XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 114 di venerdì 8 novembre 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

      La seduta comincia alle 9.

      ENRICO GASBARRA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
      (È approvato).

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Michele Bordo, Dellai, Gebhard, Pisicchio, Pistelli, Speranza, Tabacci e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
      Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

      Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,05).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Problematiche riguardanti i controlli di carattere sanitario per le attività sportive non agonistiche e amatoriali – n. 2-00277)

      PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Fossati n. 2-00277, concernente problematiche riguardanti i controlli di carattere sanitario per le attività sportive non agonistiche e amatoriali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo al deputato Fossati se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      FILIPPO FOSSATI. Signor Presidente, gentile sottosegretario, noi interpelliamo con questo atto il Governo sulla necessità di fare ordine in una materia – la tutela sanitaria dei praticanti delle attività motorie e sportive – che è stata oggetto di recenti interventi normativi, che hanno per la verità confuso un quadro già abbastanza incerto.
      Il lodevole lavoro svolto dal precedente Governo, con il decreto-legge n.  158 del 2012 e il successivo decreto ministeriale 24 aprile 2013, non poteva infatti sanare un limite profondo della legislazione italiana. A differenza, infatti, della maggior parte dei Paesi europei non abbiamo a disposizione una definizione normativa dello sport. La nostra Costituzione cita – e lo ha fatto a partire dalla approvazione del Titolo V, quindi molto recentemente –, lasciatemelo dire proprio con amore per la nostra Costituzione, ma cita inopinatamente l'ordinamento sportivo come materia concorrente affidata alle regioni. Ma mai è stata prodotta, in seguito a questa dubbia, dubbiosissima attribuzione, una legge di principio per delimitare obiettivi e funzioni dello Stato e delle regioni, allo scopo di ordinare la materia.
      Non vi è poi nessuna norma quadro che descriva le politiche pubbliche sullo Pag. 2sport, disegni gli obiettivi dall'azione pubblica, prenda atto del valore che l'attività motoria e sportiva produce in campo sociale e ne sostenga la diffusione. La delega, che è data dal 1942 al CONI, non prevede poi mandati programmatici o verifiche al di là di una indefinita funzione di vigilanza sugli atti del Comitato olimpico stesso.
      Quando si è poi dovuto per forza normare il fenomeno sportivo per intervenire almeno in materia fiscale o lavoristica o amministrativa, lo si è fatto attraverso singoli articoli di legge, in particolare allegati alle leggi finanziarie.
      Eppure, stiamo parlando di un fenomeno straordinario. Negli ultimi 20 anni siamo arrivati al 40 per cento della popolazione attiva nelle attività motorie e sportive. Stiamo parlando di 100 mila associazioni sportive nel territorio nazionale, una diffusione unica in territorio europeo; stiamo parlando di tre milioni di volontari; stiamo parlando del 2 per cento del prodotto interno lordo, di centinaia di migliaia di posti di lavoro diretti o nell'indotto dell'attività sportiva.
      Ecco, in tutta l'Europa questo sviluppo straordinario è stato accompagnato da un forte interessamento istituzionale che ha consentito di moltiplicare il volume dell'attività, ma soprattutto ne ha sviluppato la funzione sociale, in primo luogo per ciò che riguarda la diffusione di stili di vita sani tra la popolazione, basati sul movimento, che fungono da strumenti di prevenzione sanitaria e di miglioramento delle condizioni di salute dei cittadini.
      È ormai sterminata la letteratura scientifica che si diffonde sui vantaggi di una congrua attività fisica per prevenire obesità, per contrastare i comportamenti a rischio, i disturbi dell'alimentazione, il fumo ed altre pratiche dannose per la salute; mentre è dimostrato il nesso causa-effetto tra la mancanza di attività fisica e lo sviluppo di tutte le patologie cardiovascolari e di alcune neoplasie, del diabete di tipo B e in generale delle patologie croniche.
      Quindi, siamo di fronte ad un fenomeno, quello dello sviluppo dell'attività sportiva fra i cittadini, che potrebbe e dovrebbe essere considerato uno strumento e un motore per aumentare il livello di salute della popolazione.
      Non abbiamo strumenti che intervengano su questo versante nel nostro Paese. Il Ministero della sanità avviò, ormai diversi anni fa, una piattaforma che è stata definita «guadagnare salute» all'interno della quale una delle assi di intervento era la diffusione del movimento. Sono stati fatti progetti in collaborazione con le regioni. Un'attività è partita, ma non si può ragionevolmente sostenere che la diffusione del movimento sia oggi un asse di iniziativa costante, finanziato, seguito in modo coerente e costante dal sistema sanitario nazionale.
      I numeri, purtroppo, sono testimonianza di questo mancato risultato. Noi siamo il Paese che, ad oggi, è la maglia nera d'Europa per quanto riguarda i cittadini in condizione di sedentarietà assoluta, che sono il 41 per cento della popolazione e sono in leggero aumento nelle statistiche degli ultimi anni. L'emergenza vera, quindi, non è la tutela sanitaria dei praticanti, l'attività motoria, che è un grande e serio tema che va affrontato, ma l'emergenza vera sarebbe politiche – e politiche che riguardano la salute – di diffusione dell'attività motoria e sportiva perché la più grande tutela della salute dei cittadini è indicare ai cittadini stessi quali possano essere gli stili di vita, i comportamenti, le pratiche che possono assicurare una soddisfazione migliore, una ricerca del benessere e una ricerca di condizioni di vita normalmente sane.
      Noi sappiamo che questo poi in realtà rientrerebbe nella naturale esperienza dell'uomo. Fino a sessant'anni fa nessuno si sarebbe posto questo problema, quando, cioè, gli stili di vita, l'abitudine a camminare, ad andare in bicicletta, a muoversi, a fare lavori manuali, era nella normalità della vita dell'individuo. Oggi ci troviamo di fronte, invece, all'emergenza di ritornare ad un comportamento che per tanti secoli è stato considerato un comportamento normale.Pag. 3
      Questa lunga premessa – sottosegretario, mi scuso, ma era necessario per inquadrare un po’ il tema – mi porta a dare un giudizio che nell'interpellanza possiamo trovare. E il giudizio è che anche questo atto, anche questo lavoro lodevole del Governo precedente con il decreto-legge n.  158 del 2012, sta un po’ in questa cultura per cui ci si «difende» dallo sport e dall'attività motoria, non si cercano strumenti per diffondere l'attività.
      Il Governo intese ampliare la tutela sanitaria anche all'attività che si definisce amatoriale, posto che l'attività sportiva agonistica e non agonistica veniva compresa nella tutela sanitaria dalle leggi del 1982 e del 1983. Per questo, la vera novità del decreto Balduzzi – chiamiamolo così per comodità – era l'inserimento della definizione dell'attività amatoriale come attività ludico-motoria e la descrizione degli accertamenti, degli interventi e delle relative certificazioni che si dovevano produrre quando si iniziava o si intraprendeva quel tipo di attività, attività ludico-motoria o amatoriale – già qui c’è nel testo una certa incertezza definitoria – che ha come finalità l'appagamento e il raggiungimento di un livello maggiore di benessere, cioè si discosta dalla finalità prettamente agonistica, ossia quella di ottenere una prestazione in una competizione sportiva.
      Il decreto-legge e, soprattutto, il decreto ministeriale che fungeva da linea guida, da applicazione delle indicazioni contenute nel cosiddetto decreto-legge Balduzzi, pubblicato a luglio nella Gazzetta Ufficiale, descrivevano in dettaglio, anche con allegati tecnici, la differenziazione dei tipi di attività in ragione... eh, in ragione di che ? Questo, caro sottosegretario, è il punto che noi abbiamo tentato di sollevare, con l'interpellanza, all'attenzione del Governo: non in base alla tipologia dell'attività, come avremmo voluto e come dovrebbe essere atteggiamento razionale, ma troppo e molto in ragione dello status del praticante.
      Tutto il decreto distingue tra il praticante che fa «da sé», nel senso che svolge un'attività in libertà o che la svolge in non ben precisati contesti organizzati e autorizzati, e il praticante che svolge la sua attività, invece, in contesti che riguardano la filiera sportiva istituzionale, ossia le associazioni sportive iscritte al registro del CONI, le federazioni sportive, gli enti di promozione e quant'altro. Quindi, non c’è un accertamento diagnostico o un approfondimento clinico e una relativa certificazione legata al tipo di attività, ma c’è un approfondimento diagnostico, una certificazione legata molto allo status del praticante.
      A questo schema sono arrivate delle variazioni prodotte dal Senato con l'approvazione di un emendamento collegato al cosiddetto «decreto del fare», che è intervenuto sul decreto ministeriale prevedendo la non necessità della certificazione medica per quanto riguarda l'attività ludico-motoria e, in ultimo, un emendamento approvato recentemente alla Camera, che richiede ulteriori linee guida, indicando però già all'interno di quelle che saranno le future linee guida la necessità di reintrodurre per l'attività non agonistica l'accertamento dell'elettrocardiogramma.
      Quindi, noi abbiamo un decreto ministeriale, modificato al Senato per quello che riguarda l'attività ludico-motoria e per l'attività non agonistica, rimodificato da un intervento emendativo della Camera, che ristabilisce, chiedendo ulteriore atto da parte del Governo, questo tipo di obbligo.
      Il quadro nel Paese è un quadro di grande incertezza, dovuta ai difetti che le descrivevo, contenuti già nel decreto originario e nelle linee guida contenute nel decreto ministeriale di luglio, aggravato dall'attività emendativa del Senato e della Camera.
      Oggi, il quadro delle criticità si potrebbe riassumere in questi punti: noi ci troviamo di fronte a una disparità di trattamento per attività identiche tra soggetti riconosciuti o meno come sportivi dal CONI. Un'attività che la legge definisce ad alto impatto cardiovascolare, ad esempio, se è organizzata da un soggetto non riconosciuto dal CONI, non è subordinata ad alcuna valutazione da parte del medico.Pag. 4
      Se è organizzata da un'associazione sportiva, necessita invece per il praticante una certificazione corredata da accertamenti diagnostici vari ed approfonditi. Tutte le attività non agonistiche, invece, sono a questo punto una grande famiglia che, dopo l'approvazione dell'emendamento del Senato, comprendono anche le attività ludico-motorie e quelle a bassissimo impatto cardiovascolare, che sono, come recita la legge, il gioco da tavolo e addirittura la partita a carte. Se anche questa viene svolta in contesti privati o associativi non sportivi, o a qualunque titolo organizzati, non ha bisogno di alcun tipo di certificazione o di accertamento diagnostico; ma se la stessa identica attività viene svolta nell'ambito di un'associazione sportiva dilettantistica il certificato ci vuole, anche per giocare a carte, e addirittura la Camera chiede al Governo di reintrodurre, attraverso nuove linee guida, l'accertamento dell'elettrocardiogramma a riposo.

