XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 23 gennaio 2017

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              nel mese di maggio 2016 alcuni scienziati americani sono riusciti ad individuare un super batterio, resistente a qualsiasi terapia antibiotica: si tratta di una specie di «escherichia coli», trovata nelle urine di una donna di 48 anni residente in Pennsylvania;
              diversi report diffusi dall'Organizzazione mondiale della sanità contengono dati che evidenziano una continua e progressiva presenza di infezioni resistenti a qualsiasi terapia antibiotica persino al «colistin»;
              fra trent'anni circa le infezioni resistenti a terapia antibiotica potrebbero essere la prima causa di morte nel mondo;
              gli scienziati in diverse riunioni scientifiche hanno evidenziato che l'antibiotico-resistenza è «la più grande sfida della medicina contemporanea»;
              oggi circa un milione di persone muoiono a causa dell'antibiotico-resistenza;
              l'uso inappropriato della terapia antibiotica, soprattutto nel nostro Paese, ha contribuito ad accelerare ed aggravare la cosiddetta «resistenza agli antibiotici»;
              negli ultimi anni si è riscontrata una netta diminuzione di scoperte e produzione di antibiotici innovativi, contribuendo in questa maniera all'aggravamento della situazione;
              in Italia si riscontra un altissimo consumo di antibiotici, il più delle volte inappropriato, a causa di una cultura di prescrizione terapeutica superficiale e che spesso avviene per via telefonica;
              nel nostro Paese si riscontra un progressivo aumento di infezioni gravi da escherichia coli, pneumococco, stafilococco, pseudomonas con conseguente resistenza agli antibiotici (cefalosporine, fluorochinoloni, macrolidi, penicilline);
              un numero rilevante di infezioni resistenti avviene in ambiente ospedaliero, soprattutto nei reparti di rianimazione;
              la comunità scientifica è da anni impegnata nel sostenere la necessità di una forte ed urgente inversione di tendenza nell'utilizzo degli antibiotici, indirizzando verso un corretto ed appropriato indirizzo per l'utilizzo degli stessi;
              tra circa trent'anni in mancanza di innovazioni decisive il mondo potrebbe trovarsi rispetto alle infezioni nell'era antecedente la scoperta della «penicillina»;
              in Italia la stragrande quantità di antibiotici viene prescritta dai medici di medicina generale, e pertanto risulta indispensabile effettuare un continuo e serio monitoraggio del consumo di questi farmaci;
              il fenomeno dell'abnorme consumo di antibiotici nel nostro Paese è causato anche dall'automedicazione, che spesso avviene con quelle dosi che superano il numero di quelle prescritte dal medico e che rimangono nella disponibilità dei pazienti;
              si è accertato che il rischio di resistenza antibatterica non è provocato solo dall'uso improprio di antibiotici in ambito ospedaliero o domestico, ma anche dalla trasmissione di batteri resistenti agli antimicrobici attraverso la catena alimentare e dalla trasmissione della resistenza dai batteri animali ai batteri umani;
              un maggior controllo e corretto uso di antimicrobici negli allevamenti con elevata densità della popolazione animale sarebbe auspicabile e necessario per ridurre il rischio dell'insorgenza e della diffusione di infezioni;
              è necessario intervenire con linee di indirizzo per aumentare decisamente l'appropriatezza del corretto utilizzo degli antibiotici sia nel campo umano e sia nel campo animale, poiché questi due ambiti sono direttamente correlati,

impegna il Governo:

1)    ad adottare ogni utile iniziativa per la riduzione del consumo degli antibiotici in ambito ospedaliero e domestico;
2)    a valutare l'opportunità dell'adozione di strumenti normativi per dare piena attuazione al documento strategico globale ed alle linee guida, predisposti dall'Organizzazione mondiale della sanità, per la riduzione dell'uso degli antibiotici;
3)    a valutare l'opportunità di istituire dei sistemi di monitoraggio per verificare la resistenza agli antibiotici ed intraprendere azioni efficaci;
4)    a valutare l'opportunità di rafforzare l'attuale sistema di farmacovigilanza;
5)    a predisporre una campagna di informazione istituzionale per spiegare ai cittadini ed utenti del Servizio sanitario nazionale l'importanza e la necessità di un corretto uso di antibiotici;
6)    ad assumere iniziative per la predisposizione di nuove linee guida e/o protocolli clinici per i medici riguardanti l'appropriatezza ed il corretto uso degli antibiotici;
7)    a promuovere, per quanto di competenza, un confezionamento di farmaci tale da prevedere l'introduzione di dosi unitarie o pacchetti personalizzati, al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini;
8)    a valutare l'opportunità di assumere iniziative per incentivare la riduzione di utilizzo di antibiotici negli allevamenti di animali;
9)    ad assumere iniziative per implementare gli attuali controlli e monitoraggi delle aziende zootecniche;
10)    a rafforzare l'attività di vigilanza negli allevamenti per verificare le condizioni di vita e di salute degli animali.
(1-01477) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


      La Camera,
          premesso che:
              è da molto tempo che report nazionali e internazionali indicano come i farmaci antibiotici siano tra i primi in cima alla lista dei farmaci che vengono prescritti in modo inappropriato e che, in conseguenza del loro abuso, si siano creati ceppi di batteri resistenti al trattamento, portando così infezioni comuni, curate per decenni con efficacia, a essere nuovamente pericolose per i soggetti che hanno appunto sviluppato la resistenza. I batteri antibiotico-resistenti possono quindi diffondersi con facilità in determinati contesti sociali quali la famiglia, la scuola o i luoghi di lavoro, con un nuovo ceppo di malattie infettive che non solo sono più difficili da curare, ma anche più costose per la sanità pubblica;
              gli antibiotici sono farmaci essenziali per tutelare la salute umana e animale, ma il loro uso eccessivo o improprio, sta quindi contribuendo alla comparsa di batteri resistenti al trattamento con questi farmaci. E questo è ancora più pericoloso se l'eccessivo uso di questi farmaci avviene già nei bambini. Da adulti, avranno infatti maggiori difficoltà a trovare un farmaco efficace per controllare le diverse forme di infezioni, e questo in quanto hanno probabilmente già sviluppato varie resistenze;
              questo fenomeno è ormai diventato un problema di sanità pubblica, e mette seriamente in pericolo il controllo delle malattie in tutto il mondo. È diventato una priorità sanitaria a livello mondiale, sia per le importanti implicazioni cliniche (aumento della morbilità, letalità, possibilità di sviluppare complicanze, epidemie, e altro), ma anche per l'impatto economico delle infezioni da batteri antibiotico-resistenti, dovuto al maggior costo richiesto per l'impiego di farmaci e di procedure più costose, per l'allungamento delle degenze in ospedale, e altro;
              sono quattro milioni le infezioni da antibiotico-resistenza registrate ogni anno in Europa. Circa 37 mila i decessi stimati, con un assorbimento di risorse che ammonta a circa 1,5 miliardi di euro all'anno;
              nel novembre 2016, l'OCSE ha pubblicato un nuovo report sul consumo degli antibiotici, con i dati aggiornati al 2014. Negli ultimi 10 anni il consumo (anche per l'uso massiccio che se ne fa negli allevamenti) è cresciuto in media nei Paesi Ocse del 4 per cento, arrivando fino alla media di 20,5 dosi ogni 1.000 abitanti. In Italia però la media è ben più alta: 27,8 dosi ogni 1.000 abitanti, e una crescita del suo uso negli ultimi 10 anni del 6 per cento. L'Italia è sesta al mondo per i consumi;
              chiaramente l'eccessivo uso degli antibiotici incide anche sui livelli di resistenza agli stessi. Una resistenza che è cresciuta in media del 5 per cento. Un fenomeno internazionale, se è vero che tra il 2005 e il 2014 la prevalenza di antibiotico-resistenza è aumentata in 23 Paesi su 26 mappati. In questa graduatoria l'Italia è il terzo Paese con la più alta percentuale di antibiotico-resistenza. Peggio di noi solo la Grecia e la Turchia;
              l'antibiotico resistenza pone anche un onere significativo sui sistemi sanitari e bilanci nazionali. Dati internazionali indicano come le strutture ospedaliere spendono, mediamente, tra i 10 mila e i 40 mila dollari per il trattamento di un paziente infettato da batteri resistenti;
              peraltro, dai dati pubblicati nel giugno 2016 del sondaggio commissionato dalla Commissione europea a «Eurobarometer», nell'ambito delle iniziative intraprese dalle istituzioni europee per contrastare il preoccupante fenomeno della resistenza agli antimicrobici, emerge come, seppur in presenza di una diminuzione di circa il 6 per cento nel consumo di antibiotici a livello europeo, vi sia ancora troppo scarsa conoscenza e consapevolezza nella popolazione circa gli effetti derivanti dall'uso degli antimicrobici (antibiotici in particolare), soprattutto se inappropriato. Il 57 per cento degli europei non sa che gli antibiotici sono inefficaci contro i virus. I risultati del sondaggio confermano l'esistenza di un legame diretto tre una migliore informazione e minori consumi di antibiotici;
              il rapporto scientifico britannico « Review on Antimicrobial Resistance» ha confermato la necessità ineludibile di un uso più consapevole degli antibiotici, evitando quegli eccessi e abusi che favoriscono la proliferazione dei «superbatteri», nonché la necessità di una vasta campagna di sensibilizzazione del pubblico. I dati indicano come da metà del 2014, sono morte più di un milione di persone a causa di infezione correlate alla resistenza agli antibiotici. Nel 2050 si potrebbe arrivare a 10 milioni di vittime all'anno, più delle morti per tumore;
              dal 14 al 20 novembre si è svolta la settimana mondiale sull'uso consapevole degli antibiotici. La World Antibiotic Awareness Week, organizzata da Oms, Fao e Organizzazione mondiale della sanità animale (Oie), si è principalmente rivolta alla popolazione, agli operatori sanitari, e a coloro che lavorano nel settore veterinario e agricolo, per sensibilizzare sui pericoli rappresentati dalla resistenza agli antibiotici, nonché sull'uso prudente degli antibiotici stessi;
              nel nostro Paese l'Istituto superiore di sanità, nel 1999 ha istituito il progetto pilota di sorveglianza dell'antibiotico-resistenza Ar-Iss. Dal 2001 il progetto Ar-Iss si è evoluto in un vero e proprio sistema di sorveglianza sentinella, coinvolgendo numerosi laboratori su tutto il territorio. Accanto a questa iniziativa nazionale, vi sono alcune regioni (Emilia-Romagna, Lombardia) che hanno istituito sistemi di sorveglianza regionali sul fenomeno dell'antibiotico-resistenza;
              in Emilia-Romagna per esempio, si sta assistendo ad una tendenza positiva che vede una riduzione nei consumi di antibiotici, in linea con le raccomandazioni regionali e le campagne informative avviate dal servizio sanitario regionale per promuovere un uso responsabile di questi farmaci;
              alla preoccupante diffusione della resistenza antimicrobica, contribuisce sensibilmente la catena alimentare e il larghissimo uso degli antibiotici che viene fatto soprattutto negli allevamenti intensivi, al fine di prevenire il propagarsi di patologie tra gli animali;
              se l'impiego degli antibiotici per favorire la crescita negli animali è proibito nell'Unione europea dal 2006, è invece perfettamente legale e molto diffuso il suo utilizzo negli allevamenti per evitare l'insorgenza e trasmissione di infezioni;
              è evidente che sotto questo aspetto la qualità e la sicurezza alimentare, con quello che ciò comporta in termini di maggiore trasparenza, controlli, sorveglianza su alimenti, mangimi, e ambienti di vita degli animali, sono fattori decisivi nella lotta alla resistenza agli antibiotici;
              in questo ambito è necessario sostenere le ricerche per individuare nuove tecniche e la scoperta di marcatori biologici che consentano la rilevazione dell'uso illecito di antibiotici o di ormoni della crescita. Sotto questo aspetto, per esempio, si segnala uno studio dell'Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, che ha scoperto un marcatore in grado di identificare la presenza di una specifica proteina nel plasma delle mucche in seguito ad una somministrazione illecita di antibiotico;
              la realtà degli allevamenti intensivi, è quella di animali destinati al consumo alimentare umano costretti a trascorrere la loro breve vita in spazi che riducono al minimo i loro movimenti. Questo tipo di detenzione dà luogo inevitabilmente a patologie fisiche, che vengono contrastate dagli allevatori/produttori con un alto uso di farmaci, anche antibiotici, per mantenerli in vita, con l'effetto di uno sviluppo di microrganismi resistenti e il conseguente intensificarsi dei trattamenti antibiotici;
              come riporta l'associazione animalista LAV, nel suo Dossier «Rischio sanitario degli allevamenti intensivi», la gran parte dei prodotti di origine animale reperibili nei circuiti della grande distribuzione proviene da allevamenti intensivi, ovvero allevamenti caratterizzati dalla elevata concentrazione di animali in ambienti confinati e controllati. Qui si realizzano le condizioni ideali per lo sviluppo e la propagazione di malattie note e non note. Le condizioni di vita degli animali negli allevamenti industriali sono responsabili del loro debole stato di salute, per ovviare al quale è necessario ricorrere spesso a farmaci, in particolare ad antibiotici. Senza tali preparati, non sarebbe possibile far funzionare alcun allevamento intensivo. L'uso sistematico di antibiotici ha conseguenze rilevanti: i farmaci rimangono spesso nei tessuti degli animali e arrivano al piatto dei consumatori;
              il suddetto dossier della Lav, ricorda inoltre come per produrre 1 chilogrammo di carne sono impiegati mediamente 100 mg di antibiotico. Ciò significa, per l'italiano medio e consumatore di circa 87 chilogrammi di carne ogni anno (senza considerare i consumi di prodotti ittici), ingerire involontariamente quasi 9 gr di antibiotici, equivalenti alla somministrazione di circa 4 terapie antibiotiche ogni anno,

impegna il Governo:

1)    ad adottare, entro giugno 2017, in linea con le raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea del mese di giugno 2016, un piano d'azione nazionale contro la resistenza agli antimicrobici, in conformità con gli obiettivi del piano d'azione mondiale dell'Organizzazione mondiale della sanità, e ad assumere iniziative per implementare a tal fine le azioni di coordinamento tra le diverse nazioni;

2)    ad attivarsi, per quanto di competenza, affinché in tutte le regioni si istituiscano sistemi di sorveglianza sul fenomeno dell'antibiotico resistenza;

3)    ad avviare, in coordinamento con le regioni, efficaci campagne informative e di sensibilizzazione dei cittadini, degli allevatori e dei professionisti coinvolti, volte a promuovere un uso corretto e responsabile dei farmaci antibiotici;

4)    a prevedere l'implementazione dei programmi di formazione dei veterinari e dei medici, con particolare riguardo ai medici di medicina generale, riguardo al miglioramento dell'appropriatezza prescrittiva di farmaci antibiotici e all'individuazione delle terapie più corrette e idonee;

5)    ad assumere iniziative per stanziare adeguate risorse finanziarie per strutture di ricerca e concorsi volti allo studio di nuove molecole ad attività antibatterica, al fine di contrastare il fenomeno delle resistenze batteriche agli antibiotici, nonché per individuare nuove valide alternative terapeutiche a detti medicinali;

6)    a considerare la sicurezza alimentare uno dei fattori decisivi nella lotta alla resistenza agli antibiotici, mettendo in atto tutte le iniziative utili al fine di incrementare e regolamentare maggiormente la trasparenza, i controlli e la sorveglianza su alimenti e mangimi;

7)    ad assumere tutte le iniziative utili, anche attraverso lo stanziamento di risorse, al fine di favorire la ricerca biotecnologica volta all'individuazione di nuove tecniche e di marcatori biologici che consentano di rilevare la somministrazione di antibiotici o ormoni della crescita negli animali destinati al consumo umano, anche per limitare l'abuso o l'uso illecito dei medesimi;

8)    in quanto fattore decisivo nella lotta alla resistenza agli antibiotici, ad attivarsi in sede di Unione europea e in ambito nazionale, anche con opportune iniziative normative, al fine di incentivare il modello estensivo di allevamento e disincentivare il modello intensivo, e comunque per rivedere gli standard minimi e le caratteristiche degli allevamenti ai fini della loro autorizzazione all'esercizio, con particolare riguardo a quelli intensivi, per garantire maggior benessere e più adeguati ambienti di vita degli animali.
(1-01478) «Nicchi, Gregori, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».


