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Seduta del 12/12/2012


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Audizione dell'ispettore di polizia municipale di Paola, Emilio Osso.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla vicenda delle navi a perdere, l'audizione dell'ispettore di polizia municipale di Paola, Emilio Osso. Si tratta di un'audizione per avere, da parte sua, alcune valutazioni sul tema. Seguiranno alcune domande da parte della Commissione.
Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, i lavori della Commissione proseguiranno in seduta segreta, invitandolo comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
Cedo la parola all'ispettore Osso, ringraziandolo per la sua presenza.

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Sono un istruttore della polizia municipale di Amantea, vicino a Paola, e sono comandato da alcuni anni presso il procuratore capo della Repubblica di Paola, dottor Bruno Giordano.
Per l'attività di polizia giudiziaria sono stato impegnato, su delega dei magistrati, in particolar modo del procuratore Giordano, in indagini relative allo spiaggiamento della motonave Rosso, avvenuto sulla spiaggia di Amantea, in località Formiciche, il 14 dicembre del 1990 e alle attività inerenti le indagini a mare per il ritrovamento del relitto al largo di Cetraro, la cosiddetta nave Cunski.
Ho seguito tutte queste attività di indagine nel periodo compreso tra il 2003, quando arrivarono gli atti dal tribunale di Reggio Calabria, fino a quando il fascicolo passò alla DDA di Catanzaro. Anche in questi mesi sono comunque rimasto a svolgere attività di polizia giudiziaria in procura a Paola. Solo in alcuni periodi sono stato spostato nuovamente ad Amantea, ma ho seguito in via continuativa queste vicende.
Posso svolgere un excursus delle problematiche? Impiegherò un po' di tempo.
Sono in corso due tipi di indagine sulla motonave Rosso. Gli atti del fascicolo sono pervenuti dalla procura di Lamezia Terme, che erroneamente l'aveva ricevuto dalla procura di Reggio. Gli atti arrivarono nel maggio del 2003 e il procuratore, che all'epoca era Luciano D'Emmanuele, mi incaricò di leggerli e di relazionare alla fine dell'indagine.
Da subito si capì che l'indagine era mancante di alcuni elementi. In particolar modo, mancavano delle attività di indagine che sarebbero state necessarie per vedere il destino del carico della nave. Dagli atti si presumeva che il carico fosse stato in parte smaltito nella discarica comunale di Amantea, in località Grassullo.


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Si trattava di una discarica, come la gran parte delle discariche all'epoca, abusiva, che non rispettava il decreto del Presidente della Repubblica n. 915. Vi vennero portati parte dei materiali e dei rifiuti della Rosso e dalle successive attività di indagine si accertò che alcuni camion carichi di notte si recavano in un'altra località, la vallata del fiume Oliva, nei comuni di Aiello, Serra d'Aiello e Amantea. Dopo di ciò furono avviate diverse indagini.
Tra le incongruenze che riscontrammo da subito voglio evidenziarne alcune in particolar modo, iniziando da quando la nave partì, l'8 dicembre del 1990, dal porto di La Spezia.
In effetti, dagli atti si riscontra che il personale della Capitaneria svolse un'indagine e verificò lo stato della nave il 5 e il 6 di dicembre e poi relazionò il giorno 7. Si ponevano problemi dal punto di vista dell'abitabilità della nave, che era non abitabile, secondo il personale della Capitaneria, sia riguardo la struttura. In parte la nave era un ammasso di ruggine, il che poteva anche influire sulla struttura. Furono due ufficiali della Capitaneria a relazionare in tal senso.
Dopo questa relazione la nave venne messa in mare il giorno 8 mattina per arrivare a toccare Napoli, il porto di Malta, per poi recarsi a Porto Sudan. La nave partì e sicuramente caricò alcuni container a Napoli.
Nella relazione del compianto Natale De Grazia, come ho avuto modo di constatare, si evidenziava che Napoli era un porto elettivo per il carico di merci per Malta e che proprio in quella zona potrebbero essere state caricate sostanze che il capitano non classificava effettivamente. Ne parlava sempre riferendosi al progetto di Comerio, in relazione a parti delle strutture di missili-penetratori.
Anche a Malta, secondo le sommarie informazioni che abbiamo nel fascicolo, risultava che la nave, peraltro, partì alcune ore in anticipo. Dal verbale che registrava le sommarie informazioni che sono agli atti risulta che ci fosse un certo movimento, coinvolgente il comandante della nave Pestarino e il referente della Ignazio Messina. Si verificarono, dunque, alcuni fatti strani e si parlò anche di imbarco di materiali che dovevano finire con la nave.
La nave partì, dunque, in modo repentino anche da Malta, con mare calmo, e arrivò allo Stretto di Messina, dove il mare divenne agitato. Nella mattinata del 14 si abbandonò la nave e il personale a bordo venne portato con gli elicotteri all'ospedale di Lamezia Terme.
Voglio aprire un inciso. Vi è agli atti una relazione di un maresciallo della Capitaneria di porto, pervenuta in procura nel 2008, in cui si riferisce che tra il personale portato in ospedale vi erano anche alcuni extracomunitari, che erano stati a bordo della Rosso. La questione ci risultò strana, in quanto il personale risultava tutto italiano.
Tale personale extracomunitario venne portato al reparto malattie infettive dell'ospedale di Lamezia Terme e dopo neanche mezz'ora fu allontanato da sconosciuti. Lo cito per portare un contributo a questa Commissione.

