COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 17 settembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO SAGLIA

La seduta comincia alle 14,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Confartigianato, Casartigiani e Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccole e media impresa (CNA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva, l'audizione di rappresentanti di Confartigianato, Casartigiani e Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccole e media impresa (CNA).
Ringraziamo per la loro disponibilità i rappresentanti di Confartigianato, ovvero il segretario generale, Cesare Fumagalli, il direttore dell'azione sindacale, Riccardo Giovani, il direttore delle relazioni istituzionali, Stefania Multari, e il capo ufficio stampa, Lorenza Manessi, per la Casartigiani, i responsabili sindacali Michele De Sossi e Paolo Melfa, e in rappresentanza della CNA, il direttore divisione economica e sociale, Enrico Amadei, il responsabile ufficio relazioni istituzionali, Sergio Gambini e l'addetto stampa, Giancarlo Festa.
Lascio la parola al dottor Fumagalli, che illustrerà il documento unitario che le rappresentanze hanno preparato per l'indagine.

CESARE FUMAGALLI, Rappresentante di Confartigianato. Il modello di relazioni industriali che il settore dell'artigianato ha sviluppato in autonomia a partire dalla fine degli anni '50 del secolo scorso è particolare. Ne sottolineo l'autonomia e la differenza da altri comparti, essendo fondato su un sistema di relazioni partecipativo anziché conflittuale, in cui si è sviluppata per prima la bilateralità, uno dei pilastri delle relazioni sindacali e delle attività che hanno caratterizzato in particolare gli ultimi venti anni. Abbiamo infatti attivi enti bilaterali dei quali ricorre il ventennale proprio quest'anno.
La terza peculiarità è costituita da una marcata territorialità, tanto che oggi siamo l'unico altro settore ad aver aperto un tavolo con CGIL, CISL e UIL sulla riforma del modello contrattuale il 3 luglio di quest'anno.
In queste settimane, è in corso una fitta serie di incontri con CGIL, CISL e UIS per lo sviluppo di questo modello. Con un vantaggio rispetto al settore dell'industria, si è dato vita nel 2004 a un nuovo modello, riconfermato nel 2006, che abbiamo titolato «di federalismo contrattuale», in cui il livello nazionale è affiancato da un secondo livello di tipo non aziendale, ma territoriale. Per la natura dei soggetti che rappresentiamo, micro e piccole imprese con estrema diffusione e numerosità sul territorio, quattro anni fa abbiamo trovato, con CGIL, CISL e UIL, una definizione congiunta di questo secondo livello, che ha la caratteristica di essere cogente.


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Tale livello infatti non riceve solo deleghe dal livello nazionale, ma ha una propria autonomia. In queste settimane, lo stiamo confermando e affinando con le rappresentanze dei lavoratori proprio in ordine alla sua praticabilità; quando lo abbiamo definito, quattro anni fa, eravamo sprovvisti di alcuni strumenti di cui intanto ci siamo dotati, quali la possibilità della rilevazione di indicatori congiunturali e gli indicatori di produttività su base regionale che l'Istat ha realizzato e che a breve potranno partire, dando contenuto e sostanza a questo modello particolare in cui crediamo profondamente. Proprio per il radicamento sul territorio, l'artigianato e la micro e piccola impresa vivono fortemente situazioni differenziate rispetto ai parametri accennati.
Nella riforma del sistema contrattuale prende sostanza sul secondo livello territoriale anche il modello della bilateralità. Faccio riferimento alla compartecipazione di una serie di istituti, dalla formazione continua - di cui abbiamo un esempio di particolare successo, giacché il Fondo artigianato è il terzo fondo in valore assoluto per numero di aderenti - a esempi locali (sviluppati sicuramente più nelle regioni del centro-nord che nel Mezzogiorno) di enti bilaterali di natura regionale, che in questi anni hanno virtuosamente fatto fronte alle situazioni di sospensione di attività con mezzi propri derivanti dalla negoziazione contrattuale.
Oggi, la nostra conferma di questo livello territoriale deriva non da una scelta negoziale, ma dal fatto che il sistema di produzione e di servizio delle imprese radicate sul territorio è fondato su questa struttura.
Stiamo andando alla conferma di questo modello, provvedendo alla sua pratica attuazione attraverso una serie di istituti da rinnovare, il cui contenuto stiamo negoziando con la previsione dell'estensione di una serie di finalità.
Stiamo ragionando con CGIL, CISL e UIL in ordine a nuovi contenuti di bilateralità per quanto riguarda le prestazioni di copertura assicurativa sanitaria.
Si tratta comunque di un complesso di istituti contrattuali; per fare un esempio, per la sicurezza sul lavoro dal 1996 esiste un accordo in termini di bilateralità.
Colgo l'occasione per ricordare come proprio i dati più recenti di INAIL, a conforto anche dell'attività svolta dagli enti bilaterali, indichino una riduzione virtuosa nel 2007 del 4,2 per cento degli incidenti sul lavoro nel settore dell'artigianato, a fronte di un calo dell'1,2 generalizzato in tutti settori dell'industria.
Abbiamo affrontato con l'istituto della bilateralità anche la materia della previdenza complementare, sebbene la questione appaia più difficile e complessa. Con CGIL, CISL e UIL, attraverso l'accordo del febbraio 2004, riconfermato a marzo del 2006, abbiamo dato una definizione di nuovo assetto contrattuale.
Rispetto ad altri settori crediamo quindi di avere già svolto gran parte del rinnovo del modello contrattuale e di essere in condizione di procedere all'attuazione con gli strumenti di cui ci siamo dotati.
Sugli aspetti della bilateralità parlerà, se il presidente consente, più diffusamente il rappresentante della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, Enrico Amadei.

