TESTO AGGIORNATO AL 28 FEBBRAIO 2011
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oramai da alcuni giorni molti esponenti politici della provincia di Piacenza ricevono copia di atti e verbali relativi a vicende giudiziarie del 1995, proprio in coincidenza con una campagna «moralizzatrice» condotta sulle stesse - con tredici anni di ritardo - da esponenti locali dell'Italia dei Valori, segnatamente nelle persone del segretario provinciale Sabrina Freda e del consigliere provinciale Samuele Raggi;
è stato fatto recapitare all'interrogante copia del verbale di informazioni
sommarie rese da un indagato mentre ad altre persone risulta all'interrogante sia stata fatta recapitare copia di documenti riproducenti il testo di intercettazioni telefoniche;
dopo che per oltre tredici anni nessuno di questi documenti è mai stato reso pubblico, ciò accade a poche settimane dalla vittoria elettorale del centrodestra nelle elezioni provinciali di Piacenza;
vengono in tal modo ingiustamente colpite persone che, indagate all'epoca dei fatti, in alcuni casi sono state assolte, mentre in altri hanno fatto ricorso al patteggiamento: ciò che è certo è che oggi nulla rileva nei loro confronti sia nel certificato del casellario giudiziario, sia nel certificato dei carichi pendenti -:
se non ritenga di dover disporre d'ufficio, con la massima urgenza, una ispezione presso gli uffici giudiziari di Piacenza al fine di verificare chi abbia accesso ai documenti oggetto delle menzionate vicende giudiziarie e chi ne abbia potuto consentire un uso illecito.
(5-01693)
l'operazione «Omnia», coordinata dalla DDA di Catanzaro nel 2007, ha stroncato la cosca della `ndrangheta Forastefano, divenuta egemone sul territorio di Cassano allo Jonio (Cosenza);
nella stessa operazione sono stati arrestati anche uomini affiliati alla cosca Forastefano;
dalla citata operazione «Omnia» è emerso che la cosca Forastefano, con i suoi associati, è capace di diversificare le proprie attività illecite per reinvestire e riciclare il denaro in alberghi di lusso, attività commerciali e società varie e di inserirsi nei gangli essenziali dell'economia, ma anche in quelli politici;
nell'operazione sono state eseguite 53 ordinanze di custodia cautelare; tra le persone colpite figurava anche Samuele Lo Vato, di 32 anni;
nei giorni scorsi il Tribunale di Castrovillari ha rigettato la richiesta della DDA di Catanzaro, relativa alla proposta di ripristino del regime del 41-bis per Samuele Lo Vato, ritenuto dagli inquirenti uno dei più pericolosi uomini della cosca Forastefano;
le motivazioni addotte sarebbero legate allo «stato depressivo non curabile» del Lo Vato, assegnandolo addirittura ai domiciliari -:
di quali elementi disponga nell'ambito delle sue competenze, sulla vicenda ricordata in premessa;
se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa, anche normativa, di competenza, perché sia assicurato che per gli esponenti della criminalità organizzata dei quali è stata accertata la pericolosità siano fortemente ridotte le possibilità di fruire di misure alternative alla detenzione.
(4-03768)
il signor Maesano Fortunato, nato a Roghudi il 12 ottobre 1953 e residente a Briga (Canton Vallese - Svizzera) è stato condannato dalla Corte di Assise di Reggio Calabria in data 4 giugno 2004 ad una pena detentiva in contumacia per associazione di tipo mafioso e porto in pubblico di armi;
il predetto signor Maesano ha ricorso alla Corte dei Diritti Umani di Strasburgo eccependo di non essere stato mai informato del processo a suo carico e quindi di non aver potuto godere dei diritti della difesa;
l'Italia ha chiesto alla Svizzera l'estradizione del condannato, ma la Svizzera aveva risposto in un primo tempo che prima si doveva attendere l'esito del ricorso del Maesano alla Corte di Strasburgo;
risulta all'interrogante su dichiarazione dei familiari del Maesano che - su sollecitazioni del Ministero della Giustizia italiano - le autorità elvetiche propenderebbero ora per concedere l'estradizione poiché non si hanno notizie dalla Corte di Strasburgo -:
quale sia la situazione del caso, ovvero se sia stato accertato dall'Italia lo stato del ricorso del Maesano a Strasburgo tenuto conto che da comunicazione ministeriale del 4 marzo 2009 se ne metteva in dubbio la veridicità mentre il ricorso risulterebbe rubricato al n. 6279/09;
in ogni caso, anche tenendo conto delle condizioni di salute del condannato e del fatto che pubblicamente risiede in Svizzera da circa 40 anni senza mai aver nascosto il proprio domicilio (che appare perfino sull'elenco telefonico) ma che non gli sarebbero mai stati notificati gli atti giudiziari che hanno portato alla sua condanna, se non ritenga il Ministro interrogato di dover permettere al Maesano di poter scontare la eventuale pena detentiva in un carcere svizzero tenuto conto che ivi ha la famiglia, tre figli con cittadinanza italiana e svizzera, nipoti eccetera.
