Back Forward

Seduta del 20/1/2010


Pag. 3


...
Audizione del presidente della provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della provincia di Trento, Lorenzo Dellai.
L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla situazione relativa alle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Trentino-Alto Adige.
Ricordo che nella giornata di ieri si è svolta l'audizione del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento, Stefano Dragone.
Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, i lavori della Commissione proseguiranno in seduta segreta, invitandolo comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
Do la parola al presidente Dellai, che ringrazio per la sua presenza.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Ringrazio il presidente e i membri della Commissione. Ho portato una relazione che lascio alla vostra attenzione.
La provincia di Trento è una provincia autonoma e l'autonomia implica maggiori responsabilità. Questo ci spinge, ovviamente, a essere sempre più attenti a come esercitiamo le nostre funzioni in questo settore. Tuttavia, può sempre accadere l'imprevisto e si può e si deve sempre migliorare.
In base alle vicende che hanno dato origine a quest'audizione, la terza commissione consiliare del nostro consiglio provinciale ha proceduto a un'attenta riflessione e ha elaborato all'unanimità un documento, allegato a quello che vi ho appena consegnato, nel quale sono già stati individuati alcuni correttivi e potenziamenti delle strutture preposte al controllo del territorio, che la giunta sta già attuando. Certamente tutto va nel senso di migliorare le situazioni e di prendere atto anche delle difficoltà che si possono incontrare lungo i percorsi.
Svolta questa premessa, espongo brevemente l'argomento in questione.
L'ex cava Monte Zaccon, che credo abbia dato origine in particolare a questa audizione, o quanto meno alla richiesta dei parlamentari che l'hanno proposta, è un sito di circa 100 metri per 100 di dimensione che, fino a ora, ha


Pag. 4

ospitato materiale per circa 400 mila metri cubi.
Dal 1972 tale sito era una cava dalla quale si estraeva materiale per il lavoro nell'edilizia e dal 1998 è scattato un piano di recupero ambientale per riproporre il profilo dell'andamento del terreno. Tale sito è autorizzato a ospitare 18 tipologie di materiali, indicate nell'allegato 1 al documento che vi ho consegnato.
Dal dicembre 2008 il sito è sotto sequestro dell'autorità giudiziaria, come vi ha sicuramente spiegato ieri il procuratore, che ha dato conto alla Commissione dei profili, nonché dei limiti dell'iniziativa giudiziaria che ha messo in campo.
Dal nostro punto di vista, per quanto abbiamo capito, esistono tre problemi su questo sito, sorti nella sua gestione negli anni 2007-2008.
Il primo problema riguarda le scorie di acciaieria. Le norme, sia nazionali che provinciali, consentono l'utilizzo di tale materiale in diverse realtà. Attraverso la semplice applicazione del test di cessione, esso è stato impiegato per costruire l'intero passante di Mestre e numerose opere pubbliche in corso di costruzione.
Nel caso di azioni di ripristino, come la situazione in specie, oltre al test di cessione le norme prevedono che, per questo tipo di materiale, sia anche da verificarsi la concentrazione di alcuni elementi e componenti.
La legge individua molto bene i limiti che devono essere rispettati per poter usare tale materiale per i ripristini, ma, purtroppo, non individua con precisione il metodo attraverso il quale questi elementi devono essere accertati.
Da questo è nato il primo problema. Sostanzialmente, infatti, esistono due metodi che si possono utilizzare per verificare la concentrazione degli elementi inquinanti presenti all'interno del materiale.
La provincia ha chiesto indicazioni, da ultimo, anche all'Istituto superiore di sanità nel 2008 e ne ha ricevuto una nota, che possiamo anche produrre, se la Commissione lo ritiene, nella quale si afferma che effettivamente vi è incertezza normativa su questo punto e si suggerisce prudenzialmente di adottare il metodo «più rigoroso». Si ha ragione di ritenere che il perito della procura abbia applicato il metodo più rigoroso, mentre il soggetto deputato alla gestione del sito abbia applicato il secondo metodo, quello meno rigoroso. Questo è il primo problema che ci siamo trovati di fronte e che emerge da questa vicenda.
Se ne pone poi un secondo, che riguarda il conferimento in questo sito dei fanghi da cartiera. Essi sono permessi dalla norma e dall'autorizzazione specifica, ma sembrano essere conferiti in quantità e in modalità - ossia, non mescolati con inerti - diverse dalle autorizzazioni prescritte.
Vi è poi un terzo problema, che riguarda il conferimento di limitati materiali non autorizzati, non previsti quindi nell'autorizzazione. Su questo punto, la provincia, attraverso la propria APPA (Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente), aveva già in data 16 luglio 2007 presentato formale comunicazione alla procura della Repubblica, perché era venuta a conoscenza di elementi tali per cui si poteva presumere che in tale sito venissero conferiti materiali non previsti nelle 18 tipologie di cui parlavo prima. Questi sono i tre punti che abbiamo sotto mano.
Telegraficamente, al di là degli aspetti di competenza delle autorità giudiziarie, come provincia abbiamo preso in esame i rischi che sembravano emergere dalla perizia predisposta dalla procura.
Abbiamo individuato quattro rischi sui quali eseguire immediatamente accertamenti. Il primo è il cosiddetto rischio di esplosione, perché, secondo il perito della procura, esisteva il pericolo che la formazione di gas metano dentro il sito potesse dar luogo anche a forme esplosive. Abbiamo svolto tutti gli accertamenti, valutando che la presenza di metano è del 2,2 per cento, laddove la soglia di rischio è del 5 per cento. Siamo, dunque, in grado di escludere, in questo momento, vista la fattispecie di tale sito, qualsiasi rischio di esplosione.


