XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 188 di mercoledì 12 marzo 2014

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

      La seduta comincia alle 9,20.

      EDMONDO CIRIELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

Sul processo verbale (ore 9,25).

      BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      BRUNO TABACCI. Signor Presidente, so che è irrituale, ma avendo avuto la possibilità di prendere visione del resoconto stenografico della seduta di ieri, a pagina 42, con riferimento al mio intervento, c’è scritto qualcosa che evidentemente, se l'ho detto, dovevo essere stralunato: «si vota per le preferenze perché si vuole evitare la lista civica», ovviamente volevo dire la lista «rigida».

      PRESIDENTE. Va bene, provvederemo.
      Se non vi sono ulteriori osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
      (È approvato).

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baretta, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonavitacola, Bonifazi, Michele Bordo, Boschi, Bossa, Bressa, Brunetta, Caparini, Carbone, Casero, Castiglione, Cicchitto, D'Incà, D'Uva, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Galan, Garavini, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Leone, Lotti, Lupi, Madia, Manfredi, Mattiello, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Naccarato, Orlando, Pes, Picierno, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Sisto, Speranza, Tabacci, Vecchio, Velo, Venittelli, Vito e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
      I deputati in missione sono complessivamente novantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

      Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,30).

      PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: D'iniziativa popolare; Cirielli; Pisicchio; Bersani ed Pag. 2altri; Francesco Saverio Romano; Migliore ed altri; Lenzi; Zampa e Marzano; Zampa e Ghizzoni; Martella; Francesco Sanna; Bobba ed altri; Giachetti ed altri; Giorgia Meloni ed altri; Rigoni ed altri; Rigoni ed altri; Nicoletti ed altri; Martella ed altri; Vargiu; Burtone ed altri; Balduzzi ed altri; Laffranco ed altri; Vargiu; Toninelli ed altri; Porta ed altri; Zaccagnini ed altri; Valiante ed altri; Lauricella; Michele Bordo; Marco Meloni ed altri; Di Battista ed altri: Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (A.C. 3-35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1511-1514-1657-1704-1794-1914-1946-1947-1977-2038-A) (ore 9,31).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge, d'iniziativa popolare; Cirielli; Pisicchio; Bersani ed altri; Francesco Saverio Romano; Migliore ed altri; Lenzi; Zampa e Marzano; Zampa e Ghizzoni; Martella; Francesco Sanna; Bobba ed altri; Giachetti ed altri; Giorgia Meloni ed altri; Rigoni ed altri; Rigoni ed altri; Nicoletti ed altri; Martella ed altri; Vargiu; Burtone ed altri; Balduzzi ed altri; Laffranco ed altri; Vargiu; Toninelli ed altri; Porta ed altri; Zaccagnini ed altri; Valiante ed altri; Lauricella; Michele Bordo; Marco Meloni ed altri; Di Battista ed altri: Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
      Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 3-A ed abbinate)

      PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
      Ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti del gruppo Misto.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marco Di Lello. Ne ha facoltà.

      MARCO DI LELLO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, colleghi del Governo, la Camera si appresta a votare questo atteso provvedimento di riforma della legge elettorale. Un provvedimento che porta con sé, dal nostro punto di vista, tante occasioni perse.
      Persa è stata l'occasione per aumentare la democrazia e la rappresentanza in questo Paese, abbassando soglie di sbarramento che, come ho già avuto modo di dire, in Europa sono presenti solo nella Russia di Putin e nella Turchia di Erdogan, non proprio due modelli a cui ispirarsi.
      Persa l'occasione di riequilibrare e tenere insieme esigenze di governabilità e di rappresentanza, aumentando dunque quella soglia del 37 che regala un premio del 15 per cento.
      Persa l'occasione per garantire effettivamente una parità di genere e non andare indietro, come invece rischiamo di fare sul terreno della rappresentanza di genere, in particolare femminile, nelle aule del nostro Parlamento.
      Persa, infine, la possibilità di disciplinare finalmente, dopo vent'anni di dibattito bloccato, una buona norma sul conflitto di interessi.
      Quest'Aula in questi giorni non ha offerto un grande spettacolo e la maggioranza non sempre ha mostrato una tenuta. Mi auguro che la Ministra Boschi ne faccia tesoro, magari scegliendo con più attenzione i suoi interlocutori.
      Noi Socialisti abbiamo provato a migliorare il testo con i nostri emendamenti, li abbiamo difesi, li abbiamo votati, non ci siamo riusciti. Ma avevamo detto che avremmo raccolto la sfida e così è stato, perché è importante, molto importante, avere una nuova legge elettorale. È importante per l'Italia, perché sono le nuove regole del gioco; è importante per la politica, perché ci consente di recuperare Pag. 3sintonia con l'opinione pubblica; è importante per Renzi e per questa maggioranza, perché era la prima prova.
      Ma, se è importante varare una nuova legge, è ancora più importante – concludo – varare una buona legge, e allora potrà aiutarci in questa direzione il lavoro che i colleghi al Senato potranno fare già nei prossimi giorni; ed è quello che i socialisti si augurano ed è quello che i socialisti proveranno a fare anche in quella sede.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pisicchio. Ne ha facoltà.

      PINO PISICCHIO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, questo provvedimento è nato fuori dalle aule parlamentari, sulla base di un'intesa politica tra PD e Forza Italia così tenace da aver resistito ad ogni proposta emendativa (ed erano 540) fatta dai deputati di ogni appartenenza e fede.
      Sin dalla sua genesi in Commissione, dove ha avuto solo una fulminea delibazione senza che uno solo degli emendamenti fosse discusso – ricordo l'approvazione curiosa del testo avvenuta in un amen mentre l'accesso all'aula veniva impedito –, è stato segnato nel suo destino con un chiaro ammonimento ai naviganti (che nessuno tocchi il frutto dell'accordo tra i due maggiori partiti), generando peraltro un equivoco nella pubblica opinione tra ruolo del Governo e ruolo del Parlamento, facendo in modo che si diffondesse l'idea che chi ha votato la fiducia al Governo non avrebbe potuto dissentire dalla riforma elettorale senza macchiarsi della colpa di alto tradimento.
      Va detto a chiare lettere che la legge elettorale è frutto di una proposta parlamentare e non dell'iniziativa del Governo: guai a confondere le cose. Per quali ragioni questo impianto normativo non va bene ? Abbiamo cercato, io e i miei colleghi del Centro Democratico, di spiegarlo nel corso del dibattito, non sottraendoci al gesto collaborativo di proposte emendative inutili come tutte quelle non passate al vaglio dei due grandi contraenti.
      Siamo convinti che ciò che scaturirà dal voto di oggi non riuscirebbe a sopportare indenne il vaglio della Corte costituzionale perché non solo non corregge il vulnus del Porcellum ma addirittura ne peggiora gli effetti. Si pensi al furto di rappresentanza che si nasconde nel balletto delle soglie di accesso. Si pensi al premio di maggioranza elargito a forze che potrebbero solo con il 20-25 per cento raccogliere il 53 per cento dei seggi, grazie anche alla «vampirizzazione» di qualche alleato. Si pensi al permanere delle liste bloccate. Si pensi ad un intervento legislativo che, in presenza di un sistema bicamerale disciplina la regola elettorale di una sola Camera senza prevedere un imprudente differimento dell'entrata in vigore al fine di consentire la riforma costituzionale del bicameralismo, così correndo il rischio di andare alle urne con due sistemi diversi: il caos perfetto.
      Si comprenderà – mi avvio alla conclusione – come un impianto così mal concepito e mal redatto, il cui fine ultimo è solo quello di affermare con la legge un assetto bipartitico che non è nella cultura e nella storia democratica del nostro Paese, non possa avere il nostro voto favorevole e, per questa ragione, annuncio il voto contrario da parte del Centro democratico (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Centro Democratico e Per l'Italia).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Plangger. Ne ha facoltà.

      ALBRECHT PLANGGER. Signor Presidente, la proposta di legge elettorale che è all'esame dell'Aula garantisce le minoranze linguistiche nella provincia di Bolzano e la comunità slovena in Friuli.
      La Corte costituzionale, intervenendo sulla legge elettorale cosiddetta Mattarellum nel 1994, ha sancito che la tutela delle minoranze linguistiche locali è espressamente compresa tra gli interessi nazionali, come previsto dall'articolo 4 dello statuto della regione Trentino-Alto Adige, e che, conseguentemente, ogni legge elettorale nazionale debba prevedere un meccanismo correttivo per le minoranze, se non intende Pag. 4rischiare una pronuncia di illegittimità costituzionale. Il meccanismo correttivo prescritto dalla Corte costituzionale, che non è un privilegio ma un obbligo per il legislatore, è stato trovato nella regione Trentino-Alto Adige con un compromesso assai democratico tra tutte le comunità linguistiche presenti in Alto Adige e anche tra i partiti più piccoli, che liberamente possono coalizzarsi per competere con i partiti maggiori.
      È stato raggiunto in modo soddisfacente anche un compromesso nella regione Friuli-Venezia Giulia per le minoranze linguistiche ivi presenti. Abbiamo comunque ottenuto, assieme al PD, che da sempre garantisce rappresentatività alla comunità slovena, che uno dei collegi plurinominali nella circoscrizione Friuli-Venezia Giulia sia formato dai comuni o frazioni di essi nei quali sono presenti minoranze linguistiche.
      La soglia del 20 per cento a livello regionale è ancora troppo alta e auspichiamo che al Senato possa essere abbassata ad una percentuale ragionevole, poiché è già stata sollevata la questione di incostituzionalità contro la soglia del 40 per cento, che finora vigeva nella regione Trentino-Alto Adige. Mi auguro perciò che il Governo rifletta su questo e trovi una soluzione buona.
      Con questo augurio comunico, anche a nome dei miei colleghi, il voto favorevole su questa proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Giorgia Meloni. Ne ha facoltà.

      GIORGIA MELONI. Presidente, la ringrazio, buongiorno. Questa mattina ho letto due diverse dichiarazioni, una del Presidente del Consiglio Matteo Renzi – che in riferimento a questa legge elettorale dice «stiamo cambiando l'Italia» – e l'altra di un altro autorevole esponente del Partito Democratico, Francesco Boccia, che sosteneva in buona sostanza la tesi secondo la quale questa legge elettorale sarebbe una riproposizione tal quale della precedente. Chi ha ragione tra i due ?
      Io vorrei provare a fare questo ragionamento con voi, colleghi. Quali erano gli elementi per i quali noi abbiamo definito un Porcellum l'attuale sistema elettorale e per i quali l'intero arco costituzionale in questi anni ha dichiarato, nei dibattiti televisivi e non solamente, che questa legge elettorale andasse cambiata ?
      Fondamentalmente, le questioni che si ponevano e che pone anche la Corte costituzionale, che poi ci ha costretto ad accelerare sulla modifica della legge elettorale, erano tre. La prima: il rischio di una maggioranza difforme tra i due rami del Parlamento, cioè il rischio che, in ragione del fatto che c'era un calcolo diverso sul premio di maggioranza tra Camera e Senato, si determinasse una maggioranza di un tipo alla Camera e una maggioranza di un altro tipo al Senato e questo impedisse a qualunque Governo di poter vedere garantita la governabilità. Lo abbiamo visto in questi anni, era chiaramente un elemento da correggere.
      Che cosa accade con questa proposta di legge elettorale che stiamo approvando ? Accade che, di fatto, alla fine, per cercare di mettere tutto insieme, si è fatto un bizzarro accordo per il quale la legge elettorale che noi stiamo votando entrerà in vigore unicamente per l'elezione dei deputati e non anche per l'eventuale elezione dei senatori – partendo dal presupposto che si dovrebbe modificare il Senato, modifica che, come sappiamo, essendo di carattere costituzionale, richiede un discreto tempo –, e quindi il rischio che noi oggi corriamo è quello di avere una legge elettorale che ci consente di eleggere con un determinato meccanismo i deputati, cioè i membri di questa Camera, ma per quello che riguarda l'elezione del Senato eventuale, vedremo vigere il sistema che è uscito dalla Corte costituzionale.
      Quindi, domanda: abbiamo risolto e stiamo risolvendo il problema che, nel caso di votazioni, si determinino maggioranze diverse tra Camera e Senato ? Risposta: Pag. 5no, non cambia assolutamente niente; se possibile, la condizione che stiamo determinando è peggiore.
      Secondo problema legato al Porcellum, motivo per cui la legge precedente era considerata una porcata, e che è il tema forse principale che pone la Corte costituzionale: il rischio di determinare una eccessiva discrasia, una eccessiva differenza tra il numero dei voti che un partito poteva prendere con il Porcellum e il numero dei parlamentari che andava ad eleggere.
      La Corte dice nella sua sentenza, cito testualmente, Presidente: «Il meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza è tale da determinare un'alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto».
      Che cosa dice la Corte ? Dice: tu non puoi privilegiare così tanto la governabilità da comprimere la rappresentatività, non puoi costruire un sistema per il quale un partito elegga molti più parlamentari di quelli che eleggerebbe con un sistema puramente proporzionale. Per cui la Corte chiedeva una soglia minima per la definizione del premio di maggioranza cosicché non ci fosse questa eccessiva distanza. Come corregge la legge elettorale in esame questo problema ? Pone una soglia minima per l'attribuzione del premio di maggioranza, ma alza le soglie per l'attribuzione dei seggi ai vari partiti, di fatto, costruendo un sistema che potrebbe determinare una distanza ancora maggiore tra i voti che un partito ottiene e i parlamentari che può eleggere.
      Faccio un esempio concreto: diciamo che abbiamo una coalizione composta di quattro partiti, diciamo che all'interno di quei quattro partiti c’è un partito che prende il 20 per cento e ci sono gli altri tre partiti che prendono il 4 per cento; diciamo che la coalizione complessivamente raggiunge la soglia minima per avere il premio di maggioranza, quindi arriva al 53 per cento dei seggi, ma il partito che elegge dei rappresentanti è uno soltanto all'interno della coalizione, quello che ha preso il 20 per cento. Quindi, per paradosso, noi domani potremmo avere un sistema nel quale un partito che prende il 20 per cento dei consensi elegge il 55 per cento dei parlamentari, che, se mi consentite, è ancora peggio del sistema che vigeva precedentemente.
      Ora, non è che lo dico per sostenere che bisognava abbassare la soglia perché i partiti potessero eleggere i loro rappresentanti; lo dico perché noi, come Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale, abbiamo depositato un altro genere di emendamento, cioè un emendamento con il quale chiedevamo che i voti che non vengono conteggiati per l'elezione di parlamentari, cioè i voti di quei partiti che rimangono all'interno della coalizione sotto la soglia necessaria per eleggere i propri parlamentari, non servissero neanche per il premio di maggioranza. Perché qui, vedete colleghi, si viola chiaramente un articolo della nostra Costituzione, quello che dice che la sovranità appartiene al popolo, dal quale, se volete, deriva anche il principio, che noi difendiamo sempre quando si va a votare, che è quello della volontà dell'elettore. Se io voto per un partito, non voglio votare per un altro, se io voglio eleggere i parlamentari di un partito, non è giusto che il mio voto non venga utilizzato per eleggere parlamentari di quel partito, ma per eleggere i parlamentari di un altro partito.
      Qui si capisce da che cosa è determinata la campagna così furibonda che sia Renzi sia Berlusconi hanno fatto contro i cosiddetti partiti piccoli, che io non chiamo partiti piccoli, ma chiamo partiti non allineati. Perché quando hai il 4-4,5 per cento dei consensi, signori, segnalo sommessamente, hai circa 2-2,5 milioni di voti, e se quei 2 milioni e mezzo di italiani non contano niente, certificati da un'elezione, segnalo sommessamente a Matteo Renzi che ancora meno conta il milione e 800 mila italiani presunti che lo avrebbero votato alle primarie e che ci sbatte in faccia ogni giorno.
      Per cui, io non credo che si possa trattare di partiti piccoli, credo che si debba trattare di partiti non allineati; e la dimostrazione che i voti di questi partiti non sono così inutili sta nel fatto che si fa Pag. 6una legge elettorale per cercare di fregarsi i loro voti, banalmente, per cui bisogna fare la campagna contro tutti gli altri e costruire una legge elettorale che consente, con i voti degli altri, di eleggere i parlamentari nostri. Questo è incostituzionale, antidemocratico e francamente anche un po’ fastidioso e intollerabile.
      La terza questione, che è quella per la quale ieri ci siamo un po’ accapigliati in quest'Aula, è forse quella che gli italiani conoscono meglio: perché noi chiamiamo l'attuale sistema elettorale una porcata ? Noi chiamiamo l'attuale sistema elettorale una porcata soprattutto per il fatto che nell'attuale sistema elettorale ci sono le famose liste bloccate, cioè un Parlamento di nominati, che vengono nominati grazie a una legge elettorale che consente ai partiti politici, ai segretari dei partiti di mettersi seduti e scrivere: i rappresentanti del popolo italiano sono Tizio, Caio e Sempronio, perché ? Perché l'ho deciso io.
      Abbiamo tentato sommessamente di far notare, colleghi, in queste ore, che il Parlamento non è esattamente di proprietà dei partiti politici. I partiti politici sono lo strumento attraverso il quale gli italiani partecipano alla vita politica della nazione, ma tutti gli italiani devono poter partecipare, non solamente quelli che sono bravi a leccare i piedi al capo, non solamente quelli che fanno parte di un cerchio magico o di una corte, non solamente quelli che qualcuno decide dall'alto di calarci sui territori, come se davvero gli italiani potessero essere rappresentati da gente che gli italiani non sanno neanche da dove arriva. Ma ci siamo dimenticati di quelli che sono di Roma e vengono candidati in Piemonte, e via discorrendo, completamente avulsi dai contesti del territorio nel quale vengono imposti ?
      Questa è la democrazia ? Io penso che non sia questa la democrazia. Presidente, purtroppo – l'ho detto ieri, per cui non intendo ripetermi più di tanto –, non è che qui si sono bocciati solamente gli emendamenti sulle preferenze, che Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale aveva presentato e che sono stati presentati da altri partiti, e addirittura gli emendamenti che prevedevano la doppia preferenza, quindi anche con la presenza di genere, recuperando il tema della parità di genere e di tale necessità: sono stati bocciati tutti quegli emendamenti che cercavano di mettere un freno o di risolvere il problema delle liste bloccate. Ciò perché qui, ieri, ho sentito dire che non si poteva votare per le preferenze perché si era per i collegi uninominali, che non si poteva votare per le preferenze perché si era per le primarie. Sono stati bocciati tutti gli emendamenti che cercavano di fare in modo che gli italiani potessero avere banalmente un po’ di voce in capitolo sui propri rappresentanti, che non sono rappresentanti dei partiti, ma sono rappresentanti degli italiani.
      Dico e concludo, Presidente, che sono stati bocciati anche gli emendamenti sulle primarie. Abbiamo sentito dire: non vi preoccupate, tanto noi faremo le primarie. Scusate, ma qual è la differenza tra le preferenze e le primarie, giacché le primarie sempre un voto di preferenza sono ? Ve la dico io qual è la differenza: la differenza è che, nel momento in cui si vota contro gli emendamenti sulle primarie, cioè che introducono delle primarie normate per legge, l'unica differenza è che le primarie sono una farsa, sono un modo per far finta di scegliere i parlamentari, per farlo con regole che i partiti decidono da soli e sulle quali possono barare. Questa è la verità e gli italiani lo devono sapere.
      Presidente, concludo, dicendo che, tra Matteo Renzi, che dice di cambiare il mondo ma poi ci riconsegna una legge elettorale come quella che abbiamo avuto in questi anni, e Francesco Boccia, che ha almeno l'onestà intellettuale di dire che effettivamente questa legge è identica alla precedente e forse è anche peggiore, forse ha ragione Francesco Boccia.
      Spero che gli italiani si rendano conto della differenza che esiste tra quei partiti che in Parlamento fanno il loro lavoro, rappresentando i loro diritti, e quei partiti che pensano che gli italiani siano stupidi Pag. 7e che vadano utilizzati per l'interesse delle segreterie (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lorenzo Dellai. Ne ha facoltà.

      LORENZO DELLAI. Signora Presidente, colleghe e colleghi, noi riteniamo che la governabilità senza vera rappresentanza diventi un arido primato dei puri numeri sulla politica. Per questa ragione, non possiamo assolutamente votare a favore di questa legge. Il punto per noi è questo e solo questo.
      Abbiamo sostenuto le nostre idee intorno alla legge elettorale, non abbiamo partecipato ad alcuna coda delle primarie del Partito Democratico e poco ci interessa quanto oggi la stampa scrive a proposito di chi questa coda delle primarie avrebbe vinto o avrebbe perso. Questa legge, confusa, brutta, di dubbia costituzionalità, fa perdere solamente il Paese, del quale pretenziosamente ha preso in gergo il nome.
      Noi non sappiamo se, per contro, la vittoria dei numeri registrata in quest'Aula corrisponda ad una vera vittoria politica. La larga maggioranza per le riforme della quale si è parlato nelle votazioni decisive si è dimostrata molto più ristretta della maggioranza politica che sostiene il Governo, mentre quest'ultima esce da questo passaggio certamente meno coesa e motivata. Il futuro dirà se ne è valsa la pena.
      Per quanto ci riguarda, vogliamo ricordare che il 31 gennaio abbiamo deciso di ritirare la nostra pregiudiziale di incostituzionalità su questa legge solamente nella dichiarata speranza che quest'Aula non sarebbe poi stata un luogo di ratifica, di decisioni prese altrove e avrebbe invece esercitato il proprio ruolo esaminando senza diktat esterni le proposte di modifica. Questa speranza, signora Presidente, colleghe e colleghi, è andata assolutamente delusa. Non è cambiato il rapporto squilibrato fra voti e seggi dal quale deriva un premio di maggioranza esagerato. Non è cambiata l'irragionevole articolazione delle soglie di sbarramento, che nella loro bizzarra diversificazione rendono ineguale il valore del voto dei cittadini.
      Non è cambiata la natura bloccata delle liste, che impedisce ai cittadini di scegliere le persone degne della loro fiducia attraverso le preferenze o i collegi uninominali. Non è cambiato il meccanismo che rende del tutto casuale l'attribuzione dei seggi nelle varie circoscrizioni. Non è stata raccolta l'istanza di adeguati meccanismi per la parità fra donne e uomini, perché sono state bocciate sia le quote riservate sia le preferenze di genere. Non è cambiato il divieto di apparentamento dopo il primo turno, che avrebbe dato al ballottaggio il senso di un vero e proprio secondo turno, ispirato alla logica delle coalizioni costruite alla luce del sole. Non è stata colmata la vistosa lacuna riferita al conflitto di interessi, cosa piuttosto grave a fronte di un sistema elettorale che, di fatto, concentra tutto il potere in capo a chi vince.
      Un solo punto è stato modificato: si è stralciato l'articolo 2 e così la nuova legge si applicherebbe solo alla Camera. Questa modifica è stata presentata come garanzia che la legislatura non finirà prima che sia approvata la modifica della Costituzione sulla natura elettiva del Senato. Ne prendiamo atto, anche se la questione del rapporto fra legge elettorale e modifiche costituzionali viene così solamente sospesa, non certamente risolta. Anzi, noi non vorremmo che questa soluzione si traducesse in una seconda forzatura nei tempi e nei contenuti riguardante proprio le modifiche costituzionali, delle quali molto si è discusso in termini evocatori sulla stampa e, immaginiamo, nei privati colloqui, ma delle quali nulla ad oggi si è incominciato a discutere in Parlamento.
      Il nostro giudizio fortemente negativo, dunque, è più che motivato e non ha nulla a che vedere con la nostalgia del passato, di un passato che, semmai, possiamo ricordare come una stagione nella quale i partiti erano grandi per radicamento nella società e non per effetto di meccanismi elettorali favorevoli perché orientati a ridurre la concorrenza. E neppure ha nulla a che vedere il nostro giudizio con la Pag. 8presunta difesa dei piccoli partiti. Vorremmo, anzi, che si ponesse fine a questa litania. Ci fa venire in mente l'usanza dei capri espiatori che gli ebrei offrivano in sacrificio nel giorno dello Yom Kippur, dopo aver caricato simbolicamente su di loro il peso di tutti i propri peccati.
      Il nostro giudizio su questo provvedimento deriva piuttosto da una profonda e seria preoccupazione, che si stia procedendo ad una radicale trasformazione del nostro modello di democrazia parlamentare senza che ciò sia dichiarato in modo chiaro e trasparente. È legittimo che, sotto la spinta dei cambiamenti sociali, le democrazie mutino la propria struttura e la propria filosofia. Noi, peraltro, rimaniamo convinti che non vada disperso il valore comunitario della nostra democrazia, che non è stata pensata e costruita in forza di un rapporto esclusivo tra individuo e potere, ma come articolazione plurale di culture politiche e di formazioni sociali. Noi pensiamo che questa caratteristica della nostra democrazia debba certo evolvere in ragione delle nuove esigenze imposte dai tempi, ma non debba essere cancellata.
      Naturalmente, un Paese può decidere di cambiare registro, ma ciò deve avvenire in modo esplicito. Tutti devono essere consapevoli, perché, solo così, i cambiamenti, anche radicali, non corrono il rischio di essere avventure. Invece, qui si parte da uno schema di legge elettorale di tipo proporzionale e lo si forza in modo assolutamente irragionevole per ottenere effetti fortemente maggioritari. Si agisce in un modello di tipo parlamentare, ma si creano le condizioni per una evoluzione marcatamente presidenzialista. Sembra che questa, infatti, sia la prospettiva che di fatto si percorre, con il corollario degli appelli diretti al popolo senza mediazioni con i corpi intermedi e nel quadro di una evoluzione del sistema dei partiti: pochi, leggeri, identificati in una leadership personale. Nulla di illegittimo o di eversivo, ovviamente. Ma, se questo è il disegno, lo si deve dire senza reticenze.
      Non esprimiamo certamente questa opposizione critica per alimentare polemiche, men che meno verso il Governo, che sosteniamo con lealtà. Vogliamo piuttosto dar conto del fatto che anche noi sappiamo leggere i segni, e i segni che vediamo non ci piacciono assolutamente per niente.
      Signora Presidente, colleghe e colleghi, per tutte queste ragioni noi non possiamo votare a favore. Durante tutto il dibattito ci è stato detto che, nel passaggio al Senato, la legge potrà essere modificata. Noi sappiamo bene che la strana maggioranza che ha blindato la legge alla Camera proverà a blindarla anche al Senato e, tuttavia, ugualmente, riproporremo al Senato gli emendamenti illustrati qui con grande impegno e grande passione dal collega Gitti e da altri colleghi del nostro gruppo.
      Tireremo le conclusioni alla fine del percorso e, se sarà confermato questo testo anche al Senato, la nostra contrarietà sarà piena e ne trarremo tutte le conseguenze sul piano politico ed istituzionale, perché questa legge, se non cambierà radicalmente, renderà più arida la nostra democrazia. Renderà più affollati i talk show, ma certamente più deserte le urne. Si tratta di una deriva della quale noi non vogliamo avere, in nessun modo, alcuna responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Per l'Italia e Sinistra Ecologia Libertà).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.

      MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, onorevoli componenti del Governo, onorevoli colleghi, parliamo finalmente della legge elettorale. Avete voluto fare una legge elettorale senza passare per la Commissione, avete voluto fare una legge elettorale mettendo d'accordo solo due partiti: Forza Italia e Partito Democratico.
      È una legge elettorale che, non facendo tutto il lavoro in Commissione, avete dovuto cambiare in Aula, con gli emendamenti dei relatori, perché il sistema non funzionava: un sistema che non funzionava e che non funziona. L'avete chiamata Pag. 9Italicum, qualcuno la chiama «Sistum I», perché dopo ci sarà il «Sistum II», il «Sistum III», ma non superiamo il «Sistum V» perché di Papi con il nome Sisto ce ne sono stati solo cinque. Io la chiamerei più «Forza Italicum».
      Si tratta di un ritornare al passato, perché è una legge che va a vantaggio solo di due partiti che, con questa legge, pensano di avere una maggioranza, e la cosa assurda è che si tratta di una legge che non permette neanche che vi sia un'opposizione. Questi due partiti hanno deciso anche chi deve fare opposizione, perché le soglie di sbarramento così alte non vanno a togliere la forza alla maggioranza (c’è già il premio di maggioranza) ma vanno a limitare le forze di opposizione. Avete paura anche che le forze di opposizione che hanno il 4,5 per cento in coalizione (2 o 2,5 milioni di voti), oppure quelle forze di opposizione che hanno un po’ meno dell'8 per cento (4,5 milioni di voti), siano presenti e controllino la maggioranza. Questo è veramente anticostituzionale. È una legge sbagliata che permette – faccio un esempio – al PD di allearsi con «Forza Civati» o insieme alla lista «Viva Cuperlo» o insieme ad altre liste di sinistra con il 17 o il 15 per cento e di avere così il 55 per cento dei seggi. Questa non è democrazia.
      Si utilizzano le liste piccole, le liste civetta, le liste truffa, perché non avete neanche voluto approvare gli emendamenti che andavano ad impedire la formazione di quelle liste che non hanno seguito, che prenderanno lo 0,5, lo 0,4, lo 0,1 per cento e che però porteranno i loro voti non per i seggi, ma per la coalizione, per il premio di maggioranza. Questa è una cosa assurda, questo è quello che non ci piace.
      In più, è una legge che è totalmente casuale. Faccio sempre l'esempio della simulazione del 2006. In Abruzzo, nella simulazione fatta dagli uffici della Camera, l'allora Ulivo, con circa il 35 per cento dei voti, avrebbe eletto due deputati, il partito di Rifondazione Comunista, con circa l'8 per cento, avrebbe eletto un deputato, Forza Italia, con il 17 per cento, avrebbe eletto zero deputati, l'UdC, con il 5 per cento dei voti, avrebbe eletto zero deputati e la Lega Nord, con lo 0,8 per cento, avrebbe eletto un deputato.
      Per carità, noi siamo contentissimi e ho visto altre simulazioni che addirittura ci davano dei parlamentari con lo zero virgola qualcosa, in Molise o in Campania o in Puglia. Ci fa piacere avere dei rappresentanti anche nel sud, però non è democratico. È ingiusto ! Infatti, noi avevamo chiesto che almeno nei partiti si sapesse in quali collegi passassero i parlamentari. Se in un collegio la Lega Nord o L'Ulivo ha la maggioranza dei voti, deve avere lì i deputati, non deve averli dove ottiene lo zero virgola, perché non è rappresentativo del territorio. Questa è una cosa assurda, totalmente assurda.
      Poi avete fatto una legge dove non ci sono le preferenze. Avete detto negli ultimi anni che bisognava fare una legge e che bisognava ridare il potere agli elettori per scegliere i propri rappresentanti. Lo avete detto in tutte le salse, in tutte le trasmissioni, in tutti i comizi, e qua avete votato contro le preferenze, contro le preferenze singole, ma anche contro le preferenze di genere. È quello che adesso noi al Senato tentiamo di portare avanti ed è grazie alla Lega Nord che al Senato si farà, forse, la legge sulle preferenze di genere per il Parlamento europeo: grazie alla Lega Nord. Qua voi vi siete opposti, avete voluto ancora i listini. Per avere un contentino avete voluto la multicandidatura, fino ad otto collegi. Dunque, riuscirete a fare dei collegi più grandi, perché presenterete in tutti le stesse persone fino ad otto collegi. Dunque, rimarrà il Porcellum: questo è un superPorcellum ! Questa è una legge che toglie democrazia, che è anticostituzionale, che non creerà i presupposti per poter veramente cambiare questo Stato.
      Voi dite: questo è l'inizio delle riforme. Ma se l'inizio delle riforme è partire dalla legge elettorale, dove una minoranza diventa maggioranza e, per questo, dopo riesce a cambiare la forma dello Stato, perché un partito con il 16 per cento avrà il 55 per cento dei seggi e potrà fare le Pag. 10riforme costituzionali, vorrà dire che questa non è più una democrazia, ma una dittatura.
      E per fortuna che, quando è stata presentata questa legge, da parte del Premier Renzi c’è stato un discorso molto importante: le riforme si fanno con il maggior consenso possibile ! Se il maggior consenso possibile è Partito Democratico e Forza Italia, tagliando fuori tutti gli altri, questo non vuol dire maggior consenso possibile, è semplicemente maggior consenso numerico in quest'Aula.
      Questa è una legge che non ci piace, una legge che ci fa schifo, che allontanerà ancora di più i cittadini dalla politica e rischierà di vedere molti cittadini, molte persone scontente. Abbiamo già visto i prodromi a dicembre, quando ci sono state le rivolte del 9 dicembre formate dai forconi e altri, come Azione rurale e tante altre associazioni di cittadini che volevano cambiare questo Stato. Vorrei dire che ci saranno ancora più proteste in piazza, non verranno istituzionalizzati e ci saranno tantissimi movimenti che, sapendo che il loro voto non serve assolutamente a niente, preferiranno muoversi in altra maniera, e questo non è il bene della democrazia.
      Avete addirittura bocciato delle cose ovvie. Avevamo proposto che, affinché il ballottaggio fosse valido, partecipasse almeno il 50 per cento dei cittadini. E invece no: non è giusto questo, voi preferite che poche persone vadano a votare e quelle poche persone siano i vostri iscritti. Questa è una cosa indecente.
      Sulle quote di parità di genere vi siete spaccati, il Partito Democratico si è spaccato, si è spaccato in una maniera incredibile. E tentavano, dopo, di dare la colpa a noi della minoranza, che in ogni caso abbiamo votato a favore.
      In quest'Aula solo il Partito Democratico insieme a Sinistra Ecologia Libertà ha la maggioranza assoluta. Se quelle norme non sono passate è perché molti parlamentari del Partito Democratico non hanno votato, come non hanno votato per le preferenze. Tant’è vero che le preferenze non sono passate per venti voti, ma era presente tutto il Governo. Avete dovuto chiamare le truppe ministeriali per non far passare le preferenze.
      Dunque, è una vostra responsabilità. Prendetevela tutta ! Siete voi che volete i listini, siete voi che, a differenza dei comuni, dove decidono i cittadini, a differenza delle regioni, dove decidono i cittadini con le preferenze, a differenza dell'Europa, dove sono i cittadini che decidono con le preferenze, volete che in Parlamento vengano solo i nominati, gli amici del capo di turno, dei bravi servitori, persone che non vanno a dare fastidio al capo di turno. Questa è la vostra responsabilità.
      Però, questa legge e questo dibattito sono stati surreali per altri versi. A parte la discussione, che non c’è stata, le aperture, che non ci sono state, la cosa surreale è che si continuava a dire: «I nostri cittadini aspettano la legge elettorale. Questa è la priorità dello Stato». Svegliatevi ! Le priorità di questo Stato sono il lavoro, la disoccupazione, le tasse (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ! I cittadini sono a casa senza lavoro. Queste sono le priorità, non la legge elettorale ! Per questi motivi e per molti altri noi voteremo contro questa legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Renato Balduzzi. Ne ha facoltà.

      RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, che cos’è una legge elettorale ? È la regola aurea della vita politica, certo, ma soprattutto del rapporto tra cittadino e potere politico. In essa l'elettore medio deve trovare elementi di saggezza e di verità. È saggia una legge elettorale che sta dentro la storia e la cultura di un Paese. Noi lo abbiamo chiamato «Italicum», ma non tutti i suoi elementi purtroppo aderiscono a questa esigenza. In particolare, non lo è, non aderisce a questa esigenza la strettoia bipartitica, essendo più aderente alla travagliata storia di questi decenni una formula elettorale volta a organizzare Pag. 11e migliorare il bipolarismo, considerato meglio in grado di bilanciare tra esigenze della rappresentanza democratica ed esigenze della formazione di una maggioranza parlamentare e di un più efficiente procedimento decisionale, quello che un po’ impropriamente chiamiamo governabilità. La governabilità è qualcosa di più, è qualcosa che ha a che fare con l'effettività, con la capacità di risolvere problemi concreti, qui e ora, ma anche di guardare lontano. Invece, formazione della maggioranza parlamentare ed efficienza del procedimento decisionale sono cose che sono alla portata di una legge elettorale.
      Ma anche sul carattere di verità, l'Italicum zoppica ancora, Presidente. Per essere vera una legge elettorale deve essere trasparente, deve permettere un vero rapporto tra elettore ed eletto. Ora, la perduranza delle liste bloccate, senza l'alternativa che avevamo proposto del collegio uninominale, la forte disproporzionalità, la non ancora chiara efficienza dell'algoritmo della formula elettorale non vanno nella direzione di una legge elettorale molto trasparente e capace di offrire all'elettore un elemento di fiducia.
      E, dunque, è importante che alcuni profili dell'Italicum vengano modificati e corretti, così da permettere una legge più vera e in grado di aiutare a ridurre quel deficit di rappresentanza che costituisce, anche nel nostro Paese, uno degli elementi più critici. Infatti, se è vero che è facile dire, lo abbiamo appena ascoltato: «Cosa ci interessa la legge elettorale ? Altri sono i problemi del Paese: il lavoro, l'occupazione, la crisi», è anche vero che un circuito decisionale capace di rendere giustizia a queste esigenze di saggezza e di verità aiuta il Paese a uscire dalla crisi. Quindi, non è parlar d'altro parlare della legge elettorale e delle riforme istituzionali.
      Questo giudizio di perfettibilità dell'Italicum non sarebbe forse sufficiente, Presidente, rappresentanti del Governo, a giustificare perché Scelta Civica non voterà a favore di questa legge, se non si intrecciasse con quei dubbi di costituzionalità che fin dall'inizio abbiamo evidenziato nel dibattito e che sono rimasti anche alla fine del percorso di approvazione degli emendamenti e di votazione degli articoli, a partire dallo stesso momento procedurale.
      Una legge elettorale deve seguire – lo dice con chiarezza l'ultimo comma dell'articolo 72 della Costituzione – il procedimento normale di esame in Commissione e in Aula. Non è interna corporis, non è qualcosa che possiamo, attraverso norme regolamentari o prassi o comportamenti, superare nella cosiddetta giurisprudenza parlamentare e nella sovranità dell'Aula. Non è così, quello è un vulnus, è un obbligo puntuale della Costituzione, che rappresenta una ferita forse non sanabile di questa legge elettorale.
      Per quanto riguarda il merito, ho già accennato alla questione delle soglie. Certamente un accesso al premio di maggioranza condizionato al raggiungimento di una certa percentuale da parte della lista meglio votata della coalizione deve avere quelle caratteristiche di ragionevolezza che i principi costituzionali ci impongono e che la sentenza n.  1 del 2014 ci ha ricordato.
      Lo è questo impianto ? Probabilmente no, signora Presidente, perché io posso certamente prevedere un premio di maggioranza, ma quando al premio di maggioranza abbino delle soglie di sbarramento, delle clausole di sbarramento che hanno la stessa funzione, devo fare molta attenzione quando le metto insieme, altrimenti ottengo effetti assolutamente disproporzionali ed irragionevoli, ed è quanto purtroppo abbiamo sotto gli occhi.
      Anche sulle pluricandidature, non è in sé contrario, il principio, al sistema costituzionale, ma lo devo assortire di una regola che dica che c’è automatismo: quello che ha avuto la percentuale più elevata sarà eletto là dove l'ha avuta, altrimenti vado a toccare proprio, ancora una volta, il rapporto elettore ed eletto e di verità della legge elettorale (e c’è un passaggio della sentenza n.  1 del 2014 che va proprio in questa direzione).
      Ancora: sulle questioni delle liste bloccate e delle preferenze ho già detto. Il Pag. 12collegio uninominale poteva essere la soluzione, così non è stato, almeno non è stato ancora accettato.
      Vengo all'altro profilo, all'ulteriore profilo problematico, che è quello del rapporto tra questa legge e la riforma del Senato. Certamente noi, nel momento in cui abbiamo stralciato la legge elettorale del Senato, abbiamo reso problematico l'intero complesso della legge, perché evidentemente io intanto posso, in un sistema proporzionale, cioè quello che ho scelto, forzare la proporzionalità in vista del fine, che è quello del rafforzamento della maggioranza parlamentare e del più efficiente procedimento decisionale, ma se ho due leggi, in presenza, a Costituzione vigente, di due Camere che fanno crisi, che incidono sul rapporto fiduciario, che non assicurano quella governabilità, perché sono ispirate da principi profondamente diversi (una da un principio proporzionale con forte premio di maggioranza, l'altra con proporzionale puro), io non ho la giustificazione interna della disproporzionalità che inserisco.
      Sarebbe stato consequenziale per noi, signora Presidente, dopo il rifiuto della maggioranza elettorale di prendere in considerazione le nostre proposte di mediazione dei collegi uninominali, evidentemente avere un atteggiamento anche più forte di contrarietà. Ma gli accordi, anche se fatti oltre la maggioranza, vanno ridiscussi non attraverso voti segreti, ma attraverso rinegoziazioni palesi. Ecco perché quello di Scelta Civica sarà un voto di incoraggiamento a tale rinegoziazione, che ci auguriamo si possa avere tra oggi e l'avvio della discussione al Senato e auspicando anche che la discussione al Senato non introduca elementi ulteriori di perplessità e di problematicità, come per esempio quello di dare rilievo a liste che si presentino solo in parte del territorio elettorale e che non siano garantite da un principio, per esempio, di rispetto delle minoranze linguistiche.
      Sarebbe stato anche consequenziale, probabilmente, votare contro l'emendamento della Commissione sulle soglie, anche perché una possibilità di rimediare c'era, ma c’è ancora, ed è quella di ammettere in ogni caso il premio di maggioranza soltanto se la lista più grande dentro una coalizione ha una soglia minima, dentro al ragionamento che ha fatto la sentenza della Corte costituzionale per bocciare seccamente la legge Calderoli.
      Noi non abbiamo però, signora Presidente e rappresentanti del Governo, scelto questa strada. Abbiamo scelto una strada diversa, che è quella di dire al Parlamento ed agli italiani che Scelta Civica si astiene su questa legge elettorale, perché crede ancora nella possibilità che l'attività ulteriore possa riconoscere anzitutto e risolvere questi dubbi, che sono dubbi seri, sono dubbi di sistema.
      Non abbiamo voluto fare una difesa di questa o di quella posizione particolare, non lo era la nostra proposta di legge elettorale originaria, non lo è stato il nostro comportamento in Aula. Noi siamo certamente un partito tra quelli non più grandi, ma non siamo sindacalisti dei cosiddetti partiti piccoli: siamo piuttosto, signora Presidente, un partito che vuole essere difensore delle esigenze del sistema, della Costituzione e, quindi, di tutti gli italiani.
      In questo senso, il nostro voto di astensione vuole essere, ancora una volta, un voto di speranza, anche se, evidentemente, andremo a valutare, già nei prossimi giorni, quanto questa speranza possa essere dotata di sufficiente affidabilità (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata De Girolamo. Ne ha facoltà.

