte della vostra associazione, siano assolutamente improponibili, inattuabili e non esportabili rispetto alle zone in cui operate; che vi attivate per togliere le ragazze dai marciapiedi, andate a parlare con loro - e la testimonianza che abbiamo ascoltato è la prova che questo avviene davvero - però ottenete solo il risultato di spostare la prostituzione a venti chilometri a nord o a sud, senza risolvere il problema. In altri termini, voi «bonifichereste» - scusate la parola poco felice, ma è quello che sento dire - un territorio, una certa zona, ma otterreste solo il risultato di spostare il problema altrove. Per questa ragione, si sostiene che estendere questi interventi in tutta l'Italia è un'utopia assoluta e improponibile.
L'osservazione è brutale, ma questa è un'occasione di chiarimento.

PAOLO RAMONDA, Presidente dell'Associazione Giovanni XXIII. Rispondo solo a questa provocazione, poi do la parola a Don Aldo Bonaiuto e ad Annalisa Chiodoni.
Il problema è duplice. Sul piano «macro», dobbiamo valutare un lavoro di insieme, di sinergia tra istituzioni, volontariato e così via, ed è una questione complessa, che va affrontata attraverso la legislazione, la prevenzione e via dicendo.
Tuttavia, onorevole Santolini, come ci ha insegnato don Oreste, tirare fuori da questa vita anche solo una di queste ragazze, dopo quello che abbiamo sentito, è un grande risultato. Non si tratta di spostare altrove il problema, bensì di liberare migliaia e migliaia di ragazze. Anche se non risolviamo tutto, per la dignità di una sola persona, di una sola donna, quello che ognuno di noi fa - non parlo solo della nostra associazione, ma anche di altre - è molto.
Non dobbiamo mai dimenticare il valore di ogni singola persona, quindi l'intervento qui e ora, ciò che è possibile, va fatto. Questa è la risposta che noi, come associazione di ispirazione cristiana, diamo; è l'incontro con la persona, con i volti, con le storie individuali. Migliaia di ragazze sono state salvate. Certo, questo non risolve il problema, però, se fossero le nostre figlie, non parleremmo così.

ANNALISA CHIODONI, Legale Associazione Giovanni XXIII. Sono Annalisa Chiodoni, del Foro di Forlì, legale dell'Associazione Giovanni XXIII. Mi occupo tantissimo della difesa delle ragazze, quindi rispondo alle questioni sollevate in merito al gratuito patrocinio, all'inasprimento delle pene e all'efficacia di alcune politiche.