PRESIDENTE. A proposito di questa nave, poi spiaggiata, le risulta, anche in base alle deposizioni che sono state rese, che ci fosse una presenza dei servizi?

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Si tratta di fatti avvenuti nel 1990. Dalla lettura degli atti il comandante in seconda della Capitaneria di porto, il comandante Bellantone, nel verbale del 1996, alla presenza del procuratore, Scuderi, e del pubblico ministero, Neri, sostenne che alcune fonti, verosimilmente facenti parte del suo personale, gli avevano riferito - è a verbale - che sulla nave erano saliti, oltre al personale della società, anche soggetti appartenenti ai Carabinieri e ai servizi segreti (lo afferma testualmente), nonché un procuratore della Repubblica di Paola. Questo elemento è nel verbale del 29 febbraio 1996, in cui il comandante riferisce di aver avuto da suo personale queste informazioni.
A proposito dello spiaggiamento e di chi è salito sulla nave, io ho avuto modo


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di scrivere alcune relazioni in procura, in cui dalle verifiche cartacee è emerso un fatto che, secondo me, potrebbe essere utile.
La nave è rimasta spiaggiata il 14 dicembre 1990. I primi atti in cui si riporta che qualcuno è salito sulla nave sono del 16. Vi è, dunque, un buco per il 15 dicembre. La nave è rimasta spiaggiata il venerdì intorno alle ore 15.00, ossia nel primo pomeriggio del giorno 14. C'è il buco del giorno 15.
Dalla visione di una videocassetta, dalle testimonianze e dalle relazioni, risulta che il giorno 15 in giornata salirono sulla nave alcune persone. Noi abbiamo acquisito un video in cui ciò si vede benissimo. Non so se l'orario fosse giusto, ma si parlava delle ore 13.00. Me lo ricordo, perché ho rivisto più volte questa videocassetta riferita al giorno 15. Della salita a bordo di questa nave spiaggiata da parte di queste persone nei verbali, però, non c'è straccia.

DANIELA MAZZUCONI. Poiché è stata asserita la presenza di personale dei servizi, lei si riferisce a questo tipo di circostanza, oppure il personale dei servizi è salito successivamente?