      La Camera,
          premesso che:
              in data 21 gennaio 2016, nella seduta n.  552, la Camera dei deputati ha approvato la mozione n.  1-01055, di cui era prima firmataria la deputata Ilaria Capua, relativa ai rischi correlati alle resistenze microbiche e alle infezioni nosocomiali;
              i firmatari di tale mozione ricordavano in quel documento come tali, specifiche problematiche sanitarie, fossero da tempo all'attenzione dell'Unione europea che le aveva incluse nell'allegato 1 della decisione n.  2000/96/CE del 22 dicembre 1999, relativa alle malattie trasmissibili da inserire progressivamente nella rete comunitaria, conseguentemente alla decisione n.  2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
              nella citata mozione veniva sottolineata l'alta incidenza della mortalità nelle infezioni nosocomiali (25-30 per cento) e la conseguente necessità di predisporre un sistema di prevenzione e di segnalazione che ne circoscrivesse quanto più possibile l'incidenza;
              sempre nel contesto della mozione, veniva segnalato l'effetto moltiplicativo del rischio rappresentato dalla comparsa di nuove resistenze agli antibiotici (selezionate e particolarmente diffuse proprio in ambiente ospedaliero) che, in prospettiva, potrebbero ridurre la potenziale efficacia di tale strumento terapeutico sino ad introdurre lo spettro di una tragica recrudescenza della mortalità delle malattie sostenute da agenti batterici;
              tale considerazione ha da tempo indotto i Paesi più evoluti sotto il profilo sanitario a sollecitare un'attenta rivalutazione culturale dell'utilizzo terapeutico dei farmaci antimicrobici, rafforzando le raccomandazioni in merito alla loro diffusione, ad evitare che l'uso incongruo e l'abuso possano favorire i noti fenomeni di farmacoresistenza;
              secondo i dati diffusi dall'ESAC (European Surveillance of Antimicrobical Consumption), operativo nell'Ecdc di Stoccolma, appare purtroppo in tal senso documentato che i Paesi europei che presentano l'utilizzo ambulatoriale pro capite più elevato di antibiotici sono proprio quelle in cui salgono in modo inquietante le percentuali dei microorganismi resistenti alle terapie;
              sempre secondo i dati diffusi dall'ECDC, nel triennio 2010-2013, l'Italia è stato uno dei Paesi europei che ha registrato la maggior crescita della resistenza alla Klebsiella Pneumoniae, batterio gran negativo, produttore di carbapenemasi, uno dei più temibili agenti killer delle infezioni nosocomiali;
              nella consapevolezza del rischio conseguente alle infezioni (e alle conseguenti resistenze) da batteri produttori di carbapenemasi, il Ministero della salute, in data 13 febbraio 2013, ha pubblicato la circolare n.  4968, contenenti prescrizioni finalizzate alla prevenzione del rischio;
              le disposizioni contenute nella citata circolare 4968/2013 hanno a lungo trovato scarsa applicazione nella realtà sanitaria italiana, come veniva sottolineato dai firmatari della «mozione Capua» che, all'atto dell'approvazione di tale documento parlamentare, ottenevano l'impegno del Governo pro tempore ad esercitare azioni di educazione sanitaria, di prevenzione diretta ed indiretta, di monitoraggio e di controllo, di sorveglianza attiva integrata umana e animale che elevassero il complessivo livello di sicurezza del sistema sanitario nei confronti della crescita della farmacoresistenza batterica e, in particolare, nei confronti dei batteri produttori di carbapenemasi;
              nel maggio del 2016, il rapporto sulle resistenze antimicrobiche (AMR) del Department of Health del Regno Unito sottolinea il rischio che, entro il 2050, le infezioni batteriche antibiotico resistenti possano ritornare ad essere la prima causa di mortalità al mondo;
              il 21 settembre del 2016, i 193 Paesi membri dell'ONU, riuniti nell'Assemblea Generale dell'ONU, hanno sottoscritto un documento di intenti che impegna ad affrontare in modo unitario e deciso tale fenomeno, con una risposta «mondiale, coordinata»;
              nel settembre del 2016, in un articolo giornalistico sull’Huffington Post i tre direttori generali di FAO, OMS e OMS animale hanno pubblicato un proprio appello congiunto per l'immediato intervento a livello mondiale sulla prevenzione dei rischi connessi alla diffusione della resistenza microbica;
              per quanto attiene al nostro Paese, il persistente uso incongruo degli antibiotici è certificato dallo stesso Istituto superiore di sanità che, nel proprio rapporto 09/32 del 2009, ritornava sui consumi italiani troppo alti (in crescita da 20 a 28 DDD/1000 abitanti/die, tra il 2000 e il 2008), che espongono a rischi sempre più elevati di infezioni nosocomiali e di farmacoresistenza;
              la riduzione dell'utilizzo incongruo degli antibiotici in Italia, in ambiente ambulatoriale, passa sicuramente attraverso un'azione culturale, che coinvolga i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, ma anche i pazienti e le loro famiglie, per evitare un approccio terapeutico che salti i farmaci di prima scelta in tutte le circostanze in cui essi sarebbero da soli risolutivi per debellare patologie infiammatorie, non sostenute da agenti batterici e microbici, senza ricorrere all'uso degli antibiotici;
              per quanto invece attiene all'utilizzo degli antibiotici nel trattamento delle infezioni ospedaliere, altrettanto utile sembrerebbe un approccio antibiotico quanto più mirato possibile, che eviti l'uso indiscriminato dei farmaci «ad ampio spettro» o «di seconda istanza», che sarebbe meglio non utilizzare in assenza di specifiche indicazioni su base microbiologica;
              è indispensabile la sottolineatura sulla necessità di azioni integrate sul corretto utilizzo degli antibiotici in ambito umano, veterinario e persino fitosanitario (non in tutti i Paesi è vietato l'uso degli antibiotici sulle piante) per una prevenzione globale del rischio;
              è del tutto evidente che il successo delle azioni di crescita culturale della popolazione e degli operatori, di prevenzione, di sorveglianza, di monitoraggio globale deve adeguatamente essere supportato dalla consapevolezza che ogni ulteriore perdita di tempo e sottovalutazione del problema rischierebbe di comportare danni incalcolabili alla salute degli italiani e alla stessa sostenibilità economica del nostro sistema di Welfare sanitario,

impegna il Governo:

1)    ad accelerare le azioni attuative degli indirizzi contenuti nella mozione n.  1-01055 e nelle mozioni abbinate di analogo oggetto approvate dalla Camera dei deputati nella seduta n.  552, in data 21 gennaio 2016;
2)    a porre particolare attenzione sulle azioni relative alla penetrazione culturale nell'intera popolazione del messaggio sul rischio correlato all'uso inadeguato di tali farmaci, per ridurre ogni tipo di pressione psicologica sui prescrittori che favorisca i comportamenti terapeutici inappropriati;
3)    a porre particolare attenzione ai sistemi di misurazione dei consumi di farmaci antimicrobici, all'individuazione delle cause che inducono difformità di consumi nelle varie realtà italiane, alle azioni di benchmark nei confronti delle realtà nazionali ed europee più virtuose e alle attività di monitoraggio del rischio e di potenziamento della copertura dell'attività dei presidi di diagnosi microbiologica;
4)    a potenziare le strutture di risk management nelle realtà sanitarie ospedaliere e aziendali, al fine di prevenire il circolo vizioso rappresentato dall'incremento delle infezioni nosocomiali resistenti;
5)    a sostenere le attività di ricerca, con particolare attenzione a quelle di dimensione olistica, che propongono percorsi di studio integrati nelle diverse dimensioni della vita umana, animale e vegetale.
(1-01479) «Vargiu, Monchiero, Molea, Matarrese, Oliaro, Galgano, Menorello, Dambruoso, Librandi, Catalano, Quintarelli, Catania».


      La Camera,
          premesso che:
              l'Organizzazione mondiale della sanità – OMS –, rivolgendosi a tutti i Paesi membri, ha recentemente lanciato un appello per un corretto uso degli antibiotici con uno slogan molto suggestivo: tutti contro il «superbug», ossia tutti uniti contro i batteri resistenti agli antibiotici;
              il periodo più fecondo per la scoperta degli antibiotici è stato intorno alla metà del secolo scorso, quando numerose molecole nuove entrarono sul mercato. Ma la stragrande maggioranza degli antibiotici oggi a disposizione è stata sviluppata prima del 1968 e l'ultima classe di antibiotici scoperta risale agli anni Ottanta. L'ultimo prodotto commercializzato in Europa, nel 2012, è un antibiotico contro le polmoniti ospedaliere e le infezioni cutanee dovute ai temuti stafilococchi resistenti alla meticillina (MRSA);
              ci sono attualmente alcune molecole in via di sperimentazione, tra cui quella contro la Pseudomonas aeruginosa, responsabile di gravi polmoniti acquisite in ospedale; ma non c’è ancora niente per contrastare la resistenza batterica agli antibiotici carbapenemi, considerati il prodotto più avanzato, top level, per diversi tipi di infezione;
              infezioni comuni come la polmonite, curate senza difficoltà con l'avvento della penicillina, in molte situazioni non rispondono più. L'alta percentuale di resistenza agli antibiotici che sono considerati la seconda o la terza scelta per la maggior parte delle infezioni significa che per trattare le forme gravi è necessario fare ricorso a farmaci che costituiscono di fatto l'ultima opportunità terapeutica. Se si diffondesse la resistenza anche a questi, non rimarrebbe alternativa;
              l'aumento dell'antibiotico resistenza costituisce ormai un problema sanitario globale, tutti i Governi lo considerano una    delle maggiori sfide per la salute pubblica e sta raggiungendo livelli pericolosamente alti in ogni parte del mondo. Margaret Chan, direttore generale dell'OMS, lanciando la nuova campagna dell'OMS, «Antibiotici: maneggiare con cura», ha recentemente affermato che «la resistenza agli antibiotici sta compromettendo la nostra capacità di trattare le malattie infettive e minando il progresso della medicina. I    dati mostrano la necessità urgente di migliorare la comprensione e la conoscenza intorno al fenomeno dell'antibiotico resistenza». Si tratta di una delle più grandi sfide in termini di salute del ventunesimo secolo che richiederà un cambiamento globale del comportamento degli individui e della società;
              l'antibiotico resistenza si verifica quanto i batteri mutano e diventano resistenti ai farmaci utilizzati per il trattamento delle infezioni da essi provocate: l'utilizzo eccessivo e improprio di antibiotici aumenta lo sviluppo di questi batteri. Tra le cause che contribuiscono alla crescita del fenomeno, una delle più importanti è proprio la scarsa conoscenza del problema, oltre a un insieme di pregiudizi e di luoghi comuni che lo accompagnano;
              uno dei principali fattori che contribuiscono alla resistenza è la pratica di trattare gli animali da allevamento con basse dosi di antibiotici per favorire la crescita ed evitare le malattie negli ambienti sovraffollati degli allevamenti intensivi. Questa pratica è vietata in Europa dal 2006, ma ancora oggi negli Stati Uniti l'80 per cento circa degli antibiotici viene impiegato con gli animali;
              l'OMS, mentre rafforza la sua lotta contro la resistenza agli antibiotici, ha promosso una ricerca in dodici Paesi membri, da cui si evince come ci sia ancora grande confusione intorno a questo fenomeno, che rappresenta una seria minaccia per la salute pubblica;
              particolarmente diffuse sono la convinzione di chi crede che gli antibiotici possano essere usati per curare raffreddore e influenza, nonostante sia risaputo che non hanno alcun impatto sui virus, oppure la falsa idea che sia giusto interrompere l'assunzione di antibiotici quando ci si sente meglio, senza completare il trattamento prescritto dal medico;
              per affrontare questo problema in costante crescita, durante l'Assemblea mondiale della sanità nel maggio 2015 è stato approvato un piano d'azione globale: uno dei cinque obiettivi è proprio quello di migliorare la comprensione e la consapevolezza del fenomeno della antibiotico-resistenza attraverso una comunicazione e una formazione più efficace;
              la minaccia della resistenza dei batteri agli antibiotici è stata a lungo sottovalutata. Ma si tratta di un fenomeno sempre più diffuso, particolarmente preoccupante, perché in un contesto globalizzato come l'attuale, anche la resistenza agli antibiotici, diventa un fenomeno globale, che potrebbe aggravarsi fino a un punto di non ritorno;
              alcuni tra i maggiori esperti mondiali su questo tema hanno affidato a Nature un appello sulla necessità di istituire un organismo internazionale sul modello di quello che si occupa dei cambiamenti climatici, per tenere sotto controllo la situazione e trovare soluzioni;
              i problemi maggiori nascono negli ospedali, dove si concentrano le infezioni con il maggior livello di antibiotico-resistenza: nei reparti di terapia intensiva e di neonatologia. I pazienti oncologici e quelli che hanno subito un trapianto sono i più vulnerabili, come le persone cui vengono somministrati antibiotici per prevenire infezioni dopo un intervento operatorio. Una grande percentuale delle infezioni ospedaliere sono causate da batteri    altamente resistenti come lo Staphylococcus aureus meticillino-resistente (Mrsa). Dunque, l'uso inappropriato degli antibiotici offre condizioni favorevoli per l'emergere, il diffondersi e il persistere di microrganismi resistenti;
              a volte si tratta di batteri che vivono normalmente nel nostro organismo senza causare problemi, ma quando le difese immunitarie si abbassano al di sotto di una certa soglia, allora possono emergere    delle vere e proprie auto-infezioni;
              secondo il rapporto dell'ECDC in Europa 1 paziente su 20 pazienti ospedalizzati contrae un'infezione, il che vuol dire 4,1 milioni di infezioni correlate all'assistenza (ICA), con 37 mila decessi e un costo di oltre sei miliardi di euro l'anno, che grava sui sistemi sanitari nazionali. In Italia viene colpito il 6 per cento dei pazienti: ogni anno tra i 600 e i 700 mila casi;
              le infezioni causate da microrganismi resistenti non rispondono ai trattamenti tradizionali, procurando malattie prolungate e maggiore rischio di morte. Ogni anno circa 440 mila nuovi casi di tubercolosi multiresistente (Mdr-Tb) sono causa di 150 mila decessi. Si sta registrando un forte aumento della resistenza alla prima generazione di medicine antimalariche (come la clorochina e la sulfadoxina-pirimetamina);
              l'Italia è uno dei Paesi europei che usa più antibiotici. I sistemi di sorveglianza confermano che anche il fenomeno della antibiotico-resistenza in Italia è tra i più elevati tra i Paesi europei, in stretta relazione con il consumo. Secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità, quasi la metà degli italiani che nel 2012 hanno assunto un antibiotico lo ha fatto senza prescrizione del medico, in un processo di automedicazione pericoloso e superficiale;
              in Italia l'antibiotico-resistenza è raddoppiata negli ultimi 10 anni, secondo il report (con dati del 2014) da poco pubblicato dall'Ocse, l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo che ha sede a Parigi e che studia gli aspetti economici per i Paesi membri, tutti con economia di mercato e sistema democratico. Facendo i conti un trattamento per curare una forma batterio-resistente può arrivare a costare in ospedale tra 10 e i 40 mila dollari, con forti effetti collaterali, contro pochi dollari dei normali antibiotici;
              fin dal 2009 il Ministero della salute ha approntato un piano per la rilevazione e il controllo delle infezioni nosocomiali e delle infezioni correlate all'assistenza (ICA); la rilevazione comprende non solo le infezioni all'interno dei nosocomi ma anche nell'ambito di un percorso allargato ad altre strutture sanitarie come le case di riposo per anziani e altro;
              il fenomeno delle ICA in Italia costituisce la sesta causa di richiesta di risarcimento e la quarta causa per dimensione rimborsi. Una crisi sanitaria che richiede attenzione, conoscenza e acquisizione di dati, soluzioni tecnologiche innovative e grande adesione ai programmi di prevenzione e controllo. Ma per l'attuazione di un piano nazionale la vera criticità è rappresentata dalla mancanza di coordinamento con le regioni, in linea con i programmi internazionali che esistono in molti altri Paesi europei. Al momento hanno aderito al piano solo due terzi delle regioni e si è molto lontani dall'avere un quadro completo;
              la preoccupazione globale riguarda il rischio di un passaggio all'era post-antibiotica dove anche per piccole infezioni e ferite si possa morire a causa di una sempre minore efficacia degli antimicrobici esistenti. Polmonite, tubercolosi, infezioni del sangue e gonorrea finora curabili con trattamenti poco costosi e con relativamente pochi effetti secondari, sono sempre più difficili da trattare a causa di ceppi che ormai non rispondono alle cure esistenti. Lo afferma il Rapporto globale sulla resistenza antimicrobica (AMR), pubblicato dalla Organizzazione mondiale della sanità,

impegna il Governo:

1)    a valutare l'opportunità di adottare strumenti normativi efficaci per dare piena attuazione al documento strategico globale ed alle linee guida, predisposti dall'Organizzazione mondiale della sanità, per la riduzione dell'uso degli antibiotici;
2)    a promuovere iniziative destinate ad incentivare l'uso responsabile degli antibiotici in commercio attraverso una efficace campagna di informazione sulla importanza e sulla necessità di un corretto uso degli antibiotici;
3)    ad intensificare la campagna di promozione delle vaccinazioni, così come previsto anche nella recente legge di bilancio 2017;
4)    a    valutare attraverso una pluralità di iniziative come si possa ridurre il consumo degli antibiotici in ambito ospedaliero, rafforzando il sistema di farmacovigilanza;
5)    a valutare l'opportunità di assumere iniziative per incentivare la riduzione dell'uso degli antibiotici negli allevamenti di animali, implementando i controlli e il monitoraggio nelle aziende zootecniche;
6)    ad incentivare la ricerca per lo sviluppo di nuovi antibiotici;
7)    a promuovere, per quanto di competenza, un confezionamento di farmaci tale da prevedere l'introduzione di dosi unitarie o pacchetti personalizzati, per evitare inutili sprechi da parte dei cittadini.
(1-01480) «Binetti, Buttiglione, De Mita, Cera, Pisicchio».


      La Camera,
          premesso che:
              l'11 gennaio 2017 la Consulta si è espressa sull'ammissibilità dei tre quesiti referendari in materia di lavoro e jobs act promossi dalla Cgil, dichiarando ammissibili i due relativi all'abolizione dei voucher ed alla abrogazione delle norme che limitano la responsabilità solidale delle imprese in caso di appalti ed inammissibile il quesito che intendeva abrogare il contratto a tutele crescenti introdotto, appunto, con la riforma del jobs act;
              l'inammissibilità del quesito relativo all'abrogazione della «nuova» tipologia contrattuale era più che mai prevedibile, posto che il medesimo intendeva non solo ritornare alla versione «originaria» dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori (legge n.  300 del 1970) – dunque prima delle modifiche intervenute con la «riforma Fornero» del lavoro (legge n.  92 del 2012) e con il Jobs Act (legge n.  183 del 2014; decreto legislativo n.  23 del 2015), che ne hanno limitato l'applicazione sotto il profilo del reintegro del lavoratore licenziato ingiustamente, prediligendo la natura risarcitoria, ma addirittura ampliarne la portata, estendendone l'applicazione anche alle imprese sopra i 5 dipendenti, invece che sopra i 15;
              a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo non serve un referendum per sancire il fallimento della riforma del lavoro nota come «jobs act»; sono sufficienti i dati Istat – e dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali – sul calo dei contratti a tempo indeterminato tra il 2015 ed il 2016 (nel secondo trimestre del 2016 le nuove attivazioni sono state 392.043, il 29,4 per cento in meno rispetto al 2015, pari a –163.099), per comprendere che diminuito lo sgravio contributivo per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, si sarebbe ridotta la propensione ad assumere da parte delle imprese;
              da sempre si ritiene – e si denuncia – che per creare occupazione e rilanciare l'economia ed i consumi bisognava intervenire non già sulle tipologie contrattuali, bensì in maniera strutturale sul cuneo fiscale e sulla elevata tassazione delle imprese, introducendo una flate rate per standardizzare il costo del lavoro alla media europea per render più competitivo il mercato del lavoro, nonché una tax rate omnicomprensiva per una massima semplificazione del costo del lavoro sia in termini burocratici che fiscali, il tutto nell'ottica di accrescere l'occupabilità;
              parimenti non si ritiene risolutivo sostenere i costi di una consultazione referendaria per sanare le falle prodotte sempre dalla riforma del jobs act sui voucher, che ha generato un loro abuso ed ha causato un loro utilizzo per finalità molto differenti da quelle che il legislatore si era proposto;
              lo strumento del voucher – si ricorda – era stato introdotto nel nostro ordinamento con la «riforma Biagi» (decreto legislativo n.  276 del 2003) allo scopo di facilitare dal punto di vista amministrativo il ricorso a manodopera occasionale e, al contempo, regolarizzare le prestazioni temporanee e accessorie, fino ad allora puro fenomeno di lavoro sommerso;
              invero, il decreto legislativo 15 giugno 2015, n.  81, uno dei tanti decreti attuativi della riforma « jobs act» per l'appunto, abrogando gli articoli da 70 a 73 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.  276, e sostituendone integralmente la disciplina, ha di fatto ampliato il campo di applicazione dei voucher, distorcendone la finalità iniziale e così consentendo il ricorso a prestazioni di lavoro in tutti i settori produttivi; fattore, questo, che ha contribuito ovviamente all'impennata del ricorso all'uso dei voucher registrata nell'ultimo biennio (nel 2015 c’è stato un aumento rispetto al 2014 del 57,7 per cento e del 51,2 per cento nel biennio 2014-2016);
              lo stesso Inps, nell'aggiornamento del 1o semestre 2016 sul lavoro accessorio nell'evidenziare che «dalla sperimentazione per le vendemmie del 2008, il sistema dei buoni lavoro è andato progressivamente ampliandosi sotto diversi profili» rileva che «La tipologia di attività per la quale è stato complessivamente acquistato il maggior numero di voucher è il Commercio (16,8 per cento). La consistenza della voce “altre attività” (36,7 per cento; include “altri settori produttivi”, “attività specifiche d'impresa”, “maneggi e scuderie”, “consegna porta a porta”, altre attività residuali o non codificate) è il riflesso della storia del lavoro accessorio, all'origine destinato ad ambiti oggettivi di impiego circoscritti (quindi codificabili), negli anni progressivamente ampliati, fino alla riforma contenuta nella legge n.  92 del 2012 che permette di fatto l'utilizzo di lavoro accessorio per qualsiasi tipologia di attività»;
              i dati dimostrano che, a fronte di un utilizzo di voucher pari al 19,7 per cento nei settori per i quali lo strumento era stato originariamente pensato (agricoltura: 4,3 per cento; giardinaggio: 5,8 per cento; lavori domestici: 3,3 per cento; manifestazioni sportive: 6,3 per cento), è stato utilizzato per l'80,3 per cento nei settori aggiunti dalla riforma del 2012 e poi da quella del 2015 (commercio: 16,8 per cento; turismo: 13,9 per cento; servizi: 12,9 per cento; altri settori: 36,7 per cento);
              è quindi doveroso intervenire subito in Parlamento con gli opportuni correttivi alla disciplina dei voucher per riportarli al loro spirito iniziale, al fine di limitare l'ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dell'istituto del lavoro accessorio, ripristinando così l'impianto normativo originario del decreto legislativo n.  276 del 2003, il tutto ovviamente prima della data referendaria per evitare, oltre al costo delle operazioni elettorali, anche l'eventualità che un esito positivo dello stesso riporterebbe al sommerso tutto il lavoro accessorio ed occasionale,

impegna il Governo:

1)    ad adottare le opportune iniziative normative correttive della legislazione vigente in materia di politiche del lavoro, anche di natura fiscale, al fine di fronteggiare le criticità che sono alla base dei quesiti referendari di cui in premessa e di creare nuova occupazione stabile e di qualità;
2)    a valutare, anche al fine di evitare di scaricare sulle generazioni future i costi di un rilancio dell'occupazione basato esclusivamente sulla contribuzione figurativa, di assumere iniziative per l'applicazione di uno sgravio fiscale – in luogo della decontribuzione – sulle neo assunzioni a tempo indeterminato, solo relativamente alla tassazione del reddito di lavoro dipendente, ma in maniera proporzionale e crescente nei primi dieci anni di lavoro;
3)    a favorire, per quanto di competenza, un rapido iter della proposta di legge n.  4206, recante modifiche alla disciplina del lavoro accessorio, il cui esame è già stato avviato in Commissione Lavoro.
(1-01481) «Simonetti, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».


      La Camera,
          premesso che:
              in data 11 gennaio 2017 la Corte Costituzionale, pronunciandosi sull'ammissibilità di tre quesiti referendari promossi dalla Cgil, ha dichiarato l'inammissibilità del quesito relativo alla reintroduzione della cosiddetta «reintegra» in caso licenziamento senza giusta causa e alla sua estensione a tutte le imprese sopra i cinque addetti;
              tale referendum, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe dovuto, non solo ripristinare l'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n.  300 («statuto dei lavoratori») nella sua disciplina vincolistica anteriore alle modifiche introdotte dalla legge 28 giugno 2012, n.  92 («legge Fornero»), grazie anche all'abrogazione totale della legge 10 dicembre 2014 n.  183 del («jobs act»), ma addirittura, tramite l'uso della tecnica abrogativa referendaria, estendere la sua applicabilità alle imprese con oltre 5 lavoratori;
              la Corte Costituzionale in questi decenni ha potuto dare vita ad una consolidata giurisprudenza per valutare l'ammissibilità dei quesiti referendari, in particolare, la Corte ha posto tre requisiti come indispensabili per l'ammissibilità dei quesiti: la loro chiarezza, univocità e omogeneità. In attesa della lettura delle motivazioni addotte dalla Consulta, si può ritenere che i supremi giudici abbiano potuto eccepire che il quesito ponendo tre distinte domande all'elettore, non soddisfacesse la consolidata giurisprudenza (sentenze 16/1978, quesiti sul codice penale e sul codice penale militare di pace; 27/1981 e 28/1987, caccia; 12/2014, revisione circoscrizioni giudiziarie e n.  6/2015 trattamenti pensionistici). Inoltre la Corte potrebbe aver censurato l'uso della cosiddetta «tecnica di ritaglio», attraverso la quale si mira a creare nuove disposizioni, trasformando quindi il referendum, che per legge è solo abrogativo, in un surrettizio referendum propositivo (sentenze 36/1997, quesito su tetti pubblicitari della Rai; 50/2000, durata massima della custodia cautelare; 43/2003, procedure semplificate e incentivi per l'incenerimento dei rifiuti e 45/2003, sicurezza alimentare);
              un'eventuale vittoria del «Si» sul quesito dichiarato inammissibile avrebbe prodotto una pericolosa ingessatura per l'operatività delle piccole imprese, vera spina dorsale della economia italiana, e un pericoloso disallineamento del diritto del lavoro italiano rispetto ai migliori standard dei Paesi dell'OECD, rendendo il nostro Paese sempre meno attrattivo per imprenditori e investitori indebolendo, di riflesso, i lavoratori italiani;
              la Corte costituzionale, invece, ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum denominato «Abrogazione disposizioni sul lavoro accessorio», cioè l'abrogazione delle disposizioni relative ai cosiddetti voucher che, in questi anni, hanno consentito al datore di lavoro, per prestazioni occasionali di breve o brevissima durata (agricoltura, lavoro domestico, lezioni private, turismo, commercio), di evitare di compiere tutti i complicati adempimenti burocratici previsti per la costituzione di un rapporto di lavoro determinando, allo stesso tempo, una emersione del lavoro nero e assicurando maggiore trasparenza e una migliore tutela del lavoratore stesso;
              i voucher, diffusi da molti anni nel Nord Europa, sono stati introdotti formalmente in Italia nel 2003 dalla legge del 14 febbraio 2003, n.  30 («legge Biagi»), anche se sono stati realmente utilizzabili solo dal 2008 per lavori occasionali per i quali mai si sarebbe stipulato un contratto (assistenza malati e portatori di handicap, lezioni private, giardinaggio e pulizia, manutenzione edifici, lavori stagionali agricoli); uno strumento che consente di mettere in regola, senza complessi adempimenti burocratici, molte attività di carattere occasionale che in passato non avevano alcuna regolamentazione ed esponevano pertanto sia l'utilizzatore che il prestatore a notevoli rischi anche di ordine penale, in caso di incidenti o contenziosi;
              la loro efficacia e validità, nel corso degli anni, ha comportato una diffusione esponenziale del loro impiego, essendosi passati dai circa 24 mila lavoratori «accessori» del 2014, al milione e trecentomila di percettori di voucher del 2015;
          la stessa Cgil, nonostante sia tra i promotori del referendum per la loro abolizione, ne ha ampiamente usufruito. Infatti, nel 2016, come segnalato dal presidente dell'Inps, il sindacato ha fatto uso di voucher per un valore complessivo di 750 mila euro e non solo per i pensionati. Analogamente, anche un altro sindacato, la Cisl, ne ha utilizzati per un valore pari ad 1 milione e mezzo di euro;
              l'utilizzo di voucher è altrettanto diffuso nella pubblica amministrazione, dove, dovrebbe prevalere il contratto a tempo indeterminato e, a norma di Costituzione, previo superamento di pubblico concorso:
                  a) il comune di Napoli, attualmente amministrato dal centro sinistra, pur aderendo ufficialmente, con specifica delibera di giunta, alla raccolta di firme della Cgil per il referendum abrogativo, ha «coerentemente», attraverso specifico avviso pubblico, avviata una selezione di lavoratori disoccupati disposti ad effettuare presso l'ente prestazione di lavoro di accessorio retribuiti mediante voucher. Come ha affermato l'assessore al lavoro partenopeo: «non condividiamo lo strumento, tuttavia, abbiamo deciso di non privare i nostri cittadini dall'opportunità di godere di un contributo economico»;
                  b) il comune di Torino, amministrato pro tempore da esponenti del Movimento 5 Stelle, a livello nazionale contrarissimi da sempre all'utilizzo dello strumento, utilizzerà i voucher per pagare alcuni giovani mediatori culturali;
              nonostante la validità dello strumento « voucher», nel corso degli anni il suo utilizzo è stato esteso a sempre più settori e lavoratori, compresi non saltuari, determinando, in alcuni casi un abuso nell'utilizzo dello stesso per finalità molto differenti da quelle originariamente previste. Ovviamente, pensare di cancellarli del tutto come chiesto dai promotori del quesito referendario, oltre a non risolvere il problema del lavoro nero, farebbe rimanere il nostro Paese con la più alta quota di sommerso in Europa e determinerebbe un ulteriore irrigidimento del mercato del lavoro, visto anche l'aumentare, nel corso degli ultimi anni, delle restrizioni legislative nell'ambito delle forme di lavoro coordinate e continuative;
              uno studio dell'Inps del 2015 evidenzia i precettori di voucher siano circa il 10 per cento pensionati, mentre il 55 per cento si divide tra chi ha un altro lavoro e i percettori di ammortizzatori sociali. Da questi dati emerge che circa i due terzi dei percettori utilizzano i voucher effettivamente per attività accessorie e per tipologie di mansioni in cui prima il nero era considerato imperante;
              resta fuori discussione la necessità di intervenire una serie di controlli incisivi per impedire abusi e per evitare che lo strumento sia utilizzato per coprire lavoro nero e va riconosciuto come l'entrata in vigore della tracciabilità costituisca una misura che opera in questa direzione;
              tuttavia, nonostante l'importanza rivestita dalla discussione sulla flessibilità dei contratti di lavoro, tema prioritario in una concreta discussione sul mondo del lavoro, resta il problema dell'elevato peso del cuneo fiscale che incide negativamente sul rilancio occupazionale nel nostro Paese. La mano del fisco sui salari è sempre più pesante visto che secondo lo studio « Taxing Wages» dell'Ocse, il cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti – cioè il prelievo complessivo sulla retribuzione lorda – nel 2015 è aumentato di 0,76 punti percentuali al 49 per cento. L'Italia si colloca così al quarto posto tra i 34 Paesi dell'Ocse per peso del fisco sul salario del lavoratore medio «single» senza figli, affiancando l'Ungheria, superando la Francia (48,5 per cento) e allontanandosi sempre di più dalla media dell'Ocse (35,9 per cento);
              la realtà, visti questi numeri, è che ad impoverire realmente i lavoratori, anzi a determinarne i licenziamenti e a impedire la creazione di nuovi posti di lavoro, sia lo Stato a causa di un livello intollerabile di tassazione che rende insostenibile, se non addirittura fuori mercato, qualsiasi produzione industriale in Italia (a meno di non ricevere aiuti diretti o indiretti dallo Stato stesso). Unica strada per tornare ad essere competitivi determinando un sensibile aumento dei livelli occupazionali, è intervenire subito per ridurre significativamente il cuneo fiscale,

