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Temi dell'attività Parlamentare

Somalia
La Somalia, considerato internazionalmente uno "Stato fallito", senza istituzioni nazionali per due decenni, ha tenuto le prime elezioni democratiche nel 2012. La difficile transizione politico-istituzionale somala è stata costantemente seguita dagli organi parlamentari nel corso della XVI legislatura, particolarmente attenti alle gravi problematiche poste dal terrorismo a matrice islamiche e dall'insicurezza alimentare che continua ad affliggere le popolazioni dell'area.
I recenti sviluppi istituzionali

L’inaspettato abbandono di Mogadiscio da parte degli Shebaab, il 6 agosto 2011, e la riconquista della città portuale di Kisimayo (settembre 2012), ultima roccaforte del gruppo terrorista islamico, hanno aperto la strada alla nascita delle istituzioni che dovranno costituire l’asse portante del nuovo stato somalo.

Il 10 ottobre 2012 il Capo dello Stato somalo, l’accademico Hassan Sheikh Mohamud,  ha nominato Primo ministro un uomo d'affari, estraneo alla politica, Abdi Farah Shirdon Saaid, suscitando il plauso della comunità internazionale. Il nuovo governo, formato da Shirdon poco meno di un mese dopo la sua nomina, è composto da dieci ministeri ed è stato approvato definitivamente dal parlamento il 20 novembre, con la maggioranza di 219 voti su 225.

Il nuovo governo deve far fronte a molte sfide, a cominciare dalla presenza degli Shebaab che, nonostante il loro arretramento, controllano ancora una vasta area della Somalia meridionale e centrale. L’attentato suicida del 29 gennaio 2013 nel quale hanno perso la vita due guardie della sicurezza nei pressi degli uffici del primo ministro, provano che gli Shebaab sono ancora una temibile minaccia. Il programma del governo Shirdon - in linea con la Politica dei Sei Pilastri del Presidente Mohamud – pone al centro della sua azione i progressi nelle aree della sicurezza e dell’economia, la ricostruzione delle istituzioni pubbliche del paese e le relazioni con il Puntland e il Somaliland.

Il gruppo al-Shabaab

Quasi vent’anni di ingovernabilità causata dalle continue lotte claniche tra i signori della guerra, avevano favorito l’insediamento del gruppo al-Shabaab (tra i 7 e i 9000 miliziani) che, nato nel 2004 e inizialmente presente solo nel sud del Paese, nel corso del 2010 era arrivato fino alle porte di Mogadiscio. Al-Shabaab è un gruppo ideologicamente riconducibile all’islam radicale salafita, collegato con al-Qaeda. Pur essendo stato fondato da elementi provenienti da diversi clan rappresentati nell’UCI (Unione delle Corti Islamiche), i suoi affiliati non sono schierati in base a legami clanici; per questa ragione, parte della popolazione li aveva inizialmente sostenuti e accolti come liberatori dai signori della guerra. La perdita di Kisimayo, il porto dal quale si svolgeva il commercio di carbone che costituiva tanta parte dei finanziamenti del gruppo, ha sottratto ad al-Shabaab non solo risorse economiche, ma anche un grande bacino di reclutamento. L’appoggio popolare è poi andato gradualmente diminuendo a causa delle azioni violente messe in atto in nome della sharia; il gruppo, tra l’altro, ha impedito l’accesso delle Ong internazionali nelle zone colpite dalla carestia.

Molti esperti, come riporta il Council on Foreign Relations, ritengono che oggi al-Shabaab sia fortemente indebolito dalle recenti sconfitte militari che hanno alimentato le divisioni interne; altri, invece, avvertono che il gruppo costituisce tuttora una minaccia, soprattutto in un paese come la Somalia, ancora politicamente instabile e distrutta dalla lunga guerra civile.

L'intervento militare

AMISOM è la missione dell’Unione Africana in Somalia, istituita nel 2007 sotto l’egida delle Nazioni Unite con il mandato di contribuire alla stabilizzazione del paese e di creare la condizione per lo svolgimento delle operazioni umanitarie, fino alla presa in carico dell’Onu. A partire dal 2010, con l’ampliamento del mandato, AMISOM può combattere attivamente le milizie islamiche anti-governative.

I paesi che maggiormente contribuiscono alla missione sono Uganda, Kenya Burundi e Djibuti. L’Uganda è il primo paese ad avere inviato proprie truppe in Somalia nel marzo 2007 ed è tuttora ugandese il contingente più numeroso (oltre 6.000 soldati).

Ma l’intervento militare contro al-Shabaab è stato condotto, oltre che dalle truppe di AMISOM e dall’Esercito Nazionale Somalo (ENS), dal Kenya - le cui truppe sono passate integralmente sotto il comando di AMISOM soltanto a novembre 2012 – e dall’Etiopia.

L’Etiopia aveva invaso la Somalia, su richiesta del governo transitorio somalo, nel dicembre 2006 per cacciare le Corti Islamiche da Mogadiscio. Avendo fallito l’obiettivo di soffocare il radicalismo nel paese, le truppe etiopi si ritirarono dalla Somalia nel gennaio 2009, lasciando le mal equipaggiate truppe dell’Unione Africana a difendere da sole il governo transitorio. Il ritorno delle truppe etiopi all’inizio del 2012 ha fornito un consistente aiuto all’esercito somalo nella riconquista di Baidoa, terza città della Somalia e allora roccaforte di al-Shabaab.

L’intervento del Kenya, con l’operazione Linda Nchi (“Proteggere la Patria”) decisa nel 2010 con il supporto statunitense e francese, aveva lo scopo di creare una zona-cuscinetto tra il Kenya e le regioni centrali della Somalia occupate dagli Shabaab per sottrarle al loro controllo. Una volta conquistata Kisimayo, le truppe keniote sono passate sotto il comando di AMISOM.

Sia l’intervento keniota che quello etiope avevano lo scopo di sconfiggere le milizie di al-Shabaab o quantomeno di limitare l’espansione territoriale del gruppo jihadista che aveva già dimostrato, con un certo numero di attentati, di voler estendere la propria attività anche ai paesi che confinano con la Somalia.

La pirateria

L’assenza di un apparato statale in Somalia ha consentito, oltre al radicamento della presenza di al-Shabaab, anche il dilagare del fenomeno della pirateria marittima. Il ripetersi di attacchi su larga scala ha portato alla fine del 2008 al dispiegamento della missione Ocean Shield della NATO e della missione  Atalanta dell’Unione Europea. Altre misure di contrasto alla pirateria sono state prese da singoli governi e compagnie mercantili che hanno consentito l’imbarco di personale militare a bordo delle navi che attraversano il golfo di Aden e le altre acque infestate dai pirati.

Si calcola che nel 2011 vi siano stati 439 atti di pirateria in tutto il mondo, ma oltre la metà di questi sono attribuiti ai pirati somali. Secondo il Piracy Reporting Centre dell’International Maritime Bureau, però, nel 2012 il numero degli attacchi è globalmente diminuito (da 439 a 297) grazie alla drastica riduzione degli episodi in Somalia e nel golfo di Aden, dove solo 75 navi hanno riportato attacchi nel 2012, contro le 237 dell’anno precedente.

 

Attività parlamentare

I diversi profili della gravissima emergenza somala - dalla transizione istituzionale, alla crisi umanitaria, fino alla presenza della pirateria - sono state oggetto di numerosi atti d'indirizzo e di controllo da parte dei competenti organi parlamentari della XVI legislatura, sintetizzati in un apposito focus di approfondimento.

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