COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 7 marzo 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VALENTINA APREA

La seduta comincia alle 15,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, dottor Piero Gnudi, sulle linee programmatiche per i profili di competenza della Commissione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, dottor Piero Gnudi, sulle linee programmatiche per i profili di competenza della Commissione.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

CLAUDIO BARBARO. Grazie, presidente. Ringrazio il Ministro per essere tornato in Commissione oggi, ma anche per la sua relazione di qualche settimana fa.
In primo luogo, non posso che sottolineare l'esaustività dell'articolato e delle dichiarazioni programmatiche che il Ministro ci ha sottoposto, ma soprattutto la piena con divisibilità delle sue dichiarazioni, sotto il profilo dei princìpi inerenti ad aspetti che chi, come me, proviene dal mondo dello sport, ha sempre condiviso, come quelli educativi, quelli legati alla tutela della salute a alle ricadute economiche.
Con riferimento allo stato di salute generale del mondo dello sport italiano, signor ministro, lei ha evidenziato, nella parte della sua relazione legata alle statistiche, un dato alquanto preoccupante in ordine all'incidenza della pratica sportiva nel nostro Paese rispetto ad altri Stati europei, con riferimento al numero dei praticanti.
Rispetto alla Spagna, che può contare su un confortante 70 per cento, nonché alla Germania o alla Francia, che invece sfiorano il 65 per cento, o all'Inghilterra, che hanno una percentuale pari al 55 per cento, in Italia abbiamo un miserevole - mi dispiace dirlo - 38 per cento.
Questo dato, oltre che farci riflettere sulla scarsa penetrazione del fenomeno sportivo come fatto culturale all'interno del nostro Paese, dovrebbe farci anche riflettere su un aspetto che forse non è stato presentato nella relazione del Ministro: credo che nelle dichiarazioni programmatiche riguardanti lo sport nel nostro Paese ci sia un elemento ricorrente, che purtroppo ho dovuto riscontrare anche nella sua relazione. In essa lei fa riferimento alle problematiche del mondo dello sport, che non sono inserite in un quadro complessivo di sistema, che ritengo debba essere affrontato nelle sue varie articolazioni e riformato nel suo complesso, senza ricadere nel solito vizio di forma secondo il quale tutte le problematiche dello sport italiano possano essere riconducibili al CONI.


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Lei non l'ha fatto, perché ha parlato in maniera sommaria delle problematiche del CONI, però ha mostrato un ampio ed esauriente spaccato delle varie problematiche e degli intrecci di competenze, di interessi e di soggetti che fanno riferimento a tutto il mondo dello sport.
Da questo punto di vista, credo che, se iniziamo a ragionare sulla possibilità di mettere in luce le principali carenze del sistema nel suo complesso, a prescindere dalle dinamiche totalmente interne al mondo dello sport e, quindi, al mondo istituzionale dello sport (mi riferisco al CONI come Federazione), non renderemo un servizio al nostro Paese e soprattutto al mondo dello sport, che a nostro avviso deve iniziare ad essere concepito come diritto di tutti i cittadini alla pratica dello sport.
Ad oggi ciò non avviene, perché tanti soggetti forniscono servizi in campo sportivo, ma lo fanno nella maniera più disparata e, per alcuni versi, anche disomogenea rispetto al quadro generale, per cui spesso ci troviamo di fronte a proposte campione, che prospettano la possibilità di mettere una toppa a un problema piuttosto che a un altro e che non affrontano mai il problema nel complesso.
Abbiamo incontrato la stessa difficoltà quando la proposta di legge sugli stadi è approdata presso la VII Commissione: si tratta di un provvedimento che tocca un elemento importante, quale l'impiantistica sportiva del Paese. Almeno nella filosofia iniziale con la quale i colleghi del Senato hanno affrontato il problema, non si è tentata una soluzione nell'ambito di una dinamica di carattere generale, che riguardasse anche aspetti mutualistici del mondo dello sport, con riferimento ai problemi non soltanto del calcio, ma anche di tutte le altre discipline sportive, ivi compresa - da questo punto di vista credo che la Commissione abbia fatto un passo avanti - la possibilità che ogni intervento strutturale in campo sportivo potesse corrispondere anche ad un intervento in campo scolastico, dato che la mancanza dello sport a livello scolastico nel nostro Paese è una delle principali problematiche che incontrano la diffusione e la promozione dello sport.
Sarebbe opportuno, in termini sportivi-scolastici, recuperare, far resuscitare e consolidare i campionati studenteschi o i giochi della gioventù, con cui che si ripercorre un passaggio sicuramente importante della politica sportiva scolastica, che però non può essere considerato esaustivo.
Nella sua relazione lei ha fatto riferimento a un Osservatorio per l'impiantistica e ad una governance del mondo dello sport: sono tutti elementi che abbastanza disomogenei all'interno di un quadro nel quale tutte queste dinamiche dovrebbero trovare la giusta collocazione.
A conforto di quanto ho appena detto, è arrivata proprio negli ultimi giorni una lettera di un noto esponente del mondo dello sport, il dottor Franco Carraro, che è stato Ministro, presidente del Coni, presidente della Federcalcio, il quale è partito dalla banale, ripetuta, reiterata considerazione che le problematiche del mondo dello sport sono tutte riconducibili alla certezza del finanziamento del CONI.
Non può essere soltanto questo il problema dello sport italiano, soprattutto - come afferma anche il dottor Carraro nella sua lettera - nel momento in cui lo sport continua ad autodeterminarsi. Dovremmo cercare di capire se tale autodeterminazione (questo, però, è un problema che riproporrò successivamente) debba essere rivista: se è vero, infatti, che in passato dall'autodeterminazione scaturiva un'autonomia finanziaria, oggi questa autonomia finanziaria non c'è più e, di fatto, lo sport italiano governa tutte le attività che ad esso fanno riferimento attraverso la concessione di un contributo pubblico.
Ciononostante, il CONI continua a muoversi in totale autonomia ed incide sulle dinamiche dello sport italiano, prendendo anche decisioni importanti, soprattutto ai fini della promozione dello sport, quale l'abolizione dei Comitati provinciali CONI: questi ultimi hanno dato una grande risposta con riferimento alle problematiche generali dello sport italiano e