impegna il Governo:

1)    a mettere in atto, per quanto di competenza, iniziative adeguate volte ad accertare e sanzionare eventuali abusi nell'utilizzo dei cosiddetti voucher, anche attraverso una più adeguata ispettiva e di controllo, soprattutto in quei casi in cui il loro utilizzo sembra volto a trasformare illegittimamente lavoro regolare in lavoro accessorio, ma preservando comunque uno strumento che in questi anni ha comunque dato buone prove;
2)    a centrare sforzi e risorse per ridurre il peso del cuneo fiscale attraverso politiche volte ad allineare il peso del fisco sul lavoro alle medie dell'Ocse.
(1-01482) «Capezzone, Palese, Altieri, Bianconi, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


      La Camera,
          premesso che:
              l'emergenza di microorganismi resistenti agli antibiotici, oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo, sta diventando, specialmente negli ultimi anni, un fenomeno di rilevanza mondiale considerato che, solo in Europa, ogni anno i batteri «resistenti» sarebbero responsabili di 25 mila morti per infezioni resistenti agli antibiotici e, secondo alcune stime, nel 2050 potrebbero provocare 317 mila morti in America e 390 mila in Europa;
              il fenomeno dei batteri resistenti agli antibiotici potrà creare nel lungo termine una serie di problemi gravi per la salute umana poiché molte infezioni resistenti agli antibiotici stanno già adesso diventando difficili da trattare con successo;
              il problema non è determinato solo dall'uso di antibiotici direttamente sull'uomo ma anche in ambito veterinario, infatti, quanto all'impiego nell'animale, quando la resistenza agli antimicrobici si sviluppa in batteri zoonotici, cioè presenti nell'animale, ma trasmissibili all'uomo per contatto o attraverso gli alimenti che dall'animale hanno origine, può compromettere l'efficacia del trattamento di malattie infettive anche nell'uomo;
              ad oggi, la contemporanea resistenza (co-resistenza) agli antimicrobici di importanza critica è relativamente poco frequente, e ciò significa che nella maggior parte dei casi esistono le possibilità di cura per le infezioni gravi; il fatto, comunque, che la resistenza agli antimicrobici sia rilevata comunemente desta allarme. Infatti, quando i batteri diventano clinicamente resistenti a più antimicrobici (multiresistenza), il trattamento delle infezioni da loro provocate risulta molto più complesso, se non impossibile, e comunque oneroso;
              l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), l'Agenzia europea per i medicinali (Ema) e lo Scientific Commitee on Emerging and Newly Identified Health Risks (Scenihr), come pure l'Organizzazione mondiale della sanità (Who, in particolare la task force intergovernativa sulla resistenza antimicrobica), hanno rilevato come l'uso eccessivo e improprio degli antibiotici tanto nella popolazione umana, quanto negli animali, acceleri la selezione e la diffusione di batteri e di microrganismi resistenti alla loro azione;
              il Consiglio dell'Unione europea ha pubblicato a giugno 2016 il documento «Council conclusions on the next steps under a One Health approach to combat antimicrobial resistance» nel quale, richiamando e accogliendo le già presenti direttive europee e internazionali sull'antibiotico-resistenza, esprime preoccupazione per gli oltre 700 mila decessi annui che, secondo l'Ocse, la resistenza agli antibiotici potrebbe causare a livello globale;
              il documento sopra citato sottolinea che per progredire nel contrasto alla resistenza agli antibiotici, il nuovo piano d'azione dell'Unione europea dovrebbe contenere obiettivi misurabili (dal punto di vista quantitativo o qualitativo), parametri comparativi e misure efficaci per raggiungere questi obiettivi;
              il Consiglio evidenzia, altresì, che «il successo della lotta alla resistenza agli antimicrobici si basa per gran parte sull'impegno e la volontà dei governi di agire per assicurare l'attuazione delle iniziative dell'approccio “one health”, coinvolgendo tutti i settori interessati e sulla volontà degli Stati membri dell'Unione europea di cooperare a livello europeo e a livello internazionale». Il documento, di carattere politico e strategico, pur non avendo alcun valore vincolante, rappresenta l'attuale posizione della Commissione europea su questo argomento, posizione che rafforza l'indirizzo della visione dell'approccio One Health e la necessità di un piano nazionale di contrasto all'antibiotico-resistenza per tutti i Paesi, la collaborazione tra Paesi e lo sviluppo di azioni di coordinamento tra le diverse nazioni;
              l'Organizzazione mondiale della sanità, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao), l'Organizzazione mondiale della sanità animale, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) hanno più volte cercato di sensibilizzare i governi, anche promuovendo la Giornata mondiale e quella europea degli antibiotici, organizzata per sensibilizzare sulla minaccia rappresentata dalla resistenza agli antibiotici, nonché sull'uso prudente degli antibiotici stessi;
              l'Organizzazione mondiale della sanità ed il G8 si stanno interessando al fenomeno e, da ultimo, il Governo degli Stati Uniti d'America ha istituito una task force, al fine di tentare di arginare tale fenomeno;
              l'Organizzazione mondiale della sanità ha più volte ribadito la necessità di una rete sinergica che coordini a livello globale il monitoraggio delle antibiotico-resistenze e la condivisione dei dati;
              solo 129 dei 194 Paesi membri dell'Organizzazione mondiale della sanità hanno fornito dati nazionali sulla crescente minaccia della resistenza antimicrobica (AMR) e, tra questi, solo 42 hanno rintracciato i dati relativi a tutte le 9 coppie «batteri-antibiotici» che le agenzie nazionali hanno indicato come le principali minacce per la salute pubblica, tra questi: Staphylococcus aureus e meticillina, Escherichia Coli e le cefalosporine, Klebsiella pneumoniae e i carbapenemi;
              a novembre 2016, The Lancet Infectious Diseases ha pubblicato i risultati della caratterizzazione di 1.397 isolati di enterobatteri resistenti ai carbapenemi (carbapenem-resistant Enterobacteriaceae, Cre) raccolti in 455 ospedali europei, dislocati in 36 Paesi europei. Lo studio è stato realizzato all'interno del progetto EuSCAPE (European Survey on CarbapenamaseProducing Enterobacteriaceae) e fotografa per la prima volta la resistenza ai carbapenemi di Klebsiella pneumoniae ed Escherichia coli in Europa. Dall'indagine emerge che, in media, 1,3 pazienti ogni 10 mila ricoveri ospedalieri ha un'infezione da Klebsiella pneumoniae o Escherichia coli resistenti ai carbapenemi (le incidenze maggiori sono state riscontrate nei Paesi europei meridionali o orientali);
              i risultati appena riportati sottolineano la necessità di sviluppare un sistema di sorveglianza delle resistenze ai carbapenemi nei sistemi sanitari europei come strumento per informare i programmi di controllo e la valutazione del rischio;
              a seguito della distribuzione globale del gene mcr-1, gene localizzato su plasmide che codifica per la resistenza all'antibiotico colistina, l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) ha pubblicato un Rapid Risk Assessment che fa il punto sulle azioni necessarie per ridurne la diffusione. Tra queste: il miglioramento dei metodi per testare la resistenza alla colistina e per identificare la presenza del gene, il miglioramento delle attività di sorveglianza dell'antibiotico-resistenza, scelte di gestione clinica appropriata, e interventi mirati a prevenire la trasmissione in ambito nosocomiale e comunitario;
              la resistenza antimicrobica rappresenta oggi una minaccia reale per la salute pubblica, preoccupazione che emerge come duro avvertimento dal rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità che, nel tracciare la prima mappa globale sulla resistenza antimicrobica, evidenzia un vasto e rapido sviluppo delle resistenze agli antibiotici e ad altri agenti antimicrobici in ogni regione del mondo;
              vi sono alte percentuali di resistenza agli antibiotici in batteri piuttosto comuni (responsabili di infezioni del tratto urinario, polmonite, infezioni del sangue, e altro). Ad esempio lo Staphylococcus aureus è un batterio Gram-positivo (naturalmente presente nella flora della pelle) che può causare una varietà di infezioni, in particolare infezioni dei tessuti molli, della pelle, delle ossa e sangue, ed è anche la causa più comune di infezioni post-operatorie;
              in Nigeria, ad esempio, alcuni studi suggeriscono che circa l'88 per cento di infezioni da Staphylococcus aureus non possono essere trattate con meticillina, una volta considerata una potente arma contro questo tipo di batterio. Questo problema sembra essere particolarmente sentito, secondo i dati pubblicati dal Rapporto dell'Oms, nei Paesi delle cosiddette economie emergenti: i Paesi del «BRIC»: Brasile, Russia, India e Cina;
              in Italia la resistenza alla meticillina supera il 38 per cento; si tratta di un'emergenza non trascurabile, anche alla luce del fatto che le persone affette da MRSA (methicillin-resistant Staphylococcus aureus) hanno il 64 per cento di probabilità di morte in più rispetto alle persone che non hanno sviluppato un'infezione resistente ai farmaci;
              secondo Timothy Walsh, medico microbiologo dell'Università di Cardiff, nel Regno Unito, che ha partecipato come consulente alla stesura del rapporto sopra citato, la tendenza più preoccupante è la diffusione della resistenza ai carbapenemi poiché fino al 95 per cento degli adulti, tra India e Pakistan, hanno sviluppato batteri resistenti agli antibiotici β-lattamici – tra cui i carbapenemi, considerati antibiotici di «ultima generazione». In confronto, solo il 10 per cento degli adulti residenti nella zona del Queens di New York ha sviluppato questo tipo di resistenza e dunque emerge chiaramente come la diffusione dell'antibiotico-resistenza è «maggiore di quanto avremmo potuto immaginare»;
              in Italia la percentuale di resistenza ai carbapenemi riportata nel report del World Health Organization (WHO) è pari a circa il 25 per cento inferiore solo a quella della Grecia, tra i Paesi dell'Europa occidentale;
              tali criticità sono aggravate dal fatto che, al momento, non ci sono nuovi farmaci antimicrobici in fase di sviluppo; dagli anni ’90 ad oggi non si registrano trial che hanno portato alla scoperta di nuovi medicinali antimicrobici;
              nuove tipologie di antibiotici sono oggi assolutamente necessarie, ed è compito delle istituzioni promuovere la ricerca in questo senso, anche se, come rileva giustamente Sumanth Gandra, epidemiologo del CDDEP (Center for Disease Dynamics, Economics & Policy), è quasi inevitabile che, anche se arriveranno sul mercato i nuovi farmaci, anche questi finiranno per perdere la loro efficacia, se non si interviene, in prima battuta, sui comportamenti di utilizzo e di prescrizione;
              è necessario uno sforzo comune da parte di tutti gli Stati membri per contrastare lo sviluppo delle resistenze antimicrobiche, per implementare e coordinare le azioni messe in campo a livello globale, compresa la necessità di una più ampia condivisione dei dati sul monitoraggio della crescente minaccia della resistenza antimicrobica (AMR);
              gli strumenti chiave per affrontare l'antibiotico-resistenza, come i sistemi di base per monitorare e controllare le resistenze, sono inefficaci o spesso inesistenti in alcuni Paesi;
              è importante che – oltre alla prevenzione e al controllo delle infezioni, alla vaccinazione per ridurre la necessità di antibiotici – si riduca l'uso inappropriato di antibiotici come raccomandato in questi ultimi anni da parte anche dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa);
              nei Paesi sviluppati, tra le diverse cause che hanno portato ad una crescita così rapida delle resistenze, un fattore importante è costituito dalle prescrizioni inappropriate e dall'abuso nei consumi da parte della popolazione;
              l'Organizzazione mondiale della sanità ha ribadito più volte l'importanza di una corretta formazione agli operatori sanitari e dell'informazione alla popolazione generale per orientare correttamente le abitudini di utilizzo degli antibiotici;
              secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, i Governi debbono lavorare affinché i cittadini utilizzino gli antibiotici solo se prescritti da un medico, effettuino la terapia completa senza interromperla come spesso succede ed evitino la somministrazione di più antibiotici in periodi ravvicinati; affinché gli operatori sanitari migliorino la prevenzione ed il controllo delle infezioni, migliorino l'appropriatezza prescrittiva e prescrivano antibiotici solo quando è veramente necessario; altresì affinché le istituzioni e l'industria del farmaco adottino misure per promuovere l'innovazione e la ricerca e regolamentino la cooperazione e la condivisione di informazioni tra tutti i soggetti interessati;
              in un parere congiunto del 2009 l'Autorità europea per la sicurezza, alimentare (EFSA), il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), l'Agenzia europea per i medicinali (EMA) e il Comitato scientifico sui rischi sanitari emergenti e recentemente identificati (SCENIHR), hanno concluso che la resistenza agli antimicrobici è in aumento in tutto il mondo e hanno sottolineato il rischio specifico per la salute umana posto dalla resistenza batterica agli antibiotici usati nella cura,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative volte a finanziare con maggiori risorse le strutture pubbliche di ricerca, finalizzate allo studio di nuove molecole ad attività antibatterica o di associazioni di molecole già note, o di strategie terapeutiche innovative mirate al superamento dell'antibiotico-resistenza dei ceppi batterici causa di infezioni;
2)    a prevedere forme di sostegno per la ricerca in questo settore;
3)    a potenziare, nel campo della sicurezza alimentare, con il sostegno dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), azioni volte a proteggere il consumatore dai rischi derivanti dall'utilizzo degli antibiotici nella filiera alimentare, attuando le migliori misure di controllo per ridurre i rischi di insorgenza della resistenza agli antimicrobici nella stessa catena alimentare;
4)    a promuovere le buone pratiche per il controllo delle infezioni ospedaliere al fine di migliorare le condizioni igieniche in tutti gli ambiti e a sottolineare presso il pubblico l'importanza delle misure di igiene personale, per evitare il diffondersi delle infezioni;
5)    a promuovere la ricerca nel settore dei test rapidi che permettano di individuare la natura e l'origine delle infezioni, così da impiegare gli antibiotici solo quando effettivamente necessari e nel modo più mirato possibile;
6)    a promuovere iniziative, anche attraverso il contributo dei medici e degli operatori sanitari, volte a responsabilizzare il cittadino sull'uso degli antibiotici e sui danni derivanti da un loro abuso;
7)    a promuovere iniziative, per quanto di competenza, affinché gli operatori sanitari migliorino la prevenzione ed il controllo delle infezioni, migliorino l'appropriatezza prescrittiva e prescrivano antibiotici solo quando è veramente necessario;
8)    ad adoperarsi affinché le istituzioni e l'industria del farmaco adottino misure per promuovere l'innovazione e la ricerca e regolamentino la cooperazione e la condivisione di informazioni tra tutti i soggetti interessati.
(1-01483) «Gullo, Crimi, Occhiuto».