      PRESIDENTE. La prego di concludere.

      FILIPPO FOSSATI. Concludo. Alcune regioni hanno normato, invece, l'attività ludico-motoria, che, non essendo più normata a livello nazionale, ritrova una sua forza. In queste regioni alcuni medici non ritengono, essendoci una normativa regionale che non richiede certificazione, di chiedere agli assistiti, di prescrivere agli assistiti e rilasciare agli assistiti certificati medici per l'attività non agonistica. In tante società sportive si chiede per forza l'ECG a riposo, perché nell'indeterminatezza si ritiene che sia meglio avere un accertamento in più, dato che non sappiamo se il dettato dell'emendamento approvato alla Camera sia direttamente impegnativo o se entra in vigore solo dopo le linee guida. Questo però crea contenziosi e crea un aggravio di spesa.

      PRESIDENTE. Concluda.

      FILIPPO FOSSATI. Concludo su questo, perché poi il Governo sa quali sono le richieste che facciamo. La richiesta è quella di reintervenire complessivamente sulla materia con delle nuove linee guida e con un nuovo decreto ministeriale che sani questi punti. Concludo, facendo riferimento a queste grandi contraddizioni, delle quali una l'ho detta: in un momento in cui sarebbe importante diffondere l'attività sportiva ci «difendiamo» dall'attività sportiva; la seconda è questa: nel momento in cui ci fosse la volontà – e c’è la volontà, viene manifestata, ed è stata manifestata spesso dal Governo, dal Ministro Lorenzin – di puntare invece su uno sviluppo del movimento e della prevenzione attraverso il movimento, anche per ricostruire efficacia nel Servizio sanitario nazionale, noi diciamo ai cittadini che è bene che facciano, ma noi nello stesso momento costruiamo degli step, delle chiavi d'accesso che costano ai cittadini. Quindi non la consideriamo...

      PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Fossati. Le ricordo che siamo già due minuti oltre il tempo concesso, ma lei avrà facoltà anche di replicare.
      Il sottosegretario di Stato per la salute, Paolo Fadda, ha facoltà di rispondere.

      PAOLO FADDA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevole Fossati, nell'illustrare l'interpellanza lei ha voluto fare una premessa di carattere generale su quello che è lo «stato di salute» – per rimanere nelle competenze del mio Ministero – che vive lo sport in questo momento, sui problemi che migliaia di società sportive, decine di migliaia di società sportive, stanno vivendo e la necessità di una maggiore diffusione dell'attività sportiva.
      Come lei saprà, queste sono competenze che riguardano un altro Ministero, ma credo – e io condivido quanto da lei sostenuto nell'illustrazione – che i problemi dello sport dovrebbero essere maggiormente all'attenzione del nostro Parlamento. Per quanto riguarda la tutela delle attività sportive non agonistiche ed amatoriali, si ricorda che l'entrata in vigore dell'articolo 42-bis del decreto-legge n.  69 del 2013 ha introdotto significative modifiche Pag. 5alla normativa in tema di certificazione di idoneità all'attività sportiva, sopprimendo l'obbligo della certificazione per l'attività ludico-amatoriale.
      Va a questo punto osservato che la legge 30 ottobre 2013, n.  125, del resto come ha sottolineato lei stesso, onorevole Fossati, di conversione del decreto-legge 31 agosto 2013, n.  101, è nuovamente intervenuta sulla tematica della certificazione dell'idoneità per l'attività non agonistica, definendo le figure dei medici certificatori (medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, relativamente ai propri assistiti, o del medico specialista in medicina dello sport, ovvero dei medici della Federazione medico-sportiva italiana del CONI), i quali si dovranno avvalere di linee guida, che dovranno essere approvate con decreto del Ministro della salute.
      Non vi è dubbio che il susseguirsi di disposizioni nella medesima materia, e in un intervallo di tempo molto ravvicinato, con modifiche anche sul decreto ministeriale 24 aprile 2013, che a suo tempo aveva attuato le disposizioni di cui al decreto-legge n.  189 del 2012, nonché l'intervento legislativo anche da parte di alcune regioni sulla materia, hanno fatto sorgere i dubbi interpretativi che lei ha illustrato, che sono stati quindi ben rappresentati dagli interpellanti.
      Si forniscono rassicurazioni sul fatto che tali problematiche sono state poste per un approfondimento anche in sede della Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, la quale ha condiviso la necessità di avviare iniziative volte alla risoluzione delle suddette criticità.
      Inoltre, al fine di superare le difficoltà avvertite ed avviare l'iter di definizione delle previste linee guida, di cui alla legge n.  125 del 2013 di cui sopra, il Ministero della salute ha attivato un tavolo di confronto per dare concreta soluzione alle predette criticità, al fine di garantire la tutela della salute nelle attività sportive e poter ristabilire una maggiore coerenza e linearità interpretativa della disciplina normativa in vigore, e non ultimo a promuovere e sostenere una corretta attività sportiva.
      Se all'esito del confronto con i tavoli di cui sopra si renderà necessaria una ulteriore rivisitazione normativa, sono convinto che il Governo potrà contare sul sostegno del Parlamento, per addivenire ad una soluzione definitiva e condivisa anche dal mondo dello sport.

      PRESIDENTE. Il deputato Fossati ha facoltà di replicare.

      FILIPPO FOSSATI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, ringrazio il Governo. Sono soddisfatto della risposta, sia perché dimostra l'impegno del Governo ad avere in tempi solleciti una ridefinizione delle linee guida che consentano di rimuovere i problemi che si sono posti con questa sovrapposizione normativa, e sia perché questo tipo di azione del Governo può essere, potrà essere – come ha detto il sottosegretario – finalizzata anche, se ce ne fosse bisogno, ad un intervento sulla «norma madre», quindi un intervento normativo più complessivo.
      Vorrei solo concludere sottolineando due aspetti. Il primo aspetto: è necessario, ed era già nelle parole del sottosegretario, che il lavoro istruttorio tecnico sia il più possibile «costruito» con la partecipazione dei vari soggetti del mondo sportivo, che fortunatamente è un mondo molto vario e dove competenze utili a definire e a sostenere un processo di innovazione normativa stanno in tanti luoghi e in tanti soggetti diversi; questo grazie alla diffusione della pratica sportiva e della scienza dello sport nel nostro Paese.
      Il secondo punto è un appello: che il lavoro tecnico non guardi in faccia a nessuno, nel senso che è assolutamente necessario che il tipo di tutela e il tipo di certificazione relativo alla tutela sia definito in base alle caratteristiche dell'attività. Ad ogni attività e alle condizioni del soggetto che pratica sia legato l'intervento. È un problema successivo quello dello status dell'organizzatore dell'evento e dello status amministrativo, tra virgolette, del praticante.Pag. 6
      Auspico che non si ripeta un atteggiamento che non potendo o non volendo intervenire sulla normativa amministrativa, diciamo, del sistema sportivo e dell'ordinamento sportivo, crei differenziazioni che mettono a rischio lo sportivo meno attrezzato, quello che si rivolge a contesti non autorizzati o quello che fa da sé o che si rivolge a contesti autorizzati ma non inseriti nella filiera sportiva.
      Quindi, pari attività, pari tutela. Questo è un po’ il senso dell'appello, sottosegretario, che le rivolgo.

