COMMISSIONE XIV
POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA
Comitato permanente per il monitoraggio sull’attuazione delle politiche dell’UE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 17 febbraio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE NUNZIANTE CONSIGLIO

La seduta comincia alle 11,05.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Confindustria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma, l'audizione di rappresentanti della Confindustria.
È presente Daniel Kraus, vice direttore della Confindustria, il quale è accompagnato da Maria Carla Moglia, dell'area politiche industriali, economia della conoscenza, Europa e internazionalizzazione e Simona Finazzo, della direzione rapporti istituzionali.
L'audizione odierna presenta una particolare importanza in quanto ci consente di approfondire, nel più ampio contesto dell'indagine, uno dei principali filoni di analisi: l'idoneità dell'attuale quadro normativo rispetto all'esigenza di garantire che nella formazione della posizione italiana a livello europeo si tenga conto degli interessi economici e sociali nazionali.
Uno degli elementi di debolezza storicamente imputati alla partecipazione italiana all'Unione europea riguarda infatti la difficoltà per il nostro Paese di «fare sistema», definendo e rappresentando in tutte le sedi e gli stadi del ciclo decisionale comunitario una posizione che rifletta gli interessi del settore produttivo nazionale.
Nelle attività conoscitive svolte in passato dalla nostra Commissione e da altri organi parlamentari sono stati individuati quattro principali fattori di criticità al riguardo: la mancanza di una consultazione efficace e sistematica dei soggetti interessati da parte del Governo, quanto meno in relazione alle iniziative regolative dell'UE di maggiore rilievo per il nostro Paese; l'assenza di una sistematica valutazione da parte delle amministrazioni interessate dell'impatto delle proposte legislative europee sul nostro sistema economico e sociale; il debole coordinamento tra il Governo, il Parlamento nazionale e i Parlamentari europei nel corso del processo decisionale comunitario, al fine di definire e tutelare in modo coerente l'interesse nazionale, come invece avviene nell'esperienza degli altri grandi partner europei; la scarsa partecipazione - almeno in passato - delle categorie produttive e delle parti sociali italiane alle consultazioni svolte dalla Commissione europea nella fase di preparazione delle iniziative regolative.
La legge Stucchi ha inteso approntare una prima risposta a questi aspetti problematici soprattutto attraverso l'articolo 7 che prevede due strumenti: l'attribuzione al CNEL del compito di elaborare valutazioni e indirizzare contributi a Camere e


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Governo in merito a questioni di particolare interesse economico e sociale; la possibilità per il Presidente del Consiglio o il Ministro per le politiche comunitarie di organizzare, in collaborazione con il CNEL, sessioni di studio «al fine di assicurare il più ampio coinvolgimento delle categorie produttive e delle parti sociali».
Nell'ambito dell'audizione odierna vorremmo pertanto verificare: il grado e le modalità di attuazione di questi strumenti e la relativa efficacia e adeguatezza rispetto allo scopo perseguito; il ricorso da parte del Governo e degli altri soggetti interessati ad ulteriori strumenti di consultazione delle parti sociali e delle categorie produttive su questioni e proposte legislative europee di particolare rilievo; l'opportunità, anche mediante una modifica della legge Stucchi, di introdurre ulteriori meccanismi e procedure per il coinvolgimento delle parti sociali.
Vi prego pertanto di fornirci valutazioni e proposte puntuali di cui terremo sicuramente conto in vista di un'eventuale revisione della legge Stucchi e del Regolamento della Camera.
Prima di darvi la parola ricordo che la Camera dei deputati ha sempre tentato, da parte sua, di assicurare il dialogo con parti sociali e categorie produttive, attraverso audizioni sistematiche sul programma legislativo - come quella previste nella mattinata di oggi - e sulle principali proposte legislative europee, da ultimo sul pacchetto energia e su quello energia-clima.
Do la parola al vice direttore della Confindustria, Daniel Kraus.