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Innanzitutto, noi cerchiamo sempre di incoraggiare le ragazze a denunciare i loro sfruttatori; finché non assicuriamo i criminali alla giustizia, purtroppo, non riusciamo a sradicare il fenomeno, o almeno non contribuiamo a farlo. Tuttavia, visto che si tratta di reati perseguibili d'ufficio, anche se le vittime non hanno il coraggio di denunciare, danno l'impulso investigativo agli inquirenti, per cui il racconto dei fatti è molto importante.
Ad ogni modo, è automatico che, sia che facciano una denuncia, sia che forniscano delle sommarie informazioni o facciano delle dichiarazioni, diventano testimoni. Il racket, però, ha i migliori avvocati d'Italia e, come dico sempre ai miei colleghi, le loro parcelle sono pagate con le «marchette» - scusate il termine - delle ragazze.
Il lavoro di difesa, dunque, è intenso e questa gente ha i migliori avvocati. La persona offesa, quando testimonia, ha diritto ad un difensore ed è per questo che io al sostengo con convinzione il gratuito patrocinio. Come don Oreste ha sempre detto, in qualità di padre, per una figlia che ha bisogno si incarica il miglior avvocato, ma si affrontano spese enormi perché, come sapete, i processi penali sono lunghissimi.
Vorrei evidenziare che avere o non avere un difensore fa la differenza nei processi; infatti, spesso le ragazze durante il contraddittorio si sgretolano. Non cadranno mai in contraddizione perché hanno vissuto sulla propria pelle una drammatica verità; ciononostante, se non è stato predisposto uno schermo, se non vengono protette dagli sguardi dei «magnaccia» in aula, se non sono state date loro alcune garanzie, cadono, si sgretolano e rischiano anche la denuncia per calunnia. Per queste ragioni, la difesa penale delle vittime è importantissima, con riguardo sia all'introduzione di clandestini, di cui all'articolo 12 del Testo unico sull'immigrazione, sia a tutti i reati connessi alla legge Merlin. Questo è un aspetto importantissimo.
Ora sono sola, a parte alcuni collaboratori; tuttavia, credo che con il gratuito patrocinio, forse, possiamo trovare più avvocati disposti alla difesa di queste ragazze.
Anche l'inasprimento delle pene è importantissimo, perché oggi, con il patteggiamento allargato, non si prevede l'esito dei processi. Nel caso di un latitante e di un processo in contumacia, sono certa che, una volta condannato, l'imputato non metterebbe più piede in Italia, per paura di essere arrestato. Di conseguenza, come effetto immediato, le ragazze schiavizzate dal criminale in carcere o latitante all'estero sarebbero libere.
Sono importantissime l'efficacia della difesa penale, le denunce effettuate e la previsione di pene tali per cui non esistano riti alternativi o benefìci, ma solo una lunga detenzione. Difatti, chi sta in carcere solo un anno, quando esce ritrova la sua vittima.
Riguardo alle nostre difficoltà, innanzitutto le ragazze non possono mai assumere la residenza. Si potrebbe prevedere, pertanto, la possibilità per queste ragazze di assumere - minorenni o maggiorenni - la residenza presso le case comunali. Spesso le ragazze sotto protezione perché vittime di racket della prostituzione sono nascoste da noi, perché non le si può far risiedere nelle case famiglia.
Ritengo non sia verosimile che la polizia non sia in grado di identificare le ragazze. Per esempio, ho difeso in un processo una ragazzina denominata «l'angioletto», che si prostituiva in via Irnerio, a Bologna, nella zona universitaria, con mutandine e pelliccia bianca in pieno inverno, alla fermata dell'autobus, In quel caso, chiunque poteva vedere che si trattava di una bambina nuda per strada, in via Irnerio a Bologna.
Insomma, la sedicente maggiorenne - poi c'è anche la Lolita - si vede se non è tale. Vogliamo, dunque, effettuare i doverosi accertamenti sull'età anagrafica? È impossibile non provvedere, perché, in questo modo, ritardiamo la liberazione di queste ragazze. Dopo mesi, con l'intervento dell'unità di strada dell'Associazione Papa Giovanni, si viene spesso a sapere da queste stesse bambine che sono già state coinvolte in precedenti


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retate, durante le quali avrebbero potuto essere liberate. Un giorno di marciapiede, 500 euro al giorno, sono venti uomini sul corpo di una ragazzina, seicento uomini in due mesi. Vi rendete conto cosa significa liberare queste ragazzine due mesi prima o dopo, quale efficacia o devastazione può significare?

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Mi ripete cosa bisognerebbe fare per le ragazze nascoste al racket?

ANNALISA CHIODONI, Legale Associazione Giovanni XXIII. Noi siamo sempre per la punizione del cliente. Lei diceva che se si proibisce la prostituzione su strada le ragazze vanno in albergo e non le si trova più; tuttavia, se la prostituzione, che oggi è lecita, diventa illegale, si punisce il cliente. Nello specifico, nella nostra proposta si parlava di un'ammenda o di un percorso socio-riabilitativo perché, secondo noi, il cliente di una prostituta ha un problema. A nostro modo di vedere, chi va a prostitute ha qualcosa da risolvere.
Un tempo, quando c'erano molte più sentenze a riguardo, la Cassazione indagava per favoreggiamento l'albergatore che aveva dato i propri locali per l'esercizio del meretricio, perché aveva reso agevole l'esercizio della prostituzione. Succedeva, quindi, che a Rimini e a Riccione gli albergatori chiudessero perché la polizia indagava seriamente su questo reato e quindi loro rischiavano di andare sotto processo.
Allora, rendiamo la prostituzione illegale e puniamo il cliente con sanzioni amministrative. Io ritengo che possa essere sufficiente il marchio di essere cliente di una prostituta, l'onta, il processo penale, anche se la punizione si limitasse a una contravvenzione. Secondo me, questo è efficace.