(Iniziative per una corretta informazione sul cosiddetto «metodo Stamina» – n. 2-00284)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Binetti n. 2-00284, concernente iniziative per una corretta informazione sul cosiddetto «metodo Stamina» (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo all'onorevole Binetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      PAOLA BINETTI. Signor Presidente, in premessa, prima di cominciare, devo dire che il sottosegretario ha già risposto a tante di quelle interrogazioni e interpellanze su questo tema che mi corre l'obbligo di precisare, anche concretamente, l'angolatura specifica da cui è posta questa interpellanza urgente.
      Il problema nasce dal fatto che, una volta posto a fuoco il fatto che il «metodo Stamina» non è in grado di rispondere alle esigenze di salute dei pazienti che lo stanno praticando e una volta acquisiti una serie di pareri negativi da parte di organismi autorevoli a livello nazionale e a livello internazionale, pur tuttavia, il problema sembra tutt'altro che risolto e non sembra neppure, in questo momento, avviata una composizione serena e positiva.
      Il tema è che la sanità oggi si trova a svolgere un ruolo di intermediazione, chiamiamola così, culturale non solo sotto il profilo strettamente assistenziale, ma proprio come soggetto forte che deve dialogare con quella che è la logica dei magistrati e, dall'altra parte, con quella che è la logica degli organi di stampa. Noi ci troviamo davanti ad una magistratura che, a volte, si comporta in modo anch'essa un po’ «schizofrenico», perché, da un lato, sappiamo che ci sono stati magistrati, soprattutto magistrati del lavoro, che hanno prescritto trattamenti – prescritto nel senso che hanno autorizzato trattamenti – pur sapendo, con chiarezza assoluta, che questi trattamenti erano destituiti di fondamento. Lo hanno fatto non in virtù dell'efficacia terapeutica del trattamento, ma in virtù di un principio, che è quello del rispetto del diritto di scelta da parte dei pazienti. Per rispettare il diritto alla scelta delle cure, in qualche modo, hanno contraddetto quella che è la ragione di fondo sostanziale per cui si fa una cura: curare effettivamente un paziente.
      Di questo tutti noi presenti in quest'Aula abbiamo, come dire, una «contezza plastica» quando attraversiamo piazza di Montecitorio. I muri di piazza di Montecitorio, dalla barriera verso, potremmo dire, piazza di Pietra, sono tutti quanti costellati da scritte di questo tipo: «Difendiamo il diritto alla libertà di cura». Da questo punto di vista, noi abbiamo una serie di magistrati che si muovono in modo sintonico con quest'approccio e creano, di fatto, una serie di aspettative a livello del Paese e, soprattutto, a livello di pazienti, che non hanno altri metodi di cura e altri sistemi di cura.
      Dall'altra parte, abbiamo altri magistrati. Ne cito uno per tutti: quello di Torino, Guariniello, che è stato quello che ha iniziato, come dire, a cercare di vedere meglio. Ma, anche lì non è che si cerca di vedere meglio sotto il profilo dell'efficacia sanitaria, ma sotto il profilo di una serie di situazioni connesse, come quelle di tipo economico, la raccolta dei fondi, se queste cure sono gratuite, se non sono gratuite e se non sono gratuite, appunto, da dove provengono questi fondi e che cosa si fa con questi fondi.
      Questo è un grande problema in cui credo che noi stessi, come classe medica, Pag. 7in primo luogo, ma anche la politica nella sua dimensione più alta, poco ha fatto per stabilire una cerniera virtuosa, che metta il mondo della salute in grado di dialogare, su basi scientificamente corrette, con il mondo della magistratura.
      Per cui, ci troviamo davanti a delle autorizzazioni, come dire, che non hanno fondo, non hanno un fondo scientifico; hanno un fondo però importante, che non possiamo nemmeno sottovalutare, che è il fondo del bisogno di pietas, tanto è vero che esiste una sorta di legge sulle cure compassionevoli, che risponde, da un lato, a quella permanente necessità di speranza che hanno tutti quanti i malati e, dall'altro, anche al fatto che, in mancanza di nulla, il paziente è disposto a subire tutto.
      Questo però, se è legittimo da parte del paziente chiederlo, se è legittimo da parte dei genitori di un bambino in queste condizioni chiederlo per il proprio figlio, potremmo dire che non è legittimo concederlo, perché non stiamo concedendo né una vera speranza, né stiamo concedendo una soluzione. Il dialogo del mondo della salute con il mondo della magistratura, proprio alla luce dell'esperienza pregressa, che è stata quella del riferimento, sicuramente il sottosegretario lo conosce perfettamente, ma invito i colleghi, peraltro, a leggere un libro della collega Bindi «La salute impaziente», in cui c’è un intero capitolo dedicato alla ricostruzione del caso Di Bella, ma una ricostruzione in cui si vede che gli interlocutori forti sono, da una parte, la magistratura, e, dall'altra parte, la stampa.
      Anche allora, come ora, la televisione e la stampa danno un'immagine dei fatti che enfatizza, certamente, il bisogno di pietà che tutti noi proviamo – e dico il termine pietà, utilizzandolo nel significato più alto proprio di pietas nei confronti di chi non ha altre soluzioni – e, nello stesso tempo, però, fanno un'operazione disgraziatamente di marketing del dolore, cioè un'operazione di scoop che si sostanzia degli aspetti più strani e più complessi. Ne cito due, che non sono contenuti nell'interpellanza urgente, perché l'interpellanza comunque ha qualche giorno, mentre questi sono fatti di questi giorni. In primo luogo – e mi riferisco al più autorevole dei testimoni che, in questo momento, tutti noi abbiamo, che è il Papa –, il Papa, che manda il suo elemosiniere a portare un contributo e un'offerta ai pazienti che sono qui in tenda. Questa notizia che nasce dall'obolo di San Pietro, dalla carità del Papa – qui, tutti noi sappiamo quanto nel mondo si deva a questa generosità comunque straordinaria che la Chiesa compie in tanti momenti – non resta circoscritta nell'ambito della relazione tra il Santo Padre, il suo interlocutore e i pazienti, ma immediatamente esplode su tutti i giornali. Perché deve esplodere ? Perché deve dimostrare, da un lato, la misericordia di alcuni e, dall'altro, l'ostilità degli altri.
      C’è una notizia ancora più recente, che è dell'altro ieri: tutti noi abbiamo letto sui giornali come il Santo Padre, prima di cominciare l'udienza, un'ora prima di cominciare l'udienza, attraversa piazza San Pietro, in questa straordinaria testimonianza di affetto e di tenerezza concreta nei confronti dei più malati, si intrattiene con i genitori di una bambina – il caso concreto è il caso di Noemi, che tutti conosciamo –, dopodiché incomincia il suo discorso pastorale rivolto a tutta una piazza San Pietro piena, che incomincia in questo modo: «Vi chiedo, prima di tutto, a tutti voi, una preghiera per Noemi». Ovviamente, la preghiera per Noemi esplode su tutti i giornali, tutti quanti noi ci associamo davvero a questa preghiera, però poi, immediatamente, sappiamo che la famiglia «si è rivolta al Vaticano» – secondo questo lessico molto generico, comunque, così dice la stampa –, perché Noemi possa fare la cura delle staminali all'interno del Vaticano.
      Il parere sarà negativo per una semplice ragione: che l'obiettività scientifica nega che sia una risposta efficace, ma, in tutto questo, ancora una volta, i giornali danno uno spazio enorme a una speranza, a una pietà, a una misericordia e ad una ostilità di istituzioni che non sono in grado di rispondere.Pag. 8
      Ora, io credo che noi non ce la caviamo tanto facilmente, perché per noi dire di no a quella terapia, è dirlo con grande dolore e dire di sì, invece, a una ricerca, investire con passione e con convinzione nella cura delle malattie rare, è davvero una responsabilità. Lo dico come medico, in particolare, forse, come neuropsichiatra infantile, ma anche come politico che attraversa alcune legislature. Ma non ce la caviamo dicendo: «no, questo non te lo do, perché non ti serve», perché, comunque – e questo lo dice benissimo l'onorevole Bindi nel suo libro –, a un certo punto, in quel caso, fu presa una soluzione totalmente diversa.
      Perché era diventato un problema di salute pubblica, cioè un'opinione pubblica malata, drogata da una informazione scorretta, da una sollecitazione che, in qualche modo, enfatizza alcuni aspetti della realtà, ma non ne dà una visione composta, una visione complessiva, venti anni fa portò alla fine. C'era stato – e questo c’è nell'interpellanza – il parere negativo di tutti, di tutti gli organismi. Tutto era stato fatto per una gestione serena e composita del problema, ma, a un certo punto, il pressing che si creò da parte dell'opinione pubblica, insisto, per questo combinato disposto di una magistratura che cavalca alcuni temi senza avere competenza specifica su questo e di una stampa che, devo dire, enfatizza gli elementi di tipo emotivo, ma trascura quello che, a mio avviso, è l'elemento dominante della comunicazione, che è l'etica della comunicazione, portò a quella sperimentazione che, non voglio dire ebbe i suoi costi sul piano economico, che non furono pochi, ma di quei circa mille pazienti inseriti in quella sperimentazione, nessuno trasse vantaggi.
      In quel caso si trattava di una sperimentazione su pazienti oncologici, quindi, in un certo senso pazienti in una condizione pressoché terminale, ma non necessariamente, ma che furono distratti dalle cure, come dire, codificate dal mondo scientifico. Morirono tutti nell'arco di meno di un anno, tanto è vero che in sei mesi si pose termine alla sperimentazione. Una sperimentazione che il Ministro lucidamente non voleva, e non voleva con tutto il supporto del mondo scientifico, ma, insisto, le pressioni dall'esterno lo forzarono.
      A me sembra, dunque, che non ce la caviamo soltanto dicendo «Stamina non funziona e quindi non te lo do; non te lo do per motivi economici, ma non te lo do anche per motivi di etica professionale: non ti do una cosa che non ti serve». Dobbiamo trovare, il Ministero della salute deve trovare, all'interno della logica che il primo livello della cura della salute è l'educazione e la formazione, dei nuovi modelli di dialogo, insisto, da un lato con la magistratura, dall'altro con la stampa. Non è infatti possibile che si trasformi quello che è un problema di casi drammatici a cui va tutta la nostra comprensione. Oggettivamente lo so per me, ma lo so anche dai miei colleghi.
      Inoltre ieri, quando si è svolta in piazza la manifestazione degli aspiranti alle scuole di specializzazione, tutti giovani medici, ancora non medici, erano tutti sbalorditi della presenza lì da tanti giorni di quei ragazzi in tenda. Molti di noi, ad un certo punto, a volte, passano da un'altra parte, perché ti senti nell'inutilità delle cose, ma percepisci anche che davanti a Montecitorio non è possibile, ma non sai che cosa fare, non tocca a noi, ma non è possibile. Dobbiamo dare delle risposte diverse.
      Quindi, la mia interpellanza non riguarda direttamente Stamina, riguarda, come dire, una sollecitazione, un invito, una preghiera – prendiamola come vuole – a che il Ministero della salute assuma tra le sue competenze forti – forti – quella della comunicazione, una competenza forte del dialogo con la magistratura, da interlocutore. Il sottosegretario sa che noi siamo stanchi di giocare sempre di rimessa rispetto a un altro Ministero, che è il MEF: noi decidiamo delle cose bellissime, straordinarie, che ci sembrano totalmente funzionali ai bisogni dei pazienti e poi il Ministero dell'economia e delle finanze ci dice: «è impossibile». Ma non possiamo avere una posizione di debolezza anche nei confronti di una magistratura Pag. 9che opera in questo modo, peraltro creando liste d'attesa. Non possiamo farlo. Dobbiamo riscoprire a livello istituzionale un dialogo più alto che, in qualche modo, anche prevenga. Conosciamo tutti la prevenzione primaria, la prevenzione secondaria, prevenzione terziaria, ma rispetto all'informazione, ci vuole una prevenzione. Non è censura, è onestà, è rispetto della verità, è capacità di trasferire i numeri, capacità di trasferire le conoscenze. Questa è la prevenzione primaria che permette che non si arrivi a certe situazioni.
      E bisogna fare – come dire – uno stop. Certo, una volta facevi uno stop, ma, parlando con i direttori dei giornali, oggi è come se fosse peggio del Colosseo, perché qualunque blog, qualunque Facebook, qualunque Twitter, qualunque cosa fa dilagare... Però, proprio per questo, l'educazione all'informazione corretta sui temi della salute deve diventare uno dei muri portanti della tutela della salute, oltre che evidentemente della tutela della verità. Analogamente questo vale anche nel dialogo con la magistratura (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Paolo Fadda, ha facoltà di rispondere.