DANIEL KRAUS, Vice direttore della Confindustria. Signor presidente, innanzitutto voglio ringraziare tutti voi per l'occasione che viene offerta a Confindustria di esprimere la propria valutazione sulla materia della legge n. 11 e su come essa ha funzionato.
Confindustria ritiene che l'eccessiva complessità e farraginosità delle procedure che disciplinano sia la fase ascendente sia quella discendente abbiano in qualche modo compromesso un'efficace applicazione della legge e rendano ora necessari interventi semplificativi, volti ad assicurare una reale ed effettiva partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea, nonché un miglior recepimento della legislazione comunitaria.
In tale contesto, riteniamo che questo Parlamento possa ricoprire un ruolo incisivo soprattutto con riferimento alla fase ascendente. Al fine di ridurre la distanza tra il lavoro che svolgono i membri italiani al Parlamento europeo e quello dei deputati al Parlamento nazionale e di sensibilizzare maggiormente questi ultimi sui temi europei, Confindustria ritiene che i meccanismi di informazione del Parlamento italiano sugli atti comunitari in elaborazione, e in modo particolare sulle proposte legislative, andrebbero rafforzati, prevedendo ad esempio riunioni periodiche dei deputati europei e nazionali sulla base delle Commissioni di appartenenza.
Tuttavia, andando nello specifico, Confindustria ritiene che, con riferimento alla fase ascendente, siano necessarie le seguenti misure. Innanzitutto occorre prevedere che il Parlamento nazionale possa procedere ogni anno ad un esame del programma di lavoro della Commissione ed alla conseguente identificazione delle priorità del nostro Paese, sulle quali concentrare una maggiore attenzione nel corso dell'anno.
In secondo luogo, occorre assicurare che, in linea con quanto stabilito dal protocollo citato, il Parlamento europeo e i parlamentari nazionali definiscano insieme l'organizzazione e la promozione di una cooperazione interparlamentare efficace e regolare e stabiliscano strumenti volti a rafforzare il coordinamento tra i deputati membri del Parlamento europeo e quelli membri del Parlamento nazionale. In questo senso, si ritiene che tale cooperazione andrebbe estesa anche alla Commissione europea, invitando periodicamente i commissari, o almeno gli alti funzionari, ad illustrare e dibattere temi di attualità in sede comunitaria.
Inoltre, è necessario rafforzare i meccanismi di informazione e consultazione


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delle parti sociali, garantendo una loro effettiva partecipazione ai lavori in seno alle diverse sedi previste dalla legge, ovvero il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), il comitato tecnico permanente, chiamato ad assistere il CIACE nei suoi lavori, i tavoli di coordinamento nazionali, ai quali sono convocati i rappresentanti di regioni e province autonome. A questo proposito è essenziale migliorare i meccanismi di comunicazione sui testi in discussione.
Un confronto utile e proficuo presuppone un'uguaglianza delle conoscenze, mentre ad oggi molte volte i documenti usati nelle negoziazioni a livello comunitario sono trasmessi in modo discontinuo o spesso in ritardo.
Inoltre, a nostro giudizio, è auspicabile anche organizzare incontri con le parti sociali durante tutto l'iter legislativo, e non solo all'inizio, quando si tratta di definire la posizione del Governo. I negoziati comunitari con gli ultimi allargamenti sono diventati molto più complessi, difficili e lunghi. Di conseguenza, le posizioni necessitano di aggiustamenti e rimodulazioni continue, alle quali le parti sociali, e in primis Confindustria, sono interessate a partecipare. Questo è ciò che noi facciamo regolarmente a Bruxelles attraverso la nostra delegazione presso l'Unione europea. Per realizzare quanto ho appena detto potrebbe rivelarsi necessario un rafforzamento della struttura del CIACE, che deve essere messo nelle condizioni di espletare al meglio il proprio mandato. Con il CIACE la collaborazione si è dimostrata più volte proficua, ad esempio per quanto riguarda la recente adozione del pacchetto clima ed energia; con il CIACE abbiamo avuto modo di confrontarci su questo tema in modo continuativo e, direi, profittevole.
Con riferimento alla fase discendente, Confindustria ritiene essenziale intervenire al fine di assicurare una riduzione dei tempi - oggi eccessivamente lunghi - di approvazione della legge comunitaria e conseguentemente di recepimento delle direttive comunitarie, nonché al fine di limitare il rischio di procedure di infrazione. A questo proposito va ricordato che notevoli passi avanti nel migliorare e nel ridurre il numero delle procedure di infrazione sono stati fatti grazie anche agli sforzi dell'ex Ministro Bonino, a cui va il merito di aver portato il numero di infrazioni da 275 a meno di 200 in poco più di un anno. Tuttavia, noi pensiamo che se si prosegue su questa strada le procedure oggi esistenti possono essere portate a un numero fisiologico che stimiamo essere intorno a 80-90 procedure in essere, guardando i casi di Francia, Germania e Inghilterra, con i quali vorremmo si facesse il raffronto.
In secondo luogo, riteniamo essenziale procedere al recepimento adottando un approccio che sia più possibile conforme alle direttive comunitarie, al fine di evitare inutili appesantimenti e irrigidimenti normativi.
In terzo luogo, si tratta di prevedere, riprendendo alcune delle linee di programma di better regulation dell'Unione europea, che laddove l'atto di recepimento nazionale a livello centrale o regionale - a seconda delle competenze esclusiva o concorrente di Stato e regioni - stabilisca disposizioni più vincolanti e ambiziose di quelle previste dall'Europa, venga fatta una valutazione dell'impatto economico (con riferimento al rapporto costo-benefici, come lei ha illustrato, signor presidente) di tali disposizioni più vincolanti e dell'impatto in termini di concorrenza con i principali concorrenti europei ed internazionali.
Inoltre, nel caso specifico, ad esempio, per conformarsi alla direttiva 2006/123/CE entro il 28 dicembre 2009, il Governo deve riesaminare la normativa esistente sulle attività di servizi a livello centrale, regionale e locale, per individuare norme discriminatorie o limitanti l'accesso alla libera prestazione per cittadini provenienti dagli altri Stati comunitari, per procedere successivamente alla soppressione di questi ostacoli sia di carattere giuridico che amministrativo.


