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MENA: quadro economico e sviluppo umano
MENA: quadro economico e sviluppo umano

L’acronimo MENA(Middle East and North Africa) indica la regione che si estende dal Marocco, ad ovest, attraversa la fascia nord-occidentale dell’Africa e prosegue verso l’Iran nel sud ovest asiatico. I paesi che ne fanno parte, come enumerati dalla Banca Mondiale, presente nell’area con propri progetti, sono Algeria, Bahrain, Djibouti, Egitto, Iran, Iraq, Israele, Giordania,
Kuwait, Libano, Libia, Malta, Marocco, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Siria,
Tunisia, Emirati Arabi Uniti, West Bank and Gaza, Yemen[1].

 

 

 

MENA è una regione economicamente diversificata che include sia le economie ricche di petrolio del Golfo, sia paesi che contano risorse scarse in rapporto alla popolazione (quali Egitto, Marocco Yemen).

In termini di popolazione la regione MENA conta circa 355 milioni di persone delle quali l’85% vive in paesi definiti a medio reddito, l’8% in paesi ad alto reddito e il 7% in paesi a basso reddito.

Gli indicatori sociali mostrano nel 2010 progressi significativi rispetto agli anni precedenti: l’aspettativa di vita media ha raggiunto i 70 anni, il tasso di completamento dell’istruzione primaria è del 90% e la mortalità infantile al di sotto dei 5 anni è di 38 casi ogni mille. Quanto al dato relativo alla povertà assoluta - fissato a una soglia di reddito inferiore a 1,25 dollari al giorno – tale condizione riguarda circa 14,2 milioni di persone (4% del totale demografico regionale); sebbene il dato venga giudicato basso dagli analisti della Banca Mondiale, il quadro delineato dalla sua effettiva consistenza appare controbilanciato dall’elevata vulnerabilità alla povertà assoluta derivante dal fatto che una porzione considerevole della popolazione vive ai margini di tale soglia. Infatti, se si considera la popolazione che si pone subito al di sopra della linea della povertà assoluta – in quanto dispone di un reddito pro capite giornaliero compreso tra 1,25 e 2,50 dollari - emerge che tale situazione riguarda circa il 45% della popolazione dello Yemen, oltre il 30% degli egiziani, poco meno del 30% degli algerini e, rispettivamente, poco più e poco meno del 20% degli abitanti del Marocco e della Tunisia.

I grafici seguenti espongono i dati appena riportati:

 

 

 

Fonte: The World Bank. Nel grafico di sinistra vengono utilzzati gli acronimi adottati dalla World Bank per indicare le varie macroregioni planetarie:EAP-East Asia and Pacific; ECA-Europe and Central Asia; LAC-Latin America and Caribbean; MNA-Middle East and North Africa; SAR-South Asia Region.

 

La regione MENA ha risentito della crisi finanziaria ed economica in misura minore rispetto sia alle economie sviluppate, sia a quelle dei paesi in via di sviluppo. Ciò si è inverato sia laddove gli elevati prezzi del petrolio avevano permesso la costituzione di una eccedenza di liquidità, sia, in altri casi, in conseguenza del relativo isolamento di alcune economie della regione
dai mercati globali. Ciononostante, il Medio Oriente non è stato risparmiato da un rallentamento della crescita nel corso la crisi, come indicato dal PIL cresciuto nel 2009 solo dell’1,3%; l’area, tuttavia, ha fortemente beneficiato del rimbalzo dei prezzi del petrolio come pure di una rapida reazione di politica attuata in particolare nelle economie esportatrici di tale prodotto. Ancor più leggero l’impatto della crisi sui paesi del Nord Africa (+3,5% il PIL nel 2009), in virtù sia, ancora una volta, di una non piena integrazione nei mercati internazionali, ma anche di una pronta reazione attraverso l’adozione di pacchetti di stimolo all’economia fortemente improntati all’intervento infrastrutturale destinati alla rapida creazione di posti di lavoro, nonché a rappresentare investimenti nel futuro sviluppo economico. Ciò ha determinato la crescita del PIL nordafricano 2010 in misura superiore al 5% (media che, peraltro comprende nella fascia alta il 10,6% della Libia, ma anche il 3,8% di Tunisia e Algeria al livello più basso). L'aumento del PIL è imputabile a un più robusto export petrolifero, all’incremento dei ricavi provenienti dal settore del turismo (Egitto, Marocco e Tunisia) ma anche dalla ripresa dei consumi interni e delle esportazioni[2].