      La Camera,
          premesso che:
              il ricorso all'impiego degli antibiotici ha rivoluzionato l'approccio al trattamento e alla prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni ritenute nei decenni passati incurabili;
              tuttavia, ormai da anni dalla comunità scientifica internazionale e nazionale arrivano allarmanti segnali sul propagarsi delle resistenze agli antibiotici; ciò comporta evidenti e oggettive implicazioni cliniche (aumento della morbilità, letalità, durata della malattia, sviluppo di complicanze, possibilità del propagarsi delle epidemie), tralasciando, anche se non è di poco conto, gli effetti di natura finanziaria derivanti dalle infezioni da batteri antibiotico-resistenti;
              è noto, che tenuto conto della complessità della tematica, anche l'Organizzazione mondiale della sanità e l'Unione europea hanno adottato specifiche iniziative, per limitare, mediante un uso appropriato degli antibiotici, il diffondersi della resistenza antimicrobica;
              l'Unione europea, infatti, ha previsto l'antibiotico-resistenza tra le priorità da affrontare, già dal 1999, con la risoluzione «Una strategia contro la minaccia microbica», mentre nel 2001 ha deliberato le raccomandazioni per una strategia comune contro l'antibiotico-resistenza e l'uso prudente degli antibiotici in medicina umana;
              nel 2011 la Commissione europea ha approvato il piano di azione contro le minacce crescenti di resistenza antimicrobica, per giungere al 2016, allorquando il Consiglio dell'Unione europea ha pubblicato un documento con cui, richiamando e accogliendo le esistenti direttive europee e internazionali sull'antibiotico resistenza, evidenzia che «il successo della lotta alla resistenza agli antimicrobici si basa per gran parte sull'impegno e la volontà dei Governi di agire per assicurare l'attuazione delle iniziative, coinvolgendo tutti i settori interessati, e sulla volontà degli Stati membri dell'U.E. di cooperare a livello europeo e internazionale»;
              tra le iniziative europee di sanità pubblica, promossa e sostenuta dal Centro europeo per il controllo delle malattie, vi è la giornata europea degli antibiotici, che si svolge ogni anno il 18 novembre e ha come obiettivo la sensibilizzazione sulla minaccia rappresentata dalla resistenza agli antibiotici, nonché sull'uso prudente degli antibiotici stessi;
              in Europa si verificano annualmente 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti che causano oltre 37.000 decessi e determinano un consistente assorbimento di risorse pari a circa 1,5 miliardi di euro anno;
              lo scenario che si pone all'attenzione del mondo scientifico, medico e sociale, induce a ritenere non più procrastinabile l'avvio di ogni utile e appropriata iniziativa finalizzata a ridurre l'uso inappropriato di antibiotici, puntando anche su «massicce» campagne di informazione della popolazione e adeguata formazione degli operatori sanitari, tenuto contro peraltro, che i risultati provenienti dal progetto ESVAC (European Surveillance of Veterinary Antimicrobial Consumption), vedono l'Italia tra i Paesi con i più alti volumi di vendita di antimicrobici, inoltre, nel nostro Paese le infezioni collegate all'assistenza intra-ospedaliera colpiscono circa 284.000    pazienti;
              negli Stati Uniti è stato individuato nelle urine di una donna un super-batterio specie di «escherichia coli» resistente a qualsiasi tipo di antibiotici;
              stante lo scenario in esame, appare importante che le regioni possano    organizzarsi per poter contare su strutture ospedaliere, siano esse aziende sanitarie o aziende ospedaliere, che fattivamente osservino la sorveglianza e il controllo delle infezioni sanitarie producendo un report annuale che documenti l'uso degli antibiotici, proprio al fine di controllare il fenomeno dell'antibiotico resistenza;
              va detto che la tematica della cosiddetta «antibiotico resistenza» all'esame dell'Assemblea, assume un ruolo fondamentale anche con riguardo alla distribuzione e all'impiego degli antibiotici negli allevamenti degli animali; in questo specifico contesto, assume rilevanza ogni attività di controllo ufficiale in materia di distribuzione e impiego dei medicinali veterinari, per poter garantire lo stato di salute e benessere degli animali, e garantire nel contempo che gli alimenti derivanti dagli animali trattati non contengano residui chimici superiori ai limiti previsti dalla normativa nazionale e comunitaria;
              rimanendo nel tema dei medicinali ad uso animale, risulta quanto mai necessario – come ulteriore prospettiva futura – poter contare su un sistema di digitalizzazione della movimentazione dei medicinali, in sintesi bisogna puntare sulla «tracciabilità del farmaco veterinario» mediante la ricetta elettronica,

impegna il Governo:

1)    ad assumere iniziative, avvalendosi anche dell'AIFA, per garantire sul territorio nazionale una capillare attività di informazione dei cittadini e di formazione del personale sanitario, al fine di migliorare l'appropriatezza prescrittiva, l'efficacia, l'efficienza e la sicurezza delle cure, promuovendo l'uso responsabile degli antibiotici e limitandone l'utilizzo;

2)    ad adottare in tempi rapidi il piano nazionale per la prevenzione e il controllo della resistenza antimicrobica;

3)    ad assumere tempestive iniziative – nell'ambito della generale politica della prevenzione sanitaria – anche mediante lo strumento dell'accordo Stato-regioni – affinché sia previsto che le regioni possano organizzarsi seguendo piani e programmi specifici per:
          a) garantire report periodici che documentino l'uso degli antibiotici, con finalità di controllo dell'antibiotico resistenza;
          b) monitorare il consumo di antibiotici in ambito ospedaliero e territoriale;
          c) promuovere la consapevolezza da parte della comunità nell'uso degli antibiotici;
          d) definire un programma di sorveglianza e controllo delle infezioni correlate all'assistenza;

4)    ad avviare ogni iniziativa volta a potenziare i controlli nell'ambito degli allevamenti degli animali, utilizzando, quale strumento necessario per garantire la tracciabilità dei medicinali utilizzati, la ricetta elettronica.
(1-01484) «Calabrò, Bosco».

Risoluzione in Commissione:


      La III Commissione,
          premesso che:
              da quasi 19 anni il Venezuela attraversa una profonda fase di trasformazione, che ha permesso al Paese di raggiungere importanti obiettivi;
              dall'elezione dello scomparso presidente Chavez, il Paese vive una contrapposizione infruttuosa tra maggioranza e opposizione e, più in generale, tra classe imprenditoriale e governi succedutisi dal 1998 in poi, che hanno portato a un tentativo di colpo di stato nel 2002, i cui responsabili però ricevuto l'amnistia dal Governo dell'epoca;
              il Venezuela è tra i 29 Paesi nel mondo che hanno raggiunto gli obiettivi di sviluppo del Millennio e la meta del vertice sull'alimentazione. Tra il 1998 e il 2013, in Venezuela la fame si è ridotta del 21,10 per cento, e oggi essa si assesta a meno del 5 per cento. Secondo cifre assolute, prima del 1998 in Venezuela c'erano 5 milioni di persone che soffrivano la fame, oggi la cifra non raggiunge i 500 mila. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la denutrizione in Venezuela è diminuita del 57 per cento e non rappresenta un problema per la sanità pubblica. Nel 1998, solo l'80 per cento della popolazione aveva accesso all'acqua potabile. Oggi, il servizio rifornisce il 95 per cento dei venezuelani;
              la FAO ha deciso di premiare il Venezuela per l'impegno dimostrato nel combattere la fame nel Paese, in riferimento al programma «Misión Alimentación» creato dal Governo nel 2003. Secondo le statistiche ufficiali, il programma è riuscito a distribuire circa 26,5 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, arrivando a garantire il 95,4 per cento dei venezuelani con più di tre pasti al giorno;
              sono stati compiuti progressi anche nei campi dell'istruzione di massa, l'Unesco ha dichiarato il Venezuela Paese libero dall'analfabetismo nel 2005, dell'assistenza sanitaria, attraverso il programma «Barrio Adentro» che ha permesso la costruzione di più di 13.000 centri medici di varie tipologie;
              da alcuni anni, il Paese attraversa una crisi economica, sociale e politica causata dalla polarizzazione delle diverse posizioni, da un'eccessiva dipendenza dalle esportazioni petrolifere e da una diversa redistribuzione delle risorse;
              da almeno due anni la crisi economica si è ulteriormente aggravata, raggiungendo livelli molto preoccupanti, crisi principalmente dovuta al crollo dei prezzi del petrolio, il fenomeno del mercato nero e, infine, alle azioni di vero e proprio boicottaggio delle grandi aziende distributrici, principale causa della carenza di beni di prima necessità;
              la situazione è resa ancora più grave dalla corruzione endemica della pubblica amministrazione e da alcuni errori della classe dirigente bolivariana;
              la proclamazione dello «stato di eccezione ed emergenza economica» attribuisce al Governo poteri straordinariamente estesi, nel tentativo di affrontare la crisi economica e la destabilizzazione, anche internazionale verso il Paese latino americano;
              la situazione venezuelana è oggetto, a parere dei firmatari del presente atto, di indebita ingerenza da parte della comunità internazionale, a partire dall'Unione europea, dalle Nazioni unite, dall'Organizzazione degli Stati americani e dal G7. Particolarmente noto e criticabile il tentativo di applicare la «Carta democratica» da parte del Segretario dell'Organizzazione degli Stati Americani (Osa) Almagro e, da ultimo, il tentativo di Argentina, Brasile e Paraguay di estromettere il Venezuela dal Mercosur;
              sotto l'impulso diretto dell'amministrazione Obama, l'America latina è stata il teatro di colpi di Stato tradizionali (Honduras) e nuove forme di golpe «morbidi» o istituzionali come Paraguay e Brasile;
              nel febbraio del 2014, attraverso le famigerate «Guarimbas», il Venezuela ha conosciuto un forte periodo di instabilità. Gruppi estremisti e violenti della destra venezuelana hanno cercato, attraverso la cosiddetta «Salida», la caduta del governo di Maduro: 43 persone sono morte e quasi 800 sono stati i feriti;
              in risposta a queste manifestazioni, il Governo ha incarcerato centinaia di persone accusate dalla giustizia venezuelana di essere responsabili di gravi fatti di sangue, interruzione di pubblici servizi, danneggiamenti e incendi di strutture pubbliche, omicidi mirati o veri e propri attentati terroristici;
              in Venezuela vige un sistema presidenziale, non parlamentare. L'opposizione che controlla oggi il Parlamento, dopo le elezioni vinte nel dicembre del 2015, ha cercato, pur non avendone alcuna prerogativa costituzionale, di destituire il presidente Maduro in più occasioni. Tutte le volte, tuttavia, il Tribunale supremo del Paese ha giudicato non costituzionali questi tentativi;
              con la supervisione dell’Unasur, Leonel Fernàndez, ex presidente della Repubblica dominicana, Martin Torrijos, ex presidente di Panama, e l'ex premier spagnolo Zapatero hanno iniziato la mediazione tra Governo e opposizione per risolvere l'attuale impasse istituzionale. Ai colloqui di pace si è inserita anche la Santa Sede;
              la recente visita del presidente venezuelano Nicolas Maduro a Papa Francesco del 24 ottobre 2016, ha avviato una nuova fase di colloqui di pace, volti a favorire una mediazione tra Governo e opposizione e finalizzata al ripristino della pace sociale e della cooperazione tra le parti nell'interesse di tutto il popolo venezuelano;
              il Ministro degli esteri del Venezuela, Delcy Rodriguez, con una nuova visita a Roma il 9 gennaio 2017 ha ringraziato il Pontefice della mediazione nel dialogo;
              al contrario, l'opposizione ha annunciato di non voler sedere più al tavolo delle trattative, giocando di nuovo la carta di quello che il Tribunale supremo del Paese ha giudicato essere un golpe istituzionale, vale a dire la destituzione del presidente attraverso un voto dell'Assemblea nazionale;
              come uno degli ultimi atti del suo mandato, il presidente americano Barack Obama ha rinnovato le sanzioni contro il Venezuela, giudicando, ad avviso dei firmatari del presente atto, in modo alquanto bizzarro, il Paese una «minaccia interna» per la sicurezza degli Stati Uniti;
              le nuove basi militari degli Stati Uniti in Perù e i negoziati tra la Colombia e la Nato creano un clima di militarizzazione indebita nel continente;
              il Venezuela è stato il Paese che dal 1998 a oggi più si è impegnato nel processo dell'integrazione regionale, in particolare attraverso la creazione dell'Alba, Unasur e Celac, integrazione che ha permesso al continente di conquistare spazi crescenti di indipendenza, sovranità e cooperazione;
              la diplomazia del Paese è sempre stata al servizio della risoluzione dei conflitti nel mondo, in particolare e da ultimo per quel che riguarda Iraq, Libia e Siria;
              il Venezuela presiede in questo momento il Movimento dei Paesi non allineati (MNOAL) che comprende 120 Paesi, oltre due terzi dei membri delle Nazioni Unite e più del 55 per cento della popolazione mondiale; in questo Paese vive una numerosa comunità di origine e di cittadinanza italiane, che vive un profondo sentimento di abbandono verso l'Italia;
              dal maggio del 2014, Alitalia ha sospeso i voli Roma-Caracas, isolando di fatto i connazionali italiani che sono costretti a fare scalo in Spagna, aumentando considerevolmente i tempi e i costi di spostamento per raggiungere il nostro Paese;
              l'Inps ha penalizzato i pensionati italiani in Venezuela, attraverso il versamento delle pensioni con un cambio sfavorevole; le imprese italiane che vi operano soffrono fortemente la situazione di crisi economica e di tensione politica, anche in relazione a una posizione creditizia complessiva ormai insostenibile (stimata attualmente in circa 3 miliardi di dollari),

impegna il Governo:

          a facilitare la mediazione di pace in corso in Venezuela e che vede nella Santa Sede il principale protagonista;
          a condannare, con forza, ogni forma di violenza e di indebita ingerenza negli affari interni del Paese e i tentativi di violazione dell'ordine costituzionale del medesimo;
          a intraprendere con il Governo venezuelano un percorso di dialogo serio affinché venga tutelata la sicurezza dei cittadini italo-venezuelani, si ripristinino i voli da e verso Caracas da parte delle compagnie aeree e si sostengano i legittimi interessi delle imprese italiane che vantano crediti nel Paese;
          ad assumere iniziative nei confronti dell'alleato statunitense affinché vengano rimosse le inique sanzioni che colpiscono il Paese.
(7-01168) «Manlio Di Stefano, Di Battista, Scagliusi, Spadoni, Grande, Del Grosso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