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Mi riferisco solo alle sommarie informazioni rese dal comandante Bellantone.
Manca, dunque, tutto del 15 dicembre. Dal video si evince che, tramite una ruspa munita di scala, appartenente alla ditta Coccimiglio, salirono a bordo della Rosso intorno alle ore 13.00 del 15 dicembre, due o tre persone. Da quanto ho potuto capire, in base alle testimonianze del vicecomandante della polizia municipale Amerigo Spinelli di Amantea, una sarebbe stata un uomo con i baffi alto, che dovrebbe essere il comandante De Caro della Ignazio Messina.
Compiendo un incrocio tra tutti questi dati, ritengo che un'altra persona fosse un tale Domenico De Gioia. Non faceva parte dell'equipaggio della Rosso, ma era una sorta di factotum, un tecnico della Ignazio Messina. Sempre incrociando i dati, ho scoperto che questo Domenico De Gioia era presente sulla nave anche quando si chiamava Jolly Rosso, durante il viaggio che compì dal Libano a La Spezia. C'era anche questa persona. C'era poi una terza persona, che non vi so riferire chi potesse essere.
Negli atti che ci sono stati mandati a Messina e nell'attività di indagine che ha compiuto la procura di Paola non c'è traccia di chi salì a bordo il 15 dicembre 1990. Io ho chiesto proprio specificatamente al comandante Bellantone, che è stato sentito, se le persone, per salire a bordo di una nave, dovessero avere l'autorizzazione dell'Autorità marittima. Negli atti - può darsi che mi sia sbagliato io - non ho mai trovato tale autorizzazione.
Il primo riferimento riguarda il 16 dicembre, domenica. Nel verbale del 16 della Capitaneria di porto c'è un inciso che recita: «per quanto riferitomi dal personale della Messina, che è salito nella mattinata del sabato sulla nave...» Sicuramente, dunque, personale della Ignazio Messina salì a bordo il sabato, cioè il giorno 15 dicembre 1990. Non so che cosa abbia preso o fatto, ma esiste un buco di ventiquattr'ore. Nessuno parla di questi fatti riferiti all'intera giornata del 15.
Sempre secondo gli atti, il 15 mattina era di vigilanza una pattuglia dei Carabinieri della stazione di Amantea, che venne allontanata dalla zona fino alle ore 14.30 a causa di un incidente. Abbiamo verificato che questo incidente non era mai avvenuto. Dal verbale si evince che ci fosse una macchina parcheggiata al lato della strada, ma non un sinistro stradale. La pattuglia dei Carabinieri non era, dunque, più presente in zona.
Questo è quanto so relativamente a chi salì effettivamente per primo sulla nave.

PRESIDENTE. Di questa nave, a parte i servizi segreti e tutto ciò che alla fine è emerso, e dell'indicazione relativa alla presenza di rifiuti pericolosi e nocivi, lei che valutazione esprime? Noi facciamo riferimento al settore dell'inquinamento e della presenza di una situazione un po' grigia.


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EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Io faccio riferimento alla lettura degli atti. Li ho letti più volte ed effettivamente ho trovato numerosi fatti strani. Per me è tutto strano in questa vicenda.
Il carico era sicuramente difforme, non c'è dubbio. Il carico partito da Malta era difforme. Lo riferisce il primo ufficiale di bordo, tale Zanello, il quale ricorda benissimo la questione. La Guardia di finanza, la squadriglia navale di Reggio Calabria e le Autorità di Vibo hanno accertato che c'erano alcuni atti in originale non riferiti a documenti della Ignazio Messina e facenti riferimento a uno Stato straniero. Testualmente, si classificavano come materiali elettrici 628 colli. Questo elemento è agli atti. Il carico era sicuramente difforme.
A Malta furono caricati questi materiali elettrici, non so quanti container fossero, ma sicuramente erano 628 colli. Poi furono caricati quattro container di liofilizzati, che non si sa che fine fecero, se non di uno, che fu smaltito in una discarica comunale di Amantea. Degli altri tre non si seppe più nulla.
Si riferisce nel verbale che un container di liofilizzati venne smaltito nella discarica.

DANIELA MAZZUCONI. Qual era la natura e la qualità di questi liofilizzati?