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Noi auspichiamo la massima collaborazione da parte delle regioni e degli enti locali perché si possa contribuire attivamente al recepimento di questa norma.
Infine, data anche l'occasione, vorrei sottolineare un problema che vedo emergere in questi giorni e che credo sia importante. La Commissione europea, in questo momento, sta esaminando i diversi aiuti «anticrisi» - chiamiamoli così - che gli Stati dell'Unione hanno emanato. Tutti, o quasi tutti, gli Stati dell'Unione lo hanno fatto ed oggi il problema per la Commissione è quello di potersi esprimere e coordinare queste iniziative.
A tal fine, noi sappiamo che la Commissione ha richiesto espressamente, per rendere il suo lavoro più facile, l'individuazione di un membro del Governo che sia l'interlocutore in materia di aiuti presso la Commissione stessa e ha suggerito che a tale ruolo sia preposto il Ministro degli affari europei di ciascun Paese dell'Unione europea.
Noi abbiamo incontrato recentemente il segretario di Stato per gli affari europei della Francia, Bruno Le Maire, il quale, parlando degli aiuti che la Francia aveva già emanato tra fine novembre e inizio dicembre per il settore automotive e di quelli che avrebbe emanato in materia di credito e di sostegno a settori industriali oggi a rischio, ci aveva illustrato che sarebbe stato lui il portavoce presso la Commissione europea di tutti gli atti che riguardano gli aiuti previsti dalla Francia.
Noi non vogliamo entrare nel merito di chi debba farlo, anche se la Commissione europea ha identificato nel Ministro per gli affari europei la persona adatta a svolgere questo ruolo. Noi pensiamo, però, che oggi questo coordinamento sia fondamentale per avere una voce che parli e tuteli i nostri interessi. Ciò è molto importante, dal momento che la tipologia di aiuti a cui stiamo assistendo potrebbe configurarsi come veri e propri aiuti di Stato.
È necessario, quindi, trattandosi di una materia che impatta sulla competitività delle imprese, che ci sia una linea europea che possa valere per tutti i Paesi membri. La mancanza di una posizione di disciplina autonoma comprometterebbe notevolmente la posizione delle nostre imprese.
Sempre a tal fine vorrei sottolineare che, recentemente, la Commissione europea, nella definizione degli aiuti possibili per le imprese - cioè la materia degli aiuti di Stato - ha enormemente allargato le possibilità di intervento degli Stati membri, prevedendo che gli aiuti concessi alle imprese possano essere elevati a 500 mila euro nei prossimi due anni, per aiutarle a superare le attuali difficoltà. La Commissione europea ha, inoltre, previsto che lo Stato possa dare delle garanzie sui prestiti per ridurne i tassi di interesse, che i prestiti di sussidio, particolarmente per la produzione di beni ambientalmente compatibili (che rispettano, quindi, gli standard ambientali), possano essere trattati in modo differenziato in materia di aiuti di Stato e, infine, che l'aiuto sotto forma di capitale di rischio fino a 2,5 milioni all'anno per le piccole e medie imprese, al posto della somma corrente di 1,5 milioni, possa essere concesso quando almeno il 30 per cento del costo dell'investimento sia coperto da investitori privati.
Oggi ci troviamo di fronte a Stati membri che pur avendo, sicuramente, meno problemi di noi in materia di debito pubblico, stanno tuttavia implementando queste misure. Chiediamo, pur nel rispetto dei vincoli e dei parametri di Maastricht, che l'azione sia il più possibile coordinata tra gli Stati membri, perché il non farlo porterebbe a una naturale dislocazione delle produzioni all'interno dell'Unione europea.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SANDRO GOZI. Signor presidente, innanzitutto ringrazio il dottor Kraus per la sua presenza. Tra l'altro, vorrei sottolineare ai membri della Commissione che, vista la lunga esperienza comunitaria del dottor Kraus, la presente audizione costituisce