Pag. 5


Il secondo rischio è l'inquinamento delle acque di falda. Abbiamo eseguito precise misurazioni prelevando acqua di falda immediatamente a ridosso del sito - ne diamo conto a pagina 14 del documento - e abbiamo rilevato tracce di arsenico, ferro, manganese e stirene, ma tutte abbondantemente al di sotto delle soglie di rischio previste dalla legge.
Il terzo rischio potenziale è quello che riguarda l'acqua potabile. Abbiamo eseguito analisi su alcuni pozzi privati che alimentano abitazioni private poste a valle dell'area in oggetto e gli esami non hanno indicato alcun elemento di irregolarità.
Per quanto riguarda, invece, gli acquedotti comunali dei comuni della zona, essi traggono tutti alimentazione sul versante orografico opposto a quello del sito e quindi non danno problemi.
In ultimo, abbiamo voluto verificare anche eventuali rischi per gli alimenti. Abbiamo effettuato esami specifici sul latte prodotto da allevamenti che usano foraggio derivato dalla zona e, anche in questo caso, nessun elemento di preoccupazione è emerso dai dati recentemente acquisiti.
Ovviamente, devo informare la Commissione che abbiamo disposto approfondimenti ulteriori e, soprattutto, un monitoraggio costante di tutti gli elementi di cui ho parlato e che ne daremo conto anche all'opinione pubblica.
Siamo in grado di esibire gli stessi dati rassicuranti anche per quanto riguarda un'altra questione sorta in zona, che non ha nulla a che vedere con questa specifica, ma con l'acciaieria dalla quale vengono derivati gli scarti di cui ho parlato. Se la Commissione lo ritiene, siamo in grado di fornire informazioni su questo punto.
Concludo ribadendo che, escluse, sulla base di questi elementi, azioni di carattere emergenziale, che ovviamente avremmo dovuto mettere in campo come attività amministrativa laddove avessimo riscontrato elementi di questo genere, la provincia sta predisponendo alcune attività istruttorie a livello tecnico per elaborare eventuali azioni di messa in sicurezza del sito secondo le procedure di legge.
Nel documento che ho consegnato alla presidenza ci sono le informazioni di dettaglio. Mi fermo qui e mi riservo di rispondere, se la Commissione lo ritiene, a eventuali domande.

GIOVANNI FAVA. Mi permetto di svolgere un appunto di tipo metodologico. Non me ne voglia il vicepresidente. Poiché porrò alcune domande precise, che, direttamente o indirettamente, possono aver riguardato l'indagine che si è completata e ultimata nell'ambito della procedura posta in essere dalla procura della Repubblica di Trento, le ricordo che è sua facoltà chiedere eventualmente di secretare le sue risposte, se lo ritiene.
Le pongo, dunque, alcune domande piuttosto puntuali. La prima riguarda il metodo seguito dalla provincia di Trento. Anche se la risposta potrebbe essere molto articolata, credo che ci possa essere una spiegazione molto semplice.
Perché la provincia di Trento ha scelto di autorizzare il ripristino ambientale con rifiuti, invece che semplicemente autorizzare una discarica per inerti, come era probabilmente più utile in questo tipo di situazioni e circostanze, stante il fatto che la discarica di inerti, dal punto di vista del ripristino ambientale, prevede, sostanzialmente, una procedura piuttosto simile?
Capisco che sia difficile spiegare il termine ai cittadini, ma nella sostanza stiamo parlando della stessa cosa in un'area ben definita. Lei ha ricordato, nella sua relazione, che questi materiali sono stati utilizzati normalmente, seppur pretrattati - aggiungo questo piccolo dettaglio, che non è, in realtà, tale - per realizzare opere stradali, come il passante di Mestre, ma non solo.
È vero, indubbiamente, che si ha un impiego di parte di questi materiali per recuperi o ripristini stradali e ambientali, come è vero, però, che, di norma, essi hanno come destinazione le discariche per inerti. La stessa normativa comunitaria è molto chiara a tal proposito.
Questa è, quindi, la prima domanda: perché la provincia di Trento ha autorizzato un ripristino ambientale e non una