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Io ho letto il verbale, che parla solo di liofilizzati alimentari.
A Malta fu caricato anche un termocar, ossia un carro refrigeratore. Vedendo la videocassetta che abbiamo acquisito, ho trovato questo refrigeratore con la luce rossa accesa. Ho visto le immagini che abbiamo acquisito e questo refrigeratore aveva la luce accesa. C'era sicuramente un termocar, dunque, oltre agli altri materiali citati.
Un altro fatto strano che si è verificato è che da subito intervenne, nel mese di gennaio, una società, la Calabria navigazione, di tale Giorgi Domenico, che avrebbe dovuto svolgere tutta l'attività di bunkeraggio, con riferimenti al gasolio e a tutti gli oli.
In effetti, quando la ditta Cannavale, che avrebbe dovuto demolire il relitto ad aprile, si recò a svolgere l'attività di demolizione, notò che la Calabria navigazione non aveva svolto il bunkeraggio, perché trovò tutti gli oli e la nafta ancora nelle sentine. La Calabria navigazione, dunque, effettuò un'attività di tutt'altra natura.
Dalla lettura degli atti e da quanto è emerso dalle testimonianze risulta strano l'intervento della società Smit Tak, una multinazionale olandese che intervenne nella zona di Amantea tra l'8 febbraio e il 3 marzo. Queste date sono importanti, perché tale società avrebbe dovuto rimettere a galleggiare la nave.
Già nel verbale del comandante Bellantone e nelle relazioni di De Grazia, che sono agli atti, si evince che tale società non fece nulla per svolgere quest'attività. In realtà la nave, in base al video che abbiamo acquisito, era sicuramente integra, cioè galleggiava perfettamente.
Come asserito dalla Ignazio Messina, il 16, 17 e 18 dicembre ci fu una forte mareggiata e la paratia lato mare, cioè la paratia di sinistra, venne distrutta. Si aprì, quindi, uno squarcio enorme.
In realtà, dalle testimonianze di Corrado Spagnoletti, comandante di un pontone che intervenne, ma anche di altre testimonianze, tale squarcio era un taglio perfetto. Spagnoletti asserì che era stato realizzato con la fiamma ossidrica.
Posso riferire per testimonianza diretta, e non dalla lettura, che molti anni dopo noi trovammo i resti della Rosso in mare e io fui delegato dal magistrato a seguire tutte le operazioni. Estraemmo dai fondali, che erano bassi due o tre metri, questa paratia, con le costole di 14 metri per 4. Chiesi spiegazioni alla ditta, la quale mi rispose che si trattava della famosa paratia lato mare che era stata fatta cadere in acqua.
All'epoca, il 12-13 maggio 2005, notai che era un taglio perfetto. Tutte le testimonianze,


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comunque, riconducevano a un intervento di taglio ben preciso. La Guardia di finanza evidenziò che lo scopo era l'asporto di un oggetto di grosse dimensioni.
In quello stesso periodo intervenne il citato pontone, il pontone Spartaco. Per compiere la movimentazione la Rosso avrebbe dovuto usare il portellone posteriore, che, però, era occluso, ragion per cui non si poteva uscire e nessun movimento poteva avvenire.
Intervenne, pertanto, questo pontone, che avrebbe dovuto togliere la sabbia e favorire la rimessa in mare della nave.
Se la Ignazio Messina evidenzia che ci fu un fortunale il 17 febbraio, che squarciò la nave, che senso aveva poi far venire una settimana dopo un pontone per cercare di rimetterla in mare? Ho svolto questa riflessione.
In base alle sommarie informazioni in nostro possesso sappiamo che un operaio - è agli atti - che faceva la guardiania durante quel periodo, il guardiano che aveva assoldato la Smit Tak, affermò che un giorno arrivò questo pontone, prese alcuni ferri e li depositò sulla spiaggia. Il pontone, stando a quanto ho capito, poteva sbrecciare sulla spiaggia e si allontanò verso Vibo con il piano di carico vuoto, come se avesse lavorato e sbrecciato del materiale sulla spiaggia.
Io ho collegato il fatto anche alla testimonianza del comandante Bellantone, nel momento in cui riferisce che la Smit Tak lavorò per la rimozione dei container e li collocò su mezzi terrestri. È una mia deduzione: se la Smit Tak ha lavorato nello stesso periodo del pontone e colui che aveva assoldato la Smit Tak per controllare riferì che sbarcò sulla spiaggia della ferraglia, avrebbe potuto tranquillamente anche sbracciare alcuni container.

PRESIDENTE. Lei ha riferito di aver visto alcuni di questi elementi attraverso un video. Chi l'ha realizzato? Nella condizione dell'affondamento questi rifiuti pericolosi speciali alla fine si sono ritrovati? Che cosa è venuto fuori?

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Il video che noi abbiamo acquisito era stato realizzato dal fratello del vice comandante dei vigili urbani Spinelli, il quale consegnò spontaneamente questo video. Si vedevano benissimo dal 14 al 15 dicembre le attività che si svolsero sulla zona.
Si vede che la nave arriva integra e si vedono le prime persone che salirono a bordo, oltre al termocar. È un video agli atti col n. 5085/03 della procura di Paola, una videocassetta, che è stata duplicata più volte. Io l'ho visto. È stato utile.
Per concludere, dalla lettura degli atti tutto sembra strano. Il pontone che intervenne aveva come comandante un tale Corrado Spagnoletti. Nel 2004 il procuratore ci fece effettuare una delega di indagine ai Carabinieri di Molfetta per sentire questa persona.
A verbale lo Spagnoletti affermò che mai era stato nel mese di febbraio o comunque in periodo invernale ad Amantea, perché, peraltro, il pontone non poteva navigare d'inverno. C'era stato, dunque, solo d'estate. Si trattava di dichiarazioni contrastanti con i fatti.