      NUNZIA DE GIROLAMO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in molti casi della vita, siamo chiamati a stabilire se ciò che vediamo è un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Siccome sono un'inguaribile ottimista, parto da ciò che considero la parte piena del bicchiere. In primo luogo, esso è costituito dal fatto che una nuova legge elettorale è stata elaborata e adesso viene votata; che essa è positivamente Pag. 13collegata al superamento del bicameralismo e che il rapporto fra le due riforme viene operato in termini tali che, sostanzialmente, essi richiedono un periodo di tempo ragionevole per approvare entrambe queste riforme fra loro profondamente collegate.
      Questo tempo deve essere utilizzato anche per far decollare quella nuova politica per la crescita di cui si sta tanto parlando in queste ore. Per rendere reale la scelta del superamento del bicameralismo, è anche indispensabile che ci misuriamo su cosa dovrà essere davvero il nuovo Senato. Il bicchiere è mezzo pieno anche perché, proprio grazie all'azione da noi condotta, è stata superata l'impostazione originaria del nuovo progetto di riforme, che era fondata sull'ipotesi di realizzare, attraverso una legge, una sorta di bipartitismo puro, fondato sul PD e Forza Italia.
      Onorevoli colleghi, non c’è dubbio che il bipartitismo è di per sé un obiettivo positivo, ma esso va raggiunto attraverso un'evoluzione delle forze politiche in campo, che confluiscono e danno vita a due soggetti politici alternativi, non attraverso una forzatura messa in atto dagli stati maggiori di due partiti, che, sommati insieme, sfiorano il 50 per cento dei consensi. Un disegno di legge elettorale di quel tipo, quello riferito alla cosiddetta legge elettorale spagnola, nella concreta situazione italiana, si sarebbe risolto in una sorta di operazione di comando che, francamente, non condividiamo. Allora l'aver smontato quel disegno e aver prodotto un progetto assai più equilibrato è certamente un fatto positivo e una delle ragioni per cui noi voteremo a favore di questa legge.
      Veniamo alle ragioni, però, per cui riteniamo che il bicchiere sia ancora mezzo vuoto e ci auguriamo che venga riempito al Senato. La ragione principale per cui riteniamo che il bicchiere sia mezzo vuoto dipende dall'assenza del ricorso alle preferenze per scegliere i parlamentari. Ormai sono lontani i tempi della Prima Repubblica e il Paese è vaccinato a questo genere di possibili inquinamenti del consenso. Allora, questo Paese avrà pure il diritto-dovere di determinare chi e perché deve sedere in quest'Aula ?
      Mi permetto di osservare con grande umiltà che il vero messaggio della sentenza della Consulta sul cosiddetto «Porcellum» è proprio questo: fate scegliere agli italiani. Mi chiedo e le chiedo: chi ha paura della voce del popolo ? A chi dà fastidio l'espressione più alta della democrazia e, cioè, la possibilità di esprimere la propria preferenza ? È vero che i possibili candidati vengono scelti dalle segreterie politiche, ma quelle stesse segreterie, componendo delle liste lunghe, dovranno fare i conti sull'acquisizione dei consensi e sui voti reali, che si contano e non si pesano.
      Avevamo proposto, come Nuovo Centrodestra, anche soluzioni intermedie, nelle quali il voto di preferenza riguardava una parte delle candidature, e mi riferisco al sistema basato per metà su collegi uninominali e per metà sulle liste dei candidati con voti di preferenza. Una proposta avanzata anche da esponenti del Partito Democratico, ma che non è stata presa in considerazione, ma che proveremo a riproporre al Senato. Scegliendo il sistema delle preferenze, anche la questione delle quote di genere avrebbe trovato una soluzione dinamica e positiva, perché, a mio avviso, esistono tante donne che, per prestigio, radicamento sul territorio e presenza nella società, sarebbero più che competitive.
      Il nostro obiettivo doveva essere quello di dare a questo Paese un sistema elettorale moderno, in grado di garantire allo stesso tempo governabilità, certa e veloce, ma anche quei contrappesi istituzionali che in democrazia si chiamano garanzie di rappresentatività per tutti, a cominciare da tutti i movimenti politici per proseguire con i rappresentanti liberamente eletti dal popolo sino a finire a quella metà del cielo che sono le donne, e che oggi auspicherebbero un intervento legislativo forte, vero, chiaro e proiettato verso il futuro piuttosto che verso la conservazione dell'esistente.
      Il sistema che ci apprestiamo ad approvare presenta però anche altri difetti evidenziati dalla sentenza della Corte sul Pag. 14«Porcellum»; la legge nel suo complesso non solo ha una soglia del 37 per cento per accedere al premio di maggioranza, ma anche le diverse troppe, numerose e troppo elevate soglie di sbarramento che lo caratterizzano possono produrre eccessive disproporzionalità fra voti e seggi. La Corte ha posto la questione, bocciando la legge Calderoli, proprio per l'eccessiva divaricazione che essa ha determinato fra rappresentanza e consenso elettorale ottenuto dalle forze politiche. Occorre, ora, fare molta attenzione per non ricadere nuovamente nello stesso vizio di costituzionalità.
      Come emerso dal dibattito, con il sistema che stiamo per votare si possono determinare delle assurdità, degli eccessi di disproporzionalità ancora maggiori della legge Calderoli, ad esempio, una lista con il 20 per cento dei voti potrebbe «vampirizzare» le altre liste alleate che, pur rimanendo al di sotto della soglia di sbarramento, potrebbero consentire la conquista del premio di maggioranza da parte della sola lista con il 20 per cento. Altro esempio: quello di quattro liste coalizzate che pur ottenendo complessivamente il 17 per cento dei voti, cioè più di 5 milioni e mezzo di voti, potrebbero non entrare in Parlamento qualora nessuna di esse superasse la soglia del 4,5 per cento, cioè milioni di elettori potrebbero restare privi di rappresentanza. È costituzionalmente legittimo questo sistema ? È ammissibile politicamente che un numero così consistente di elettori rimanga privo di rappresentanza in Parlamento ? Questi casi devono portare tutti a riflettere. Occorrono alcune correzioni, pensiamo ad una clausola di salvaguardia che eviti o quanto meno riduca in modo significativo alcuni degli eccessi di disproporzionalità prima esaminati.
      Poi c’è un altro aspetto di cui i mezzi di informazione hanno parlato poco, ma che occorre assolutamente modificare per non incorrere in un abnorme vizio di costituzionalità e mi riferisco all'attribuzione casuale dei seggi, addirittura nella misura dell'80-90 per cento di quelli spettanti alle liste di consistenza intermedie e minori, così com’è emerso dal dossier della Camera. Attribuire l'80- 90 per cento dei seggi nei collegi dove una forza politica ha ottenuto meno voti anziché nei collegi dove ha ottenuto più voti rappresenta un'inammissibile distorsione del rapporto fra voti e seggi. Insomma, in questa atmosfera un po’ da Gattopardo, non vogliamo scomodare il principe di Salina, esortando con il cuore il Presidente del Consiglio ad evitare che tutto cambi perché nulla cambi. Ci attendiamo uno scatto di reni dal Presidente Renzi in questi giorni di passaggio del provvedimento al Senato, laddove saranno possibili quelle modifiche che restituirebbero dignità all'intero pacchetto e soprattutto gli renderebbero giustizia, per aver comunque messo in campo in poche settimane una riforma attesa da decenni.
      Presidente Renzi, abbia il coraggio del domani senza lasciarsi ingannare dalle sirene che non guardano al futuro bensì alla conservazione dell'esistente perché questa sorta di attrazione fatale corre il rischio di farla ritrovare in sabbie mobili dalle quali, nemmeno con la sua straordinaria agilità, riuscirebbe ad uscire. Si fidi, pertanto, dei sinceri alleati che sono con lei sui banchi di questo Governo che oltre alla missione di proseguire la messa in sicurezza avviata dall'Esecutivo Letta, al quale la storia non molto futura darà atto della straordinario sforzo fatto per non far affondare l'Italia, ebbene, oltre a quella missione, ha anche l'incarico più difficile di dare una scossa al Paese e le scosse si danno con manovre finanziarie shock che inizino a restituire ai lavoratori dimenticati quello che in troppi anni è stato già concesso e regalato alle grandi imprese; sottolineo «grandi» perché quelle piccole e medie restano sempre figlie di un Dio minore, ma si fanno anche con riforme istituzionali che è vero, non danno da mangiare a questo Paese, oggi sulla soglia dell'indigenza diffusa, ma possono preparare la strada per un cambio epocale di gestione della cosa pubblica. Saremo con lei se qualcosa cambierà affinché tutto cambi e per questo le rinnoviamo l'attestato di fiducia collegato, però, questa Pag. 15volta, ad un suo impegno a «riparare», nella seconda Camera parlamentare di questa nostra Repubblica, incongruenze rispetto alla storia di oggi.
      Non staremo qui a discutere sulla primogenitura delle buone idee, l'importante è applicarle, anche perché le riforme a metà inviterebbero qualche commentatore ironico a definire il nuovo sistema non Italicum, bensì «gamberum», che invece di fare un passo avanti, ne fa due indietro. Noi siamo sicuri che il Governo, assieme a noi, vuole correre in avanti. Attenzione però: il gambero rischia di finire in padella o nell'acqua bollente (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra) !

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gennaro Migliore. Ne ha facoltà.

      GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghe, colleghi, signore e signori del Governo, guardando questo provvedimento ho cercato di immaginarne un filo conduttore, un nome, e mi è venuto in mente che, chiamandosi Italicum, si poteva ricordare un bellissimo saggio di Alberto Arbasino, intitolato Un paese senza. Ecco, io, se dovessi discutere in pubblico e descrivere questo progetto di legge elettorale, direi che è «una legge elettorale senza», perché è una legge elettorale senza la parità di genere, una parità di genere che non è una concessione – è stato detto in autorevoli interventi da colleghe e colleghi di questo Parlamento –, è una condizione naturale della rappresentazione della società, è qualcosa che dovremmo considerare connaturato alla nostra ricerca di rimozione delle diseguaglianze.
      È una legge elettorale senza la possibilità di scegliere, perché avete scelto di continuare sulla strada delle liste bloccate. State cercando di dire, fuori da quest'Aula, che una lista bloccata più breve, fino a sei candidature conoscibili, in realtà non sia bloccata. Ma io voglio dire a chi è fuori di qui, che quelle liste bloccate in 120 collegi plurinominali in effetti eleggeranno quasi sempre solo il capolista. E siccome non avete voluto la parità di genere, i capi partito decideranno su principi di affidabilità, che, come si sa, sono innanzitutto principi maschili di affidabilità; una incapacità di mettere in pratica la volontà della gran parte dell'elettorato di scegliere con due preferenze – un uomo e una donna – su liste che non avessero capi lista ripetuti: quindi, nella vostra regione, in Campania piuttosto che in Puglia o in Lombardia, magari vi potrà essere lo stesso nome che si ripete stancamente in tutti i collegi, alla faccia di quello che ha detto la Consulta rispetto alla lunghezza effettiva delle liste bloccate.
      Una legge elettorale senza milioni di cittadini, perché, in ossequio a quelli che sono i chiodi con cui avete inchiodato questo Paese su questa legge elettorale, che è una croce – i chiodi li ha messi Verdini, si chiamano liste bloccate e si chiamano sbarramento all'8 per cento –, lo avete fatto perché a Forza Italia dev'essere più semplice richiamare all'ordine chi, come anche in quest'Aula, parla contro questa proposta di legge e poi vota a favore. Penso che voi abbiate dimenticato, in queste alchimie di partito, che mettere una soglia dell'8 per cento, che c’è solamente in Russia, al 7 per cento, e in Turchia, al 10 per cento, significa escludere milioni di cittadini, che autonomamente vorrebbero organizzarsi indipendentemente da quelle che sono le volontà dei partiti principali (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
      
Un Paese senza rappresentanza adeguata in Trentino-Alto Adige. Si è detto, all'interno di quest'Aula, di come si stia modificando proprio su misura di quelli che sono i contraenti di questo patto: un Paese con le coalizioni al 12 per cento, senza la possibilità di mettersi insieme, con soglie di sbarramento alte anche dentro le coalizioni.
      Una legge elettorale senza la certezza del voto: voti, come ha spiegato il collega Bragantini prima, la Lega al nord ed eleggi un leghista con lo 0,1 in Molise. Ma come si fa a concepire un meccanismo di questo genere, un tale flipper che impedisce ai Pag. 16cittadini di poter contribuire sinceramente all'elezione di chi poteva essere il proprio rappresentante ?
      Noi, noi, abbiamo difeso fino alla fine la legge Mattarella, quella dei collegi uninominali, non quelli che l'hanno portata qui dentro come una bandiera e un vessillo e poi l'hanno lasciata cadere (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), e lo dico soprattutto ai colleghi del MoVimento 5 Stelle: con i vostri voti avremmo potuto far passare il Mattarellum ed impedire questo scempio.
      Una legge senza il conflitto di interessi. Ci è stato autorevolmente spiegato, con linguaggio quasi leguleio, che non si potevano fare degli emendamenti troppo rabberciati: e perché non li avete fatti voi di migliori, care colleghe e cari colleghi del PD, esperti del diritto e del conflitto di interesse ? Perché non li avete fatti voi ? Perché, come qualcuno ha detto, non era il momento. Io penso che da vent'anni non è il momento del conflitto di interessi e oggi questo conflitto di interessi non riesce neanche a superare la prova di un semplice emendamento che stabilisce le incompatibilità.
      È un Paese e una legge elettorale senza il voto per le primarie. Non basta dire: le faremo noi. Le avremmo gradite maggiormente se fossero state uno strumento all'interno del quale selezionare queste liste corte con la preferenza e con le primarie.
      Un Paese senza il voto agli studenti Erasmus. Anche su questo ho sentito delle giustificazioni incredibili: non possiamo perché non ci sono tecnicamente gli strumenti. Avete gli strumenti tecnici per fare qualsiasi cosa e volete impedire agli studenti, magari a quelli che ci ascoltano in questo momento per radio, di votare, di esercitare il loro diritto di voto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ? Ma che roba è ?
      È soprattutto una legge elettorale senza questa, senza la Costituzione (I deputati di Sinistra Ecologia Libertà mostrano copia della Costituzione e del Regolamento della Camera) perché questa legge elettorale vi verrà bocciata...

      PRESIDENTE. Colleghi, togliete, abbassate questi volumi, per favore, colleghi (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

      GENNARO MIGLIORE. ...per pregiudizio di costituzionalità, perché viola articoli fondamentali: l'articolo 3...

      PRESIDENTE. Rimuovete questi volumi, colleghi !

      GENNARO MIGLIORE. ...l'articolo 3 della Costituzione repubblicana votata in quest'Aula, l'articolo 3 sull'uguaglianza, l'articolo 48 sul voto libero, diretto, uguale.
      Ed è stata anche una legge elettorale senza una discussione in Commissione né poco né punto. Si è fatto tutto in Aula attraverso una serie di plichi e di, come si dice al paese mio, imbasciate che venivano portate da fuori – e, per chi sa un po’ di napoletano, sa che questo non è proprio un termine gradevolissimo – in modo tale che si potesse annullare qualsiasi cosa.
      Però questa legge elettorale senza, senza, senza, ce l'ha una cosa: c'ha l'accordo Renzi-Berlusconi. E questo rimarrà come il marchio di questa legge, perché nessuno si ricorderà dei meccanismi, degli algoritmi, della possibilità di vedere il vincitore dopo le elezioni. Si ricorderà di questo, rimarrà impresso nella mente degli uomini e delle donne di questo Paese. E rimarrà spero non indelebile Marchio, perché ci sono ancora altri passaggi parlamentari, finché non verrà rimosso.
      Ieri il collega Giorgis ha ricordato la capacità persuasiva della ragione. Citando un mirabile testo di Bertolt Brecht, Vita di Galileo, verrebbe da dire che quella ragione fu raggiunta dopo generazioni e con il sacrificio di Galileo. Ma in discussione terragne come questa, poco valgono i paragoni con chi voleva mettere in ordine il meccanismo celeste dei pianeti e delle stelle. Qui non è ragione contro oscurità: lo voglio dire al collega Giorgis e ai colleghi della minoranza del PD che hanno espresso voti perché questa legge cambi al Senato. Si tratta piuttosto di parole e di scelte, e le parole possono essere usate per Pag. 17svelare o per nascondere. Ed è venuto in mente, in questi giorni di lunghi turni di votazione, un altro testo fondamentale, quello di Romeo e Giulietta quando dice: quella che noi chiamiamo rosa, anche chiamata con un altro nome sarebbe sempre lo stesso dolce profumo. Quello che voi chiamate Italicum, anche con un altro nome, ha sempre il non dolce, ma pesante olezzo di quello che è chiamato Porcellum (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) !
      Le leggi si giudicano dall'odore, non da quello che c’è scritto con caratteri di piombo: questa legge si giudicherà dall'odore, ed il suo odore attraverserà l'asettico schermo della televisione e arriverà ad impestilentire tutto il Paese ! Se avete veramente voglia di farne a meno, cambiatela al Senato, in modo che questo sia un arrivederci e non un addio (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Per l'Italia e Misto-Centro Democratico).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Parisi. Ne ha facoltà.

      MASSIMO PARISI. Signora Presidente, membri del Governo, colleghi deputati, con il nostro voto oggi siamo chiamati a scrivere una pagina di storia parlamentare: possiamo fare in modo che sia una bella pagina.
      Voglio dire subito che il voto di Forza Italia sarà un voto di responsabilità, di amore per l'Italia e per le istituzioni repubblicane, e sarà un voto favorevole. Questo, nonostante il testo che abbiamo al nostro esame sia frutto di tanti compromessi e di molte mediazioni, dettate talvolta più dai problemi di una maggioranza di Governo e del partito principale che la sorregge, che dal merito delle questioni.
      Forza Italia avrebbe potuto fare scelte diverse, questa non è la legge che meglio risponde alla nostra idea di sistema elettorale, non è il Forza Italicum, come è stato detto, ma proprio perché crediamo in ciò che il Presidente del Consiglio ha sostenuto sul valore dello scrivere le regole insieme, abbiamo già fatto molti passi verso idee diverse dalle nostre. Lo abbiamo fatto accettando il principio del ballottaggio, l'innalzamento del quorum per l'ottenimento del premio e la riduzione delle soglie per i partiti coalizzati. Volevamo una legge subito operativa ed abbiamo accettato la delega all'Esecutivo, cui non ci lega alcun rapporto fiduciario, per il ridisegno dei collegi. Abbiamo acconsentito a norme obiettivamente molto poco plausibili, come nel caso del Trentino-Alto Adige, ed accantonato una questione, per noi oggettivamente necessaria, qual è la norma a tutela dei partiti a forte connotazione regionale.
      Avremmo potuto dire agli italiani, a quegli italiani che in larga maggioranza hanno dichiarato nei sondaggi di apprezzare l'idea di riforme condivise, che il Presidente del Consiglio, pur votato da milioni di cittadini nelle elezioni primarie per la guida del suo partito, pur fresco della fiducia di questo Parlamento, da solo non era in grado di far mantenere al suo partito i patti iniziali (pur essendo tutto ciò stato votato dalla sua direzione). Potevamo scegliere la via di denunciare pubblicamente la nostra indisponibilità ai troppi compromessi, e lasciare il Presidente del Consiglio in balia della sua debole maggioranza e del suo partito. Non l'abbiamo fatto.
      Ora saremo ancora tacciati di estremismo ? Ora, che votiamo una legge che non è quella che avremmo voluto, ma che è meglio di nessuna legge, saremo ancora la destra retriva, conservatrice e barricadera, come a qualche nostro ex collega di partito piace descriverci (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) ?
      E dire che noi lo facciamo, e lo faremo, senza avere in cambio poltrone di Governo o di sottogoverno, senza aver chiesto niente se non, questo sì, il rispetto degli accordi, il rispetto per una forza politica e per il suo leader, che in vent'anni hanno preso decine di milioni di voti degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) !Pag. 18
      Potevamo insistere su quell'idea, forse troppo sensata, che, a costituzione vigente, le leggi elettorali si fanno sia per la Camera sia per il Senato. Perché, applicando questa legge alle elezioni politiche dal 1992 ad oggi, e anche sulla base di tutti i sondaggi dell'ultimo anno, mai si sarebbe verificato il caso che al ballottaggio sarebbero andate due coalizioni diverse. Guardiamo i dati delle ultime due elezioni: nel 2008, la seconda e la terza coalizione erano distanziate da 11 milioni di voti alla Camera e da 10 milioni di voti al Senato; nel 2013, la coalizione che sosteneva il presidente Berlusconi ed il MoVimento 5 Stelle erano distanziate da un milione e trecentomila voti alla Camera e da oltre due milioni di voti al Senato.
      Potevamo insistere, ma volevamo arrivare ad un risultato e dimostrare che non siamo noi a non volere le riforme: la riforma del bicameralismo perfetto e la sostituzione del Senato con una Camera delle autonomie le avevamo già fatte, poi fu la sinistra a bocciare queste riforme nel referendum (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) ! Abbiamo perciò acconsentito a stralciare l'articolo 2 di questa legge. Abbiamo detto «sì» anche a questo, perché altrimenti ci saremmo trovati a votare un emendamento che avrebbe reso applicabile l'Italicum dal 2023. Quando si dice legiferare per le future generazioni...(Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
      Abbiamo acconsentito a risolvere anche questo problema, ma bisogna che sia chiaro agli italiani che ci guardano che questa scelta, questa specifica scelta, ricade tutta sulla responsabilità della maggioranza di Governo !
      È francamente ridicolo che, per aver sostenuto che una legge elettorale la si fa per tutte e due le Camere, sia stato detto che Forza Italia vuole le elezioni. Sì, Forza Italia non ha cambiato idea su questo, Forza Italia ha ancora opinioni un po’ démodé in questo Paese, come quella di ritenere che al Governo del Paese ci si arriva con il voto degli italiani e non con manovre di Palazzo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente), basta questo però a sostenere che Forza Italia non vuole fare le riforme ? Vede, Presidente, ricordo a me stesso che purtroppo il nostro partito non ha i numeri né qui né al Senato per determinare la vita o la morte del Governo, dunque chi si preoccupa di questo o non si fida di sé stesso o non si fida del Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
      Chi dunque ha voluto che questa legge valesse solo per questo ramo del Parlamento dovrà spiegare agli italiani che per evitare un rischio improbabile, quello di due maggioranze diverse fra Camera e Senato, si è prodotto un risultato certo, quello cioè che se fossimo chiamati alle urne avremmo una maggioranza alla Camera e nessuna maggioranza al Senato. Questo paradosso e anche la discussione che abbiamo fatto in quest'Aula rivelano quanto il dibattito sul merito del provvedimento si sia intrecciato con i divergenti interessi delle forze politiche nella contingenza data; era forse inevitabile dal momento che l'iter di questa legge – ce ne siamo quasi dimenticati – è iniziato con un altro Governo, con il Governo di Enrico Letta, ed è forse anche per questo che la relegazione del provvedimento in quest'Aula ha risentito spesso più della volontà di affossare questa legge che dell'esigenza di un dibattito nel merito.
      Era forse inevitabile anche perché ci sono forze in questo Parlamento che ancora devono maturare una propria posizione politica relativamente a una questione cruciale qual è la legge elettorale. Forti nella protesta, alcuni colleghi sono forse qualche passo più indietro sulla proposta; magari è un nostro limite, ma noi non abbiamo ancora capito, ad esempio, qual è la legge elettorale che vuole il MoVimento 5 Stelle. La cosa diventa ancora più singolare quando si criticano gli accordi politici fatti fuori da qui, ma poi esaminati, modificati e approvati da quest'Aula, e poi si attende l'esito magari di Pag. 19qualche sondaggio sul web per assumere una posizione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). Ecco, lo dico senza spirito polemico ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, la democrazia parlamentare ha dei tempi, non riapriremo la discussione in Commissione quando sarà finito il vostro sondaggio, servivano idee e proposte qui ed ora, serviva avere il coraggio di avere una posizione e di confrontarsi con gli altri.
      Ecco, di tutto ciò ognuno risponderà alla propria coscienza, ma certo non potrà mai essere accusata Forza Italia di non aver fatto ogni sforzo per portare a termine questo percorso nell'esclusivo interesse del Paese. Questa legge, nonostante tutto, avrà il nostro voto, ce l'avrà oggi in quest'Aula, ma sappia il Presidente del Consiglio che non faremo altre mediazioni al ribasso (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente), non accetteremo cioè che il Senato stravolga il contenuto del provvedimento.
      Lo diciamo prima al Presidente del Consiglio: noi non staremo sereni fino a quando anche l'ultima virgola di questo testo non avrà il sigillo più definitivo, e questo non per sfiducia nei confronti del Presidente ma perché abbiamo visto qui, in quest'Aula, il dipanarsi del dibattito di un supplemento di congresso del suo partito. Sono posizioni che rispettiamo, ma non pagheremo altri prezzi, non accetteremo altri accordi al ribasso perché anche noi abbiamo i nostri convincimenti e le nostre posizioni e di questa legge ci piacciono alcuni elementi che sono nelle nostre corde, che fanno parte del nostro bagaglio politico.
      Con questa legge finalmente avremo un vincitore il giorno delle elezioni, istituzionalizzeremo quella che è stata una delle ragioni storiche della nostra discesa in campo: chi si candida lo fa proponendo agli italiani una possibile maggioranza, un programma, un leader politico, un capo della coalizione naturalmente candidato, se vincente, ad assumersi la responsabilità di guidare il Governo. Eravamo in pochi a dirlo e a sostenerlo venti anni fa, non ci interessa l'esclusiva della proposta, siamo orgogliosi di aver fatto scuola.
      Attraverso collegi piccoli si favorirà la conoscenza e la conoscibilità dei candidati e il loro radicamento territoriale. Non ci sono le preferenze, è vero, non ci sono come in larga parte dei Paesi dell'Occidente, non sarà un caso e non è una negazione della democrazia.
      Oggi si afferma con questa legge un altro principio che corrisponde a una nostra storica battaglia: la riduzione della frammentazione partitica, il fatto cioè che per avere una democrazia efficiente occorre introdurre dei correttivi al sistema meramente proporzionale, e anche in questo caso respingiamo al mittente le critiche, l'accusa che con queste soglie si cancella la democrazia, perché vorrebbe dire che non c’è democrazia in Germania, non c’è democrazia in Spagna, in Francia e in tutti gli altri Paesi che applicano soglie di sbarramento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
      Possiamo ancora e finalmente far rientrare l'Italia nel modulo delle democrazie mature, abbiamo accettato anche il ballottaggio per questo, non temiamo la sfida, perché sappiamo che gli italiani capiranno il valore cruciale di una scelta. Questa legge non prevede un doppio turno, ma un ballottaggio fra due coalizioni, una scelta fra due leader e due proposte di Governo; noi non abbiamo paura perché un leader ce l'abbiamo e perché siamo convinti delle nostre ragioni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
      Ma c’è una cosa infine che ci piace e che ci ha convinti ad accettare tante rinunce: l'atto fondativo di questa legge, il duplice gesto di coraggio che ha dato l'avvio a questo percorso.
      Poiché da questa parte troverete sempre onestà intellettuale, sappiate che non abbiamo alcuna difficoltà ad affermare che abbiamo apprezzato il gesto del segretario politico del Partito Democratico di incontrare il presidente Berlusconi, così come conosciamo e rivendichiamo con Pag. 20orgoglio il coraggio del nostro leader politico che si è prestato a questo, che si è recato nella casa di coloro che un mese prima lo avevano vergognosamente cancellato dal Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
      Se, dunque, la Terza Repubblica potrà nascere finalmente dalla legittimazione reciproca, dal rispetto reciproco, abbiamo fatto qualcosa che vale di più di qualsiasi discussione su algoritmi e soglie. Noi vogliamo credere in questo. Se non fosse così, se fosse stato solo un trucco, magari per realizzare nuovi equilibri di potere e soddisfare ambizioni personali, non avrete fatto un torto a noi, lo avrete fatto al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
      Noi vogliamo credere alla prima ipotesi ed è per questo motivo, soprattutto, che il nostro voto oggi sarà positivo. Ed è per questo che Forza Italia dirà «sì» (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – Congratulazioni).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Danilo Toninelli. Ne ha facoltà.

      DANILO TONINELLI. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, mettiamo subito le cose in chiaro: la riforma elettorale che Renzi, Berlusconi e Alfano propongono ai cittadini è un'orrenda schifezza, figlia dei loro interessi personali e della loro arroganza. Questa proposta elettorale fa male al nostro Paese, perché peggiora il già pessimo livello della nostra democrazia.
      È una riforma elettorale incostituzionale per tanti motivi: per il premio di maggioranza abnorme, per la non conoscibilità del candidato da parte dell'elettore, e lo è perché un sistema proporzionale, come quello che dicono di aver adottato, non può essere corretto a tal punto da renderlo un maggioritario puro in un collegio unico nazionale.
      Gli italiani devono sapere che fare una legge elettorale tanto per dire di averla fatta è una presa in giro. Ma tanto a loro di noi italiani non interessa nulla. Anzi, no, interessa solo derubare i cittadini di uno dei pochi momenti – ormai sempre meno, purtroppo – in cui contano qualcosa, cioè quando votano. Noi siamo diversi da voi politici, che legiferate per mantenere il potere. Noi siamo gli stessi cittadini che si recano alle urne a votare e per i quali le parole non contano più, contano solo i fatti che dimostrino onestà e rettitudine.
      Questo sistema democratico non funziona perché il ruolo del cittadino nella politica è diventato troppo debole e assomiglia sempre di più a quello di inerme spettatore e vittima. È una triste involuzione causata dal Porcellum, che ha delegittimato il Parlamento e che doveva non solo essere superato, ma dimenticato per sempre.
      Dopo la sacrosanta sentenza dalla Corte costituzionale, che lo ha finalmente abbattuto, bisognava ripartire da zero creando una nuova legge elettorale condivisa e partecipata sia con i membri del Parlamento che con tutta la società civile, per giungere ad un unico risultato: la nascita di una nuova classe politica che rappresentasse i cittadini e che rispondesse finalmente alle loro richieste di aiuto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Il MoVimento 5 Stelle questo salto in avanti per uscire dal buio lo aveva già fatto ad ottobre 2013, depositando una proposta di modifica della legge elettorale organica ed innovativa. Ed ora lo sta facendo con una proposta costruita insieme a 50 mila cittadini: un sublime esempio di democrazia diretta, l'unico al mondo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Ma a voi non interessava e continua a non interessare. Anzi, per voi era ed è importante solamente gettare immondizia e spargere falsità su di noi con il solito mantra del signor Renzi per cui avremmo dovuto abbandonare la difesa della Costituzione scendendo dal tetto di Montecitorio ed entrare nel Palazzo per fare le leggi.Pag. 21
      Ma voi non date peso agli altri parlamentari, manco li guardate, altro che invitarci a dedicarci all'attività parlamentare ! Voi siete abituati a fare la politica fuori dal Parlamento, nei vostri salotti privati, mischiando gli interessi del Paese con quelli personali e giudiziari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Ma chi credete di essere ? Chi credete di continuare a prendere in giro ? Nessuno vi crede più, nemmeno i vostri elettori, ai quali, dopo avervi rivotato tappandosi naso, bocca e chiudendo gli occhi, non è rimasta oggi che l'autofustigazione per rivotarvi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Voi avete fallito. La politica degli ultimi vent'anni ha fallito. Insieme al Porcellum, siete stati cancellati dalla Corte costituzionale anche voi, ma voi non lo volete ammettere e, invece di andare tutti a casa e ridare voce ai cittadini con il voto, che fate ? Violate ogni regola democratica esistente e lasciate che due orrendi figuranti, un capo di partito ed un padrone di un partito, creino il «Riporcellum-bis» o il «Superporcellum» o il «Pregiudicatellum», ovvero una legge elettorale peggiore della precedente.
      Ebbene sì, ce l'avete fatta a pensarne una addirittura peggiore, una legge elettorale dove i cittadini valgono ancora meno, valgono zero. Avete trasformato il voto delle persone in qualcosa di inutile, gli avete tolto la possibilità di conoscere il proprio candidato e avete reso casuale la distribuzione dei seggi. Voto un partito nel seggio sotto casa, ma produco un seggio lontano, dove neppure so chi sia il candidato eletto.
      Avete creato una legge che si fonda sul caos e che genererà caos nel nostro Paese. Con questo ennesimo attentato alla democrazia, ennesimo dopo quello contro l'articolo 138 della Costituzione e quello in corso da mesi sulla riforma del Regolamento della Camera, i cittadini vengono spinti ancora più in basso, in uno spazio inutile, lontanissimo da ogni possibilità non tanto di incidere quanto, per lo meno, di partecipare alla vita politica e sociale del nostro Paese.
      Voi lo avete chiamato Italicum, perché per voi la politica è fatta di slogan «acchiappa voti». A casa mia, una legge per cui i cittadini non potranno scegliere i propri rappresentanti in Parlamento, perché saranno ancora le segreterie di partito a farlo, si chiama «truffa» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Ma, se l'errore non bastasse a rendere l'aria ancora più irrespirabile, i due artefici di questa truffa hanno pensato bene di introdurre un premio di maggioranza enorme, che regala il Governo del Paese ad un partito di minoranza relativa. Basterà, infatti, prendere un solo voto in più dell'avversario per vincere tutta la posta in palio. Un partito con il 20 per cento dei voti governerà un Paese con l'80 per cento dei cittadini che non l'hanno votato. Questa non è democrazia, signori; è la tirannia di una maggioranza che non ha la maggioranza nel Paese. Questa è una vera e propria dittatura di un capo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). A casa mia un atto del genere si chiama «omicidio», omicidio della democrazia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Noi andiamo dalla parte opposta rispetto a voi. Noi vogliamo un Parlamento dove gli eletti sono portatori delle istanze dei cittadini, parlamentari liberi ed autonomi, veri e propri cittadini per i cittadini. Invece no ! Con l'Italicum gli eletti saranno schiavi di un padrone, quel padrone di cui dovranno portare la voce in Parlamento, pena la mancata rielezione. Noi vogliamo parlamentari forti e rappresentativi, che facciano da tramite tra società ed istituzioni e aiutino a fare sul territorio quelle scelte politiche che poi devono sostenere in Parlamento. Tutto ciò in Italia purtroppo non esiste. La politica è completamente distaccata da un Paese dove non ha alcun reale supporto e, quindi, si limita a sostenere se stessa, costruendo solamente un consenso mediatico, un consenso televisivo.Pag. 22
      All'Italia non serve una dittatura, serve la partecipazione consapevole di tutti. Voi volete non cittadini consapevoli, informati e che partecipano. Voi volete sudditi ignoranti, da potere manipolare a vostro piacimento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
      Voi avete drogato, anzi terrorizzato, il popolo italiano con il mito della governabilità. Voi avete detto e ripetuto, in ogni modo ed in ogni sede, che la sera stessa delle elezioni ci deve essere un vincitore. Questa è una balla colossale, perché non esiste alcuna democrazia consolidata che preveda tutto questo.
      Ma proprio voi che avete creduto di strapparci la libertà di pensiero, ora che fate ? Fate l'esatto opposto. Con due leggi elettorali diverse per Camera e Senato consegnate ai cittadini un Paese ingovernabile dove l'unico punto fermo sarà il caos. A casa mia tutto questo modo di fare ha un solo nome: follia. La vostra sete di potere da ciechi vi ha trasformato in folli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
      Noi siamo diversi, anzi opposti a voi, a tutti voi ! Noi diciamo ai cittadini – non a voi che non avete orecchie per sentire – che ci serve più governo del popolo, cioè più democrazia, ci serve più Parlamento e meno Governo, ci servono meno leggi e fatte meglio.
      Noi vogliamo un Paese migliore a partire dalla legge elettorale. Voi, invece, volete affossare la nostra Italia e di questo, signori, ne rispondete a noi, agli italiani tutti e anche ai vostri figli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Speranza. Ne ha facoltà.

      ROBERTO SPERANZA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Partito Democratico voterà favorevolmente al testo della riforma elettorale su cui questo Parlamento si è lungamente concentrato in una discussione importante negli ultimi giorni.
      Voglio dirlo subito con forza: il nostro è prima di tutto un sì ad alcune domande di fondo che toccano il cuore della nostra democrazia e parte dal presupposto che con questo voto si arriva finalmente ad una partenza del treno delle riforme nel nostro Paese.
      C’è una domanda vera, profonda sulla quale chiederei l'attenzione di chi ci ascolta da casa come di tutti i nostri parlamentari. La domanda vera, a cui il gruppo parlamentare del Partito Democratico risponde oggi «sì», è: le istituzioni democratiche, le nostre istituzioni, toccate da un bassissimo livello di fiducia da parte dei cittadini, sono o non sono nelle condizioni di autoriformarsi ? Sono o non sono nelle condizioni di cambiare ? In quest'Aula vi sono risposte diverse a questa domanda e anche il voto di oggi presenta risposte diverse a questa domanda.
      Allora, io dico con forza che la nostra risposta è «sì». È una risposta ferma, convinta, forte ad una domanda tutt'altro che banale, ad una domanda, signor Presidente, non solo italiana, se è vero che la sfiducia nei confronti delle istituzioni democratiche è diffusa in Italia, ma è diffusa nella larga parte dei Paesi europei, e non solo, dentro l'incrocio tra la crisi della rappresentanza democratica e una crisi economica senza precedenti.
      Voglio dirlo in modo particolare a chi ci ascolta da casa: parlare di riforme non è accademia professorale, le riforme servono al Paese per produrre crescita, per produrre sviluppo, per rispondere ai drammatici problemi che le famiglie e le imprese italiane incontrano ogni giorno. Fare le riforme significa costruire un Paese più forte.
      Se la risposta fosse «no» a quella domanda, signor Presidente, riflettiamoci bene, significherebbe asserire che le istituzioni democratiche non sono riformabili e, quindi, siccome non risolvono i problemi dei cittadini, significherebbe dire nella sostanza che vi è un via libera al superamento della democrazia per come l'abbiamo conosciuta, al superamento della Repubblica.
      Guardi, signor Presidente, peso con molta attenzione le parole che sto pronunciando Pag. 23e quando penso alla Repubblica, quando penso alla nostra democrazia, il pensiero va alla Resistenza, il pensiero va alle cittadine e ai cittadini che hanno versato il loro sangue per darci questa democrazia, il pensiero va alle Fosse Ardeatine e a Marzabotto, va a chi ci ha donato questa democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Oggi riformarla è l'unico modo per salvarla.
      È una sfida italiana, ma non solo una sfida italiana, è la sfida che ci ha lanciato in quest'Aula, alla rielezione a Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Anche oggi ho sentito insulti, parole fuori luogo, anche oggi qui noi le ribattiamo, perché Giorgio Napolitano è un cardine della nostra democrazia e fare le riforme significa anche dire che quel secondo mandato, che noi gli abbiamo chiesto, ha avuto ed avrà senso.
      Solo pochi giorni fa, Presidente, in quest'Aula, abbiamo dato la fiducia ad un nuovo Governo, un Governo guidato dal segretario del Partito Democratico, un Governo che serve per aprire una stagione in cui la politica si assume fino in fondo la sfida del cambiamento, la sfida per provare a costruire un Paese diverso. Io penso che nello scontro di questi giorni, politica ed antipolitica, nello scontro tra chi crede nella democrazia e chi invece vuole abbatterla, noi abbiamo giocato a non nasconderci ed oggi lo facciamo fino in fondo, non ci tiriamo indietro. Oggi, finalmente, con questo voto noi avviamo questo treno delle riforme.
      E guardi, Presidente, abbiamo deciso di fare una legge elettorale valida solo per la Camera, abbiamo stralciato il famoso articolo 2. Io penso che questo sia il punto politico più rilevante: è l'impegno solenne di questo Parlamento a fare le riforme che il Paese aspetta. Basta parole: il superamento del bicameralismo; la trasformazione del Senato, su cui io credo che da subito, immediatamente, dobbiamo impegnarci perché si proceda con la partenza della discussione verso una prima approvazione di quel provvedimento; la riduzione del numero dei parlamentari. Non più parole, non più solo parole, ma fatti che ci consentano finalmente di dire agli italiani che la politica ce la può fare !
      Devono essere questi, io penso, i punti di fondo di una partita aperta che noi vogliamo giocare. Non ci arrendiamo. Questa legge, un passo alla volta, ha fatto dei passi avanti: prima il doppio turno, poi l'articolo 2, poi un passaggio sulle soglie migliorando lo schema di partenza. E anche qui – voglio dirlo – guardate, è inaccettabile una retorica che parla dei partiti come se fossero organizzazioni di malavita. C’è un articolo della nostra Costituzione, l'articolo 49, che riconosce ai partiti la funzione per cui i cittadini determinano le politiche nazionali attraverso il metodo democratico.
      Non vorrei – lo dico agli amici del MoVimento 5 Stelle – che si salisse sui tetti per difendere la Costituzione senza averla neanche letta, la Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E voglio dirlo con forza: guardate, basta, basta con le occasioni sprecate, basta con il continuare a stare sui tetti ! Siete stati eletti per cambiare e invece siete qui solo per conservare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quante espulsioni ancora prima di comprendere che questo Paese si può cambiare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e che noi siamo qui – ci mettiamo tutta la nostra forza – esattamente per cambiare ?
      La legge elettorale è un primo passo – lo dicevo – ed io penso che nei passaggi successivi, a partire da quello del Senato, bisognerà intervenire per renderla migliore. Sul sistema delle soglie, ad esempio: partiti troppo piccoli che hanno un peso nell'arrivare al premio di maggioranza e forze politiche potenzialmente troppo grandi che restano fuori. E, ancora, il rapporto eletto-elettore, come questione su cui abbiamo fatto un passo in avanti, ma su cui io credo si possa fare ancora di più.
      E poi, ancora – consentitemi di dirlo con tutta la forza che ho –, la questione di genere. Qui c’è bisogno di parole di chiarezza, perché quello che è avvenuto in quest'Aula non rappresenta una pagina Pag. 24positiva per la nostra democrazia e guai a pensare che si tratti di un problema delle deputate del Partito Democratico: è un problema di civiltà del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Per questo voglio dire con grande forza che per il Partito Democratico questa sarà la priorità assoluta nel nostro passaggio al Senato e non consentiremo che alcun accordo potrà su questo fermarci.
      Ancora, Presidente, e concludo, io penso che siamo veramente ad un passaggio decisivo. Oggi dobbiamo dare senso al nostro mandato parlamentare, dobbiamo dire con forza che siamo qui perché un cambiamento si può avere, perché il cambiamento è possibile. E, sulla base di quello, io penso che, con questo voto, noi vogliamo dimostrare che facciamo sul serio. E per questo motivo, con convinzione, annunzio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto svolti con ripresa televisiva diretta.
      Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Michaela Biancofiore. Ne ha facoltà.

      MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, pur avendo condiviso totalmente l'ottimo intervento del collega Massimo Parisi in nome e per conto di Forza Italia, oggi, con cuore estremamente triste, non posso che votare contro, in dissenso dal gruppo, nei confronti di questa legge elettorale.
      In questi giorni si è parlato molto del colore delle donne, del colore che indossavano le donne. Io oggi mi sono vestita di nero. Mi sono vestita di nero perché oggi questa Camera sta celebrando il funerale della democrazia nella mia terra. Ma, attraverso la mia terra, sta celebrando il funerale della democrazia anche in Italia.
      Infatti, non può essere costituzionale una legge, quando nella legge, Ministro Boschi – anche se è sempre distratta –, si scrive per legge chi vince le elezioni. E chi vince le elezioni non sono i cittadini italiani, che dal Brennero a Lampedusa, secondo la Costituzione, dovrebbero essere tutti uguali. No, le vince un partito etnico, un partito che in Alto Adige ha il 70 per cento di voti etnici, appartiene alla minoranza che ha il 70 per cento di voti etnici e che, come diceva giustamente ieri il collega Plangger, lascia alla minoranza italiana dell'Alto Adige solo il collegio di Bolzano-Laives. Peccato che anche il collegio di Bolzano-Laives – vado concludendo, Presidente – sarà determinato dalla Südtiroler Volkspartei.
      E allora faccio appello al mio partito. È vero abbiamo ceduto tantissimo...

      PRESIDENTE. Concluda.

      MICHAELA BIANCOFIORE. ... per fare le riforme in questo Paese, per dare onore e rispetto a questo patto, ed era corretto. Ma non si può cedere oltre. Il Senato deve cambiare questo obbrobrio o io non rimetterò mai più la spilletta del mio partito...

      PRESIDENTE. Concluda, onorevole Biancofiore. È scaduto il suo tempo.

      MICHAELA BIANCOFIORE. ... fino a quando un partito che ha preso 90 milioni di voti in questo Paese e che, quindi, rappresenta la democrazia...

      PRESIDENTE. La ringrazio. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Roberta Agostini. Ne ha facoltà.

      ROBERTA AGOSTINI. Signor Presidente, intervengo ovviamente a titolo personale per dichiarazione di voto, ma vorrei anche rappresentare a quest'Aula le ragioni di tante parlamentari del Partito Democratico, che con me, con altre donne hanno condotto in quest'Aula una battaglia per l'affermazione di un principio di civiltà, che è quello della pari presenza delle donne nelle istituzioni rappresentative.Pag. 25
      È un fatto atteso e positivo che la Camera approvi un testo di riforma, che tanti cittadini hanno aspettato da molto tempo. È un tassello di un progetto più complessivo di riforme, del Senato, del Titolo V. Io, però, e come me tante colleghe del PD non possiamo dirci soddisfatte perché non contiene norme minime di civiltà europea che puntino a promuovere la presenza femminile nelle istituzioni.
      Noi pensiamo che si tratti di un vulnus per le nostre istituzioni democratiche, per la rappresentanza, ed un brutto, un brutto messaggio che noi stiamo lanciando in questo momento al Paese e non solo alle donne. Noi chiediamo al Governo e chiediamo alle forze politiche, e su questo come Partito Democratico ci impegneremo...

      PRESIDENTE. Concluda.

      ROBERTA AGOSTINI. ... per cambiare questa legge al Senato. Il voto che molte di noi daranno è un gesto di buona volontà ed è anche un atto di responsabilità per consentire al processo di riforme di andare avanti e di migliorare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Francesco Ribaudo. Ne ha facoltà.

      FRANCESCO RIBAUDO. Signora Presidente, questa non è la legge elettorale che avrei voluto votare. Ognuno di noi, in questo Parlamento, l'avrebbe pensata e voluta diversa. Ma è l'unica possibile. È l'unica che la democrazia – e ci tengo a dirlo: la democrazia – di questo Parlamento, di questo ramo del Parlamento, ha potuto partorire, tenuto conto anche dei numeri, tenuto conto degli accordi, dei compromessi (in politica ci stanno tutti).
      Ma ho la piena consapevolezza e nel contempo anche la responsabilità di sapere che il voto di oggi ha un valore che va ben oltre questa legge elettorale. Sappiamo che oggi questo voto può dare l'avvio al concreto sviluppo di quelli che poi potranno essere i processi di riforme, le riforme di cui ha bisogno questo Paese, senza le quali questo Paese non uscirà mai dalla crisi. Per questo motivo, Presidente, voterò a favore.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Blazina. Ne ha facoltà.

      TAMARA BLAZINA. Signora Presidente, ho chiesto al gruppo di poter intervenire in dichiarazione di voto per aggiungere al ricco dibattito di questi giorni un ulteriore tassello, e cioè il tema della rappresentanza della minoranza slovena del Friuli-Venezia Giulia, che è, insieme a quella tedesca e a quella francese, una delle tre minoranze nazionali riconosciute, ma purtroppo troppe volte trattata diversamente.
      Esprimo soddisfazione perché, per la prima volta, una legge elettorale dello Stato affronta questo tema, anche se in maniera non esaustiva (è stato approvato un solo subemendamento ed un ordine del giorno dei tanti presentati). Si tratta di un primo, timido passo, che non corrisponde però alle tante aspettative dei cittadini italiani di lingua slovena. Mi aspetto che nei prossimi passaggi di questa riforma si trovino gli strumenti più appropriati per dare piena attuazione all'articolo 26 della legge n.  38 del 2001, che recita: «Le leggi elettorali per le elezioni del Senato e della Camera...

      PRESIDENTE. Concluda.

      TAMARA BLAZINA. ... dettano norme per favorire l'accesso alla rappresentanza di candidati appartenenti alla minoranza slovena», norma fino ad ora disattesa. Non chiediamo privilegi o seggi garantiti...

      PRESIDENTE. Concluda onorevole.

      TAMARA BLAZINA. ... come previsti in altri Paesi, ad esempio nella Slovenia per quanto riguarda la minoranza italiana, ma solamente il rispetto delle leggi.

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      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Nuti. Ne ha facoltà.

      RICCARDO NUTI. Signora Presidente, poc'anzi è stata usata da un collega del PD, in questo caso Roberto Speranza, rivolgendosi al MoVimento 5 Stelle, la parola «amici». Ecco, siccome io questa parola pronunciata dal collega e da questa gente la ritengo offensiva nei miei confronti e nei nostri confronti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico), tengo a chiarire semplicemente e con forza che noi non siamo minimamente amici di coloro che hanno creato i problemi che ora cercano di risolvere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

      PRESIDENTE. Colleghi, per favore !

      RICCARDO NUTI. ... coloro che hanno portato, negli ultimi trent'anni, alla distruzione di questo Paese. Noi non siamo amici vostri.

      PRESIDENTE. Colleghi, per favore, lasciatelo terminare !

      RICCARDO NUTI. Il collega Toninelli ha chiarito benissimo che noi siamo all'opposto, quindi non siamo vostri amici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) !

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zaccagnini. Ne ha facoltà.

      ADRIANO ZACCAGNINI. Signora Presidente, voterò contro questa legge perché non è una legge organica. È una legge inappropriata ed incostituzionale. È stata costruita da Berlusconi e Renzi per comprimere la democrazia, necessaria compressione per garantire un modello autoritario e reazionario, un meccanismo che cerca di disfarsi di varie soggettività politiche scomode nel processo decisionale, che deve essere di esclusiva pertinenza dei capi politici, una sterilizzazione delle diversità politiche ed una volontaria sordità verso le nuove soggettività politiche che nascono in una società viva e dinamica.
      Questo schema elettorale che imprimete è funzionale al controllo, alla sorveglianza, alla repressione ed alla gestione artificiosa del consenso.
      Le vostre riforme sono necessarie solo a chiudere, a murare la partecipazione popolare genuina. Le larghe intese riorganizzano in modo reazionario la gestione del consenso, tuttavia, la coscienza libera e democratica è incomprimibile e troverà il modo di manifestarsi, anche se le avete sbarrato la strada in Parlamento.

(Correzioni di forma – A.C. 3-A ed abbinate)

      PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire, ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento, il presidente della I Commissione (Affari costituzionali), nonché relatore per la maggioranza, Francesco Paolo Sisto. Ne ha facoltà.

      FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, il coordinamento formale è il seguente. In seguito all'approvazione dello stralcio dell'articolo 2 del provvedimento, propongo il seguente coordinamento al titolo: le parole: «e del Senato della Repubblica» sono soppresse. Il titolo del provvedimento risulta, quindi, il seguente: «Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati».
      Se mi consente, prima di restituire a lei la parola, un brevissimo ringraziamento per quanto è accaduto. Invertendo le abituali regole del manuale Cencelli dei ringraziamenti – una Camera licenzia la legge elettorale con l’imprimatur della Pag. 27Corte costituzionale dopo anni di inutile attesa e nonostante la palude della bassa politica dei veti –, voglio ringraziare innanzitutto i tecnici e i funzionari della I Commissione, ragazzi e lavoratori in ombra apparente, che hanno onorato con il loro impegno quello di coloro che si vedono.
      Ringrazio il Ministro Boschi, tutti i membri del Comitato dei nove, tutti i componenti della I Commissione, che hanno diviso con me notti, patemi e, qualche volta, panini. Ma voglio soprattutto ringraziare chi, nel rispetto delle proprie matrici ideologiche, ha contribuito decisivamente a questo risultato: gli oppositori, a titolo diverso, alla legge elettorale che ci accingiamo a votare. Perché Presidente, effervescenze, qualche volta innaturali, a parte, una legge, il suo percorso prende legittimazione e forza contrattuale se è il prodotto, come in questo caso, di una discussione parlamentare accesa, ma civile. La democrazia è, come noto, la sintesi che deve necessariamente avere una tesi e un'antitesi. E la genesi di questa legge, al di là delle appartenenze, oltre ai partiti, oltre ai rapporti storici di conflittualità, sottolinea l'unicità di questo evento. Simpaticamente, ma senza ironie, potremmo dire tutti: c'ero anch'io. Grazie proprio a tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la correzione di forma proposta si intende accolta dall'Assemblea. Così rimane stabilito.
      (Così rimane stabilito).

(Coordinamento formale – A.C. 3-A ed abbinate)

      PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
      Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
      (Così rimane stabilito).

      ILEANA ARGENTIN. Chiedo di parlare ?

      PRESIDENTE. A chi titolo ?

      ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, a titolo personale.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ILEANA ARGENTIN. Intervengo brevemente per dire che in questo Paese potremo fare le migliori leggi del mondo, ma se non sarà possibile per un gran numero di persone accedere agli scranni e poter andare a votare, non avranno senso. Per cui, mi permetto di ricordare che la legge elettorale, al di là di quello che permetterà in questo Paese e per quello che ci sarà, ha bisogno per essere rispettata di ricordare che non tutti hanno la stessa mobilità e che per arrivare a votare serve l'eliminazione non delle barriere architettoniche, ma, forse, di quelle culturali (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3-A ed abbinate)

      PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
      Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n.  3-A ed abbinate, di cui si è testé concluso l'esame.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Alfano, Venittelli, Cassano, Dellai, Covello, Simone Valente, Terzoni, Dambruoso, Venittelli... adesso stanno sostituendo Pag. 28il terminale, un attimo... Baldassarre non ha votato, se c’è un tecnico che può aiutare...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione nel seguente nuovo titolo:
      «Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati» (A.C. 3-35-182-358-551-632-718-746-747-749-876-894-932-998-1025-1026-1116-1143-1401-1452-1453-1511-1514-1657-1704-1794-1914-1946-1947-1977-2038-A):

            Presenti     561            
            Votanti     521            
            Astenuti       40            
            Maggioranza     261            
                Hanno votato     365                
                Hanno votato no     156                
      (I deputati Argentin, Gadda e Pelillo hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e il deputato Fabrizio Di Stefano ha segnalato di essersi astenuto mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole).

      La Camera approva (Vedi votazioni – Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – I deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle espongono cartelli recanti la scritta: «Renzi-Berlusconi profonda sintonia condannati all'amore»).
      Deputati, togliete quei cartelli ! I commessi intervengano ! I commessi intervengano a togliere quei cartelli (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente). Deputati, per favore ! Togliete i cartelli !
      Per favore, togliete quei cartelli !
      Saluto gli studenti e i docenti del Liceo delle scienze umane di Sesto Fiorentino, Firenze, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune e a cui do il nostro benvenuto (Applausi).
      Togliete gli ultimi cartelli per favore (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente) ! Grazie.

Discussione del disegno di legge: S. 1248 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n.  2, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (Approvato dal Senato) (A.C. 2149) (ore 11,28).

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n.  2149: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n.  2, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2149)

      PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
      Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Sinistra Ecologia Libertà, MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
      Avverto, altresì, che le Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
      Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la III Commissione (Affari esteri), deputato Andrea Manciulli.

      ANDREA MANCIULLI, Relatore per la maggioranza per la III Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame contiene...

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      PRESIDENTE. Colleghi, per favore, stiamo iniziando un altro provvedimento.
      Prego, onorevole Manciulli.

      ANDREA MANCIULLI, Relatore per la maggioranza per la III Commissione. Dicevo, contiene disposizioni di proroga del finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali per il primo semestre 2014. Questo strumento normativo garantisce la prosecuzione delle operazioni cui partecipa l'Italia, seppur limitatamente ad un arco temporale circoscritto, rendendo effettivo sul piano operativo uno dei principali strumenti della politica estera e di sicurezza del nostro Paese. È, dunque, indispensabile concludere al più presto l'iter, in considerazione dell'imminente scadenza, per assicurare, senza la minima soluzione di continuità, la legalità e la funzionalità dei nostri contingenti all'estero.
      I recenti sviluppi della situazione in Ucraina, su cui i vertici dell'Unione europea sono quotidianamente al lavoro, confermano la necessità che i Parlamenti degli Stati membri dell'UE si confrontino in modo più stringente e coordinato sulle grandi questioni delle relazioni internazionali. Colgo questa occasione per auspicare la promozione di un dibattito parlamentare che, anche in vista del semestre di Presidenza dell'Unione, indichi al Governo le priorità di politica estera del Parlamento in un'ottica integrata e non episodica. Priorità che, accanto all'Europa orientale, dovranno indirizzarsi in maniera ancora più forte sul Mediterraneo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 11,30)

      ANDREA MANCIULLI, Relatore per la maggioranza per la III Commissione. La sponda sud del Mediterraneo continua a rappresentare una delle aree più politicamente instabili a livello globale. Le rivoluzioni arabe hanno modificato in modo radicale il profilo della regione...

      PRESIDENTE. Scusi, onorevole Manciulli.
      Chiederei ai colleghi: capisco che è stato appena votato un provvedimento importante, però i colleghi che non intendono seguire la discussione in atto sul provvedimento che abbiamo iniziato, sarebbero pregati di stare in silenzio oppure uscire sempre silenziosamente, così da consentire a chi vuole e a chi deve poi intervenire di sentire la relazione del relatore di maggioranza.
      Prego, onorevole Manciulli, prosegua.

      ANDREA MANCIULLI, Relatore per la maggioranza per la III Commissione. Le rivoluzioni arabe hanno modificato in modo radicale il profilo della regione, innescando anche processi migratori che hanno avuto un forte impatto sul nostro Paese.
      La sfida per l'Italia e per l'Europa è quella di collaborare per contribuire a rendere il Mediterraneo una regione di pace e sicurezza. L'Italia intende ribadire il proprio impegno in tale direzione, specie in quei Paesi, come l'Iran, nei quali, i più recenti sviluppi, fanno nutrire speranze per il futuro. È questo lo scenario in cui l'azione dell'Italia può risultare più incisiva.
      Desidero in ogni caso rimarcare l'ormai improcrastinabile esigenza di varare la legge quadro, snellire la procedura legislativa e concentrare sul piano politico l'attenzione del Parlamento. L'obiettivo è di giungere all'adozione di uno strumento legislativo di carattere generale e stabile, che disciplini la questione dell'impiego dell'Italia e dell'impegno dell'Italia derivante dall'appartenenza all'Unione europea alle maggiori organizzazioni internazionali e regionali, con apposita legge.
      Allo stato attuale, infatti, la disciplina in materia di partecipazione italiana alle missioni internazionali è contenuta nell'ambito dei provvedimenti legislativi, che, di volta in volta, finanziano le missioni stesse, mentre sarebbe opportuno disporre di una disciplina uniforme concernente l'autorizzazione e lo svolgimento delle missioni da parte del personale italiano. Le proposte di legge in esame mirano, pertanto, a introdurre una complessiva ed Pag. 30organica normativa di riferimento sul trattamento economico e giuridico del personale impegnato nelle missioni, nonché a definire la procedura da adottare per l'invio dei militari all'estero.
      Sono certo che in tal modo potrà essere praticabile la soluzione di separare legislativamente l'autorizzazione almeno delle principali missioni, venendo incontro a una legittima esigenza, più volte manifestata dall'opposizione, ma purtroppo sinora non recepita, stante il vigente impianto normativo.
      In ogni caso si registra il passo in avanti della distinzione in articoli diversi delle missioni e gli interventi relativi a ciascuna area geografica continentale.
      Com’è noto, le Commissioni esteri e difesa sia della Camera che del Senato hanno condiviso la priorità politica di garantire il rispetto del diritto internazionale e dei diritti fondamentali dei due marò, Latorre e Girone. Al riguardo, la comunità internazionale ha finalmente mostrato una concreta solidarietà che sta producendo i suoi frutti in una vicenda che richiede, tuttavia, di non abbassare la guardia per tutelare il principio dell'immunità funzionale che sta alla base della presenza dei militari italiani nelle missioni internazionali. È di tutta evidenza che la lotta alla pirateria non può avvenire senza una reale cooperazione internazionale. Il doveroso contributo italiano a tale azione di contrasto deve pertanto essere ricambiato dalle più ampie garanzie di tutela del nostro personale impiegato, questione sulla quale il nostro Parlamento deve esprimere una forte volontà.
      Mi preme sottolineare che le operazioni militari all'estero si concentrano maggiormente in alcune aree geografiche quali Afghanistan, Libano e Balcani, prevalentemente Kosovo, nelle quali si registra la più numerosa partecipazione di forze italiane. Com’è noto, a fine anno, è prevista la conclusione della missione ISAF, a cui subentrerebbe la missione Resolute Support finalizzata ad addestrare, consigliare ed assistere le forze di sicurezza afgane. Tuttavia, come ha sottolineato il Segretario generale della NATO, Rasmussen, al termine della riunione dei Ministri degli esteri dell'Alleanza atlantica dello scorso 27 febbraio, non è ancora possibile definire l'entità della nuova missione dal momento che il Presidente Karzai non ha ancora sottoscritto il Trattato bilaterale di sicurezza con gli Stati Uniti d'America, nonostante che il relativo negoziato si sia concluso nel mese di ottobre.
      Pertanto, anche per quanto concerne la futura partecipazione italiana, la situazione appare ancora complessa anche in considerazione del fatto che sono ormai imminenti le elezioni presidenziali afgane per la sostituzione di Karzai. Nel frattempo, per il primo semestre del corrente anno, il contingente italiano ha subito un'ulteriore riduzione. La scandisco: da 2.900 a 2.250 unità. Per quanto concerne il Libano, le conseguenze del conflitto siriano fanno sì che la situazione del Paese, investito da un elevato numero di profughi e coinvolto in episodi di sconfinamento dei combattimenti sul suo territorio, appaia una situazione particolarmente critica. La tragedia umanitaria sta assumendo dimensioni e caratteri preoccupanti tanto che le autorità libanesi propongono di riallocare i profughi siriani in Turchia, Giordania e Iraq e prospettano l'apertura di campi profughi in territorio siriano sotto la protezione ONU. Ne consegue la necessità di mantenere inalterata l'entità del contingente italiano, pari a 1.100 unità, anche in considerazione del fatto che il comando UNIFIL potrebbe rimanere italiano, cosa che auspichiamo.
      Nell'area balcanica le maggiori preoccupazioni provengono dalla Bosnia-Erzegovina, dove, nello scorso mese di febbraio, è esplosa una vasta protesta sociale per le precarie condizioni di vita dei cittadini.
      Sembra, invece, tenere in Kosovo l'accordo con la Serbia che prevede la nascita di una associazione autonoma di comuni a maggioranza serba nell'ambito delle strutture nazionali del Kosovo, unitamente all'impegno di ciascuna parte a non bloccare il percorso di avvicinamento all'Unione europea dell'altra parte. Al riguardo ribadisco la ben nota posizione italiana per cui Pag. 31soltanto l'integrazione europea di tutti i Paesi della regione potrà stabilizzarli definitivamente, archiviando conflitti suscitati dal crollo della ex-Jugoslavia.
      Per quanto attiene più specificatamente alle disposizioni del decreto-legge in esame riguardanti i profili di competenza della Commissione affari esteri, rinvio alla disamina svolta relativamente agli articoli 8, 9 e 10 in sede referente. Secondo quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, proseguono le iniziative di cooperazione per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e il sostegno alla ricostruzione civile in Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Siria, Somalia, Sudan e Sud Sudan, nonché in Paesi ad essi limitrofi per i quali è stato disposto un finanziamento pari a 34,7 milioni di euro per il primo semestre dell'anno 2014.
      Inoltre nel corso del primo semestre 2014 si intende continuare l'azione a sostegno della stabilizzazione e dello sviluppo in Libia e Somalia con lo svolgimento di azioni di aiuto, di emergenza e di capacity building. In Mali prosegue l'attività nel quadro degli appelli ONU per il Sahel, anche nella prospettiva di una piena operatività dell'istituendo fondo prospettato dal presidente Prodi nel quadro della strategia integrata per il Sahel. Considero di particolare rilievo il finanziamento delle attività di sminamento umanitario previste dalla legge 7 marzo 2001, n.  58; la somma autorizzata per il primo semestre 2014 è pari a 700 mila euro e le aree destinate agli interventi saranno principalmente Sudan, Sud Sudan Afghanistan e Somalia.
      Ricordo infine che nel passaggio parlamentare al Senato sono state introdotte modifiche riguardanti gli articoli 8 e 9, che riprendono alcune misure costruttive che erano già state inserite alla Camera nell'esame del precedente decreto-legge. Nell'ambito degli stanziamenti assegnati, all'articolo 8 si prevede che un particolare riguardo vada attribuito ai programmi aventi fra gli obiettivi la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne, la tutela dei loro diritti e il lavoro femminile, nonché la tutela e la promozione dei diritti dei minori. Inoltre si prevede che le iniziative di cooperazione dovranno essere adottate coerentemente con le direttive OCSE-DAC in materia di aiuto pubblico allo sviluppo, con gli obiettivi di sviluppo del millennio e con i principi del diritto internazionale in materia.
      Nell'articolo 9 si stabilisce che l'ammontare del trattamento economico delle spese per vitto, alloggio e viaggi del personale del Ministero degli affari esteri inviato in missione e in viaggio di servizio in aree di crisi devono essere resi pubblici nelle forme e nei modi previsti, atti a garantire la trasparenza nel rispetto della vigente legislazione in materia di protezione dei dati personali. Risultano altresì rafforzati gli obblighi informativi nei confronti del Parlamento in relazione a ciascuna missione, fermo restando il principio ormai consolidato della relazione quadrimestrale dei Ministri degli esteri e della difesa alle competenti Commissioni parlamentari.
      Mi corre infine l'obbligo di segnalare che il Comitato per la legislazione ha espresso un parere favorevole con condizioni e una raccomandazione. Al riguardo le Commissioni hanno ritenuto che le condizioni espresse dal Comitato, pur se condivisibili ai fini della semplificazione e riordino della legislazione vigente nonché della chiarezza e della proprietà della formulazione, non attengono a profili di carattere sostanziale relativi all'applicabilità delle norme e risultano pertanto superabili di fronte all'esigenza primaria di dare stabilità e certezza alla partecipazione italiana alle missioni internazionali mediante una tempestiva conclusione dell'esame del provvedimento entro l'imminente termine di scadenza.
      Quanto alla raccomandazione relativa alla legge quadro sulle missioni internazionali, essa coincide con l'aspirazione unanime delle Commissioni di merito ed è pertanto auspicabile che essa trovi pieno accoglimento. Considerando che analogo sforzo di riforma sta finalmente per concretizzarsi per quanto concerne la cooperazione allo sviluppo in virtù della presentazione del relativo disegno di legge Pag. 32presso il Senato, questo Parlamento è chiamato a un riordino complessivo della componente militare e civile della presenza internazionale dell'Italia nel mondo, che deve vedere coinvolte, con spirito costruttivo, sia le forze di maggioranza che quelle di opposizione, essendo in gioco – lo possiamo dire con forza – l'interesse generale e la faccia del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la IV Commissione, deputato Causin.

      ANDREA CAUSIN, Relatore per la maggioranza per la IV Commissione. Signora Presidente, onorevoli colleghi e illustri rappresentanti del Governo, nel ringraziare il collega, onorevole Andrea Manciulli, per l'esposizione dei profili di competenza della Commissione affari esteri, mi accingo ad evidenziare gli aspetti di pertinenza della Commissione difesa che sono contenuti nel decreto-legge di proroga del finanziamento delle missioni internazionali per il semestre che va dal 1o gennaio 2014 al 30 giugno 2014.
      Desidero innanzitutto sottolineare che la partecipazione italiana alle missioni internazionali si è sempre distinta sia per la consistenza numerica degli uomini e delle donne delle Forze armate coinvolte, sia per l'elevato livello di professionalità e competenza da essi dimostrato in diversi teatri operativi, sia infine per l'assunzione di significative responsabilità sul piano del comando.
      A tal proposito, colgo l'occasione per segnalare con soddisfazione che oltre al comando delle missioni KFOR e UNIFIL 2, tuttora affidate alla guida dei generali Farina e Serra, è andata a buon fine anche la candidatura italiana per la guida della missione EUTM Somalia, affidata al generale di brigata Massimo Mingiardi, che ha assunto il nuovo mandato dal 15 febbraio, secondo quanto stabilito dal Cops dell'Unione europea.
      Voglio in premessa ricordare anche che, così come anche avvenuto nel precedente decreto-legge che ha rifinanziato le missioni per l'ultimo trimestre dell'anno 2013, nel dibattito svolto nelle Commissioni è stato ripetutamente e autorevolmente richiamata l'opportunità che si proceda al più presto alla definizione di una legislazione quadro per le missioni internazionali. Tale disciplina potrà con certezza conferire stabilità ai profili di carattere tecnico-contabile, affrontando così le questioni ad oggi ancora aperte come il tema del codice penale militare in tempo di pace e in tempo di guerra o le differenziazioni nel trattamento economico del personale militare impiegato all'estero e auspicabilmente anche spingersi a razionalizzare il rapporto tra Governo e Parlamento.
      Inoltre, sarebbe essenziale procedere verso l'elaborazione di uno strumento di finanziamento a copertura almeno annuale, nella necessità di conferire così stabilità e prevedibilità allo sforzo italiano nelle missioni internazionali. Indubbiamente un simile intervento potrà conferire maggiore credibilità e autorevolezza all'azione internazionale dell'Italia, dando così modo di valorizzare appieno l'impegno sia in termini di risorse umane che finanziarie che il nostro Paese si è assunto e ha portato avanti con responsabilità e convinzione in questi anni.
      Auspico anche che questo lavoro possa segnare un passaggio il più possibile costruttivo e responsabile ai fini del positivo evolvere della crisi tra Italia e India relativo allo stato di detenzione effettiva in cui versano ancora purtroppo oggi i due fucilieri di Marina Massimiliano Girone e Salvatore Latorre. A tal proposito, è da ritenersi senz'altro apprezzabile l'iniziativa del presidente della Commissione difesa, onorevole Vito, relativa alla presentazione di un nuovo ordine del giorno dopo quello già accolto in occasione dell'esame del precedente decreto-legge, sottoscritto anch'esso da tutti i gruppi parlamentari delle Commissioni esteri e difesa al fine di impegnare il Governo ad assumere tutte le iniziative necessarie per una soluzione rispettosa del diritto internazionale e dei diritti personali e soggettivi dei due marò e del nostro Paese, con il Pag. 33convinto coinvolgimento dell'ONU, della NATO e dell'Unione europea. È così dunque significativo – così come in occasione del precedente ordine del giorno della missione svolta in India dalle Commissioni esteri e difesa della Camera e del Senato, alla quale io ho avuto l'onore di prendere parte insieme ad altri colleghi – che anche l'ordine del giorno rappresenti così plasticamente l'unanimità di intenti di tutte le forze politiche presenti in questo Parlamento impegnate a conseguire il comune e irrinunciabile obiettivo del rientro in Italia dei nostri due militari, con onore e con dignità.
      Mi preme altresì sottolineare come, in linea con gli spunti di riflessione emersi nel corso del dibattito sviluppatesi nel precedente provvedimento di proroga del finanziamento missioni, che il provvedimento in esame rechi un elemento di novità che appare così muovere nella direzione di una razionalizzazione della materia. Mi riferisco alla classificazione delle autorizzazioni di spesa secondo un criterio geografico ai cui i primi tre articoli sono dedicati, rispettivamente alle missioni in Europa, Asia e Africa. Segnalo anche che complessivamente il totale del personale militare ad oggi impiegato ammonta a circa 4.700 unità, con un decremento dell'11 per cento rispetto al 2013, del 27 per cento rispetto al 2012 e del 35 per cento addirittura rispetto al 2011. I costi ammontano ad oggi a 426 milioni di euro, a cui vanno aggiunti circa 117 milioni di euro per le spese assicurative e logistiche. La tendenziale riduzione di spesa dell'impegno italiano non impedisce, tuttavia, di evidenziare il bilancio complessivamente positivo degli interventi sostenuti, in particolar modo nell'area dei Balcani e soprattutto in Libano. Quanto alle singole missioni di cui agli articoli 1, 2 e 3 del presente decreto-legge, rinvio alla relazione illustrata nel corso dell'esame in Commissione in sede referente, che è più dettagliata.
      Segnalo poi, per quanto riguarda le ulteriori disposizioni di interesse della difesa, l'articolo 4, che prende in considerazione i profili assicurativi, logistici e infrastrutturali, la cooperazione civile e militare e il sostegno dell'attività dell'AISE e le cessioni degli equipaggiamenti.
      Gli articoli 5, 6 e 7 riproducono le disposizioni in materia del personale, già disposte dai precedenti provvedimenti di proroga, nonché la consueta disciplina in materia penale e in materia contabile. Con riferimento all'articolo 5, ritengo opportuno evidenziare che nel corso dell'esame del provvedimento al Senato sono stati inseriti i nuovi commi 4-bis e 4-ter, concernenti rispettivamente la permanenza minima di 9 anni, fino al 2018, nel grado di capitano del ruolo speciale in servizio permanente e la modifica della dotazione organica del ruolo di direttori tecnici nei ruoli della polizia di Stato. Scopo della disposizione è, come espressamente indicato, quello di garantire la piena funzionalità della polizia di Stato, in particolare in relazione alle esigenze connesse con le missioni internazionali.
      Desidero poi segnalare il contenuto dell'articolo 11, recante la norma di copertura finanziaria e degli oneri derivanti dalle disposizioni del decreto-legge in commento, ovvero gli articoli 1, 2, 3, 4, 8 e 9, escluso il comma 8, che riguarda la partecipazione alla ristrutturazione del quartiere generale della NATO a Bruxelles, pari complessivamente a euro 619 milioni per l'anno 2014.
      Da ultimo, voglio richiamare che le Commissioni competenti all'espressione dei pareri hanno tutte valutato favorevolmente il provvedimento e che il Comitato per la legislazione ha individuato margini di miglioramento sul piano della semplificazione e del riordino della legislazione vigente, nonché della chiarezza e della proprietà della formulazione legislativa e di ciò si potrà fare tesoro in occasione dell'adozione del prossimo provvedimento di rifinanziamento delle missioni internazionali.
      Alla luce di quanto finora esposto, auspico un sollecito iter di esame di questo provvedimento da parte dell'Aula, atteso l'imminente termine di scadenza del decreto-legge e la necessità imprescindibile di assicurare la dovuta copertura giuridica, Pag. 34finanziaria e anche politica, senza soluzione di continuità all'impegno dei nostri militari che sono impegnati nelle missioni all'estero (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la Commissione affari esteri, Manlio Di Stefano.

      MANLIO DI STEFANO, Relatore di minoranza per la III Commissione. Signor Presidente, noi ci troviamo purtroppo a constatare le stesse criticità che avevamo constatato nell'ultimo «decreto missioni» e torniamo a ribadire anche un concetto che per noi è chiaro ed essenziale, che questo Governo ancora una volta non ha risolto un bel niente. Siamo sempre in condizioni di emergenza e siamo sempre in condizioni di dovere lavorare su un decreto che risolve qualche mese, ma che non fa nulla di strutturale e non ci garantisce alcuna continuità né in cooperazione né in quelle poche, pochissime, missioni che riteniamo veramente utili.
      C’è una netta sproporzione, ancora una volta, tra le risorse finanziarie destinate alle missioni militari – si parla di circa 620 milioni – e quelle destinate alla cooperazione e allo sviluppo. Prendiamo atto di questo fatto. La situazione non è mutata assolutamente e nonostante la battaglia costruzionistica fatta dal nostro gruppo, dal MoVimento 5 Stelle, in occasione della conversione del precedente decreto, non è cambiato pressoché nulla, nonostante le promesse. Io ricordo anche in quella occasione che le promesse erano state tante. Si era parlato di riforma della cooperazione, si era parlato di riforma di legge-quadro sulle missioni, ma nulla di fatto.
      Un'ulteriore contraddizione risiede nello stanziamento di un fondo di 700 mila euro per lo sminamento umanitario (io ne ho parlato anche in Commissione di questa cosa). È ampiamente insufficiente a fare fronte al lavoro necessario in questo campo sui diversi teatri operativi e segna anche una netta contraddizione – ma questa, purtroppo, è tutta italiana – nel fatto che siamo uno dei Paesi che produce le mine antiuomo, le vende in tutto il mondo e poi stanziamo 700 mila euro per togliere le mine antiuomo. Questa è un'assurdità tutta italiana.
      Infine, va evidenziato che molte risorse di cui al presente decreto, ivi incluse quelle stanziate all'articolo 9, commi 5 e 6, che sono quelle a tutela e protezione dei cittadini e degli interessi all'estero, potrebbero essere meglio utilizzate a vantaggio degli istituti italiani di cultura all'estero, che lo stesso sito della Farnesina esalta quali propulsori dell'immagine dell'Italia nel mondo, mentre circa una decina di tali enti viene ad essere soppressa al fine di risparmiare non più di un milione di euro, vale a dire un decimo dell'importo stanziato dal precedente comma.
      Si segnala, in particolare, il caso assai grave della chiusura dell'istituto di cultura di Lione, che potrebbe essere tenuto in vita ove fosse più generalizzato tra i parlamentari il comportamento dei rappresentanti del MoVimento 5 Stelle, che hanno rinunciato a metà degli emolumenti di propria spettanza.
      Questo non è populismo, è un dato di fatto. Si chiudono otto istituti di cultura per risparmiare un milione di euro, noi un milione lo risparmiamo ogni mese tagliandoci gli stipendi. Un'altra segnalazione critica riguarda il comma 2, dell'articolo 4, che autorizza la spesa di 7 milioni di euro per il mantenimento del dispositivo info-operativo dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) a protezione del personale delle Forze armate impiegato nelle missioni internazionali. Pur riconoscendo l'estrema rilevanza dell'operato dei servizi di intelligence a copertura e per la sicurezza nei nostri contingenti, anche soprattutto per ragioni di opportunità legate alla riservatezza delle azioni medesime, di conseguenza anche al loro costo, così come per le precedenti decretazioni, si ritiene che detto finanziamento non dovrebbe trovare posto all'interno di decreti di finanziamento temporali, ma al contrario nelle norme che autorizzano il finanziamento ordinario delle azioni di intelligence, comprendendo ed esplicitando Pag. 35il riferimento a quelle legate alla missioni internazionali. Sostanzialmente, ancora una volta si utilizzano dei decreti che dovrebbero avere un valore emergenziale e, quindi, con determinato lasso di tempo specificato, per risolvere problemi e per mettere soldi laddove, invece, i progetti dovrebbero essere duraturi e persistenti.
      All'articolo 9, comma 2, si prevede un piccolo stanziamento a sostegno dei processi di pace in Africa subsahariana e in centroamerica. Condividiamo chiaramente questo punto, non certamente l'esiguità del finanziamento, che è di appena 2 milioni di euro, e proponiamo di estenderlo anche al faticoso processo di pace in Colombia. Chiaramente capiamo perfettamente che se il Paese intero spende 35 milioni in cooperazione non possiamo che utilizzare le briciole dove realmente serve. Per gli interventi di sostegno ai processi di ricostruzione e di stabilizzazione si potrebbe, inoltre, dare esecuzione alle disposizioni attraverso le previsioni dall'articolo 1, comma 253, della legge 27 dicembre 2013, n.  147, che autorizza in quei teatri l’ impiego dei cosiddetti caschi bianchi. Si tratta di una disposizione – visto che è a costo zero in quanto lo stanziamento è già stato approvato dal Parlamento – che chiediamo sia inclusa nel disegno di legge in esame, con un comma aggiuntivo.
      Infine l'articolo 11, reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni del decreto-legge in esame, pari complessivamente a euro 619.079.091 per l'anno 2014. Quindi, parliamo di 620 milioni – 620 milioni – per qualche mese di missione in una situazione in cui il Paese è in una crisi ben profonda. Va ricordato però che in base alle disposizioni per il bilancio 2014, dopo l'approvazione della Nota di variazione, risultano appostati sul capitolo 3004, relativo alle missioni, 615 milioni di euro, mentre la dotazione finanziaria relativa all'intero anno 2014 è stata praticamente esaurita con il decreto in commento, che copre solo il primo semestre 2014. Il MoVimento 5 Stelle, già in sede di approvazione dei documenti di bilancio relativi all'anno 2014, aveva denunciato detto artificio contabile messo in atto da un Governo il quale, se pur chiamato a predisporre correttamente e con lungimiranza le risorse per il funzionamento dello Stato per l'intero anno e triennio, ha chiaramente pensato di navigare a vista, evidentemente consapevole di non essere il medesimo che si dovrà occupare della copertura finanziaria del secondo semestre dell'anno 2014.
      Vi è un altro punto fondamentale, ovvero ci siamo accorti di una bella differenza dall'ultimo decreto che è quella dello stanziamento di 50 milioni per partecipare alla costruzione dell'edificio della NATO a Bruxelles (se non erro, siamo alla terza tranche). Stiamo dando sostanzialmente centinaia di milioni per costruire un palazzo che costa a preventivo finale un miliardo di euro. Un miliardo di euro per costruire un palazzo della NATO; vi invito di andare a guardare l'immagine di questo palazzo e chiedervi se davvero ci serve fare propaganda con il palazzo della NATO, o se magari, per risolvere i problemi, basterebbe anche un ufficietto normale come quello deve tutti cittadini lavorano, e non un palazzo da un miliardo di euro. Noi contribuiamo con 50 milioni, soldi che potremmo utilizzare per ben altri motivi e obiettivi, ma probabilmente i nostri accordi con la NATO sono ben più forti del diritto dei cittadini italiani.
      Per quanto esposto sopra il MoVimento 5 Stelle rimane critico sull'impostazione del decreto-legge in esame, pur avendo sottolineato positivamente l'innovazione dell'articolato suddiviso in aree geografiche. Noi avevamo chiesto in realtà un'altra divisione, quella per missioni, però si è diviso per aree geografiche. Tuttavia, si auspica l'accoglimento delle proposte emendative presentate al testo in esame, volte a migliorare la ratio del provvedimento. L'abbiamo detto diverse volte: questo Parlamento inizi una volta tanto ad occuparsi dei problemi degli italiani, inizi a tagliare soldi dove si devono tagliare, ovvero nelle missioni finte di pace, che noi chiamiamo di guerra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

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      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la Commissione affari esteri, Gianluca Pini.

      GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza per la III Commissione. Signor Presidente, colleghi, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n.  2 del 2014, che reca l'ennesima proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, delle iniziative di cooperazione allo sviluppo e del sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, a nostro avviso, presenta diversi problemi, sui quali è opportuno promuovere una riflessione, molto, ma molto, approfondita.
      Infatti si tratta in realtà delle stesse questioni di sempre, sulle quali si era cercato di attirare l'attenzione dell'Assemblea della Camera anche in occasione della conversione del precedente decreto-legge, ovvero il decreto-legge n.  144 del 2013, avvenuta pochissime settimane fa.
      Va innanzitutto, a nostro avviso stigmatizzata la circostanza che anche quest'anno sarà necessario ricorrere almeno ad un secondo provvedimento per assicurare la permanenza, fino al prossimo 31 dicembre, delle truppe nei numerosi teatri in cui sono coinvolte. Le missioni infatti non si concluderanno alla fine del primo semestre del 2014 e questo come prova della circostanza che manchino nel provvedimento tanto le previsioni che prevedevano la cessazione di qualche intervento, quanto di fatto, una copertura finanziaria. Continueranno, quindi, anche se non si sa esattamente a quali livelli di forza ciascuna, almeno in termini di previsione.
      La ragione, come dicevo, è certamente di ordine economico-finanziaria, perché le risorse allocate dalla legge di stabilità 2014 e dal Fondo per l'alimentazione delle missioni di pace sono state interamente investite in questo decreto-legge, che è all'esame per la conversione. Si tratta – ricordo – di 614 milioni di euro. Il Governo verosimilmente ne dovrà trovare quindi altrettanti o forse qualcuno in meno o qualcuno in più – ma siamo sempre circa sulla stessa cifra – all'inizio di luglio, ma non si sa bene attingendo a quali cespiti.
      A nostro avviso, in questo modo di procedere, che si è già visto troppe volte in passato, si ravvisa un pericolo importante anche per i soldati dispiegati in aree a rischio, soprattutto quelle ad alto rischio operativo, perché il fatto che non vi sia una continuità certa, ma sia sempre comunque una rincorsa emergenziale, è un segnale che noi diamo all'esterno di assoluta debolezza. Riteniamo, quindi, opportuno sollevare la questione nuovamente, adesso, in occasione dell'esame di questo Atto Camera n.  2149, anche perché appare necessario giungere rapidamente ad una forma più organica di programmazione e di gestione degli interventi oltremare delle Forze armate, possibilmente meno velleitaria e più conforme alle possibilità attuali che ha il Paese. Quindi meno fumo ed un pochettino più di sostanza.
      Programmazione e gestione più ordinata delle operazioni all'estero detterebbero in effetti una più accurata e rigorosa selezione degli interventi, secondo l'effettiva capacità finanziaria di sostenerli nell'arco dell'intero anno, e non solo dei semestri –, tenendo ovviamente conto dell'importanza degli obiettivi perseguibili attraverso il loro svolgimento. Da tempo, del resto, si insiste in Parlamento sull'opportunità di una drastica riduzione degli impieghi e degli impegni, che ponga fine alla loro disordinata moltiplicazione e dispersione, che spesso si traducono in un'inutile parcellizzazione delle iniziative, che accresce le spese senza recare alcun dividendo politico. Non è purtroppo una novità, ma una costante ricorrente nel modo in cui il nostro ordinamento si rapporta all'uso del proprio strumento militare, non di rado ridotto alla stregua di una mera pedina impiegata per mostrar bandiera, senza eccessiva considerazione degli interessi effettivi in gioco, della loro importanza relativa e del rapporto costo-benefici insito in ogni scelta di impiego.Pag. 37
      Il decreto-legge di cui è chiesta la conversione in quest'Aula non si distacca purtroppo da questa tradizione, così come quello precedente. È stata quindi persa un'altra preziosa occasione per avviare una sorta di spending review anche in questo campo, cosa della quale ci si rammarica mentre si prende cognizione dell'ampiezza dei tagli che stanno per abbattersi su strutture essenziali dello Stato, come quelle che tutelano la sicurezza dei cittadini nella loro vita di tutti i giorni.
      L'insieme degli interventi rinnovati fino alla fine di giugno è rimasto obiettivamente impressionante e – ripeto – molto, molto parcellizzato e spesso e volentieri noi riteniamo anche inutile in questa parcellizzazione, anche se è vero che si osserva una contrazione degli uomini e delle donne inviati all'estero, per la verità concentrata nella missione afgana.
      Come evidenzia la stessa struttura del provvedimento all'esame, ci sono ancora molti militari in Africa, in Asia, in Europa, oltre che nel Mediterraneo, nel Mar Rosso e nell'Oceano Indiano. Il quesito se non si stia per caso esagerando, quindi, non è assolutamente fuori luogo, anche per – torno a ripetere – l'effettiva capacità di questo Paese in questo momento di sostenere tutta questa serie di missioni internazionali.
      In taluni casi, si tratta di presidi pressoché insignificanti dal punto di vista tecnico-operativo. Si pensi ai 14 uomini inviati sotto due insegne differenti nei territori dell'Autorità Nazionale Palestinese o ai 4 osservatori attribuiti alla forza ONU a Cipro, o, ancora, ai 4 militari – 4 militari – che partecipano alla EUMM Georgia, avviata già nel lontano 2008, o ai 5 conferiti in Bosnia Erzegovina, forse utili solo a raccontarci cosa sta accadendo nelle municipalità di quello sfortunato Paese. La domanda è sempre la stessa, rappresentanti del Governo: servono davvero ? Cosa portano in termini concreti al Paese, a questo Paese e ai Paesi in cui questi pochi uomini, che però costano tanto alle nostre casse, operano ?
      Poi, ci sono le operazioni di maggior importanza, certamente. Si considerino, in particolare, l'ISAF e le missioni accessorie che vedono unità delle Forze armate impegnate nel difficile compito di stabilizzare l'Afghanistan.  All'origine, la loro partecipazione a questo sforzo rappresentava uno dei contributi più significativi dati alla grande campagna contro il terrorismo transnazionale, soprattutto di matrice jihadista, cioè quella avviata dopo i fatti dell'11 settembre. Ma il senso della missione internazionale è nel frattempo assolutamente e profondamente mutato, così come sono mutati gli orientamenti generali dell'amministrazione statunitense, anche per un fatto di susseguirsi di diversi Presidenti. E merita di chiedersi se davvero valga ancora la pena di mantenere sul suolo afgano migliaia di soldati – ricordo, 2.250 attualmente, 500 mezzi terrestri, 29 aeromobili ancora al seguito –, oltretutto mentre è in atto un ritiro che coinvolge molti importanti alleati, anzi direi la stragrande maggioranza.
      Noi non ci stiamo ritirando, Ministro. Noi non ci stiamo ritirando, anzi siamo nella west region, siamo di fatto la forza predominante. Quindi, ci può raccontare di tutto, signor Ministro, tranne che ci stiamo ritirando. Almeno abbia l'accortezza di non venire qui a raccontare bugie. Come le dicevo, molti importanti alleati si stanno ritirando, alcuni dei quali, Francia e Paesi Bassi, hanno già lasciato il tormentato Paese centro-asiatico.
      L'interrogativo circa l'opportunità di andare avanti è reso adesso anche più urgente dalla circostanza che in Afghanistan non sanno più apparentemente cosa fare neanche gli Stati Uniti, in bilico come sono tra la tentazione del rimpatrio completo delle loro truppe e l'ipotesi di forme di presenza comunque molto leggera e, comunque, totalmente diverse da quelle che noi continuiamo a prevedere con questo decreto-legge.
      L'opinione pubblica merita nel frattempo di sapere che nelle aree già restituite alla responsabilità delle forze di sicurezza afghane la guerriglia la fa ormai da padrona. Quindi, oltre alla beffa, il danno di non essere riusciti assolutamente a dare una stabilizzazione, cioè non si è Pag. 38colto l'obiettivo. È accaduto sia a Bala Murghab che nel Gulistan, tenuti al prezzo di un pesante tributo di sangue del tutto vanificato, e non passa giorno senza che dalla regione occidentale afgana giungano cattive notizie sotto il punto di vista della sicurezza locale. Lo stesso governatore di Herat, un tempo la città più sicura dell'intero Afghanistan, ha dovuto gettare la spugna, abbandonando il proprio incarico. Di tale, triste situazione, una delegazione parlamentare, della quale io facevo parte, ha potuto direttamente rendersi conto, visitando Herat nello scorso autunno, proprio nel giorno in cui veniva attaccato il locale consolato statunitense.
      Signor Presidente, visto che i tempi per la relazione di minoranza sono esauriti, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

      PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la Commissione difesa, deputato Luca Frusone.

      LUCA FRUSONE, Relatore di minoranza per la IV Commissione. Signor Presidente, colleghi, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n.  2 del 2014 reca l'ennesima – e sottolineo, l'ennesima – proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione e pone ancora una volta problemi sui quali è opportuno promuovere una riflessione approfondita.
      Innanzitutto, come è stato in altre occasioni sottolineato, va stigmatizzata la mancanza, ancora una volta, di una legge quadro che disciplini la partecipazione dei contingenti militari italiani all'estero nelle missioni internazionali di pace in maniera organica, generale e coerente, al fine di evitare le gravi disfunzioni ed incongruenze che ancora una volta andiamo a riscontrare in un provvedimento di questo tipo. Anche perché – parliamoci chiaro – questo decreto è palesemente incostituzionale. Dov’è l'urgenza, se in alcuni scenari noi siamo lì da decenni ?
      A tal proposito, voglio segnalare che lo scorso 15 gennaio è iniziata, nelle Commissioni congiunte esteri e difesa, l'iter delle proposte di legge in tal senso. Rivendichiamo con forza il diritto di valutare, per ogni missione, se, quanto e come contribuire, nel pieno rispetto del precetto costituzionale del ripudio della guerra e degli impegni internazionali per la stabilizzazione della pace, che vedono protagonista il nostro Paese, di concerto con la comunità internazionale. Un diritto che ad oggi risulta di difficile attuazione di fronte ai tempi ed alle modalità con cui, seguendo ormai una prassi consolidata, si affrontano le periodiche proroghe delle missioni internazionali.
      L'utilizzo dello strumento del decreto-legge impedisce di fatto un'analisi accurata ed una deliberazione consapevole. Come ho già ricordato, il richiamo ai requisiti di necessità ed urgenza per l'ennesima proroga delle missioni sembra a dir poco azzardato, vista la natura periodica e pertanto assolutamente prevedibile delle esigenze legate alle missioni internazionali, nonché la natura politica del provvedimento in esame.
      Il decreto-legge in esame, rinnovando una delle peggiori consuetudini che si trascina da diverse legislature, ancora una volta inserisce, in maniera assolutamente irragionevole e dannosa, in un unico provvedimento tutte le missioni, in alcuni casi molto diverse tra loro, impedendo in sostanza al Parlamento di valutarle singolarmente in tutte le loro accezioni ed incidenze prima di deliberare.
      Un altro discutibile modo di procedere poi riguarda lo stanziamento di risorse per il rifinanziamento delle missioni. Infatti, anche per questo decreto si continua con la pratica dello spezzettamento. Complessivamente vengono stanziati 619 milioni di euro a valere sui primi sei mesi del 2014, ovvero l'intera dotazione finanziaria relativa all'intero 2014 prevista con la legge di Pag. 39stabilità. Arrivati a giugno, si dovrà dunque necessariamente fare una consistente variazione di bilancio per attribuire nuove risorse per i successivi sei mesi. In poche parole, già abbiamo speso tutto quello che prevedevamo di spendere a dicembre.
      Da un punto di vista formale, va sottolineato che gli articoli 1, 2 e 3 del decreto-legge classificano le autorizzazioni di spesa secondo un criterio geografico (Europa, Asia, Africa), innovando, anche se di poco, rispetto al precedente provvedimento, che contemplava le diverse autorizzazioni di spesa nei 25 commi dell'articolo 1. Almeno un piccolo passo, anche se nell'atto pratico non cambia nulla, è stato fatto. Questa pur positiva divisione per aree geografiche delle missioni, infatti non risolve il problema di una libera espressione del voto parlamentare, insistendo diverse missioni nella stessa area, ma avendo finalità obiettive diverse tra di loro.
      L'auspicio è che si possa al più presto riprendere l'iter di esame della legge quadro sulle missioni internazionali, in modo da evitare di tornare a discutere, come nella circostanza attuale, di una situazione che si limita a definire se dare o meno un finanziamento a determinati interventi.
      Le cinque modifiche introdotte nel corso dell'esame in prima lettura al Senato hanno riguardato gli articoli 3 (Africa), 5 (disposizioni in materia di personale), 8 (iniziative di cooperazione allo sviluppo) e 9 (sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione), tre delle quali già frutto dell'impegno, nel corso dell'esame del precedente decreto trimestrale, del MoVimento 5 Stelle alla Camera dei deputati e riproposte di nuovo presso l'altro ramo del Parlamento.
      A tal proposito, risulta incomprensibile che un altro emendamento, sempre accolto dal Governo nel precedente decreto, riguardante l'impiego di personale civile oltre che militare, riproposto anch'esso al Senato, stavolta non abbia ottenuto il via libera del Governo. In poche parole, abbiamo fatto un passo indietro rispetto al decreto che abbiamo approvato l'ultima volta.
      Nel merito del provvedimento in esame, l'articolo 1, quello che riguarda l'Europa, si riferisce delle missioni nei Balcani, a Cipro e nel Mediterraneo. Su quella relativa alla permanenza di 4 militari all'interno della missione «ONU Cipro» rimangono alcune perplessità.
      Infatti il timore è che la pigra reiterazione di questa missione sia un modo per la comunità internazionale di lavarsi la coscienza, non mettendo in atto tutte quelle iniziative diplomatiche necessarie per una rapida e definitiva riunificazione dell'isola, la cui divisione, oggi più di ieri, è anacronistica, atteso che anche la Turchia ha chiesto di entrare nell'UE.
      Se, come ci è stato riferito, la missione ONU a Cipro sta cambiando natura, ovvero è usata come retrovia organizzativa per la missione UNIFIL in Libano e per quella dell'OPAC per la distruzione delle armi chimiche in Siria, allora sarebbe più corretta l'emanazione di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza, che stabilisca alla luce del sole i nuovi compiti e funzioni della missione stessa.
      Ma è soprattutto rispetto alla missione Active Endeavour che il MoVimento 5 Stelle ha posto, in sede referente, nelle Commissioni riunite, la questione di destinare il finanziamento stanziato per questa missione a quella nota come Mare nostrum recentemente avviata, al fine di scongiurare i tragici naufragi dei barconi di migranti nel canale di Sicilia, in considerazione del fatto che la prima appare sostanzialmente sovrapponibile a quest'ultima, e che si trascina da troppi anni.
      Per quanto riguarda l'articolo 2, quello riguardante l'Asia, va sottolineato che la guerra in Afghanistan ha prodotto una destabilizzazione di tutta quell'area, rafforzando l'odio verso l'Occidente e potenziando il fondamentalismo islamico e terroristico. La fallimentare partecipazione italiana a questa invasione è stata, dal punto di vista del diritto internazionale, del tutto illegittima, avendo lo scopo di infliggere una punizione collettiva al popolo Pag. 40afgano, nonostante fosse provato che gli attentatori dell'11 settembre 2001 erano tutti cittadini dell'Arabia saudita. La storia di questi decenni nell'Afghanistan ha sempre dimostrato che l'invasione militare straniera – quella dell'Impero britannico, quella sovietica e, infine, quella della NATO – non ha mai portato soluzioni, ma solo aggravato la situazione della popolazione e contribuito a rendere endemico il conflitto armato.
      Inoltre, il confine tra l'intervento di pace e l'azione di guerra è così sottile da renderne indistinguibile la stessa natura. È opportuno ricordare che accettare un intervento non soltanto come strumento di offesa alla libertà dei popoli, come sancito dall'articolo 11 della Costituzione, ma anche come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali o, forse, commerciali conduce, de facto, al superamento di questi principi costituzionali.
      Occorre, insomma, al più presto invertire questa tragica situazione, conferendo nelle mani del popolo afgano il proprio destino e ritirando al più presto le nostre truppe da quel Paese.
      Sull'articolo 3, quello riguardante l'Africa, risultano particolarmente evidenti due criticità riguardanti i commi 3 e 4. A proposito della missione in Libia, una delle osservazioni da fare è che, a parte quanto previsto dai primi due commi di questo articolo – impiego di personale militare e di polizia per assistenza, supporto e formazione sotto il cappello dell'Unione europea –, poi, vi interveniamo secondo il comma 3, in forza del famigerato Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra il nostro Paese e quello che ancora rimane formalmente uno Stato, ancorché in piena confusione politica, economica e sociale.
      Nella fattispecie, tale comma autorizza la spesa di 3.604.700 euro per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alle missioni in Libia per garantire la manutenzione ordinaria delle unità navali cedute dal Governo italiano al Governo libico e per lo svolgimento di attività addestrative del personale della Guardia costiera libica. Ma, a differenza delle missioni finanziate con i primi due commi, queste sembrerebbero non avere lo stesso «cappello internazionale» di cui sopra, anzi, al contrario, dal tenore letterale della disposizione, sarebbe disposta quale attuazione del citato Trattato di cooperazione tra Italia e Libia, prevedendo un contingente di trenta unità.

      PRESIDENTE. La invito a concludere.

      LUCA FRUSONE, Relatore di minoranza per la IV Commissione. A nostro avviso, il Trattato è da ritenersi sospeso, come in più occasioni ha dichiarato anche l'ex Presidente del Consiglio Monti. Infatti, la politica di respingimento dei migranti – che aveva già procurato vere e proprie tragedie umanitarie ai tempi della dittatura di Gheddafi – è di fatto, oggi, «appaltata» alle milizie paramilitari ed è all'origine di tragedie come quella nave dei bambini, affondata dopo essere stata mitragliata da unità libiche a largo di Lampedusa, il 3 ottobre 2013.
      Non ci sono garanzie che le forze armate libiche – regolare o irregolari poco importa, vista l'attuale confusione politica che regna in quel Paese – agiscano seguendo standard del rispetto dei diritti umani e dei diritti dei rifugiati.
      Per quanto riguarda il quarto comma, il MoVimento 5 Stelle ritiene opportuno rivedere la partecipazione anche alla missione Ocean Shield in funzione antipirateria e ciò al fine di dare un segnale forte all'autorità indiana sulla volontà del nostro Governo di non recedere dalla nostra posizione nell'ambito della vicenda dei due marò.

      PRESIDENTE. Deve concludere.

      LUCA FRUSONE, Relatore di minoranza per la IV Commissione. Tra l'altro, il fenomeno della pirateria si è praticamente azzerato anche per il ricorso a rotte meno rischiose e, quindi, è da considerare almeno la riduzione della partecipazione italiana alle missioni antipirateria, soprattutto...

Pag. 41

      PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

      LUCA FRUSONE, Relatore di minoranza per la IV Commissione. Concludo subito, signora Presidente. Concludo con l'ultima missione, quella ad Hebron; noi evidenziamo la contraddizione tra mandare degli osservatori a tutela della popolazione palestinese e proseguire, al contempo, l'intensa attività di commercio di armi e di collaborazione militare tra l'Italia e lo Stato di Israele, tuttora responsabile di gravissime violazioni del diritto internazionale nell'occupazione dei territori palestinesi.

      PRESIDENTE. Deputato Frusone, deve concludere.

      LUCA FRUSONE, Relatore di minoranza per la IV Commissione. Concludo velocemente dicendo che, come ha spiegato già largamente il mio collega Manlio Di Stefano, pochissimi fondi sono destinati alla cooperazione, di cui vi riempite la bocca, ma questo decreto-legge è semplicemente un «copia e incolla» di quelli passati.

      PRESIDENTE. Deputato Frusone, se vuole, anche lei, come il deputato Pini, può consegnare il testo scritto, se non è riuscito a leggerlo tutto.
      Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Se intende, non è obbligato...

      LAPO PISTELLI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signora Presidente, non siamo obbligati e, quindi, coglieremo questa occasione per fare sinteticissimi rilievi, anche perché, questo è vero, purtroppo il dibattito si ripete, peraltro ad Aula vuota, in condizioni assolutamente identiche a quanto è accaduto pochi mesi fa, a fine anno. Quindi, potrei quasi dire che rinvio alle considerazioni svolte in quella sede, tre mesi fa, proprio replicando alla fine dell'illustrazione da parte dei relatori di maggioranza e di minoranza.
      Come dicevo prima farò sintetiche considerazioni, sono veramente quattro telegrammi: il primo è che il Governo ribadisce l'importanza per il nostro Paese di una assunzione di responsabilità negli scenari di maggior crisi, e questo lo dico a prescindere dalla collocazione, al Governo o all'opposizione, delle forze politiche che variamente si sono alternate nel corso degli ultimi, direi a questo punto, venti anni.
      L'Italia ha iniziato, nei primi anni Novanta, una massiccia partecipazione alle missioni militari internazionali sotto diverso cappello, sotto il cappello delle Nazioni Unite, sotto il cappello NATO, sotto il cappello Unione europea, e devo dire che questo è stato, in tempi anche molto difficili per il nostro Paese, un modo per costruire, o ricostruire, un profilo internazionale all'altezza delle ambizioni del Paese.
      Io credo che sia e dovrebbe essere ragione di orgoglio per questo Parlamento, a prescindere dalle differenze di partito o di gruppo, il fatto che l'Italia, coerentemente con i propri principi costituzionali e con il proprio commitment multilaterale, è oggi il primo contributore in termini di peacekeeping alle missioni delle Nazioni Unite, il settimo contributore in assoluto al bilancio dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e vede, non soltanto in questa partecipazione diretta, ma nell'aiuto presso altre organizzazioni internazionali – penso agli sforzi di peacekeeping sotto ownership africana all'interno del quadro Unione Africana – uno dei propri pilastri di politica estera.
      Questione che dovrebbe, lo ripeto, essere ragione di unità nazionale e di consenso bipartisan mentre, se non è dovuto, questo tipo di atteggiamento, magari da parte del MoVimento 5 Stelle recentemente arrivato in Parlamento, mi stupisco quando il mio amico collega Gianluca Pini, che ha fatto parte di maggioranze che hanno sottoscritto impegni e mantenuto impegni nel corso dell'ultimo decennio, in qualche modo solleva invece obiezioni su Pag. 42questa modalità di partecipazione dell'Italia alle proprie responsabilità internazionali.
      Seconda nota molto telegrafica: non è vero che i decreti-legge si succedono con il principio del «copia e incolla», ribadendo, a numeri costanti, la partecipazione alle medesime missioni, e che basterebbe metterli in sequenza. Chi ha maggiore anzianità parlamentare – e si ricorda quando questi decreti avevano addirittura una validità trimestrale, e dunque affronta questo dibattito magari per la sessantesima volta nel corso degli ultimi dieci, quindici anni – sa che complessivamente l'impegno del nostro Paese, in ragione della crisi economica, si è sostanzialmente più che dimezzato, e si è più che dimezzato non soltanto in ragione delle necessità economico-finanziarie, ma anche perché, di volta in volta, sono stati adottati criteri di valutazione differenti, mano a mano che cambiavano gli scenari di crisi. Questo ci ha spinti a disimpegnarci gradualmente o a ridurre gradualmente il nostro impegno in aree che si stanno via via stabilizzando – (penso ai Balcani occidentali); ci ha spinto ad adeguare il nostro modello di partecipazione in scenari di crisi più complessi come quella afgana, e ci ha spinti, invece, a entrare in nuove aree di cooperazione internazionale come quelle, ad esempio, relative alle missioni antipirateria.
      Non è vero, dunque, che noi ci muoviamo secondo logiche del «copia e incolla»; cambiano le crisi, cambiano i livelli di responsabilità, cambia anche il tipo di impegno che il nostro Paese assume.
      Ribadisco, a nome del Governo, un totale, come dire, dissenso rispetto alle considerazioni svolte dal relatore di minoranza del MoVimento 5 Stelle per la Commissione difesa sulla valutazione data sul conflitto afgano. Immaginare che l'intervento della comunità internazionale, che fu forte del consenso, se non ricordo male, di oltre 180 Paesi, sia configurabile come l'invasione di un Paese mi fa pensare che nell'originale pantheon del MoVimento 5 Stelle il regime talebano godeva di particolare considerazione; quel medesimo regime che lapidava le donne nello stadio di calcio la domenica e impiccava alla traversa dalla porta coloro che non rispettavano la sharia.
      Francamente mantengo, a nome del Governo, ma credo di una vastissima maggioranza parlamentare, un giudizio tutt'affatto diverso rispetto alle ragioni che hanno portato la comunità internazionale ad essere presente in Afghanistan e che la tengono ancora oggi presente nel tentativo di stabilizzarlo ora che l'impegno militare va a decrescere.
      Una penultima considerazione sulle cosiddette missioni minori, che sono state oggetto di diversi commenti da parte dei relatori intervenuti. Il Governo ritiene che sia un errore pensare che a piccoli numeri, e quindi a piccole partecipazioni in una pluralità di missioni, corrisponda scarso rilievo o poca responsabilità; non è così. Anzi, vi è da dire che nel corso dell'ultimo ventennio proprio la presenza italiana all'interno di numerose e piccole missioni di osservazione, perché piccoli sono i numeri complessivi, ha permesso in realtà un investimento a livello di ufficiali delle Forze armate in contesti internazionali che è stato utile per le missioni in sé e molto formativo per coloro che hanno potuto ruotare in queste missioni. Questo ha permesso, su un piano più sistemico e strutturale, una maggiore europeizzazione e internalizzazione della formazione dei nostri operatori militari. Quindi, un fattore di investimento sulle persone.
      Da ultimo, ed è proprio una nota a piè di pagina, sono state svolte dall'onorevole Di Stefano alcune considerazioni sulle mine antiuomo che sono francamente out date. Nel senso che non soltanto il nostro Paese non le produce più, e non le produce più da tempo. È vera la situazione che l'onorevole Di Stefano denunciava, ma bisogna ritornare indietro agli anni Ottanta; anzi, oggi il nostro Paese, grazie a una battaglia parlamentare che fu fatta, tre legislature fa, dall'onorevole Francesca Chiavacci e che portò al bando delle mine antiuomo, è in prima fila nella battaglia sul bando delle mine antiuomo, che ha visto il nostro Paese fare ancora di più e Pag. 43cioè essere un Paese che coerentemente ha messo in atto una serie di politiche per smantellare sostanzialmente l'apparato produttivo italiano che si occupava di mine antiuomo.
      Quindi, non soltanto una coerenza sul piano dei principi umanitari nelle sedi internazionali ma anche scelte conseguenti sul piano delle politiche industriali all'interno del nostro Paese. Mi verrebbe perfino da dire che il nostro Paese oggi è all'avanguardia sul fronte esattamente opposto: non soltanto, ha messo al bando le mine antiuomo non soltanto è impegnato nell'azione di sminamento umanitario, ma neanche le produce più. E dunque siamo veramente sul fronte esattamente opposto a quello che l'onorevole Di Stefano stava descrivendo.
      Il Governo ribadisce invece, per concludere, una disponibilità, che è quella di collaborare insieme al Parlamento per la scrittura di una legge quadro. È evidente che siamo davanti a un decreto di proroga: proroghiamo un nostro impegno da vent'anni e non può che essere così, salvo che non si stabilisca per legge che una missione militare durerà per ora e per sempre.
      Quindi, è ovvio che queste missioni sono soggette a revisione periodica; c’è l'interesse da parte del Governo e la volontà di collaborare con le Commissioni esteri e difesa per la scrittura di una legge quadro. Chiaramente, gran parte della ownership della scrittura di una legge-quadro, avendo noi partecipato alla vita politica di questo Parlamento, anche da fronti diversi e in condizioni diverse, è innanzitutto, come dire, iniziativa di tipo parlamentare, cioè deve vedere una dinamica e un dinamismo da parte dei gruppi politici. Il Governo non soltanto non ha niente in contrario ma sarebbe ben lieto di poter partecipare alla scrittura di una legge-quadro che ci permetta di non ripetere, in modo stanco e, ahimè, ad Aula vuota, un dibattito su profili e questioni che in realtà sono assolutamente nel cuore dell'interesse nazionale.

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lia Quartapelle Procopio. Ne ha facoltà.

      LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Signor Presidente, oggi discutiamo del decreto che autorizza la spesa per le nostre missioni all'estero nel primo semestre del 2014. È un provvedimento importante perché definisce una parte, quella dedicata alla sicurezza, che è cruciale nella nostra proiezione internazionale e per i nostri impegni in sede multilaterale, come ribadito dai relatori per la maggioranza e dal rappresentante del Governo.
      È un decreto che in parte raccoglie le legittime osservazioni, come diceva il relatore Manciulli, venute dall'opposizione nel corso della discussione sul precedente decreto missioni.
      Il decreto, infatti, è stato organizzato in articoli con una divisione geografica, cosa che permette di inquadrare in modo più efficace l'impegno italiano nei teatri dove è richiesto un intervento di peacekeeping. È, però, evidente – come ribadito dalla maggior parte degli interventi prima di me – che l'approvazione della legge-quadro sulle missioni internazionali, già incardinata alla Camera, potrà aiutare davvero nel concreto a dare una cornice più stabile e chiara per l'autorizzazione di ciascuna missione internazionale.
      Come Partito Democratico, ci impegniamo affinché questo provvedimento – che, insieme alla legge di riforma della cooperazione, è la vera riforma che la presenza internazionale dell'Italia può avere da questa legislatura – inizi a breve ad essere discusso in Commissione.
      Per quanto riguarda i punti del decreto di competenza della Commissione affari esteri, questi sono, a mio giudizio, gli elementi qualificanti: in primo luogo, dal decreto emerge chiaramente la geografia del nostro impegno. A fianco di teatri in cui siamo presenti in modo consistente da anni, come l'Afghanistan, dove alla fine del 2014 le forze internazionali passeranno il comando alle forze afgane, il Libano, dove abbiamo una responsabilità con il comando della missione Unifil, i Balcani, si Pag. 44va delineando una crescente importanza della fascia sahariana dell'Africa come frontiera strategica per l'Italia e l'Europa, ed è per questo che l'impegno italiano nell'area va crescendo.
      La fascia sahariana dell'Africa, già area di conflitti decennali – si pensi all'instabilità sudanese e alle difficili vicende somale, che hanno avuto come effetto collaterale l'esplosione del fenomeno pirateria –, è da sempre terra di confine tra Africa araba e Africa cristiana, è luogo di passaggio di uomini, armi e altri traffici illegali. È un'area, però, che è diventata sempre più fragile a fronte delle conseguenze regionali di quanto avvenuto durante la primavera araba e merita, quindi, attenzione e presenza.
      Nei prossimi sei mesi confermiamo, quindi, l'impegno italiano in Mali, Libia, Somalia, nel Mediterraneo e nelle missioni antipirateria dell'Oceano Indiano. In Libia, in particolare, in virtù dell'incarico informale conferito dal G8 del 2013, l'Italia ha una responsabilità per la ricostruzione delle istituzioni e della vita democratica e civile del Paese, impegno che intende portare avanti, sia attraverso la componente civile, come confermato anche dal Ministro Mogherini durante la Conferenza internazionale tenutasi il 6 marzo scorso a Roma, sia attraverso il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio e dei suoi confini da parte delle autorità nazionali libiche.
      Anche l'impegno italiano in Somalia va nella stessa direzione; in particolare, con la missione EUTM Somalia – di cui l'Italia, come ricordava il relatore della Commissione difesa ha da poco assunto il comando – si intende rafforzare le forze di sicurezza somale attraverso una specifica formazione, affinché esse possano operare al servizio di cittadini somali.
      Ci auguriamo che anche il Governo Renzi, a fronte di un così strutturato e articolato impegno italiano per la sicurezza in Africa, vi affianchi una rinnovata iniziativa politico-diplomatica nella regione, come già prefigurato dall'iniziativa Italia-Africa, iniziata durante il precedente Governo.
      Il secondo punto è che il decreto conferma l'attenzione per la cooperazione internazionale e la volontà di riallineare l'Italia agli impegni presi in sede multilaterale. Il dispositivo, infatti, stanzia 34 milioni di euro per iniziative di cooperazione internazionale. Queste risorse si aggiungono ai 181 milioni di euro previsti nella legge di stabilità per la cooperazione bilaterale e ai 60 milioni di euro annui destinati al Fondo di rotazione per le imprese. Queste sono risorse che proseguono il trend del 2013 di riallineamento dell'Italia agli impegni internazionali assunti in merito agli aiuti allo sviluppo. Sono risorse che andranno a finanziare degli interventi per migliorare le condizioni di vita della popolazione dei rifugiati in Afghanistan, Pakistan e Iraq, in Libia, Mali, Somalia, Sudan e Sud Sudan, in Myanmar e Siria, e nei paesi confinanti nel caso dei rifugiati.
      Infine, come terzo punto qualificante, segnalo che tra gli impegni dell'Italia per contribuire allo sforzo delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e stabilizzazione, a fianco di contributi allo United nations system staff college di Torino e ai contributi e ai fondi fiduciari della NATO e delle Nazioni Unite, si riafferma l'impegno italiano per le attività dell'organizzazione per la proibizione delle armi relative alla distruzione dell'arsenale chimico siriano. È questo un impegno reale per la più grande operazione di disarmo degli ultimi dieci anni, un'operazione che sta incontrando difficoltà che sono responsabilità del regime siriano, ma alle quale non deve venire meno il nostro sostegno, sia operativo che diplomatico e politico.
      Sono, quindi, questi, tre elementi qualificanti di un provvedimento che per noi è una delle chiavi per delineare la nostra presenza internazionale. Ci auguriamo che questa presenza venga resa più efficace in quanto più continuativa, da un lato con l'approvazione, appunto, della legge-quadro sulle missioni e, dall'altro lato, con la riforma della legge sulla cooperazione internazionale.

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      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cicu. Ne ha facoltà.

      SALVATORE CICU. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, è chiaro che assicurare il nostro apporto alle missioni internazionali è anzitutto un atto di interesse del sistema nazionale, soprattutto per la difesa e la sicurezza della nostra comunità, e non solo perché garantisce appunto la sicurezza ma perché rafforza una gestione multilaterale e rafforza anche la possibilità di una cooperazione che guarda ad un sistema complessivo rispetto all'importante, autorevole, esperta partecipazione.
      Non credo che vi sia alcun «copia e incolla». Tuttavia, la fase che stiamo attraversando ancora oggi in termini di approfondimento e di discussione di una materia così delicata e così importante vede l'assenza dei colleghi in Aula, mentre poi ci spertichiamo nel ricordare che manca un approfondimento, manca un dibattito, manca una verifica, manca una valutazione, manca un processo di determinazione decisionale che veda il Parlamento coinvolto. Credo che questa sia la fotografia che sintetizza la situazione vera e certa di un percorso che avrebbe però bisogno di altri strumenti. Ce lo diciamo da anni, ce lo ricordiamo ogni volta che ne abbiamo la possibilità, ce lo riconfermiamo progressivamente, e cioè il richiamo alla legge-quadro, da una parte, e al Libro bianco della difesa: due strumenti fondamentali, che credo sia improcrastinabile oramai definire, cercare di individuare come prospettiva per una discussione più efficace.
      È chiaro che Forza Italia non ha dubbi, in piena continuità con le nostre politiche, con le politiche dei nostri Governi ma anche con la politica che, nel ruolo di opposizione, noi abbiamo sempre manifestato, anche non utilizzando strumentalmente alcune situazioni in cui potevamo inserirci per indebolire i Governi di centrosinistra precedenti. Noi abbiamo sempre tenuto una linea di continuità. Noi ci crediamo. Crediamo cioè nel ruolo di primo piano della nostra politica estera e della nostra politica di difesa.
      Il rifinanziamento delle missioni all'estero è dunque per noi un dovere e un atto dovuto, soprattutto come messaggio. Noi abbiamo degli uomini e delle donne che rappresentano il sistema Italia e lo rappresentano con la capacità di essere veramente sistema all'estero e di essere veramente considerati competenti, valutati come primi riferimenti di un progetto che non vede solo la divisa militare, che è l'orgoglio di una nazione, ma vede la capacità dei nostri militari, del nostro sistema della difesa e della cooperazione internazionale valutata e verificata per essere pronta ad affrontare quei pericoli che in quei teatri esistono, ma soprattutto per superarli con la capacità non solo diplomatica ma culturale rispetto al rapporto con le problematiche esistenti nei luoghi in cui noi ci troviamo.
      Allora, ritengo che questo debba essere un patrimonio da non disperdere e vi prego, quindi, di non considerare strumentale il mio richiamo a due casi specifici in maniera particolare: uno è quello dei marò; questa situazione, che vede prigionieri in India due nostri fucilieri, non può essere considerata strumentale rispetto alla premessa che ho fatto. La comunità internazionale è rimasta a lungo alla finestra con solleciti deboli, con mancanza di visione e di chiarezza rispetto alla nostra posizione. Ritengo che un Governo tecnico sia stato responsabile di un pasticcio soprattutto nelle fasi iniziali del problema, che oggi ci troviamo drammaticamente ancora a cercare di gestire e che ha avuto inizio più di due anni fa.
      Questo è il momento di dare un segnale di unità, di forza, di credibilità e di autorevolezza ma soprattutto di fermezza davanti alla comunità internazionale, ancor prima che davanti all'India che, come sappiamo, è attraversata da una folgorante campagna elettorale e che, quindi (detto tra virgolette), dovrà, anche in maniera strumentale forse (io spero di no), utilizzare Pag. 46questa situazione per cercare di attirare a sé consensi rispetto alle diverse posizioni.
      La politica italiana con la missione bipartisan a Nuova Delhi ha dato il giusto segnale ma ora è necessario appellarsi ad un sistema internazionale, al diritto internazionale e alla palese violazione di diritti in termini giuridici e normativi ma anche di diritti umani nei confronti dei nostri soldati, dei nostri marò che non possono essere trattati e gestiti in questo modo. So comunque della sensibilità che il Ministro e il Governo hanno in questo tipo di valutazione e quindi il mio non è certamente un richiamo di chissà quale tipo; è un ragionamento, una riflessione che, come Forza Italia, ci sentiamo di svolgere per il contributo che abbiamo dato e che possiamo dare, anche con le iniziative della Commissione difesa, in prima linea con il nostro presidente della Commissione difesa, l'onorevole Elio Vito, che si sta dedicando, con impegno e continuità, rispetto a questo tema. Essendo componente della Commissione difesa, vivo questo tipo di effetto traino e trascinamento ulteriore in ordine a questo aspetto.
      Quindi, crediamo fermamente, ricollegandomi appunto a questo operato, che la predisposizione e la votazione unanime di un ordine del giorno da parte della Camera sia fondamentale per ribadire come la soluzione della vicenda dei marò coinvolga tutto il nostro Paese. Quindi è un segnale del Parlamento ma è un segnale che rimettiamo al Governo affinché ancora meglio e di più capiscano che nessuno vuole esimersi, nessuno si tira indietro rispetto ad un problema che per noi è fondamentale e centrale.
      Quindi, il provvedimento al nostro esame è in linea con la politica estera dei nostri precedenti Governi ma dobbiamo evidenziare ancora una volta che ci sono delle storture che riguardano il ritardo anche in questo caso di quindici giorni rispetto all'emanazione del provvedimento, storture che per questi quindici giorni comunque hanno lasciato il nostro personale militare all'estero in mancanza di norme specifiche, soprattutto con riferimento all'applicazione del codice penale militare di guerra. Questo provvedimento riguarda 26 missioni e 7.000 persone, tra donne e uomini delle nostre Forze armate, e non è possibile che ci possano essere vacatio legislative. Insomma, dobbiamo stare più attenti, è inutile che poi lo facciamo come rito che ogni volta si insegue, ogni volta ci diciamo che è così; io credo che dobbiamo dedicarci meglio e di più a cercare di superare tutte quelle criticità che peraltro io ho evidenziato anche come presidente o ex presidente del Comitato per la legislazione, dove ho visto che il relatore di maggioranza ha comunque sollevato e rappresentato in maniera efficace anche quel tipo di aspetto.
      Noi siamo un Paese serio, un Paese responsabile, teniamo fede agli impegni presi in sede internazionale e, tuttavia, vogliamo chiarire che ci sentiamo anche in dovere di difendere l'orgoglio e la dignità dell'Italia. La nostra politica estera, la nostra adesione ad un sistema di relazioni e istituti sovranazionali è alla base delle nostre decisioni di aver partecipato alle missioni con la NATO nei Balcani, con le Nazioni Unite nel Libano e anche in Afghanistan e noi sappiamo che, in quei Paesi, si gioca il tema anche e soprattutto della nostra sicurezza, noi ne siamo convinti; è una partita decisiva che comunque guarda soprattutto al sostegno, ad un percorso, ad un progetto di democrazia e libertà che riguarda anche e soprattutto quei Paesi. Io di questo ne sono convinto; quindi è evidente che la posizione e la riflessione nel nostro gruppo è in questa direzione. Devo però in conclusione, signor Ministro, rappresentante del Governo, signori presidenti e relatori, scusate se...