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sino ad oggi, in periferia, hanno dato risposte soprattutto con riferimento alla pratica sportiva di base diffusa.
Sono queste le decisioni che ha assunto il Comitato Olimpico Nazionale Italiano in totale autonomia, senza che la politica fosse investita di un processo di autoriforma così importante quale la rivisitazione di una parte del modello sportivo CONI, che può avere riflessi sul territorio italiano.
Aggiungo altre considerazioni che non vorrei possano sembrare una critica eccessiva nei confronti di quello che oggi, legittimamente, rappresenta il governo dello sport italiano attraverso il CONI, che però non risponde alle dinamiche esistenti: su tale aspetto si registrano alcune incongruenze, sulle quali non si può sorvolare e che debbono essere evidenziate e sottolineate. Mi riferisco al fatto che viene destinato al mantenimento della struttura il 50 per cento della spesa pubblica, il che non corrisponde alle esigenze della pratica sportiva diffusa. Mi avvio a concludere per non sottrarre tempo ai miei colleghi, che sono ansiosi di intervenire: mi permetto di sottolineare un dato che, a mio avviso, è veramente paradossale, ossia il fatto che il 35 per cento della spesa rimanente all'interno del CONI è destinata alla Federcalcio, che incassa miliardi di euro soltanto per i diritti televisivi. So che tale somma è destinata alla Federazione, che però, in ogni caso, potrebbe tranquillamente attingere, attraverso i processi mutualistici, alle risorse interne, senza penalizzare il contributo pubblico per la diffusione della propria pratica sportiva.
Vorrei focalizzare la vostra attenzione su un altro aspetto, che riguarda l'utilizzo dei fondi assegnati al CONI con riferimento alla nascita della CONI Servizi, che rappresenta un momento molto importante. La CONI Servizi è nata dieci anni fa per un processo di razionalizzazione e risparmio delle risorse dello sport italiano ed ha iniziato la sua attività con 3.000 dipendenti del CONI e delle federazioni sportive, in seguito, progressivamente, ridotti a 1.000; con i processi di privatizzazione, la CONI Servizi è poi tornata ad avere, tra CONI e Federazione, 3.000 persone.
In questo modo è stato utilizzato il denaro pubblico: è un dato preoccupante, sul quale non si può continuare a chiedere certezza di finanziamento e poi continuare a sperperare - lo dico con estrema franchezza - per la clientela delle federazioni sportive (questo, alla fine, è il dato di fatto).
Ragioniamo sulla possibilità di lavorare a un progetto di riforma dello sport italiano e lavoriamo a un progetto di recupero delle risorse interne riconducibili alle scommesse sportive, perché, se da una parte è vero che il finanziamento pubblico deve essere necessariamente rivisto in funzione della strutturazione interna, è altrettanto vero che il mondo dello sport - l'amico Lolli lo ha sempre sostenuto -, in termini di gettito fiscale e di produzione delle scommesse sportive, produce sicuramente più di quanto viene erogato a suo favore.
Mi auguro, signor Ministro, che ci si possa trovare di fronte a un progetto di riforma globale dello sport italiano, che possa dare risposte a tutti coloro che vogliono praticare sport: mi auguro che la domande da loro poste sono si esauriscano all'interno dei contesti sportivi istituzionali. Grazie.

MANUELA DI CENTA. Ministro, grazie di essere qui con noi. Prima di addentrarmi in una serie di considerazioni, mi viene spontaneo, anzitutto, ringraziarla a nome non solo mio ma della Commissione, della presidente e di tutti i colleghi, perché, come lei sa, in questa Commissione abbiamo lavorato su uno specifico tema per più di tre anni, per tutelare, in particolare, la maternità delle atlete.
Proprio in vista della festa delle donne, che cade domani, a nome di tutti voglio ringraziarla per l'impegno che ha dimostrato ieri al Senato, in sede di Commissioni riunite 7a (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport) e 11a (Lavoro, previdenza sociale), nel tentativo di portare avanti questo


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grande traguardo per lo sport, che è un traguardo di sport, ma anche di civiltà di un Paese.
Noi contiamo su di lei perché siamo un ramo del Parlamento e non possiamo arrivare dall'altra parte, ma sappiamo quanto lei abbia toccato con mano e quanto conosca l'importanza di questo aspetto, non solo in quanto Ministro dello sport, ma anche perché questo tema riguarda la dignità e la civiltà delle donne. Se poi queste donne si preparano a rappresentare la maglia azzurra del nostro Paese, credo che sia stato doveroso aprire con questo ringraziamento, perché sappiamo quanto ciò sia difficile. Desidero che queste dichiarazioni rimangano agli atti: grazie per quello che ha fatto, sappiamo che è difficile cambiare la mentalità nello sport.
Spesso si sente dire che la maternità o i bisogni di qualche atleta non sono la priorità del nostro Paese, ma credo che non si possa più ragionare in questo modo. Vorrei che queste considerazioni rimangano scritte, perché non sopporto sentire affermazioni di questo genere, soprattutto quando ci si impegna così tanto nel proprio lavoro.
Signor Ministro, la ringrazio quindi della sua relazione. Intervengo in maniera sintetica e più tecnica, senza entrare nei grandi temi che, come accennato dall'onorevole Barbaro, riguardano lo sport italiano nella sua globalità. Ho letto con attenzione le sue dichiarazioni sui giornali riguardo ai grandi temi dello sport italiano, e credo che a breve avremo risposte da parte sua. Lei saprà su quali tavoli affrontare questi temi nel modo opportuno (sport italiano, CONI, finanziamento).
Mi soffermo su alcune questioni, Ministro, perché vorremmo portare avanti con lei i provvedimenti che la Commissione ha già avviato, e li vorremmo condividere con lei per una continuazione di tale percorso.
Mi riferisco non solo al provvedimento sulla tutela della maternità, che è all'esame del Senato, ma anche al grande progetto che lega lo sport alla scuola, rappresentato dai licei sportivi: esso ha avuto origine in questa Commissione, ma non si è ancora arrivati alla fine dell'iter per la costituzione di tali istituti di istruzione superiore; sottolineo l'impegno profuso da questa Commissione nell'alfabetizzazione motoria, che costituisce la parte di vita dei giovani che può essere plasmata, al fine di una concreta attuazione di questo progetto.
Credo che la base della formazione dei nostri bambini e delle nostre bambine sia non solo quella fisica, ossia la pratica, ma anche quella non fisica, cioè quella derivante dal comportamento, dall'etica e dalla cultura stessa.
Le chiediamo di continuare su questo solco che abbiamo già iniziato, così come abbiamo discusso abbastanza anche sul provvedimento sugli stadi. Ci sono stati momenti molto difficili, in cui alle difficoltà si sono affiancate espressioni di massima tutela dei territori. Bisogna quindi essere capaci di costruire nel modo giusto sui territori, rispettando comunque i vincoli imposti. Le chiediamo di continuare su questa strada, perché è un lavoro che abbiamo avuto in cantiere e che portiamo avanti.
In Commissione non abbiamo ancora affrontato alcuni aspetti: si tratta di questioni non di ampio respiro, ma di situazioni molto dettagliate e tecniche. In particolare, mi riferisco all'esigenza - la giornata di domani ce lo chiede apertamente - di pensare a uno sport equilibrato, non solo a quello praticato, che già da solo ha raggiunto la parità.
Probabilmente a Londra ci saranno più donne che uomini che partecipano, e forse ci saranno più medaglie, sia al femminile che al maschile, ma lo sport è anche diligenza ed organizzazione. Vogliamo dire apertamente che lo sport italiano non ha assolutamente questo equilibrio. Credo che un senso profondo di equità debba esplicarsi in tutti i settori, non solo nella politica, ma anche nei territori dello sport.
Non abbiamo nessuna donna presidente di una Federazione Sportiva Italiana, non ne abbiamo nemmeno una su 45 federazioni, e ovviamente non abbiamo mai avuto una donna presidente del CONI. Se andiamo a contare le vicepresidenti,


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non le troviamo, così come non troviamo donne tra i componenti dei consigli direttivi delle federazioni. Credo che la questione sia ben chiara, e non mi dilungo sull'argomento, per dare agli altri colleghi la possibilità di parlare.
Poiché il Ministero dello sport dialoga con diversi altri Ministeri - il che rappresenta la sua forza, ma a volte anche la sua debolezza, laddove non riesce ad essere incisivo perché sulla materia intervengono più Ministeri -, vorrei chiederle se, in particolare sui temi legati alla scuola e allo sport, si possano unire le forze con il MIUR al fine di portare avanti tutte queste tematiche, dalle più piccole alle più grandi, magari con un particolare riguardo alle pari opportunità.
Ad avviso mio e del gruppo che rappresento, questo costituisce un aspetto fondamentale, al fine di trovare un equilibrio su tutti gli argomenti che interessano più Ministeri.