Pag. 6

discarica? Voi sapete che, in termini di realizzazioni, sono questioni piuttosto diverse, dal punto di vista strutturale, nonché del manufatto.
La seconda questione è la seguente: quante discariche per rifiuti non pericolosi autorizzate dalla provincia di Trento esistono sul vostro territorio? L'altro punto che non si capisce è per quale motivo tutti dovessero utilizzare proprio quella: perché era più conveniente, perché costava meno, o semplicemente perché non c'erano altri impianti sul vostro territorio?
Passo alla terza domanda. Lei ha affermato di aver avuto una risposta piuttosto fumosa dall'Istituto superiore di sanità, che, potenzialmente, vi invitava a utilizzare una metodologia piuttosto che un'altra sulle scorie. Non so se l'abbiano informata bene, ma, in altre regioni e in altri contesti, anche molto vicini a voi - basta andare nella vicina provincia di Brescia - la metodologia sul campionamento delle scorie è molto consolidata, con i sedici giorni in acqua, e non ci sono grosse difficoltà da questo punto di vista. Non capisco perché dovesse essere un problema a Trento quello che non lo era da altre parti.
La quarta domanda è la seguente: lei ha citato il fatto che parte del materiale che ha conferito su tale impianto era conferito da produttori o da impianti locali e ha citato la vostra acciaieria locale. Mi chiedo che rapporti, istituzionali e non, abbiate con l'acciaieria. Quali sono i rapporti fra l'amministrazione provinciale e i proprietari di questi impianti o di queste aziende? Anche questo è un tema non assolutamente irrilevante ai fini dell'indagine. Paradossalmente, potrebbe averle finanziato la campagna elettorale, per esempio. Non lo so, glielo chiedo. Lei deve rispondere con il microfono acceso, perché è registrato, e le consiglio di mantenere la calma nelle risposte.
Vengo alla quinta e penultima questione. Lei sostiene che il 16 luglio 2007 - mi corregga se sbaglio la data - avete comunicato alla procura della Repubblica che alcuni dei materiali che venivano conferiti non erano previsti dall'autorizzazione. Sostanzialmente, dunque, venivano conferiti materiali non autorizzati.
Le chiedo, allora, perché vi siete limitati a comunicarlo alla procura della Repubblica e non avete, invece, come si fa di norma, agito in autotutela, per esempio sospendendo l'efficacia dell'autorizzazione, non dico revocandola, perché forse era troppo poco, ma almeno sospendendola cautelativamente? Per quale motivo non avete preso questo tipo di precauzione?
Infine, le pongo un'ultima domanda molto tecnica. Lei ha riferito che esiste una presenza di metano superiore al 2 per cento, che non arriva al 5 per cento e quindi non configura il rischio di esplosione, ma in ogni caso significa che c'è un'attività anaerobica all'interno dell'impianto, della discarica. Mi chiedo, dunque, se avete provveduto a far sì che tale biogas o metano sia captato? Esistono impianti di captazione che possano metterlo in sicurezza? Il problema non è solo quello delle esplosioni, quando si parla di biogas.

SERGIO DIVINA. Ho il difetto di conoscere la questione per averla in parte vissuta e in parte anche sofferta.
La relazione che ha illustrato a questa Commissione è assai rassicurante. Probabilmente, non poteva che essere così. Tuttavia, possiamo definire la versione di ieri del procuratore della Repubblica non del tutto aspra, pur essendo magari controparte, per ora in un fascicolo o comunque in un' indagine. Ha trovato alcune lacune, soprattutto all'interno della struttura provinciale, e le ha definite, come ripeto, in modo molto elegante e anche molto soffice.
Riguardo ad alcuni controlli, che non risultavano essere stati compiuti a maniera, ha utilizzato le parole: «APPA (Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente) un po' distratte» nel non verificare e sorvegliare ciò che si realizzava su quel sito.
Parlando, invece, del Corpo forestale provinciale, l'ha giudicato «poco efficiente» - ancora una volta, un termine molto soffice - al punto da far suggerire


Pag. 7

alla procura di rivolgersi a un'altra stazione forestale, a una stazione del Corpo forestale dello Stato.
Ciò premesso, ritengo che la questione Monte Zaccon sia soltanto un episodio all'interno di un contesto, che definirei il sito sotto indagine o da tener monitorato con la massima attenzione, ossia il sito Valsugana.
Una domanda diretta è la seguente: lei, presidente, è a conoscenza di quell'innumerevole - stiamo ancora attendendo i numeri - di piccole, ma polverizzate, bonifiche agrarie che si sono realizzate a corollario della cava di Monte Zaccon?
Ciò fa anche prevedere una «regia» della gestione del rifiuto non del tutto legale, dove alcuni intermediari coordinavano proprietari ed ente che rilasciava le autorizzazioni alle bonifiche agrarie, proponendo una soluzione molto strana: sappiamo che le migliorie normalmente vengono pagate, ma veniva proposto ai privati un indennizzo, un pagamento diretto, se avessero accettato, firmando quasi a scatola chiusa, l'accettazione di una bonifica agraria, il che significava scarificare nel greto, per lo più del fiume, ai bordi dell'area alluvionale, un metro di terreno arido, riportando un metro di terreno chiaramente vegetale e, pertanto, coltivabile.
Si è verificato che il metro non era un metro, ma erano cavità molto più profonde, dai 3 ai 4 metri, e che ciò che veniva esportato rasentava indubbiamente le attività di cava, cioè di estrazione, con un valore anche venale di materiale inerte recuperabile in edilizia, come ghiaia o ghiaino. Ciò che veniva portato, in base alle analisi effettuate, era materiale proveniente da chissà dove, forse anche dalle acciaierie, dalla demolizione di edifici, da materiale vario, definito comunque un rifiuto speciale, sicuramente non conferibile in tali siti.
Non le nascondo che la preoccupazione maggiore, almeno da parte del sottoscritto, che abita in Trentino, non è forse tanto la cava di Monte Zaccon, che, essendo localizzata, e quindi circoscritta, può subire un qualsiasi intervento di bonifica relativamente semplice, ma il non capire quanto sia diffuso il fenomeno delle microbonifiche, perché, a questo punto, la macchia di leopardo potrebbe essere molto ampia e il danno ambientale altrettanto esteso e difficilmente recuperabile in termini di sicurezza, di salute e ambientali.
La mia domanda è se la provincia abbia cognizione di questi metodi operativi, come sia potuto accadere ciò e se nessun ente di vigilanza, una volta rilasciata l'autorizzazione, abbia rilevato le metodologie non del tutto regolari con cui venivano realizzate queste seconde discariche polverizzate sul territorio.