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veramente un momento importante. Credo che durante l'incontro di oggi siano emersi numerosi elementi fondamentali, in parte già emersi nel corso dei nostri lavori di settore (penso alla questione del cambiamento climatico), così come nelle audizioni che abbiamo tenuto in materia di vigilanza bancaria e finanziaria.
Penso che su tali elementi dovremmo riflettere ai fini della modifica della legge n. 11 del 2005, ma anche della nostra valutazione sull'operato del Governo in questa fase.
Comincio dalla questione degli aiuti anticrisi. Il dottor Kraus ne ha parlato, ma vorrei ritornare sul tema e porre alcune domande. Come Confindustria vedete dei rischi reali di tenuta del mercato unico, in questa fase? A vostro parere, è sufficiente la linea individuata dalla Commissione di identificazione di un responsabile, una sorta di «mister aiuti», a livello nazionale? Secondo voi, si tratta di una misura sufficiente ad evitare qualsiasi rischio di ritornare al protezionismo e, quindi, di creare delle crepe all'interno del mercato unico, oppure no?
In particolare, non ritenete che sarebbe opportuno decidere, a livello comunitario, quali settori debbano essere definiti in difficoltà e, quindi, possano essere beneficiari di aiuti, anziché ricorrere a questo approccio «a rete», mentre in realtà ogni Stato decide quali imprese debbano usufruire degli aiuti? Non ritenete, invece, che la Commissione europea dovrebbe svolgere una attività di denuncia preventiva più forte?
Sappiamo benissimo che, al momento, i trattati in materia di concorrenza permettono alla Commissione europea di agire ex post, non ex ante. Tuttavia, si può agire ex ante sul piano politico. Qual è la vostra valutazione dell'atteggiamento politico della Commissione europea?
Passando più direttamente all'oggetto dell'audizione, lei faceva riferimento all'opportunità che si apra, in Italia, un dibattito annuale sulle priorità comunitarie. Noi abbiamo pensato, da tempo, di introdurre nel nostro Paese una sorta di sessione comunitaria, che dovrebbe essere l'equivalente per le questioni comunitarie della sessione di bilancio. Vorrei conoscere il vostro parere in merito.
La questione del CIACE e delle parti sociali è un altro degli elementi già emersi nelle precedenti audizioni. Noi abbiamo l'impressione che il CIACE dimentichi di essere organo del sistema Paese e sia, molto spesso, unicamente organo del Governo. Questo non è il ruolo del CIACE e, comunque, esso non va nella direzione dell'interesse nazionale. Mi sembra che, da quanto sostenete, questo problema, che altri attori che abbiamo audito hanno incontrato, sia avvertito anche da Confindustria. Vorrei conoscere le vostre valutazioni in merito.
Inoltre, lei faceva riferimento a informazioni che vi arrivano in ritardo. Dal momento che il nostro Governo le riceve insieme agli altri Governi, perché a voi arrivano in ritardo?
A proposito delle infrazioni lei faceva, giustamente, riferimento ai due benchmark che dovremmo sempre utilizzare, Regno Unito e Francia, anche perché le infrazioni rappresentano un altro fattore di competitività. Mi interessa conoscere una vostra valutazione sul rapporto tra Confindustria e sistema Italia paragonato al rapporto tra MEDEF e sistema Francia o tra CBI e sistema britannico. Dal vostro punto d'osservazione - Bruxelles e Roma - i vostri rapporti con il sistema Paese sono equivalenti a quelli dei vostri colleghi francesi e inglesi con i rispettivi sistemi nazionali? Tali rapporti sono peggiori, migliori, diversi? Quali sono gli elementi, dal punto di vista della fase ascendente e discendente, più rilevanti, a vostro parere, da segnalare?
Infine, lei faceva riferimento alla better regulation e alla necessità di una valutazione di impatto. Anche questo è un elemento che, in fase di crisi, mi sembra ancora più rilevante. Dal momento che esistono direttive dettagliate in materia economica, spesso è inutile gravarle di criteri e princìpi direttivi ulteriori a livello nazionale. Credo che evitare questo rappresenti