GIOVANNI LOLLI. Il fatto che lo Stato decida di dedicare allo sport un Ministero è un buon punto di partenza. Lo sport è una cosa seria, un fenomeno complesso, ha molte sfaccettature, come lei ha detto nella sua relazione, è un grande fenomeno sociale, è un pezzo dell'economia nazionale, in quanto muove e condiziona interessi potentissimi nel nostro Paese.
Dovete riflettere sul fatto che una nuova piattaforma televisiva, Sky, non si sarebbe mai potuta affermare, data la situazione a tutti ben nota, se non avesse potuto utilizzare come leva il calcio, che muove interessi ancora più grandi e persino inquietanti. Ho letto uno studio, secondo il quale, in occasione dell'ultima partita di Champions League, hanno operato sulle scommesse nove broker, uno solo dei quali ha raccolto scommesse per un miliardo per un solo evento.
Lei deve sapere che oggi si scommette anche sul primo fallo laterale. Ciò significa che si abbassa enormemente la soglia di permeabilità, perché vendere una partita è moralmente imbarazzante, ma buttare la palla in fallo laterale può essere ritenuto moralmente accettabile.
Parliamo di una cosa molto complicata. Ci sono norme e leggi che regolano ciascuno di questi aspetti, però le faccio un brevissimo discorso generale. Essendomi interessato a vario titolo della materia, ritengo che il vero problema sia di tipo culturale, cioè di enorme dislivello tra la cultura che i cittadini italiani hanno acquisito nel corso degli anni - in base alla quale la possibilità di svolgere attività sportiva e motoria riguarda la propria vita, la formazione dei propri figli, il proprio benessere, una vecchiaia tranquilla (e, quindi, si percepisce l'attività sportiva come un grande diritto e ci si aspetta di essere messi dallo Stato in condizione di esercitarla), e la cultura che invece c'è nella politica.
A parte qualche eccezione di disperati, che lei trova qui, che negli anni hanno continuato a ribadirlo, la cultura politica generale è totalmente «dislivellata». In Parlamento, da anni, vi sono alcuni tifosi di squadre di calcio, organizzati in tifoserie, ma pochissime persone che si occupano del fenomeno sportivo.
Se l'attività sportiva è un grande diritto ed è un bene pubblico, deve avere politiche pubbliche: ciò non significa che esse debbano essere stataliste, perché, se c'è un mondo in cui la sussidiarietà è disegnata, è quello dello sport, ma certamente lo Stato deve fare la sua parte. Siccome, invece, ciò non avviene, i dati sono quelli che lei ci ha segnalato: abbandoni precoci dell'attività sportiva e flessione nel numero dei praticanti.
In tutti questi anni, in Italia, la politica non si è mai interessata molto della questione, scaricando il problema su altri soggetti, primo fra tutti il CONI: l'onorevole Barbaro ha già descritto la situazione impropria, che ha visto il Comitato olimpico in Italia trovarsi a dover esercitare una funzione esorbitante rispetto alle sue attitudini, che va molto oltre le sue stesse vocazioni e capacità.
La politica ha dunque scaricato il problema sugli enti locali, perché i servizi ai cittadini sono finanziati per il 73 per cento da fondi dei Comuni e delle Regioni: negli ultimi anni, in seguito ai tagli, le politiche


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sportive sono state il primo agnello sacrificale e, infine, il problema è stato fondamentalmente scaricato sui cittadini.
Il dato che lei ci ha giustamente segnalato come una felice anomalia dell'Italia, quello relativo alle 100.000 società sportive, ha però un'altra faccia, ovvero il fatto che i cittadini si sono dovuti organizzare autonomamente per fornire a se stessi quei servizi che lo Stato non garantisce: per fortuna che ci sono, perché i cittadini gestiscono gli impianti sportivi e forniscono il servizio in condizioni disperate.
Qualche giorno fa ho partecipato a Roma ad una fenomenale assemblea di società sportive cattoliche e laiche, che raccontavano l'esperienza vivissima, esistente anche nelle carceri, di persone che svolgono questa attività non solo volontariamente, ma anche a proprio rischio, rimettendoci tempo, salute e qualche volta perfino mettendo a rischio la propria abitazione o rischiando di incorrere in problemi penali, a causa dell'incertezza nella quale noi legislatori le lasciamo.
Se vogliamo colmare questo gap culturale (ed istituire un Ministero è già una risposta in tal senso), le darei qualche modesto consiglio. Dovendo portare avanti politiche pubbliche, occorrono risorse, perché altrimenti si finisce per parlarne soltanto: qualche anno fa ho lavorato insieme al Ministro Melandri, ma lei si trova in una situazione peggiore della nostra.
Come diceva l'onorevole Di Centa, le consiglio di concepire la sua attività attraverso altri soggetti. Se lei mi chiedesse quale sia il primo problema di cui bisogna occuparsi per lo sport in Italia, le risponderei che è la scuola, perché, a partire dalla scuola primaria, in Italia c'è una voragine. Nella scuola inferiore si svolge una quantità di attività - l'onorevole Rossa le fornirà i dati - che spesso ha dovuto supplire il CONI. Va benissimo che il CONI faccia la sua parte, ma questa è un'altra cosa.
Penso alla scuola come attività di educazione motoria per tutti i bambini, non solo per quei bambini poi avviati a un'attività fisica specialistica, perché svolgere attività motoria fa vivere meglio. Da alcuni studi emerge che l'apprendimento dell'inglese o della matematica riesce significativamente meglio nelle scuole in cui si svolge anche attività motoria. Noi avevamo calcolato che, per avere un educatore laureato in scienze motorie in ogni scuola italiana, occorrerebbero circa 250 milioni di euro, che lei non ha a disposizione, così come il Ministro dell'istruzione: lei, però, può chiedere al Ministero di riprendere gradualmente la sperimentazione che era stata avviata.
Lei deve intercettare anche il Ministro della salute, perché l'attività motoria è sicuramente la migliore medicina preventiva. Non le ribadisco i dati che lei conosce perfettamente: il flagello dell'obesità infantile costa allo Stato cifre esorbitanti in termini di cure. L'obesità infantile, che è all'origine di tante malattie, si contrasta con diversi stili di vita, tra i quali certamente rientrano l'alimentazione, ma, prima di tutto, il movimento. Ancora una volta, quindi, si torna al discorso sull'educazione.
Qualche anno fa fu avviato il progetto «Guadagnare salute», che però non è stato più riproposto: il Ministero della salute deve mettere al centro della sua attività questo aspetto.
Un altro problema riguarda le politiche sociali. In Italia già esiste uno straordinario vettore di integrazione e di aiuto alle situazioni di bisogno: si tratta dell'attività delle società sportive, delle quali ci dobbiamo occupare, perché si trovano in una situazione drammatica. Già ho parlato delle condizioni in cui operano.
Da un paio d'anni il Ministero delle finanze sta compiendo accertamenti formali attraverso la SIAE: alcune società sportive, per il solo fatto di essere nominate «ASD Concia» invece di «Associazione Sportiva Dilettantistica Concia», hanno subito multe anche di 50.000 euro.
È vero che c'è elusione, è vero che grandi palestre organizzano i propri dipendenti in finte società sportive, ma vi sono certamente fior di commercialisti che non incorrono in vizi formali. In vizi


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formali incorre la persona comune che con la moglie gestisce una società sportiva.
Il suo Governo, che io appoggio e apprezzo, in questi giorni ha stabilito che negli accertamenti fiscali debbano essere privilegiate quelle aziende che versano sponsorizzazioni alle società sportive. Intendiamoci: se stiamo parlando di quelle grandi società professionistiche le quali consolidano i propri bilanci con le perdite delle associazioni sportive, fate benissimo a occuparvene, ma il fatto che un macellaio che dà quattro lire a una società sportiva rischi un accertamento sta riducendo ulteriormente le risorse, in aggiunta ai tagli degli enti locali.
In merito a questo aspetto, ritengo che insieme dovremmo provare ad approvare norme agevolatrici e semplificatrici.