CANDIDO DE ANGELIS. Il suo intervento mi ha lasciato incuriosito perché lei parla di luci e ombre sulla situazione ambientale generale, il che lascia adito ad alcune perplessità. Eseguire uno screening sulla situazione ambientale del territorio su cui si amministra e ammettere che ci sono ombre dà, infatti, adito dei chiarimenti che vorrei lei oggi qui ci fornisse.
Peraltro, attraverso alcuni interventi in Aula o alcune interrogazioni, leggo che ci sono - vorrei sapere se le risulta - risultati abbastanza sconvolgenti, da un punto di vista sanitario, sulla presenza della diossina. Leggo, in particolare, che un gruppo di medici ha eseguito un rilievo su fabbriche, case e terreni agricoli e che c'è una presenza di diossina 500 volte superiore al limite di legge.
Vorrei sapere se questo le risulta e vorrei sapere anche se risponde al vero che, oltre a questa forma di inquinamento, l'acciaieria di cui parliamo e di cui parlavano i miei colleghi della Camera, in merito a questa discarica rinvenuta ai piedi del Monte Zaccon, è stata trovata dal Corpo forestale dello Stato, mentre la polizia provinciale in materia è stata leggermente distratta.
Vorrei sapere, inoltre, se è vero che ci sono, rispetto a questa situazione, oltre al sequestro dello stabilimento dell'acciaieria, fra le persone iscritte nel registro degli indagati anche quattro ispettori della provincia autonoma. Vorrei sapere se tutte queste situazioni sono vere.


Pag. 8


Debbo dirle, presidente, ringraziandola ancora per la sua presenza, che le sue parole non ci hanno molto tranquillizzato, almeno per quello che mi riguarda. Vorrei che su queste ombre fosse fatta un po' di chiarezza da parte sua, come sulle altre situazioni che lei ha citato, relativamente alla presenza di diossina, di mercurio, di cromo, o al problema del metano, che prima ci stava raccontando e che mi sembra un problema piuttosto serio.
Esiste un metodo empirico che un amministratore, rispetto a determinate situazioni, deve seguire, che è, secondo me, uno degli aspetti principali, forse il più importante nella gestione del territorio, al di là delle belle parole che si dicono (sviluppo sostenibile e via elencando) e che poi, quando andiamo empiricamente trattando e amministrando, spesso ci dimentichiamo. Il metodo empirico più valido per misurare la salute di un territorio è il benessere dei cittadini.
Rispetto a questo, che secondo me dovrebbe essere un dogma amministrativo, la situazione dell'acciaieria, della discarica sul Monte Zaccon, delle analisi dei medici o, come ricordava lei, del metano che, seppure al di sotto del punto limite, rappresenta un momento di avvertimento - se fosse stato al punto limite, sarebbe scattato un problema di emergenza ambientale - tutte queste questioni, che vengono rapportate in un determinato territorio, di cui lei ha competenza massima, sono compatibili con la salute e il benessere dei cittadini? Vorrei che su questo si facesse chiarezza.
Infine, le pongo un'ultima domanda: le chiedo se lei ritiene che la sua amministrazione, con tutte le competenze, comprese quelle della polizia provinciale, dell'assessorato all'ambiente, del presidente della provincia, abbia agito in maniera effettivamente corretta.
Una sua osservazione precedente mi ha fatto un po' sorridere, mi perdoni: lei ha affermato che l'ufficio ambientale nazionale cui lei si è rivolto - non ricordo quale - le ha fornito alcune indicazioni sul massimo rigore e che chi doveva, in quel momento, controllare nella fabbrica l'ha fatto con il minor rigore. Sempre partendo dal dogma della salute dei cittadini, lei ritiene che la provincia si sia comportata nella maniera più incisiva, giusta e corretta?

ALESSANDRO BRATTI. Ringrazio per i chiarimenti forniti dal presidente della provincia, che, insieme a quanto abbiamo sentito ieri anche dal procuratore, rispetto ad alcuni dubbi e perplessità che ci potevano essere da quando il problema era stato sollevato, mi hanno abbastanza tranquillizzato: so come si lavora in Trentino, conosco i colleghi dell'APPA, ho svolto tale mestiere in Emilia-Romagna e, quindi, credo, sulla base delle indicazioni che ci ha fornito, i controlli eseguiti siano quelli dovuti quando si verificano situazioni del genere.
Al di là della polemica politica, in base a quanto lei ci ha riferito, ritengo che l'intervento sia stato assolutamente efficace e tranquillizzante e me ne ritengo abbastanza soddisfatto.
A proposito della richiesta di chiarimento - purtroppo, nella nostra legislazione si verificano tante situazioni di questo tipo - presentata all'Istituto superiore di sanità rispetto all'applicazione di una normativa, è anche vero che alcune regioni, come ricordava il collega Fava, rispetto a determinate questioni si assumono probabilmente alcune responsabilità, ma è prassi piuttosto normale che, di fronte a un'applicazione di limiti o situazioni controverse, si possano chiedere chiarimenti. Ovviamente, in campo sanitario tali richieste si rivolgono all'Istituto superiore di sanità e in campo ambientale all'ISPRA. Questo succede normalmente nel lavoro e gli operatori lo sanno.
L'importante è che ciò sia stato reso trasparente e che sia stata seguita una metodologia che non sia poi assolutamente cambiata in corso d'opera. Credo che sia stato assolutamente opportuno, se ho ben capito, che l'ente pubblico abbia assunto la metodologia più rigorosa e restrittiva.
La preoccupazione su cui credo valga la pena di soffermarsi, al di là della questione della discarica di Monte Zaccon -