(4-03771)
il quotidiano Il Piccolo nella sua edizione del 21 luglio 2009 ha pubblicato la denuncia del direttore del carcere di Trieste Enrico Sbriglia: «Piove sul carcere sovraffollato ...e io esulto»;
nell'intervento, in particolare si legge: L'altra notte a Trieste si è abbattuto un violento fortunale, ha piovuto a dirotto, i fulmini erano fortissimi come lo scroscio della pioggia grossa, insistente; per me, direttore di un carcere sovraffollato, era deliziosa musica, la più dolce che potessi sentire. Vi dico una cosa che vi sorprenderà: i direttori penitenziari amano la pioggia, amano la grandine e le tempeste, amano il cattivo tempo, il freddo specialmente.
In celle sovraffollate, dove si riescono a cogliere i suoni del respiro e dei singhiozzi, e dei flati più indecenti, dove il sudore si appiccica sulla pelle, così come intinge i succinti indumenti che i detenuti indossano, e dove l'unico rubinetto presente nella stanza deve placare sete e bisogno di acqua per le abluzioni di tutti gli occupanti e per rinfrescarti, in queste giornate di caldo umido e insolente, l'abbattimento improvviso delle temperature, la pioggia che massaggia con forza i cortili dei passeggi, i tetti del carcere ed i mille percorsi interni di un istituto, è un dono di Dio, come per i beduini nel deserto.
Il ritorno a una temperatura sopportabile ti calma, ti consente di parlare con gli altri attenzionando le cose che dici e le tue reazioni, ti consente di guardare con interesse le sbiadite immagini che provengono da vecchi e gracchianti televisori, ti consente di impegnarti nel piccolo lavoro artigianale che stai curando e che donerai non si sa ancora a chi, forse a tuo figlio quando verrà ai colloqui, forse alla tua donna o a tua madre, forse allo stesso direttore perché una volta ha mostrato di ricordarsi il tuo nome.
Anche per i poliziotti penitenziari la pioggia è benedetta: lavorano spesso in condizioni pietose, in ambienti privi di aria condizionata e dove la frescura viene ricercata «aprendo» tutte le finestre protette dalle pesanti sbarre, alla continua ricerca dei posti dove si possa vigilare usufruendo di un maggiore circolo d'aria.
Quando entrano nel mio ampio ufficio, dove il ventilatore senza mai fermarsi mi dona sprazzi di respiro, leggo e comprendo dai loro occhi una linea di invidia e non li biasimo: forse dovrei spegnerlo per mostrare maggiore solidarietà, ma non lo faccio, so che se dovessi sprofondare nel caldo non riuscirei neanche più a leggere la più semplice delle carte, spero che mi perdonino e comprendano.
Intanto aspettiamo di vedere realizzato il «piano straordinario delle carceri» e noi tutti operatori penitenziari voliamo con la fantasia: immagino architetti di grido, Renzo Piano tra tutti, che discetta sulle soluzioni innovative che propone, vedo costruzioni bellissime e dai colori chiari, piene di aree verdi e con fontane sgorganti, con postazioni dignitose per i «baschi blu», con uffici gradevoli per il personale che al loro interno lavora, dove i magistrati ben volentieri si apprestino per compiere i loro atti giudiziari (convalide degli arresti, interrogatori), dove i detenuti barattano soltanto la loro libertà per i torti che hanno causato e non anche la dignità, dove i familiari incolpevoli delle persone detenute siano accolti con l'attenzione che merita ogni cittadino che ha un rapporto con la pubblica amministrazione, dove la pulizia, l'ordine e il valore del rispetto verso ogni persona compaiano in ogni anfratto dell'unico vero posto dove «comanda», solo ed esclusivamente, lo Stato. Nel frattempo mi godo la frescura della pioggia;
ad avviso degli interroganti, è avvilente, sconcertante e inaccettabile la situazione che si è determinata nel carcere di Trieste - e presumibilmente si verifica anche in altri istituti penitenziari - per cui i direttori dei penitenziari sono di fatti indotti ad amare «la pioggia, amano la grandine e le tempeste, amano il cattivo tempo, il freddo specialmente» -:
quali urgenti iniziative si intendano promuovere, sollecitare e adottare a fronte della drammatica situazione sopra descritta e denunciata.