 

 

In relazione alle potenzialità connesse alla crescita dei consumi nell’area MENA si richiamano qui i datidiffusi all’inizio di marzo da MEC, gruppo americano attivo in 84 paesi, uno dei colossi mondiali della pubblicità. Secondo tali dati la crescita dei ricavi pubblicitari nella regione sta superando quella dei mercati sviluppati occidentali; sotto il profilo previsionale, inoltre, nonostante le agitazioni in corso nel mondo arabo, i ricavi pubblicitari - che attualmente valgono circa il 6% del totale globale del gruppo - sono attesi in incremento annuo “a due cifre” nel prossimo quinquennio. Settore trainante dei consumi è quello tecnologico, in particolare la telefonia mobile e l’accesso ad internet, sospinti in crescita esponenziale dal passaggio in corso da una società dove le persone non hanno telefono né internet ad una dove tutti sono connessi attraverso cellulare.

 

 

In corrispondenza con l’attuale fase di ripresa dalla crisi alcune aree della regione si trovano a fronteggiare inediti sviluppi del proprio quadro politico, con implicazioni potenzialmente di vasta portata; il quadro politico, caratterizzato dalla richiesta di riforme della rappresentanza, dell’accountability e della governance, risultaaggravato dall’elevato tasso di disoccupazione giovanile e dall’aumento dei prezzi dei generi alimentari.

Benché non sia ancora possibile quantificare con precisione – come sottolinea il più recente outlook della Banca Mondiale sulla regione, rilasciato nel febbraio 2011[3] - l’impatto economico della crisi politica sull’area MENA, alcuni elementi appaiono acquisiti. In particolare sono previsti e/o si osservano i seguenti fenomeni:

§        esitante ripresa della crescita, già lenta soprattutto per i paesi importatori di petrolio, a causa della caduta delle entrate derivanti dal turismo e le perturbazioni che hanno colpito le attività finanziarie;

§        impatto potenzialmente significativo degli effetti della crisi sulle fasce più povere della popolazione, specialmente in un quadro di crescita inflazionistica;

§        diminuzione degli investimenti determinata dal perdurare del quadro di incertezza e possibili complicazioni di lungo periodo per gli operatori del settore finanziario;

§        aggravamento del deficit fiscale a seguito del rallentamento delle entrate e all’aumento della spesa corrente. Tale quadro critico si sta inverando nei paesi i cui governi aumentano gli stipendi della pubblica amministrazione e annunciano assunzioni nel settore pubblico, sussidi e aumento del salario minimo;

§        crescita generalizzata dei costi economici in particolare nei casi di persistente instabilità o di mancanza di chiarezza nella transizione politica in atto.

 

Premesse tali considerazioni, l’outlook della Banca Mondiale indica cinque temi cruciali considerati alla stregua di sfide per lo sviluppo della regione MENA:  disoccupazione, in particolare giovanile e femminile; protezione delle porzioni di popolazione che si trovano nello stato di povertà assoluta e di quelle vulnerabili, entrambe particolarmente esposte all’aumento dei prezzi dei generi alimentari; miglioramento della governance; misure di contrasto alla penuria di risorse idriche e ai cambiamenti climatici.

 

L’elevato tasso di disoccupazione, considerata la principale delle sfide della regione, anche alla luce delle rivolte e proteste che hanno profondamente scosso il quadro politico di diversi paesi dell’area, è determinata da una bassa domanda del settore privato, che soffre a sua volta della mancanza di un ambiente e di condizioni che ne favoriscano lo sviluppo. Gli ostacoli a tale sviluppo sono, sul lato della domanda, le barriere all’accesso a un mercato del lavoro connotato più dalla persistenza di privilegi che da trasparenti meccanismi concorrenziali; l’accesso limitato al credito per le PMI (nell’area MENA si registra il più basso accesso ai prestiti d’impresa a livello globale); una regolamentazione restrittiva del mercato del lavoro; livelli insufficienti di innovazione e scarsi collegamenti con gli enti di ricerca. Quanto al lato dell’offerta esso risulta ipertrofico a causa di una composizione demografica della popolazione fortemente sbilanciata, in tutti i paesi dell’area, nella fascia dei 15-24enni, che si situa tra il 20 e il 25% del totale, contro una media mondiale del 18%. Tale quadro, in sinergia anche con le caratteristiche di un mercato del lavoro connotato da inefficienze nei meccanismi di reclutamento dei lavoratori nonché dalla persistenza di un settore pubblico assai ampio e dotato di benefici tanto vasti da produrre effetti distorcenti nei confronti dei nuovi entrati, un livello di disoccupazione giovanile più alto che in qualsiasi altra regione del mondo, come mostrato nel grafico seguente.