Pag. 9

parliamo più o meno di un campo di calcio, perché, se è vero che le dimensioni sono di 100 metri per 100, stiamo parlando di un niente, mi permetto di dirlo, rispetto alle questioni che abbiamo visto fino adesso - riguarda un altro fenomeno che richiamava il senatore Divina, che dovrebbe essere forse tenuto sotto controllo. Mi riferisco alla situazione, che aveva citato anche ieri, di polverizzazione dei lavori di bonifica, che dovrebbero scarificare ulteriormente il terreno. Se lei fosse in grado di fornire alcune delucidazioni in proposito alla Commissione, per noi sarebbe interessante capire.
Rispetto, comunque, alle situazioni che abbiamo trovato finora, siamo su un altro pianeta.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Inizio dalla fine. Ringrazio l'onorevole Bratti, perché penso che i dati effettivi che abbiamo riscontrato in quest'analisi debbano pur avere un senso e, quindi, mi pare giusto il suo richiamo anche a un principio di realtà.
Rispondo poi al senatore De Angelis. Ho parlato di luci e ombre perché non sono abituato a essere presuntuoso. Mi riferivo al Rapporto sullo stato dell'ambiente, che pubblichiamo da anni, ogni anno, nel quale diamo conto anche nel dettaglio di quanto accade nel nostro territorio.
Non essendo presuntuosi, parliamo di luci e ombre. Anche in Trentino esiste, naturalmente, una dinamica del territorio che comporta anche problemi e sovrappesi, come - credo - ovunque nel nostro Paese e in tutti gli altri.
Non essendo presuntuosi, diamo conto soprattutto delle ombre, delle difficoltà che incontriamo. Tuttavia, se lei avrà modo di leggere questo rapporto e altri documenti, anche editi da autorità terze rispetto alla provincia e ai suoi organi tecnici, avrà modo di constatare che in Trentino esiste una situazione molto positiva da tutti i punti di vista per quanto riguarda i suoli, le acque, l'aria e tutti i macro e micro indicatori che riguardano l'uso del territorio.
Parliamo di luci e ombre perché non ci accontentiamo e perché, anche dalle vicende come quelle di cui stiamo parlando, pur riconfigurate e, come diceva giustamente l'onorevole Bratti, ricomposte nel peso che hanno, abbiamo la responsabilità e ci sentiamo in dovere di derivare spunti per migliorare la situazione. Come affermavo prima, anche dal lavoro della commissione consiliare del nostro consiglio abbiamo derivato spunti ulteriori per affinare i meccanismi attraverso i quali le nostre strutture esercitano le funzioni di vigilanza e controllo.
Lei ha parlato di polizia provinciale. In realtà, si tratta del Corpo forestale della provincia, di cui è dotata la nostra provincia, essendo autonoma e a statuto speciale. Non è vero che il Corpo forestale dello Stato abbia trovato una discarica sconosciuta. È stato incaricato dalla procura, la quale, evidentemente, si avvale della polizia giudiziaria che ritiene più utile per il caso - non dobbiamo sindacare questo punto - di svolgere indagini su un sito che dal 1972 era cava e dal 1998 sito per bonifica e ripristino ambientale. Non è stata, quindi, sorpresa alcuna discarica abusiva.
Non ci sono ispettori dell'APPA coinvolti nelle indagini per questo caso. Ci sono, invece, avvisi di garanzia rivolti a quattro funzionari dell'APPA rispetto al caso delle acciaierie, ma per un problema di interpretazione giuridica.
Mi pare che anche il procuratore, nella seduta di ieri, abbia chiarito che non siamo in presenza di ipotesi di connessioni malavitose. Semplicemente, la procura ha sottoposto a verifica il comportamento di questi quattro nostri funzionari su come è stata applicata l'Autorizzazione integrata ambientale, ritenendo la procura che fin da subito dovessero essere stabiliti determinati limiti per le acciaierie di Borgo, mentre l'APPA riteneva, invece, di aver adottato un provvedimento legittimo - vedrà poi la magistratura se è vero - concedendo un determinato tempo all'azienda per rientrare nei limiti previsti