ENRICO AMADEI, Rappresentante della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA). Ringrazio anche io per l'audizione.
Ovviamente condivido le valutazioni appena espresse, dal momento che abbiamo sottoscritto e presentato un documento unitario.
Vorrei aggiungere una questione relativa allo sviluppo e all'intervento della bilateralità nel mondo delle piccole imprese.
La bilateralità è l'unica modalità che abbiamo trovato e che ha funzionato per fornire prestazioni all'interno di un sistema di impresa diffusa molto frammentata.
È infatti difficile riconoscere all'interno delle singole imprese, con una presenza media di 3,4 dipendenti, quella solidarietà


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e mutualità che permette di erogare le prestazioni.
In questa sede parlamentare, dobbiamo ribadire l'esigenza di un sostegno legislativo, che si è sviluppato nel corso degli anni '90, ma non ha ancora trovato una piena e adeguata sistemazione dal punto di vista normativo.
Cerchiamo di evitare che la concorrenza fra le imprese possa essere perseguita anche attraverso la mancata applicazione contrattuale, che deriva anche dal possibile disconoscimento. La bilateralità è infatti una parte non obbligatoria dei contratti, per cui in alcune situazioni si può evitare quel tipo di oneri e le prestazioni successive. Chiediamo al Parlamento non di impegnarsi a prevedere l'efficacia erga omnes della contrattazione, ma l'applicazione integrale dei contratti. In termini di ammortizzatori sociali, di formazione continua, di prestazioni che stiamo cominciando a studiare con il sindacato, la bilateralità sta fornendo servizi reali.
Da questo punto di vista, è importante utilizzare i migliori esempi. Il Fondo formazione continua deriva da una norma legislativa sulla base della quale tutti sopportano un costo, sia le imprese che decidono di aderire al sistema, che quelle che decidono di non aderire, in quanto i soldi sono versati all'INPS e vengono successivamente riconosciuti alle regioni.
Questo ci ha permesso di costituire uno strumento che negli ultimi anni ha aumentato in modo considerevole l'erogazione di formazione in imprese che invece rimanevano escluse dalle procedure dell'FSE, ovvero dalle procedure regionali cui difficilmente la piccola impresa è in grado di accedere. Il limite minimo dell'Emilia Romagna per la presentazione di un progetto era 50 mila euro; la media dei progetti erogati da Fondo artigianato è di 8 mila euro, quota che permette alle imprese di piccola dimensione di accedere.
All'interno di un confronto con il sindacato, sempre tenendo in considerazione la storia dell'artigianato e la volontà di formulare risposte per imprese e lavoratori, rimane l'esigenza di un intervento legislativo che riconosca quanto le parti sociali hanno svolto e possono svolgere nella tutela e nella rappresentanza dei lavoratori e delle imprese in questo settore.