SABINA ROSSA. Nell'associarmi ai ringraziamenti nei confronti del Ministro Gnudi per l'illustrazione delle linee programmatiche dell'azione di Governo in materia di sport, vorrei soffermarmi su alcuni punti con riferimento alla pratica sportiva dei giovani, degli studenti e anche della terza età.
Come da più parti sottolineato, nel nostro Paese si rileva una grave carenza di offerta di attività fisica rispetto al panorama europeo e i nostri studenti, al termine del curriculum scolastico, usufruisono di un numero totale di circa di 500 ore di attività sportiva e fisica, a fronte di un numero doppio di ore in Paesi quali Portogallo, Grecia, Olanda, Belgio, Danimarca, Svezia e Norvegia. In Francia le ore dedicate all'attività sportiva sono oltre 1.500.
Siamo all'ultimo posto anche per l'età a partire dalla quale tale insegnamento viene reso obbligatorio con un insegnante specifico. Nella nostra scuola secondaria di primo grado l'età stabilita è 11-12 anni, mentre negli altri Paesi l'obbligatorietà si ha a partire dalla scuola primaria (quindi a partire dai sei anni di età): tale ritardo ha conseguenze negative non solo sull'esperienza motoria dei nostri studenti, ma soprattutto sulla loro salute.
Vorrei anche ricordare la prima legge organica, che introdusse la ginnastica quale materia obbligatoria e quale disciplina di insegnamento, ovvero la legge Casati del 1859. Ho una curiosità da comunicare. Nel 1973, nel corso della V Legislatura, alla Camera è stata svolta un'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive dello sport in Italia, per intervenire a favore della deficitaria situazione in cui si trovava lo sport. In conclusione dell'indagine, si osservò che l'attività sportiva nella scuola affidata al maestro era una materia trascurata e quasi del tutto sottovalutata: l'indagine fotografava una situazione negli anni Settanta non molto difforme rispetto a quella attuale nella scuola primaria.
L'iniziativa promossa in questi anni dal CONI e dal MIUR, attraverso il progetto di alfabetizzazione motoria, che anche lei, Ministro, ha ricordato, presenta a mio avviso numerose criticità, sia per l'esiguità delle risorse impiegate (quasi 5 milioni di euro, a fronte di 400-420 milioni di euro che il CONI percepisce dalle finanziarie), sia per l'impossibilità di una fruizione generalizzata, come dovrebbe essere, per non parlare poi della tipologia dei contratti che vengono stipulati.
Oggi viene meno quello che dovrebbe essere un compito fondamentale dello Stato: garantire a tutti gli alunni l'insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria al pari dell'insegnamento delle altre materie, che concorrono tutte insieme alla formazione dell'individuo e della sua personalità: educare allo sport significa educare al rispetto delle regole, al rispetto dell'avversario, alla solidarietà, all'inclusione.
Per quanto riguarda la scuola secondaria di primo e secondo grado, l'obbligo scolastico prevede lo svolgimento di due ore settimanali. Credo che sarebbe un risultato importante riuscire a introdurre l'associazionismo scolastico, come avvenne nel 1999 con il Progetto Perseus e come avviene in altri Paesi, come ad esempio la Francia, ampliando l'offerta formativa e gli spazi di fruizione sul territorio, a cominciare dall'apertura pomeridiana


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delle scuole, con l'obiettivo di tenere insieme l'attività motoria fisica e sportiva e lo sport, con una continuità di attività motorie per tutto il curriculum scolastico.
Questo si potrebbe effettuare attuando le previsioni normative già vigenti, che prevedono le ore curricolari per gli insegnanti di educazione fisica, che sono dedicate ai gruppi sportivi. Abbiamo anche presentato una proposta di legge volta a istituire un'unione nazionale dei gruppi sportivi scolastici.
Vorrei concludere con un accenno ad un tema che riguarda il corso di laurea in Scienze motorie, che è stato istituito dopo la riforma degli ISEF a partire dal 1999. Oggi nella scuola primaria non si impiegano laureati, perché di tale attività si occupano i maestri; nelle palestre e nei centri fitness non è neanche prevista la supervisione di uno di questi esperti, in quanto per poter tenere un corso è sufficiente aver frequentato un qualsiasi stage.
Vi sono laureati con laurea magistrale, conseguita dopo quattro anni di corso di laurea più due di specialistica come nel caso del corso di Attività preventive e adattate, specifiche per la terza età e per i disabili, che non sono impiegati nelle residenze protette, ad esclusivo appannaggio delle professioni sanitarie. Provocatoriamente ipotizzo che, se questi corsi di laurea producono solo disoccupati, forse è il caso di non illudere i nostri studenti e di dirottarli su altri corsi di laurea.
Ho letto con interesse, nel documento da lei fornito, che il Piano nazionale da lei enunciato sarà definito nel prossimo mese di giugno e riguarderà la promozione dell'educazione motoria nella scuola primaria e nella secondaria, di quella specifica per le persone con disabilità e l'esercizio fisico rivolto alle persone anziane. Mi auguro che si guardi anche alle professionalità che abbiamo e che non impieghiamo.
Anche a questo proposito, sono state presentate diverse proposte di legge in Parlamento. So che l'iter legislativo al Senato è bloccato in Commissione Bilancio - mi chiedo come mai - ormai da mesi. Abbiamo proposte di legge che vanno nella direzione di stabilire regole volte a far sì che ci si avvalga di professionisti, per garantire standard qualitativi migliori per i nostri cittadini, che sono i destinatari di queste attività.

ANNA PAOLA CONCIA. Cercherò di essere schematica perché gli onorevoli Lolli e Rossa hanno già esposto molte condivisibili argomentazioni. Intanto mi fa piacere, Ministro, di averla potuta incontrare e di poterle parlare, visto che da tempo le avevo chiesto un appuntamento.
Nelle sue relazioni - le ho lette entrambe - lei dichiara di agire in continuità con l'ex Sottosegretario Rocco Crimi: io, invece, credo che lei sia in continuità con l'ex ministro Melandri e con l'ex sottosegretario Lolli, visto che il Ministero dello sport è stato istituito per la prima volta.
L'onorevole Lolli ne ha già parlato, quindi sarò ancor più schematica. Se lei avrà la possibilità di accedere al lavoro che essi avevano svolto e di cui, naturalmente, né l'onorevole Lolli né l'onorevole Melandri parleranno per grande umiltà, potrà constatare come il grande spirito del Ministero dello sport e dei giovani, istituito nel 2006, fosse quello di svolgere un grande lavoro interministeriale nella scuola sullo sport di cittadinanza, quindi sullo sport per tutti.
Era stata avviata la riforma della legge n. 91 del 1981 sul professionismo sportivo e della legge sugli stadi e molto ci si è occupati del rapporto tra sport e salute, individuando lo sport come una grande medicina per promuovere la salute. Ritengo che si possa continuare sulla scia del lavoro iniziato dai colleghi citati, anche perché, Ministro, come ha evidenziato anche l'onorevole Lolli, la grande decisione da prendere sul piano della cultura politica del nostro Paese riguarda lo sport come grande strumento delle politiche pubbliche: ciò deve avvenire, però, nei fatti.
Lo sport è uno strumento delle politiche della salute, delle politiche educative, delle politiche sociali ed anche uno strumento di promozione del territorio, quindi