Pag. 10

dalle direttive comunitarie e dalle norme dello Stato. Si tratta di questo e non di altro.
Per quanto riguarda il tema della diossina, che è uno degli aspetti più importanti, perché la gente è preoccupata, in Trentino come altrove, quando si parla delle questioni che contano veramente, come il pericolo per i cittadini, e non delle interpretazioni giuridiche, che pur sono importanti, sono stati eseguiti recentemente 29 prelievi di terreno, la maggior parte nelle zone adiacenti alle acciaierie di Borgo Valsugana e nei comuni limitrofi, due anche volutamente distanti, in altri comuni.
I risultati di questi 29 prelievi di terreno evidenziano valori nettamente inferiori al limite di 10 nanogrammi per chilogrammo di terreno, espressi come tossicità equivalente per terreni agricoli, essendo 100 nanogrammi su chilogrammo, come sapete, il valore limite per i terreni industriali. La media dei valori è inferiore a 2 nanogrammi per chilogrammo e non c'è assolutamente alcuna differenza fra la media rilevata nel comune di Borgo e quella rilevata in tutti gli altri comuni. È, dunque, assolutamente da escludersi che vi siano problemi di questa natura.
Abbiamo svolto, come accennavo, indagini particolari sui prodotti di origine animale, sulle acque, sulla fauna ittica presente in zona e da nessuna di queste analisi è derivata una benché minima preoccupazione al riguardo di tali inquinanti. Queste sono informazioni ufficiali, che evidentemente vanno non nel senso di dire che tutto è andato bene - se la procura ha avvisato che ci fossero difformità di comportamento, spetterà alla magistratura accertare se sia vero o no - ma di togliere fondatezza a una preoccupazione fortissima che, dal punto di vista della salute pubblica, come lei prima riferiva, la gente ha percepito.
Personalmente, credo che un buon amministratore non sostenga mai che non si potesse fare meglio, però, onestamente, devo rispondere che i dati di cui disponiamo dimostrano come le attività poste in essere dalla pubblica amministrazione non abbiano assolutamente compromesso i princìpi fondamentali della salute pubblica e del bene ambientale. Dopodiché, come ho detto prima, crediamo di essere sufficientemente seri e onesti nell'affermare che si può sempre migliorare, e l'abbiamo già fatto. Essere autonomi vuol dire anche essere responsabili e derivare dai problemi che si incontrano le strade per migliorare i propri comportamenti.
Per quanto riguarda il senatore Divina, credo di poter dire che l'audizione del procuratore della Repubblica, per quanto abbiamo potuto sapere anche attraverso i mezzi di informazione, abbia riconfigurato molto il significato di questa inchiesta. Non ritengo, quindi, di aggiungere alcunché a tale riguardo.
L'APPA ha una struttura organizzativa, che è stata potenziata di recente; di sicuro né l'APPA, né il nostro Corpo forestale hanno strumenti di indagine come le intercettazioni telefoniche. Vorrei far rilevare che la procura è venuta a conoscenza di alcuni comportamenti sottoposti a indagine attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali. Evidentemente, sono strumenti che non sono assolutamente in disponibilità nostra.
Per quanto riguarda il resto, si può sempre migliorare, ma senz'altro la struttura dei controlli, di cui diamo conto anche nella relazione, è assolutamente all'altezza di una struttura come l'APPA.
Per quanto riguarda il Corpo forestale provinciale, il procuratore non ha - credo - espresso riserve sulla sua efficienza, ma ha ritenuto preferibile usare come polizia giudiziaria il Corpo forestale dello Stato. Questa è una sua valutazione, che non credo sia il caso di sindacare.

GIOVANNI FAVA. Mi scusi, ma devo correggerla, perché sta riferendo un'inesattezza. Il procuratore ieri non ha affermato di essere venuto a conoscenza dei comportamenti illeciti di questi signori attraverso intercettazione telefonica. Questo è successo dopo. Lui sostiene che per mesi i cittadini e i comitati dei cittadini hanno comunicato a lei, a lui e a tutti gli enti e le istituzioni diverse anomalie e


Pag. 11

diversi comportamenti anomali da parte degli operatori in quell'impianto, anche in merito alla qualità dei materiali, stante il fatto che avrebbero dovuto essere materiali inerti e, invece, puzzavano molto.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Se l'hanno comunicato a lui, il procuratore della Repubblica, evidentemente il problema è risolto. Per quanto riguarda la provincia intesa come presidente, assessori, Corpo forestale, APPA e tutte le strutture relative, posso documentare che noi non abbiamo mai acquisito alcuna segnalazione, né ufficiale, né ufficiosa, né scritta, né orale, a riguardo di questi aspetti.

GIOVANNI FAVA. Non c'erano stati articoli sui giornali, proteste? Non legge i giornali locali?

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. A che cosa si riferisce, onorevole, alle acciaierie che esistono da decine di anni?

GIOVANNI FAVA. Mi riferisco alla cava di Monte Zaccon.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Noi non abbiamo mai avuto segnalazioni di reati di alcun genere.

GIOVANNI FAVA. Lei sostiene che la stampa non aveva riportato proteste dei cittadini e fatti di questo genere?

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. No. Proteste su che cosa?

GIOVANNI FAVA. Rispetto alla gestione dell'impianto di Monte Zaccon.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Noi abbiamo raccolto una protesta di un cittadino, che si è rivolto alle strutture del nostro Corpo forestale, protestando per l'andirivieni di TIR. Poiché l'autorizzazione prevedeva il massimo potenziale di 656 mila tonnellate all'anno, che equivale a 1200 TIR.

GIOVANNI FAVA. Lei si è avventurato nell'interpretare il pensiero del giudice di ieri, pur non essendo presente. Se permette, dobbiamo fare chiarezza su tali questioni.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Io non ho interpretato il suo pensiero: le sto dicendo con assoluta chiarezza che alla provincia non è mai arrivata alcuna denuncia o esposto riguardo a un uso scorretto dell'autorizzazione di questo sito.

GIOVANNI FAVA. Come mai, allora, afferma che nel luglio del 2007 avevate segnalato alla procura alcune anomalie sulla gestione?

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Perché non venivano dalla segnalazione di un cittadino o di terzi, ma da attività dirette dell'APPA. Rispondo alla sua domanda numero quattro: in quel caso, la nostra struttura aveva svolto alcuni accertamenti ed erano emersi dubbi a riguardo della correttezza del conferimento di un determinato tipo di materiale in questo sito. Il 16 luglio 2007 l'abbiamo segnalato alla procura della Repubblica. Lei chiede perché non siamo intervenuti. Ebbene, non l'abbiamo fatto perché, all'epoca, ci è stato fatto sapere che la procura della Repubblica aveva già in corso alcune indagini.

GIOVANNI FAVA. Non c'entra niente. Lei in autotutela poteva sospendere l'autorizzazione.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Quando lei sarà eletto presidente della provincia deciderà se far scattare il provvedimento A, B o C.


Pag. 12

GIOVANNI FAVA. Questo non è un dibattito sul consiglio provinciale. Lei deve rispondere alla Commissione: io pongo le domande e lei mi risponde.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Le ho risposto.