(4-03776)
il quotidiano Il Corriere Adriatico, nella sua edizione del 22 luglio 2009, ha pubblicato un articolo nel quale si racconta che «chi entra in manette nel penitenziario di Montacuto, da qualche settimana ormai, non ha una branda su cui dormire e deve arrangiarsi sdraiandosi su un materassino sul pavimento»;
circa sessanta dei 361 detenuti della casa circondariale anconetana dormono a terra, stipati in tre per ogni cella da due posti;
il sovrannumero nell'ultimo anno ha raggiunto livelli allarmanti e Montacuto registra una percentuale di esuberi del 109 per cento: è omologato per ospitare 172 reclusi, ma attualmente ne conta più dei doppio. Una situazione che potrebbe diventare ingestibile quando entrerà in vigore la norma dei pacchetto sicurezza che prevede il reato di immigrazione clandestina. Con la frontiera del porto a due passi, dove i clandestini vengono scoperti a dozzine tutte le settimane, Montacuto dovrebbe fronteggiare una nuova ondata di arresti che rischia di mandare fuori giri il sistema carcerario;
nel carcere di Montacuto ci sono poco più di 300 posti letto, e un detenuto su sei si deve sistemare alla meglio, passando la notte sui materassini, che in carcere sono lastre di resina, appoggiati sul pavimento della cella;
la direttrice del carcere, dottoressa Santa Lebboroni, ha chiesto da tempo nuove brande per fronteggiare l'emergenza, ma i «lettini» vengono realizzati in auto-produzione da detenuti di altre carceri italiane, che però negli ultimi mesi non riescono a star dietro all'aumento di domanda;
mentre i detenuti nel carcere di Montacuto aumentano, gli agenti di polizia penitenziaria diminuiscono: ci sono 120 agenti di polizia penitenziaria, 40 per ogni turno;
la situazione è tale che i dirigenti sindacali della polizia penitenziaria l'hanno definita «una bomba a orologeria» -:
se e come i Ministri interrogati intendano intervenire sulla grave situazione sopra descritta.
(4-03777)
uno sconcertante episodio è stato riferito da agenzie di stampa e quotidiani e denunciato dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni relativo all'arresto, effettuato all'inizio di giugno 2009 all'Ospedale «Santo Spirito» di Roma di un uomo che aveva un carico penale di poco meno di tre mesi di carcere per il furto (commesso tre anni fa) di un filone di pane in un supermercato di Monte Mario a Roma. Ora l'uomo - un italiano senza fissa dimora condannato anche ad una ammenda pecuniaria di 4 centesimi - si trova nell'infermeria del braccio G14 del carcere di Rebibbia con un fine pena fissato al 3 settembre 2009;
«La storia di Silvio», dice il Garante dei detenuti del Lazio, «è l'emblema dell'attuale confusione che regna nel sistema della sicurezza italiano, che pensa di punire ogni tipo di condotta difforme dalla legge con la reclusione, con conseguenze drammatiche in termini di sovraffollamento e di recupero sociale dei reclusi. Una funzione, quella del recupero, garantita dalla Costituzione ma ormai praticamente abbandonata nelle carceri, perennemente alle prese con l'emergenza sovraffollamento»;
di vicende come questa i collaboratori del Garante ne hanno gestite diverse nelle carceri di tutto il Lazio: ad esempio, sempre a Rebibbia, un detenuto affetto da poliomielite ha raccontato di aver scontato un residuo di pena di 10 giorni sempre su un letto ed ogni volta che doveva spostarsi per le necessità elementari, la sua sedia a rotelle doveva superare i controlli di sicurezza;
secondo il Garante tutto ciò dovrebbe far riflettere sul fatto che, invece di contrastare il sovraffollamento con la costruzione di nuove carceri, si dovrebbe puntare ad una riforma del codice penale che preveda la reclusione per i casi veramente gravi e un sistema di misure alternative (ma non per questo meno penalizzanti del carcere) negli altri casi. Quello del sovraffollamento è, del resto, un problema evidente anche nel Lazio anche se con numeri in apparenza meno drammatici che altrove;
nella regione, infatti, al 20 luglio 2009 i detenuti reclusi erano 5.739 (5300 uomini e 439 donne), 2083 gli stranieri, a fronte di una capienza regolamentare di 4.765 posti: 1292 sono in attesa di primo giudizio, 979 gli appellanti e 521 i ricorrenti. Quelli definitivamente condannati sono 2755 -:
quali iniziative si intendano adottare, promuovere e sollecitare anche tenendo conto della grave ed autorevole denuncia del Garante dei detenuti del Lazio.
