COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 15 ottobre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 9,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche per la tutela del territorio, la difesa del suolo e il contrasto agli incedi boschivi, l'audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Ringrazio gli auditi per la loro presenza e cedo subito la parola all'assessore Lenna.

VANNI LENNA, Assessore ambiente e protezione civile della regione Friuli-Venezia Giulia. Grazie, presidente. Per quanto riguarda la lotta agli incendi boschivi, ho preparato una sorta di relazione che, se credete, posso poi lasciare agli atti. Parlerò, appunto, per la parte che mi compete, della lotta agli incendi boschivi.
Nel corso di una riunione svoltasi ieri con i rappresentanti delle altre regioni, abbiamo discusso della funzionalità della legge n. 353 del 2000 - che si occupa della lotta agli incendi boschivi - e della necessità di una modifica di tale legge, seppure riconoscendo il ruolo positivo avuto in questi anni sia dalla legge stessa, sia dal quadro normativo di base, che ci sembra comunque da mantenere.
Inizierò leggendo la relazione, per poi intervenire successivamente, rispondendo alle vostre eventuali domande.
La legge quadro sugli incendi boschivi individua le regioni quali soggetti istituzionali preminenti - in stretto raccordo con il dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi della legge n. 225 del 1992 - nell'ambito del sistema nazionale integrato di protezione civile nelle attività di antincendio boschivo.
Le regioni ritengono che tale impostazione sia attuale e condivisibile, anche alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione.
L'efficacia operativa delle disposizioni normative è condizionata al pieno recepimento delle stesse negli ordinamenti regionali, pur nel rispetto delle specificità e dei diversi livelli di autonomia costituzionale delle regioni; al diverso grado e alle diverse tempistiche di recepimento si è ovviato con le ordinanze adottate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in occasione degli eventi calamitosi verificatisi negli ultimi anni.
La legge n. 353 del 2000 individua, in particolare, le azioni fondamentali da porre in essere per un'efficace azione antincendio boschivo: redazione dei piani regionali di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi; azioni di previsione


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e prevenzione del rischio di incendi boschivi; attività formative ed informative in materia di antincendio boschivo; interventi di lotta attiva agli incendi boschivi; definizione delle aree protette; definizione delle fattispecie di illecito e delle relative sanzioni; norme finanziarie per la piena applicazione operativa delle disposizioni.
Rispetto ai punti sinteticamente elencati - che caratterizzano le azioni di contrasto previste dalla legge n. 353 del 2000 e che coinvolgono le regioni e gli organi dello Stato -, si possono evidenziare i sottoindicati elementi di criticità.
Rispetto al primo punto (la pianificazione), va rilevata la non completa redazione ed attuazione dei piani regionali di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi, a causa della eccessiva frammentazione di competenze tra i vari soggetti regionali e subregionali (assessorati regionali, province, comuni e comunità montane); la carente individuazione delle aree percorse dal fuoco nell'anno precedente e delle aree a rischio di incendio boschivo, nonché la carente definizione della loro vulnerabilità geologica ed idrogeologica per le finalità di cui alla legge n. 183 del 1989;
Rispetto ai punti secondo e terzo (previsione, prevenzione, formazione e informazione), occorre evidenziare l'insufficienza di iniziative ed azioni informative e formative, nonché di una corretta coscienza della protezione civile in materia di incendi boschivi, che provocano la carenza di un'efficace azione di prevenzione e di presidio del territorio, anche inteso come reale percezione di bene comune da salvaguardare. Le regioni evidenziano anche la scarsità di azioni di prevenzione mediante il presidio del territorio rispetto alle attività criminose. Appare carente, infine, l'attività di prevenzione degli incendi mediante la corretta manutenzione delle aree boscate;
Rispetto al quarto punto (lotta attiva agli incendi), le regioni hanno talora evidenziato lo scarso coordinamento esistente sia tra le forze statali presenti nelle singole regioni, sia fra queste ultime e le forze regionali. Questo problema può essere efficacemente superato attribuendo l'effettivo raccordo e coordinamento delle forze dello Stato unicamente in capo al dipartimento della protezione civile, che dovrebbe esercitare tale ruolo rapportandosi alle regioni, rappresentate dai rispettivi presidenti e assessori delegati. In ambito regionale si ritiene necessario, inoltre, che la gestione delle attività antincendio boschivo sia posta in capo al presidente della regione, che si avvale delle strutture operative statali, regionali e locali per garantire l'omogeneità degli interventi. In tale contesto operativo, il comune deve assumere ancora maggiormente il rilievo fondamentale quale ente di base nelle varie azioni demandategli dalla legge n. 353 del 2000: nell'ambito delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva gli incendi; nell'ambito dell'attività di emergenza (il mancato riconoscimento della potestà ordinaria al presidente della regione e, in via subordinata, al sindaco); nell'imporre azioni finalizzate al rapido superamento della situazione emergenziale e a salvaguardia della pubblica incolumità;
Rispetto ai punti quinto e sesto (aree protette e sanzioni), le regioni hanno evidenziato l'efficacia deterrente dell'impostazione del vincolo di inedificabilità rispetto alle aree percorse dal fuoco. È tuttavia emerso che tali vincoli sono stati talora utilizzati come strumenti punitivi nei confronti delle proprietà attraversate dagli incendi dolosi e sviluppatesi in altre aree, anche a notevole distanza. È emersa la necessità che le aree percorse dal fuoco siano interessate da concrete, tempestive ed efficaci azioni di protezione dai dissesti idrogeologici, determinati dall'erosione superficiale dei terreni colpiti dagli incendi e quindi non più protetti dalla vegetazione. Per dare completezza e maggiore efficacia allo strumento del catasto delle aree percorse dal fuoco, pare opportuno che esso sia ancor più pubblicizzato, anche on line, e che sia compiutamente utilizzato per la pianificazione di emergenza e per la pianificazione urbanistica.
Rispetto al settimo punto (norme finanziarie), le regioni evidenziano in primis l'assoluta insufficienza, rispetto alle attuali