 

 

Fonte: MENA Regional Strategy. Update 2011, cit.

 

Il grado di istruzione conseguito dai giovani dell’area MENA non trova sufficiente corrispondenza nella possibilità di trovare un lavoro adeguato alla preparazione raggiunta e la sfida della transizione dalla scuola al mondo del lavoro è ancora tutta da giocare. Il quadro è ancora più severo per la partefemminile della popolazionegiovanile, che soffre sia di più gravi difficoltà nel rinvenimento di un impiego, sia di assai limitate opportunità imprenditoriali. Il grafico seguente illustra, nella prima parte, il dato relativo alla disoccupazione intellettuale, maschile e femminile, in due paesi quali Egitto e Tunisia, la cui folle giovanili sono state tra le forze propulsive delle rivolte delle scorse settimane e, nella seconda, la partecipazione giovanile e femminile al mercato del lavoro nelle macroaree regionali considerate dalla Banca Mondiale.

 


Fonte: MENA Regional Strategy. Update 2011, cit.

 

Nel grafico successivo, parte a sinistra, viene mostrato più in dettaglio quanto il tasso di disoccupazione, sempre riferito all’Egitto (dati 2006) e alla Tunisia (dati 2009) vada crescendo parallelamente all’elevarsi del grado di istruzione, fino ad attestarsi, nella Tunisia del 2009, vicino al 45% per i titolari di diploma di istruzione secondaria o terziaria; nel 2006 in Egitto erano disoccupati circa il 25% dei diplomati e il 35% dei laureati.

La parte destra del grafico, relativa al solo Egitto, indica che la percentuale di laureati appartenenti alle classi di età più giovani impiegata in lavori non qualificanti (low pay/low productivity) è sensibilmente aumentata.

 

 

Fonte: MENA Regional Strategy. Update 2011, cit.

 

Il “Global Employment Trends 2011”, report rilasciato a gennaio dall’ILO (International Labour Organization), l’agenzia delle Nazioni Unite responsabile dell’elaborazione e supervisione di norme internazionali sul lavoro, conferma il Medio Oriente come la regione con il più alto tasso di disoccupazione al mondo, con una quota, riferita al 2009 del 10,3% contro il 6,3% della media globale. Il dato è ancora più severo nell'analisi delle fasce giovanili, dove tra i soggetti fino ai 25 anni di età la disoccupazione sale al 40% e dove il quadro è ulteriormente aggravato dal fatto che la regione registra uno dei più alti tassi di crescita della popolazione in età lavorativa, secondo solo alla crescita registrata nell'Africa sub-sahariana.

 

 

Quanto al tema degli effetti dell’aumento del prezzo dei generi alimentari sulla soglia di vulnerabilità delle fasce più deboli della popolazione, seconda delle sfide per lo sviluppo economico e umano della regione MENA, va premesso che la popolazione della regione è tra le più rapide in crescita al mondo, con un incremento del 19% negli ultimi dieci anni, a fronte di un tasso di incremento medio della popolazione mondiale pari all’11%. Altro elemento di contesto da considerare è che nelle previsioni di stima i Paesi dell’area sono attesi permanere in stato di vulnerabilità agli shock di prezzo e quantità dei generi alimentari in quanto il loro fabbisogno dipende largamente dalle importazioni. Se attualmente il volume del frumento importato nell’area è pari al 30% del totale del frumento commercializzato al mondo, le previsioni stimano un aumento di tale quota, destinata a raggiungere il 55% entro il 2030. Le potenziali criticità relative sia ai prezzi sia alle dinamiche di approvvigionamento sui mercati internazionali da parte dei paesi MENA si sono concretizzate nell’ultimo semestre 2010, quando zucchero e cereali, due materie prime che rappresentano il 61% dell’apporto calorico pro capite nella regione (+7% rispetto alla media mondiale) si sono apprezzate, rispettivamente, del 40 e del 77%. L’incremento dei prezzi evidentemente ha colpito e continua a colpire le fasce più povere della popolazione, ossia coloro che destinano alla spesa alimentare una percentuale compresa tra il 35 e il 65% del reddito. I paesi in questo senso più vulnerabili sono Giordania, Yemen, Gibuti, Libano, Iraq e, non per caso, Tunisia, fortemente dipendenti dalle importazioni di generi alimentari e con problemi di bilancio.