DANIELA MAZZUCONI. Lei ha avanzato due proposte di attività investigativa, una il 26 e una il 27 febbraio del 2004. Vorrei sapere, in merito a queste proposte, se ci sono stati sviluppi. Una è indirizzata al pubblico ministero, dottor Greco, e alla dottoressa Maiorana, i due titolari delle indagini. Lei aveva presentato alcune richieste, nello specifico di procedere alla verifica sulla presenza di rifiuti pericolosi tossico-nocivi, all'esecuzione di carotaggi e all'effettuazione di sondaggi.
C'è poi un rimando alla questione dei «mitici» siluri di Giorgio Comerio. Vorrei sapere se, rispetto all'ipotesi che lei aveva formulato, ci sono stati sviluppi e se l'ipotesi che i contenitori autorizzati dalla dogana di Paola per lo sbarco fossero effettivamente i contenitori di Giorgio Comerio, oppure altri.


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EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Relativamente ai siti di interesse investigativo, è stata investigata la vallata del fiume Oliva. C'è stato un impegno notevole da parte dell'ISPRA, dal quale sono emersi alcuni interramenti di materiali, ma assolutamente non riconducibili alla nave.
Nella vallata del fiume Oliva sono stati eseguiti alcuni carotaggi e campionamenti di acqua, da cui è risultato un inquinamento chimico, ma non radioattivo, secondo le conclusioni dell'ISPRA.
Per quanto riguarda la discarica di Grassullo - anche questo è agli atti - un testimone ha verbalizzato che per due o tre notti salirono alcuni camion, effettuando sei o sette viaggi e praticando una grossa buca. Si tratta di una discarica a gradoni.
Io sono andato direttamente sul posto e ho individuato proprio il punto in cui venne scavata questa grossa buca, nel secondo gradone. Ci accompagnò il custode della discarica. Furono svolte alcune verifiche con l'ARPACAL, presumendo un possibile interramento di rifiuti radioattivi. Data la complessità della situazione, tutto rimase fermo. In effetti, l'apertura della buca non si effettuò. Era una questione delicata, perché sopra c'erano altri tre o quattro gradoni.

DANIELA MAZZUCONI. Fu rilevata sul posto, a Grassullo, almeno una radioattività che promanava dal terreno?

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Assolutamente no. Gli esami radioattivi diedero esito negativo, ma i tecnici evidenziarono che, se si era trattato di contenitori, come affermava il custode della discarica, dovevano essere stati sotterrati a 20-25 metri di profondità.
Vennero anche i tecnici dell'ARPACAL, della regione, ma poi, perché presi da altre indagini, quella sulla nave a Cetraro e sul fiume Oliva, la questione fu abbandonata. Come polizia giudiziaria avevamo un personale limitato.
Io stesi una relazione evidenziando le problematiche, ma a tutt'oggi la discarica non è stata toccata, nonostante i riscontri che c'erano. Non è stato effettuato, dunque, un controllo su Grassullo.
Non so se sia di interesse della Commissione, ma io avevo partecipato anche all'altra attività di indagine, quella sulla nave al largo di Cetraro.

PRESIDENTE. Svolga pure un suo resoconto.

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Nel 2008 noi venimmo a conoscenza delle coordinate in cui c'era un relitto non segnalato sulle carte nautiche. In sintesi, ci recammo nella zona e ritrovammo questo relitto, che il sonar ci indicò come avente una lunghezza di 110-120 metri, un'altezza di 10 metri e una larghezza di 20.
Si trattava di un relitto non segnalato nelle carte ufficiali dell'Istituto idrografico della marina militare di Genova. Collegandolo alle dichiarazioni rese da Francesco Fonti e al raffronto delle fotografie da cui Fonti aveva riconosciuto sia il capoclan di Cetraro, tale Francesco Muto, sia due suoi collaboratori, Luceri Delfino e Marchetti Scipio, e considerando che c'era un accordo tra i clan di San Luca e Cetraro, il procuratore Giordano trasmise, per competenza, gli atti alla procura distrettuale di Catanzaro. Gli atti sono stati poi archiviati nel 2011.
Secondo gli atti aggiuntivi che ci pervennero successivamente, la Capitaneria di Vibo e la Direzione marittima asserirono che si trattava di un'altra nave, come emerso a seguito di accertamenti, e che la famosa nave Cunski, quella di cui parla il pentito e che si chiamava prima Shahinaz, era stata demolita nei cantieri indiani nel 1992, avendo prima cambiato nome nell'agosto del 1991. Questo elemento era negli atti.
In base agli ultimi sviluppi che io conosco - l'ultima nota ci viene dalla Commissione parlamentare antimafia di Roma e fu inviata prima alla procura di