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è anche uno strumento delle politiche economiche, perché contribuisce sostanzialmente con il 3 per cento del PIL: attualmente, nel nostro Paese, esso è uno strumento di grandissimo interesse economico per varie ragioni, che l'onorevole Lolli ha illustrato.
Ci sono grandi problemi economici: siamo in Parlamento e siamo consapevoli che il vostro Governo è arrivato per aiutarci a tirare fuori l'Italia dal baratro e a salvarla. Appunto per questo bisogna costruire le sinergie, perché le risorse per lo sport ci possono essere se si adotta il principio fondamentale secondo cui lo sport è uno degli strumenti delle politiche sociali: per il reperimento delle risorse, quindi, è necessaria la collaborazione con le regioni, che sono competenti in materia.
Un altro modello che deve essere superato ed è unico al mondo è quello «Conicentrico» dello sport. Per noi il CONI è il soggetto al quale in questi anni è stato delegato ciò che avrebbe dovuto fare lo Stato, ma oggi questa idea cosa non regge più, perché non solo è aumentata molto la pratica sportiva, ma sono aumentati gli attori istituzionali e non che organizzano lo sport. Tutto queste deve quindi essere ripensato in collaborazione con il CONI, ma non si può continuare a delegare al CONI ciò che le istituzioni hanno il dovere di fare.
Non vado oltre, perché l'onorevole Lolli lo ha spiegato bene e io ho cercato di ribadirle che la scelta netta è quella sullo sport come strumento delle politiche pubbliche. Essendo insegnante di educazione fisica come la mia collega Sabina Rossa, le debbo dire che la questione dell'educazione motoria nella scuola è una questione fondante. Se lei ha un anno di tempo, come dice giustamente, concentriamoci su questo obiettivo.
Noi abbiamo ereditato dall'America una triste realtà: un aumento pazzesco dell'obesità infantile. Ci dobbiamo occupare dei bambini e del loro futuro, perché non solo saranno malati, ma ricadranno sulla sanità nazionale.
Lo sport è uno strumento di prevenzione e di costruzione di un bambino o bambina e del suo equilibrio psico-fisico, ma, come lei sostiene, è come una medicina non solo per le giovani generazioni, ma anche per gli adulti, per contrastare le malattie cardiovascolari, per il diabete e tante altre malattie. Dobbiamo costruire le condizioni per risparmiare e l'educazione motoria è uno strumento eccezionale.
Per quanto riguarda le società sportive dilettantistiche, l'onorevole Lolli le ha detto ciò che sta per accadere riguardo alle sponsorizzazioni, ma ci sono altre due questioni molto inquietanti. Lei giustamente evidenzia che nel nostro Paese ci sono 95.000 società sportive, che praticamente reggono lo sport di base, affiliate al CONI, alle federazioni ed agli enti di promozione sportiva. In relazione a ciò vi sono due questioni. Una riguarda il compenso sportivo che il Ministro Visco aveva introdotto, defiscalizzato fino a 7.500 euro per le società sportive dilettantistiche, che permetteva a queste società di pagare tutti gli operatori sportivi, gli accompagnatori e altre persone che in quel mondo lavorano spesso gratis o con compensi ridicoli. Credo che lei debba capire se veramente si ha intenzione di eliminare il compenso sportivo, il che rappresenterebbe un grande danno per la sopravvivenza delle società.
Un'altra questione riguarda sempre l'educazione motoria dei giovani fino a 18 anni. In Francia, i bambini della scuola materna fanno attività motoria per ben cinque ore alla settimana, il che è straordinario: sicuramente essi avranno una prospettiva di vita più florida. Il Ministro Melandri e l'onorevole Lolli avevano lottato per introdurre una defiscalizzazione per le famiglie con ragazzi fino a 18 anni che svolgono attività motoria e sportiva: si vuole eliminare anche questa previsione.
Questi ragazzi, quindi, a scuola non fanno educazione motoria di base; l'educazione fisica nella scuola media e superiore incontra i noti problemi e giustamente le famiglie tentano di compensare in questo modo, mentre questo compito spetterebbe allo Stato. Naturalmente si trattava di un piccolo contributo, che dobbiamo fare attenzione a non eliminare.


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Chiudo con un'altra considerazione, Ministro. Sarà perché sono attenta all'equità sociale, ma il fatto che l'educazione motoria di base non si svolga nella scuola elementare e che lo Stato, quindi, non contribuisca alla salute psico-fisica dei bambini nella scuola statale, fa sì che i bambini con maggiori problemi di obesità siano i bambini più poveri.
Siccome la base della popolazione impoverita nel nostro Paese è aumentata, sono aumentati anche i bambini che fanno meno sport perché meno abbienti, e credo che questo sia un grande problema.

GABRIELLA CARLUCCI. Grazie, signor Ministro, per la sua presenza e per la relazione che ci ha presentato. Vorrei partire dal dato che è stato richiamato da molti colleghi, quello relativo alla partecipazione alle attività sportive nella fascia che va dai 14 ai 24 anni, molto inferiore rispetto agli altri Paesi europei.
Questa Commissione ha sottoscritto una proposta di legge di cui sono prima firmataria, a costo zero, che è stata sottoscritta da tutti i gruppi e permetterebbe all'Italia, innanzitutto, di realizzare un cambio di mentalità e, inoltre, poiché le leggi hanno anche una funzione pedagogica, di capire che lo Stato investe sullo sport.
Gli studenti atleti, che non abbiano abbandonato la pratica sportiva, come spesso avviene dopo il compimento di quattordici anni, appartengono a una piccola minoranza che, supportata dalle famiglie, continua con l'attività agonistica. Oggi, purtroppo, la precocizzazione dell'attività agonistica a livello internazionale inizia sin dai banchi di scuola, mentre i nostri ragazzi non hanno la possibilità di continuare a studiare. Se si recano all'estero per partecipare al torneo, al campionato, al raduno o a qualunque altra impegnativa attività che riguardi la loro carriera agonistica, sono penalizzati dal punto di vista delle lezioni scolastiche, che non possono più seguire, mentre in tutto il mondo, dalla Spagna alla Russia, gli studenti hanno la possibilità di seguire i corsi on-line.
Tra l'altro, questo progetto si sposa perfettamente con quello del Ministro Profumo, che propone la sperimentazione della scuola digitale, dell'insegnamento digitale, la possibilità di seguire le lezioni e fare i test on-line. Oggi non è più possibile contravvenire alle regole - questa è la critica di fondo alla possibilità di seguire le lezioni e fare i test on-line -, in quanto sono stabiliti termini precisi per rispondere ai quiz e si può sfruttare il riconoscimento biometrico, oggi utilizzato in tutti gli aeroporti.
Questa proposta, firmata da tutti i gruppi parlamentari, è a costo zero. Le leggi devono dare un indirizzo anche pedagogico e far capire che il Governo investe in questo settore e che c'è un interesse da parte di questo Ministero e di questo Governo a favorire gli atleti studenti: questo sarebbe un salto di qualità.
Peraltro, è in atto una sperimentazione con la Federazione Sci, che chiaramente ha tempi molto ridotto, perché le stagioni sciistiche sono molto limitate nel tempo: si tratta, però, di una sperimentazione molto valida, che ha permesso agli studenti di studiare on-line.
Il secondo aspetto molto importante, citato dai colleghi, è il fatto che la scuola non permette di fare la pratica sportiva, mentre gli Enti locali, non avendo le risorse necessarie, non sono in grado di restaurare gli impianti sportivi, le palestre o i piccoli impianti sportivi, né possono permettere la pratica sportiva nelle scuole, visto che la sperimentazione dell'educazione motoria nelle scuole è finita per mancanza di fondi.
Per le regioni rientranti nell'Obiettivo convergenza molte risorse sono destinate, ad esempio, alle infrastrutture, ma tali risorse non sono previste per il finanziamento o le agevolazioni a favore delle infrastrutture sportive. I cosiddetti PIA turismo o PIA destinati alle attività culturali non riguardano in maniera specifica lo sport.
Almeno per quanto riguarda le regioni dell'Obiettivo convergenza, che sono comunque tutte le regioni del sud, si potrebbero dare indirizzi per utilizzare le