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esigenze, delle risorse finanziarie correlate alla legge n. 353 del 2000, nonché la connessa necessità di rivedere i criteri di riparto delle risorse stesse, al fine di supportare le regioni più colpite dagli incendi e che, con efficacia, hanno investito maggiori risorse. Appare carente, inoltre, l'attuale sistema di distribuzione dei finanziamenti rispetto alla maggiore valorizzazione del ruolo attivo assunto dalle singole regioni. Occorre, infatti, individuare un sistema di premialità, basato sui risultati conseguiti, piuttosto che su un mero dato numerico, così come invece accade con gli attuali parametri, assunti in attuazione della legge n. 353 del 2000. Le regioni evidenziano, inoltre, il carattere eccessivamente oneroso delle convenzioni stipulate con alcuni organi statali operativi preposti all'antincendio boschivo. A tale riguardo evidenziano altresì che l'insufficienza di risorse finanziarie assegnate ai predetti organi operativi statali determina una carenza dei relativi strumenti e mezzi operativi, che provoca il conseguente aumento dell'impegno di risorse finanziarie a carico delle regioni, depauperando di fatto le risorse finanziarie che ciascuna regione destina alla propria attività di antincendio boschivo. Infine, i vincoli correlati al rispetto del patto di stabilità determinano ulteriori limitazioni operative, non solo nelle attività di antincendio boschivo di cui alla legge n. 353 del 2000, ma anche nelle azioni di prevenzione del rischio idrogeologico conseguente agli incendi, di cui alla legge n. 183 del 1989.
Vengo ora alle conclusioni.
Le regioni ritengono che la legge n. 353 del 2000 sia ancora attuale e valida, ancorché da rivedere sulla base dell'esperienza maturata negli ultimi anni.
In particolare, le regioni ritengono opportuna una revisione della legge n. 353 del 2000, nella direzione di un rafforzamento delle competenze regionali e di un ampliamento - qualora necessario per evidenti ed accertate carenze di specifiche realtà regionali - dei poteri sostitutivi di livello nazionale; nonché un sostanziale ampliamento dei finanziamenti dedicati all'antincendio boschivo e una revisione dei criteri di riparto dei finanziamenti previsti dalla legge, volta a valorizzare le realtà operative regionali ed i loro risultati, piuttosto che basata su elementi meramente numerici.
Nell'ambito della lotta attiva agli incendi deve essere maggiormente garantito e rafforzato il ruolo di coordinamento delle sale operative regionali (SOUP), che devono operare in stretto raccordo con le forze dello Stato.
In tale contesto dovrà essere maggiormente valorizzato il ruolo di coordinamento a livello nazionale, in capo al dipartimento della protezione civile, in stretto raccordo con i presidenti delle regioni, a cui dovrà essere attribuita la piena potestà ordinatoria ed operativa, finalizzata alle attività di antincendio boschivo, a salvaguardia della pubblica incolumità.
In siffatta architettura operativa, il comune assume ancor più il ruolo di ente di base, in materia di protezione civile. La risoluzione alle criticità sopra rappresentate - nei punti dal primo al settimo - consentiranno di attualizzare e rafforzare l'impianto normativo per supportare adeguatamente l'efficacia del sistema nazionale integrato di protezione civile sulle attività di antincendio boschivo.