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Reggio e poi alla procura di Paola - da fonti aperte del ministero indiano risulta che la Cunski, o ex Shahinaz, non è mai stata demolita nei cantieri indiani. L'onorevole Pecorella invitava, pertanto, a svolgere i controlli del caso, qualora fosse stata affondata nei mari calabresi.

DANIELA MAZZUCONI. Mi scusi se la interrompo. Rivolgendomi ai componenti della Commissione e anche ai consulenti per avere un aiuto, se non ricordo male, quando siamo stati a Cetraro, abbiamo avuto un incontro alla Capitaneria di porto. In tale occasione ci fu riferito che non si trattava della Cunski, bensì di un relitto di nome Catania, una nave passeggeri, che nulla aveva a che vedere con questa vicenda. Sto ricordando vicende di un paio d'anni fa, che devo ricostruire.
La notizia che lei ci fornisce mette, dunque, in dubbio la risposta che ci venne fornita allora, ossia che non si trattava di quella nave, ma di una nave passeggeri, peraltro piuttosto vecchia, che non aveva rilevanza? Mi par di capire che fosse stata adombrata allora da alcuni presenti l'idea che, all'interno di una questione che riguardava i clan che operavano in zona e che controllavano la pesca, il problema fosse stato suscitato proprio al fine di ricevere aiuti sostanziali rispetto alla flottiglia di pesca controllata dai clan.
Io ho questo ricordo. Rispetto a questa ricostruzione lei che cosa può osservare? Non le sto riferendo che questa è la verità. Noi abbiamo sentito questo racconto. Ora sento il suo e vorrei avere la sua valutazione su quello che noi avemmo nell'occasione citata da fonti diverse.
La Capitaneria di porto si limitò a parlare dell'identificazione del relitto. Altre voci raccolte ci fornirono una chiave di lettura rispetto alla flottiglia di pesca e alle difficoltà in cui essa si trovava in quel momento, ragion per cui il clan che controllava la pesca avrebbe alimentato le voci al fine di ricevere aiuti e sovvenzionamenti.
Vorrei conoscere la sua visione e la sua valutazione.

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Al di là delle note dell'Antimafia che ho citato, io ho partecipato direttamente all'attività di campionamento e di verifica col ROV.
Vorrei chiarire che in quel fondale c'è una contaminazione di cobalto, vanadio e arsenico, che è agli atti. Il Ministero dell'ambiente sostiene che questi sono valori non confrontabili con quelli limitrofi e che l'alluminio e il cromo sono a valori elevatissimi. Era necessario, pertanto, un intervento di bonifica. Questo elemento è sicuramente agli atti.
Alcuni pesci che sono stati pescati e analizzati contenevano un tenore di mercurio superiore ai limiti di legge e avevano una concentrazione elevatissima di arsenico, di 25,9 milligrammi al chilo. L'ho raffrontato con altre pescate delle altre zone e non ho mai trovato questi valori. Se esiste un effetto negli anni sulle persone, mi pare che l'AIRC classifichi l'arsenico al primo livello. Vi porgo questo inciso.
Noi abbiamo trovato un relitto mai segnalato sulle carte nautiche, un relitto che era di una certa dimensione. Quando l'ho visto, ho notato che aveva una paratia altissima, sicuramente oltre i 10 metri. Dalla paratia di questa nave usciva del materiale biancastro, dall'interno esso stesso solidificato e sgocciolante. Ne abbiamo visto le stive piene. Secondo il tecnico del ROV le stive erano piene. Ci hanno riferito tutti che si trattava di una nave da carico.
Noi abbiamo visto un fusto - o almeno sembrava un fusto - e, spostandoci verso la prua, una nave sventrata e aperta. Aveva le alette rivolte come se qualcosa dall'interno l'avesse provocato.
Noi abbiamo visto queste situazioni. Sappiamo che la ex Cunski era intorno a 116 metri. Le rilevazioni del nostro ROV ci indicavano tra 110 e 120 metri. Io ho visto dagli atti che il Catania era di 95 metri di lunghezza e di 5,80 di altezza. Dalla lettura degli atti io ho notato questo aspetto.
Noi abbiamo fatto del nostro meglio nella nostra prima operazione, con i pochi mezzi che avevamo. Abbiamo lavorato con