PRESIDENTE. Vorrei innanzitutto capire come la vostra vicenda possa influenzare il dibattito sul modello contrattuale in corso fra Confindustria e sindacati e se anche sulla questione del quadriennio e del triennio possano venire da quel tavolo proposte poi estendibili anche al mondo artigiano.
Vorrei sapere inoltre se possiate esplicitare - ho letto qualche riferimento nel documento messoci a disposizione - quali interventi normativi possono avvantaggiare l'incremento e il riconoscimento della bilateralità.
Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

CESARE DAMIANO. L'audizione è importante, perché si riferisce tra i tanti temi a quello del modello contrattuale. Le caratteristiche del settore rendono molto sentito l'argomento della bilateralità, che vogliamo tutelare e incentivare. Siamo infatti favorevoli allo sviluppo di una logica di bilateralità, perché in presenza di imprese di così piccola dimensione rappresenta uno strumento di tutela e di garanzia per le imprese.
Lei prima accennava alla possibile conclusione della trattativa tra CGIL, CISL e UIL e Confindustria e ai suoi eventuali riflessi sul mondo dell'artigianato, sebbene esista un apposito tavolo di discussione. Vorrei soffermarmi sul tema della contrattazione territoriale.
Non sfugge a nessuno come già nel corso della concertazione sul protocollo del 23 luglio 2007, con gli interlocutori del settore eravamo alle prese con il problema della decontribuzione del salario di produttività nella contrattazione territoriale. A quel tavolo ci fu uno scontro tra sistemi di imprese. La Confindustria avrebbe preferito - il termine «preteso» mi sembra eccessivo - che le risorse - incrementate da noi di 160 milioni rispetto al fondo


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precedente, con un'erogazione nel 2008 pari a 650 milioni di euro, finalizzata alla decontribuzione del salario di produttività a vantaggio del sistema delle imprese - fossero esclusivamente destinate alla contrattazione aziendale, escludendo la contrattazione territoriale.
A questo mi sono opposto e infine fu trovato un compromesso, tanto che i 160 milioni del protocollo sono ripartiti in 100 milioni a vantaggio della contrattazione aziendale e 60 (circa il 40 per cento della somma) a vantaggio della contrattazione territoriale, prevedendo meccanismi di compensazione nel caso in cui uno dei due volani non esaurisse le risorse disponibili, al fine di non disperderle.
Ho avuto modo di ascoltare e leggere interviste, dichiarazioni e proposte soprattutto di Confindustria, che tendono a non riconoscere la contrattazione territoriale.
Siamo contrari a questa impostazione e vorremmo sostenere una riforma del modello contrattuale, che nella contrattazione decentrata preveda contemporaneamente il contratto aziendale e territoriale.
Se questo non avvenisse, escluderemmo completamente benefici quali la decontribuzione a vantaggio delle imprese (il 25 per cento dei contributi pagati) e la detassazione a vantaggio dei lavoratori (150 milioni stanziati e coperti nel protocollo del luglio scorso).
Ho già chiesto al Governo notizie di queste risorse, che vanno a vantaggio del salario dei lavoratori per il premio di produttività, ma non ho ancora trovato traccia di pubblicazione della norma sulla Gazzetta Ufficiale, mentre, pur nel silenzio generale, a fine luglio è stata pubblicata la norma relativa ai 650 milioni, che nella giornata di lunedì, attraverso il meccanismo predisposto dall'INPS, ha consentito il deposito dei premi e l'assegnazione dei contributi alle imprese.
Ci batteremo quindi per un modello contrattuale che contemperi territorio e azienda, perché, se questo non avvenisse, escluderemmo dai benefici non solo imprese e lavoratori del settore dell'artigianato - aggiungo tra i benefici la totale pensionabilità del salario di produttività a vantaggio dei lavoratori - ma anche settori del commercio e dell'edilizia, tutti strutturati nella contrattazione su base territoriale. Ritengo estremamente rilevante questo punto.
Del resto, la norma pubblicata in Gazzetta Ufficiale, contenuta nel decreto firmato da me e da Padoa Schioppa, riporta la ripartizione delle risorse tra contrattazione aziendale e contrattazione territoriale, in ossequio a quanto stipulato nel protocollo del 23 luglio.
L'ultima iniziativa del Governo a proposito della detassazione dei premi di risultato appare non coerente con questa impostazione. Apprezzo che vengano destinate risorse al salario di produttività, ma ho più volte chiesto al Governo di cambiare l'impostazione per cui vengono utilizzate delle risorse per la detassazione e decontribuzione anche per il salario unilaterale erogato dalle imprese. Tutto questo non aiuta il potenziamento del modello contrattuale nel momento in cui la trattativa tra le parti sociali mira a definire un modello contrattuale espansivo.
Considero contraddittorio affermare giustamente la necessità di ampliare l'intervento del salario di produttività in azienda e nel territorio, senza poi agevolare il premio di risultato, che rappresenta il punto di incontro fra la volontà aziendale o territoriale dell'impresa e del sindacato dei lavoratori.
Sono quindi molto interessato a comprendere a che punto sia giunto questo argomento, se esista tra le confederazioni di artigiani e Confindustria, che in molti casi hanno trovato delle convergenze, una consonanza circa la definizione del modello contrattuale e a che punto sia il confronto con CGIL, CISL e UIL a questo proposito.