      PRESIDENTE. Onorevole Gianluca Pini, se può...

      SALVATORE CICU. È un aspetto che credo interessi anche lei, collega.
      In ordine alla decisione di inviare due unità di personale militare all'estero in qualità di osservatori – naturalmente parlo della situazione in Ucraina –, e non voglio con questo essere critico semplicemente Pag. 47per esserlo, ci sono dei passaggi che, come sappiamo, non possono essere superati. La decisione di inviare due unità di personale militare all'estero in qualità di osservatori non può essere assunta senza un passaggio formale in Parlamento e addirittura estromettendo del tutto la Commissione difesa dalla vicenda. In passato, la Commissione difesa è sempre stata coinvolta, ricordo il caso Siria, dove c'erano state anche lì delle riflessioni, delle valutazioni che poi avevano ricondotto, così come deve essere anche in questo caso, al fatto che l'ordinamento giuridico italiano prevede che le decisioni relative alla difesa, alla sicurezza e alle Forze armate siano assunte nell'ambito di una dialettica parlamentare che, pur nella varietà di forme, non può mai tradursi in una generica comunicazione allegata al resoconto di una seduta delle Commissioni esteri e difesa. Mi riferisco alla comunicazione che il Ministro Pinotti ha trasferito alla Commissione difesa. Lei stessa ammette che è inconsueta come comunicazione, ma io mi permetto di rilevare che non è inconsueta, non può produrre nessun effetto. Non può essere il Governo a decidere di inviare e quindi di decidere che c’è una nuova missione all'estero. Le nuove missioni all'estero possono essere votate solo ed esclusivamente dal Parlamento, che può approvarle o non approvarle. Quindi, io richiamo l'attenzione su questo aspetto, che mi sembra molto, molto delicato. Soprattutto, credo che si possa immediatamente attivare il meccanismo per cui, a mio giudizio, questa generica comunicazione debba diventare immediatamente convocazione delle Commissioni difesa ed esteri per attivare la procedura necessaria per arrivare al Parlamento e far approvare questa nuova missione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Fitzgerald Nissoli. Ne ha facoltà.

      FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Signor Presidente, il decreto-legge 16 gennaio 2014, n.  2, ha lo scopo di predisporre la copertura giuridica e finanziaria all'azione dei contingenti militari e del personale appartenente alle forze di polizia e ai Ministeri degli affari esteri e giustizia impiegati nelle varie aree geografiche (Europa, Asia e Africa) per il periodo che intercorre dal 1o gennaio al 30 giugno 2014. Il decreto in esame introduce, inoltre, iniziative di cooperazione allo sviluppo, anche in relazione all'assistenza ai rifugiati e con particolare riguardo alla prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne e alla tutela e alla promozione dei diritti dei minori, nonché iniziative finalizzate al sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione.
      Come è noto, l'Italia è impegnata su vari fronti in missioni di pace e di stabilizzazione di aree geografiche che sono stati recenti scenari di conflitti armati interni e internazionali. Gli obblighi internazionali dell'Italia in questi contesti derivano dalla partecipazione del nostro Paese alle organizzazioni internazionali che hanno come finalità il mantenimento della pace e la sicurezza internazionale: Nazioni Unite, NATO, OSCE, Unione europea. Il Parlamento, pertanto, non può sottrarsi dal fornire idonea copertura giuridica e finanziaria agli interventi richiamati dal decreto-legge, pena il venir meno ad impegni assunti con la sottoscrizione e la ratifica di importanti trattati internazionali. Nell'ambito di interventi di cooperazione allo sviluppo si prevede, in particolare, di realizzare iniziative di cooperazione volte a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni e dei rifugiati, nonché a sostenere la ricostruzione civile in favore di Afghanistan, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan, e in relazione all'assistenza ai rifugiati dei Paesi ad essi limitrofi. In questa prospettiva, occorre un ampio coinvolgimento del Parlamento sia nella fase di elaborazione delle iniziative che nella fase di attuazione e verifica dei risultati raggiunti. Infatti, la natura delle scelte è politica e richiede un'ampia condivisione delle iniziative che vedono protagoniste il nostro Paese nelle aree più svantaggiate e Pag. 48che necessitano di sostegno per la stabilizzazione politica e la ricostruzione del tessuto economico e sociale.
      Uno stretto raccordo delle Commissioni esteri e difesa della Camera e del Senato e delle competenti direzioni generali del Ministero degli affari esteri, del Ministero della difesa e del Ministero della giustizia sembra necessario, al di là dei richiamati obblighi informativi. Credo che noi tutti saremmo felici di conoscere i passi avanti compiuti grazie all'impegno italiano in aree critiche ed in accordo con gli obiettivi del millennio in merito alla prevenzione e al contrasto della violenza sulle donne, alla tutela dei loro diritti, all'occupazione femminile, oltre che alla tutela dei diritti dei minori. Insomma, credo che il Parlamento, e con esso la società che esprime, debba essere partecipe dei risultati e se questi non sono positivi prendere le decisioni del caso.
      L'approvazione di questo provvedimento, signora Presidente, riveste l'abito dell'urgenza. Lo vogliamo approvare convintamente, in un contesto in cui vediamo sopraggiungere all'attenzione del mondo la crisi ucraina. Il nostro Paese ha ospitato la conferenza mondiale sulla Libia, dove abbiamo avuto un ruolo guida per la ricostruzione del tessuto economico, sociale e politico di questo Paese prima che vi sia una degenerazione irreversibile e il processo di transizione si blocchi impedendo, come ha affermato la Ministra Mogherini, «il decollo della nuova Libia», con tutto quello che questo comporta per la sicurezza dell'area mediterranea.
      Tuttavia, devo formulare l'auspicio che questa sia l'ultima volta che ci troviamo a votare un decreto di proroga delle missioni internazionali di pace, perché credo che sia il caso che venga varata presto una legge organica che regolamenti lo svolgimento di tali missioni. Ritengo che sia uno strumento fondamentale nel nuovo contesto internazionale, in cui ci troviamo già da un po’ di tempo.
      Con queste considerazioni di prospettiva e nella convinzione che questo provvedimento sia particolarmente importante, in un momento in cui lo scenario internazionale è caratterizzato da focolai di tensione molto pericolosi, ci apprestiamo ad esprimere il nostro voto favorevole. Il nostro Paese sente il dovere di contribuire al dialogo tra i popoli e gli Stati e di sostenere la comunità internazionale nella sua azione pacificatrice. È un dovere giuridico internazionale, oltre che morale, verso chi si trova in difficoltà, un aiuto che i nostri militari, assieme ai tanti civili impegnati, stanno portando nei vari scenari di crisi con competenza e umanità. Ed è per questo che il nostro sostegno non può mancare, per salvaguardare l'integrità delle popolazioni in difficoltà. Io, da italiana all'estero, sono fiera di voi, civili e militari, che operate nei vari contesti critici nel mondo per promuovere la pace e lo sviluppo nella dignità di ogni essere umano. Vi sono vicina ed anche il Parlamento italiano lo è, ed è pronto a darvi il giusto sostegno (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Michele Piras. Ne ha facoltà.

      MICHELE PIRAS. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi si dia la possibilità preventivamente di esprimere tutto il mio disappunto per come si è condotta la discussione su un provvedimento così importante come quello del rifinanziamento delle missioni all'estero: a Camere distratte, si potrebbe dire, nell'indifferenza più generale, certamente. Con questo provvedimento – è il caso di ricordarlo a tutti – noi non solo decidiamo del ruolo che assume il Paese a livello internazionale e della modalità attraverso la quale partecipiamo ad alleanze internazionali e, quindi, concorriamo a determinare assetti geopolitici. Con il decreto missioni noi concorriamo a decidere della vita e della morte delle persone, delle nazioni e dei popoli. Concorriamo a costruire o a decostruire sistemi politici e modelli di sviluppo. Ipotechiamo, insomma, un pezzo del futuro altrui di milioni di persone, milioni di persone che, come noi, avrebbero buon diritto a godere dei nostri stessi diritti, delle nostre stesse libertà, di quelli Pag. 49che globalmente appaiono ormai come privilegi. Popoli schiacciati da centinaia di anni di guerre e privazioni, costretti al giogo di un sistema economico globale che ne ha consumato le ricchezze, ne controlla le materie prime, ne pregiudica ogni lontana ipotesi di autodeterminazione.
      Non si tratta di popoli arretrati, primitivi o addirittura geneticamente incapaci. Si tratta spesso di regioni che hanno dato vita a civiltà complesse, interessanti, che hanno avuto influenza sulla cultura anche dei nostri popoli e anche sulla nostra cultura. L'Occidente non ha evidentemente maturato un senso di gratitudine né di riconoscenza nei confronti di nessuno.
      Sceglie piuttosto una politica di potenza, di controllo militare, di mantenimento e di riproduzione di uno stato di oppressione e costrizione. Ammantato dal velo ipocrita della guerra umanitaria, abbiamo consolidato in venti anni un nuovo ordine del mondo, persino peggiore del precedente. Una politica miope, interessata, ipocrita, che non vede al di là del palmo del suo naso alcuna alternativa all'intervento militare. Quindi, se la guerra notoriamente la si fa con le armi, ormai si è consolidata l'idea che anche la pace la si fa con le armi e la guerra diventa, come in un adagio che tutti conoscono, la naturale prosecuzione della politica con altri mezzi.
      Tutto torna e tutto quadra alla fine della giostra. Creiamo le condizioni più favorevoli anche in questo Parlamento – sempre nella distrazione più generale – allo sviluppo internazionale del commercio di armi. Andiamo in Europa a dire che vogliamo sviluppare ulteriormente la competitività e la produttività dell'industria nazionale degli armamenti e proprio mentre anticipiamo di un anno i pesanti tagli della spending review previsti dal Governo Letta ci dimentichiamo che a tagliare le spese in armamenti si recupererebbe una massa enorme di risorse oggi sottratte allo Stato sociale, al sistema dei diritti, alla scuola, alla sanità, alla cooperazione internazionale e alle politiche attive dello sviluppo. Ma questa strategia di politica economica ed industriale fa letteralmente a pugni con la Costituzione repubblicana, perché crea una spirale perversa per la quale la linea dell'implementazione dell'industria militare non può fare a meno della missione militare, non può fare a meno della guerra, altrimenti direbbe un economista come si risolverebbe la più classica delle crisi da sovrapproduzione ? Come si svuotano i magazzini pieni di munizioni e di armi ? Dove potremmo piazzare i nostri blindati Lince e dove potremmo far navigare la Oto Melara e Finmeccanica ? Produciamo e vendiamo armi, senza la guerra le armi non hanno senso e senza le armi la guerra non si fa.
      Questo provvedimento, così importante, nemmeno questa volta lo abbiamo discusso, nemmeno questa volta ci è stata data la possibilità, che più volte avevamo richiesto, di poterci esprimere per atti separati: missione per missione. Certo, noi apprezziamo lo sforzo fatto di dividere il decreto-legge in articoli e vogliamo rivendicare anche a noi, e a quello che abbiamo chiesto e detto, questo risultato, ma non ci basta, non è sufficiente. Se c’è qualcosa di urgente davvero quella è una legge quadro sulle missioni all'estero che salvaguardi il ruolo insostituibile del Parlamento della Repubblica italiana. Anche questa volta – mi dispiace – ero pronto felicitarmi e a ringraziare della presenza, invece noto che nemmeno la discussione sulle linee generali in questa Aula interessa al Governo, se non ai sottosegretari. Avremmo gradito la presenza dei Ministri.
      Questa volta, inoltre, non c’è stata data la possibilità di audire i nuovi Ministri della difesa e degli esteri. Anche questo, se ci si pensa, è sintomatico. Tutti concentrati sulla legge elettorale evidentemente, oppure, più semplicemente non si riteneva necessario venirci a raccontare cose già sentite, fare il sequel di un B-movie già visto. Cambiano i Governi, cambiano i Presidenti, i Ministri, invecchiano e imbiancano anche le mamme, ma la straordinaria continuità nelle scelte di politica estera e di difesa degli ultimi vent'anni credo sia davanti agli occhi di tutti.Pag. 50
      Eppure qui ci sarebbe veramente tanto da cambiare, da innovare, persino da rottamare. Ci sarebbe da innovare la filosofia di fondo che sorregge il nostro ruolo internazionale, ci sarebbe da capire che investire di più e meglio nella cooperazione pacifica allo sviluppo e nello scambio culturale è una scelta di pace. Il nostro Paese è una lingua di terra che si estende nel Mediterraneo, il nostro mare potrebbe essere la nostra ricchezza e un mutamento decisivo nelle relazioni euromediterranee avrebbe effetti politici e geostrategici assolutamente clamorosi. Invece per noi il Mare Nostrum è il nome di una missione militare che guarda con paura e disprezzo alle migrazioni e ai fratelli dell'Africa mediterranea, e chi la difende non può certo rivendicare diversità alcuna, perché va bene accorpare missioni, risparmiare soldi – la politica estera ha un costo e quella militare, forse, anche di più – però dire che si potrebbe rafforzare il Mare Nostrum tagliando una missione non mi sembra una grande dimostrazione di diversità rispetto alle strategie del Governo; questo lo dico – va da sé – a pezzi dell'opposizione in quest'Aula.
      Ci sarebbe da rottamare la missione in Afghanistan e da aprire una sessione specifica di lavoro e di indagine, almeno nelle Commissioni pertinenti in materia, che tracci un bilancio non ideologico su una missione ormai ultradecennale. A tredici anni dallo sbarco alleato di Enduring Freedom, sono ormai quasi 80 mila le vittime civili, 3.069 – l'ultimo dato aggiornato – i morti tra i militari, 52 i nostri ragazzi caduti: una vera e propria ecatombe.
      Doveva essere una sorta di Blitzkrieg punitivo della strage delle Torri gemelle. È diventato un pantano di sangue, che non solo non ha portato libertà durevole al popolo afgano, ma non ha risolto nulla né centrato uno degli obiettivi che stavano all'origine dell'intervento. Nulla di ciò che si può vantare come un successo della coalizione in Afghanistan può definirsi durevole: non la fragile democrazia elettorale afgana, contaminata, minacciata, sull'eterna linea di confine con il baratro; non la lotta all'oppio, che registra un trend esattamente opposto agli obiettivi degli alleati; non si è stabilizzato un processo di democratizzazione dell'area e, meno che mai, l'Afghanistan può considerarsi pacificato.
      Sul piano militare, infatti, credo che ognuno capisca il peso e la forza che mantengono i talebani e la costante minaccia che esercitano su aree sterminate di territorio, pronti al contrattacco e alla riconquista di quello che, a torto o a ragione, ritengono il loro territorio. Un fallimento, insomma, che non può e non deve durare oltre. Perciò abbiamo proposto il ritiro immediato e in sicurezza dei nostri mezzi e del nostro contingente.
      Abbiamo provato ad immaginare una nuova via, con ogni probabilità diversa da quella che si sta immaginando per la prosecuzione della nostra presenza in Afghanistan.  Anche su questi contenuti il Parlamento italiano è, per così dire, un po’ carente di informazioni e di notizie. Una nuova via che guardasse alla cooperazione civile, alle azioni di ricostruzione e promozione dello sviluppo, al coinvolgimento delle parti in conflitto in un tavolo di pace, perché senza quel coinvolgimento io credo che un processo di pace reale e durevole in Afghanistan non possa mai essere avviato.
      E la vicenda drammatica dei nostri fucilieri di Marina come la vogliamo trattare ? Oscilliamo da due anni tra dichiarazioni forti ed una sostanziale impotenza. E ora che si fa ? Da una parte firmiamo un ordine del giorno, nel quale si ipotizza timidamente un ripensamento della nostra partecipazione agli scudi antipirateria, se non tornano i nostri marò e se non c’è, per così dire, una risoluzione del caso dei nostri fucilieri di Marina. D'altra parte si aumenta la nostra disponibilità per Ocean Shield da 247 a 622 unità: altre 375 buone ragioni per non votare la conversione in legge di questo decreto-legge.
      Onorevoli colleghi, questo è un Paese che evidentemente ha smarrito la propria identità, la propria storia ed insieme ad essa l'idea che la politica estera non si fa necessariamente o esclusivamente in armi. Pag. 51Può e deve esistere una via pacifica, che lavori coerentemente all'intreccio di trame di democrazia, che promuova la dimensione dei diritti e dello sviluppo. Questa via si chiama cooperazione, corpi civili di pace, azioni concrete per la ricostruzione dei territori feriti e lacerati dalla guerra.
      Non è impossibile, né ideologica quest'altra via. È piuttosto una scelta, banalmente una scelta, una scelta che anche questo Governo, come gli altri, non è in grado di compiere. È la scelta più coerente con la nostra Costituzione repubblicana, crediamo. È la scelta coerente della pace e del disarmo, crediamo. Siamo ideologici ? Bene, vorrà dire che lo siamo entrambi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

      PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

      ROSANNA SCOPELLITI. Signor Presidente, Governo e colleghi, il provvedimento, al nostro esame oggi, contiene disposizioni relative alla proroga del finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali per il primo semestre 2014.
      Il decreto-legge garantisce, infatti, la prosecuzione delle operazioni cui partecipa l'Italia per mantenere la pace e la sicurezza in ambito internazionale e costituisce un preciso impegno del nostro Paese in politica estera. In particolare, il provvedimento prevede misure di cooperazione allo sviluppo, sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione nelle aree di crisi. Un terreno, in sostanza, sul quale l'Italia è da sempre impegnata ed è protagonista anche grazie all'impegno e alla professionalità dei propri militari nei vari contesti internazionali.
      Il rifinanziamento delle missioni all'estero è, dunque, un dovere e deve essere il più condiviso possibile, proprio al fine di garantire il sostegno ai nostri militari all'estero. La delicata questione della partecipazione italiana alle missioni, derivante da un preciso impegno internazionale ed europeo, che il nostro Paese ha assunto con grande senso di responsabilità, ci impone l'obbligo di emanare ogni sei mesi un provvedimento che consenta all'Italia, e nello specifico ai nostri militari, che con tanto impegno e competenza lavorano nelle zone più instabili e pericolose nel mondo, di operare sempre al meglio ed in termini adeguati alle circostanze.
      Considerata l'importanza delle nostre partecipazioni alle missioni internazionali, siano esse sotto egida ONU o NATO, come anche rilevato dal relatore nella discussione generale presso le Commissioni esteri e difesa, risulta più che mai necessario giungere all'adozione di uno strumento legislativo che disciplini con una legge quadro, in modo definitivo, il coinvolgimento dei nostri militari in scenari di geopolitica internazionale complessi ed altamente pericolosi. Sarebbe questo un modo per garantire in maniera stabile e certa il processo di rifinanziamento di operazioni militari, sebbene effettuate in ambiti di sostegno umanitario, cui l'Italia è vincolata da precisi trattati internazionali.
      Nel nostro ordinamento, infatti, non è stata ancora introdotta una complessiva normativa di riferimento sul trattamento economico e giuridico del personale impegnato in tali missioni, nonché sui molteplici e peculiari profili amministrativi che caratterizzano le missioni stesse. Tutti questi aspetti sono, infatti, attualmente disciplinati da apposite disposizioni, che, in quanto inserite di volta in volta nell'ambito dei provvedimenti legislativi con cui si dispone periodicamente il finanziamento delle missioni internazionali, hanno un'efficacia limitata nel tempo e necessitano pertanto di essere continuamente reiterate, con conseguenti rischi di difetti di coordinamento normativo e di incertezza circa le disposizioni applicabili nei diversi teatri operativi.
      Dalle considerazioni espresse emerge, quindi, la necessità di intervenire in modo da poter assicurare al nostro Paese strumenti legislativi in grado di garantire la Pag. 52certezza e la continuità al rinnovo dei finanziamenti e dei sostegni ai nostri militari.
      Da un punto di vista, poi, delle relazioni internazionali, il provvedimento conferma la linea politica del nostro Paese a sostegno di quelle attività e missioni con cui la comunità internazionale punta alla stabilizzazione delle aree critiche del mondo e al superamento degli scenari conflittuali. Pertanto, dobbiamo anche sottolineare come le condizioni economico-finanziarie dell'Italia e dell'Occidente, in generale, comportino inevitabilmente una giustificata pausa di riflessione sull'utilizzo di ingenti risorse per lo svolgimento di operazioni umanitarie all'estero.
      Ma la storia e la tradizione del nostro Paese nella risoluzione di spinose questioni internazionali, soprattutto a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, ci impongono l'obbligo, non solo morale, di continuare a fornire il nostro apprezzato contributo nel corso delle delicate operazioni di pacificazione di intere aree geografiche, uscite o faticosamente uscite da scenari bellici.
      La partecipazione dell'Italia a operazioni internazionali non può, quindi, non richiamare la nostra attenzione sulla deplorevole questione dei due fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, ancora, ancora detenuti in India: due militari che, all'epoca dei fatti, svolgevano il loro dovere di tutela e protezione di imbarcazioni civili da attacchi di pirati. Se, da una parte, infatti, l'agenzia investigativa del Governo federale indiano ha ritirato la richiesta di processare per terrorismo i due marinai italiani, escludendo una volta per tutte il rischio della pena di morte, non possiamo che auspicare un intervento dell'Unione europea e, in particolare, del nuovo Governo, nei confronti dell'ONU affinché i nostri militari vengano ricondotti in Italia e si riconosca come l'episodio si sia svolto in acque internazionali in risposta a un preciso attacco di pirateria.
      In merito alla vicenda, si può affermare altresì che il nuovo Presidente del Consiglio ha dichiarato, già dal momento dell'insediamento, l'impegno prioritario delle forze del Governo per garantire tutela ai nostri due marinai, un impegno al quale il Nuovo Centrodestra non farà mai – mai, in nessun caso – mancare il proprio appoggio e sostegno incondizionati.
      Se si vuole che l'Italia continui nel tempo a fornire il proprio prezioso contributo nelle missioni antipirateria, occorre che la comunità internazionale si schieri a fianco della causa dei due fucilieri di marina, respingendo con forza e senza esitazioni la posizione dell'India, che ancora vedrebbe, quanto successo al largo delle proprie coste, sebbene in acque internazionali, un atto di terrorismo, un'accusa intollerabile e francamente inaccettabile.
      Un altro elemento di riflessione ci viene poi proposto dalla possibilità che la vicenda possa evolvere in senso negativo, perché in questo caso il nostro Paese dovrà riflettere in termini approfonditi sulla nostra partecipazione alle missioni antipirateria, perché è evidente, è evidente, colleghi, che non possiamo correre il rischio di esporre i nostri militari ad eventuali accuse di reati gravi e magari di essere privati della propria libertà personale. E in effetti il nostro Paese, nel corso di missioni internazionali, opera a difesa della sicurezza, della cooperazione, dell'interesse al mantenimento di stabilità di aree di crisi particolarmente importanti per la sicurezza globale, non certo come Paese che si rende colpevole di atti di terrorismo internazionale.
      Ecco perché nella politica estera, nella politica di sicurezza e di difesa, l'Italia persegue missioni internazionali che continuano e continueranno ancora ad essere essenziali, finché nelle varie regioni del mondo vi sarà bisogno di maggiore sicurezza, di più stabilità e di un rapporto fra i popoli che favorisca il dialogo rispetto all'azione delle guerre, dell'estremismo e del terrorismo.
      Desideriamo inoltre sottolineare che l'impegno dell'Italia nelle missioni internazionali è duplice e non è soltanto un impegno militare, ma è anche un impegno civile e di collaborazione e cooperazione. Pag. 53L'apporto che i nostri militari forniscono nei vari teatri sconvolti da guerre e rivoluzioni è internazionalmente apprezzato, non solo sotto il profilo militare, ma anche in termini di costruzione di rapporti fra i vari interlocutori presenti sul territorio e di cooperazioni internazionali il cui scopo è quello di favorire la pace ed il benessere sociale.
      Per questo, in conclusione, occorre riaffermare i due pilastri dell'azione italiana che ci caratterizzano nel mondo: l'impegno militare e l'impegno civile. Infatti, l'Italia non porta mai, mai, con le sue forze di sicurezza, la guerra. L'Italia porta sempre la pace, e lo fa con interventi di cooperazione e di stabilizzazione. E l'Italia quindi, ancora una volta, è chiamata ad essere protagonista, con risultati significativi nelle aree di crisi, ed il suo impegno deve continuare, pur in un contesto economicamente difficile, come quello che il nostro Paese sta attraversando (Applausi dei deputati dei gruppi Nuovo Centrodestra, Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

      PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti della classe quarta dell'Istituto tecnico commerciale Cecilia Deganutti, di Udine (Applausi) e gli studenti dell'Istituto tecnico Luciani – SS. Filippo e Giacomo, di Ascoli Piceno, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
      È iscritto a parlare il deputato Rizzo. Ne ha facoltà.

      GIANLUCA RIZZO. Signora Presidente, colleghe e colleghi, membri del Governo, oggi questo Parlamento si ritrova a discutere l'ennesimo decreto d'urgenza riguardante il finanziamento delle missioni internazionali, delle Forze armate e di polizia, le iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione. Per noi, cittadini del MoVimento 5 Stelle, è la seconda volta che ci troviamo di fronte a questo fardello di oltre 600 milioni di euro, già stanziati dal precedente Governo Letta e sul quale molto c’è da dire: sull'utilizzo coerente di queste somme.
      Per la seconda volta ci teniamo a denunciare come i decreti del Governo Letta siano stati redatti oltre la data naturale di scadenza dei precedenti provvedimenti lasciando per oltre due settimane le missioni internazionali portate avanti dal nostro Paese senza una base giuridica, finanziaria e politica. Un fatto che ha destato in noi grande inquietudine, in particolare per quelle missioni più sensibili e delicate come l'Afghanistan e il Libano. Un evento che noi del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle continueremo instancabilmente a denunciare, come del resto abbiamo fatto in occasione della precedente decretazione d'urgenza arrivata con dieci giorni di ritardo rispetto alla data del 30 settembre 2013. Tra l'altro, l'uso forzoso di inserire in unico calderone diverse missioni internazionali che di per sé sono diverse l'una dall'altra preclude all'organo preposto a legiferare, cioè noi, di scindere e decidere per il meglio, sia in termini di impegno delle forze militari, che di stanziamenti economici. Forse sono delle valutazioni strategiche governative utili a nascondere al Parlamento e all'opinione pubblica dei pericolosissimi principi di incostituzionalità per alcune missioni a costringerli ad operare in questa maniera ? Come in Mali, per esempio, o in Afghanistan, il confine morale e giuridico tra un intervento di pace e un'azione bellica d'offesa è così labile che i rischi di scavalcare i dettami costituzionali sono concreti e reali, come più volte da noi denunciato.
      Ma procediamo con ordine. Primo: missioni internazionali delle Forze armate e di polizia. Sono trascorsi più di trent'anni della missione Libano 1, il primo vero intervento all'estero delle Forze armate italiane, e poco più di venti dalla prima missione in Iraq, prima vera operazione militare delle Forze armate italiane in questo dopoguerra. Una lunga esperienza, che oggi consente e nello stesso tempo impone una seria riflessione. La crisi economica può esserne l'elemento Pag. 54catalizzatore, ma non può rappresentarne il punto di riferimento. L'Italia, intesa come media potenza, deve domandarsi quali sono gli obiettivi e le modalità del suo coinvolgimento nelle missioni internazionali. Fino ad ora, e soprattutto nel primo periodo, l'Italia ha aderito con volontaristico entusiasmo soprattutto a richieste provenienti dall'esterno, Paesi alleati o coinvolti e/o organizzazioni internazionali. Proprio su questo aspetto noi vorremmo porre maggiore attenzione. Cui prodest ? All'industria bellica italiana ? Probabilmente sì, anzi sono proprio loro i veri beneficiari di tante regalie. Senza missioni estere non si investirebbe in armamenti e senza investimenti in armamenti non si garantirebbe la possibilità di investimento in questo settore da parte di importanti asset statali. Finmeccanica, Selex, Agusta Westland, sono loro che godono dei benefici della finta copertura celata dietro le parole «missione di pace». Ma parliamoci chiaro: usiamo queste missioni per far addestrare i nostri soldati, visto che ormai all'esercizio ci sono pochi soldi, tutti riversati nell'acquisto di nuovi sistemi d'arma. Ai Paesi membri degli accordi internazionali siglati dall'Italia quali NATO, ONU e Unione europea ? Certamente, sì, signor Presidente. L'Italia è lo zerbino d'Europa; facciamo finta di partecipare da protagonisti ad aule internazionali, ma sappiamo benissimo che effettivamente le scelte strategiche vengono stabilite in altre sedi, a Washington, Parigi e a Londra. È come chiedere di essere invitati a cena da un gruppo di persone che poco o niente vogliono condividere con noi. All'Italia viene data la possibilità di intervenire nel panorama mondiale delle crisi in atto semplicemente perché i nostri uomini sono riconosciuti come validi interlocutori delle popolazioni ospitanti, perché siamo i più umani tra gli umani e perché dal punto di vista politico-strategico siamo gli unici in grado di spendere più di quanto potremmo semplicemente per ottenere un posto a sedere al tavolo dei grandi. È come comprarsi un auto lussuosa a rate senza avere poi i soldi per poterla mantenere. Ci sembra ridicolo.
      Noi siamo contro tutte le missioni di peace enforcing e per la missione in Afghanistan chiediamo che venga definitivamente indicata una data di rientro di tutte le forze militari presenti, così come per il Mali. Sulle missioni di peacebuilding and conflict prevention potremmo anche discuterne cambiandone, però, gli obiettivi e gli stanziamenti. Active Endeavour e la missione «Mare Nostrum», missione che, tra l'altro, non è nel decreto-legge, sono dei doppioni, operano nello stesso scenario per raggiungere gli stessi obiettivi. Allora ci domandiamo: perché non potenziare quest'ultima ed abolire la prima ? Ocean Shield: gli atti di pirateria nell'Oceano Indiano stanno diminuendo. Statisticamente le azioni di saccheggiamento di mercantili aumentano nel Golfo di Guinea. L'incredibile questione diplomatica legata ai marò e la rinuncia da parte del Governo indiano dell'acquisto di elicotteri militari italiani avrebbero dovuto far pensare ad un chiaro messaggio di forza da parte del nostro Governo, come, per esempio, rinunciare completamente a partecipare alle missioni in questa area del mondo o quantomeno ridurle drasticamente.
      Invece, proprio questa missione risulta essere l'unica alla quale vengono stanziati più soldi e più uomini: più 10 per cento in termini economici e due volte e mezzo in più di militari. Ci sono proprio delle contraddizioni in essere o avete delle giustificazioni per le quali sarebbe utile informare i familiari dei militari coinvolti e gli italiani in genere ? Per non parlare della missione ad Hebron: da un lato, mandiamo osservatori a tutela della popolazione palestinese, dall'altro, continuiamo a vendere e comprare armi con Israele.
      Ma andiamo oltre: la Libia, tanto cara al condannato Berlusconi. Continuiamo a regalare soldi in virtù di un Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Jamahiriyya araba, libica, popolare, socialista. Ora, senza nulla togliere ai fratelli libici, ma, dal momento che la Libia di allora non è la stessa di ora, non sarebbe il caso di riaffrontare il tema e prendere delle Pag. 55decisioni più consone e vicine alle reali necessità di quel popolo ? Invece, che facciamo ? Regaliamo oltre 3 milioni e mezzo di euro a titolo di indennizzo per la manutenzione delle navi che l'Italia cedette alla Marina libica.
      Andiamo oltre: le iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione. Vogliamo far notare che la normativa di riferimento è ferma a quasi trent'anni fa e che, ancora una volta, la sproporzione tra l'entità delle risorse finanziarie destinate alle missioni militari e quelle finalizzate alla cooperazione allo sviluppo rendono l'idea di come l'atteggiamento del Governo non sia privo di pregiudizi, forse, dovuti a pressione di stampo militare che ne pilotano le scelte.
      Prendiamo atto del fatto, purtroppo, che la situazione non è mutata, nonostante l'intensa battaglia ostruzionistica combattuta dal gruppo del MoVimento 5 Stelle in occasione della conversione del precedente decreto-legge trimestrale. In questo settore, siamo certi che l'Italia non ha eguali e possiamo essere un concreto riferimento nel mondo della cooperazione. I nostri cooperanti, le piccole ONG, i volontari che quotidianamente vivono fianco a fianco a fianco alle persone in aree di crisi rappresentano il vero simbolo di quell'essere umani, empatici e proiettati all'aiuto del prossimo. Ci viene naturale, abbiamo una grande dote di umanità e di bontà, senza eguali nel mondo.
      Come dovrebbe essere svolta l'attività di una ONG o di agenzie internazionali secondo i principi di trasparenza, onestà e altruismo che ci contraddistinguono nella nostra visione di un mondo migliore, di una società diversa, con l'uomo al centro delle attività economiche e sociali ? Abbiamo come l'impressione che la loro stessa sopravvivenza, con tutte le loro organizzazioni fatte di persone, mezzi e capitali, sia legata, come un gemello siamese, alla miseria e all'ignoranza dei popoli che si tenta di aiutare.
      Chiaramente non voglio generalizzare, ma credo che il nostro compito di cittadini sia quello di entrare nel merito degli stanziamenti che riguardano la cooperazione. Infatti, sarebbe utile conoscere qualità e quantità degli aiuti umanitari che arrivano a queste persone in rapporto ai costi di gestione per garantirne il funzionamento. Ad esempio, quanto costa la macchina organizzativa dell'Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati in rapporto alle attività realmente destinate a migliorare infrastrutture o salute nei Paesi che beneficiano di tali aiuti ?
      E se avessimo la bacchetta magica e tutti i problemi dei Paesi nei quali interveniamo venissero effettivamente risolti dai risultati ottenuti dalle ONG o dalle agenzie internazionali nel mondo, come potrebbero vivere le stesse ? Se non ci fossero rifugiati, poveri, esuli, perseguitati che dipendono dalle organizzazioni umanitarie, di cosa si dovrebbero occupare queste agenzie internazionali ? Qualora i Paesi africani, del continente asiatico, dell'America latina riuscissero a riscattare il proprio destino in funzione di quello che noi, Paesi occidentali saremmo in grado di realizzare attraverso gli aiuti umanitari, dove andrebbero a svolgere il loro lavoro di funzionari le migliaia di persone che lavorano dietro a una scrivania ? Discorso a parte, invece, per chi realmente svolge le proprie attività sul campo, a cui nulla si può rimproverare.
      Allora, io immagino il settore della cooperazione in grado di istruire i popoli, di renderli autonomi da noi, di insegnare la storia vista dai loro occhi, e non da quelli dei vincitori o dei colonizzatori. Come per il MoVimento 5 Stelle, per il quale il fatto stesso di esistere è subordinato al raggiungimento dell'obbiettivo di portare i cittadini dentro il Parlamento italiano, anche per le organizzazioni umanitarie sogniamo di poter prevedere una vita a tempo determinato in funzione del raggiungimento dell'autosostentamento dei popoli in difficoltà.
      Passo al terzo aspetto, l'inclusione nel decreto-legge di elementi estranei allo stesso. In questo decreto d'urgenza abbiamo Pag. 56forti perplessità circa il sempre crescente esborso finanziario, altri 45 milioni di euro, accordato ai lavori di ristrutturazione del quartier generale della NATO a Bruxelles che vanno avanti dal 2002. Dovendo dare ampio sfogo alla nostra immaginazione non riusciamo a capire quali siano le fattezze di tale faraonica ristrutturazione. Per il nuovo quartier generale della NATO a Bruxelles, di cui l'Italia sembra essere uno dei maggiori finanziatori, segnaliamo che l'intero progetto ha un costo previsto di un miliardo di dollari. Il nuovo edificio è già realizzato per l'80 per cento e i lavori dovrebbero terminare nel 2016, speriamo.
      Lo scorso settembre è stato assegnato un contratto a Lockheed Martin per un valore stimato dall'azienda in più di 100 milioni di dollari per la realizzazione delle infrastrutture informatiche del quartier generale e, il mese scorso, l'italiana Selex ES di Finmeccanica è entrata a far parte del team di aziende impegnate nel progetto di cui Lockheed Martin è prime contractor e fornirà attività operative di manutenzione collaborando con Lockheed alla realizzazione dei servizi di comunicazione sicura dell'edificio inclusi i sistemi di comunicazione wireless, voce e dati per i terminali degli utenti. Non si conosce il valore del contratto assegnato a Selex ES ma l'azienda ha fatto sapere che è triennale e rinnovabile per ulteriori cinque anni.
      Una ulteriore contraddizione risiede nello stanziamento di diverse centinaia di migliaia di euro per temi che poco riguardano le missioni all'estero e rappresentano aiuti a pioggia. Un milione 110 mila 160 euro per la stabilizzazione nei Paesi in situazioni di fragilità, di conflitto o post conflitto; due milioni di euro a sostegno di pace e di rafforzamento della sicurezza in Africa subsahariana e in America centrale; 800 mila euro, fondi fiduciari delle Nazioni Unite e della NATO, UN staff college di Torino e segretariato dello IAI; 12 milioni 742 mila 128 euro per interventi operativi di emergenza e di sicurezza destinati alla tutela dei cittadini e degli interessi italiani all'estero. Vorremmo sapere quali sono gli interessi italiani all'estero, quelli delle aziende che delocalizzano le loro attività ?
      Facendo un excursus del decreto poi, per esempio, sui due commi aggiunti al Senato, uno all'articolo 3 e l'altro all'articolo 5 del decreto, va sottolineata la nostra contrarietà in quanto il primo, il comma 4-bis dell'articolo 5, riguarda un riordino delle carriere dal grado di capitano a quello di maggiore che non ha niente a che vedere con le missioni internazionali. Indipendentemente dal giudizio che si può dare alla norma si ritiene che sia più utile che essa sia presente in provvedimenti riguardanti il riordino delle carriere. Sull'altro, il comma 6-bis dell'articolo 3, in assenza di note esplicative che rendano chiaro lo stanziamento di 5 milioni di euro per il sostegno a quanti hanno subito danni in conseguenza della guerra in Libia, come deciso dalla risoluzione ONU 1973, il MoVimento 5 Stelle ritiene inammissibile un finanziamento cieco, senza la dovuta documentazione e necessità. Perché dobbiamo regalare soldi a pioggia ? Perché volete sempre calpestare i principi di trasparenza e di rispetto di quest'Aula ?
      L'ultima cosa che ci piacerebbe sottolineare, signora Presidente, è la seguente: il Presidente del Consiglio Renzi, appena insediatosi a palazzo Chigi twittò un messaggio nel quale comunicava di aver parlato con i nostri due fucilieri di marina in India. «Ho appena parlato al telefono con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, faremo semplicemente di tutto», disse. A questo punto chiedo al Presidente Renzi: raddoppiare la presenza dei nostri militari in seno alla missione antipirateria Ocean Shield, le sembra coerente con quanto da lei affermato ? Ma si sa, a gettare fumo negli occhi degli italiani lei è un maestro peccato che oltre a questa competenza ci sia il nulla.

      PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marco Marcolin.  Ne ha facoltà.