      PAOLO FADDA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevole Binetti, io avevo apprezzato e ho apprezzato la dettagliata premessa che lei aveva fatto nella sua interpellanza urgente. Devo dire, con la stessa sincerità, che ho apprezzato l'illustrazione che lei ha fatto dell'interpellanza urgente, perché ha ripercorso, in modo circostanziato e preciso, situazioni del passato, che necessariamente vanno riconsiderate in analogia alla vicenda collegata al metodo Stamina.
      Ciò premesso, come è noto ed è stato – ripeto – bene illustrato, la legge n.  57 del 2013 di conversione del decreto-legge n.  24 del 2013, all'articolo 2-bis prevede che il Ministero della salute promuova lo svolgimento della sperimentazione clinica, coordinata dall'Istituto superiore di sanità, condotta anche in deroga alla normativa vigente, concernente l'impiego di medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali, a condizione che i predetti medicinali, per quanto attiene alla sicurezza del paziente, siano preparati in conformità alle linee guida di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n.   1394/2007. Tale articolo fa espresso riferimento alle buone prassi di fabbricazione, richieste dal diritto comunitario. Con questo voglio chiarire che la verifica di tale condizione è fondamentale e preliminare rispetto a qualsiasi altra considerazione.
      Il 18 giugno 2013 è stato emanato un apposito decreto per disciplinare la promozione della sperimentazione clinica, dando di fatto avvio a tutta la procedura per la sperimentazione, come previsto dalla legge.
      Il 28 giugno è stato istituito il Comitato scientifico. In data 11 settembre u.s. il Comitato scientifico ha elaborato un'analitica e motivata relazione, esprimendo all'unanimità – ripeto: all'unanimità – parere negativo e, pertanto, ostativo alla ulteriore prosecuzione della sperimentazione con il metodo in esame, rilevandone l'assenza dei presupposti di scientificità e sicurezza.
      Nella nota di accompagnamento a detta relazione, il Comitato ha evidenziato, ed è giusto che anche in quest'Aula lo ripetiamo: la «inadeguata descrizione del metodo», mancando proprio la descrizione del differenziamento neurale delle cellule; la «insufficiente definizione del prodotto», sia perché le cellule da iniettare non sono definite in maniera corretta, sia perché non viene presentato alcun saggio funzionale che ne dimostri le proprietà biologiche; in difetto di questa caratterizzazione e dei pochi controlli di qualità, vi è un problema sia di efficacia del trattamento, per la difficoltà di riprodurre il metodo, sia di sicurezza; i «potenziali rischi» per i pazienti, specie per quanto concerne l'utilizzazione di cellule allogeniche, per la mancanza di un piano di identificazione, screening e testing dei donatori, con conseguente esclusione della verifica del rischio di malattie e agenti trasmissibili; Pag. 10altri rischi di fenomeni di sensibilizzazione anche gravi, sono dovuti al fatto che il protocollo prevede somministrazioni ripetute; non essendo prevista la filtrazione delle sospensioni ottenute dal materiale di partenza (carota ossea), vi è anche il rischio di iniezione di materiale osseo a livello del sistema nervoso.
      Attesa la complessità della questione, il Ministero ha ritenuto di investire l'Avvocatura generale dello Stato per acquisire indicazioni circa la condotta da seguire.
      L'Avvocatura con parere reso il 25 settembre ultimo scorso, ha invitato il Ministero a prendere atto del parere negativo del Comitato scientifico, disponendo che, allo stato, non si può procedere oltre alla sperimentazione. In data 10 ottobre 2013 il Ministero della salute ha adottato il provvedimento di cui sopra, con comunicazione alla Stamina Foundation.
      Questa, ormai nota, ricostruzione dei fatti mi è sembrata doverosa, anche per rispondere alle specifiche questioni poste; in ordine alla strategia di comunicazione, non vi è dubbio che il Ministero della salute conviene sulla necessità di fornire al Paese, con riguardo soprattutto dei malati e dei familiari e nel rispetto della loro dignità, una informazione corretta circa la motivazione che sta alla base del parere del Comitato tecnico scientifico, proprio per scongiurare aspettative in termini di guarigione, che non possono poi essere garantite. Ecco perché il Ministero intende compiere un enorme sforzo per reimpostare le relazioni comunicative con i pazienti, le rispettive famiglie e i cittadini, con la magistratura, fondate sulla reale consistenza scientifica della vicenda Stamina, per fugare ogni dubbio derivante dalla cattiva informazione che sulla vicenda è stata fatta.
      Ritengo, comunque, che gli sforzi che dovranno essere compiuti, non debbano essere soltanto indirizzati alla strategia della comunicazione – e, del resto, l'onorevole Binetti nella sua illustrazione ne ha parlato a lungo – di cui ribadisco comunque l'importanza, ma devono essere finalizzati, mediante una azione combinata del Governo e del Parlamento, a garantire le categorie più deboli di maggiori risorse, destinate, per esempio, alla non autosufficienza, destinate, per esempio, come è stato sollecitato dall'onorevole Binetti, alla ricerca sulle malattie rare.
      Per quanto attiene alle prospettive delle persone attualmente in trattamento con Stamina, segnalo che l'Istituto superiore di sanità, il Centro nazionale trapianti e l'Agenzia italiana del farmaco, con il Ministero della salute, stanno procedendo al monitoraggio della situazione clinica dei pazienti in trattamento presso gli ospedali di Brescia, in attuazione del citato decreto-legge n.  24. Infatti, è in corso l'acquisizione di tutte le cartelle cliniche dei 123 pazienti sui quali è stato avviato il trattamento con il metodo in parola, per consentire la valutazione degli esiti e degli eventi avversi.

      PRESIDENTE. La deputata Binetti ha facoltà di replicare.

      PAOLA BINETTI. Signor Presidente, ovviamente ringrazio il sottosegretario per la ricostruzione previa della vicenda su cui, sia ben chiaro, non ho avuto mai nessun dubbio relativamente alla correttezza, sul piano scientifico e anche sul piano delle procedure.
      Il tema che mi sta a cuore in questo momento è in parte contenuto nella risposta del sottosegretario ed è quello che immagina, all'interno del Ministero della salute, una consapevolezza rinnovata del tema, anche previa; noi sappiamo che si fa molte volte terrorismo psicologico – adesso potrei citare mille esempi su questo – e la comunicazione che il Ministero deve fare è un lavoro strategico direi di tipo professionale. Non si può investire, come potrebbe essere facile immaginare, il 100 per cento sul profilo strettamente sanitario e considerare accessorio il profilo comunicativo.
      Oggi come oggi, il Ministero deve dotarsi di una struttura di comunicazione che preceda e, quindi, in qualche modo anticipi possibili reazioni, accompagni le proprie decisioni e monitorizzi, di fatto, gli effetti. Mi sembra che comunque dalle Pag. 11parole del sottosegretario ci sia tutta la consapevolezza che qualche volta la comunicazione, quando scappa di mano, crea tanti di quei danni che poi recuperarli è veramente difficile.
      Nello stesso tempo sono veramente felice che l'investimento che si fa nella ricerca per le malattie rare sia un investimento importante, serio e concreto e che anche di questo si dia atto. Nel recente cosiddetto decreto scuola, che è stato approvato ieri al Senato, c’è una parziale attenzione anche al mondo della ricerca, un'attenzione abbastanza limitata e un po’ di contorno.
      Mi risulta che questa mattina, sotto un altro titolo, il Consiglio dei Ministri sta discutendo sotto altro aspetto il tema della ricerca. Da questo punto di vista, è importante se noi riusciamo a fare davvero della ricerca il volano della terapia nel senso della speranza, perché anche la speranza attraverso la ricerca, diventa un fattore di terapia e di proiezione per questi malati.
      Certamente il terzo punto, che non è contenuto nella mia interpellanza, per cui ringrazio in modo particolare il sottosegretario per la sua sottolineatura, è quello che dice che queste famiglie, proprio perché non possiamo dargli ciò che ci chiedono in termini di prospettiva di guarigione, tanto più noi dobbiamo essere certi che non le lasciamo sole. Ed è vero che questi malati, concretamente i malati che accedono a Stamina, sono i più malati dei malati, sono i più fragili dei più fragili: sono situazioni in cui la malattia del figlio crea un totale assorbimento di quelle che sono le risorse e le energie della madre nella relazione di cura del contesto famigliare. Molte volte c’è l'impossibilità di portare avanti un'attività di lavoro professionale e quindi con un impoverimento ulteriore indotto nella famiglia.
      Quindi, il fondo per la tutela della non autosufficienza, a cui lei fa riferimento, la capacità di presa in carico, anche sotto un profilo di assistenza concreta, questo potrebbe aiutare queste famiglie a stemperare questa ostilità percepita nei confronti delle istituzioni che molte volte le consegna all'ideologia del guaritore: c’è il grande manipolatore. Io credo che molte delle cose che sono state fatte in realtà attengono a una falsa relazione di accompagnamento che è stata data a queste persone. Molte persone si sono fidate perché in qualche modo si sentivano totalmente sole e abbandonate.
      Quindi, io invito in particolare, in concreto, conoscendo quanto è complesso il tema del «dopo di noi», quanto è complesso il tema della non autosufficienza, quanto è complesso il tema di queste famiglie che sono davvero a un livello di impoverimento non indifferente, a prestare particolare attenzione concretamente a queste persone, non perché se ne voglia fare – come direbbe la collega Ileana Argentin se fosse qui – delle condizioni di privilegio. Però in questo momento non si tratta di una condizione di privilegio, è proprio una riparazione del danno che noi assumiamo, come assumiamo qualche volta quando facciamo una trasfusione da sangue infetto: c’è una riparazione del danno che tu hai nei confronti di quel malato, poi c’è tutta la ricerca sulle trasfusioni e la riflessione sulle diverse forme di epatite C e quello che sia. Però su questo paziente occorre fare un'azione. Quindi io sollecito davvero a far sentire a queste famiglie che non sono sole, che nella specifica del Ministero c’è un'attenzione concreta alle loro necessità, che c’è davvero anche una parte di quei famosi 3 milioni di euro che costituiscono una risorsa operativa messa a loro disposizione.
      Non lo so e non ho soluzioni da offrire né da prospettare, però so che se noi li lasciamo soli e in balia di questo «ping pong» drammatico che c’è tra un certo tipo di magistratura e un certo tipo di stampa, questo non faciliterà il dialogo tra i cittadini e le istituzioni e non saranno solo questi bambini, questi soggetti e le loro famiglie, ma ci sarà un'intera opinione pubblica che penserà che noi siamo indifferenti ai loro bisogni, mentre invece credo che per ricostituire il famoso patto Pag. 12per la salute si parte proprio da una relazione di fiducia reciproca (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