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risorse a favore degli enti locali che decidano di investire e di contribuire con una quota di partecipazione per l'ammodernamento delle infrastrutture, che è fondamentale: vi sono, infatti, palestre vecchissime, nonché scuole vetuste, per le quali abbiamo tentato di proporre interventi di finanziamento dell'edilizia scolastica.
Le federazioni sono tutte a disposizione, però manca la quota di partecipazione dell'ente locale, che non ha queste risorse a disposizione. Poiché il Ministro Barca si occupa di questo, nella discussione sui fondi strutturali potrebbe inserire anche l'argomento infrastrutture e attività sportive.
Svolgo un'ultima considerazione, visto che lei è anche Ministro del turismo: in Italia non si è mai valutato l'impatto economico di un'attività importantissima che sta prendendo sempre più piede in tutto il mondo, il golf, le cui strutture nascono a insindacabile giudizio degli enti locali o di chi decide di investire.
Solitamente non sono attrattive per quell'enorme flusso di turisti che oggi si muove intorno al golf. In Italia c'è solo un esempio virtuoso di circuito golfistico che attira i turisti, che incentiva la pratica sportiva e che ha una ricaduta economica importantissima. Anche qui occorrerebbero una gestione e una visione politica unitarie, perché nel circuito del Garda ci sono quindici campi da golf che sono stati strutturati come richiesto dalle federazioni internazionali e hanno 70.000 iscritti che vengono da tutto il nord Europa, con un rilevante indotto economico.
In Italia vigono norme di incentivazione alla costruzione di campi da golf, ma questi sono sostanzialmente non competitivi e non sono inseriti in un circuito che permetterebbe ai turisti di venire e ai giovani di avvicinarsi al golf con strutture competitive, in quanto di solito il campo da golf è riservato ai soci che non vogliono faticare, quindi è praticamente inutile.
Poiché lei è anche il Ministro del turismo, proporrei di ripensare gli incentivi che possono portare flussi turistici in Italia e, quindi, di incentivare la pratica di uno sport in grande espansione, che permette l'organizzazione di importantissimi eventi internazionali, che potrebbero svolgersi anche in Italia, visto il clima che c'è nel nostro Paese.
Parlo sempre della Puglia, dove sono stata eletta e dove i fondi FESR vengono attribuiti anche per incentivare la realizzazione di circuiti sportivi, come quello del golf, che possono portare turismo. Occorre stabilire un criterio che verifichi la creazione di percorsi che possano attrarre turisti stranieri e realizzare circuiti internazionali con tornei internazionali che diano rilevanza a quell'impianto sportivo. Anche in questo senso sarebbe opportuno dettare alcune linee-guida e credo che le federazioni siano disponibili a farlo.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Intervengo molto rapidamente, perché sottoscrivo tutto ciò che hanno affermato i colleghi che mi hanno preceduto nel suggerire, chiedere o denunciare omissioni, errori passati o possibili correzioni.
Nella sua relazione ha dichiarato di tenere molto alla sinergia tra le competenze: non possiamo che condividere questa sua idea. Lei ha detto che gli spazi per i giovani, in Italia, sono troppo piccoli e ha evidenziato l'importanza della collaborazione con il MIUR.
Vorrei porle una domanda molto semplice sui giochi sportivi studenteschi, cui lei può anche non rispondermi subito, perché probabilmente si dovrà informare presso il Ministero. La legge prevede la presenza di coordinatori delle attività sportive nella scuola, riuniti presso il MIUR.

PRESIDENTE. Si tratta degli uffici scolastici regionali.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Si, sono gli uffici scolastici regionali, ma c'è anche una presenza presso il Ministero. Gli uffici scolastici regionali hanno i coordinatori sportivi.
Questi coordinatori mi hanno contattato, dicendo che, in base ai tagli voluti e a una serie di normative, non hanno più


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alcun fondo: se, quindi, devono portare i ragazzi ad una gara campestre la domenica mattina, devono recarsi sul posto con la loro macchina, pagando loro la benzina e portando le attrezzature che servono, in quanto tutto è basato sulla loro buona volontà.
Siccome risulta che l'anno scorso, in base a questi tagli, il Ministero ha risparmiato 10 milioni di euro e si prevede che per l'anno in corso possa risparmiare 13-14 milioni di euro, vorrei chiederle perché tutti questi risparmi, in parte, non siano reinvestiti e restituiti a questi soggetti che si trovano improvvisamente impossibilitati a operare. Siccome questi soldi risparmiati tornano alla fiscalità generale, perché lo scopo è di raggranellare tutte le risorse possibili, vorrei chiederle se le sia possibile cercare di ottenere un minimo di giustizia per questi personaggi che sono fondamentali per coordinare l'attività nelle scuole e non hanno risorse.
Lei ha accennato a un tavolo tecnico nazionale per la governance nello sport, al quale voleva dare vita al più presto. Sono ormai trascorsi due mesi: vorrei, quindi, sapere se lo abbia realizzato, come sia andata, cosa succederà e come pensi di procedere.

ERICA RIVOLTA. Signor Ministro, la ringrazio per la sua presenza. Vorrei condividere alcune riflessioni. Innanzitutto auspico, come anche gli altri colleghi, che il Ministero ponga tutta la sua attenzione per addivenire alla conclusione dell'iter della legge sugli stadi, che stiamo aspettando da anni: credo che sia arrivato il momento di fare sintesi e di chiudere questa partita.
Lei ha giustamente parlato di sinergie con altri settori, a partire da quello della scuola: ritengo che ciò debba avvenire soprattutto attraverso lo sport, che possiamo in maniera convinta dire che migliora la vita, a partire da quella dei bambini.
In molte scuole è stata avviata l'educazione alimentare per combattere l'obesità, per impartire regole giuste, ma anche per educare le famiglie: i bambini imparano a scuola a mangiare bene e poi trasferiscono le nozioni apprese alle loro famiglie, ai genitori che invece li nutrono in maniera discutibile. Lo stesso discorso può essere fatto con l'educazione stradale: attraverso una sinergia con gli enti locali, i bambini ricevono l'educazione stradale che poi riportano ai genitori.
Lo stesso discorso si può fare con lo sport: se lo sport viene non solo praticato, ma anche usato come momento formativo e, quindi, di socializzazione, di crescita personale, e come momento aggregativo importante, esso può costituire un momento di coinvolgimento anche dei genitori. È una delle cose più belle vedere i bambini sciare e fare sport con i loro genitori.
Nel periodo, tutto sommato breve, che rimane al vostro Governo, penso che ci si debba concentrare su poche questioni precise: credo che questa sinergia con la scuola possa essere importante. C'è una grossa difficoltà in ordine alle strutture delle singole scuole ed alle palestre. Anche qui la situazione non è ottimale, però si può razionalizzare e in ogni struttura si può migliorare. Ricordo, ad esempio, che, quando frequentavo il liceo, si giocava solo a calcio o a pallavolo o si correva: si fa di necessità virtù. In questo senso, la invito a proseguire nella strada da lei imboccata.
Vorrei condividere un'ultima riflessione rispetto a una maggiore razionalizzazione delle risorse. Ogni comune cerca di realizzare qualche obiettivo con riferimento agli impianti sportivi, con incredibile fatica: ci può riuscire anche con il coinvolgimento dei privati, tramite il cosiddetto project financing, ma alla fine rimane il problema della gestione, che viene delegata alle associazioni sportive dilettantistiche, che non hanno le forze per reggere questa situazione.
Ci troviamo a fare scelte che hanno un impatto urbanistico, perché si tratta di costruire uno, due o tre impianti, e che rischiano di non aver futuro. Anche in questo senso, attraverso il CONI occorre ripensare a una razionalizzazione. Tutti ci vergogniamo quando vediamo servizi tele