PRESIDENTE. Ringrazio l'assessore Lenna e do subito la parola al rappresentante di un'altra regione, che naturalmente non è regione autonoma (anche se, da emiliano, mi auguro che lo diventi molto presto). Io e l'assessore Bruschini siamo po' come il Gutturnio e il Lambrusco: siamo della stessa terra, ma siamo due cose differenti. Prego, assessore Bruschini.

MARIO LUIGI BRUSCHINI, Assessore difesa del suolo e protezione civile della regione Emilia-Romagna. Grazie, presidente. Il collega ha esaustivamente parlato della legge n. 353 del 2000 mentre io vorrei riferirmi, per evidenziare lo stato di profondo disagio che esiste in questo momento, ad altre due normative nazionali: il decreto legislativo n. 152 del 2006 - di cui, molto opportunamente, la nota introduttiva


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che c'è stata inviata dalla Commissione ha ripercorso tutta la storia - e la legge n. 183 del1989, istitutiva della difesa del suolo, delle autorità di bacino, dei piani stralcio per gli assetti idrogeologici (PAI) e di quant'altro.
Presidente, c'è una situazione che va sbloccata, perché il disagio è veramente fortissimo. Noi ci siamo visti altre volte, l'ultima in riva al Po, in quel di Cremona, ai primi di settembre, ma non voglio parlare qui di Po o di questioni padane, che pure - facendo parte anch'io del comitato di indirizzo dell'Agenzia interregionale fiume Po (AIPO) - mi stanno molto a cuore. Del resto, ho visto che avete previsto una specifica audizione per l'AIPO: parlerà, dunque, la mia collega del Piemonte, Bruna Sibilla, attuale presidente dell'Agenzia.
Il disagio profondo di cui parlavo è emblematicamente rappresentato - faccio un esempio - dal fatto che, ormai dal luglio 2007, l'Autorità di bacino del fiume Po è senza segretario generale: l'ultimo è stato il dottor Michele Presbitero. Il fatto che l'intero bacino di un fiume come il Po non abbia un comando tecnico-amministrativo di alto livello, in grado di interloquire con le regioni e con i ministeri competenti, crea un vulnus gravissimo. Parlo del Po perché è l'esempio più macroscopico. Ci sono bravissimi dirigenti e funzionari che suppliscono fin che vogliamo, ma ci sono - la prego di credermi, presidente - una quantità di problemi, da quelli piccoli e quotidiani a quelli più grandi, a livello macro, che restano irrisolti e che davvero stanno marcendo, perché non c'è un'interlocuzione di alto livello.
Inoltre, mentre le autorità di bacino sono ufficialmente morte il 30 aprile di quest'anno, le autorità di distretto non ci sono ancora e quindi viviamo una situazione - vorrei definirla, in omaggio alla Sicilia, pirandelliana - in cui il morto è morto e il vivo che dovrebbe sostituirlo non c'è ancora: una situazione di vacanza che, ripeto, potrebbe avere esiti gravi.
Continuando a prendere esempio dalla situazione dell'Autorità di bacino del Po, ricordo che noi abbiamo in ballo, tra l'altro, la questione - che il presidente conosce bene, essendo reggiano - dell'ampliamento della cassa di espansione sul fiume Secchia, che vede coinvolte le province di Reggio e di Modena. Ci sono, infatti, problematiche che riguardano i modelli di piena - non sto ora ad entrare nei modelli matematici e di dettaglio di una piena bisecolare -, le quali si vanno a riverberare sulle dimensioni del nuovo allargamento della cassa d'espansione, fondamentale per proteggere dal pericolo tutta la bassa reggiana e modenese.
In mancanza di un segretario generale, la provincia di Modena può tirare un po' da una parte e quella di Reggio può tirare un po' dall'altra: io faccio il possibile, come assessore regionale, ma manca un'interlocuzione alta.
A parte poi il fatto che, come molto opportunamente e correttamente è stato sottolineato in questa nota, i bacini prefigurati dal decreto legislativo n. 152 del 2006, al termine della XIV legislatura, riunivano tutti i fiumi romagnoli insieme al fiume Arno ed ai fiumi toscani, delineando un concetto di distretto idrografico un po' problematico - per non dire qualcosa di ancora più pesante - dal punto di vista idraulico, di bacino imbrifero.
C'è la necessità, quindi, di riprendere un dialogo forte - questo è il succo, presidente - fra il Ministero dell'ambiente e le regioni. Dobbiamo andare a rivedere come erano stati precedentemente concepiti i distretti, trovare un accordo, provvedere a nominare i nuovi segretari generali dei distretti stessi e rimettere in moto il sistema, altrimenti ci può capitare qualcosa tra capo e collo. Va bene che siamo in periodo di siccità, ma io non ho dimenticato - senz'altro anche il presidente, da reggiano, lo ricorda bene - quanto è accaduto a metà ottobre del 2000, con lo zero idrometrico poco sotto i quattromila, sulle Alpi, e con quella valanga d'acqua che è stata peggiore della frana del Polesine del 1951, dopo la rotta di Occhiobello.
Da questo punto di vista, quindi - e qui parlo a nome non solo dell'Emilia Romagna, ma di tutte le regioni padane, dell'AIPO,