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una maniera di semplificare l'attività per le piccole e medie imprese.
Chiedo, dunque, una vostra valutazione al riguardo.

ENRICO FARINONE. Signor presidente, in aggiunta ai temi affrontati dall'onorevole Gozi, vorrei evidenziare alcuni elementi emersi da questa audizione, che credo dovremmo tenere in debito conto nel prosieguo dei nostri lavori in Commissione, ma anche al di fuori della stessa.
Queste audizioni sono sempre poco partecipate - questo, secondo me, è un problema che dovremmo porre all'attenzione dell'ufficio di presidenza - ma, al tempo stesso, sono sempre molto interessanti. L'elemento positivo è che nei testi delle audizioni si possono trovare sempre spunti che servono, o dovrebbero servire, al nostro lavoro.
Io ne ho trovati due nell'intervento del dottor Kraus, molto semplici in quanto elementi che possiamo notare anche noi. Resta poi da vedere se la politica è in grado di rispondere alle sollecitazioni poste dalla società civile. Colgo questa occasione per dirlo a noi più che a voi.
Per quanto riguarda la fase ascendente, Confindustria ha avanzato una proposta di verifica delle priorità e di esame da parte del Parlamento, anno per anno, del programma di lavoro della Commissione. Credo che una delle guideline dell'eventuale riforma della legge n. 11 debba essere questa.
Ovviamente, si tratta di interventi che devono essere concordati anche con gli altri Stati, perché credo che l'Unione europea debba procedere in modo unitario. Si tratta di una sottolineatura molto semplice ma, come sempre accade, nella politica italiana le cose semplici sono le più difficili da realizzare.
Il dottor Kraus ha affermato che bisogna ridurre i tempi della legge comunitaria, ma siamo a febbraio del 2009 e dobbiamo discutere la legge comunitaria dello scorso anno (non so quando lo faremo, forse fra un mese). Capite bene che per un cittadino qualsiasi, non per Confindustria, ciò è semplicemente ridicolo, a patto che il cittadino sappia cos'è la legge comunitaria.
È evidente che, nel lavoro di promozione dell'attività dell'Unione europea che facciamo come Commissione, questo tema - che del resto almeno noi partiti di opposizione, in modo particolare il nostro capogruppo, abbiamo posto da tempo e con forza - debba essere affrontato a piedi uniti. Tuttavia, mi sembra che ciò, per il momento, non sia stato fatto.
Al dottor Kraus vorrei riproporre la domanda posta dal collega Gozi. Vedo un grosso pericolo protezionistico, inevitabile dal momento che la crisi morde. In questi tre giorni, come Partito Democratico, abbiamo svolto degli incontri nei territori e nelle fabbriche sulla crisi. Io, ad esempio, ieri sono stato in tre piccole fabbriche a nord di Milano, con un totale di 300 lavoratori che stanno perdendo il posto di lavoro, sono senza stipendio da tre o quattro mesi e non vedono alcuna possibilità di avere neppure la cassa integrazione. Quindi, la situazione è difficile e volge al drammatico.
È chiaro che, in questo contesto, le classi politiche nazionali inevitabilmente tendono a rinserrare le fila e, quindi, anche a favorire interventi protezionistici che, però, nel medio e lungo tempo, contrastano con la possibilità di una ripresa complessiva. Infatti, solo attraverso una ripresa complessiva possiamo uscire dalla crisi.
Dunque, rispetto a questo grande tema vorrei capire come Confindustria intende procedere. Gradirei avere indicazioni più dettagliate rispetto a quelle fornite prima.

PRESIDENTE. Do la parola al vice direttore della Confindustria per la replica.