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visivi con impianti, incredibilmente grandi e importanti, che sono stati abbandonati.
Sono passati i momenti dell'abbondanza, siamo in un momento di ristrettezza, quindi bisogna razionalizzare al massimo gli interventi e valutare con intelligenza anche con gli enti locali cosa sia meglio fare. Spesso, ad esempio, i comuni, pur di avere una piccola palestra o una piccola piscina, sono disposti ad accettare in cambio la costruzione di un centro commerciale, scelta che ritengo non di grosso aiuto per lo sport: non la considero la strada giusta.
Credo che le sia possibile riflettere su quali sinergie attivare e come aiutare i comuni a spendere bene per garantire il miglior utilizzo da parte dei ragazzi e delle famiglie.

GIUSEPPE SCALERA. Ringrazio il Ministro per la relazione, che mi è sembrata ricca di contenuti di estremo valore e interesse.
Anche nell'ambito della discussione che questa Commissione va animando, appare chiaro che lo sport rappresenta sempre di più un linguaggio universale del nostro tempo, certamente anche un fattore di coesione sociale, capace di porre a contatto diversità di natura culturale, di natura ideologica e anche di natura religiosa. Si tratta di un aspetto che, tra l'altro, è stato affrontato in maniera puntuale nella relazione dal Ministro Gnudi, e che finisce per porci davanti a una scala di temi, tutti di indiscutibile valore e di straordinario interesse.
Ne cito soltanto qualcuno a beneficio della nostra riflessione: il tema dello sport e dell'inclusione sociale, il tema dello sport e dell'educazione, il tema dello sport in rapporto alla disabilità. Su quest'ultimo tema c'è stato un impegno significativo con il Comitato Paralimpico, riguardo alle Olimpiadi di Londra.
Il tema dello sport e dello sviluppo economico costituisce un dato ulteriormente importante, soprattutto in un momento così delicato della finanza pubblica nazionale e internazionale. In ordine al tema dello sport e della terza età, non dimentichiamo che il 2012 è l'anno europeo per l'invecchiamento attivo e per la solidarietà tra le generazioni. Il tema dello sport e della medicina è molto delicato, anche perché, nel rapporto tra medicina e sport, sono sempre più numerose le valutazioni, le analisi e le polemiche: basti pensare soltanto a quello che succede annualmente nel ciclismo e alle forme di controllo che si vanno manifestando.
Il tema dello sport e dell'impiantistica è uno dei temi che raccolgono maggiore interesse anche all'interno di questa Commissione, con riferimento ad una legge lungamente attesa, della quale attendiamo ormai il definitivo varo.
Ovviamente il Ministro ha un'esperienza tale che non ha bisogno dei nostri consigli: la sua è un'esperienza conclamata da tanti anni di vita indiretta nella politica, ma su ognuno di questi temi non esistono al momento, nel nostro Paese, valutazioni finali degli esiti e delle ricadute effettive dei singoli progetti.
In un momento estremamente delicato per la finanza pubblica, non solo italiana, ma anche europea, credo che, a fronte di investimenti di natura economica e sociale, appaia cruciale rendere visibile gli esiti, individuare i criteri di efficacia per quanto riguarda le finalità prefissate, approfondire il tema delle competenze professionali.
Credo che su questo aspetto l'onorevole Rossa si sia soffermata, anche con particolare attenzione. Faccio riferimento ai diplomi triennali dell'ISEF, alle lauree quadriennali dell'Istituto Italiano di scienze motorie e alle competenze di management legate alla gestione di reti territoriali, che qualificano e sviluppano la realtà italiana dello sport.
Credo che su questo piano sia fondamentale il rapporto tra Ministero dello Sport e Ministro della salute, perché, come tutti sanno e come giustamente il Ministro ha avuto modo di rilevare nell'ambito della sua riflessione, il beneficio sportivo incrocia inevitabilmente una serie di patologie, dal diabete alle cardiopatie, ai dismetabolismi, rispetto alle quali si è realizzato negli anni scorsi un protocollo di intesa specifico, importante e rilevante,


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che purtroppo, soprattutto in determinate regioni del Mezzogiorno, stenta ancora a decollare.
Si tratta, quindi, di un dato grave, che deve essere recuperato rapidamente e che qualifica meglio l'azione del Ministero dello Sport e sviluppa finalmente una serie di ricadute positive sulla salute degli italiani, che dovrebbe essere uno degli indici tendenziali rispetto ai quali si muove l'azione della pratica sportiva italiana.
Vorrei concludere con due valutazioni. La prima è di estrema importanza, anche se ad essa la stampa non ha riservato attenzione, nell'ambito della relazione del Ministro. Il Ministro ci ha parlato in termini significativi di linee generali di azione del Governo, con particolare riferimento alle forme di degenerazione: doping, violenza, ma soprattutto partite truccate. Questo è un tema delicatissimo, sul quale si gioca probabilmente il ruolo, il significato, l'immagine dello sport italiano.
Le pagine dei giornali, che si riempiono quotidianamente di accuse, di rivelazioni, di confessioni da parte di protagonisti dell'evento agonistico, finiscono inevitabilmente per deteriorare non soltanto l'immagine del nostro calcio, ma anche l'immagine intera dello sport italiano, rendendo poco credibile qualsiasi iniziativa di pratica sportiva di natura professionale.
Su questo aspetto credo che sia estremamente rilevante l'intervento del Ministero dello Sport, soprattutto ai fini di un recupero di immagine che, a questo punto, finisce per essere determinante. Sappiamo bene come a cadenze cicliche il fenomeno si riproponga anche con maggiore efficacia e che un'azione incisiva da parte del Ministero, soprattutto per quanto riguarda il piano sanzionatorio rispetto a chi sbaglia, può essere utile e fondamentale.
Vorrei porre un'ultima domanda, che non vuole essere assolutamente intrigante, ma vuole offrire al Ministro la possibilità di chiarire una determinata realtà. Quando il Ministro sviluppò la sua relazione, non era ancora arrivato a compimento un tema molto dibattuto e delicato nell'ambito dello sport italiano, ossia la possibilità, da parte del Governo Monti, di richiedere la candidatura per le Olimpiadi del 2020.
Su tale questione si è sviluppato un dibattito ampio all'interno del nostro Paese e sono state assunte posizioni anche delicate. Il nostro collega Pescante si è dimesso dalla sua posizione di Vicepresidente del Comitato internazionale olimpico (CIO). Su questo piano, credo che il Governo abbia preso in maniera coerente una posizione chiara, inequivocabile e significativamente legata alle difficoltà di natura economica che il Paese vive.
Se il Ministro intendesse precisare ulteriormente come e perché si sia arrivati a questa decisione, sarebbe utile non solo alla Commissione, ma anche a tutti quelli che stanno seguendo i nostri lavori in questo momento. Non lo ripeto per riaprire una ferita, ma esclusivamente per esplicitare meglio quello che è stato, a mio avviso, un intervento positivo da parte del Governo: si è trattato di un intervento di estrema efficacia in un momento particolarmente delicato e, al tempo stesso, di una decisione difficile, ricaduta dopo pochi mesi di attività su un dicastero significativo e importante come il suo. Di ciò la ringrazio.