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un'imbarcazione modesta e in condizioni davvero pessime. Per tre giorni abbiamo rinviato l'operazione, con tanti sacrifici, e la società che ha lavorato con noi ha poi recuperato tutti i corpi morti e le corde galleggianti.
Successivamente ci è stato riferito che si trattava del Catania, il quale, però, dalle verifiche sugli affondamenti, sembrerebbe sia molto più spostato a nord, all'intersezione tra Capo Bonifati e Capo Cirella. L'intersezione sarebbe, dunque, molto più in là.
È vero anche che le indagini allora erano meno raffinate, ma stiamo parlando di parecchie miglia di distanza tra il punto verificato da noi, come procura di Paola, e quello di questo presunto affondamento. Si trattava di numerose miglia. La nave avrebbe potuto essere stata affondata 10 miglia più in là e poi magari con la deriva essersi spostata, ma dagli atti risulta distante alcune miglia dalla zona.

SUSANNA CENNI. Poiché su questo tema c'è un'attività intensa della Commissione, vorrei sapere se ci sono stati riscontri di carattere istituzionale ai fatti che lei ci sta riferendo oggi. Avendo presentato anche alcuni atti formali per approfondire il tema, domando se rispetto ad alcune campagne che ci sono state sono emersi sviluppi.

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. In seguito io non ho riscontrato nulla, in termini né di interventi di ulteriori verifiche, né di indagini. Per quanto ne so, il fatto che ci fossero l'arsenico, il cobalto, il vanadio, il cromo e l'alluminio nei fondali non risulta che sia stato indagato.
Peraltro, io ricordo che all'epoca noi mandammo tutte queste analisi ai ministeri competenti. Rispose unicamente il Ministero dell'ambiente, evidenziando che questi dati erano totalmente difformi da quelli dei comuni vicini. Il comune di Paola e altri vicini erano totalmente difformi.
Il Ministero dell'ambiente ci riferì che in materia si applicava il decreto legislativo n. 152 del 2006 riguardo le bonifiche. Per quanto ne so io, però, non sono state svolte né attività di bonifica, né ulteriori indagini.
Inoltre, volevo evidenziare che sempre sulla stessa area, alcuni anni prima, ritrovammo un altro relitto, che poi la Capitaneria classificò come il piroscafo Federico C. Anche in quel caso nelle cartografie dell'Istituto idrografico del 1978, la n. 12, e del 1992, la n. 915, tale relitto non figurava. Nelle cartografie del 1994 e del 1999, invece, compariva. È chiaro che, ipotizzando un affondamento nel 1993, anche all'epoca abbiamo pensato che ci fosse qualcosa di strano.
Volevo portare, pertanto, a conoscenza che, oltre al relitto che abbiamo trovato nel 2009, che non era la Cunski o il Catania, ce n'è anche un altro che si chiamerebbe Federico C. Così ci è stato riferito dalla Capitaneria. In merito si rilevava un fatto strano, per cui il relitto non figurava fino al 1992 sulle cartografie e poi vi è comparso nel 1994. Tutto intorno ci sono cobalto, vanadio e arsenico superiori alla tabella del decreto legge n. 152.

PRESIDENTE. Le pongo una domanda conclusiva. A che punto è attualmente lo stato delle indagini?

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Allo stato, tutto il fascicolo, come ho ricordato prima, è passato per competenza alla distrettuale antimafia di Catanzaro. Per quanto so dai giornali, il procedimento è stato archiviato.

SUSANNA CENNI. Forse, presidente, se potessimo acquisire questi atti, sarebbe di interesse per la Commissione.

PRESIDENTE. Se dobbiamo recuperarli, li recupereremo.

EMILIO OSSO, Ispettore di polizia municipale. Posso affermare con certezza che il 21 ottobre del 2009 gli atti vennero


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trasmessi integralmente alla distrettuale antimafia di Catanzaro, che svolse gli accertamenti successivi.

PRESIDENTE. Ringraziando il nostro ospite, dichiaro conclusa l'audizione.

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