(Chiarimenti in merito all'ipotesi di affidamento in concessione a privati del complesso monumentale della Cittadella di Alessandria – n. 2-00279)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Balduzzi e Dellai n. 2-00279, concernente chiarimenti in merito all'ipotesi di affidamento in concessione a privati del complesso monumentale della Cittadella di Alessandria (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo all'onorevole Balduzzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, si tratta di un ritorno sullo stesso tema, perché già nel mese di settembre era stata presentata e discussa un'interpellanza urgente sullo stesso argomento, volta a sollecitare l'attenzione del Governo su un bene culturale di caratterizzazione unica: la più grande cittadella fortificata d'Europa, quella complessivamente meglio conservata – pur con i problemi che dirò – e certamente quella dove la necessità di un intervento è resa ancora più forte dalla circostanza che si tratta di un bene rimasto integro nella sua unicità architettonica per una serie di ragioni.
      Una cittadella nata a fianco di una città, una cittadella nata riportando nella città un antico quartiere – mi piace ricordare il nome di quel quartiere, perché evoca sicuramente qualche cosa a tutti: si chiamava Bergoglio quel quartiere – realizzando attorno alla fase finale delle grandi opere di fortificazione sei-settecentesche, quindi da un certo punto di vista potendo avere il distillato delle migliori tecniche, anche per l'epoca, evidentemente, avveniristiche. Un grandioso complesso che, dopo la dismissione da parte del Ministero della difesa, è stato acquisito dall'amministrazione del demanio nel 2007, e sul quale, naturalmente, da anni si stanno esercitando sia le istituzioni preposte, sia la comunità locale, l'associazionismo, il volontariato, proprio perché si tratta di un bene con quelle caratteristiche di unicità che ho voluto riassumere.
      Nell'interpellanza precedente, gli interpellanti avevano chiesto al Governo se non riteneva di avviare l'attivazione di uno strumento, contenuto nel cosiddetto decreto-legge «salva Italia», ossia lo strumento dei PUVaT, cioè programmi unitari di valorizzazione territoriale, proprio perché si trattava di uno strumento che il Governo, con la conversione del decreto da parte del Parlamento, aveva individuato come utile nell'ipotesi di valorizzazione di patrimoni immobiliari significativi, le cui caratteristiche sono quelle di poter ricomprendere nel percorso di valorizzazione sia le amministrazioni centrali – naturalmente il proprietario del bene, l'Agenzia del demanio, quindi il Ministero dell'economia e delle finanze – sia il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, oltre naturalmente a tutta la Repubblica, quindi all'insieme degli enti preposti. Ma la Repubblica in senso anche più ampio, cioè il volontariato, l'associazionismo. In altre parole, fare in modo che il bene culturale, che è un bene proprio e un bene comune, possa essere oggetto di una partecipazione anche civile e democratica, che poi è la garanzia della sua forte fruizione e valorizzazione.
      C'era stata una risposta di apertura interessata da parte del Governo e su questa risposta si era anche costruito poi successivamente, da parte di chi sta parlando, un progetto più preciso proprio di percorso di valorizzazione. Progetto che, il 21 ottobre, venne riscontrato positivamente dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per bocca del sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni che, visitando la cittadella e rendendosi conto che le premesse erano fondate sulla realtà, andava a corrispondere a questa proposta che, d'altra parte, il Governo stesso nella sua interezza, rispondendo all'interpellanza precedente, aveva sottolineato. Qui è la ragione dell'interpellanza odierna, che Pag. 13non è semplicemente un modo per tenere alta l'attenzione del Governo, anche se questo potrebbe sempre essere utile, in quanto qualche volta ci sono tante cose nell'esperienza governativa da tenere sotto osservazione che qualcosa può scappare. Ma la ragione è collegata alla circostanza che il giorno dopo questa presa di posizione ufficiale da parte del Governo, in questo caso dell'amministrazione dei beni e delle attività culturali, l'amministrazione del demanio convocava a Torino una riunione nella quale manifestava una determinazione forte a bandire in tempi rapidi una gara per l'affidamento a privati, in una concessione ultradecennale, della gestione della cittadella.
      Indubbiamente, c'era qualche disallineamento tra una posizione espressa, sempre autorevolmente, dal Governo e un'altra posizione espressa da un'Agenzia che dal Governo è naturalmente dipendente. Da qui, dunque, la ragione di questa interpellanza. Perché ? Perché vi sono alcune domande che chiedono di avere una risposta o una conferma di risposta.
      In primo luogo, si tratta di un bene molto importante, ma la cui conservazione è problematica: basta visitarlo per vedere che crescono le piante sui tetti; l'ailanto è qualche cosa che, se non si interviene, crea poi l'impossibilità di porsi il problema della valorizzazione del bene, perché non c’è più il bene.
      E su questo, tra l'altro, la comunità locale e il volontariato hanno lavorato molto, perché la Cittadella ha vinto il premio 2012 «Luoghi del cuore» del Fai. Non è un premio che si vince per raccomandazione. Lo vince chi riceve più segnalazioni, da parte dei cittadini, che è un luogo del cuore. La Cittadella ha battuto nettamente tutti gli altri e c’è stato un finanziamento significativo, che è fermo perché l'Agenzia del demanio non ha ancora dato corso alle richieste – reiterate da parte delle associazioni, del comune, dei parlamentari e di tutti quelli che hanno a cuore il bene Cittadella – di autorizzare la conservazione e le opere necessarie per tenere integro questo bene, tenendo conto che c’è una disponibilità ampia del volontariato a concorrere e a fare questo, quindi con costi anche modesti e, in ogni caso, già coperti dal finanziamento «Luoghi del cuore» del Fai.
      Una seconda domanda, signor sottosegretario, riguarda evidentemente il problema di come coinvolgere l'intera comunità locale in questo percorso di valorizzazione del bene. Certamente, la destinazione non potrà che essere una destinazione plurima, date le caratteristiche del bene stesso, ma l'importante in questo caso è proprio riuscire a creare questa coralità, senza la quale i rapporti tra la città e la Cittadella continueranno ad essere rapporti di vicinanza, ma di vicinanza in qualche modo lontana, pur se affettivamente molto sentita.
      Dunque, la terza domanda è se il Governo sia a conoscenza di questo progetto del demanio, come intenda valutarlo e se non sia il caso di un rapporto e di un raccordo maggiore tra i ministeri. Il problema è sempre quello del raccordo tra ministeri e, quindi, non ci stupisce che vi possano essere dei disallineamenti, ma l'interlocuzione tra Governo e Parlamento serve anche a quello, ossia a riuscire a ridurre al minimo eventuali disallineamenti.
      Un'altra domanda è se si escluda – non credo, è una domanda forse retorica, ma la vorrei porre ugualmente – un percorso condiviso con le comunità locali, dove per comunità locali intendo proprio la Repubblica nel suo insieme e anche quella congerie di associazioni e movimenti che stanno attorno alla valorizzazione di un bene così importante, dunque un percorso condiviso con la comunità locale, lavorando intensamente con essa.
      Infine, le ultime due domande: se non sia il caso di dare direttive al demanio perché urgentemente autorizzi – come dicevo in premessa – la conservazione e le iniziative di conservazione urgenti del bene stesso, gli interventi urgenti per preservarne l'integrità; infine, se sia sufficientemente a conoscenza e sia nelle intenzioni del Governo la necessità di stabilire un equilibrio tra la sostenibilità economica – che indubbiamente è qualche cosa a cui Pag. 14tutti noi siamo fortemente interessati: i beni pubblici vanno valorizzati anche sotto il profilo della sostenibilità economica – e le esigenze della maggiore fruizione e fruibilità collettiva del bene, a tutela della dignità culturale del bene stesso.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Paolo Fadda, ha facoltà di rispondere.