DONATELLA PORETTI. Cito l'esempio di una donna di quaranta anni che decide liberamente di prostituirsi: anche in questo caso il cliente va sanzionato?

ANNALISA CHIODONI, Legale Associazione Giovanni XXIII. Questa è la replica che hanno sempre avanzato. Secondo il nostro punto di vista - ma lo dicono anche le Convenzioni che ha citato il presidente nella sua relazione - la prostituzione è un male; lo è per chi la esercita, per la famiglia e per la società, dunque la combattiamo in tutti i modi, anche se la si esercita liberamente.
Ho fatto processi dal titolo «peccati ma non reati», ma non stiamo parlando di questo. Non sto parlando di un peccato, bensì di un male che oggi viene permesso. È come drogarsi. Oggi drogarsi è lecito, in Italia; non si può spacciare, ma ci si può drogare.

DONATELLA PORETTI. Le sanzioni amministrative per il consumo ci sono.

ANNALISA CHIODONI, Legale Associazione Giovanni XXIII. Sì, ma non è reato. Allora, dico la stessa cosa: introduciamo la non liceità della prostituzione per il cliente.
Noi avevamo sposato il disegno di legge recante misure contro la prostituzione del Ministro Carfagna, che prevedeva la punizione del cliente. Sosteniamo e condividiamo tutto ciò che rende difficile, che ostacola il favoreggiamento della prostituzione. Per noi l'ideale sarebbe la proibizione, anche se mi rendo conto che socialmente siamo lontanissimi.

ALDO BONAIUTO, Collaboratore Associazione Giovanni XXIII. Sono don Aldo Bonaiuto, sacerdote della Comunità Papa Giovanni. Vivo in una struttura di pronta accoglienza per le ragazze vittime della tratta e della prostituzione da tredici anni, avendo iniziato al fianco di don Oreste, quindi mi sta molto a cuore questo argomento. Ringrazio, dunque, il presidente e la Commissione per questa opportunità.
Noi siamo qui per le ragazze che sono sulle strade e per quelle che non ci sono più, perché purtroppo di molte abbiamo celebrato i funerali. Siamo qui anche per le ragazze che, a causa della prostituzione e dello sfruttamento, oggi non hanno più un avvenire felice perché hanno problemi