(4-03778)
premesso che la Garante dei detenuti di Bologna, dottoressa Desi Bruno, come si
legge nel sito www.viaemilianet.it ha denunciato «che è ormai vanificato il progetto denominato "polo di accoglienza" che tanto apprezzamento aveva suscitato a livello nazionale»;
spiega sempre il garante, «laddove i detenuti nuovi venivano sottoposti ad un accurato screening infettivologico onde impedire la propagazione di eventuali malattie infettive, ora dato l'inverosimile numero di afflussi in carcere, i nuovi giunti vengono ammessi senza aver completato l'iter diagnostico-terapeutico o, addirittura, trasferiti direttamente nelle sezioni comuni». Una situazione che ha portato, prosegue la dottoressa Bruno, «all'inesistenza di fatto del reparto infermeria, venendosi a configurare una situazione che ha il profilo dell'emergenza sanitaria»;
al posto dei detenuti malati o convalescenti, «ora è stato allocato chiunque, così una sezione che prima conteneva 40 persone, ne contiene 115 con punte di 125», tanto che «il dirigente sanitario ritiene di dover richiedere la classificazione della sezione come comune e non più come infermeria»;
la garante esprime preoccupazione per «il permanere dell'emergenza determinata dalla costante presenza di tossicodipendenti alle quali non è garantita, anche dove c'è richiesta, non solo possibilità di inserimento, ma neppure una possibilità di custodia attenuata dove prevalgano le esigenze di cura» -:
se e come i Ministri interrogati intendano intervenire sulla grave situazione sopra descritta;
in particolare se e come intendano operare perché ai detenuti reclusi nel carcere bolognese sia completato lo screening infettivologico che non viene più effettuato e se e come si intenda intervenire a fronte di quella che viene definita «emergenza sanitaria».
(4-03779)
a proposito della più volte denunciata - anche con interrogazioni parlamentari presentate dalla prima firmataria del presente atto e da altri deputati - in cui versa il carcere di Ravenna, Romagna Oggi nella sua edizione del 21 luglio 2009 riferisce che anche il Ministero della giustizia avrebbe riconosciuto il «pauroso sotto organico» delle forze che devono gestire la drammatica situazione del carcere;
nel carcere di Ravenna al momento operano in tutto 48 agenti, che devono occuparsi di 177 detenuti (la capienza massima è di 62);
nelle ultime settimane, 18 agenti su 48 si sono ammalati, e nove «per stati di ansia, dovuti certamente anche al lavoro che svolgono»;
gli agenti di polizia penitenziaria lavorano in media quasi dodici ore al giorno, e alcuni arrivano a fare anche 71 ore di straordinario in un mese;
questa situazione non consente riposi settimanali, possibilità di programmare le ferie, e a volte vengono anche richiesti altrove, per coprire carenze di personale di altre strutture della regione;
nonostante i lavori per cercare di migliorare la struttura (sono occorsi sette anni per sistemare le docce e i bagni), le celle non sono a norma di legge («in sette metri e mezzo dormono in tre») e si registrano gravi infiltrazioni d'acqua nella zona dei «semiliberi», in cui sono ospitati dei detenuti;
il sindaco della città di Ravenna Fabrizio Matteucci in più occasioni ha denunciato i rischi che tale situazione comporta per la sicurezza; e in proposito ha scritto «tre volte al ministro Alfano, a giugno 2008, dopo la mia visita al carcere, il 25 maggio di quest'anno e l'ultima volta
il 30 giugno, per chiedergli un incontro. Ma a nessuna delle tre lettere finora ho avuto risposta» -:
quali siano i motivi che impediscono al Ministro della giustizia di incontrare il sindaco di Ravenna, o comunque di rispondere alle sue sollecitazioni;
quali urgenti iniziative si intendano promuovere, sollecitare e adottare a fronte della drammatica situazione sopra descritta e denunciata.