      PAOLO FADDA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevole Balduzzi, lei stesso ha ricordato che da un mese il Governo sta esaminando un problema che lei ha posto – credo con grande interesse e grande passione – all'attenzione del Governo per la salvaguardia e la valorizzazione del compendio della Cittadella di Alessandria.
      Con il documento in esame gli interpellanti sollecitano iniziative di valorizzazione della Cittadella di Alessandria con il coinvolgimento delle istituzioni e delle collettività locali. Al riguardo, l'Agenzia del demanio riferisce quanto segue.
      Il compendio in parola – costituito da una fortificazione di imponenti dimensioni, con sei bastioni circondati da un fossato, oltre che da edifici a più piani, fuori terra, originariamente adibiti a quartiere militare, ospedale, arsenale, magazzini e palazzo del governatore – copre un'area di circa 478 mila metri quadri, di cui circa 74 mila metri quadri coperti, ed è iscritto nel demanio pubblico dello Stato, ramo artistico storico.
      Il complesso è stato dismesso dal Ministero della difesa nel 2007 – come è stato ricordato dall'onorevole Balduzzi – per essere inserito in programmi di valorizzazione e, a tal fine, viene ricompreso in un protocollo d'intesa sottoscritto in data 5 febbraio 2008 tra il comune di Alessandria, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia del demanio.
      L'accordo non ha trovato attuazione per le difficoltà di individuare iniziative sostenibili sotto il profilo finanziario idonee a garantire un'adeguata conservazione del bene in argomento. A partire dal 2009 il compendio è affidato alla custodia del comune di Alessandria, che nel corso degli anni ha assicurato piccole manutenzioni essenzialmente volte al mantenimento delle aree verdi e ha patrocinato iniziative promozionali di breve durata, sulla base di concessioni onerose rilasciate dalla competente direzione regionale dell'Agenzia del demanio.
      A seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 28 maggio 2010, n.  85 (federalismo demaniale), il comune ha formalizzato in data 18 maggio 2011 la richiesta di acquisizione a titolo gratuito del compendio, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del citato decreto. Tale disposizione, relativamente agli immobili appartenenti al patrimonio culturale, prevede una speciale procedura incardinata presso le direzioni regionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per il trasferimento dei beni nel quadro di accordi di valorizzazione stipulati secondo l'articolo 112 del decreto legislativo n.  42 del 2004 (codice dei beni culturali).
      L'attribuzione è subordinata alla presentazione da parte dell'ente territoriale richiedente di un programma di valorizzazione volto al recupero, alla conservazione e alla fruizione pubblica degli immobili richiesti con l'indicazione della sostenibilità economico finanziaria dell'operazione e del piano di gestione dei beni.
      In considerazione dell'indisponibilità di risorse da parte delle istituzioni pubbliche e al fine di evitare situazioni di ulteriore degrado derivanti dal non pieno utilizzo del compendio, l'Agenzia del demanio riferisce che sono proseguiti, nello scorso mese di ottobre, gli incontri sulle tematiche della valorizzazione della Cittadella, alla quale hanno partecipato oltre alla stessa Agenzia, il comune di Alessandria, il Ministero dei beni e delle attività culturali, la regione Piemonte, la provincia e il Fondo ambiente italiano, che ha promosso un'iniziativa di finanziamento per l'importo di 50 mila euro per la realizzazione di un intervento a favore del bene.
      Nel corso di tali riunioni è stata prospettata la possibilità di rivolgersi ai capitali privati per assicurare, da un lato, la manutenzione ordinaria e straordinaria Pag. 15dell'immobile e, dall'altro, la sua fruizione pubblica, avvalendosi dello strumento della concessione di valorizzazione, disciplinata dall'articolo 3-bis del decreto-legge 25 settembre 2001, n.  351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n.  410.
      La citata disposizione prevede che gli immobili dello Stato possano «essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a cinquanta anni, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, e successive modificazioni».
      Tale iniziativa permetterebbe, a fronte di una risposta positiva del mercato, di trovare in tempi brevi soluzioni progettuali e gestionali finanziariamente sostenibili, volte al recupero, alla conservazione ed alla valorizzazione del bene, rendendolo così fruibile da parte della comunità locale con il coinvolgimento del comune, relativamente all'introduzione di nuove destinazioni d'uso, e di altre amministrazioni per quanto concerne tutti i vincoli di tutela.
      A tal riguardo, le modalità operative per lo svolgimento della procedura di evidenza pubblica finalizzata alla selezione del concessionario stabiliscono che tutti i soggetti istituzionali competenti dovranno fornire le necessarie prescrizioni per assicurare la massima tutela e fruizione del complesso immobiliare.
      Quanto allo strumento del Programma unitario di valorizzazione territoriale, disciplinato dall'articolo 3-ter del citato decreto-legge n.  35 del 2001 menzionato dagli interpellanti, l'Agenzia del demanio sottolinea che tale programma è ispirato ai principi di cooperazione istituzionale e di copianificazione, in base ai quali promuovere intese e accordi procedimentali volti ad attivare un processo di valorizzazione di una pluralità di immobili pubblici appartenenti alla regione, alla provincia, ai comuni ed a ogni soggetto pubblico anche statale, localizzati anche in più comuni.
      Tali attività sono state, nella sostanza, già promosse dall'Agenzia del demanio con il Protocollo d'intesa sottoscritto nel 2008, che, come si è detto, non ha trovato attuazione. Non si esclude, tuttavia, la possibilità di formalizzare ulteriori forme di collaborazione istituzionale.
      Da ultimo, l'Agenzia del demanio fa presente che sono in corso valutazioni circa l'utilizzo dei menzionati fondi stanziati dal FAI.

      PRESIDENTE. L'onorevole Balduzzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

      RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, prima di dichiarare soddisfazione o insoddisfazione volevo fare una premessa: ieri mi ha telefonato il sottosegretario Baretta, che ha la delega specifica per questo, e che non potendo per altri impegni istituzionali essere in Aula mi suggeriva di rinviare la discussione dell'interpellanza. Abbiamo poi valutato che questo avrebbe portato, per impegni reciproci (il venerdì è sempre una giornata dove anche i parlamentari hanno impegni in giro per l'Italia, e non solo i sottosegretari), troppo avanti l'interpellanza stessa; e dunque abbiamo valutato in ogni caso di svolgere questo adempimento istituzionale, riservando di continuare nel dialogo tra gli interpellanti e l'amministrazione del Ministero dell'economia e delle finanze. Sono poi particolarmente lieto che a discutere questa interpellanza sia il sottosegretario Fadda, cui mi lega una antica, se posso dire così, amicizia, e rapporti di stima spero reciproca.
      La premessa, quindi, è una premessa di soddisfazione.
      C’è una seconda premessa di soddisfazione. Spesso nelle interpellanze e nelle interrogazioni l'interpellante o l'interrogante hanno come l'impressione che, chiamando il Governo a fiori, questo risponda a picche, se non direttamente «picche».Pag. 16
      Questo non è il caso di questa risposta, anche se, come si è potuto capire, è una parte della risposta, perché il Governo ha sottolineato che è l'Agenzia del demanio che riferisce. Quindi, da questo punto di vista, c’è ancora, evidentemente, tutto lo spazio per una responsabilità politica, che pertiene, evidentemente, al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
      Però, pur con queste, diciamo, «limitazioni», l'interpellante è soddisfatto. È soddisfatto per due ragioni. La prima perché l'Agenzia del demanio dimostra di avere la consapevolezza di che cosa sia questo bene e quali siano le sue caratteristiche. Specialmente nel territorio alessandrino a qualcuno era parso che forse non ci fosse questa piena consapevolezza; perché immaginare che ci sia un privato che, appunto, abbia un interesse così, senza un ragionamento più complessivo, ad avere in gestione un bene di questo genere, che non è una villa con parco ma sono 74 ettari di cui 20 fortificati, con sei bastioni, spalti, piazze d'armi e un numero significativo di caseggiati e casamenti... Cioè, è, appunto, una piccola città e non è il bene culturale così individuato e individualizzato cui siamo, magari, abituati a fare riferimento. Dunque, evidentemente richiede una strategia differente, strategia di cui pare che l'Agenzia del demanio dimostri di avere, come dicevo, consapevolezza.
      Dunque, allora c’è tutto lo spazio – ed è la ragione per la soddisfazione dell'interpellante – per il percorso successivo. Credo proprio che non solo non vada esclusa la possibilità, come dice l'Agenzia del demanio, di un percorso ulteriore, ma invece vada inclusa questa possibilità e chiedo proprio in questa replica, naturalmente anche in prospettiva, al Governo di farsene carico nelle amministrazioni competenti.
      Forse, c’è una sfumatura di insoddisfazione nella parte finale. Non c’è molto da riflettere sulla autorizzazione da dare per l'utilizzazione di fondi già esistenti, recuperati attraverso il circuito del FAI, che dimostrano una grande partecipazione della cittadinanza, non solo alessandrina, a questo luogo del cuore che è la Cittadella di Alessandria.
      Dunque, da questo punto di vista la risposta mi sembra un po’ «burocratica». Ma, d'altra parte, stava nelle premesse. La risposta a questa interpellanza urgente, per le ragioni precisate poco fa da me stesso e rese evidenti nella risposta del sottosegretario, è una risposta per ora amministrativa e burocratica, chiamiamola così, senza nessuna connotazione negativa di questo termine. La risposta politica sarà l'interlocuzione che proseguirà e, sulla base di queste premesse, sicuramente può utilmente proseguire.