GIOVANNA MELANDRI. La ringrazio, Ministro. Vorrei esprimere alcune brevi riflessioni. Faccio mie molte delle osservazioni che sono state esposte in Commissione non solo dagli onorevoli Lolli e Concia, ma anche dai colleghi di altre parti politiche, perché, come ha potuto constatare, sul tema delle politiche sportive, in Parlamento, si sono sempre registrati, anche nelle passate esperienze di Governo, come posso testimoniare, un'ampia convergenza e un ampio lavoro comune.
Le espongo sinteticamente tre questioni. In primo luogo, mi rallegro moltissimo che le politiche per lo sport siano di nuovo tornate a un rango di politiche ministeriali. Spero che questa non le sembri un'osservazione solo formale. Come lei saprà, infatti, l'Italia era uno dei pochi Paesi dell'Unione europea che non aveva


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un Ministero dello Sport e, per tale motivo, nel 1996 avevamo tentato di colmare questo ritardo. Vi è un'esigenza di coordinamento e di concertazione di queste politiche a livello europeo, che è importante esercitare con quella forza.
In secondo luogo, collegandomi alle riflessioni dell'onorevole Lolli, osservo che, per fare politiche dello sport che - come giustamente è stato detto, sono politiche economiche, sociali, di integrazione, di sviluppo, in cui lo sport è davvero al crocevia delle politiche di sviluppo dei territori, dell'economia e del welfare - occorrono risorse. È necessario, inoltre, un coordinamento con le altre amministrazioni.
Oggi, per la congiuntura generale dell'azione di questo Governo, lei è nella posizione di poter fare sicuramente meglio, con minori risorse, in una congiuntura più difficile di quella in cui, nel 1996, costituimmo il Ministero; tuttavia, lei non può portare avanti le politiche per lo sport con nessuna risorsa a disposizione.
Le voglio elencare brevemente, non per chiederle di replicare, ma per avere un punto di riferimento, alcune delle linee di investimento che noi allora attivammo e che purtroppo - lo devo dire - furono azzerate dall'esperienza di Governo successivo. Ricordo il Fondo per lo sport di cittadinanza, pari a 90 milioni di euro: si trattò di un'esperienza di copianificazione con gli enti territoriali, realizzata per la prima volta nel nostro Paese, con un assoluto protagonismo degli enti territoriali. Credo che l'onorevole Carlucci avesse ragione nel suggerire uno stretto coordinamento e anche una potenzialità di canalizzazione di risorse dal Ministero oggi guidato dal Ministro Barca.
Il Fondo per lo sport di cittadinanza aveva una funzione molto semplice, quella di cominciare a orientare risorse nella pratica sportiva per tutti, attraverso la capacità di indirizzare e governare risorse dal territorio.
Cito anche il Fondo per i grandi eventi sportivi e turistici, che rappresentò un utilissimo e strategico strumento di collegamento. Noi attivammo il Fondo con 20 milioni di euro, perché ritenemmo che fosse giunto il momento di chiudere con la lunga fase della politica sportiva italiana, caratterizzata da finanziamenti random o a pioggia, che venivano spesso decisi in base alla forza politico-parlamentare di alcuni territori, a discapito di altri: ritenemmo, quindi, che vi fosse l'esigenza di una strategia di programmazione anche delle risorse per i grandi eventi sportivi.
La scelta del Governo sulle Olimpiadi è stata strategica. Credo che le scelte di canalizzazione di risorse verso altri grandi eventi sportivi debbano essere inserite in un disegno nazionale complessivo. Anche questo fondo, come lei sa, è stato azzerato. Altri 20 milioni di euro furono affidati all'Istituto per il credito sportivo, che è un soggetto fondamentale delle politiche per lo sport e per l'impiantistica diffusa. Cito anche i 90 milioni di euro che avevamo allocato per le palestre, per l'impiantistica sportiva, in particolare quella scolastica.
L'onorevole Lolli ha già parlato dei risultati che si possono raggiungere con un coordinamento con il Ministero della pubblica istruzione, spiegando come si possa estendere la sperimentazione che avevamo avviato per l'inserimento dei laureati in scienze motorie (se ancora posso chiamarli così) nell'ambito della formazione.
Non credo che oggi siamo nelle condizioni - lo affermo come esponente di un partito politico che sostiene questo Governo - di trovare 90 più 90, più 20 più 20 milioni di euro: questo no, però ciò non vuol dire che non debba essere stanziato nemmeno un euro, signor Ministro. Proprio perché questa competenza è stata elevata al rango di Ministero, credo che qualche risorsa bisogna trovarla.
Vorrei esporle ancora due considerazioni. Una riguarda la defiscalizzazione. Quella fu una grande battaglia che personalmente condussi con forza, vis-à-vis con il Ministro delle finanze dell'epoca. Non fu facile introdurre nell'ordinamento italiano il principio secondo il quale la spesa delle famiglie per fare andare in palestra o far praticare uno sport potesse essere detratta dall'imponibile, sebbene si trattasse di una piccola detrazione.


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Credo che, nell'ambito della delega fiscale e del ridisegno del sistema delle detrazioni, possa considerarsi come un minor costo sulla spesa sanitaria (bisogna fare questi calcoli e sono sicura che lei possa avvalersi di economisti che possono aiutarla in tal senso) l'estensione di forme di detrazione per la pratica sportiva anche alla popolazione anziana e a una popolazione più vasta, scelte calcolabili in ultima analisi come minor spesa sanitaria nel medio e lungo periodo.
L'ultima considerazione riguarda il tavolo nazionale per la governance, che lei ha annunciato nella sua relazione. Lo dico con brutale schiettezza: ritengo che il modello di governance dello sport italiano non funzioni più. D'altra parte, lo ereditiamo da molti decenni passati. C'è una funzione e un ruolo degli enti territoriali nella pianificazione delle politiche per lo sport, soprattutto viste come tassello del sistema del Welfare italiano, che deve essere ridefinito e rafforzato. Non si può più chiedere al CONI di essere tutto e di fare tutto.
Mi auguro che il suo proposito di costruire un tavolo e immaginare un modello di governance più innovativo, più moderno e più al passo con i tempi abbia successo. Avevamo avviato un lavoro di questo tipo e naturalmente siamo disponibili, anzi saremmo lietissimi, di poterle offrire l'esperienza di quel lavoro nell'attività che il tavolo nazionale vorrà condurre.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Gnudi, che avrà modo di replicare nella prossima seduta.
Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 17.