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di salute, in particolare psichici, molto gravi, perché chi va sulla strada viene devastato psicologicamente e psichiatricamente. Abbiamo ragazze che sopravvivono soltanto con l'aiuto dei farmaci.
Questo accade quando si subiscono torture. Infatti, sono torture le botte e gli abusi quotidiani - qui non si tratta di prestazioni sessuali, ma di abusi - ed è un fenomeno sempre più spietato perché, per dirla in modo retorico, grazie ai nostri mezzi di comunicazione, oggi la violenza è diventata routine anche nel mondo giovanile.
Di notte sulla strada vedo ragazzi che, anche con le loro fidanzate, vengono a picchiare le ragazze, a colpirle alla testa con bottiglie della birra, a tirare loro le pietre. Le ragazze sono vittime non solo di coloro che chiedono favori sessuali a pagamento, ma anche di coloro che scagliano la propria rabbia su di loro.
Mi sono trovato, recentemente, con una ragazza con una mano gonfia, che grondava sangue. La ragazza piangeva, moriva di freddo e mi ha detto che un cliente le aveva incastrato la mano nella portiera della macchina perché voleva riprendersi i soldi. Piangendo, lei diceva che erano suoi, che se li era guadagnati. Poi mi ha rivelato di essere incinta. Apro una parentesi per dire che, oggi, la maggior parte delle ragazze nigeriane arrivano da noi in stato di gravidanza. È un fenomeno veramente inquietante, ma ultimamente nel mondo nigeriano, evidentemente, gira qualche voce strana perché i casi sono davvero numerosi; abbiamo un'altissima percentuale di ragazze che arrivano da noi in stato di gravidanza.
Ho portato, allora, la ragazza in ospedale - mi piacerebbe dire quale, ma non lo farò - e il medico, quando ha capito che era una prostituta, mi ha chiesto: «Ma lei, padre, vuole salvare il mondo?». Lui doveva curare la mano di questa ragazza e l'unica cosa che ha saputo dire è stata questa.
Ecco, noi non vogliamo salvare il mondo; vogliamo salvare queste ragazze che sono sulle strade, in una sottocultura della perversione. Il disegno di legge del Ministro Carfagna, secondo noi, si muoveva sulla via giusta perché, da una parte, si impegnava a vietare la prostituzione su strada e, dall'altra, non ne regolamentava l'esercizio, bensì continuava a combatterla anche al chiuso.
Non dimentichiamo, infatti, che ci sono ragazze che non vedono la luce del sole da anni. Oggi abbiamo portato Alina. Sappiamo di ragazze che vivono dentro gli scantinati dei night, peggio delle bestie, e la notte salgono nel night per prostituirsi. Sono qui con il permesso per ballerina, che viene concesso molto facilmente; direi che non si è mai visto un permesso concesso così facilmente. Permesso per ballerina vuol dire prostituzione. Questo è uno scandalo.
Come associazioni preleviamo dalle strade le ragazze, che siano minorenni o meno. Questo non conta, perché vorrei vedere qual è la differenza per una madre che ha una figlia di 18 o 19 anni. Oggi si dice che a quarant'anni si è giovani, ma noi abbiamo ragazze di 19 anni che vengono fatte prostituire e torturate per un permesso di soggiorno, magari perché non possono subito denunciare e quindi utilizzare il percorso umanitario.
Per di più, ci sono questure che, nonostante la legge, la direttiva del Ministero dell'interno e del Capo della polizia, non rilasciano il permesso di soggiorno per motivi umanitari, mettendo a repentaglio la vita delle famiglie. Qui non stiamo parlando dei «furbi», bensì di persone che raccogliamo dalla strada in uno stato di schiavitù. Si parla tanto della dignità della donna in questo periodo, ma ci siamo dimenticati delle donne «ultime» e abbandonate.
Le ragazze nigeriane per 10 euro si prostituiscono, alla Casilina e in diverse parti di Roma. In via Cristoforo Colombo ci sono tantissime minorenni. Ogni tanto mi fermo anch'io con la polizia e come le vedo io le vedono loro. Tuttavia, gli uffici immigrazione di notte, evidentemente, hanno problemi a lavorare.
Prego la Commissione di intervenire in questo ambito. Don Oreste lo gridava - lo ricorderete - e diceva di liberare prima le


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donne schiavizzate, perché non possiamo parlare di prostituzione se ci dimentichiamo delle donne schiavizzate. Si tratta di donne che stanno morendo, perché c'è una morte interiore e psicologica, e purtroppo a volte anche fisica.
Per contro, i disegni di legge non vanno avanti, i fondi diminuiscono e le iniziative dei comuni - per rispondere al problema - non sono sufficienti. Sono un deterrente, ma sono inutili se durano soltanto i primi due mesi. Noi abbiamo sostenuto tutte le iniziative che possano contrastare e scoraggiare il fenomeno. Le multe scoraggiano i clienti, a volte li mettono in soggezione. Ben vengano le iniziative dei comuni, ma se durano solo pochi mesi sono inefficaci, anzi si evidenzia che c'è bisogno di qualcosa di più importante.
Soltanto voi politici potete intervenire per combattere questo orrore maschilista. Infatti, sappiamo che la maggior parte dei clienti sono uomini, e sono i nostri uomini italiani. Lo sottolineo perché una volta, con don Oreste, andammo a trovare un grande personaggio politico, che ci chiese - e così capimmo che viveva fuori dal mondo - se i clienti fossero tutti nordafricani o stranieri. Dava quasi per scontato che i clienti fossero tutti poveri stranieri che non avevano altre possibilità.
Torniamo, quindi, alla realtà, perché su questa tematica non ci può essere un partito, ma occorre agire trasversalmente. Noi supplichiamo, specialmente voi donne, di approvare una legge: chiamatela «don Benzi» o come volete, ma fatela.

PRESIDENTE. Sintetizzando, i nostri auditi non chiedono, come nelle nostre proposte di legge - anche io ne ho presentata una - di regolamentare la prostituzione. Sostengono, infatti, che questa linea è fallita anche in Olanda, dove il racket fiorisce e via discorrendo. La loro proposta è di rendere reato la prostituzione su strada e colpire i clienti.
Inoltre, dobbiamo occuparci del gratuito patrocinio, che è molto importante.
Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,15.

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