DANIEL KRAUS, Vice direttore della Confindustria. Colgo l'occasione per rispondere a queste domande che mi sembrano molto pertinenti. Cercherò di farlo in base agli appunti che ho preso.
Esiste, oggi, un rischio di tenuta del mercato unico? Certamente sì, se non c'è


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coordinamento. Credo che l'Europa, specie la Commissione, abbia attuato questa iniziativa di coordinamento con un certo ritardo. A mio avviso, tale coordinamento si sarebbe dovuto attuare prima. Oggi il rischio è che, di fronte alla crisi, si adottino misure nazionali senza tenere in considerazione le regole del mercato unico, e questo è molto pericoloso.
Abbiamo impiegato molto tempo a costruire il mercato unico e, nonostante non siamo riusciti a completarlo in tutte le sue parti, abbiamo compiuto la maggior parte del percorso. Oggi esiste il rischio che di fronte alle misure nazionali lo sforzo precedente risulti vano. Dico ciò essendo a conoscenza della situazione negli altri Paesi. Ad esempio, in Francia la priorità della crisi nazionale è molto più sentita del rispetto delle regole europee. A questo proposito, i ministri francesi che abbiamo sentito e incontrato anche in occasione del G5 a Parigi, dicono apertamente che è l'Unione a doversi dare un orientamento diverso.
Pertanto, alla domanda se esiste una problema di tenuta del mercato unico io rispondo di sì, se non si agisce subito e adeguatamente. Per fare ciò, la Commissione europea deve stabilire una linea, che però non può essere lasciata nelle mani di un unico commissario, che guarderebbe la situazione solo dal punto di vista della concorrenza, magari allargando le maglie. Al contrario, siamo di fronte ad un problema di regole di mercato interno; dunque come si sposa l'allargamento delle maglie con il mercato interno? Credo che McCreevy, Verheugen e altri commissari, i quali sono a capo di dicasteri molto importanti che incidono pesantemente sull'operare delle imprese, non possano accettare che l'azione sia affrontata solo da un punto di vista di State aid, cioè di aiuti di Stato. Ci sono molti altri aspetti oltre alla concorrenza. Penso che, proprio per questo motivo, a livello comunitario bisogna cercare di ragionare in termini di settori. Ci sono settori che necessitano di aiuto molto più di altri, e noi questo lo sappiamo.
Esiste un documento - una non-paper - di Verheugen, il commissario all'industria, che evidenzia i settori che oggi sono più in crisi: la meccanica, la meccanica orientata ai beni di investimento, cioè le macchine utensili per produrre, il tessile e altri. Alcuni settori stanno soffrendo la crisi molto più di altri.
Con questo non voglio dire che il settore alimentare o alcune parti del settore dell'arredamento non soffrano la crisi - so che ci sono imprese in sofferenza - ma se guardiamo l'effetto complessivo sul settore alimentare abbiamo un calo degli ordini del 5,4 o 5,5 per cento. Non dico che si tratti di un dato normale, però rientra nella normalità fisiologica di una grande crisi. In altri settori, invece, il calo delle esportazioni rischia di essere più del 30 per cento.
In settori per noi fondamentali - quale quello, ad esempio, delle macchine utensili - l'esportazione verso gli Stati Uniti è diminuita del 50 per cento, ed è su questi settori che bisogna agire. La Commissione, dunque, deve identificare i settori nei quali siamo più vulnerabili e agire prioritariamente su di essi, dal momento che non possiamo intervenire su tutti.
Esiste il problema della denuncia preventiva più forte, cui bisogna provvedere ex ante e non ex post: è ovvio che sia così. Ci sono importantissimi temi sui quali la Commissione si è espressa in modo totalmente irrilevante. Per citare i casi ultimi, riguardo alla questione del buy american degli Stati Uniti la Commissione europea non ha fatto nessun ricorso a livello di WTO, ci sta ancora pensando; o, ancora, cito il caso delle acque minerali, ambito nel quale noi siamo più penalizzati negli Stati Uniti. Dunque, il protezionismo oggi sta venendo non solo dall'India, dal Brasile o dalla Cina, ma dai Paesi industrializzati, da Paesi che sono nostri partner commerciali di lunga data.
È chiaro, dunque, che la Commissione deve agire proprio su questo e non, invece, svolgere l'analisi, far lavorare il Comitato 133 e fra un anno e mezzo, magari, sollevare il problema della violazione delle