      MARCO MARCOLIN. Signora Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti Pag. 57del Governo, il disegno di legge di conversione del decreto-legge Atto Camera n.  2149 oggi al nostro esame continua a farsi segnalare per i problemi di sempre, sui quali abbiamo cercato di attirare la vostra attenzione, anche presentando una nostra relazione di minoranza. Il primo punto da sottolineare è la condizione persistente di precarietà normativa in cui si muovono i nostri militari mandati in missione. Basta leggere il piano dei finanziamenti e delle coperture per rendersi conto che anche quest'anno sarà certamente necessario ricorrere ad almeno un secondo provvedimento per assicurare la permanenza fino al prossimo 31 dicembre delle truppe del nostro Paese nei numerosi teatri in cui sono coinvolte.
      Le missioni, infatti, che si concluderanno alla fine del primo semestre 2014, lo sappiamo tutti, continueranno, anche se non si sa ancora esattamente con quali livelli di forza ciascuno, mentre questo decreto esaurisce completamente le risorse messe a disposizione dalla vigente legge di stabilità per le missioni di pace investendo, per questi sei mesi, 614 milioni di euro stanziati per l'intero anno.
      Il Governo ne dovrà quindi trovare altrettanti o forse pochi di meno all'inizio di luglio, non si sa ne dove ne come. I nostri uomini, le donne impegnate nei teatri operativi spesso difficili e rischiosi meritano molta più attenzione di questa approssimazione, almeno una gestione più ordinata o meglio programmata nei loro interventi all'estero.
      Pensiamo che questo possa essere fatto con una selezione più rigorosa delle missioni, andando dove veramente sono in gioco interessi essenziali al nostro Paese e rinunciando alle operazioni intraprese solo per mostrare bandiera. Riteniamo che sia stata persa un'altra preziosa occasione per avviare un risparmio anche in questo campo, cosa della quale ci rammarichiamo ancora di più di fronte ai tagli che stanno per abbattersi su strutture essenziali dello Stato, come quelle che tutelano la sicurezza dei cittadini nella loro vita di tutti i giorni.
      L'insieme degli interventi rinnovati fino a fine di luglio è ancora obbiettivamente sproporzionato alle nostre possibilità ed esigenze; manteniamo militari in Africa, Asia, Europa oltre che nel Mediterraneo, nel Mar Rosso e nell'Oceano Indiano, ed anche se la riduzione del numero degli uomini e delle donne presenti all'estero è apprezzabile, notiamo che è tutta concentrata sull'Afghanistan, missione in cui è altamente incerta la prosecuzione e che diversi nostri alleati non considerano più nel loro interesse continuare. Parliamo di Stati come la Francia, il Canada, l'Olanda ed anche la Gran Bretagna. L'interrogativo circa l'opportunità di andare avanti è reso adesso anche più urgente dalla circostanza che in Afghanistan non sanno più apparentemente cosa fare neanche gli Stati Uniti, in bilico come sono tra la tentazione del rimpatrio completo delle loro truppe e l'ipotesi di forme di presenza comunque molto leggera. Al Senato sono cose che lo stesso relatore del provvedimento ha fatto notare e facciamo nostre le sue osservazioni.
      Quanto al Libano, la partecipazione all'UNIFIL 2 si è di fatto trasformata in una vulnerabilità strategica, come è emerso in occasione degli sviluppi della crisi siriana seguiti all'impiego di aggressivi chimici nei pressi di Damasco.
      Ci sono, peraltro, interventi più definibili come quello di contrasto alla pirateria per quanto sia stato indirettamente all'origine dell'imbarazzante vicenda dei marò che ci vede tuttora contrapposti all'India e, soprattutto, il complesso delle iniziative prese per assistere la Libia nel difficile percorso verso la stabilizzazione. Lì dovremmo in futuro probabilmente pensare di investire di più a causa dell'importanza che la Libia ha sotto il profilo delle forniture energetiche e del controllo dei flussi migratori. Oltretutto ce lo chiedono apertamente anche gli Stati Uniti.
      Il controllo dei flussi migratori illegali tra le due sponde del Mediterraneo, pilastro essenziale di una politica che miri a salvaguardare l'inclusione della Repubblica nell'area di Schengen, andrebbe associato ad un presidio più efficace del Pag. 58canale di Sicilia ed anche ad una politica della cooperazione allo sviluppo più generosa e mirata, meno dispersiva anche dell'attuale.
      Tutto induce a ritenere necessaria una redistribuzione delle nostre scarse risorse tra i possibili impegni alternativi e disponibili.
      Vogliamo aggiungere un'ulteriore osservazione finale: è certamente necessario e giusto stanziare fondi per assistere i nostri connazionali in pericolo all'estero, ma è opportuno esigere chiarezza sulle modalità del loro indirizzo.
      Ci abbiamo provato, proponendo alcuni emendamenti per scongiurare il rischio che i nostri soldi finiscano nelle tasche di chi pratica il terrorismo, finora senza successo. Insisteremo, però, su questo punto anche in futuro.
      Esprimendo, quindi, dubbi e perplessità, non intendiamo in alcun modo delegittimare l'azione dei nostri giovani chiamati ogni giorno ad esporsi personalmente a causa delle nostre scelte politiche. Al contrario, vogliamo promuovere una riflessione più profonda sul modo migliore di valorizzare i sacrifici. È per questo che siamo insoddisfatti e voteremo contro il provvedimento oggi al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

      ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo ai sensi dell'articolo 44 del Regolamento. Presidente, questa è una discussione importante su un decreto che ci sta molto a cuore, che riguarda i nostri concittadini militari che sono in giro per il mondo a difendere gli interessi del Paese e della pace, e riteniamo che sia importante andare verso una conversione in sicurezza di questo provvedimento, che, come è noto, scade lunedì.
      Ci sono circa 110 iscritti nella discussione sulle linee generali, per un totale di oltre 50 ore di discussione: è evidente che, di fronte a queste 50 ore di discussione... Disturbo, disturbo ? È evidente che queste 50 ore di discussione non sono sostenibili per consentire a questo Parlamento di convertire il decreto in tempi ragionevoli.
      Quindi, ai sensi dell'articolo 44 del Regolamento, io chiedo il «taglio» della discussione sulle linee generali, per poi procedere al seguito del provvedimento. Faccio presente, peraltro, che da parte nostra non c’è alcuna intenzione di chiudere la possibilità di discutere su questo tema, posto che anche la riflessione e gli approfondimenti fatti in sede di Commissione sono stati ampi e, quindi, ritengo che non vi sia una compressione di diritti da parte di nessuno, ma vi sia semplicemente una volontà di non consentire che l'ostruzionismo impedisca la conversione di un provvedimento che è importante per il nostro Paese.

      PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Rosato.
      Sulla richiesta di chiusura della discussione sulle linee generali darò la parola, a norma dell'articolo 44, comma 1, del Regolamento, ad un oratore contro ed ad uno a favore, per non più di cinque minuti ciascuno.
      Ha chiesto di parlare contro, l'onorevole Scotto. Prego, ne ha facoltà.

      ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, mi dispiace, ma ci risiamo. Noi abbiamo provato ad avere un atteggiamento estremamente costruttivo e dialogante su tutto il provvedimento, fino addirittura a immaginare una nostra partecipazione a una discussione generale che sentiamo rilevantissima ed estremamente importante per il contributo di merito che può portare una forza come Sinistra Ecologia Libertà, e abbiamo scelto di iscrivere soltanto due oratori. E abbiamo provato a contestare il merito del decreto, avanzando proposte.
      Non è responsabilità dell'opposizione se il decreto è in scadenza il 17 marzo, è responsabilità della maggioranza che, nel Pag. 59frattempo, ha prodotto una crisi di Governo, un cambio di Governo e un'accelerazione impropria sulla legge elettorale. E questo argomento, che aveva tutta la dignità di poter essere centrale nella discussione in Parlamento, come al solito è finito in coda. Lo dico con grande rispetto all'onorevole Rosato.
      Ho riconosciuto anche nelle parole del relatore un tentativo di aprirsi alle ragioni dell'opposizione. Mi dispiace, invece, che il Partito Democratico scelga di «tagliare» una discussione che poteva aiutare a riavvicinarsi. Purtroppo, invece, ci troviamo di fronte all'ennesima tagliola.
      Voteremo contro e diremo chiaramente al Paese che una discussione importante come quella sulle missioni meriterebbe un'altra dignità e, probabilmente, un'altra sensibilità da parte delle forze politiche di maggioranza.

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore della proposta dell'onorevole Rosato l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

      ROCCO PALESE. Signor Presidente, noi riteniamo invece che la proposta dell'onorevole Rosato vada accolta pienamente perché, due o tre mesi fa, si è già svolta una discussione ampia sulle missioni all'estero. Anzi, a nostro avviso, dovrebbe essere modificata proprio la legge-quadro. Infatti è inutile che, ogni due o tre mesi, noi ci troviamo a rinnovare questo impegno.
      All'inizio dell'anno il Parlamento, su proposta del Governo, dà l'indirizzo e poi, dopo, segue l'attuazione; ripetere continuamente e in maniera eterna, cioè sempre, le stesse cose penso che non convenga veramente a nessuno. Ognuno ha le sue posizioni, ognuno ha le sue argomentazioni, che sono state dette.
      Qui si ribadiscono le posizioni di ogni gruppo autonomamente e legittimamente da parte di tutti. Ma poi bisogna sentire il punto di vista del Governo rispetto a quest'atto. Ribadiamo che una delle cose essenziali, e un'occasione unica nel contesto, su cui vogliamo anche dei chiarimenti, è capire a che punto è la situazione dei marò.

      FILIPPO GALLINELLA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

      PRESIDENTE. Non posso darle la parola, onorevole Gallinella; non posso darle la parola sull'ordine dei lavori ora. Siamo in fase di votazione, dobbiamo procedere ad una votazione.
      Pongo in votazione, mediante procedimento con registrazione dei nomi, la richiesta di chiusura della discussione sulle...

      FILIPPO GALLINELLA. Ci sono le Commissioni in corso !

      MATTEO BRAGANTINI. Ci sono le Commissioni aperte !

      PRESIDENTE. Chiedo agli uffici di verificare. Anziché chiedere di parlare sull'ordine dei lavori, se qualcuno di voi lo avesse sommessamente chiesto, sarebbe stato più semplice.
      Chiedo agli uffici di verificare e di fare immediatamente sconvocare le Commissioni per consentire a tutti i colleghi di partecipare alla votazione che, come sapete, è una votazione con registrazione dei nomi.
      Avete idea di quali Commissioni siano convocate ? Ambiente... Vedo qui il presidente della Commissione ambiente e mi sembra difficile che la Commissione sia convocata in sua assenza. La Commissione lavoro: vedo qui il presidente della Commissione lavoro, mi sembra difficile che sia convocata in assenza del presidente Damiano. Commissione giustizia: è qui la presidente e, quindi, non credo sia convocata. Attendo ancora per un secondo una verifica dagli uffici. Commissione attività produttive, mi dicono. Non è così, va bene.
      Colleghi, io non ho notizia formale di alcuna Commissione convocata, pertanto dobbiamo procedere.
      Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla richiesta di Pag. 60chiusura della discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione in esame.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Catania... Oliaro... Cassano... Taricco... Folino... Mazzoli... Capezzone... Marotta... Folino...
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

            (Presenti     561            
            Votanti     521            
            Astenuti       40            
            Maggioranza     261            
                Hanno votato
    365                
                Hanno votato
no     156).                

      Ricordo che, essendo stata deliberata la chiusura della discussione sulle linee generali, ha facoltà di parlare, a norma dell'articolo 44, comma 2, del Regolamento, e per non più di 30 minuti, un deputato, fra gli iscritti non ancora intervenuti nella discussione, per ciascuno dei gruppi che ne facciano richiesta.
      Per il gruppo Sinistra Ecologia Libertà ha chiesto di parlare il deputato Marcon.  Ne ha facoltà.

      GIULIO MARCON. Signora Presidente, gentili colleghi, signori del Governo, oggi noi ci troviamo per l'ennesima volta a dover discutere e decidere sull'autorizzazione delle nostre missioni all'estero, sulla proroga di queste missioni, e lo facciamo in un modo a dir poco discutibile. Si tratta di un decreto contenitore, eterogeneo...

      DONATELLA DURANTI. Presidente, non può parlare così !

      PRESIDENTE. Onorevole Duranti, lei ha ragione, ma è quasi impossibile il silenzio nell'Aula. Chiedo ai colleghi che intendano lasciare l'Aula di farlo silenziosamente, se è possibile, e vi ricordo che ci sono altri voti a breve. Prego, onorevole Marcon.

      GIULIO MARCON. Dicevo che si tratta di un modo di procedere a dir poco discutibile. Infatti, questo è un decreto contenitore, direi omnibus, delle nostre missioni all'estero, è un decreto eterogeneo con finalità e caratteristiche assai diverse e con modalità operative assai dissimili. Alcune delle missioni sono condivisibili, altre decisamente no. Noi abbiamo chiesto più volte, come Sinistra Ecologia Libertà...

      PRESIDENTE. Colleghi, per favore, fate silenzio ! C’è silenzio quando lei non parla, poi quando lei parla ricomincia il rumore !

      GIULIO MARCON. Dicevo che i parlamentari di Sinistra Ecologia Libertà, come anche altri parlamentari, hanno chiesto più volte lo spacchettamento delle missioni, ovvero la possibilità di votare le missioni una per una, cosa che succede normalmente in altri Paesi, fra cui gli Stati Uniti d'America. Da noi, invece, abbiamo questa cattiva abitudine di votare le missioni tutte insieme e, quindi, di non poter esprimere un giudizio specifico sulle operazioni nelle quali siamo coinvolti. Questo ci costringe a dare, con un unico voto su missioni molto diverse, un parere che sarebbe diverso se valutassimo le singole missioni.
      Per questo, noi auspichiamo che al più presto il Parlamento discuta e voti una legge-quadro sulle missioni all'estero – noi di Sinistra Ecologia Libertà abbiamo presentato una proposta in merito – che ci permetta di affrontare il tema delle missioni non in modo così approssimativo e confuso, come stiamo facendo, ma con la consapevolezza di quello che stiamo votando.
      Ipocritamente, il titolo di questo decreto fa riferimento in larga parte al rifinanziamento anche di iniziative di cooperazione e di ricostruzione. È un titolo direi falso, ipocrita perché alla cooperazione e alla ricostruzione noi dedichiamo con questo decreto pochi spiccioli, poche briciole, che sono anche diminuite rispetto al provvedimento precedente. Ricordo, infatti, che per lo sminamento più o meno ci sono gli stessi soldi, ma questo è un Pag. 61decreto che vale per sei mesi mentre il decreto precedente era per tre mesi. E ricordo che per la cooperazione ci sono un po’ di soldi in più, ma anche in questo caso il decreto vale per sei mesi, mentre la volta precedente era per tre mesi, quindi proporzionalmente ci sono meno soldi per lo sminamento e per la cooperazione.
      Tra l'altro, proprio in Afghanistan, vorrei ricordarlo, le attività di cooperazione sono state spesso piegate ad una strumentalizzazione di un interventismo militare che usa il paravento umanitario per accreditarsi e per legittimarsi. Le attività umanitarie e di cooperazione devono essere indipendenti e imparziali, come hanno più volte richiesto le ONG e le organizzazioni umanitarie internazionali, ed è per questo che noi rifiutiamo la dottrina e la pratica della cooperazione civile e militare della NATO, che il nostro Paese sposa in pieno, che il nostro Governo sostiene e ha sperimentato in Afghanistan e che invece è rifiutata, come ricordavo prima, da gran parte del mondo umanitario e non governativo.
      Proprio sulla missione in Afghanistan noi diamo un giudizio negativo. È una missione sbagliata che non ha pacificato e non sta pacificando il Paese e che di certo non ha sconfitto i talebani, gli stessi talebani con cui magari, tra un po’, il Governo afgano, con l'avallo della comunità internazionale, dovrà poi venire a patti dopo le prossime elezioni del 5 aprile, e magari farci un accordo, gli stessi talebani contro cui si è fatta una guerra e occupato un Paese per 15 anni senza per questo costruire le condizioni di democrazia e di pace in quel Paese.
      Noi siamo con la società civile afgana, l'abbiamo sostenuta, la incoraggiamo e l'accogliamo qui in Italia, con le donne e con gli uomini che si battono ogni giorno per la democrazia, per la pace e per i diritti umani, quella società civile di cui, per troppo tempo, la comunità internazionale non ha tenuto conto, trattando con i signori della guerra, con i responsabili delle bande, con gli autocrati di quel Paese. Noi diciamo, invece, che va sostenuta la società civile e con i rappresentanti della società civile bisogna interloquire e costruire un rapporto importante.
      La missione in Afghanistan è stata un fallimento: migliaia di morti, miliardi di dollari spesi senza dare una autentica pacificazione a quel Paese, una parte del territorio è ancora in mano ai talebani. E una parte di queste missioni militari, che noi andiamo a finanziare, è subalterna alla logica dell'interventismo militare e della NATO, di una visione delle relazioni internazionali fondata sulla forza e sul predominio delle armi.
      A questa logica, noi ne opponiamo un'altra, quella delle Nazioni Unite, quella della prevenzione dei conflitti, quella della costruzione della pace e del disarmo e della cooperazione internazionale. La comunità internazionale deve investire di più nella prevenzione e nella sicurezza comune, negli organismi sovranazionali come l'ONU e non nell'interventismo militare e nelle alleanze militari come la NATO, che sono espressioni di una volontà politica di parte e proprio per questo non possono essere prese a riferimento dell'imparzialità.
      Noi voteremo contro questo decreto, che reputiamo sbagliato nel merito, nella forma e in alcune delle sue finalità. Pensiamo che le nostre Forze armate debbano avere un ruolo di pace e di impegno nelle operazioni vere di peacekeeping, e non un ruolo di occupazione militare di natura bellica e contraria alla nostra Costituzione. Noi pensiamo che l'Italia dovrebbe essere capace di favorire e finanziare tutte le iniziative di prevenzione non violenta e civile nei conflitti. Ne abbiamo la possibilità.
      Nell'esame della scorsa legge di stabilità è stato approvato un emendamento per sostenere e finanziarie i corpi civili di pace nei prossimi tre anni. Ci saranno 500 giovani che lavoreranno nei conflitti in attività di interposizione non violenta, di diplomazia dal basso, di solidarietà internazionale. Noi chiediamo formalmente al Governo di dare rapidamente attuazione a questo emendamento, dimostrando così che la pace si può costruire con la pace e Pag. 62che i volontari, gli operatori di pace, le ragazze e i ragazzi in servizio civile possono dare anche loro un contributo importante alla soluzione dei conflitti.
      Signor Presidente, cari colleghi, esponenti del Governo, noi voteremo contro questo decreto perché abbiamo un'altra visione della politica estera del nostro Paese e perché pensiamo che la stabilità internazionale non si costruisca con l'interventismo armato ma solo costruendo condizioni realizzabili di giustizia, di disarmo e di promozione dei diritti umani. Solo con un'idea diversa delle relazioni internazionali possiamo dare vita ad una nuova stagione di sicurezza comune e di coesistenza. Un decreto come questo, così eterogeneo, non risponde a questa esigenza, per questo voteremo contro e chiediamo al Governo di non metterci più nelle condizioni in cui siamo oggi, una situazione in cui saremo costretti a votare un provvedimento così confuso e così sbagliato (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

      GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      GIANLUCA PINI. Signor Presidente, contrariamente a quello che è successo al sottoscritto, che ha ricevuto giustamente la comunicazione da parte del presidente della III Commissione che la Commissione affari esteri slitta alla fine dei lavori dell'Aula per lo svolgimento del question time, al collega Busin è stata appena comunicata la convocazione della Commissione dicendo che vi è il question time.
      Questa sovrapposizione di lavori è assolutamente inaccettabile. Io capisco che siamo in una fase di chiusura della discussione sulle linee generali, però a breve, perché un intervento potrebbe durare mezz'ora ma potrebbe durare anche cinque minuti l'intervento successivo, è sicuramente prevista una votazione e i colleghi non possono fare la spola fra l'Aula e la Commissione a seconda delle decisioni che vengono prese in maniera assolutamente singolare dai presidenti delle singole Commissioni.
      Quindi, le chiedo di intervenire su tutti i presidenti di Commissione per dire che c’è un accordo informale, di cui lei sicuramente darà notizia a breve, che anche in presenza di un'eventuale posizione della questione di fiducia comunque si svolgeranno i lavori, qualora ci sia l'accordo tra tutti i gruppi, e quindi le Commissioni, cortesemente, devono essere spostate al termine dei lavori dell'Aula perché, ripeto, un parlamentare non può continuamente andare dentro e fuori dell'Aula, a seconda delle paturnie del presidente di Commissione.

      PRESIDENTE. Mi sembra un'osservazione comprensibile. Per la verità, alcuni presidenti di Commissione, tra cui il presidente della Commissione finanze, mi avevano chiesto se c'erano immediate votazioni. Ovviamente, non ci sono immediate votazioni, però mi sembra ragionevole disporre la sconvocazione delle Commissioni. Va bene, allora disponiamo la sconvocazione e intanto andiamo avanti.
      È iscritto a parlare, per il gruppo MoVimento 5 Stelle, il deputato Paolo Bernini. Ne ha facoltà.

      PAOLO BERNINI. Signor Presidente, dopo la risposta del Viceministro Pistelli mi sento in dovere di fare una precisazione: oggi in quest'Aula il deputato Speranza ci ha chiamato «amici». Ora lei ci etichetta come gli amici dei talebani. Sinceramente, poteva risparmiarselo.
      Nella nostra relazione di minoranza, se lei, Viceministro, l'avesse ascoltata con attenzione, può trovare una critica all'utilizzo della guerra con cui i Paesi esteri hanno condannato il popolo afgano in questi 50 anni. Dall'impero britannico a quello sovietico fino alla NATO non si è mai portata la pace e la stabilità né, tanto meno, democrazia e diritti umani in Afghanistan.  Chiariamo, ancora una volta, che nessuna risoluzione dell'ONU autorizzava Pag. 63l'invasione dell'Afghanistan e non ha neanche, per questo motivo, validità a livello del diritto internazionale.
      Voi ci dite che è difficile ora lasciare l'Afghanistan e lasciare la sua popolazione in balia degli eventi, ma io mi chiedo: chi sono i responsabili di questa invasione ? Chi ha autorizzato le nostre Forze armate ad andare in Afghanistan ? Voi ! Quindi, è vostra la responsabilità di fare rientrare i nostri soldati entro l'anno.
      Vorremmo ricordare che i talebani sono stati foraggiati e bene armati, in funzione antisovietica negli anni Ottanta, dagli Stati Uniti, gli stessi Stati Uniti che guidano oggi l'invasione dell'Afghanistan. Bin Laden è un prodotto di quel vivaio degli orrori, creato durante la guerra fredda per combattere l'Unione Sovietica. Ricordiamo, inoltre, che i probabili attentatori dell'11 settembre erano tutti di nazionalità saudita, non afgana. Ma siccome gli emiri dell'Arabia Saudita sono alleati dei Paesi occidentali, si è preferito vendicarsi sul popolo afgano, detentore di innumerevoli materie prime da poter sfruttare. Ribadiamo: il popolo afgano, bambini e donne comprese, sono le vere vittime di questa guerra assurda.
      Questa storia assurda e palesemente inventata che il MoVimento 5 Stelle è a favore della sharia il Viceministro Pistelli poteva risparmiarsela. Vedremo quando ci sarà da dare il parere sui nostri ordini del giorno in merito al Qatar e al Bahrain, regimi palesemente dittatoriali con i quali facciamo affari, come dimostra l'ultimo viaggio all'estero dell'ex Presidente Letta con la missione di vendere armi con la portaerei Cavour. Vedremo se in quel caso l'onorevole Pistelli ci ricorderà che dobbiamo combattere la sharia e non foraggiarla (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). La pace non la si porta con le armi, ma con il dialogo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Si sono così conclusi gli interventi svolti a norma dell'articolo 44, comma 2, del Regolamento.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2149)

      PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza per la Commissione affari esteri, deputato Manlio Di Stefano. Non è presente in Aula; s'intende che vi abbia rinunciato.
      Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza per la III Commissione, deputato Gianluca Pini. Prendo atto che vi rinunzia.
      Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza per la IV Commissione, deputato Frusone. Prendo atto che vi rinunzia.
      Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la III Commissione, deputato Manciulli. Prendo atto che vi rinunzia.
      Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la IV Commissione, deputato Andrea Causin.  Non è presente in Aula; s'intende che vi abbia rinunciato.
      Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia alla replica.

(Esame di una questione pregiudiziale – A.C. 2149)

      PRESIDENTE. Ricordo che è stata presentata la questione pregiudiziale Gianluca Pini ed altri n.  1 (Vedi l'allegato A – A.C. 2149).
      Avverto che, a norma del comma 3 dell'articolo 40 e del comma 3 dell'articolo 96-bis del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
      Il deputato Pini ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n.  1. Ne ha facoltà.

      GIANLUCA PINI. Signor Presidente, utilizzerò anche meno dei dieci minuti di tempo che mi sono stati assegnati, perché il provvedimento in esame presenta profili di incompatibilità con diverse norme costituzionali, Pag. 64sia sotto il profilo del metodo con cui è stato adottato, sia dal punto di vista dei contenuti; e ciò emerge già dal titolo lunghissimo del decreto-legge in cui vi è un insieme molto eterogeneo di temi che vengono ad essere toccati e che presuppongono tutto, probabilmente, tranne che l'effettiva urgenza o emergenza tale da poter utilizzare la decretazione d'urgenza.
      In particolare, dal punto di vista del metodo, il decreto-legge oggetto del procedimento di conversione dispone una proroga semestrale di numerosi interventi militari nazionali; però sono interventi di fatto di lunga durata, in taluni casi sono in corso da anni, e per i quali non è stata assolutamente presa in considerazione, all'interno del testo, l'eventualità di una prossima interruzione o cessazione nell'arco di tempo cui il provvedimento fa riferimento. Si tratta di una circostanza che ci induce a ritenere l'insussistenza del requisito di urgenza.
      Faccio un esempio: le unità militari italiane che prendono parte alle missione ISAF, sin dal suo inizio, cioè dal gennaio 2002, sono composte da migliaia di persone e il Governo si è impegnato ad assicurare il proseguimento della partecipazione sino a conclusione complessiva dell'intervento previsto dall'alleanza, cioè fino al prossimo 31 dicembre. Ora, da un punto di vista del profilo costituzionale, dove si ravvisa l'urgenza, l'emergenza di prorogare di sei mesi una partecipazione che, in realtà, durerà ancora un anno nelle previsioni ? Dal punto di vista anche dell'eleganza del metodo normativo, direi che siamo ad un livello veramente scarso.
      L'altro esempio è la questione del contingente italiano che opera in Libano. Qui siamo addirittura presenti dal 1982, quindi capite bene che, sempre sotto un profilo di metodo, la questione dell'urgenza lascia veramente poco spazio a quelli che dovrebbero essere i criteri per la decretazione d'urgenza. In più, sottolineiamo come di fatto l'urgenza e l'emergenza derivino non da improvvisi eventi calamitosi di origine naturale o umana, quindi qualcosa di assolutamente imprevedibile, ma da una deliberata scelta politica di disporre le proroghe per brevi archi di tempo. Questo ci fa pensare solo ed esclusivamente al fatto che, verosimilmente, la ragione sia dettata da persistenti incertezze di natura finanziaria e non da urgenze ed emergenze. Quindi, anche qui, sotto il profilo della costituzionalità, direi che proprio non vi è alcuna attinenza.
      In più, ci sono, a nostro avviso, delle incertezze di natura politica ed economica che gravano pesantemente – come dicevo prima anche durante la discussione sulle linee generali – sul futuro delle missioni oggetto del provvedimento in esame, perché la proroga degli interventi militari in corso all'estero, disposta dal decreto del 16 gennaio 2014, fino al termine del prossimo 30 giugno, assorbe integralmente le risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge di stabilità del 2006 e successive modificazioni e integrazioni.
      Il fondo che viene utilizzato è stato rifinanziato dalla corrente legge di stabilità 2014, e serve appunto per le missioni. Il totale assorbimento di questo fondo, senza che sia stato contemplato minimamente alcun meccanismo di ritiro dei contingenti fuori dai confini nazionali, determina di fatto i presupposti della necessità di un'ulteriore reiterazione della decretazione d'urgenza e, quindi, alla fin fine si tratta di una vera e propria presa in giro, se non altro – ripeto – sotto il profilo del metodo, sotto il profilo dell'eleganza normativa, ma anche sotto il profilo proprio della caduta temporale delle norme previste nel decreto.
      Inoltre, rileviamo come nel provvedimento figurino disposizioni che sono notevolmente difformi rispetto all'oggetto. Quindi, non solo l'oggetto del decreto-legge è molto eterogeneo e presuppone già nel titolo questioni che non hanno alcuna urgenza ed emergenza, ma all'interno poi si trovano le solite, come le definirebbe il mio amico Bragantini, «marchette», che nulla hanno a che fare con questioni di urgenza, ad esempio il finanziamento allo Staff College delle Nazioni Unite di Torino o all'Unione per il Mediterraneo o al segretariato dello IAI, tutte istituzioni assolutamente meritorie, ci mancherebbe, Pag. 65ma che non paiono essere direttamente coinvolte nelle missioni internazionali che andiamo a rifinanziare.
      Quindi, c’è un profilo di altissimo rischio di incostituzionalità di queste norme. Mi auguro che, in fase di conversione del decreto, vengano espunte dal testo, perché se si chiede a tutta l'Aula, a tutto il Parlamento di dare un segnale di compattezza, di forza riguardo alla tutela dei militari esposti nelle missioni internazionali, poi non si possono fare i giochini per accontentare gli amici o per accontentare qualche «scamuzzo» o – ripeto – fare qualche marchetta. Questo è assolutamente inaccettabile.
      In ultimo, ripeto, sempre sulla stessa linea, ci sono altre misure introdotte ancora meno omogenee rispetto all'oggetto del provvedimento, come quelle che concernono il tempo di trattenimento nel grado dei capitani dell'Arma dei carabinieri o la revisione della tabella organica del ruolo dei direttori tecnici della Polizia di Stato. Forse può riguardare personale impiegato in qualche missione, però ci sembra veramente residuale e anche poco intelligente, a nostro avviso, inserire norme di questo tipo all'interno di un decreto sulle missioni.
      Per tutto ciò, chiediamo all'Aula di deliberare di non procedere all'esame dell'atto Camera n.  2149, che recita: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n.  2, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione (...), e via con tutto quello che ci avete buttato dentro !
      Ripeto: sotto un profilo di metodo, ma anche sotto il profilo dei contenuti, questo decreto è palesemente incostituzionale. È un insieme troppo eterogeneo e soprattutto non affronta, come sempre, come ricordava prima il collega di SEL, il problema principale. Non c’è programmazione all'interno delle missioni internazionali. Se deve essere utilizzata la decretazione d'urgenza, questa deve essere utilizzata perché c’è un'effettiva urgenza e non può essere usata solo ed esclusivamente per coprire le carenze da un punto di vista tecnico-finanziario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

      PRESIDENTE. Prendo atto che i deputati Cicu e Scotto, che avevano chiesto di parlare, vi rinunciano.
      Ha chiesto di parlare il deputato Garofalo. Ne ha facoltà.

      VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, il gruppo parlamentare del Nuovo Centrodestra voterà contro la pregiudiziale di costituzionalità presentata al decreto-legge sulle missioni internazionali, che ritiene inopportuna ed errata nella sostanza e nelle stesse motivazioni che la supportano.
      In realtà, il provvedimento al quale si riferisce la pregiudiziale di costituzionalità prevede: disposizioni di proroga del finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali per il primo semestre 2014; misure dirette alla prosecuzione delle operazioni cui partecipa l'Italia per mantenere la pace e la sicurezza in ambito internazionale, costituendo questa un preciso impegno dell'Italia in politica estera.
      Infatti, il nostro Paese svolge un ruolo cruciale sullo scenario internazionale partecipando, con le proprie Forze armate, alla stabilizzazione delle aree di crisi, contribuendo così a realizzare e salvaguardare la democrazia, favorendo lo sviluppo sociale ed economico delle stesse.
      Il contributo del nostro Paese per garantire la pace e la stabilizzazione delle aree di crisi deve essere, quindi, assicurato perché deve perseguire gli obiettivi ai quali abbiamo accennato e perché rafforza il prestigio internazionale dell'Italia, rappresentando ormai una sua consolidata esperienza in politica estera.
      Il provvedimento viene emanato ogni sei mesi per affrontare le problematiche relative alla partecipazione alle missioni internazionali, le cui attività e le cui modalità di azione vanno monitorate e costantemente adeguate. Il disegno di legge di conversione del decreto-legge, dunque, è frutto di una prassi ormai costante e Pag. 66ripetuta nel tempo, che impegna il nostro Paese da un punto di vista internazionale ed europeo. Ed è proprio sulla base di tali considerazioni che il provvedimento ha, quindi, tutti i requisiti di necessità ed urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione e contiene disposizioni dirette a fronteggiare situazioni indifferibili che derivano da impegni assunti dal nostro Paese.
      Nella questione pregiudiziale, inoltre, si fa riferimento e si esprimono considerazioni sulla mancanza di coerenza delle misure contenute nel provvedimento. Per quanto riguarda l’ omogeneità dei decreti-legge, la Corte costituzionale, intervenuta sul merito della loro costituzionalità, ha precisato che l'urgente necessità del provvedere può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura ordinaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie, complesse e variegate che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, ma indirizzati all’ unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni venutesi a determinare.
      Gli oggetti, quindi, possono riguardare materie diverse, purché accomunate da uno scopo unitario. Ma anche le modalità di motivazione del provvedimento possono risultare variegate ed articolate, proprio perché complesse e varie possono essere le situazioni che vanno fronteggiate.
      I presupposti di necessità e di urgenza sono, quindi, evidenti in considerazione delle ragioni prevalenti del Governo nell'affrontare operazioni essenziali e, in particolare, impegni internazionali. Occorre, quindi, garantire continuità e sostegno al nostro impegno nelle aree di crisi, assicurando la prosecuzione delle missioni internazionali nelle migliori condizioni possibili.
      Per tali ragioni, ribadiamo il nostro voto contrario alla questione pregiudiziale di costituzionalità presentata al decreto-legge in esame. Il Nuovo Centrodestra, infatti, in piena continuità con le politiche dei Governi precedenti, che hanno restituito negli anni un ruolo di primo piano al nostro Paese nella politica estera, è fermamente convinto della necessità di garantire la pace, la cooperazione e lo sviluppo sociale ed economico delle aree di crisi, sostenendo i nostri militari, ai quali va sempre la nostra gratitudine ed il nostro affetto, impegnati ad operare in condizioni difficili per scopi altamente umanitari.

      PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Balduzzi, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
      Ha chiesto di parlare la deputata Corda. Ne ha facoltà.

      EMANUELA CORDA. Signor Presidente, è opportuno evidenziare che queste stesse osservazioni sugli evidenti profili di incostituzionalità di questo decreto-legge erano già state da noi avanzate nel passaggio del provvedimento al Senato. Ecco perché riteniamo importante sostenerle anche in questa sede dinanzi a cotanta ostinazione e arroganza da parte dell'Esecutivo nel riproporre un provvedimento spacciandolo come urgente, quando di urgente non ha neppure una virgola, a parte la necessità di mettere una toppa laddove per decenni non si è mai provveduto a disciplinare la materia con apposite leggi: la legge-quadro in primo luogo, che si spera veda la luce prima che sia emanato un altro provvedimento simile.
      Questa situazione e l'utilizzo improprio della decretazione d'urgenza – lo ricordiamo – nascono proprio dall'incapacità della politica, dominata dalle vetuste strutture partitiche, di assolvere ai propri compiti, offrendo risposte concrete su temi specifici. Non solo, oggi ci ritroviamo ad affrontare in Aula un decreto-legge di questa portata, su una materia così delicata, con la pistola puntata alla tempia: un passaggio in Commissione alla velocità del suono nella votazione degli emendamenti e un drastico ridimensionamento dei tempi di discussione.
      Il tutto per via di un accordo extraparlamentare – lo ricordiamo – tra l'attuale premier ed il condannato per frode fiscale Silvio Berlusconi; accordo maturato senza alcuna condivisione, per portare a Pag. 67casa una «legge elettorale-vergogna», peggiore anche del Porcellum.
      Questo decreto, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nasce, come tutti i decreti sullo stesso tema che lo hanno preceduto, già viziato da presupposti sbagliati. Parliamo di un provvedimento che pone ancora una volta in esame la volontà di rifinanziare le missioni internazionali in un clima di enorme incertezza finanziaria, politica ed economica.
      Il costo delle missioni – lo ricordiamo – si aggira quasi fino ad 1,4 miliardi di euro ogni anno, che, uniti ai miliardi per il mantenimento delle Forze armate e a quelli per l'acquisto di armi ed armamenti, ammontano a quasi 29 miliardi, cifre evidentemente abnormi, che posizionano l'Italia al decimo posto per spese militari a livello mondiale.
      Per via degli effetti di questo decreto, nei primi sei mesi del 2014 saranno stanziati complessivamente 619 milioni di euro, per poi effettuare una variazione di bilancio, in modo tale da predisporre nuove risorse per i successivi sei mesi.
      In Commissione difesa, con le altre forze politiche, ma anche e soprattutto nelle nostre assemblee, come MoVimento 5 Stelle abbiamo affrontato costantemente questi temi, facendo presente con forza che occorre una maggiore informazione, una maggiore trasparenza e una corretta e precisa rendicontazione di tutto quello che riguarda le missioni effettuate dal nostro Paese, ma soprattutto maggiore impegno e coinvolgimento del Parlamento.
      Di quasi tutte le missioni rifinanziate con questo decreto non è indicata la fine né il piano di rientro per il personale ed i mezzi impegnati. Basti pensare al Libano, per esempio, dove opera un imponente contingente italiano dal settembre 2006, detenendone il comando, e non risulta che sussista alcuna intenzione di interrompere l'intervento a partire dal prossimo 30 giugno, così come evidenziato nella pregiudiziale presentata dalla Lega.
      Il decreto-legge oggetto del procedimento di conversione, dispone la proroga semestrale di numerosi interventi militari nazionali di lunga durata. In taluni casi tali interventi sono in corso da anni e per questi non è presa in considerazione l'eventualità di una prossima interruzione o cessazione nell'arco temporale cui il provvedimento si riferisce. Questa circostanza esclude il presupposto dell'urgenza e palesa l'incostituzionalità del decreto stesso. Riteniamo dunque fondate le argomentazioni sollevate nella pregiudiziale in oggetto.
      Occorre evidenziare, inoltre, in questo decreto, oltre alla mancanza del carattere di urgenza che lo contraddistingue, essendo diventati i decreti di rifinanziamento delle missioni internazionali una cattiva prassi, anche la presenza di disposizioni che poco hanno a che fare con il tema in oggetto.
      Vado a concludere: dunque, in relazione a questa pregiudiziale presentata dai colleghi della Lega, esponiamo la nostra posizione a favore, in quanto riteniamo doveroso definire una linea più organica dei decreti presentati in occasione di questi interventi, sperando che questo sia l'ultimo decreto della serie e finalmente si ristabilisca una centralità del Parlamento e una maggiore serietà nell'affrontare tematiche così complesse, che riguardano non solo le risorse finanziarie di questo Paese, ma soprattutto la vita stessa delle persone, di qualunque razza, religione o credo politico.
      Concludo dicendo che, se a giugno ci ritroveremo davanti ad un provvedimento simile a questo, se non identico, allora questo significherà il fallimento totale di questo nuovo, vecchio Esecutivo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

      PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Carlo Galli. Ne ha facoltà.

      CARLO GALLI. Signor Presidente e onorevoli colleghi, con la questione pregiudiziale Pag. 68in esame il gruppo della Lega Nord muove una prima critica di metodo al decreto-legge di proroga del finanziamento delle missioni internazionali sul piano dell'incompatibilità con norme costituzionali, avanzando dubbi sulla sussistenza del requisito dell'urgenza.
      Come evidenzia anche la relazione di accompagnamento al provvedimento presentato al Senato, tale requisito è, al contrario, connesso alla scadenza, il 31 dicembre 2013, del termine previsto dal precedente provvedimento di proroga e dalla conseguente necessità di fornire adeguata copertura giuridica e finanziaria all'azione dei contingenti militari e del personale impiegato nelle diverse aree geografiche, senza soluzioni di continuità.
      Non possono, quindi, sussistere dubbi circa la necessità per il Governo di procedere con lo strumento del decreto-legge al fine di adottare norme idonee ad assicurare l'assenza di pericolose aporie nella copertura giuridica, finanziaria ed anche politica dell'azione svolta dai nostri connazionali che operano nelle missioni internazionali.
      Il tema evocato dalla Lega Nord, relativo al contrasto tra lunga durata delle missioni e requisito dell'urgenza, appare, quindi, privo di forza argomentativa sul piano sia logico, sia della coerenza con il dettato costituzionale. Lo stesso tema avvalora, semmai, l'auspicio, non nuovo, che in futuro siano adottati strumenti di finanziamento delle missioni a cadenza annuale utili ad esprimere continuità e prevedibilità dell'intervento italiano a sostegno della pace e della sicurezza a livello internazionale. Tale opzione potrà essere oggetto di adeguato approfondimento in occasione dell'esame delle proposte di legge finalizzate a una legge-quadro sulle missioni internazionali.
      In merito alla permanenza di lungo periodo dei nostri contingenti in contesti altamente instabili e complessi, come l'Afghanistan o il Libano, è doveroso sottolineare che la presenza dei contingenti italiani nei diversi scenari operativi è frutto di decisioni che sono maturate e sono state assunte nei fora multilaterali a cui l'Italia aderisce ed è diretta espressione del ruolo che il nostro Paese ha scelto di svolgere sulla scena internazionale, un ruolo incisivo e segnato da un approccio onnicomprensivo che guarda al consolidamento dell'azione pacificatrice svolta dai nostri contingenti, all'avvio di processi di sviluppo di lungo termine, che sappiano coinvolgere le popolazioni locali e dare senso e prospettiva all'impegno e allo sforzo profuso dalla comunità internazionale ai fini della pace e della sicurezza. Si tratta, peraltro, di decisioni che in passato le forze politiche, tanto di maggioranza, quanto di opposizione, hanno sempre condiviso in modo unitario.
      Sulle questioni di carattere finanziario che il gruppo della Lega Nord evoca, con riferimento ad incertezze di natura politico-economica legate alla consistenza del Fondo per le missioni internazionali di pace, desidero ricordare che il decreto-legge n.  78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122, ha disposto l'integrazione del Fondo nella misura di 4,3 milioni di euro per il 2014, di 64,2 milioni di euro per il 2015 e di 106,9 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2020. Con successive norme, il Fondo è stato via via incrementato al fine di assicurare sempre la congrua copertura alle missioni internazionali. Inoltre, nelle previsioni iniziali di bilancio per il 2014 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, sul capitolo relativo alle missioni militari di pace, erano stati appostati per il 2013 fondi pari a 1.318,7 milioni di euro e il Fondo ha conservato la sua capienza anche a seguito della Nota di variazioni. Peraltro, come già avvenuto in un precedente del 2011, la disposizione di proroga del finanziamento non è vincolata al Fondo missioni, ma può trovare copertura anche in altre dotazioni.
      In generale, non si possono sollevare dubbi sul fatto che il Governo, in continuità con il passato, assicuri anche per il futuro priorità al profilo della certezza finanziaria delle missioni internazionali, essendo questa il presupposto di base ai Pag. 69fini della tutela della vita e della sicurezza dei connazionali, militari e civili, che operano nelle missioni internazionali.
      Infine, quanto alle norme considerate non del tutto omogenee rispetto al contenuto del decreto-legge, si tratta di una valutazione che già il Comitato per la legislazione ha espresso, nel suo parere del 6 marzo scorso, pur rilevando che si tratta di norme comunque connesse e riconducibili al titolo e alle premesse del provvedimento da cui non è comunque derivata la formulazione di condizioni.
      Chiedo, pertanto, all'Aula di respingere, a causa di questi motivi, la pregiudiziale di costituzionalità avanzata dalla Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

      PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulla questione pregiudiziale.
      Passiamo ai voti.
      Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale Gianluca Pini ed altri n.  1.
      Dichiaro aperta la votazione.
      (Segue la votazione).