(Iniziative di competenza in ordine alla revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria per le banche responsabili di violazioni di legge e misure per il tempestivo risarcimento a vantaggio dei clienti danneggiati – n. 2-00282)

      PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nesci n. 2-00282, concernente iniziative di competenza in ordine alla revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria per le banche responsabili di violazioni di legge e misure per il tempestivo risarcimento a vantaggio dei clienti danneggiati (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
      Chiedo all'onorevole Nesci se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

      DALILA NESCI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, l'interpellanza urgente annunciata riguarda il risparmio ed il lavoro, che sono fondamenti dell'economia e della vita. Il risparmio ed il lavoro sono, dunque, le basi del futuro di tutte le generazioni e di tutte le categorie. Ciononostante, diverse banche hanno intaccato l'uno ed offeso l'altro, decurtando somme di denaro ai correntisti con motivazioni illegittime, prima che furbe, tra l'altro.Pag. 17
      Gli abusi sono comprovati e li abbiamo già illustrati in un altro atto di sindacato ispettivo. Sto parlando di fatti, non di congetture. Sto parlando dell'applicazione di tassi oltre il limite di legge, di prestiti tipo «cravattari» e di commissioni spropositate, ciò con enormi profitti per vertici bancari oggi sottoposti a processo.
      Questi episodi non sono insinuazioni o «fantasie di impatto pubblico». L'aspetto più grave è che vari istituti di credito hanno compiuto in libertà dei reati molti gravi, come truffa e usura, nonostante gli organi di controllo.
      Dov'era la Banca d'Italia, sulla cui autonomia si fonda la tutela del valore monetario di fatiche, sacrifici e rinunce individuali ? Che cosa sapeva la Banca d'Italia di pesanti distorsioni del credito, contrarie al bene pubblico ? E, soprattutto, è sufficiente tale autonomia, se la Banca d'Italia è, per oltre il 90 per cento, di proprietà delle banche su cui la medesima ha il compito di vigilare ? Mentre noi siamo qui a interpretare i rispettivi ruoli di opposizione e di maggioranza, ci sono imprenditori che rischiano di chiudere, famiglie che potrebbero precipitare nello sconforto e nella disperazione, attività e redditi che si perdono per l'assenza di uno Stato realmente pronto ed efficace.
      Non c’è risposta alle richieste di risarcimento delle vittime; gli usurati dalle banche sono costretti ad aspettare il giudizio civile per recuperare i loro soldi e ricevere il corrispettivo dei danni subiti. Nel frattempo, molti vendono beni propri per sopravvivere, con la speranza di essere compensati alla fine di uno sfiancante iter burocratico. Tutti i discorsi sulla crescita e sull'economia sono vuoti se la Repubblica non protegge il risparmio privato, se lo lascia all'arbitrio e all'appetito di poteri che sfruttano vecchi rapporti di forza, certi che la sanzione non sarà pari al reato e ai suoi più pesanti effetti, o magari non arriverà mai.
      La memoria collettiva sul caso del Monte dei Paschi di Siena è ancora forte; inoltre nessuno ha dimenticato il crack della Parmalat. Le due vicende mostrarono la debolezza e l'insufficienza dei sistemi dei controlli, su cui facevano affidamento tante persone comuni: operai, artigiani, dipendenti, piccoli risparmiatori e investitori. Ciascuno deposita in banca, per motivi di sicurezza e praticità, convinto che i propri averi non si possano tenere sotto il cuscino, dentro il materasso o in cassaforte; chi chiede prestiti bancari, sa che pagherà interessi, sicché è disposto ad affrontarne gli oneri. Le banche, però, non possono sfruttare la situazione, innanzitutto perché non esisterebbero senza i soldi dei privati. Il Ministero dell'economia e delle finanze è retto da un ex direttore generale della Banca d'Italia, perciò il Ministro titolare conosce meglio di chiunque altro il sistema dei controlli, i suoi limiti e le sue contraddizioni.
      La relazione sull'attività dell'Arbitro bancario finanziario riguardante l'anno 2012, riporta, a pagina 26, che il 65 per cento dei 4.303 ricorsi decisi, ha avuto un esito favorevole per il cliente – il dato parla da sé – rispetto al comportamento di non poche banche, peraltro soccombenti anche in sede civile, come raccontano, per esempio, la sentenza n.  804 del 2009 del Tribunale di Lanciano, la n.  77 del 2010 del Tribunale di Ortona, la n.  246 del 2010 del Tribunale di Lecce sezione di Maglie, la n.  252 del 2010 del Tribunale di Chieti, quella del 6 luglio 2011 del Tribunale di Sassari. Nel complesso, gli importi da rifondere sono di alcuni milioni di euro.
      Con sentenza del 2000, la Corte di Cassazione ha chiarito che la tutela del risparmio è interesse pubblico, riconosciuto in Costituzione dell'articolo 47. Questo significa che, al di sopra delle varie competenze amministrative, c’è la tutela che si deve ai risparmiatori, tanto più alla luce di procedimenti che coinvolgono responsabilità bancarie per frode ed evasione fiscale, con manager consapevoli, secondo i magistrati, delle specifiche responsabilità penali. In alcuni casi, ai clienti furono rivolti addebiti impropri, utili a cumulare risorse da impiegare in scalate finanziarie.
      È storia, purtroppo: vennero prelevati importi, perfino da conti intestati a soggetti Pag. 18defunti, deceduti. Siamo a un punto di non ritorno, specie se rimane il dubbio indotto dalle cronache che pure il governo della Banca d'Italia abbia potuto permettere certe infrazioni.
      Lo scorso 17 luglio, l'imprenditore calabrese Antonino De Masi, vittima di usura bancaria accertata dalle Corte di Cassazione, raccontò la sua vicenda nella sala stampa della Camera dei deputati (esiste il filmato su Internet facilmente reperibile): De Masi ha avuto problemi con l'erogazione del mutuo pubblico antiusura, richiesto nel 2006 e ricevuto, in parte, solo da pochi mesi. La sua storia, fatta di ragione, di coraggio e di determinazione, ci è sembrata rappresentativa dell'urgenza generale di intervento a tutela del risparmio, inteso come interesse pubblico.
      Occorre fermare definitivamente abusi, irregolarità, arbitri e alterazioni, rendendo presto giustizia alle vittime. Pertanto, chiediamo se il rappresentante del Governo ritiene utile predisporre misure, anche di carattere normativo, volte a revocare l'autorizzazione alle banche responsabili di reati e violazioni di legge, e, insieme, misure per il tempestivo risarcimento dei clienti raggirati.

      PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato Paolo Fadda, ha facoltà di rispondere.

      PAOLO FADDA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, con l'interpellanza urgente n. 2-00282, l'onorevole Nesci e gli altri sollevano diverse questioni inerenti presunte irregolarità degli intermediari bancari italiani che, mettendo in atto prassi illecite (usura bancaria, elusione e evasione fiscale, truffe, aggiotaggio), creano effetti distorsivi sul mercato e cagionano danni, sia diretti che indiretti, ai consumatori.
      Al riguardo, la segreteria del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, sentita la Banca d'Italia, ha comunicato che la rilevazione dei tassi medi che vengono pubblicati sul sito Internet della stessa, sono determinati da un automatismo stabilito dalla legge a partire dai tassi medi di mercato rilevati trimestralmente da Banca d'Italia e pubblicati dal Ministero dell'economia e delle finanze. Le istruzioni emanate dalla Banca d'Italia possono costituire una metodologia di riferimento per la valutazione dei casi concreti condotta dalla magistratura ma, ovviamente, non ne vincolano le decisioni.
      Con riferimento all'asserita «omessa vigilanza» della Banca d'Italia sugli istituti di credito che hanno applicato condizioni usurarie alle aziende del signor De Masi, si rappresenta che le denunce presentate dallo stesso De Masi a partire dal 2003 hanno dato avvio a un complesso iter giudiziario conclusosi, solo nel 2011, con la pronuncia della Corte di Cassazione che ha accertato la sussistenza dell'elemento oggettivo di usura, assolvendo tuttavia gli esponenti per la mancanza dell'elemento soggettivo del reato. La Banca d'Italia ha prestato, nel corso del tempo, ogni utile collaborazione nell'esame della vicenda, sia alla Prefettura di Reggio Calabria che alla magistratura. In particolare, su richiesta del GUP del Tribunale di Palmi, la Banca d'Italia ha messo a disposizione di detto magistrato, in qualità di consulente tecnico, un proprio funzionario esperto in materia di usura, la cui perizia è alla base dell'accertamento giudiziario delle condizioni applicate al «gruppo De Masi».
      In merito ai quesiti sul costo dei servizi bancari italiani si rappresenta, come indicato nella recente pubblicazione della Banca d'Italia sul costo dei conti correnti, che nel 2012 la spesa media sostenuta per la tenuta di un conto corrente bancario è stata di 103,8 euro, in diminuzione di 4,1 euro rispetto al 2011 e di 6,7 euro rispetto al 2010.
      Per quanto riguarda la vicenda relativa al signor Gianfranco Lande il Tribunale di Roma, con sentenza del 28 giugno 2012, ha condannato lo stesso, ma ha rigettato le pretese risarcitorie nei confronti della Banca d'Italia affermando la piena legittimità del comportamento dell'istituto che secondo i giudici di primo grado «ha posto in essere quelle condotte esigibili dall'autorità di vigilanza». Attualmente il giudizio Pag. 19è in fase di appello, avendo l'imputato ed alcune parti civili impugnato la predetta pronuncia.
      Con riferimento al caso «Brontos», si rammenta che l'Autorità di vigilanza ha prestato la propria collaborazione ai competenti organi giudiziari nell'ambito dell'inchiesta in argomento.
      In ordine all'utilizzo dello ius variandi da parte delle banche, si rappresenta che nel 2012 la Banca d'Italia ha avviato, tramite l'ABI, un'indagine presso il sistema bancario e finanziario, volta ad approfondire le prassi applicative seguite dagli operatori in merito alla variazione unilaterale di condizioni contrattuali. L'indagine ha coinvolto una quota rilevante del sistema e preso in esame circa duemila variazioni unilaterali di condizioni contrattuali. I primi risultati dell'analisi evidenziano come le manovre siano state realizzate sulla base di motivazioni eterogenee, a riprova dell'assenza di univoci indirizzi interpretativi a livello normativo. Tra l'altro, l'argomento è stato oggetto di varie pronunce dell'Arbitro bancario finanziario, il quale ha rilevato che, avendo l'istituto dello ius variandi la funzione di assicurare il permanere dell'equilibrio contrattuale fra le prestazioni originariamente pattuite, la variazione unilaterale da parte della banca si giustifica solo con il sorgere di eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario.
      Con riferimento alla sussistenza del presunto conflitto di interessi dovuto alla partecipazione al capitale della Banca d'Italia di enti vigilati, si fa presente che l'assetto proprietario della Banca d'Italia non dà luogo ad un conflitto di interessi né pregiudica in alcun modo l'autonomia e l'indipendenza dell'istituto.
      Nell'ambito della vicenda della fallita scalata Antonveneta, la Banca d'Italia ha prestato ampia collaborazione alle procure inquirenti, fornendo copiosa documentazione, notizie e chiarimenti. In relazione alle accertate irregolarità di natura amministrativa, la Banca d'Italia ha inflitto ai soggetti ritenuti responsabili sanzioni pecuniarie per complessivi 5.211.834 euro.
      In ordine alle misure poste a tutela delle vittime del reato di usura, in particolar modo per coloro che abbiano responsabilità d'impresa, al Ministero dell'interno è affidata la gestione di un Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura, disciplinato dall'articolo 14 della legge 7 marzo 1996, n.  108, con lo scopo di erogare mutui, senza interessi e di durata non superiore a cinque anni, a favore di soggetti che esercitano attività imprenditoriale, commerciale, professionale, artigianale o comunque economica, i quali dichiarino di essere vittime di usura e risultino parti offese nel relativo procedimento penale. Si tratta di un'iniziativa la cui efficacia è chiaramente apprezzabile, posto che il sostegno finanziario in parola è in grado, da un lato, di supportare economicamente le vittime dell'usura e, dall'altro, di incoraggiare queste ultime a collaborare attivamente con la magistratura, attraverso la denuncia del reato subito.
      Infine, si soggiunge che, per quanto attiene gli aspetti più propriamente connessi alla fase di prevenzione del reato in esame presso questo Ministero, è attivo il Fondo di prevenzione del fenomeno dell'usura, istituito ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 marzo 1996, n.  108, per l'erogazione di contributi a favore di appositi fondi speciali costituiti dai confidi, nonché di fondazioni ed associazioni riconosciute, allo scopo di garantire banche ed intermediari finanziari che concedono finanziamenti a piccole e medie imprese in difficoltà, ovvero a soggetti che, se pur meritevoli, incontrano oggettive difficoltà di accesso al credito.