GIULIANO CAZZOLA. Vi ringrazio per il contributo dato alla nostra indagine. Mi limiterò a porre due domande, che puntualizzano quanto i colleghi hanno già evidenziato. La questione della struttura della contrattazione nel settore dell'artigianato è risolta, sebbene le cose possono


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sempre cambiare, come gli aspetti della vita. Anni orsono, infatti, le organizzazioni artigiane raggiunsero con le organizzazioni sindacali un accordo, che non è stato messo in discussione e quindi è valido, salvo eventuali ricadute di un futuro accordo nel settore confindustriale.
Da anni, però, avete compiuto un percorso consolidato, ovviamente con una serie di problemi che riguardano i divari territoriali di questo povero Paese, codificato con un'intesa che a suo tempo destò scalpore perché innovativa.
Sono particolarmente interessato al discorso sulla bilateralità, che è un cavallo di battaglia del Governo, su cui il Ministro Sacconi ha spesso insistito, tanto che in un passaggio di una sua relazione manifestava l'intenzione di un'efficacia erga omnes della bilateralità; ne ha parlato in precedenza un rappresentante della CNA, che ha anche aggiunto di aver individuato con le associazioni interessate una possibile strumentazione.
Vorrei chiedervi quindi di illustrare questo aspetto, per fornire a noi, che deteniamo il potere legislativo, suggerimenti utilizzabili anche nel redigere il documento finale di questa indagine.

NEDO LORENZO POLI. Considero importante questo incontro anche perché, conoscendo operativamente il mondo degli artigiani, credo che la bilateralità sia stata importante. Per renderla ancora più funzionale, è necessario diffondere una maggiore informazione anche nei riguardi dei piccoli artigiani spaesati e garantire una migliore organizzazione, in grado di accrescerne l'utilizzo da parte di tutti.
Nella miriade di piccoli contratti e di settori, vorrei chiedere al mondo degli artigiani di riunificare alcune tipologie di contratti per semplificare la vita alle piccole imprese, che sembrano scollegate dall'iter dei contratti specifici. Questo permetterebbe anche un migliore coordinamento sul territorio.
Credo che sia stato raggiunto un risultato importante, perché, per esempio attraverso il sistema degli ammortizzatori sociali, si risolvono tanti problemi delle aziende, purtroppo attualmente in difficoltà.
È chiaro che l'accordo territoriale è basilare, perché nel settore non esiste altra possibilità. Si tratta di un'esperienza già consolidata e con al suo attivo importanti risultati che può essere di esempio anche per Confindustria.
Dal punto di vista legislativo, è necessaria una norma definitiva che consenta che questo strumento decolli e sia reso obbligatorio, affinché tutte le imprese, in questo momento difficile, possano conoscerlo e applicarlo senza remore.
Esprimo dunque un parere positivo, ritenendo che esso abbia già fatto compiere un salto importante al settore degli artigiani. Mi auguro che, oltre a questo settore, si possa avvicinare a questa modalità contrattuale anche il mondo dell'industria.

GIUSEPPE BERRETTA. Ho preso visione del documento predisposto dai nostri interlocutori e vorrei porre una domanda. Nel dibattere di bilateralità, ci si confronta in particolare con alcune realtà territoriali. Non dubito che a Treviso o a Milano la bilateralità funzioni, come giustamente sottolineate anche nel vostro documento, ma i risultati in altre parti del Paese sono certamente diversi.
Vorrei sapere quindi se su questo fronte abbiate ipotizzato modalità per aiutare la bilateralità in altre parti del Paese, premesso che l'idea dell'erga omnes appare semplicistica.
A Costituzione invariata, mi sembra impossibile realizzare l'obbligatorietà generalizzata dello strumento contrattuale.
Rispetto al Mezzogiorno e alle problematiche specifiche da voi stessi sottolineate, vorrei sapere quali strumenti potrebbero facilitarne la diffusione.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