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regole del WTO. Bisogna agire subito: la tempistica è importantissima, perché se aspettiamo quei mercati andranno persi.
Sono d'accordo sul fatto che il CIACE debba essere un organo del sistema Paese e non del Governo, ma ritengo che in alcuni ambiti il CIACE non abbia funzionato male. Probabilmente c'è stato un approccio molto bipartisan, se mi permettete la parola. Quando, a dicembre, abbiamo avuto il problema del Climate Change e del pacchetto 20-20-20, il CIACE ha fatto un coordinamento, ma noi abbiamo riscontrato la stessa rispondenza da parte di tutti.
Abbiamo dialogato molto con tutti i parlamentari italiani del Parlamento europeo, sia dell'opposizione sia della maggioranza. Dunque, così come noi cerchiamo sempre di coinvolgere tutti di fronte a problemi che riguardano il sistema Paese, mi auguro che così faccia anche il CIACE. Certamente, nel recepire i problemi esso deve configurarsi come un organo non al servizio del Governo, ma di tutto il Parlamento e, direi, di tutto il Paese.
Per quanto riguarda le infrazioni, nel caso dell'Italia sono un numero abnorme, ma le stiamo riducendo. In altri Paesi, vedo ad esempio che il MEDEF, la CBI, ma anche la BDA, ossia la confederazione delle imprese tedesche, con cui il rapporto è ottimo, interagiscono molto di più nelle risposte da dare a Bruxelles in materia di infrazioni. Infatti, molto spesso queste infrazioni nascono a protezione di situazioni esistenti.
Nel nostro Paese la Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea - che è l'organo che riceve le procedure e poi le ritrasmette, delegando i diversi ministeri a fare la parte di propria competenza - molto spesso non interpella noi che, invece, abbiamo una forte conoscenza dei problemi che possono aver condotto all'infrazione.
Devo anche dire che spesso queste infrazioni sono state prodotte anche dal legislatore a livello nazionale, con un po' di superficialità. Vi riferisco l'ultimo caso: il decreto di due settimane fa sugli aiuti al settore automotive, prevede all'articolo 2, comma 3, una clausola in base alla quale le imprese beneficiarie degli aiuti - ossia l'automotive, il legno e gli elettrodomestici - devono fare un accordo per non ridurre l'occupazione e garantire il pagamento nei termini prestabiliti con i loro fornitori. L'introduzione di questa norma - chiaramente su richiesta del sindacato, ma non è questo il problema - ci pone contro la legge comunitaria. Sicuramente, dunque, riceveremo una lettera di richiesta di chiarimenti e poi di messa in mora. Ciò perché quel provvedimento è concepito come aiuto al consumatore ma, nel momento in cui prevediamo l'accordo di programma per le imprese, lo classifichiamo come aiuto di Stato.
Questo è esattamente lo stesso motivo per il quale i francesi sono stati messi in mora, dopo aver previsto la clausola secondo la quale le imprese francesi beneficiarie degli aiuti nel settore automotive non possono delocalizzarsi per i prossimi cinque anni. Ebbene, quello si configura come un aiuto alle imprese, mentre l'aiuto previsto dal provvedimento è diretto al consumatore: è il consumatore che riceve i benefici dalla rottamazione o dall'acquisto di macchine ecologicamente più performanti o dagli aiuti alle ristrutturazioni, fino a 10 mila euro se acquista mobili, elettrodomestici o computer, ad integrazione delle ristrutturazioni edilizie.
Bisogna stare molto attenti. Era assolutamente inutile inserire quel comma, ma lo abbiamo fatto. Si dice che l'accordo non deve essere vincolante, ma il quel caso è inutile prevederlo! Dico che bisogna stare molto attenti perché alcune infrazioni le stiamo quasi chiedendo, forse a causa di una certa superficialità. Non sarebbe male se ci fosse un più stretto coordinamento o la visione finale, sugli ultimi testi, di un esperto di politiche degli aiuti di Stato.
Passando al tema della better regulation, credo che essa sia molto importante, soprattutto in un momento come questo, in cui esiste un marcato rischio di protezionismo.