      PRESIDENTE. L'onorevole Nesci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

      DALILA NESCI. Signor Presidente, innanzitutto le irregolarità rispetto al caso De Masi non sono presunte perché De Masi ha vinto in Cassazione. Comunque, signor rappresentante del Governo, la sua Pag. 20risposta non mi soddisfa affatto. Essa non tiene conto, infatti, delle tante persone truffate, usurate e costrette a subire abusi dalle banche.
      In secondo luogo, la sua risposta non considera a modo l'impunità di chi ha rubato denaro sfruttando commissioni bancarie equivoche, tassi da usura ben nascosti, giochi sulla data delle valute e altri raggiri d'alta scuola.
      Per ultimo, la sua risposta lascia aperto il libro bianco delle vittime, che da oggi hanno una certezza in più, oltre alla perdita dei loro averi e risparmi; questa ennesima, dolorosa certezza è che lo Stato è forte con i deboli ed è debole con i forti.
      In ultima analisi, signor rappresentante del Governo, dalle sue parole s'intende che l'Esecutivo in carica rinvia il problema posto all'autonomia della Banca d'Italia e al suo perimetro formale; un'autonomia – voglio rimarcare – concepita nel 1926, modificata nel 1936 e fissata nel 1993, esattamente nel testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, aggiornato con decreto legislativo del 2012. In particolare, tale autonomia è concentrata nell'articolo 4 del citato TUB (Testo unico bancario), per cui: «la Banca d'Italia, nell'esercizio delle funzioni di vigilanza, formula le proposte per le deliberazioni di competenza del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio». Giova dire che il Comitato è composto dal Ministro dell'economia e delle finanze, che lo presiede, e dai Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali, dello sviluppo economico e degli affari europei. Bisogna poi sottolineare che l'azione disciplinare di questo organismo è subordinata all'iniziativa della Banca d'Italia.
      Le norme sull'area d'intervento della vigilanza sono articolate al titolo III del ricordato testo unico, per cui la Banca d'Italia ha la facoltà di proporre provvedimenti rispetto all'operato delle banche. È proprio così; benché siamo nell'anno 2013, in un contesto di corruzione e spregiudicatezza dominanti, cause di un'economia di creta. Anche i più piccoli, gli innocenti privi di malizia, osserverebbero che il sistema ha dei limiti in principio, poiché la Banca d'Italia, le cui quote sono prevalentemente di banche e assicurazioni private, ha il potere di vigilare nell'indipendenza – ex articolo 19 della legge n.  262 del 2005 – e irrogare sanzioni amministrative, come stabilisce l'articolo 24 della predetta legge.
      Rimanendo nel rispetto istituzionale, non si può non osservare che Intesa, Unicredit e Assicurazioni Generali sono i soggetti con più voti in Banca d'Italia, sicché determinano, nei fatti, il consiglio superiore, che per statuto esprime parere per la nomina del governatore e, su proposta di questi, nomina il direttore generale. Questo significa che non vi sono oggettivi presupposti d'imparzialità per la vigilanza assegnata alla Banca d'Italia. I cittadini devono invece ricevere tutte le rassicurazioni.
      Pertanto, è fondamentale rivedere l'intero sistema e attribuire al Parlamento, in ragione della sua rappresentanza, il potere di verificare la correttezza della condotta delle banche. Serve una specifica Commissione d'inchiesta. Infatti, è riconosciuto che istituti di credito applichino spese e commissioni ritenute illegali, modificando poi le condizioni contrattuali. Perciò il contraente privato risulta, anche a giudizio dell'Autorità garante della concorrenza, la parte più debole.
      Ancora, contrariamente al dettato della legge e in base alle circolari della Banca d'Italia, diverse banche hanno spesso escluso dal calcolo del tasso effettivo globale le commissioni di massimo scoperto e altre spese.
      Ricordo, inoltre, il servizio su una prassi bancaria curato dall'inviato Moreno Morello, nella trasmissione «Striscia la notizia» di Mediaset, andato in onda nella puntata del 4 giugno 2013. Nel video, un banchiere scrive di manovre che daranno i loro frutti nei trimestri successivi, nella misura in cui i colleghi delle filiali riusciranno a limitare i rimborsi, contenere le riduzioni ed evitare la chiusure dei conti. Nella puntata del 2 giugno 2013 della trasmissione Mediaset «Le Iene», l'autore Luigi Pelazza ha trattato l'usura bancaria nei mutui, peraltro intervistando il direttore Pag. 21centrale di Banca d'Italia, Carmelo Barbagallo, il quale non ha risposto circa la nullità, ex articolo 1815 del codice civile, modificato dalla legge n.  108 del 1996, dei contratti con interessi usurari. I riferiti filmati sono la prova di prassi bancarie aggressive nei confronti del risparmio privato, illecite e tacitamente consentite, senza corrispondenti rimedi, sanzioni e correttivi delle Autorità.
      La vecchia e perversa commissione di massimo scoperto raggiunse, secondo le associazioni dei consumatori, valori intorno ai 40 miliardi di euro annui, cioè il 25,30 per cento dei ricavi totali delle banche. Nella segnalazione n.  57 del 29 dicembre 2009, l'Autorità di vigilanza della concorrenza e del mercato rilevò un aumento dei costi di 15 volte, per i conti in rosso, rispetto alla commissione di massimo scoperto. Con una battuta: ad maiora.
      Ed ancora, da un'analisi dei dati sui controlli interni delle banche – pubblicati sul sito dell'ABI – emerge che, fra gennaio 2003 e giugno 2008, il 25 per cento delle perdite a danno dei capitali delle banche è stato dato da inadempienze relative a obblighi verso i clienti, consistenti in tentativi di aggirare la normativa ad opera del personale.
      Nel 2009, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato chiese ai Presidenti del Senato e della Camera, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Governatore della Banca d'Italia e al Presidente della Consob interventi contro le distorsioni del mercato, in modo da assicurare un recupero della reputazione del sistema bancario.
      Per ultimo, cito un post del 16 dicembre 2010 pubblicato sul blog beppegrillo.it, che informò di una sofferenza del Banco emiliano romagnolo, con il congelamento in entrata e in uscita dei conti correnti – che non sono di proprietà della banca –, per effetto di un provvedimento della Banca d'Italia del 7 dicembre 2010.
      Quanto esposto per ribadire in questa sede l'urgenza di bloccare le banche che truffano i clienti e la necessità di avere un meccanismo di risarcimento che sia rapido ed efficace. Con coraggio il MoVimento 5 Stelle andrà avanti in questa battaglia, perché l'Italia non può crescere se il Governo non riesce o non vuole intervenire a tutela del risparmio privato.

Ordine del giorno della prossima seduta.

      PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

      Lunedì 11 novembre 2013, alle 14,30:

      1. – Discussione della mozione Guidesi ed altri n. 1-00201 concernente iniziative in materia di federalismo fiscale.

      2.  –  Discussione del disegno di legge:
      Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese per la realizzazione e l'esercizio di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione, con Allegati, fatto a Roma il 30 gennaio 2012 (C. 1309-A).
      – Relatore: Bergamini.

      La seduta termina alle 10,45.