(4-03780)
il quotidiano «La Repubblica» nella sua edizione del 21 luglio 2009 ha pubblicato un articolo nel quale si riferisce che in Toscana le carceri «sono al collasso, c'è il 50 per cento di detenuti in più»;
l'allarme sulla situazione dei penitenziari in Toscana lo lancia il direttore del dipartimento regionale per la salute in carcere Francesco Ceraudo, autore di un'indagine sulle condizioni dei detenuti;
secondo questa indagine, le strutture sono 17, dopo la recente chiusura di Pontremoli ed Empoli, compresi il minorile e lo psichiatrico di Montelupo. I posti disponibili sono 2.836 ma i reclusi al 30 giugno 2009 risultavano 4.284;
sempre secondo il direttore Ceraudo gli effetti del sovraffollamento sono vari: «Rende precarie le strutture edilizie e le più elementari regole di igiene personale ed ambientale. In certi casi nelle celle per due detenuti ce ne stanno anche in sei, e per 22 ore al giorno. Una follia. Questo vuol dire maggiore assistenza medica e più farmaci. Senza tenere conto della difficile convivenza tra detenuti, in gran parte extracomunitari, di etnie diverse, che danno origine a situazioni di violenza. Proteste, scioperi della fame, gesti di autolesionismo sono molto frequenti in questo periodo. Si tratta di espedienti che servono per emergere dalla triste, confusa realtà dei numeri» -:
quali urgenti iniziative si intendano promuovere, sollecitare e adottare a fronte della drammatica situazione sopra descritta e denunciata.
(4-03781)
come riferisce il sito web Tusciaweb.it il 21 luglio 2009, una delegazione composta dal consigliere regionale del Lazio, Anna Pizzo, dall'assessore al bilancio della Regione Lazio, Luigi Nieri, dal Presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, Mauro Palma, da Giancarlo Torricelli e Sara Bauli dell'Arci Viterbo e da rappresentanti dell'associazione «Antigone», si è recata al carcere «Mammagialla» di Viterbo;
al termine della visita la delegazione ha messo in luce le difficili condizioni di vita nel carcere, in particolare un grave affollamento: 690 detenuti, più del doppio della capienza regolamentare;
come ha riferito il consigliere Anna Pizzo, «all'interno del carcere c'è una situazione di vita complicata, anche perché il numero delle ore destinate alla socialità e alle attività formative è ridotto all'osso. In questo modo è difficile proseguire nel percorso di rieducazione dei ristretti. Sono poche anche le attività di studio e formazione»;
si registra una preoccupante carenza di personale. Risulta infatti all'attivo solo il 60 per cento di quello previsto -:
quali urgenti iniziative si intendano promuovere, sollecitare e adottare a fronte della drammatica situazione sopra descritta e denunciata.
(4-03782)
da alcune settimane il gruppo editoriale Espresso-Repubblica sta effettuando una violenta campagna di stampa utilizzando ad arte notizie provenienti da procedimenti non ancora giunti all'udienza preliminare;
ad avviso dell'interrogante il gruppo editoriale Repubblica-Espresso non gioca una partita giornalistica, ma politica con l'obiettivo di scardinare gli equilibri politici usciti dalle elezioni persino utilizzando, come fattore di destabilizzazione, l'attacco ad ogni aspetto, meglio se falso, della vita privata del Presidente Berlusconi, ricorrendo ad ogni mezzo, con prevalenza a quelli illeciti. È evidente, ad avviso dell'interrogante che ci troviamo di fronte ad un nuovo tipo di eversione. Coloro i quali a livello politico cavalcano questa tigre non si rendono conto che d'ora in avanti la vita privata di ogni personaggio pubblico sarà esposta ad ogni possibile ricatto e ad ogni possibile manipolazione. Mancava solo questo per arrivare all'imbarbarimento totale della vita politica italiana -:
se, in questo quadro non risulti al Ministro che Repubblica ed Espresso diffondano elementi coperti dal segreto istruttorio;
quali iniziative anche normative il Ministro intenda adottare circa l'utilizzo e la comunicazione alla collettività di notizie comunque coperte da segreto istruttorio e che vengono poste all'attenzione dell'opinione pubblica in maniera distorta ed unilaterale;
se sia in condizione di accertare, nell'ambito delle sue competenze, con quali autorizzazioni o consensi ancorché taciti e/o espliciti si continui a violare, ad avviso dell'interrogante, il segreto istruttorio anche e solo con riferimento alla notitia criminis.
(4-03792)