GIOVANNI FAVA. Mi riferisca quali sono le ragioni per le quali ha valutato che non fosse necessario sospendere l'autorizzazione.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. In quel caso abbiamo presentato una segnalazione specifica alla procura della Repubblica, avendo ravvisato un reato. La procura della Repubblica si è, quindi, mossa.

GIOVANNI FAVA. Ha già detto questo. Risponda alla mia domanda: perché lei non ha ritenuto opportuno agire in autotutela sospendendo l'autorizzazione?

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Perché non ne abbiamo ravvisato la necessità sul piano giuridico.

GIOVANNI FAVA. Benissimo.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Credo che, quando c'è un'inchiesta giudiziaria in corso, il dominus delle decisioni giuridiche sia la procura della Repubblica.

GIOVANNI FAVA. Questo non c'entra. Lei ha tutti i mezzi per intervenire. Ha detto lei stesso di non aver ravvisato gli estremi per poterlo fare e questo mi è sufficiente come risposta.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Secondo me, invece, dal punto di vista giuridico, il nostro atteggiamento su quel punto e in quel momento è stato assolutamente corretto, tant'è che la procura ha poi anche utilizzato tali informazioni per il prosieguo della sua attività.
Tornando al senatore Divina, non è vero che il territorio è disseminato di bonifiche al di fuori di ogni regola. Innanzitutto, le bonifiche non sono uno strumento in sé negativo. Si tratta di vedere come vengono gestite.
Per quanto ci riguarda, noi abbiamo attivato tutti i controlli, laddove ci sono arrivate segnalazioni di difformità. In un caso, diverso da quello di cui discutiamo, abbiamo anche ravvisato difformità e le abbiamo segnalate all'autorità giudiziaria; negli altri abbiamo riscontrato la regolarità.
Non possiamo partire dal presupposto che i cittadini si comportino male rispetto alle leggi, ma dal presupposto che siano corretti, andando ovviamente a sanzionare laddove tale correttezza non si verifica.
Pensiamo, dunque, che la situazione sia assolutamente sotto controllo. Come riferivo, dopo le ultime discussioni abbiamo potenziato le attività di vigilanza e non abbiamo riscontrato fino a ora problemi particolari.
Per quanto riguarda le altre domande, la legge consente di conferire quel tipo di materiali, cioè gli scarti di acciaieria, in una bonifica ambientale, così come di usarli per realizzare rilevati stradali o altro. Se la legge lo consente, pensiamo che non sia assolutamente il caso di impedirlo. In quel momento tale scelta sembrava utile e opportuna, anche per completare le politiche di gestione del sito.
Non ho mai sostenuto che la risposta dell'Istituto di sanità sia stata fumosa, ma che esso ha comunicato che la normativa al riguardo non specifica obbligatoriamente il metodo di valutazione delle componenti del materiale e che ha suggerito, in via di prudenza, di applicare, tra i due metodi, quello «più restrittivo».

GIOVANNI FAVA. Può produrlo come documento?

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Certamente.


Pag. 13


Vengo ai rapporti con le acciaierie di Borgo Valsugana. Parliamo di un'azienda che esiste da decenni. Posso dire che i rapporti che abbiamo avuto noi sono stati quelli del rilascio di un'Autorizzazione integrata ambientale, una delle tante che abbiamo rilasciato, con l'obiettivo di qualificare ulteriormente il ruolo di questa impresa. Ritengo che osservazioni di altra natura non abbiano senso, almeno per quanto mi riguarda.
In merito al metano, infine, è risaputo che ogni sito che abbia sostanze organiche produce metano. Il problema è vedere se esso configura o meno una situazione di pericolo e qui il pericolo non c'è. Certamente, come ho affermato prima, ma forse non mi sono spiegato, mentre ravvisiamo che non esiste una situazione di emergenza su quest'area, ravvisiamo che esiste sicuramente la necessità di intraprendere azioni per la messa in sicurezza.
Quando e come l'autorità giudiziaria avrà finito le sue attività, si porrà il tema di disciplinare anche questo aspetto. Tuttavia, penso che sia piuttosto importante sapere se tale produzione di metano determini pericolo o no: e nella fattispecie non lo determina.

GIOVANNI FAVA. Intervengo nuovamente solo perché non ha risposto a una domanda che ritengo fondamentale, ossia la seconda che ho posto: quante sono a oggi e quale capienza hanno, ammesso che ci siano, le discariche autorizzate sul territorio della provincia di Trento per poter accogliere tali rifiuti?
La riformulo in modo più tecnico: quante sono le discariche in provincia di Trento per rifiuti speciali non pericolosi autorizzate anche al ritiro di tali rifiuti?

FABIO SCALET, Dirigente generale dipartimento urbanistica e ambiente della provincia autonoma di Trento. Oltre alle otto discariche per rifiuti urbani, ci sono una discarica per rifiuti speciali per i fanghi delle cartiere di Riva del Garda ad Arco e poi alcune discariche per rifiuti inerti, una volta definite di seconda categoria tipo A, comunali, ma piuttosto piccole.

GIOVANNI FAVA. La mia domanda era diversa: esiste una discarica che possa tecnicamente accogliere i rifiuti prodotti da un'acciaieria? La banalizzo ancora di più.

FABIO SCALET, Dirigente generale dipartimento urbanistica ed ambiente della provincia autonoma di Trento. Adesso non c'è.