CESARE FUMAGALLI, Rappresentante di Confartigianato. Comincio dall'ultimo intervento. Abbiamo rilevato difficoltà nelle regioni del Mezzogiorno. La strada


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cui stiamo pensando e che abbiamo posto sul tavolo della trattativa in corso è quella di rendere questa strumentazione cogente non erga omnes ma per tutti quelli che applicano i contratti, quindi con la tecnica di inserimento citata dal collega Amadei. In tal modo si intende evitare una penalizzazione per chi si iscriva agli enti bilaterali, prevedendo un meccanismo a rovescio che trovi una compensazione in una previsione contrattuale alternativa all'iscrizione agli enti bilaterali. Se chi si iscrive all'ente bilaterale e consente di erogare una prestazione ha un costo in più, è necessario prevedere contrattualmente lo stesso costo a carico di chi non voglia seguire quel meccanismo.
Ad esempio, nell'ipotesi di una copertura di assistenza sanitaria integrativa, la prestazione è realizzata in un certo modo, se il datore di lavoro è iscritto all'ente bilaterale; chi non voglia ricorrere allo strumento dell'ente bilaterale deve comunque provvedere alla corresponsione almeno dello stesso costo, in questo caso senza che sia però offerta la prestazione. In tal modo, si evidenzierebbe il vantaggio della soluzione negoziale attraverso l'ente bilaterale.
La previsione di tale meccanismo all'interno della parte economica dei contratti consentirebbe - stiamo studiando proprio in questi giorni delle ipotesi al riguardo - di procedere a una regionalizzazione successiva; quindi si tratterebbe di un'ipotesi di raccolta nazionale delle adesioni con una successiva redistribuzione regionale.
Il meccanismo ha virtuosamente funzionato nel Fondo per la formazione continua, che distribuisce l'85 per cento delle risorse alle regioni, conservando un 15 per cento per il livello nazionale e la solidarietà interregionale. Stiamo discutendo alcune ipotesi con le organizzazioni sindacali.
Una domanda, posta da quasi tutti gli intervenuti, riguarda il punto con cui ho voluto aprire il mio intervento, affermando la volontà di difendere gelosamente un ambito di autonomia contrattuale che ha una storia alle spalle. Vorremmo quindi che il pericolo della riduzione in sedicesimo del tavolo delle relazioni Confindustria/CGIL, CISL e UIL non condizionasse il negoziato che stiamo conducendo contemporaneamente, per evitare che alla fine arrivi in fotocopia o in riduzione rispetto a un settore con sue peculiarità. Piccola e grande impresa sono infatti mondi con necessità diverse, cui storicamente facciamo fronte con soluzioni diverse.
Da sempre, la bilateralità e la territorialità sono due peculiarità della contrattazione dell'artigianato. Anche il comparto industriale nell'edilizia prevede la soluzione territoriale da sempre, giacché le casse edili sono territoriali. L'artigianato e l'edilizia hanno una storia di territorialità dei rapporti.
Per quanto riguarda le questioni legate a eventuali interventi legislativi, poiché al termine di questo negoziato vorremmo avere definito nell'ambito delle relazioni sindacali il maggior numero di questioni reciproche, le soluzioni individuate potrebbero avere necessità di conforto attraverso interventi legislativi, che però partano da dove le parti sono arrivate con lo strumento negoziale. Oggi, ritengo però prematura questa valutazione, perché forse non arriveremo alla soluzione pattizia con CGIL, CISL e UIL.
Per quanto riguarda invece la decontribuzione e detassazione, non consideriamo neanche l'ipotesi di compiere passi indietro, anche perché la posizione di Confindustria faceva riferimento alla necessità di evitare una moltiplicazione degli ambiti, non potendovi essere un secondo livello sia di natura aziendale che territoriale.
Vogliamo però considerare acquisita l'applicazione anche al livello territoriale della contrattazione di secondo livello. Anche il Ministro Sacconi ha ribadito l'intenzione del Governo di confermare la contrattazione di secondo livello di ambito territoriale alla pari delle altre forme di contrattazione di secondo livello; ciò peraltro appare inevitabile.