      Mazzoli, Marchi, Capezzone, Bechis, Dellai. Ci sono colleghi che non riescono a votare ? Piccione, Ginoble, Caso, Ghizzoni, Gigli, Sberna. Veloci, ai posti. Schirò, Ferro, presidente Buttiglione l'aspettiamo. Taglialatela. Sblocchiamo la postazione dell'onorevole Buttiglione. Giammanco.
      Dichiaro chiusa la votazione.
      Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

            (Presenti e votanti     454            
            Maggioranza     228            
                Hanno votato
    135                
                Hanno votato
no     319).                

      Essendo stata respinta la questione pregiudiziale, passiamo al seguito della discussione del disegno di legge.
      Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – A.C. 2149).

(Posizione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 2149)

      PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, deputata Maria Elena Boschi. Prego, Ministra.

      MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, a nome dal Governo, autorizzata dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 16 gennaio 2014, n.  2, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nel testo approvato dal Senato.

      PRESIDENTE. Che sarebbe il testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato e per gli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge vedi l'allegato A – A.C. 2149).
      A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 16 al fine di stabilire il prosieguo dei lavori.
      Nel frattempo, secondo le intese intercorse tra i gruppi, lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata avrà comunque luogo.

      DONATELLA DURANTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, volevo intervenire dopo che la Ministra Boschi, a nome del Governo, ha posto la fiducia...

Pag. 70

      PRESIDENTE. Onorevole Grassi, lasci i banchi del Governo.
      Prego, onorevole Duranti.

      DONATELLA DURANTI. ... ha posto la fiducia su questo decreto, che è stato definito da tutti, anche stamattina dal Viceministro degli affari esteri, un decreto importante. Il Viceministro ha chiamato in causa l'unità nazionale, con la solita retorica: quando qualcuno prova a dare un punto di vista diverso sulla politica estera e di sicurezza e di difesa del nostro Paese, ci si appella all'unità nazionale. Anche noi riconosciamo fortemente, abbiamo un forte sentimento di unità nazionale; l'unità nazionale che ci piace è quella che contribuisce alla solidarietà, per esempio, tra aree geografiche del nostro Paese.
      In ogni caso, dico questo alla Ministra Boschi: comincia bene il Governo Renzi....almeno il Governo presieduto da Letta ci aveva dato la possibilità di discutere sul decreto-legge, aveva posto la fiducia dopo diversi giorni di discussione e avevamo discusso gli emendamenti. Adesso, invece, si interrompe la discussione sulle linee generali dopo soli quattro interventi.
      Voglio ricordare, nel breve tempo che mi rimane a disposizione, che siamo in questa condizione non certo a causa dell'opposizione. Il decreto è arrivato al Senato il 22 gennaio, se lo sono tenuto fino al 28 febbraio, è arrivato alla Camera dei deputati il 28 febbraio, abbiamo vergognosamente avuto solo due giorni nelle Commissioni riunite – il 4 e 6 marzo – per discutere di questo importante provvedimento, e oggi siamo qui a liquidare la discussione sulle linee generali e la possibilità, che le opposizioni avevano chiesto, di discutere nel merito e anche di proporre modifiche a questo decreto, e ci troviamo di nuovo di fronte alla posizione della questione di fiducia.
      Noi, è stato già detto, voteremo contro, ma vi diciamo, rappresentanti del Governo Renzi, che avete cominciato peggio, peggio di come aveva finito il Governo che vi ha preceduto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

      GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      GIANLUCA PINI. Signor Presidente, notiamo come effettivamente ci sia un segno di discontinuità pesante e, purtroppo, negativo già in questo Governo rispetto al precedente, che aveva dichiarato ed effettivamente anche utilizzato in maniera molto parca il ricorso al voto di fiducia, e ci dispiace perché è una contrazione pesante del dibattito parlamentare, soprattutto su temi delicati e, se vogliamo dirlo, sulle missioni, anche un può incancreniti. Infatti, ad ogni decreto ci viene detto: questo sarà l'ultimo, poi ci sarà una sorta di legge-quadro per dare una organicità e una programmazione alle missioni internazionali, perché – come avevamo modo, prima, di interloquire con i rappresentanti del Governo – non può essere definito «urgenza» un testo che proroga una missione come quella del Libano, che dura da 32 anni, Ministro Boschi.
      Quindi, le rivolgo l'invito, senza polemiche, a farsi carico – anche per rispetto nei confronti del Parlamento, con cui lei è dedicata a interloquire – di portare sul tavolo del Consiglio dei ministri una bozza, un'idea di legge-quadro sulle missioni, anche per dare più dignità alle missioni stesse: cioè, anziché fare un unico provvedimento dove viene messo tutto in un unico calderone, occorre fare interventi singoli sulle singole missioni, di modo che possano essere valutate le effettività del peso politico che poi queste missioni portano al Paese, che possano essere valutate effettivamente la congruità delle spese necessarie come copertura finanziaria e, in particolare, l'efficacia di queste missioni, soprattutto a livello di missioni di cooperazione e di sviluppo, che sono di fatto il primo argine verso quella mobilità che non vogliamo vedere e che abbiamo visto troppo spesso, soprattutto dalle coste del nord Africa.Pag. 71
      Detto ciò, però, Presidente, volevo chiedere un chiarimento prima di concludere: siccome nell'accordo fra i gruppi è previsto il question time in Aula, ossia le interrogazioni a risposta immediata in Aula, le Commissioni, che sicuramente adesso verranno sconvocate per la sede referente o la sede consultiva, possono mantenere – perché questo avevamo chiesto limitatamente alla Commissione affari esteri, visto che c’è la questione della Crimea da trattare – il question time e, quindi, alla chiusura dei lavori dell'Aula, i componenti delle varie Commissioni possono recarsi nelle Commissioni di appartenenza per svolgere il question time ?

      PRESIDENTE. Se c’è l'accordo tra i gruppi, direi proprio di sì. Peraltro, la III Commissione ha già comunicato che è convocata per lo svolgimento delle interrogazioni che lei ha citato.

      MARIA EDERA SPADONI. Chiedo di parlare.

      PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

      MARIA EDERA SPADONI. Mah, devo dire che dopo due settimane del Governo Renzi, il Governo del fare, il Governo del cambiare, eccoci qua, di fronte alla prima fiducia, che suppongo non sarà neanche l'ultima. Abbiamo la fiducia su un decreto, un decreto che è stato un mese al Senato, a macerare, che poi arriva alla Camera; ci ritroviamo nelle Commissioni riunite esteri e difesa, con gli emendamenti da valutare cinque minuti prima dell'inizio della seduta della Commissione. Abbiamo dovuto lottare per avere 40 minuti per riuscire a visionare gli emendamenti anche degli altri, perché noi, a differenza di voi, non votiamo per partito preso, ma valutiamo emendamento per emendamento. Quindi, siamo appunto davanti a una fiducia su un decreto che dà 600 milioni alle missioni internazionali. Soltanto una parola: siete ridicoli.

      PRESIDENTE. Sospendo, pertanto, la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
      La seduta è sospesa.

      La seduta, sospesa alle 14,35, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

      PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento.

(Iniziative di competenza in materia di danno ambientale con riferimento all'inquinamento dell'area industriale di Porto Torres in Sardegna – n. 3-00681)

      PRESIDENTE. Il deputato Pili ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00681, concernente iniziative di competenza in materia di danno ambientale con riferimento all'inquinamento dell'area industriale di Porto Torres in Sardegna (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

      MAURO PILI. Signor Presidente, Ministro, la Sardegna è la regione più colpita dagli inquinatori di Stato, le aree industriali, da quelle minerarie a quelle chimiche, sono state devastate dall'ENI e dall'ENEL, e le basi militari di Stato, anch'esse devastate e inquinate in modo spregiudicato e inaccettabile. Un sardo su tre vive in aree inquinate ufficialmente, la media nazionale è di uno a dieci. La Sardegna, con i suoi 445 mila ettari inquinati, batte la Campania di 100 mila ettari, oltre 5 mila di questi sono in provincia di Sassari, Porto Torres, nell'area industriale e chimica dell'ex ENI, una realtà dove l'ENI l'ha fatta da padrone Pag. 72e continua a farla da padrone. Nei giorni scorsi il giudice per le indagini preliminari ha archiviato, per prescrizione dei termini, tutti i responsabili di quell'inquinamento, un dato gravissimo, tutti assolti, nessuno pagherà per quello scempio di Stato. Un fatto inaudito, gravissimo. Nessun intervento di bonifica in questi anni e in questi ultimi dieci anni da quando è stata «decretata» quell'area ad elevato rischio ambientale.

      PRESIDENTE. Concluda.

      MAURO PILI. La mia domanda è semplice, Ministro, lo Stato vuole continuare a coprire gli inquinatori o denuncerete alla procura questo persistente inquinamento che voi stessi avete accertato anche nei mesi scorsi ? In sostanza, farete riaprire il processo ?

      PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pili. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in relazione all'interrogazione che ha appena illustrato l'onorevole Pili inerente la richiesta di attivazione della procedura di risarcimento del danno ambientale per l'inquinamento accertato nel sito di Porto Torres, vorrei precisare quanto segue.
      L'interrogante cita un atto di sindacato ispettivo, un'interrogazione precedente, avente ad oggetto gli scarichi dello stabilimento del petrolchimico di Porto Torres effettuati da più società, dalla Syndial Spa, che per intenderci è l'ex Enichem, la Sasol Italy Spa, ex Condea Augusta, e la Vinyls Italia, l'ex EVC Italia Spa. Risultano in particolare in quell'atto contestati una serie di reati connessi all'illecita gestione degli scarichi e al danneggiamento delle risorse ambientali, tra cui ricordo anche i reati di disastro ambientale disciplinati dall'articolo 434 del codice penale e di avvelenamento di risorse destinate al consumo umano, articolo 439 del codice penale.
      Ai fini del risarcimento del danno ambientale, il Ministero dell'ambiente si è costituito parte civile già nel 2012, ma successivamente l'avvocatura distrettuale di Cagliari ha riferito che il procedimento penale è stato annullato, con restituzione degli atti al pubblico ministero. Pertanto, acquisiti nuovi atti di impulso del procedimento, è stata formalizzata nuovamente la costituzione di parte civile nell'interesse del Ministero dell'ambiente. L'avvocatura di Cagliari, nel riferire l'esito dell'udienza preliminare del 22 novembre 2013, ha comunicato il rinvio del procedimento al 6 marzo di quest'anno. Si è ora appreso dagli organi di stampa del proscioglimento degli intervenuti, degli imputati, per intervenuta prescrizione a seguito delle comunicazioni del caso da parte dell'ufficio erariale di Cagliari. Saranno pertanto concordate le ulteriori iniziative da intraprendere per assicurare la corretta realizzazione delle misure di riparazione dei danni accertati. Per completezza di informazioni si rappresenta in ogni caso che, in relazione all'inquinamento del sito di Porto Torres, è attualmente pendente un ulteriore procedimento penale in fase di indagini preliminari a carico di Chiarini Alberto ed altri.
      Nel corso del procedimento è stato disposto un incidente probatorio per l'accertamento delle cause dell'inquinamento presente nel tratto di mare antistante l'impianto di Porto Torres. Nell'ambito della perizia è stata resa disponibile la documentazione di atti dell'amministrazione d'interesse dei periti, al fine del buon esito delle attività. Successivamente, è stata notificata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una nuova richiesta di incidente probatorio, formulata dalla procura della Repubblica di Sassari, volta ad accertare se le sostanze inquinanti provenienti dall'area di produzione Syndial, rilevate nell'ambito della prima perizia, siano pericolose per la salute pubblica.
      In caso di accoglimento della richiesta da parte del giudice per le indagini preliminari, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha intenzione Pag. 73di partecipare alle operazioni peritali attraverso la nomina di consulenti tecnici di parte, i cui riferimenti sono già stati richiesti all'ISPRA.

      PRESIDENTE. Il deputato Pili ha facoltà di replicare, per due minuti.

      MAURO PILI. Signor Presidente, mi ritengo totalmente insoddisfatto e per molti versi anche indignato, perché il Governo non solo non ha risposto al quesito, cioè ridenuncerete l'ENI, riprenderete in causa quel processo che sostanzialmente ha reso prescritti quei reati di danno ambientale nel territorio di Porto Torres ? Questa risposta non solo non è venuta, ma si è tergiversato su procedimenti passati e che in molti casi anch'essi sono prescritti.
      Il Governo continua a coprire l'ENI, questa è la realtà. Il Governo non può dire «concorderemo»: con chi dovete concordare ? Dovete concordare con voi stessi sulla procedura da intraprendere per dare delle risposte compiute a chi ha inquinato e a chi sta continuando a inquinare anche in queste ore.
      I dati e le analisi su quell'area dimostrano come l'inquinamento è ancora in essere. Non c’è niente di prescritto e il compito di un Governo politico autorevole era quello di dare delle risposte compiute. Non lo avete fatto perché continuate ormai, così come è stato fatto per gli anni passati e con i Governi passati, a coprire l'ENI, che paga la politica, che paga le fondazioni della politica e riesce a coprire tutto e di più. In realtà, bisognava che il Ministro oggi ci dicesse che domani avrebbe presentato gli atti relativi all'inquinamento alla procura di Sassari per riaprire il procedimento, per dare delle risposte compiute, per non lasciare impuniti quei reati di danno ambientale. E ha dimenticato il Ministro che è richiamata la competenza specifica del Ministero per il risarcimento del danno.
      Non fate fare le bonifiche, coprite l'ENI perché continua a non fare le bonifiche e, dall'altra parte, non effettuate nessuna procedura per dare delle risposte compiute su quel settore, quello dell'inquinamento che sta devastando la Sardegna. Continuate a non dare delle risposte e vi assumete una responsabilità di complicità e di connivenza con chi ha inquinato e continua a inquinare la Sardegna.

(Iniziative di competenza per la bonifica dell'area ex Selca nel comune di Berzo Demo, in provincia di Brescia, e per l'accertamento dei danni ambientali – n. 3-00682)

      PRESIDENTE. Il deputato Caparini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00682, concernente iniziative di competenza per la bonifica dell'area ex Selca nel comune di Berzo Demo, in provincia di Brescia, e per l'accertamento dei danni ambientali (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

      DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, le scorie partivano dall'Australia, attraversavano l'Oceano indiano, su per il canale di Suez e il Mediterraneo, poi arrivavano a Porto Marghera per venire depositate a Berzo Demo, in provincia di Brescia in alta Valle Camonica. Scorie pericolose che una multinazionale preferiva trasferire dall'Australia addirittura in Valle Camonica, pagando qualcosa come 5 milioni di euro pur di non smaltirle sul proprio territorio. Si tratta di rifiuti pericolosi che dal 2009 sono stoccati in un grande magazzino, in un capannone abbandonato e soggetti alle intemperie, al punto tale che ogni qual volta piove i veleni finiscono nel terreno, finiscono nel fiume lì vicino (cianuri e fluoruri).
      La domanda che faccio al Ministro è: cosa intende fare il Governo, che è a conoscenza della situazione e ha gli strumenti per potere intervenire ?

      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, per quanto concerne l'interrogazione presentata dall'onorevole Caparini ed altri, inerente alla bonifica dell'area dell'ex stabilimento Selca, come ha ricordato l'interrogante, nel comune Pag. 74di Berzo Demo, nel premettere che la materia investe la competenza degli enti locali, sulla base degli elementi acquisiti dalla regione Lombardia, dalla prefettura di Brescia e dall'ASL di Val Camonica, si rappresenta quanto segue.
      La ditta Selca è stata attiva dal 1996 al 2010 proprio nel comune di Berzo Demo presso l'area industriale ex-Ucar, svolgendo operazioni di stoccaggio e trattamento finalizzato al recupero di rifiuti speciali, pericolosi e anche non pericolosi. Nel marzo 2010 la ditta veniva venduta al gruppo Catapano di Napoli e nel giugno successivo veniva dichiarata fallita con sentenza del 14 giugno 2010 emessa dal tribunale di Brescia. Pertanto, i rifiuti stoccati nell'area dismessa rappresentano un potenziale pericolo e necessitano un'urgente messa in sicurezza e bonifica dell'area. A tal proposito nella conferenza dei servizi indetta nel comune di Berzo Demo il 18 ottobre 2011 si è stabilito che sarebbe stato lo stesso comune a predisporre, in via sostitutiva, il piano di messa in sicurezza dei rifiuti in caso di inerzia della curatela. A seguito di tale conferenza il curatore fallimentare comunicava la decisione di non avviare il predetto intervento di messa in sicurezza di emergenza, accollando quindi al comune l'onere di tale intervento, indicando nella garanzia fidejussoria agli atti la copertura delle spese necessarie.
      Con atto del 19 maggio 2012, il comune sostituendosi alla curatela e alla società comunicava l'avvio del suddetto procedimento di messa in sicurezza, mentre la regione Lombardia disponeva l'esecuzione parziale della polizza mediante decreto del primo agosto 2013, notificato all'Aurora assicurazione Spa, ora Unipol assicurazioni. Quest'ultima, contro il decreto di escussione, ha presentato il 20 dicembre 2013 ricorso straordinario al Capo dello Stato.
      Le difficoltà incontrate nell'attuazione della bonifica sono dovute, pertanto, al fallimento della ditta e alla mancanza di risorse necessarie per il comune che, non potendo allo stato riscuotere la fideiussione, ha richiesto il supporto della regione Lombardia. Nell'ultima conferenza dei servizi convocata dal comune il 5 marzo 2014, gli enti partecipanti, cioè il comune, la provincia e la regione hanno ritenuto che vi fossero le condizioni per poter procedere all'emissione di una apposita ordinanza volta a imporre al curatore fallimentare la predisposizione di tutti gli interventi necessari al fine di evitare il pregiudizio ulteriore delle condizioni ambientali e igienico-sanitarie dell'area.
      Di tale situazione il ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare è venuto a conoscenza solamente nel febbraio di quest'anno, a fronte della richiesta di intervento da parte del comune. Pertanto, sarà cura del ministero che rappresento svolgere le opportune indagini ed attivare gli organi tecnici competenti al fine di accertare gli eventuali danni ambientali provocati dalle «eredità industriali» svolte in passato sul predetto territorio comunale.

      PRESIDENTE. Il deputato Caparini ha facoltà di replicare.

      DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, ricordo che su questo sito già c'erano state precedenti indagini, addirittura la Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti si era attardata ad esaminare più violazioni della legge. C’è un precedente che risale addirittura agli anni ’70 in cui furono illegalmente stoccati da parte dell'Union Carbide (nota in tutto il mondo per essere causa del più grande disastro ambientale del globo) rifiuti stoccati proprio laddove oggi ci sono questi nuovi rifiuti speciali che sono esposti alle intemperie e che, quindi, sono una vera propria bomba dal punto di vista ambientale.
      È un dovere intervenire da parte del Ministro di fronte a un comune di soli millecinquecento abitanti che dopo avere avuto la beffa di perdere tutti i posti di lavoro che venivano garantiti nel corso degli anni dalle varie industrie che davano lavoro, ma che purtroppo inquinavano – eccome se inquinavano – oggi è anche costretto a dover far fronte, con risorse Pag. 75che non ha, alla messa in sicurezza prima e alla bonifica poi. Tutto ciò sarebbe impossibile se non grazie all'intervento che c’è già stato da parte della regione Lombardia e all'intervento che noi chiediamo, pretendiamo, da parte di questo Governo. Un Governo che abbiamo visto che anche in altri casi è stato molto solerte e, invece, tarda laddove c’è da intervenire in questa, come in altre realtà, come quella del lago di Mantova, del Polo chimico, del Porto di Marghera, di Sesto San Giovanni, di Milano Bovisa, di Casal Monferrato, di Trieste. Sono tante emergenze ambientali causate dalla deindustrializzazione del Nord. Di fronte a queste emergenze notiamo una certa latitanza.
      Allora, se c’è un Governo, se c’è un nuovo Governo che vuole dimostrare una discontinuità con il passato, sono arrivati l'ora e il tempo di dimostrarlo.

(Iniziative di competenza volte a salvaguardare l'ambiente ed il territorio in relazione alla realizzazione di una linea elettrica in Campania – n. 3-00683)

      PRESIDENTE. Il deputato De Mita ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00683, concernente iniziative di competenza volte a salvaguardare l'ambiente ed il territorio in relazione alla realizzazione di una linea elettrica in Campania (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

      GIUSEPPE DE MITA. Signor Presidente, signor Ministro, la regione Campania ha autorizzato la costruzione di una linea elettrica a 150 chilovolt in un'area che riguarda alcuni comuni nella provincia di Avellino (Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Teora, Conza della Campania) e un comune nella provincia di Salerno (Castelnuovo di Conza). È emerso da un commento alla relazione geologico-tecnica e sismica che la stessa sarebbe lacunosa sotto molti aspetti.
      Ora, quest'area geografica è caratterizzata da una forte sismicità e le comunità locali, oltre a questo aspetto, che suscita molta preoccupazione, sollecitano anche un'altra questione, relativa ad un'adeguata tutela di valori costituzionalmente garantiti, che sono quelli della tutela ambientale e del paesaggio, che, in particolare in queste aree, sono elementi di perno anche di molte attività economiche. Di conseguenza, si chiede quali siano le iniziative che il Ministro intenda porre in essere al fine di garantire la prosecuzione dell'opera e viene suggerito l'interramento della stessa, ma facendo in modo che la realizzazione dell'opera non comprometta questi beni garantiti dalla Costituzione.

      PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gianluca Galletti, ha facoltà di rispondere.

      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, per quanto indicato nell'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole De Mita, inerente alla costruzione di una linea elettrica Goleto Sant'Angelo-Sturno, si rappresenta quanto segue.
      La linea elettrica, i raccordi, la cabina citati nell'interrogazione in parola fanno parte delle opere di connessione ad un impianto per la produzione di energia alimentato a biomasse e, pertanto, la competenza autorizzativa si trova in capo proprio alla regione Campania, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n.  387 del 2003. Anche la competenza in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) sugli elettrodotti è stata trasferita dalle regioni allo Stato con il decreto-legge n.  170 del 18 ottobre 2012, convertito dalla legge n.  121 del 2012 e, quindi, successivamente alla data di emissione dei decreti dirigenziali della regione Campania di autorizzazione alla costruzione ed esercizio dell'elettrodotto in parola, nel senso che le competenze erano ancora in capo alla regione in quel momento e non in capo allo Stato.
      Tanto premesso, sulla base degli elementi pervenuti dalla regione Campania, dipartimento sviluppo economico, si rappresenta Pag. 76che la società Ferrero Spa, con stabilimento industriale proprio nel comune di Sant'Angelo dei Lombardi, è stata autorizzata, con decreto dirigenziale del 13 ottobre 2008, alla costruzione e all'esercizio di un impianto di biomasse, quello che ricordava il presentatore, da 17,781 megawatt elettrici, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n.  387 del 2003, e delle relative opere elettriche connesse, consistenti in linea elettrica di raccordo tra cabina primaria, Goleto Sant'Angelo dei Lombardi e Sturno, e la costruenda stazione elettrica di Castelnuovo di Conza.
      Successivamente, con decreto dirigenziale n.  440 del 2011, rettificato con decreto n.  379 del 2012, il predetto dipartimento ha autorizzato le opere elettriche in parola. Successivamente ancora, con il decreto dirigenziale n.  440 del 2012, sono state volturate alla società Terna Spa tutte le opere previste dai decreti dirigenziali precedentemente citati. Anche il Genio civile di Avellino, con proprio decreto, ha espresso parere positivo di compatibilità idraulica, ai sensi dell'articolo 93 del regio decreto n.  532 del 1904, nonché il nullaosta, ai sensi dell'articolo 113 del testo unico n.  1775, il tutto con prescrizioni.
      Pertanto, onorevole De Mita, la regione Campania, nell'ambito dei compiti e delle attribuzioni legislative derivanti proprio dalle disposizioni del decreto legislativo n.  387 del 2003, attiverà tutte le procedure previste dalla richiamata normativa, al fine di far rispettare tutte le prescrizioni poste a base dell'iter autorizzativo per la tutela ambientale del territorio.

      PRESIDENTE. Il deputato De Mita ha facoltà di replicare.

      GIUSEPPE DE MITA. Grazie, signor Ministro. Devo dire che il senso dell'interrogazione non faceva riferimento soltanto alle questioni di ordine formale di competenza, che per certi versi ci sono note. La preoccupazione è che la procedura autorizzativa, e anche le prescrizioni che sono state assegnate da parte della regione Campania al soggetto che realizzerà questa opera, non tengano conto di un complesso di questioni che vanno al di là dei soli fatti formali.
      È un'area, questa, nella quale il paesaggio è propriamente un'infrastruttura del territorio e la sua tutela e conservazione non è animata da uno spirito di resistenza nei confronti della modernità, ma è animata proprio dallo spirito di utilizzare il paesaggio ed il territorio come un'infrastruttura anche a valenza economica per la crescita economica e sociale di queste realtà. La preoccupazione è che le modalità realizzative possano compromettere alcuni beni paesaggistici ed architettonici rilevanti.
      Pertanto, lo spirito dell'interrogazione, nella sua esaustiva risposta, voleva però fare riferimento ad una sollecitazione nei confronti del Ministero, affinché sovrintenda, anche al di là delle competenze formali, a che la realizzazione dell'opera tenga conto anche di questi elementi aggiuntivi. Del resto, ci rivolgiamo a lei come Ministro dell'ambiente e non ad altri Ministeri, essendo l'impianto volto alla produzione di energia – forse la domanda andava rivolta ad altri –, perché riteniamo proprio che la funzione specifica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia anche quella di dare una chiave di lettura alla tutela ambientale in termini diversi.

(Iniziative urgenti per l'attivazione di un tavolo tecnico volto a risolvere l'emergenza rifiuti in Calabria – n. 3-00684)

      PRESIDENTE. Il deputato Aiello ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00684, concernente iniziative urgenti per l'attivazione di un tavolo tecnico volto a risolvere l'emergenza rifiuti in Calabria (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

      FERDINANDO AIELLO. Signora Presidente, dopo 15 anni di commissariamento in Calabria, senza sapere quanto si sia speso e che cosa abbia prodotto il commissariamento, oggi registriamo un'emergenza sanitaria, registriamo un'emergenza Pag. 77per le due ordinanze fatte dalla regione Calabria, con una rivolta da parte della popolazione e una città come quella di Cosenza piena di rifiuti, mentre in tutta la provincia scoppia in queste ore l'emergenza dei rifiuti.
      Parlare di rifiuti in Calabria non è facile. Lei sa, signor Ministro, meglio di me, che quella che è la condizione di chi a volte gestisce tali questioni nella nostra terra. Io non so come si fa a fare un'ordinanza con cui si autorizza lo sversamento del «tal quale» all'interno di una discarica – finisco signora Presidente –; e non si può dare la responsabilità ai sindaci. Grazie alla buona volontà di due consiglieri comunali, che addirittura hanno fatto lo sciopero della fame per sollevare questo problema, ed alla buona volontà dei lavoratori, che stanno raccogliendo in queste ore la spazzatura senza conoscerne una destinazione (mi riferisco ai lavoratori di Valle Crati)...

      PRESIDENTE. Deve concludere.

      FERDINANDO AIELLO. L'emergenza è tanta e gradirei – e chiudo veramente – che si convochi urgentemente un tavolo tecnico per dare delle risposte.

      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signora Presidente, per quanto indicato nell'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Aiello ed altri, inerente alla situazione dei rifiuti nella regione Calabria, vorrei precisare che dal 1o gennaio 2013, a seguito della cessazione dello stato di emergenza di crisi socioeconomica ambientale determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l'assessorato alle politiche ambientali della suddetta regione è stato individuato quale amministrazione competente al coordinamento delle attività necessarie al completamento degli interventi da eseguirsi nel contesto delle criticità ancora persistenti sul territorio calabrese.
      Il dirigente generale del dipartimento politiche ambiente dell'assessorato alle politiche ambientali è stato autorizzato a porre in essere tutte le attività necessarie per il proseguimento in regime ordinario delle iniziative in corso finalizzate al superamento del contesto critico, nonché a provvedere alla ricognizione e all'accertamento delle procedure e dei rapporti giuridici pendenti ai fini del definitivo trasferimento dei medesimi alla regione Calabria, unitamente ai beni e alle attrezzature utilizzati a questi fini. Con legge regionale 12 aprile 2013, n.  18, sono state definite le modalità di gestione di questa fase di transizione, tra il dirigente generale proprio e la regione stessa. In tal modo l'amministrazione regionale potrà esercitare le funzioni che la legge le attribuisce in materia di gestione dei rifiuti per il superamento definitivo delle criticità in atto a tutela della salute e dell'ambiente.
      La regione Calabria, da parte sua, ha fatto presente che le molteplici misure (smaltimento degli scarti fuori regione, affidamento dei servizi di smaltimento transfrontaliero ed altre), con le quali si sta procedendo all'attuazione delle azioni programmate e finalizzate al rientro dell'ordinario, che ha posto e sta ponendo in essere per far fronte al persistente squilibrio tra la produzione regionale di rifiuti e la complessiva capacità di trattamento dell'attuale sistema tecnologico ed infrastrutturale, prevedono tempi di attuazione medio-lunghi, incompatibili, quindi, con la gravosa condizione di criticità in essere.
      Pertanto, onorevole interrogante, ai fini di affrontare nell'immediato le problematiche che hanno portato il sistema dei rifiuti nell'attuale criticità, si è reso necessario prevedere l'urgente ricorso alle discariche disponibili, pubbliche e private, e sollecitare quotidianamente i comuni calabresi ad attivare la raccolta differenziata.

      PRESIDENTE. Il deputato Aiello ha facoltà di replicare.

      FERDINANDO AIELLO. Signora Presidente, Ministro, sono totalmente insoddisfatto. Lei ci ha descritto una situazione che conosciamo e che persiste da sedici anni. Questo assessore è assolutamente Pag. 78inadeguato perché è lì da quattro anni e non ha saputo gestire l'emergenza visto che ci ritroviamo di nuovo in piena emergenza. Quindi, non è uscito fuori da quella che era una condizione di criticità. La prego di convocare da subito un tavolo tecnico, perché in questi giorni chiuderanno le scuole.
      Così come si è intervenuti in Campania per risolvere l'emergenza, lo si faccia in Calabria perché la situazione è diventata insostenibile. Le discariche private, a volte, e lei lo sa, sono in mano alla ’ndrangheta. La gestione dei rifiuti deve essere pubblica e gestita dagli amministratori in quei territori. La prego di convocare un tavolo tecnico affinché si possa uscire dall'emergenza e non mettere contro chi lavora e chi occupa in questo momento i siti perché, come lei mi insegna, non si può sversare il «tal quale» in una discarica perché è vietato, sia dalla legge nazionale, sia da una legge europea. Non può essere una soluzione l'inquinamento della mia terra che ha già dato con rifiuti e le scorie del nord che sono venuti in questi anni nel nostro territorio (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

(Iniziative volte a garantire la bonifica dell'area industriale dell'ex Isochimica nel comune di Avellino – n. 3-00685)

      PRESIDENTE. Il deputato D'Agostino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00685, concernente iniziative volte a garantire la bonifica dell'area industriale dell'ex Isochimica nel comune di Avellino (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

      ANGELO ANTONIO D'AGOSTINO. Signor Presidente, onorevole Ministro, già il 6 giugno scorso in Commissione ambiente ho portato all'attenzione dell'allora Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, la gravissima situazione ambientale in cui versa l'area dell'ex Isochimica in Pianodardine di Avellino. L'esposizione all'amianto degli operai di quella fabbrica ha già procurato 13 decessi per tumore ai polmoni, mentre altri 150 ex lavoratori sono giudicati fortemente a rischio.
      L'area è stata sequestrata dalla procura della Repubblica di Avellino la quale, sulla base di accertamenti medico-scientifici, ha lanciato l'allarme sul rischio che corre un numero indeterminato di cittadini della zona. Allo stato attuale, nonostante la dichiarazione di emergenza, nessuna iniziativa concreta è stata assunta per procedere alla bonifica dell'area. Da qui, la richiesta di sapere quali provvedimenti il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda adottare per propiziare l'accelerazione dell'opera di bonifica dell'ex Isochimica, anche in sinergia con la regione Campania, tenuto conto anche dell'ordine del giorno in merito presentato dai colleghi deputati Paris e Famiglietti e recepito dal Governo scorso in data 12 febbraio.

      PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.

      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, vorrei rispondere all'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole D'Agostino facendo presente che il comune di Avellino, nel giugno 2013, ha chiesto alle amministrazioni competenti in materia l'attribuzione di un finanziamento di 10 milioni per poter procedere alla messa in sicurezza e alla bonifica dell'area Isochimica di Avellino. Pertanto, nel novembre 2013, il Ministro dell'ambiente ha comunicato al dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio, al Ministero della salute, all'assessorato all'ambiente, alla protezione civile della regione Campania nonché allo stesso comune interessato di non avere a disposizione sul proprio bilancio le risorse finanziarie necessarie all'esecuzione degli interventi di bonifica dell'area ex Isochimica.
      Tuttavia, tenuto conto della rilevanza della questione della bonifica dei beni Pag. 79interessati dalla presenza di amianto, l'amministrazione che rappresento intende proporre il rifinanziamento del Piano nazionale amianto a valere sulla dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2014-2020. A tal fine, in data febbraio 2014, ha richiesto a tutte le regioni di indicare gli interventi e le priorità in materia di bonifica di amianto.
      La regione Campania, in data 13 febbraio di quest'anno, ha fornito una proposta di interventi di bonifica afferenti la decontaminazione di aree interessate dalla presenza di amianto, tra le quali è compresa proprio l'area oggetto della sua interrogazione per l'importo, che era stato richiesto allora, di 10 milioni di euro. Sulla scorta di tali istanze, nel mese di febbraio di quest'anno, è stata inoltrata la richiesta di rifinanziamento al Ministero per le politiche di coesione e al Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

      PRESIDENTE. Il deputato D'Agostino ha facoltà di replicare.

      ANGELO ANTONIO D'AGOSTINO. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatto con riserva. In attesa di verificare la pratica attuazione di quanto dichiarato dal Ministro, i provvedimenti adottati mi sembrano alquanto efficaci. Speriamo che tutto si possa risolvere.

(Elementi ed iniziative in merito ai progetti di bonifica delle aree della Val Basento e dell'ex Liquichimica nel comune di Tito, in provincia di Potenza – n. 3-00686)

      PRESIDENTE. Il deputato Latronico ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00686, concernente elementi ed iniziative in merito ai progetti di bonifica delle aree della Val Basento e dell'ex Liquichimica nel comune di Tito, in provincia di Potenza (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

      COSIMO LATRONICO. Signor Presidente, signor Ministro, è una questione nota, perché risale al 2002 il decreto del suo Ministero che individuava due aree industriali del ciclo della chimica italiana, il sito di Tito, in prossimità della città di Potenza, e il sito di Val Basento, che comprende i comuni di Ferrandina, Pisticci, Grottole, Miglionico, Pomarico e Salandra, in provincia di Matera. Sono aree di circa 480 ettari che sono state colpite, purtroppo, da un ciclo industriale che ha lasciato i segni dell'inquinamento e della devastazione territoriale.
      Nonostante siano trascorsi tanti anni dall'individuazione di queste aree da inserire in progetti di caratterizzazione prima e di bonifica dopo, noi ancora oggi siamo qui a sollecitare – ed è il senso di questa interrogazione – le iniziative utili per realizzare questi interventi di bonifica. Chiedo al Governo di conoscere lo stato dell'arte.

      PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.

      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, premetto che la risposta è molto articolata, quindi la lascerò poi agli atti nel suo dettaglio per ...

      PRESIDENTE. La può consegnare all'interrogante. Noi non possiamo prendere atti in questa fase del question time.

      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare. Andrò per punti.
      Per il sito di interesse nazionale della Val Basento, ad oggi risultano approvati i progetti riguardanti la bonifica dei suoli, delle acque di falda delle aree di proprietà dell'ENI ricadenti all'interno del territorio del comune di Salandra; il progetto consortile di messa in sicurezza delle acque di falda del comparto industriale di Pisticci e, per l'area ex-Liquichimica, ora di proprietà ENI, sita nel territorio del comune Pag. 80di Ferrandino, gli interventi di messa in sicurezza delle acque di falda mediante realizzazione di un diaframma plastico; mentre per i suoli è stata realizzata, invece, una messa in sicurezza permanente mediante copertura.
      Relativamente al sito di interesse nazionale di Tito, in particolare per la ex Liquichimica, l'area di circa cinquantadue ettari, già di proprietà di Chimica Meridionale Spa, ora di proprietà del consorzio ASI, è interessata dalla presenza di rifiuti di diversa natura, tra cui amianto, fosfogessi, scorie, polveri derivanti dall'attività siderurgica materie prime, prodotti e residui di lavorazione derivanti dalla produzione di concimi a base di fosforo.
      Nel giugno 2013 la regione Basilicata ha comunicato al Ministero dell'ambiente i risultati delle indagini condotte dall'ARPA Basilicata, in merito a livelli di radioattività riscontrati nella discarica fosfogessi e nelle acque di falda della ex area, come ho già detto prima, Liquichimica di Tito, e ha richiesto l'attivazione delle procedure previste dal decreto legislativo n.  230 del 1995.
      Per il sito di interesse nazionale, in particolare, gli accordi fatti fino ad ora prevedono i seguenti interventi di bonifica: per il sito di interesse nazionale di Val Basento, la prosecuzione degli interventi del Ministero dello sviluppo economico e bonifica delle acque di falde nei territori dei comuni di Salandra, Ferrandina e una serie di comuni ancora, completamento della caratterizzazione ex pista Mattei, la bonifica suolo delle aree pubbliche agricole colpite da inquinamento indotto nei territori dei comuni di Salandra, Ferrandina, Grottole, Pomarico e Pisticci e il completamento della caratterizzazione e progettazione del Ministero dello sviluppo economico; per il sito di interesse nazionale di Tito, la prosecuzione degli interventi del Ministero dello sviluppo economico e la bonifica delle acque di falda, la bonifica del bacino, le scorie siderurgiche, la messa in sicurezza permanente del bacino di fosfogessi.
      Ci sono poi tutta una serie di interventi anche economici, che sono riportati nella risposta all'interrogazione che le darò, che prevedono la copertura degli interventi di bonifica che abbiamo messo in funzione. Tutto ciò premesso, alla fine si segnala che le risorse stanziate dal Dicastero dell'ambiente, ad eccezione della somma di 150 milioni, sono già state tutte trasferite alla regione Basilicata. Quindi, oggi siamo nelle condizioni di poter cominciare a dar corso agli interventi di bonifica descritti.

      PRESIDENTE. Il deputato Latronico ha facoltà di replicare.

      COSIMO LATRONICO. Signor Presidente, grazie Ministro, naturalmente io capisco che lei da poco svolge queste funzioni, però le vorrei chiedere di seguire da vicino questa partita, che è una partita antica, come lei vede, e complessa, perché il tempo non è una variabile neutra.
      Stiamo parlando di fonti inquinanti che hanno un effetto sulla vita delle persone e dei lavoratori, che continuano ad insistere in queste aree. Questi sono nuclei industriali ancora vissuti, pure se in un clima di decadimento industriale, da centinaia di lavoratori e insistono, come lei ha citato, una serie di agglomerati urbani in queste aree. Quindi, lascio a lei la valutazione di una bomba ecologica che da dodici, tredici anni e più continua a dispiegare i suoi effetti, mentre la burocrazia regionale e nazionale, nonostante le risorse stanziate, signor Ministro, non riesce ad impiegarle neppure in un caso così straordinario.
      Ora, quindi, io la prego, signor Ministro, che sia lei direttamente come Ministero, se la regione non è in grado, non è in condizione di esercitare le sue funzioni dopo dieci anni, ad assumere un intervento che le popolazioni si attendono per la salute delle persone e per il ripristino di nuovi nuclei industriali. Senza questo ripristino, tutte le politiche di reindustrializzazione su queste aree non si potranno fare.
      Chiudo con una raccomandazione: qui c’è una pista cosiddetta Mattei, cioè Mattei realizzò in quest'area industriale una pista e ci fu un programma con milioni di euro spesi per riattivare questa pista aeroportuale di terzo livello.Pag. 81
I lavori si sono interrotti perché, mentre venivano eseguiti, si è scoperto che parte della pista infrangeva con alcune aree da disinquinare, e i lavori sono lì. Un altro dei tanti lavori inutili o cantieri bloccati che, purtroppo, tratteggiano la storia di questa nostra nazione.

(Iniziative, anche normative, per lo stoccaggio e lo smaltimento delle ecoballe in Campania – n. 3-00687)

      PRESIDENTE. Il deputato Taglialatela ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00687, concernente iniziative, anche normative, per lo stoccaggio e lo smaltimento delle ecoballe in Campania (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

      MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, innanzitutto vorrei augurare buon lavoro al Ministro: penso che ne abbia bisogno a giudicare dalle tante interrogazioni alle quali è costretto a rispondere.
      In Campania, da anni, sono stoccate milioni di ecoballe e le ecoballe rappresentano un potenziale pericolo per quello che riguarda l'ambiente, oltre ad essere un pericolo tenendo conto che, negli ultimi tempi, vi sono stati episodi anche di incendi che, ovviamente, hanno creato notevolissimi problemi.
      Le ecoballe sono esposte alle intemperie, hanno un potenziale di danneggiamento per i terreni sui quali sono ubicate, e vi è anche un ulteriore problema legato alla proprietà delle ecoballe. Fino ad oggi, non si è potuta disporre qualsiasi soluzione perché vi è un problema di natura giuridica che ancora deve essere affrontato.

      PRESIDENTE. La invito a concludere.