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ed anche a nome di altre regioni -, è davvero impellente che si esca da questa palude: dobbiamo tirarne fuori i piedi nel più breve tempo possibile.
L'altro aspetto che vorrei evidenziare - e concludo, signor presidente - è che la legge n. 183 del 1989 (sussunta dal decreto legislativo n. 152 del 2006, ma non «assassinata», diciamo così, ossia non scomparsa nelle sue finalità) prevedeva dei piani triennali per la messa in sicurezza del territorio. Tali piani non stanziavano valanghe di soldi, però la scansione triennale consentiva di programmare gli interventi, richiedendo certe somme per realizzare certe opere: insomma, adagio adagio, si poteva andare avanti. Questo filone, adesso così flebile, era certo un rivolo, che però serviva. Ora, invece, c'è solo un punto interrogativo: cosa arriva dalla legge n. 183 del 1989? Non abbiamo nessuna garanzia, né sicurezza.
Ecco, quindi, che come regioni ci rivolgiamo a questa VIII Commissione - che da anni, pur cambiando nei suoi componenti col succedersi dei Governi, è sempre stata una Commissione benemerita (ricordo quando venne a Parma per visitare il luogo sede dell'autorità di bacino e dell'AIPO, svolgendo come sempre il suo ruolo meritorio) - dicendo: «Aiutateci, aiutateci affinché la macchina si rimetta in moto!».
I problemi di fondo della sicurezza territoriale del nostro Paese sono enormi e non bastano l'entusiasmo e i buoni rapporti esistenti tra le regioni e il dipartimento nazionale di protezione civile, per risolvere il problema: ci vogliono le vie ordinarie, non solo gli interventi post catastrofe o post evento calamitoso. Queste sono le cose che mi sentivo di dire, in piena trasparenza d'animo.
Grazie, presidente.

PRESIDENTE. Grazie, assessore Bruschini. Mi ha fatto una strana impressione che lei chiedesse aiuto a me, perché mi è sembrato di essere il romano a cui lei, padano, chiede aiuto... Dovrebbe essere il contrario; si sono invertite le parti! Vuol dire che mi metterò nei suoi panni e ci daremo una mano a vicenda, perché questo è quello che dobbiamo fare.