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Si tratta di uno strumento importante - non dico lo strumento-chiave - per evitarlo.
Rispondo, infine, alle domande dell'onorevole Farinone. Innanzitutto, permettetemi un'osservazione. Onorevole, purtroppo sui temi europei c'è scarsa partecipazione da parte di tutti. Anche nel nostro mondo, finché parliamo di temi europei in generale si riscontra una scarsa partecipazione, ma quando qualche disposizione - come quelle sull'energia o il pacchetto climatico - tocca pesantemente le imprese, perché comporta dei costi, l'attenzione diventa stratosferica.
Abbiamo una sorta di sindrome per la quale il problema europeo o è il numero uno o il numero zero. Non c'è una via di mezzo: tutto o niente. Credo, invece, che si debba tornare alla normalità. Dobbiamo partecipare con attenzione a tutti i problemi europei.
Certamente, in fase ascendente la verifica delle priorità è molto importante. Credo che, ad esempio, il pacchetto energia abbia impatti enormi sulle nostre imprese e sul nostro sistema Paese, a causa dei costi sproporzionati. Del pacchetto clima ho già detto; penso anche alle disposizioni in materia sociale, al tema dell'opt-in e opt-out e a tutte le questioni che hanno riguardato i pacchetti sociali.
In definitiva, credo che la grande priorità sia quella che riguarda il mercato unico, perché è nel mercato interno che noi competiamo moltissimo.
È inutile dire che io auspico la riduzione dei tempi delle leggi, poiché ciò ci darebbe una certezza più grande.
Vorrei, infine, sottolineare che anche io, girando molto, ho la percezione del fatto che la crisi sia molto estesa. Questa crisi non riguarda solo i grandi gruppi, ma tutti; si sta estendendo alla subfornitura. Interi settori che hanno fatto la storia di questo Paese - vedi il settore delle sedie di Udine - si trovano, improvvisamente, in grandissima crisi. Questa crisi diventerà strutturale se altri Paesi introdurranno misure protezionistiche, dunque noi dobbiamo assolutamente garantire che, appunto perché siamo in crisi, non ci sia protezionismo. Non possiamo farlo noi italiani o i francesi o i tedeschi, ma deve farlo la Commissione europea.
La Commissione deve porre il tema del protezionismo come priorità nell'agenda. Gli esempi sono molto forti: pensiamo al caso inglese della Total - che io considero un caso di protezionismo - ma come quello ne stanno nascendo a centinaia. Laddove c'è crisi, salvaguardare l'occupazione e le imprese locali sembra populismo. Non dobbiamo dimenticare, però, che la crisi, per quanto dolorosa e molto estesa, ci ha fatto capire che se usciremo da questa situazione sarà solo perché abbiamo un settore manifatturiero forte, non perché abbiamo un settore dei servizi forte o quant'altro. È chiaro che il settore manifatturiero, essendo il più soggetto alla competizione internazionale - le imprese manifatturiere, anche di media o piccola dimensione, competono nel mondo - ha bisogno di ossigeno. Se noi oggi non diamo ossigeno a queste imprese e non le garantiamo dai protezionismi emergenti, quando la ripresa inizierà non le avremo più, proprio a causa della mancanza di ossigeno.
Questa è la vera questione, dunque io penso che dovremmo avere politiche molto coraggiose a livello nazionale e politiche molto decise su casi di protezionismo a livello europeo. Mi sarei aspettato che sul caso inglese intervenisse innanzitutto la Commissione europea.
Spero di aver risposto alle domande.

PRESIDENTE. Siamo un po' fuori tempo, tuttavia vorrei fare alcune osservazioni rispetto al tema all'ordine del giorno, per poi passare direttamente alle domande specifiche sul programma legislativo che porremo nell'ambito dell'audizione informale prevista nel successivo punto all'ordine del giorno.
Il dottor Kraus ci ha giustamente rivolto alcuni suggerimenti sul ruolo che il Parlamento potrebbe svolgere nella fase ascendente. Proprio con riferimento ad


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alcuni suoi suggerimenti, sono lieto di sottolineare che la nostra Commissione si è già attrezzata. In particolare, voglio ribadire che la Camera svolge già dal 2001 l'esame del programma legislativo della Commissione europea, nel cui ambito ha sempre audito Confindustria e sindacati, come del resto sta avvenendo anche oggi.
La Camera ha organizzato diversi tavoli di coordinamento sui temi delle proposte legislative, audendo contestualmente gli europarlamentari italiani e il Governo. Abbiamo inoltre svolto numerose audizioni dei commissari europei.
Al termine di questa audizione, vorrei consegnare al dottor Kraus una nota degli uffici della Camera che riporta alcuni dati della nostra attività in materia.
Ringrazio il dottor Kraus; avremo modo di interloquire ancora per affinare i suggerimenti in vista della modifica della legge Stucchi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,50.