      MARCELLO TAGLIALATELA. Quindi, l'interrogazione è rivolta chiedere al Ministero e al Governo quali provvedimenti intenderanno assumere per consentire che i milioni di ecoballe che in questo momento devastano il territorio – del resto, il problema è tristemente noto – possano essere smaltiti, affinché il problema sia risolto e venga avviata la soluzione della questione.

      PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.

      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signora Presidente, nell'ambito della gestione dei siti di stoccaggio delle cosiddette ecoballe e delle iniziative finalizzate al corretto smaltimento delle stesse, la regione Campania ha programmato ed attuato diversi svuotamenti presso i siti. In particolare, nell'ultimo anno trascorso e in quello in corso, le attività di svuotamento hanno interessato i suddetti siti: San Tammaro è la piazzola delle ecoballe, dove c'erano 130 mila tonnellate, inizialmente. Al momento, sono state smaltite presso la discarica proprio di San Tammaro circa 70 mila tonnellate, mentre circa 20 mila presso l'inceneritore di Acerra. Rimangono, quindi, da smaltire ancora 40 mila tonnellate.
      Sempre a San Tammaro, nelle piazzole dei rifiuti solidi urbani (RSU), al momento sono state smaltite presso la discarica di San Tammaro circa 120 mila tonnellate delle 170 mila tonnellate che c'erano inizialmente. Rimangono, quindi, da smaltire circa 50 mila tonnellate, che pensiamo possano essere smaltite entro la fine di aprile 2014.
      Nel sito di Ferrandelle, c'erano 500 mila tonnellate: al momento, ne sono state smaltite presso la discarica di San Tammaro circa 450 mila. Pertanto, ne rimangono circa 50 mila e si pensa che questo ulteriore sito possa essere completamente svuotato entro il mese di febbraio 2014.
      Sono stati, intanto, programmati altri svuotamenti nel sito di stoccaggio di Cantariello, nel sito di stoccaggio di Caivano e nel sito di Amendola-Formisano, a Ercolano. Ulteriori svuotamenti sono, poi, stati programmati per il 2014 a Monforte, a Terzigno, a Pantano di Acerra, a Persano (Eboli), a Pianodardine di Avellino e a Coda di Volpe. Chiaramente, il Ministero dell'ambiente, in collaborazione con le Pag. 82amministrazioni locali, si impegna a far sì che le attività fino ad ora poste in essere proseguano, nel pieno rispetto degli impegni assunti a livello comunitario ed anche degli impegni di svuotamento che abbiamo assunto per il 2014 per un'adeguata tutela della salute e dell'ambiente.

      PRESIDENTE. Il deputato Taglialatela ha facoltà di replicare.

      MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, signor Ministro, sono assolutamente insoddisfatto, perché i dati che lei riporta sono irrisori rispetto al dramma dei milioni di ecoballe che ancora devastano il territorio della Campania. Chi le ha scritto la risposta ha volutamente evitato di affrontare il problema principale.
      Lei ha parlato di siti di stoccaggio: non sempre nei siti di stoccaggio vi sono le ecoballe, spesso vi è materiale, appunto, che è ancora in attesa di essere smaltito. Ma le ecoballe rappresentano un problema che non può essere più rimandato. Quindi, il Governo, che lei rappresenta per quella che è la delega che le è stata conferita, deve affrontare le questioni, altrimenti qualsiasi intervento perderà di credibilità. Le popolazioni che sono state devastate dalle malattie e anche, ovviamente, dalla costrizione a vivere in zone dove la puzza è terribile, se il Governo nazionale non riesce a dare un esempio chiaro di quella che è una programmazione che nel corso nel tempo dovrà affrontare e risolvere la questione, è evidente che saranno sempre più lontane dal riconoscere nei confronti dello Stato un'autorità pubblica; quindi vi è anche un problema di carattere educativo.
      Io la invito a venire in Campania a constatare qual è lo stato delle cose. Basta semplicemente girare per comprendere che i milioni di ecoballe che ancora ci sono rappresentano un ostacolo allo sviluppo e alla salute dei cittadini. Quindi, la prego, a prescindere dalla risposta che mi ha dato, che è di un ragioniere, si venga a rendere conto di qual è il problema, per fare in modo che venga affrontato, anche con dolorose decisioni che riguardano grandi gruppi industriali che in questo momento stanno impedendo – mi riferisco ovviamente a chi è ancora proprietario delle ecoballe – che il problema possa essere affrontato.

(Intendimenti in merito alla realizzazione del programma di bonifica dei siti di interesse nazionale, con particolare riferimento all'area industriale dell'ex Pertusola di Crotone – n. 3-00688)

      PRESIDENTE. La deputata Dorina Bianchi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00688, concernente intendimenti in merito alla realizzazione del programma di bonifica dei siti di interesse nazionale, con particolare riferimento all'area industriale dell'ex Pertusola di Crotone (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

      DORINA BIANCHI. Signora Presidente, signor Ministro, noi nella scorsa legislatura, come Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, abbiamo presentato a questo Parlamento una relazione sulle bonifiche dei siti contaminati e in particolare sui ritardi nell'attuazione degli interventi e sui profili di illegalità presenti in questi territori. Le parlerò specificatamente della bonifica del sito di Crotone, che è quello che conosco meglio e che da circa vent'anni aspetta una risposta.
      Non c’è dubbio che il problema non è soltanto quello della mancanza delle risorse o della presenza di risorse inferiori rispetto a quanto sarebbe necessario, ma soprattutto una mancanza di coordinamento tra Syndial, enti locali e nazionali. Noi avevamo iniziato un dialogo costruttivo con il Ministro Orlando, in relazione al sito di Crotone; vorremmo capire, oggi che lei è Ministro, quali sono le sue intenzioni su questo sito ma anche su altri, tenendo conto che, certo, a lei non sfuggirà l'importanza che riveste dal punto di vista sia economico che della salute per i cittadini dei territori contaminati e inquinati.

      PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.

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      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, il sito di interesse nazionale di Crotone-Cassano-Cerchiara è stato perimetrato con decreto ministeriale 26 novembre 2002 e comprende un territorio di 530 ettari a terra e di 14,52 chilometri quadrati a mare, nel quale sono incluse aree pubbliche e private.
      Per quanto attiene ai progetti di bonifica delle aree ricomprese nella perimetrazione del SIN, si evidenziano i provvedimenti assunti dal Ministero dell'ambiente succedutisi nel tempo: con decreto del 15 febbraio 2010 è stato approvato il progetto definitivo della bonifica delle acque di falda ubicata nel SIN di Crotone; con decreto del 25 gennaio 2011 è stato approvato quello di bonifica dei suoli delle aree ex Pertusola, ex Agricoltura ed ex Fosfotec. Il modulo, che prevede la bonifica nei siti del suolo dell'area Pertusola, è finalizzato alla messa a punto di una serie di tecnologie sperimentali.
      Per quanto attiene al progetto di bonifica dei suoli area ex agricoltura, è in corso di stesura il decreto di approvazione del progetto a seguito della Conferenza dei servizi decisoria tenutasi proprio il 26 settembre 2013, che prevede interventi di rimozione dello strato superficiale del terreno contaminato e altri interventi. Quindi, per il SIN di Crotone e Cassano sono stati stanziati successivamente nel tempo 19 milioni 916 mila euro, che sono stati ripartiti in questa maniera: 10 milioni a valere su risorse ordinarie del Dicastero dell'ambiente e disciplinate da apposito accordo di programma; le altre, 9 milioni 916 mila, a valere sui fondi della legge n.  426.
      Infine, in data 6 agosto 2013, tra il Ministro dell'ambiente, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e la regione Calabria, è stato sottoscritto l'accordo di programma quadro concernente il recupero e la valorizzazione dell'area archeologica antica Crotone. Il valore complessivo dell'accordo è pari a 65 milioni di euro, la cui copertura finanziaria è assicurata dalle risorse stanziate dalla delibera CIPE a valere sul Fondo di sviluppo e di coesione.
      Tra gli interventi disciplinati nel predetto accordo uno riguarda proprio la bonifica di una porzione dell'area archeologica, pari a 15 ettari, ricompresa all'interno del sito di interesse nazionale di Crotone-Cassano-Cerchiara, il cui costo ammonta a 4 milioni 700 mila euro, da aggiungere quindi ai 19 milioni che abbiamo detto prima.
      Giova sottolineare che il tribunale civile di Milano, a seguito di azione risarcitoria promossa dal mio Ministero unitamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal commissario delegato per l'emergenza ambientale nei confronti di Syndial, per i danni provocati nel comune di Crotone e in quelli limitrofi, ha condannato la società predetta al pagamento della somma di 56 milioni, oltre interessi, a titolo di risarcimento del danno ambientale nonché all'obbligo di adempiere al piano di risanamento previsto dal piano operativo di bonifica. La legge n.  9 del 2004 infine ha disposto la nomina del commissario straordinario al fine di individuare gli interventi da finanziare con le suddette risorse.
      Posso rassicurare l'onorevole interrogante garantendo che la stessa attenzione che è stata messa in questi anni dal Ministero su questo problema sarà posta anche da me.

      PRESIDENTE. Il deputato Tancredi, che ha sottoscritto l'interrogazione in data odierna, ha facoltà di replicare.

      PAOLO TANCREDI. Signor Presidente, signor Ministro, ci dichiariamo parzialmente soddisfatti dandole la fiducia di poter affrontare, con maggiore decisione rispetto ai suoi predecessori, questo che è un problema, lei lo sa bene, Ministro, di livello nazionale: abbiamo 57 siti di interesse nazionale che coprono il 3 per cento del territorio, 1.800 chilometri quadrati, 5.500 chilometri quadrati di aree terrestri. Tra l'altro, i siti di interesse nazionale non esauriscono il problema ambientale delle bonifiche.Pag. 84
      I dati che lei ha messo in evidenza su Crotone potrebbero essere trasferiti ad altri siti di interesse nazionale importanti; io, per esempio, ho più conoscenza di dettaglio del sito di Bussi, che insiste sulla mia regione, che insieme al sito di Crotone ha la caratteristica di essere stato classificato, oltre che sito di interesse nazionale, anche sito di preminente interesse industriale, cioè uno di quei siti su cui c’è anche un fattore industriale di riconversione nell'interesse del territorio.
      I provvedimenti legati al ripristino delle condizioni sanitarie e i limiti all'inquinamento sono di competenza del Ministero della salute e di questo, anche negli ultimi mesi, ci si sta occupando in maniera molto forte.
      Però, il problema, e si evince anche dalla matrice degli interventi di politica comunitaria fatti sia su Crotone che su altri siti di interesse nazionale, dovrebbe essere affrontato, caro Ministro, con una svolta nell'approccio a queste tematiche, prevedendo la possibilità cioè di inserire questi siti all'interno di una programmazione legata allo sviluppo.
      Penso che, a livello di fondi comunitari, oggi il Fondo europeo di sviluppo regionale dovrebbe essere coinvolto, in accordo con le regioni, su interessamento anche del Ministero, nel superamento di alcune emergenze ambientali e anche di alcune emergenze industriali in vari luoghi del nostro Paese.

      PRESIDENTE. Onorevole Tancredi, deve concludere.

      PAOLO TANCREDI. La bonifica di questi siti è un fattore di sviluppo nella misura in cui la mancata bonifica è un argine, un muro enorme allo sviluppo di importanti territori.

(Iniziative di competenza volte a destinare una quota significativa delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione ad interventi per la messa in sicurezza e la salvaguardia del territorio – n. 3-00689)

      PRESIDENTE. La deputata Mariani ha facoltà di illustrare l'interrogazione Braga n. 3-00689, concernente iniziative di competenza volte a destinare una quota significativa delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione ad interventi per la messa in sicurezza e la salvaguardia del territorio (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

      RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, signor Ministro, da mesi aggiorniamo il bollettino dei danni provocati dai disastrosi eventi meteorologici: 24 sono state le vittime solo nell'ultimo anno. Aree residenziali e produttive, infrastrutture ed edifici pubblici strategici, hanno subito conseguenze molto pesanti. L'82 per cento dei comuni italiani è esposto a rischio idrogeologico. Il Ministero dell'ambiente ha visto una riduzione dei fondi destinati alla messa in sicurezza del 71 per cento in sei anni.
      Alla luce della pressante richiesta di aiuto delle regioni ed enti locali, chiediamo quali iniziative intende porre in essere per assicurare a tal fine una quota rilevante del Fondo per lo sviluppo e la coesione che, per la prima volta, nella legge di stabilità per il 2014, vede un riferimento esatto all'utilizzo esclusivo per interventi anche di natura ambientale. Il Ministro Trigilia fece direttamente riferimento alla prevenzione dei rischi ambientali. In questo senso, le chiediamo il Ministero come intende organizzarsi.

      PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.

      GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, il Ministero dell'ambiente ha predisposto e trasmesso formalmente, lo scorso mese di febbraio, sia al Ministero per la coesione territoriale sia al Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, un documento di strategia unitaria che contempla la Pag. 85programmazione dei fondi strutturali per il ciclo 2014-2020 in sinergia e complementarietà con il Fondo sviluppo e coesione. La scelta di elaborare un documento programmatico unitario con l'individuazione di azioni e di interventi che trovano collocazione sia sui fondi strutturali sia sul Fondo di sviluppo e coesione si basa sull'indicazione contenuta proprio nella nota tecnica divulgata dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica dove, nel proporre un'ipotesi di allocazione dei fondi strutturali, si fa riferimento ad ulteriori e necessarie operazioni di infrastrutturazione e di interventi assimilabili alla categoria di opere pubbliche.
      Tale impostazione ottempera altresì ad alcune disposizioni di legge che dispongono l'assegnazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 7, di pertinenti risorse finanziarie sui temi proprio di competenza a valere sul Fondo di sviluppo e coesione, sottolineando che la destinazione di tali risorse deve essere rivolta e focalizzata su interventi ed investimenti infrastrutturali, lasciando conseguentemente scoperte tutte le iniziative di governance e di sistema, che diversamente richiedono un approccio congiunto e funzionale per la realizzazione degli interventi infrastrutturali, ambientali e strategici per la ripresa e la crescita del Paese.
      Da qui la scelta di proporre e sostenere una programmazione unitaria sulle tematiche ambientali ritenute prioritarie, il cui finanziamento dovrà trovare pertinente collocazione sulle risorse sia comunitarie che nazionali, assicurando la contestuale fattibilità delle iniziative sia strutturali che di governance.
      L'efficacia di azione di Governo è subordinata infatti al contestuale avvio delle iniziative proposte con l'avvio della programmazione comunitaria e non subordinata alla disponibilità dei fondi di sviluppo e coesione che, come si evince dalla legge di stabilità, è temporalmente posticipata.
      Il documento elaborato in forma di schede tematiche è stato il risultato di un primo confronto avuto con le regioni in merito ai seguenti temi ambientali ritenuti prioritari: prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico – questo il primo punto –, messa in sicurezza e bonifica dei SIN-SIR e amianto – per dare una risposta anche ai temi trattati oggi –, tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, gestione integrata dei rifiuti, biodiversità, efficienza energetica, qualità dell'aria, produzione e consumi sostenibili in agricoltura.
      La stima approssimativa del fabbisogno finanziario per gli interventi ambientali è stata possibile grazie all'avvio di una prima istruttoria di carattere speditivo che ha permesso di quantificare, per i temi richiamati nell'interrogazione, in 7.715 milioni di euro il fabbisogno finanziario per la prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico ed adattamento al cambiamento climatico, 2.500 milioni di euro il fabbisogno finanziario per la bonifica e riqualificazione ambientale dei siti inquinati, 3.532,5 milioni di euro per la tutela delle acque e la gestione delle riserve idriche. Attualmente è in corso un negoziato con gli uffici competenti del Dipartimento dello sviluppo e della coesione economica volto a definire i contenuti dei termini di riparto delle risorse. Credo che questo sia il miglior sistema per dare una possibilità di finanziamento alle tante emergenze che il nostro Paese ha in questo settore.

      PRESIDENTE. La deputata Braga ha facoltà di replicare.

      CHIARA BRAGA. Signor Presidente, signor Ministro, nel dichiararci soddisfatti per la sua risposta, le raccomandiamo particolare rapidità e concretezza nel finalizzare l'utilizzo delle risorse attivabili sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, perché mai come nella programmazione comunitaria che si sta avviando possiamo trovare una risposta fondamentale alla necessità di individuare risorse necessarie e aggiuntive per la tutela del territorio e dell'ambiente, nello specifico, come lei ha ben ricordato, sul fronte della prevenzione. Altrettanto impegno, signor Ministro, le chiediamo nello sbloccare finalmente Pag. 86l'utilizzo delle risorse già stanziate per le politiche di difesa del suolo; è inaccettabile per un Paese come il nostro, costretto a fare i conti quotidianamente con frane e allagamenti, che sia stato speso solo il 4 per cento dei 2 miliardi stanziati da oltre quattro anni dal suo Ministero e dalle regioni. Esiste un problema enorme di efficacia della spesa che non può più essere ignorato e per questo le chiediamo con forza di procedere con decisione nel portare a compimento il percorso di riforma e di semplificazione del quadro dei soggetti, di competenze e di strumenti in materia di difesa del suolo. Il collegato ambientale che inizieremo a discutere nelle prossime settimane sarà un terreno di verifica importante.
      Infine, signor Ministro, le chiediamo di farsi parte attiva perché il Governo, nel rivedere le regole del Patto di stabilità, metta finalmente in condizione gli enti locali di poter realizzare quelle opere fondamentali e necessarie di manutenzione del territorio e di prevenzione del dissesto, sapendo che da lì possono venire straordinarie occasioni per generare investimenti diffusi e occupazione, la vera, più grande opera di cui il nostro Paese necessita da realizzare nei prossimi anni.
      Vede, signor Ministro, noi crediamo che investire sulla sicurezza e sulla bellezza del nostro territorio sia un modo efficace per produrre ricchezza, occupazione e sviluppo di qualità. Su questo punto le chiediamo massimo impegno e su questo punto, nell'augurarle buon lavoro per il suo impegno, il gruppo del Partito Democratico non le farà mancare tutto il suo appoggio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Tempi e modalità per la revisione della bozza di Accordo di partenariato per la nuova programmazione dei Fondi strutturali 2014-2020 – n. 3-00690)

      PRESIDENTE. Il deputato Gallinella ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00690, concernente tempi e modalità per la revisione della bozza di Accordo di partenariato per la nuova programmazione dei Fondi strutturali 2014-2020 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

      FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, l'accordo di partenariato, predisposto dal precedente Governo ma sostenuto da questa stessa maggioranza, è il documento strategico alla base della programmazione dei fondi strutturali 2014-2020, che vale per noi oltre 30 miliardi di euro. Ora, alle bocciature di Bruxelles siamo abituati, ma questa, di pochi giorni fa, è veramente sconcertante. I rilievi mossi evidenziano infatti la debolezza nella logica di intervento, l'inadeguatezza delle misure previste e la non chiara definizione della strategia complessiva di sviluppo. In una parola, non siamo stati capaci ancora una volta di scrivere un progetto.
      Quindi, vi chiediamo come intende rispondere il Governo ai rilievi fatti da Bruxelles, in quanto l'accordo di partenariato deve essere approvato entro il 22 aprile. Mi lasci dire Ministro, e concludo: quello che serve è una programmazione degli interventi corrispondente ai fabbisogni, assistenza tecnica alla progettazione e personale qualificato. Servono capacità tecniche, non intermediazioni di carattere politico o altre sovrastrutture, tanto meno pensare che i fondi europei si possano usare per abbassare le tasse, proposta tra l'altro già dichiarata irricevibile da Bruxelles. Quindi, attendiamo la sua risposta, anche perché negli interventi precedenti abbiamo visto molti richiami a usare i fondi per diverse questioni.

      PRESIDENTE. La Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, ha facoltà di rispondere.

      MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il documento inviato alla Commissione europea in data 9 dicembre 2013 costituisce la bozza di accordo di partenariato per l'impiego dei fondi strutturali 2014-2020 ed è Pag. 87stato anticipato prima dell'approvazione del pacchetto legislativo sui fondi europei per avviare il dialogo informale con i servizi della Commissione europea.
      Per sua natura, trattandosi di una bozza, il documento, come osservato dalla Commissione, non era completo in tutte le sezioni. La stragrande parte delle osservazioni ricevute, infatti, è di natura tecnico-formale e in buona parte già superate dall'avanzamento del percorso partenariale che si è svolto nel periodo dicembre 2013-marzo 2014. Tale percorso è peraltro in linea con la tempistica regolamentare, che prevede l'invio dell'accordo entro, come ricordava, il 22 aprile 2014.
      Il Commissario Hahn ha espresso in data 10 marzo, contestualmente all'invio formale delle osservazioni all'Italia, un giudizio positivo sulla bozza di accordo di partenariato, sottolineando – cito – «che la struttura e l'impianto generale del documento vanno nella direzione giusta e che va assolutamente evitata una revisione sostanziale dello stesso».
      Allo stesso tempo, ha segnalato l'opportunità di apportare chiarimenti e precisazioni su alcuni aspetti della strategia in tema di ricerca e innovazione e di inclusione sociale e su alcuni aspetti di governance del processo di gestione dei fondi (rafforzamento delle capacità amministrative, nello specifico). Questi aspetti sono stati approfonditi assieme al partenariato istituzionale nel periodo intercorso dalla consegna della bozza di accordo di partenariato ad oggi e proseguiranno nelle settimane di lavoro intenso e già calendarizzato che precedono l'invio formale dell'accordo stesso.
      La prossima settimana avranno luogo degli incontri tecnici a Bruxelles tra le autorità nazionali e la Commissione europea, finalizzati a fornire un primo riscontro alle osservazioni pervenute e a concordare il lavoro di definizione del testo finale dell'accordo. L'Italia conferma che il documento sarà quindi trasmesso all'autorità europea nei tempi previsti, completando il già avanzato programma di lavoro. Tale programma prevede di completare il confronto partenariale con regioni e amministrazioni centrali con riguardo ai seguenti aspetti: aggiornamento e precisazione degli interventi ricadenti nell'ambito degli 11 obiettivi tematici e dei correlati risultati attesi, individuati per ciascuna categoria di regione; completamento degli incontri di approfondimento sulle linee di intervento dei programmi nazionali finalizzati a chiarire la demarcazione con i programmi regionali negli ambiti tematici di comune operatività. È inoltre previsto, come di consueto e prima della trasmissione ufficiale, l'ulteriore confronto con le parti economiche e sociali sull'aggiornamento dell'accordo.

      PRESIDENTE. Il deputato Gallinella ha facoltà di replicare.

      FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, mi preme smentire il Ministro perché le parole del 7 marzo, di agenzia, del Commissario Hahn sono: «deboli riferimenti, eccessiva genericità degli obiettivi tematici e mancanza di una strategia di sviluppo». Ovvero una bozza, cioè poco più di 40 giorni di lavoro per presentare un atto definitivo. Però, il Ministro Galletti prima, in risposta ad altri colleghi, aveva già venduto i soldi dei fondi strutturali per alcuni piani strategici, su una bozza ancora non accettata e su un documento che ancora non è stato approvato dalla Commissione.
      Ora purtroppo qui le cose sono due. L'unica cosa certa è che i fondi strutturali a noi servono perché sono soldi nostri che rivengono da Bruxelles con dei vincoli legati a dei piani di sviluppo proprio legati ai fondi strutturali. E qui l'unica cosa certa, oltre che i soldi ci servono, è che c’è una inadeguatezza e, secondo noi, un'impreparazione della classe dirigente e anche dei tecnici che vanno a compilare questi documenti, perché se io avessi presentato un progetto del genere e mi fosse stato detto che è inadeguato, incompleto e mancante probabilmente non avrei trovato più lavoro. Quindi, il problema è che l'intermediazione politica deve finire quando si parla di aspetti tecnici e di destinazione delle risorse.Pag. 88
      Purtroppo, i tempi stringono e il Parlamento, nonostante la risposta anche a una mia interpellanza al Ministro Trigilia, doveva essere un po’ reso partecipe anche di come vanno spesi questi soldi, ma tutto si fa nelle segrete stanze da persone che forse non conoscono bene le materie comunitarie.
      Quindi, noi siamo sicuramente insoddisfatti della risposta. Sono stati già venduti dei progetti su un qualcosa che non è stato approvato. Il Commissario europeo alle politiche regionali ha detto che questa bozza non è fatta bene e lascio a voi vedere i dettagli anche sulla rete delle agenzie. Oltretutto, sentiamo la punta di diamante del Governo Renzi, Padoan, che vorrebbe utilizzare – è stato subito gelato poi dallo stesso Commissario – i fondi strutturali, che hanno una direzione, per abbassare le tasse. Siamo veramente alla frutta e noi abbiamo paura dei prossimi passi.

      PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Missioni.

      PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Balduzzi, Baretta, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonavitacola, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bressa, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carbone, Casero, Cicchitto, Costa, D'Incà, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Manlio Di Stefano, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Galan, Garavini, Giacomelli, Ginefra, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manfredi, Giorgia Meloni, Meta, Migliore, Mogherini, Naccarato, Nicoletti, Orlando, Pes, Picierno, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Schullian, Sisto, Speranza, Tabacci, Velo, Venittelli e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
      I deputati in missione sono complessivamente cento, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
      Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

      La seduta, sospesa alle 16,10 è ripresa alle 17,45.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 17,45)

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea e aggiornamento del programma.

      PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto che domani, a partire dalle ore 12,30 avranno luogo le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta oggi dal Governo sull'articolo unico del disegno di legge n.  2149 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n.  2, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (Approvato dal Senato – scadenza: 17 marzo 2014), cui seguirà alle 14,30 la relativa votazione per appello nominale. Seguirà l'esame e la votazione degli ordini del giorno.
      Si è convenuto che le dichiarazioni di voto finale abbiano inizio alle ore 19, con ripresa televisiva diretta. Avrà quindi luogo il voto finale.
      Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato per le ore 10 di domani.

Pag. 89

      Venerdì 14 marzo alle ore 9 è previsto lo svolgimento di interpellanze urgenti.

      Le pregiudiziali al disegno di legge n.  2162 – Conversione in legge del decreto-legge 6 marzo 2014, n.  16, recante disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volta a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche (da inviare al Senato – scadenza 5 maggio 2014) saranno poste al primo punto dell'ordine del giorno della seduta di martedì 18 marzo, alle ore 11.

      Il seguito dell'esame della proposta di legge n.  254 ed abbinata – Disposizioni in materia di modalità per la risoluzione consensuale del contratto di lavoro per dimissioni volontarie avrà luogo, sempre a partire da martedì 18 marzo, dopo l'esame della proposta di legge n.  1843 – Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, già prevista dal calendario. Gli ulteriori argomenti già previsti per questa settimana e non svolti saranno esaminati, sempre a partire da martedì, dopo l'esame delle mozioni Binetti ed altri n. 1-00094 e Dorina Bianchi ed altri n. 1-00281 concernenti iniziative in materia di malattie rare, anch'esse già previste dal calendario.
Mercoledì 19 marzo, a partire dalle ore 12, il Presidente del Consiglio dei ministri renderà comunicazioni in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 20 e 21 marzo 2014, nonché sullo stato dell'economia e della finanza pubblica. È prevista una durata complessiva di 4 ore. La relativa organizzazione dei tempi sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

      Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

      Le sanzioni disciplinari nei confronti di taluni deputati comunicate all'Assemblea nella seduta del 27 febbraio u.s. con decorrenza dal 10 marzo 2014, secondo quanto già preannunciato all'Aula, decorreranno a partire da domani giovedì 13 marzo 2014. Conseguentemente, le sanzioni con decorrenza a partire da lunedì 31 marzo 2014 decorreranno da giovedì 3 aprile 2014, mentre le sanzioni con decorrenza a partire da lunedì 14 aprile 2014 decorreranno da giovedì 17 aprile 2014.
      Avverto infine che la convocazione della Commissione di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, ai fini della sua costituzione, già fissata per giovedì 13 marzo, avrà luogo giovedì 20 marzo alle ore 14.

      Aveva chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Kyenge ma non la vedo, quindi s'intende che vi abbia rinunciato.

Ordine del giorno della seduta di domani.

      PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

      Giovedì 13 marzo 2014, alle 12,30:

      Seguito della discussione del disegno di legge:
          S. 1248 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n.  2, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (Approvato dal Senato) (C. 2149).
      — Relatori: Manciulli (per la III Commissione) e Causin (per la IV Commissione), per la maggioranza; Manlio Di Stefano e Gianluca Pini (per la III Commissione) e Frusone (per la IV Commissione), di minoranza.

      Prima di togliere la seduta salutiamo gli studenti e gli insegnanti della scuola media Pavoncelli di Cerignola, in provincia di Foggia, e gli studenti e gli insegnanti Pag. 90dell'Istituto Jacopo da Montagnana di Montagnana, in provincia di Padova, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune.

      La seduta termina alle 17,50.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO GIANLUCA PINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2149

      GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza per la III Commissione. Onorevoli colleghi, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n.  2/2014 recante l'ennesima proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di Polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, presenta diversi problemi sui quali è opportuno promuovere una riflessione approfondita. Si tratta, in realtà, delle stesse questioni di sempre, sulle quali si era cercato di attirare l'attenzione dell'Assemblea della Camera anche in occasione della conversione del decreto-legge n.  114/2013 pochi mesi or sono.
      Va innanzitutto stigmatizzata la circostanza che anche quest'anno sarà certamente necessario ricorrere ad almeno un secondo provvedimento per assicurare la permanenza fino al prossimo 31 dicembre delle truppe del nostro Paese nei numerosi teatri in cui sono coinvolte. Le missioni, infatti, non si concluderanno alla fine del primo semestre del 2014, come prova la circostanza che manchino nel provvedimento previsioni che prevedano la cessazione di qualche intervento. Continueranno, invece, anche se non si sa ancora esattamente a quali livelli di forza ciascuna.
      La ragione è certamente d'ordine economico-finanziaria, perché le risorse allocate dalla Legge di Stabilità 2014 al Fondo per l'alimentazione delle missioni di pace – di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n.  296 – sono state interamente investite in questo Decreto-Legge di cui è all'esame la conversione con modificazioni. Si tratta di circa 614 milioni di euro. Il Governo ne dovrà quindi trovare altrettanti, o forse pochi di meno, all'inizio di luglio, non si sa tuttavia attingendo a quali cespiti.
      In questo modo di procedere si è già in passato ravvisato un pericolo importante per i soldati dispiegati in aree a rischio operativo non di rado elevato. Riteniamo opportuno sollevare la questione nuovamente adesso, in occasione dell'esame dell'Atto Camera 2149, anche perché appare necessario giungere rapidamente ad una forma più organica di programmazione e gestione degli interventi oltremare delle Forze Armate, possibilmente meno velleitaria e più conforme alle possibilità attuali del Paese.
      Programmazione e gestione più ordinata delle operazioni all'estero detterebbero in effetti una più accurata e rigorosa selezione degli interventi secondo l'effettiva capacità finanziaria di sostenerli nell'arco dell'anno, tenendo ovviamente conto dell'importanza degli obiettivi perseguibili attraverso il loro svolgimento. Da tempo, del resto, si insiste in Parlamento sull'opportunità di una drastica riduzione degli impegni, che ponga fine alla loro disordinata moltiplicazione e dispersione, che spesso si traducono in un'inutile parcellizzazione delle iniziative, che accresce le spese senza recare alcun dividendo politico. Non è purtroppo una novità, ma una costante ricorrente nel modo in cui il nostro ordinamento si rapporta all'uso del proprio strumento militare, non di rado ridotto alla stregua di una mera pedina impiegata per mostrar bandiera, senza eccessiva considerazione degli interessi effettivamente in gioco, della loro importanza relativa e del rapporto costo-benefici insito in ogni scelta di impegno.
      Il decreto legge n.  2/2014 di cui è chiesta la conversione in quest'Aula non si distacca purtroppo da questa tradizione, come il n.  114/2013 che lo ha preceduto lo scorso autunno. È stata quindi persa Pag. 91un'altra preziosa occasione per avviare una Spending Review anche in questo campo, cosa della quale ci si rammarica mentre si prende cognizione dell'ampiezza dei tagli che stanno per abbattersi su strutture essenziali dello Stato, come quelle che tutelano la sicurezza dei cittadini nella loro vita di tutti i giorni.
      L'insieme degli interventi rinnovati fino alla fine di giugno è rimasto obiettivamente impressionante, anche se si osserva una contrazione degli uomini e delle donne inviati all'estero, per la verità concentrata nella missione afghana. Come evidenzia la stessa struttura del provvedimento all'esame, ci sono ancora nostri militari in Africa, Asia ed Europa, oltre che nel Mediterraneo, nel Mar Rosso e nell'Oceano Indiano. Il quesito se non si stia per caso esagerando non è quindi fuori luogo.
      In taluni casi, si tratta di presidi pressoché insignificanti dal punto di vista tecnico-operativo: si pensi ai 14 uomini inviati sotto due insegne differenti nei territori dell'Autorità Nazionale Palestinese o ai quattro osservatori attribuiti all'UNFICYP, la forza Onu in Cipro, o, ancora, ai quattro militari con i quali partecipiamo alla EUMM Georgia, avviata nel lontano 2008, o ai cinque conferiti all'ALTHEA in Bosnia-Erzegovina, forse utili solo a raccontarci cosa sta accadendo nelle municipalità di quello sfortunato Paese.
      Servono davvero ? Cosa portano in termini concreti al Paese ?
      Poi, ci sono le operazioni di maggior importanza. Si considerino, in particolare, l'ISAF e le missioni accessorie che vedono unità delle Forze Armate impegnate nel difficile compito di stabilizzare l'Afghanistan.  All'origine, la loro partecipazione a questo sforzo rappresentava uno dei contributi più significativi dati alla grande campagna contro il terrorismo transnazionale di matrice jihadista avviata dopo i fatti dell'Il settembre 2001. Ma il senso della missione internazionale è nel frattempo mutato, insieme agli orientamenti generali dell'Amministrazione Obama, e merita chiedersi se davvero valga ancora la pena di mantenere sul suolo afghano migliaia di soldati – 2.250 attualmente, con ben 505 mezzi terrestri e 29 aeromobili ancora al seguito – mentre è in atto un ritiro che coinvolge molti importanti alleati, alcuni dei quali, come la Francia e i Paesi Bassi, hanno già lasciato il tormentato Paese centro-asiatico. L'interrogativo circa l'opportunità di andare avanti è reso adesso anche più urgente dalla circostanza che in Afghanistan non sanno più apparentemente cosa fare neanche gli Stati Uniti, in bilico come sono tra la tentazione del rimpatrio completo delle loro truppe e l'ipotesi di forme di presenza comunque molto leggera, comprese tra i tremila e i diecimila uomini.
      L'opinione pubblica merita nel frattempo di sapere che nelle aree già restituite alla responsabilità delle Forze di Sicurezza Afghane la guerriglia la fa ormai da padrona: è accaduto sia a Bala Murghab che nel Gulistan, tenuti al prezzo di un pesante tributo di sangue del tutto vanificato, e non passa giorno senza che dalla Regione occidentale afghana giungano cattive notizie sotto il punto di vista della sicurezza locale. Lo stesso Governatore di Herat, un tempo la città più sicura dell'intero Afghanistan, ha dovuto gettare la spugna, abbandonando il proprio incarico. Di tale triste situazione, una delegazione parlamentare ha potuto direttamente rendersi conto, visitando Herat nello scorso autunno, proprio nel giorno in cui veniva attaccato il locale Consolato statunitense.
      Quanto al Libano, la partecipazione all'UNIFIL II si è di fatto trasformata in una vulnerabilità strategica, come è emerso in occasione degli sviluppi della crisi siriana seguiti all'impiego di aggressivi chimici nei pressi di Damasco. Né risulta che la diplomazia italiana abbia tratto finora particolare giovamento dalla presenza dei soldati schierati a sud del fiume Litani. Eppure, si rimane ancora in quel teatro con ben 1.110 uomini, accompagnati da 647 mezzi terrestri e sei aeromobili.
      Suscitano invece minori dubbi altri interventi, come la partecipazione alla lotta antipirateria, per quanto sia stata indirettamente all'origine dell'imbarazzante vicenda Pag. 92dei marò, che ci vede tuttora contrapposti all'India e, soprattutto, il complesso delle misure pensate per assistere la Libia nel difficile percorso verso la stabilizzazione ed il connesso ripristino di adeguate capacità locali di controllo dei flussi migratori.
      Sorprende peraltro che manchi ancora nel complesso delle operazioni autorizzate dal Decreto n.  2/2014 la missione MARE NOSTRUM, che dovrebbe teoricamente essere funzionale al fondamentale obiettivo di rafforzare la dissuasione dei flussi migratori clandestini, che fanno solo la fortuna di imprenditori privi di scrupoli, armatori di vere e proprie flotte di imbarcazioni «a perdere», la cui fragilità è all'origine delle tragedie di cui è testimone l'isola di Lampedusa.
      Si dovrebbe pertanto considerare una distribuzione alternativa delle risorse militari che vengono attualmente impiegate fuori dai confini, per privilegiare gli interventi che paiono maggiormente in grado di soddisfare interessi più immediati e concreti, possibilmente insieme ai partners europei e magari valorizzando la cooperazione navale con il dispositivo comunitario noto come FRONTEX, cui potrebbe essere assicurato altresì un maggiore contributo.
      Dovrebbe essere ipotizzato anche il rafforzamento della nostra presenza in Libia, che è del resto sollecitata in vario modo anche dagli Stati Uniti, persino in questi giorni, ed è altresì utile anche sotto il profilo del soddisfacimento delle esigenze della politica energetica.
      I dispositivi già presenti sul suolo libico sono certamente un passo nella direzione giusta, ancorché timido: sia quello interamente nazionale che quello inserito nella EUBAM LIBYA. Sarebbe però da raccomandare uno sforzo maggiore, anche liberando risorse da interventi concorrenti che paiono molto meno indispensabili. Occorre ricordare a questo proposito come, nell'anno precedente alla guerra sfociata nella deposizione del regime del colonnello Gheddafi, l'accordo bilaterale stretto con Tripoli avesse portato ad una riduzione dell'88 per cento negli sbarchi sulle coste del nostro Paese e ad una del 98 per cento nel numero di quelli avvenuti a Lampedusa, Linosa e Lampione. Secondo altre fonti, sempre nel 2010, i morti accertati per annegamento nel Canale di Sicilia sarebbero inoltre scesi da 425 a 20, prima di risalire nel 2011, anno delle Primavere Arabe, a 1.822.
      Il controllo dei flussi migratori illegali tra le due sponde del Mediterraneo, pilastro essenziale di una politica che miri a salvaguardare l'inclusione della Repubblica nell'area Schengen, postula altresì la pratica di una politica della cooperazione allo sviluppo più generosa, altro elemento che dovrebbe indurre a ripensare in futuro l'allocazione delle nostre risorse tra i possibili impieghi alternativi disponibili.
      Infine, se pare necessario stanziare fondi al finanziamento delle iniziative imposte dal dovere di assistere i nostri connazionali in pericolo all'estero, sembra non meno indispensabile esigere chiarezza sulle modalità del loro utilizzo.
      Esprimendo questi dubbi e perplessità non si intende in alcun modo delegittimare l'azione dei servitori dello Stato chiamati ogni giorno ad esporsi personalmente a causa di scelte politiche di Governo e Parlamento che dovrebbero esser considerate sempre rivedibili al mutare delle circostanze.
      Al contrario, si vuole invece promuovere una meditazione più profonda sul modo migliore di valorizzarne i sacrifici, in particolare accelerando il ripiegamento dall'Afghanistan, disponendo il ritiro dal Libano ed investendo di più negli interventi a più direttamente collegabili al perseguimento degli interessi ritenuti fondamentali dall'opinione pubblica.
      Per le ragioni sopraesposte, rimaniamo critici ed insoddisfatti sotto molti profili del provvedimento all'esame dell'Aula, esattamente come lo eravamo in occasione del varo e della conversione del precedente decreto legge n.  114/2013. Tuttavia, ne auspichiamo il miglioramento, tramite l'approvazione dei nostri emendamenti, e per questo motivo non abbiamo ritenuto necessario predisporre un testo alternativo.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI RELATIVI ALLE COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DI BRUXELLES DEL 20 E 21 MARZO 2014

Tempo complessivo per la discussione e per le dichiarazioni di voto: 4 ore.

Governo 40 minuti
Interventi a titolo personale 17 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 23 minuti
    Partito Democratico 21 minuti
    MoVimento 5 Stelle 10 minuti
    Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 8 minuti
    Sinistra Ecologia Libertà 7 minuti
    Nuovo Centrodestra 6 minuti
    Scelta civica per l'Italia 6 minuti
    Lega Nord e Autonomie 6 minuti
    Per l'Italia 6 minuti
    Fratelli d'Italia 5 minuti
    Misto: 8 minuti
        Centro Democratico 2 minuti
        Minoranze Linguistiche 2 minuti
        MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 2 minuti
        Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 2 minuti

Per le dichiarazioni di voto sono inoltre attribuiti a ciascun gruppo 10 minuti.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE  ELENCO  N.  1  DI  1  (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 3)
Votazione O  G  G  E  T  T  O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. TU 3 ed abb.-A - voto finale 561 521 40 261 365 156 25 Appr.
2 Nom. Ddl 2149 - chius. discus. generale 438 437 1 219 315 122 24 Appr.
3 Nom. Ddl 2149 - quest. pregiudiz. n. 1 454 454 228 135 319 24 Resp.

F  =  Voto favorevole (in votazione palese). - C  =  Voto contrario (in votazione palese). - V  =  Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A  =  Astensione. - M =  Deputato in missione. - T  =  Presidente di turno. - P  =  Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X  =  Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.