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ENRICO AMADEI, Rappresentante della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA). Vorrei collegarmi alla domanda relativa alla razionalizzazione contrattuale.
Abbiamo fatto una proposta di forte razionalizzazione contrattuale, perché riteniamo che ormai le risposte debbano essere date su grandi numeri. Abbiamo proposto un contratto unico, ma ci troviamo dinanzi a un problema rilevante: le organizzazioni sindacali statutariamente sono organizzate per categorie e le categorie nate nel dopoguerra non rispondono più alle modifiche intervenute in termini di servizi di logistica, di mobilità dei lavoratori e anche dei settori.
Alcuni confini cominciano a diventare molto difficili da leggere.
La nostra proposta è dunque quella del contratto unico, sapendo che esistono situazioni molto particolari come quella dell'edilizia, che ha una storia parallela.
Il sindacato è presente nel riconoscimento dell'obiettivo, ma nell'individuazione del percorso incontra difficoltà maggiori, anche perché le nostre organizzazioni sono strutturate a livello più territoriale che verticale, per cui è più semplice per noi giungere a questo tipo di soluzione.

CESARE FUMAGALLI, Rappresentante di Confartigianato. Anche nel documento di CGIL, CISL e UIL viene individuata la necessità di una riduzione del numero di contratti. Numericamente, se si potesse azzardare un pronostico, noi diciamo 1, partendo da 17; per cui probabilmente si raggiungerà un accordo intermedio.

NEDO LORENZO POLI. Ho dimenticato di citare l'importanza della formazione che fate sulla sicurezza nel lavoro. Questo aspetto fondamentale potrebbe essere richiamato nei contratti.
Sottoscrivo le sue considerazioni e le assicuro il massimo impegno.

ENRICO AMADEI, Rappresentante della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA). Volevo sottolineare che sulla sicurezza abbiamo un accordo interconfederale che è recepito da tutti i contratti, esclusa l'edilizia che ha una storia diversa di casse edili. Già operiamo quindi su una serie di temi in termini generali.
Vorrei rispondere all'onorevole Berretta sulla questione del presunto malfunzionamento della bilateralità in alcune aree.
L'esperienza della formazione continua ci ha fatto compiere un salto qualitativo, per cui, all'interno della logica della raccolta e dell'erogazione dei servizi citata da Fumagalli, il nostro ragionamento si basa sulla sussidiarietà.
Abbiamo realtà di formazione continua che non hanno costituito le strumentazioni regionali. Il contratto nazionale ha operato tramite la sussidiarietà, rispondendo direttamente alle imprese e ai lavoratori che in quei territori avevano l'esigenza di fare formazione.
Desidero sottolineare il famigerato articolo 10 della legge n. 30, che portò al decreto legislativo n. 276 del 2003 (la cosiddetta legge Biagi). Questo stabiliva che l'applicazione dei contributi alle strutture bilaterali fosse equiparata alla parte normativa e quindi obbligatoria.
L'interpretazione di quella norma però è stata rovesciata attraverso lo strumento della circolare, con conseguenti sentenze della Corte di cassazione. Nel momento in cui si costruisce un modello di questa dimensione, sul cui funzionamento devono essere garantiti controlli per rispondere alle prestazioni - come è stato fatto con i fondi di formazione professionale - dobbiamo avere una strumentazione legislativa di supporto condivisa dalle parti, stimolata dalle parti sociali, che giunga a una soluzione.
In questa fase, stiamo discutendo con il sindacato non una soluzione definitiva, ma una contrattualizzazione delle prestazioni, ovvero una trasformazione degli oneri da solidaristici a individuali.
Chi non aderisce alle richieste del sistema deve rispondere individualmente,


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prassi che anche il Ministro Sacconi in questa fase vede con maggiore favore, perché più semplice da applicare.
Come avvenuto nel caso delle casse edili, diventate fondamentali per garantire l'accesso delle imprese a una serie di strumenti sia contributivi sia di mercato, riteniamo opportuno affrontare questa discussione.
Non siamo nella fase finale, ma dovete sapere che stiamo discutendo, che siamo avanti, che stiamo discutendo parallelamente e non insieme.
Non c'è un problema di messa in discussione della contrattazione decentrata, che è la struttura contrattuale dell'artigianato. Su questo si esprime condivisione.
Dobbiamo però compiere passi avanti per garantire ai lavoratori il miglioramento del funzionamento del sistema e delle condizioni di impresa.

PRESIDENTE. Credo che quella odierna sia stata un'audizione particolarmente rilevante ai fini dell' obiettivo della nostra indagine conoscitiva. Sottolineo quindi l'importanza dei temi della territorialità e della bilateralità che ci hanno visto dibattere in questa sede.
Nel ringraziare tutti i rappresentanti del mondo dell'artigianato, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.