RAFFAELLA MARIANI. Vorrei ringraziarvi per la vostra presenza e chiedervi di scusare gli altri nostri colleghi che questa mattina, dovendo preparare un po' di materiale per la legge finanziaria, hanno dato forfait.
Trovo molto interessanti le osservazioni che sono state fatte dai rappresentanti delle regioni, sia per quanto concerne la lotta agli incendi, sia per quanto riguarda un altro tema che è stato affrontato negli ultimi anni, ma che è rimasto un po' a metà anche nella modifica del decreto legislativo n. 152 del 2006, e rispetto al quale abbiamo sollecitato più volte al Ministro dell'ambiente - il presidente lo ha fatto a nome di tutta la Commissione - l'urgenza e la necessità di riprendere in mano la questione delle acque, della riorganizzazione dei distretti idrografici e del varo di politiche utili per individuare meccanismi strutturali d'intervento non solo legati alle situazioni di emergenza.
Purtroppo stiamo valutando che in questa legge finanziaria - di cui le regioni avranno già avuto modo di vedere una traccia - ci sono tagli molto forti per quanto concerne il settore della difesa del suolo. Abbiamo sollevato questo tema anche con alcuni emendamenti: vedremo cosa emergerà oggi dalla discussione dei provvedimenti di bilancio, anche se le speranze sono veramente poche.
Abbiamo verificato che sui fondi per la difesa del suolo ci sono tagli delle risorse pari a circa il 50 per cento. Immaginiamo tutti che questo sarà un duro colpo per gli enti locali e per le regioni, che si avvalevano di quelle risorse che rappresentavano sicuramente un aiuto necessario se non per mettere in campo programmi di prevenzione, almeno, il più delle volte, per risolvere situazioni di semi-emergenza,.
Nella passata legislatura ci era stato riferito, riguardo ai temi dell'organizzazione dei distretti e del superamento delle autorità di bacino, in un'ottica di maggiore coordinamento, che non era emersa una posizione pienamente condivisa fra le regioni,


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forse anche a causa dei ritardi gravissimi che avevano contraddistinto la discussione sul decreto legislativo n. 152 del 2006.
Almeno al tavolo tecnico-politico si era avuto il sentore che non tutte le regioni la pensassero allo stesso modo. Da questo punto di vista, l'appello che si può fare alle regioni è di cercare di trovare velocemente una posizione condivisa su alcuni pilastri fondamentali, anche per evitare di costituire alibi, da una parte e dall'altra, per non fare procedere questo percorso.
In Commissione, tra l'altro, ci siamo detti più volte - e il presidente è testimone che avevamo trovato un accordo in merito, tra maggioranza opposizione - che su questo tema avremmo voluto dare un'accelerazione al percorso di revisione del decreto legislativo n. 152 del 2006, fino al punto di immaginare che si potesse procedere da parte della Commissione stessa, in sede legislativa, per giungere - individuando alcune questioni fondamentali - al superamento di quella parte del decreto legislativo. Il Ministro dell'ambiente, invece, è alla ricerca di una delega legislativa per la revisione del decreto legislativo n. 152 del 2006, che dal nostro punto di vista può essere una cosa positiva, ma che sicuramente rallenterà molto una discussione complessiva.
Quando questa Commissione sarà messa in condizione di discutere il provvedimento di delega legislativa al Governo, la nostra parte politica chiederà sicuramente che la priorità delle priorità riguardi il tema dei distretti, che ormai non hanno più un governo. Rispetto a questo, una situazione di emergenza - che spero non si verifichi mai - potrebbe non solo mettere in luce le carenze burocratiche e organizzative, ma anche avere conseguenze nefaste.
Vorremmo, quindi, con la vostra collaborazione, continuare a pressare il Governo - noi lo faremo non appena il Ministro dell'ambiente verrà in questa Commissione - e vorremmo chiedervi anche di rimanere aggiornati, anche attraverso i lavori della conferenza Stato-regioni, rispetto all'individuazione, da parte delle regioni, di alcune priorità e alla scelta di un indirizzo comune, riguardo alla riorganizzazione dei distretti idrografici.
Per tornare all'esempio del Po, anch'io capisco che, essendo coinvolta tutta una serie di regioni importanti - praticamente tutto il Nord del Paese -, dove sono in gioco situazioni di particolare rilievo economico e di particolare complessità politica e amministrativa, ci possano essere delle perplessità riguardo a un'organizzazione unica. Tuttavia, almeno un coordinamento efficace, toglierebbe molti alibi e offrirebbe, sicuramente, anche strumenti per trovare risorse aggiuntive dello Stato italiano e per l'utilizzo di fondi europei e di altri organismi, rispetto ai quali avremo forse maggiore forza e credibilità.

PRESIDENTE. Nel ringraziare gli assessori intervenuti, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,35.