GIOVANNI FAVA. Voi siete, quindi, una provincia che, di fatto, non è in grado di garantire l'autosufficienza in termini di smaltimento dei rifiuti prodotti da impianti che, peraltro, esistono sul proprio territorio.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Non mi pare che ci sia una legge che lo preveda. Non sono rifiuti urbani, mi pare.

GIOVANNI FAVA. Questa potrebbe essere la risposta alla prima domanda, alla quale lei mi ha risposto in modo assolutamente vago. Alla fine, voi avete autorizzato, di fatto, un imbonimento ambientale - chiamatelo come volete - perché non avevate alcuna discarica che potesse accogliere tali materiali, che comunque venivano prodotti sul vostro territorio. Questa è la logica della situazione.
È chiaro che lei non aveva alcun obbligo di legge, non ho detto questo. Le ho posto una domanda più precisa e alle domande precise si risponde in modo preciso. Parto da un principio che vale da tutti i punti di vista.

CANDIDO DE ANGELIS. Vorrei solamente ribattere e la ringrazio per le risposte. Mi scuso anche per il modo in cui mi sono espresso. Non intendevo sostenere che la discarica di Monte Zaccon fosse stata scoperta all'improvviso.
Vorrei ora porle un'altra domanda. Sono d'accordo con lei sul fatto che non ci sia alcun dispositivo di legge che le imponga di avere una discarica per rifiuti speciali, però, dato che c'è anche il dottore, che è responsabile di tutto il settore, in merito al sistema dei controlli, voi date


Pag. 14

l'Autorizzazione integrata ambientale a un'industria siderurgica sapendo bene che non avete una discarica speciale per poter accogliere eventuali rifiuti di questo sito produttivo o di altri del sistema. Avreste, però, dovuto avere comunque un sistema di controllo che monitorasse dove andavano eventuali bollette di scarico di tali rifiuti speciali ed evidenziasse le situazioni di controllo nel sistema produttivo della provincia. Lo avete? Funziona, è funzionante o ci sono state crepe e non c'è stato un controllo da questo punto di vista? A me sembra che da questa parte non abbia funzionato.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Mi sembra di essere stato abbastanza chiaro. Il sito di Monte Zaccon è stato autorizzato a ospitare, in base alla legge, anche scorie di acciaieria. Il problema non nasce dal fatto che lì ci sono le scorie di un'acciaieria, ma dal fatto che è stato ravvisato dalla procura della Repubblica che il conferimento di tale materiale è avvenuto, negli ultimi due anni, in maniera non conforme alla legge.
Ho spiegato che tale non conformità è prevalentemente di due tipi: in primo luogo, perché il calcolo della quantità di sostanze è stato eseguito con un metodo e non con l'altro - ho parlato della richiesta che abbiamo presentato all'Istituto superiore di sanità per sapere quale fosse quello più corretto - e, in secondo luogo, perché, insieme alle scorie di acciaierie autorizzate, è stato conferito in quella discarica, in maniera autorizzata ma, secondo la procura, non conforme, anche altro materiale, come gli scarti delle cartiere, che, essendo sostanza organica, determinano il problema del metano.
La questione non è, dunque, che il sito non fosse autorizzato.

CANDIDO DE ANGELIS. Non sto facendo polemica politica, ma continuo a insistere perché, se apprendo - sono tutte notizie che ho letto, ma non ho visto smentite - che poi arriva la procura e che il 98 per cento del materiale analizzato all'interno della discarica è fuorilegge, avverto che nella filiera dei controlli ambientali ci sono lacune. Se poi lei ha problemi con la procura, lo si vedrà con il tempo. Oggi non la sto additando in merito a nulla, però un problema probabilmente c'è stato.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Il 98 per cento deriva dal fatto che, secondo il perito della procura, all'interno della quantità di materiale di scarti dell'acciaieria, che è stato depositato secondo autorizzazione, il metodo di calcolo più corretto indica che ci sono alcune non conformità, non in relazione al tipo di materiale, ma al modo e alle condizioni con il quale è stato conferito. È una questione assolutamente in fase di accertamento e non posso dire se alla fine l'autorità giudiziaria ravviserà che sul piano tecnico ci siano approfondimenti da svolgere.
Personalmente, posso dire che non è una sorpresa che vi confluissero scarti di acciaieria, perché rientrano in un'autorizzazione concessa molto precisamente secondo le leggi.

PRESIDENTE. Pongo una domanda velocissima, vista l'ora e tenuto conto che dobbiamo continuare. Le volevo chiedere, anche per la natura della Commissione, se, rispetto al fenomeno del ciclo integrato dei rifiuti, ci sono rischi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata o simile. Si tratta di un tema, purtroppo, drammatico, nonché motivo stesso della nascita di questa Commissione.

LORENZO DELLAI, Presidente della provincia di Trento. Sentendo le opinioni espresse dal procuratore della Repubblica, tale rischio non esiste. Esistono comportamenti, che sono in fase di valutazione sotto il profilo della legittimità, che sono stati messi in campo dai responsabili di queste imprese, ma credo che la stessa procura abbia negato più volte il fatto che esistano fenomeni di tipo «malavitoso» nel senso espresso dalla sua domanda.


Pag. 15


Per quanto riguarda il complesso dei rifiuti, forse la Commissione sa già, ed è opportuno che lo sappia, che in provincia di Trento esiste una raccolta differenziata dei rifiuti urbani del 65 per cento e che stiamo procedendo alla costituzione di un inceneritore. Andiamo, dunque, verso la fase dell'autosufficienza nella gestione locale di questo fenomeno.

PRESIDENTE. La ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta, sospesa alle 15, riprende alle 15,10.

Back Forward