 

 

Con riferimento alla governance, terzo tema cruciale per lo sviluppo, gli indicatori utilizzati per una sua valutazione appaiono relativamente deboli in tutti i paesi dell’area MENA, seppur con ampie variabili. Il deficit di governance è evidente sul lato della domanda, con particolare riferimento all’accesso alle informazioni da parte dei cittadini, alla trasparenza e alla responsabilità dell’azione di governo.

Il grafico che segue espone la performance, relativa al 2009, degli Indicatori Globali di Integrità[4] dei paesi MENA (la cui media è rappresentata dalle colonne in colore rosso) in rapporto al valore medio mondiale (in blu).

 

 

               Fonte: MENA Regional Strategy. Update 2011, cit.

 

Il settore pubblico nei paesi dell’area MENA è molto vasto ma spesso non in grado di fornire adeguati servizi ai cittadini, che tendono pertanto a percepirlo come eccessivamente burocratico. Inoltre il livello di decentramento delle  autorità e responsabilità delle funzioni pubbliche è assai limitato.

Il grafico che segue evidenzia che nell’area MENA nel suo complesso l’incidenza percentuale sul PIL degli stipendi pubblici a livello centrale, ampiamente superiore al 10%, è molto più elevata che in tutte le altre macro regioni considerate

 

 

       Fonte: MENA Regional Strategy. Update 2011, cit.

 

 

Quanto alla sfida rappresentata della necessità di contrastare la scarsità di risorse idriche va sottolineato, in positivo, il fatto che l’80% della popolazione di MENA ha accesso ad acqua potabile “portatile” e che nella regione, per fare fronte a tale bisogno, sono state estesamente implementate costose tecnologie, quali gli impianti di desalinizzazione, che nei paesi GCC[5] forniscono circa il 50% del fabbisogno. A fronte di tali positività permangono snodi critici, tra i quali inefficienze della gestione della risorsa idrica, adozione pervasiva di sussidi nel settore della fornitura d’acqua i costi della quale sono solo parzialmente coperti da tariffe, degrado ambientale dell’area costiera e degli altri “corpi idrici” nonché rischio di conflitti su scala regionale incentrati sul controllo di tali risorse.

Il bassissimo livello di disponibilità di risorse idriche rinnovabili nell’area MENA, problema che per la natura della risorsa in questione proietta la sua ombra anche sul futuro, è rappresentato nel grafico seguente; i dati sono espressi in migliaia di metri cubi pro capite e riferiti all’anno 2008

 

 

 

 

 

 

I cambiamenti climatici, infine, costituiscono fattore di stress ambientale dalle conseguenze assai severe. L’aumento della temperatura (fino a +1,5°gradi Celsius) negli ultimi trent’anni, ad esempio, ha sestuplicato gli episodi di siccità nel Magreb, passati da 1 a 6 ogni dieci anni; in Iran e nello Yemen, nel ventennio 1980-2009, i cambiamenti di clima hanno determinato l’inverarsi di ben 94 alluvioni.

 

 

Quanto alle previsioni di crescita del PIL, il World Economic OutlookdelFondo Monetario Internazionale (aggiornamento al 25 gennaio 2011), pur correggendo al ribasso stime precedenti, attribuisce all’area MENA una crescita del 4,6% nel 2011 e del 4,7% nel 2012, superiore alla media mondiale prevista in +4,4% nell’anno in corso e +4,5% nel 2012 e inferiore solo alle economie asiatiche e a quelle dei paesi dell’Africa sub sahariana.  



[1] Fonte: The World Bank, Middle East and North Africa. Regional Brief, October 2010.

[2] ILO, Global Employement Trends 2011.

[3] MENA Regional Strategy. Update 2011: Middle East & North Africa. Response to Recent Developments, February 2011.

[4] I Global Integrity Indicators sono eleborati da Global Integrity, provider indipendente di informazioni che, sulla base di dati raccolti sul campo produce reports di analisi quantitativa in materia di governo responsabile e democratico. Per ciascun paese esaminato gli indicatori sono organizzati in sei categorie, ciascuna delle quali, articolata in sottocategorie più specifiche, viene valutata con un punteggio espresso in centesimi al quale corrisponde un giudizio (all’interno di una scala che ha come migliore risultato strong e come peggior esito very weak); la media aritmetica dei sei punteggi, espressa ancora in centesimi, determina il giudizio complessivo sul paese. Le sei categorie considerate sono: società civile e media, elezioni, Government accountability, amministrazione e lavoro pubblico, vigilanza e regolazione, meccanismi anti-corruzione e Stato di diritto (http://report.globalintegrity.org).

 

 

[5] Gulf Cooperation Countries ossia Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.