      TERZONI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          dal 1o gennaio 2017 è entrato nella fase esecutiva il decreto legislativo recante disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n.  124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;
          l'accorpamento del Corpo forestale dello Stato con l'Arma dei carabinieri sarà graduale e avverrà in circa sei mesi, durante i quali i forestali seguiranno un corso di «militarizzazione» che è in fase di svolgimento proprio in questi giorni;
          da Fonti Ansa si apprende che a Rieti ci sarebbero elicotteri della forestale fermi e personale a terra dopo il passaggio. Nel lancio dell'Ansa del 19 gennaio 2017 si legge in particolare che «L'ex base operativa degli elicotteri del Corpo Forestale dello Stato di Rieti, presso l'aeroporto Ciuffelli, in piena emergenza, risulta attualmente chiusa con ben tre elicotteri fermi. Il fermo, che si protrae da giorni, sarebbe dovuto al passaggio, dopo la riforma Madia, di uomini e mezzi della Forestale ai Carabinieri e ai Vigili del Fuoco. Durante l'emergenza sisma del 24 agosto la base e il suo personale aveva garantito l'operatività con decine di interventi di soccorso nelle zone terremotate, anche a supporto delle squadre del Soccorso Alpino.» risultano fermi anche mezzi aerei nel sito di Pescara e di Roma Urbe  –:
          se trovi conferma quanto riportato in premessa;
          Se il Governo intenda fornire elementi circa il numero dei mezzi in dotazione al Corpo forestale dello Stato, attualmente inutilizzati in attesa del passaggio del personale all'Arma dei carabinieri;
          se non si ritenga necessario ed urgente utilizzare immediatamente i mezzi fermi per il soccorso immediato nelle aree colpite dall'emergenza dovuta al terremoto e dall'emergenza connessa alle precipitazioni nevose;
          se non si ritenga urgente svincolare il personale dai corsi per la «militarizzazione» che stanno attualmente seguendo per poterli utilizzare nelle aree del Centro Italia gravemente colpite dal sisma e dal maltempo. (3-02720)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          a Cagliari si sono verificate reiteratamente inaccettabili modalità di gestione di centinaia di migranti sbarcati nelle coste di Teulada allocati nei corridoi del reparto mobile a causa dell'assenza di strutture idonee;
          le stesse organizzazioni sindacali hanno rivolto al direttore dell'ufficio per le relazioni sindacali vice prefetto dottor Tommaso Ricciardi del Ministero dell'interno – dipartimento della pubblica sicurezza richiesta di urgente incontro;
          nelle reiterate denunce si segnalava la situazione in cui hanno dovuto operare gli appartenenti alla polizia di Stato che hanno avuto l'onere di gestire i migranti, compresi quelli da espellere dal territorio dello Stato che non hanno trovato posto nelle strutture ricettive a tal fine precedentemente individuate dalla prefettura;
          emerge l'inadeguatezza della struttura individuata già da tempo denunciata dalle organizzazioni sindacali, con la necessità di tenere aperto il precedentemente attivo centro di Elmas (o altro analogo), indispensabile proprio per affrontare adeguatamente emergenze analoghe, già verificatesi in passato ed il cui ripetersi era più che prevedibile;
          le condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza in cui sono stati costretti ad operare i poliziotti del locale reparto mobile, che hanno agito con la consueta grande professionalità, si collocano, ad avviso dell'interrogante, abbondantemente fuori da norme e circolari vigenti, mentre disumano e vergognoso è stato obbligare i migranti a pernottare distesi sui gelidi pavimenti dei corridoi della caserma;
          è assolutamente inaccettabile, secondo l'interrogante, il tentativo mediatico della prefettura di «scaricare» sulla questura la responsabilità della situazione venutasi a creare  –:
          se non si ritenga di dover finalmente intervenire per porre rimedio a questa vergognosa situazione;
          se non si ritenga di dover individuare locali e condizioni idonee per questo tipo di problematiche già reiteratamente denunciate dall'interrogante. (5-10338)


      FERRARESI, DELL'ORCO, SPADONI, SARTI, DALL'OSSO e PAOLO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          a seguito dei terremoti del maggio 2012, avvenuti in Emilia-Romagna, per favorire l'opera della ricostruzione, è stata autorizzata l'assunzione di personale, da parte della struttura commissariale, a supporto in particolare degli uffici comunali che a tale opera si sono dedicati; i commi 8 e 9 dell'articolo 3-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, così come convertiti e modificati, hanno previsto l'assunzione con contratti di lavoro flessibile;
          centinaia di persone sono state «somministrate» dalle agenzie per il lavoro attraverso bandi di gara biennali promossi dalla struttura commissariale della regione, con contratti di breve durata (fino ad un massimo di sei mesi) continuamente rinnovati;
          a distanza di oltre quattro anni, questo personale si trova nella situazione paradossale di vivere un'esperienza di così lunga durata, in un contesto pubblico di questo tipo, che difficilmente potrà essere utilizzata per trovare occupazione sul mercato del lavoro privato, in assenza di un supporto formativo ulteriore e specifico;
          tale riflessione è stata condivisa sia in sede sindacale che con la struttura commissariale: aspetto qualificante per l'affidamento del servizio di somministrazione di giugno 2015 è stato proprio l'impegno dell'Agenzia alla formazione del personale; formazione che però, a quanto consta agli interroganti, si sarebbe limitata, dal giugno 2015 ad ottobre 2016, ad un solo corso di formazione di 4 ore sull'anticorruzione;
          non si può tacere il fatto che, come da numerose testimonianze pervenute agli interroganti dagli interessati, diverse unità di questo personale in realtà risulterebbero essere state utilizzate dai comuni per attività all'interno degli uffici non attinenti con la ricostruzione, evidenziando un problema da un lato di non sufficiente valutazione sulle reali necessità e sui fabbisogni, oltre che sulla collocazione del personale, e dall'altro della dispersione delle competenze;
          la scelta della modalità di reclutamento del personale necessario di supporto alla ricostruzione attraverso la somministrazione può ritenersi discutibile, in quanto gli aspetti intrinseci della precarietà ed occasionalità male si confanno ad un servizio che è, ad ora, durato oltre quattro anni, in prossimità della nuova gara di affidamento, ed anche nella prospettiva della inevitabile riduzione delle necessità; con il progredire della ricostruzione, vi è la necessità di prevedere una soluzione occupazionale maggiormente stabile per chi vi ha lavorato;
          si ritiene che nel nuovo bando promosso dalla struttura commissariale sia importante, a tal fine, l'inserimento di premialità in funzione dei risultati che si realizzano di fuoriuscita dal programma della ricostruzione e l'inserimento nel settore privato con contratti stabilizzati; così come andrebbe valorizzata l'esperienza specifica acquisita in bandi di concorsi pubblici, sia nel settore della protezione civile che degli enti locali  –:
          se non si ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per favorire il percorso di ricollocamento occupazionale del personale impiegato nella ricostruzione post terremoto dagli enti pubblici, anche al fine di non disperdere un patrimonio di competenze e professionalità maturato negli anni. (5-10342)


      PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la situazione logistica in cui opera il XIII reparto mobile della questura di Cagliari e le modalità con cui viene talvolta impiegato rischiano di proiettare ombre negative su come vengono gestiti alcuni aspetti della sicurezza sia nella provincia Cagliari che nell'intera regione Sardegna;
          con segnalazione dei fatti del 1o febbraio 2016 l'interrogante aveva evidenziato che le condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza in cui sono costretti ad operare i poliziotti del locale reparto mobile, risultano, abbondantemente fuori da norme e circolari vigenti;
          si è verificata una situazione che ha visto il disumano e vergognoso obbligo per migranti a pernottare distesi sui gelidi pavimenti dei corridoi della caserma Carlo Alberto, in viale del Buoncammino 7/11, puntualmente documentato con copioso materiale fotografico;
          insieme alle problematiche relative agli sbarchi, si rileva il sovraffollamento «condominiale» e la disposizione stessa della caserma dove risultano del tutto assenti le infrastrutture tipiche dei reparti parcheggi, autorimesse, distributori di carburante, autolavaggi, officine, piazzali, idonea palestra, idonea armeria, idonei magazzini, idonei spogliatoi con bagni e sale doccia, zona lavanderia, e altro;
          personale del XIII reparto dispone di armadietti ammassati ed insufficienti, di solo due gabinetti e di due docce senza porta ed è l'unico a non poter rifornire e lavare i mezzi in caserma;
          da ventuno anni il reparto mobile risulta privo di tutte quelle attrezzature di cui son dotati tutti reparti mobili d'Italia, quali ruspe, natanti leggeri, pullman, mezzi anfibi e gruppi elettrogeni d'importanza fondamentale per uno dei compiti istituzionali del reparto mobile: il soccorso pubblico;
          le gravi situazioni relative a calamità naturale che periodicamente interessano l'isola confermano l'impossibilità di correre in soccorso dei cittadini in difficoltà come vorrebbero gli uomini del servizio;
          non si hanno a disposizione un piazzale caserma che consenta ogni tipo di esercitazione, anche per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica, garage per i mezzi, distributori carburanti;
          il 2 agosto 2016 la segreteria provinciale della Uil polizia interessava delle persistenti problematiche legate agli sbarchi anche la segreteria regionale che, a sua volta, si attivava in tutte le sedi, mentre il 3 settembre veniva formalmente chiesto al questore di sopprimere un servizio di portierato in prefettura attribuito al reparto mobile che, a quanto consta all'interrogante, sarebbe stato da lui stesso disposto senza interpellare la segreteria del dipartimento della pubblica sicurezza, unico ufficio cui spetta, disporre l'impiego di ogni reparto mobile;
          aver costretto gli uomini del reparto mobile a svolgere di fatto un servizio di portineria della prefettura ha generato negatività sul morale degli uomini del XIII reparto mobile;
          si tratta di una situazione, ad avviso dell'interrogante, grave e vergognosa in cui appare inaccettabile, anche sotto il profilo simbolico, utilizzare di fatto come portinai i poliziotti del XIII che ogni giorno, alle 19,00, si recano presso gli uffici amministrativi della prefettura – le cui chiavi sono nella disponibilità del personale che al mattino apre per effettuare le pulizie – solo per assicurarsi che porte e finestre siano tutte chiuse ed attivare gli allarmi  –:
          se non si ritenga dare risposte in merito ai casi segnalati;
          se non si ritenga di dover assumere iniziative per istituire in Sardegna un servizio adeguato di soccorso pubblico alla pari con altre regioni;
          se non si ritenga di dover immediatamente assumere iniziative per rendere disponibili mezzi e risorse perché, anche alla luce degli ultimi eventi calamitosi, la Sardegna disponga di un reparto di soccorso pubblico alla pari di tutte le altre realtà;
          se non si ritenga di dover far cessare l'improprio uso di pattuglie del reparto mobile per il servizio di portineria della prefettura di Cagliari che appare offensivo sia per il ruolo che per i compiti gravosi a cui è chiamato il reparto. (5-10348)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  124 del 2015, ha dato delega al Governo per la riorganizzazione della pubblica amministrazione, con la possibile soppressione del Corpo forestale dello Stato e transito delle sue funzioni ad altro ente ad esclusione delle competenze antincendio boschivo;
          in particolare, la legge n.  124 del 2015, all'articolo 8, afferma che esso è: (...) conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, fatte salve le competenze del medesimo Corpo forestale in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di spegnimento con mezzi aerei degli stessi da attribuire al Corpo nazionale dei vigili del fuoco con le connesse risorse e ferme restando la garanzia degli attuali livelli di presidio dell'ambiente, del territorio e del mare e della sicurezza agroalimentare e la salvaguardia delle professionalità esistenti, delle specialità e dell'unitarietà    delle funzioni da attribuire, assicurando la necessaria corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale (...)»;
          il decreto legislativo 19 agosto 2016, n.  177 in attuazione della legge n.  124 del 2015, dava avvio alla procedura di assorbimento di uomini e mezzi del Corpo forestale dello Stato;
          in seguito, il decreto del capo del Corpo forestale assegnava – d'autorità e senza scelta –, il personale del Corpo forestale dello Stato ai Carabinieri e agli altri enti tra cui i vigili del fuoco a far data 1o gennaio 2017;
          il servizio aereo appartenente al Corpo forestale dello Stato è stato in seguito suddiviso tra vigili del fuoco e carabinieri, con la conseguente impossibilità di mantenere lo stesso livello di presidio di sicurezza, in quanto al Corpo dei vigili del fuoco è transitato solo parte del personale e dei mezzi aerei appartenenti al Corpo forestale dello Stato;
          nelle zone colpite dal sisma del 24 e 30 ottobre 2016, il 18 gennaio 2017, si sono registrate altre numerose forti scosse superiori a 5.1 della scala Richter, interessando anche alcuni paesi dell'Abruzzo;
          inoltre, da molti giorni, le condizioni climatiche nevose, hanno ulteriormente peggiorato la situazione delle popolazioni e degli animali e alcuni paesi sono completamente isolati, senza energia elettrica e viveri;
          il centro Italia sta vivendo un nuovo stato di emergenza e le forze dell'ordine faticano ad arrivare nei luoghi coperti dalla neve;
          il Corpo forestale dello Stato, in possesso di risorse umane altamente specializzate, tuttavia, nonostante l'emergenza legata al terremoto e alla neve del centro Italia, non ha potuto prendere effettivo servizio operativo per problemi burocratici legati al suddetto decreto legislativo 19 agosto 2016;
          inoltre, si apprende dalla stampa, che nonostante l'emergenza per la neve in tutta l'area dove si sono verificate le scosse del 18 gennaio 2017, l'ex base operativa degli elicotteri dell'ex Corpo forestale dello Stato di Rieti, presso l'aeroporto Ciuffelli, risulta attualmente inoperativa con ben due elicotteri del Corpo forestale dello Stato destinati ai vigili del fuoco ed uno destinato ai carabinieri e relativo personale, fermi per l'espletamento delle procedure tecniche e burocratiche per l'acquisizione da parte dell'Arma dei carabinieri e dei vigili del fuoco per effetto della legge n.  124 del 2015 e del successivo decreto legislativo 19 agosto 2016, così come per tutti i mezzi e personale transitato dal Corpo forestale dello Stato ai vigili del fuoco  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
          se non ritengano urgente assumere le iniziative di competenza atte a sbloccare le procedure di trasferimento di caserme, basi volo, elicotteri e automezzi – considerata anche l'emergenza legata al terremoto – in modo tale da poter procedere all'immediato utilizzo di risorse umane e mezzi. (4-15309)


      RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          in data 20 gennaio 2017 è apparso sulla testata il Fattoquotidiano.it un articolo intitolato «Bilancio di previsione 2017, il Governo taglia proprio sulla Protezione civile», a firma del giornalista Alberto Crepaldi;
          nell'articolo richiamato viene illustrate il bilancio di previsione 2017 della Presidenza del Consiglio, approvato, con un decreto del 9 dicembre;
          nonostante la crescita del budget del 2017 di 21 milioni di euro, che porta la dotazione della Presidenza del Consiglio ad un budget complessivo di 1,38 miliardi di euro, le risorse destinate alla Protezione civile diminuiranno di 71 milioni di euro (da 454,3 a 382,4);
          a destare particolari preoccupazioni è il dimezzamento delle spese sugli interventi, che passano da 80,9 milioni di euro del 2016 ai previsti 38,1 milioni per il 2017, insieme ai tagli previsti per il Fondo per la prevenzione del rischio sismico (-44 milioni) e il Fondo delle emergenze nazionali (-9 milioni);
          dall'articolo citato emerge, invece, come siano stati stanziati 1,4 milioni di euro per le spese di funzionamento della struttura di missione «Casa Italia», struttura della quale non sono ancora del tutto chiari obiettivi e attribuzioni  –:
          se il Presidente del Consiglio non intenda illustrare le motivazioni che hanno determinato i tagli al budget della Protezione civile, del fondo per la prevenzione del rischio sismico e del fondo delle emerge e nazionali, proprio in concomitanza con uno dei più drammatici eventi sismici della storia del Paese;
          se non intenda chiarire come verranno utilizzati i fondi destinati alla struttura «Casa Italia» e quali siano gli obiettivi e le priorità di azione. (4-15310)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


      MALISANI e RAMPI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          c’è molto di raccapricciante e sconvolgente nella carneficina di uomini, libri e monumenti che la barbarie fondamentalista dell'ISIS ha compiuto e sta compiendo in molti luoghi del Medio oriente, dove la storia degli uomini ha saputo nei secoli costruire luoghi e idee da tutelare affinché continuino a parlare di ciò che è stato e che è bene ricordare e tramandare;
          ci si trova di fronte a un'opera di demolizione culturale con un accanimento folle contro l'identità storica irachena, sedimentata tra opere d'arte, architetture e siti archeologici. Assistiamo alla tragica devastazione di antiche tombe, chiese, moschee, santuari riconducibili all'Islam, ma anche all'Ebraismo e al Cristianesimo come la Chiesa Verde Tikrit, il monumento cristiano tra i più antichi del Medio Oriente;
          i jihadisti che controllano Mosul, nel nord dell'Iraq, hanno distrutto la moschea intitolata al profeta Giona, considerata uno dei più importanti monumenti storici e religiosi della città e luogo di pellegrinaggio di cristiani e musulmani, sia sunniti sia sciiti;
          l'attacco a Nimrud è stato definito «crimine di guerra» dalla Direttrice generale dell'UNESCO, Irina Bokova, che ha fatto appello a tutti i responsabili politici e religiosi della regione per reagire ai gravi attacchi commessi dall'Isis contro il Patrimonio culturale mondiale;
          lo spregio verso la vita umana e lo scempio delle statue antiche compiuto dall'ISIS rappresentano una ferita alla storia dell'umanità intera;
          in fase di approvazione del decreto-legge sulle «misure urgenti per il contrasto del terrorismo nonché sulla proroga delle missioni internazionali» – è stato accolto un ordine del giorno a difesa del patrimonio storico e artistico dell'umanità – sistematicamente distrutto o depredato da parte dell'ISIS – che ha impegnato il Governo a proseguire sulla strada intrapresa, affidando al personale dell'Arma dei carabinieri la responsabilità nei teatri operativi in attività di tutela del patrimonio artistico e culturale, nonché nel contrasto del traffico di opere d'arte finalizzato al finanziamento delle azioni di matrice terroristica internazionale;
          il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha fatto propria l'idea di mettere in campo una forza, sotto la guida delle Nazioni Unite, in grado di intervenire a difesa delle antichità e dei beni patrimonio dell'umanità. La direttrice generale dell'Unesco, Irina Bokova, e il Ministro della cultura tedesco, Monika Grütters, hanno espresso il proprio sostegno alla proposta di Franceschini;
          in questi giorni l'allarme dato dell'Unesco per la città di Palmira – testimonianza unica dell'architettura imperiale d'Oriente – si è rivelato purtroppo fondato: la città è caduta in mano all'ISIS e si sa già che «ci sono state delle distruzioni», ha dichiarato la direttrice generale dell'Unesco Irina Bokova  –:
          come i Ministri interrogati intendano procedere al fine di costituire le condizioni per tutelare il grande patrimonio culturale presente in oriente, anche attraverso l'utilizzo dei cosiddetti caschi blu della cultura. (3-02718)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


      DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.  95, recante «Attuazione delle direttive n.  75/439/CEE e n.  87/101/CEE relative alla eliminazione degli oli usati», ha istituito il Consorzio obbligatorio degli oli usati;
          l'articolo 236, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, ha stabilito che al Consorzio degli oli minerali usati partecipano in forma paritetica tutte le imprese che producono, importano o mettono in commercio oli base vergini, le imprese che producono oli base mediante un processo di rigenerazione, le imprese che effettuano il recupero e la raccolta degli oli usati, nonché le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita degli oli lubrificanti;
          il consiglio d'amministrazione del consorzio ha definito uno statuto il 14 dicembre 2009, senza che questo strumento sia stato approvato con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, così come previsto dalla legge;
          a far data 1o giugno 2014 il consorzio ha adottato un nuovo modello organizzativo, deliberando che le cessioni di partite di oli usati raccolti dalle imprese siano ceduti direttamente alla rigenerazione italiana;
          il contributo ambientale obbligatorio, pur non avendo carattere tributario, costituisce oggetto di un'obbligazione ex lege, entrando a far parte integrante del prezzo di vendita dell'olio lubrificante con costi scaricati sul consumatore finale;
          l'articolo 236, comma 7, del decreto legislativo n.  152 del 2006 stabilisce che il consorzio determina annualmente il contributo ambientale per chilogrammo dell'olio lubrificante che sarà messo a consumo nell'anno successivo e che questo, dal 1o dicembre 2016, è stato aumentato a 150 euro tonnellata;
          risulta, tuttavia, preoccupante la dinamica che si sta verificando per quel che riguarda l'andamento del corrispettivo riconosciuto alla rigenerazione;
          l'andamento cedente delle quotazioni internazionali dell'olio base ha prodotto l'innalzamento del corrispettivo da riconoscere agli impianti di rigenerazione dell'olio usato contestualmente ad una contrazione dei consumi di lubrificanti e della raccolta di olio usato a causa dello stato dell'economia italiana;
          una sostanziale quantità di oli usati destinati alla rigenerazione del nord Italia risulta provenire da imprese di raccolta di alcuni Stati membri confinanti;
          tale situazione risulta gravosa per gli equilibri del consorzio, non potendo distinguere le rese di oli lubrificanti rigenerati, prodotti con le partite di oli usati ceduti dalle imprese di raccolta italiane da quelle cedute da imprese di altri Stati membri;
          l'attuale governance del consorzio risulta immutata oltre 30 anni;
          se il Governo non intenda    assumere iniziative per una revisione della governance del consorzio, a partire dallo schema di statuto tipo adottato con decreto del 7 dicembre 2016, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, al fine di tutelare tutti i soggetti attori della filiera del recupero dell'olio usato, con specifico riferimento ai consumatori e alle imprese che effettuano la raccolta degli oli usati, così come di vigilare sul consorzio, anche attraverso gli strumenti di conoscibilità e valutazione di cui al comma 10 del citato articolo 236;
          se il Governo non intenda assumere le iniziative di competenza affinché il consorzio effettui unicamente gli adeguamenti dello statuto con l'opportuna presenza e condivisione delle due categorie di imprese, di cui alle lettere c) e d) del comma 4 dello schema di statuto, convocate ad una partecipazione paritetica tra produttori, rigeneratori, raccoglitori e consumatori;
          se il Governo non intenda convocare un tavolo tecnico presso la sede istituzionale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che incoraggi e promuova un'intesa costruttiva tra le quattro citate categorie di imprese, avvalendosi del supporto delle associazioni di categoria interessate;
          se il Governo non intenda assumere iniziative per affidare a parte terza gli opportuni rilievi e verifiche, in riferimento al comma 12, lettera l-ter dell'articolo 236, riguardante la correttezza di erogazione del corrispettivo alla rigenerazione, con decorrenza dall'anno 2009. (4-15314)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta orale:


      CULOTTA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          il 16 dicembre 2016 veniva siglato un accordo fra Anas, Mibact, Mit e Agenzia del demanio per la valorizzazione delle case cantoniere in funzione del turismo sostenibile;
          lo stesso accordo prevedeva la selezione di 30 case cantoniere pilota per la riconversione in strutture a vocazione turistica, di fornitura di servizi e di valorizzazione dei prodotti artigianali ed enogastronomici dei territori su cui insistono gli immobili;
          come da patto, l'Anas si impegna alla ristrutturazione delle case cantoniere individuate, riservandosi la definizione e la garanzia degli standard dei «servizi base» (ospitalità e ristorazione);
          tra le 30 aree pilota individuate, vi sono l'alta Lombardia, la via Francigena, il tracciato dell'Appia Antica, ed in seguito quella del Cammino di San Francesco e di San Domenico;
          sulla base di criteri per la standardizzazione dei servizi base (ristorazione ed ospitalità) e dei servizi specifici (vendita di prodotti di eccellenza enogastronomica e artigianale del territorio) vengono individuati i giovani come soggetti principali per la gestione delle case cantoniere;
          in Sicilia sono presenti ben 149 case cantoniere su 1244 del totale nazionale, ben il 12 per cento;
          la Sicilia ha una distribuzione delle case cantoniere sia lungo le dorsali marittime che nelle zone interne e diverse sono in importanti snodi in cui sono localizzati grandi attrattori culturali;
          la Sicilia ha una fortissima vocazione turistica e una carenza di strutture ricettive e di servizi al cliente nonché una percentuale di giovani disoccupati al di sopra della media nazionale;
          le aree sperimentali sopra citate hanno avuto una fase di start up fino al 30 giugno 2016 con degli obiettivi da raggiungere:
              definire le case cantoniere oggetto di riqualificazione e business plan progetto pilota;
              definire il modello di rete di servizi diffusa sul territorio;
              individuare una o più tipologie di progetto da realizzare (turismo e cultura, accoglienza, enogastronomia e altro);
              definire e avviare le procedure necessarie per rendere operativi i progetti pilota;
              monitorare i risultati dei progetti pilota, per verificare opportunità e fattibilità dell'estensione degli immobili interessati fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati  –:
          quali siano stati i risultati raggiunti in questa fase sperimentale;
          se tali risultati possano da subito portare ad un ulteriore allargamento del patto per la valorizzazione delle case cantoniere nel Sud del Paese e in Sicilia.
(3-02717)


      DE LORENZIS, SPESSOTTO, LIUZZI, DELL'ORCO, BRESCIA, CATALANO, LOREFICE e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          l'Automobile Club d'Italia è un ente pubblico non economico che per proprio statuto si occupa delle tematiche della mobilità, è sottoposto alla vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali ed ha un organico di circa 3000 dipendenti pubblici;
          il presidente dell'ACI è Angelo Sticchi Damiani, che risulta essere stato condannato dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale del Lazio, con sentenza n.  2021/05, recentemente confermata anche in appello, a risarcire l'ente stesso per un danno erariale di 21.986,30 euro per una storia di sponsorizzazioni gonfiate a società private, effettuate «con deprecabile superficialità e approssimazione», per i Campionati automobilistici italiani nel triennio 1998-2000;
          con Sticchi Damiani è stato condannato anche l'attuale vice presidente, Pasqualino De Vita, ed altre cinque persone, tutti componenti del Comitato esecutivo ai tempi dei fatti esaminati e ritenuti «gravemente colpevoli» per un danno totale all'ACI di circa 154 mila euro (il 10 per cento del danno arrecato);
          nonostante la sentenza esecutiva il presidente non ha ancora risarcito l'ACI del danno erariale subito;
          si apprende da organi di stampa che Sticchi Damiani sia stato anche oggetto di procedimenti penali a suo carico e che solo in corte di appello (Bari n.  665 del 4 maggio 2011) sia stato prosciolto dai reati ascritti;
          nonostante tali difetti dei requisiti di eleggibilità, ai sensi dello statuto dell'ente e della direttiva del CONI n.  450 del 20 dicembre 2011, è stato ugualmente nominato presidente dall'assemblea dell'ACI, con successivo parere favorevole, ottenuto con un solo voto di differenza, emesso dalla IX Commissione permanente della Camera il 6 marzo 2012 sull'errato presupposto che la sentenza in appello in tema di danno erariale sarebbe stata favorevole allo Sticchi Damiani  –:
          se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative dirette, anche alla luce dei fatti e delle sentenze descritti in premessa, per valutare se sussistano i presupposti per rimuovere Angelo Sticchi Damiani e Pasqualino De Vita dalla funzione di presidente e vice presidente dell'ACI e conseguentemente nominare un commissario straordinario che sovrintenda alle attività dell'ente nelle more delle nuove elezioni. (3-02721)

Interrogazione a risposta scritta:


      PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
          la figura delle guide turistiche è fondamentale per la valorizzazione del turismo e la loro professionalità può agevolare o incrementare l'indotto turistico; queste figure professionali come sostenuto dalla sentenza della Corte di giustizia europea del 26 febbraio 1991, cui si riferisce il decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 1995, sono le uniche specializzate ad illustrare correttamente ai visitatori il patrimonio culturale italiano, migliorando la sua divulgazione e contribuendo alla sua valorizzazione e tutela;
          il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha analizzato la tematica riportata in premessa in vari atti di sindacato ispettivo e di indirizzo, come la risoluzione in commissione n.  8-00052 con la quale si impegnava il Governo a «procedere a una revisione organica e complessiva della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica»; le interrogazioni n.  5-01674, n.  5-03992 e l'ordine del giorno 9/02426-A/80;
          la legge europea n.  97 del 2013 ha revisionato l'attività delle guide turistiche in Italia; in particolare l'articolo 3, comma 1 delle legge, ha stabilito che «l'abilitazione alla professione di guida turistica è valida su tutto il territorio nazionale», mentre al comma 2, ha precisato come «i cittadini dell'Unione europea abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico di un altro Stato membro operano in regime di libera prestazione dei servizi senza necessità di alcuna autorizzazione né abilitazione, sia essa generale o specifica»;
          il citato articolo è intervenuto sulla procedura di pre-infrazione (EU Pilot 4277/12/MARK) riferita a violazioni della direttiva «servizi» (2006/123/CE) da parte di leggi regionali che consentono l'esercizio della professione soltanto nel relativo territorio regionale di competenza, al fine di consentire la libera prestazione di servizi di guide turistiche di altri Stati membri su tutto il territorio nazionale;
          L'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha emesso, in data 9 gennaio 2017, il parere rivolto al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (AS1339);
          il parere è stato formulato ai sensi dell'articolo 21 della legge n.  287 del 1990, al fine di segnalare le restrizioni, concorrenziali sul mercato dei servizi professionali delle guide turistiche in Italia. Dal punto di vista dell'Agcm le restrizioni derivano dai decreti del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo del 7 aprile 2015 e dell'11 dicembre 2015 che hanno introdotto un regime di specifica abilitazione su base territoriale per lo svolgimento della professione di guida turistica in siti considerati di particolare interesse storico, artistico o archeologico. Una particolarità che secondo il Garante limita le possibilità lavorative dei professionisti del settore;
          l'Autorità ha premesso infatti che «l'abilitazione a tale professione è valida in tutto il territorio nazionale (...) Tuttavia, il decreto-legge n.  83 del 2014 ha modificato la norma, che ora dispone che il Ministero dei beni e delle attività culturali può individuare con proprio decreto i “siti di particolare interesse”, per i quali occorre una specifica abilitazione, nonché i requisiti necessari ad ottenerla e la disciplina del procedimento di rilascio. L'abilitazione specifica, quindi, è valida solo per i siti di particolare interesse presenti nella Regione o Provincia in cui il professionista ha superato la prova»;
          di conseguenza, l'Autorità ha evidenziato come siano individuabili «due figure di guida turistica: una guida abilitata con esame in qualsiasi Regione o Provincia italiana (o con titolo riconosciuto ottenuto in Paese membro UE), che può svolgere l'attività in tutto il territorio nazionale, ad esclusione dei siti specialistici; una guida che potrà effettuare le visite guidate anche all'interno dei siti specialistici (ma solo nell'ambito regionale in cui ha sostenuto la prova)»;
          il Garante ha ritenuto che «il Ministero abbia quindi reintrodotto nella disciplina nazionale la previsione di autorizzazioni valide a livello locale, contraria a norme e principi in materia di concorrenza a livello europeo, in particolare al principio di libera circolazione dei professionisti e di rafforzamento del mercato interno»;
          infine, l'Agcm ha comunicato che «le modifiche introdotte nei citati Decreti non soddisfino il requisito di proporzionalità, poiché non appaiono necessarie rispetto ad obiettivi di interesse generale connessi alla protezione del patrimonio storico e artistico (visto anche l'esiguo numero di «siti di particolare interesse» elencati) e che le modifiche introdotte dai citati Decreti siano idonee a limitare ingiustificatamente l'attività delle guide turistiche ed auspica che le osservazioni formulate possano indurre ad un riesame della materia le autorità competenti  –:
          quali iniziative, alla luce dei fatti esposti in premessa, il Ministro interrogato intenda assumere ai fini del riesame    professione della guida turistica, figura fondamentale per lo sviluppo del comparto turistico. (4-15315)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          il piano di riordino ospedaliero adottato dalla regione Puglia, in ottemperanza di quanto disposto dal decreto ministeriale n.  70 del 2015, nei confronti del quale la Commissione sanità della regione medesima ha espresso il parere contrario addirittura per due volte, desta, ad avviso degli interpellanti, sconcerto e preoccupazione, per le conseguenze negative che con ogni probabilità si ripercuoteranno    sulla comunità pugliese, in termini di assistenza sanitaria;
          gli interpellanti evidenziano, al riguardo, che il suesposto piano risulta essere deficitario, in quanto gli ambiti di applicazione del provvedimento ministeriale non sono supportati dalla necessaria analisi della struttura demografica della popolazione, né tantomeno da un indispensabile approfondimento dei bisogni epidemiologici e della domanda di salute;
          dall'allegato 1, si evince infatti la disomogenea individuazione delle strutture di degenza e dei servizi, che avrebbero dovuto costituire la rete assistenziale ospedaliera sul territorio regionale, come dimostrato, ad esempio, dalla sovrabbondanza dei posti letto di geriatria e di pediatria/neonatalogia a Foggia, rispetto al resto della regione;
          gli interpellanti evidenziano ancora come non sia stata disegnata la rete del trauma ed, inoltre, all'interno dei presidi ospedalieri di Io e IIo livello, rilevano una palese disorganizzazione, nelle sedi di competenza neurochirurgica e di chirurgia toracica dei centri per il trattamento dei pazienti con politrauma, tra Bari, Foggia, San Giovanni Rotondo e Lecce; così come, per le modalità organizzative e assistenziali, desta stupore la decisione di eliminare dal Policlinico di Bari (che si ricorda rappresentare la più grande azienda ospedaliera del Mezzogiorno) l'assistenza odontoiatrica, unitamente ad ulteriori discipline cliniche quali: la nefrologia abilitata al trapianto di reni, l'angiologia, l'immunologia, la geriatria, la farmacologia clinica, l'onco-ematologia, l'oncologia, la tossicologia, l'emodialisi, la dietetica e dietologia, l'endoscopia digestiva e la radiologia vascolare interventistica;
          ulteriori profili di criticità in merito all'inosservanza da parte della regione Puglia delle disposizioni previste dal decreto ministeriale in precedenza richiamato, si evincono dalla mancata valutazione preliminare degli standard organizzativi, strutturali e tecnologici generali, in considerazione del fatto che il medesimo provvedimento legislativo, prescrive il rispetto di requisiti di autorizzazione e di accreditamento;
          una delle tre reti principali del sistema sanitario, emergenza-urgenza, non appare contemplata all'interno del piano di riordino ospedaliero, così come non sono disegnate le reti per patologia, è tantomeno le patologie complesse tempo-dipendenti, che avrebbero dovuto essere inserite all'interno della prima fase del piano in questione;
          gli interpellanti evidenziano ancora come, anche nell'ambito della riorganizzazione della rete ospedaliera con riferimento alla continuità ospedale-territorio, il piano non affronta il tema del potenziamento delle strutture territoriali, la cui carenza o mancata organizzazione in rete, rischia di determinare sul territorio forti ripercussioni sull'utilizzo appropriato dell'ospedale;
          anche nell'ambito della compatibilità finanziaria, nonostante il decreto ministeriale introduca la clausola di invarianza finanziaria, non è riportata alcuna verifica al riguardo; così come, segnalano altresì gli interpellanti, non risulta alcun riscontro rispetto a quanto stabilito dalla legge di stabilità per il 2016, che obbliga ad evitare, uno squilibrio finanziario superiore al 10 per cento e comunque non superiore ai 10 milioni di euro, pena l'assoggettamento al piano di rientro per ciascun ospedale;
          la «bocciatura» del piano di riordino ospedaliero, a giudizio degli interpellanti, in considerazione di quanto in precedenza esposto, desta evidente preoccupazione, se si valuta che nei riguardi della regione è in atto il piano di rientro in relazione al quale si rileva attualmente uno sbilancio del FSR (fondo sanitario regionale) coperto da maggiorazioni IRPEF e da «super ticket», nonché da ingenti somme del bilancio autonomo (circa 70 milioni di euro annui);
          le conseguenze economico-finanziarie determinate dall'attuale situazione del fondo sanitario regionale stanno determinando da anni prevedibili e progressivi peggioramenti in termini di efficienza, economicità e qualità del servizio sanitario nei riguardi della comunità pugliese, in particolare in ordine all'assistenza dei soggetti anziani, con lunghe liste di attesa, e un quadro nel complesso critico e scadente;
          al riguardo, si rileva come il piano di riordino della rete ospedaliera pugliese, che avrebbe dovuto rappresentare un provvedimento di svolta in termini di riorganizzazione del sistema sanitario regionale, in realtà, in considerazione di quanto suesposto, accresca dubbi e perplessità, per come è stato predisposto ed elaborato; i criteri e gli adempimenti che avrebbero dovuto essere osservati, nel rispetto di quanto previsto dal decreto ministeriale n.  70 del 2015, sono stati evidentemente disattesi;
          è urgente e indispensabile porre in essere interventi chiarificatori e fornire opportune delucidazioni, se si valutano sia le condizioni economico-finanziarie di estrema gravità in cui si trova la regione Puglia che appaiono essere fuori controllo nell'ambito della spesa sanitaria, sia gli effetti negativi e penalizzanti sulla comunità pugliese nell'ambito della qualità e dell'assistenza fornita con riguardo ai servizi sanitari e ai livelli essenziali, nonché alle prestazioni specialistiche  –:
          quali orientamenti, per quanto di competenza, i Ministri interpellati intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa, in relazione al piano di riordino della sanità pugliese «bocciato» dalla Commissione in sanità regionale addirittura due volte;
          se, al riguardo, intendano confermare le valutazioni negative espresse sul piano operativo anche dal Governo, con riferimento ai criteri e ai metodi di valutazione seguiti, che evidentemente non rispondono al dettato del decreto ministeriale n.  70 del 2015;
          se, in considerazione degli effetti derivanti dalla mancata approvazione del piano di riordino della rete ospedaliera pugliese, possano determinarsi conseguenze sfavorevoli nell'ambito dell'assistenza e delle prestazioni sanitarie, già da tempo scadenti, per i cittadini pugliesi;
          in caso affermativo, quali iniziative di competenza urgenti e necessarie, intendano intraprendere al fine di garantire gli standard qualitativi relativi all'assistenza ospedaliera pugliese;
          quali iniziative i Ministri interpellati, intendano assumere nell'ambito delle proprie competenze, affinché sia predisposta una corretta elaborazione del piano di riordino ospedaliero delle regione Puglia, il cui documento, secondo quanto risulta da articoli di stampa, è stato valutato negativamente dagli stessi Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, in quanto giudicato debole, incompleto e confuso.
(2-01607) «Distaso, Fucci».

Interrogazione a risposta orale:


      GITTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
          da un comunicato stampa del Ministero dell'economia e delle finanze del 17 marzo 2015 si apprende dell'intenzione di Italia, Francia e Germania di entrare a far parte come membri fondatori della Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB); la AIIB è una nuova banca d'investimento fondata a Pechino nel 2014, che lavorerà con le banche multilaterali di sviluppo e di investimento esistenti, con l'intenzione di assumere un ruolo di rilievo nel finanziamento dell'ampio fabbisogno infrastrutturale dell'Asia, puntando ad attrarre investimenti in settori come trasporti, energia e telecomunicazioni, promuovendo così lo sviluppo economico e sociale nella regione;
          dal comunicato si apprende inoltre che «Francia, Germania e Italia, operando in stretto raccordo con i partner europei e internazionali, intendono lavorare con i membri fondatori della AIIB per costruire un'istituzione che segua i migliori principi e le migliori pratiche in materia di governo societario e di politiche di salvaguardia, di sostenibilità del debito e di appalti», con l'obiettivo di contribuire nel lungo periodo alla crescita mondiale;
          la AIIB costituisce un progetto fortemente voluto dalla Cina e viene considerata da molti osservatori, come rilevato dal New York Times e dal Financial Times, una «concorrente» di Banca mondiale, Fondo monetario internazionale e Asian Development Bank, strutture dove gli Stati Uniti ricoprono un ruolo di primo piano nel capitale e nelle scelte strategiche; da tempo la Cina chiede una riforma della governance di queste istituzioni per dare maggior peso ai Paesi emergenti, ma i progetti risultano in stallo al Congresso americano;
          la divisione delle sfere d'influenza delle istituzioni nate a Bretton Woods prevede che a capo del Fondo monetario internazionale vi sia un europeo e alla testa della Banca mondiale un americano, mentre nell’Asian Development Bank, la cui sede è a Manila, è forte l'influenza del Giappone; il Governo cinese ha tentato, finora invano, di modificare questi equilibri: è inoltre da tempo impegnato nella creazione della Banca dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), che tuttavia ha subìto diversi slittamenti, mentre nel campo della sicurezza ha fondato l'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, di cui fanno parte anche Russia e Repubbliche dell'Asia centrale;
          nel 2013 è quindi nata l'idea dell'AIIB, formalmente fondata il 24 ottobre 2014: ha sede a Pechino e sarà inizialmente capitalizzata con 50 miliardi dollari, in gran parte versati dalla Cina, che ha in programma di aumentare il capitale sociale autorizzato fino a 100 miliardi. Oltre alla Cina, i firmatari iniziali sono Mongolia, Uzbekistan, Kazakhstan, Sri Lanka, Pakistan, Nepal, Bangladesh, Oman, Kuwait, Qatar, India e tutti i membri dell'Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico (ASEAN), con l'eccezione di Indonesia, Australia e Corea del Sud; i vertici governativi di Australia e Corea del Sud non escludono però l'ingresso, contrariamente al Giappone, che insieme agli Usa risulta invece il Paese con maggior peso nell’Asian Development Bank;
          il 13 marzo 2015 anche la Gran Bretagna ha annunciato la sua adesione, provocando una reazione di irritazione da parte degli Stati Uniti, che vedono nell'istituzione una minaccia al loro predominio negli organismi finanziari multilaterali; il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz si è detto soddisfatto per la partecipazione di quattro Paesi europei all'AIIB, ma ha sottolineato che la banca dovrà conformarsi agli standard internazionali per l'erogazione degli investimenti per quel che riguarda governance, sostenibilità ambientale e protezione sociale. Secondo l'agenzia di stampa di Stato cinese Xinhua, anche Svizzera e Lussemburgo stanno valutando l'ingresso nell'AIIB: il termine ultimo per entrare a far parte dei fondatori è il 31 marzo 2015, ma i contenuti dell'accordo tra le parti devono essere ancora finalizzati  –:
          se siano disponibili maggiori informazioni in merito all'ingresso dell'Italia nell’Asian Infrastructure Investment Bank, in particolare riguardo alle risorse nazionali che verranno impiegate come quota di partecipazione al capitale, alla destinazione geografica e alla tipologia degli investimenti in programma e agli standard che verranno imposti per la loro erogazione;
          se la partecipazione dell'Italia e degli altri Paesi europei all’Asian Infrastructure Investment Bank possa essere considerata, nell'ambito di un progetto più articolato e in corso di definizione, una politica volta a un riequilibrio del sistema economico internazionale che tenga conto del peso economico dei Paesi nella distribuzione delle influenze negli organismi finanziari multilaterali. (3-02719)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 153, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152 (cosiddetto testo unico in materia ambientale), stabilisce che le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali sono affidate in concessione d'uso gratuita al gestore del servizio che ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione;
          l'amministrazione finanziaria, in esito alle verifiche fiscali nei confronti dei gestori unici, ha proceduto ad emettere atti di contestazione delle violazioni ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, configurando la violazione di omessa regolazione di acquisti senza fattura a fronte di pagamenti aventi natura di corrispettivi nei confronti dei comuni appartenenti ai costituiti enti d'ambito territoriale ottimale (ATO) a titolo di rimborso delle rate di ammortamento dei mutui gravanti sulle opere;
          il versamento delle rate di ammortamento dei mutui accesi dai comuni prima della gestione unica, è normato dal citato articolo 153, il quale, al comma 2, prevede che le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e in conto interessi, siano trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi;
          con risoluzioni n.  104/E datata 11 ottobre 2010, l'Amministrazione finanziaria ha stabilito l'applicazione dell'Iva sulle quote di rimborso dei mutui pregressi sostenuti per la realizzazione delle reti del servizio idrico a rimborsate dai gestori ai comuni, in quanto rientranti nel corretto trattamento Iva delle somme incassate dagli enti alla luce delle verifiche della sussistenza dei presupposti per l'applicazione, Iva;
          l'articolo 115, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, stabilisce che il conferimento e l'assegnazione di beni degli enti locali alle società partecipate sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali;
          la commissione tributaria provinciale di Pesaro, con sentenza n.  325 del 2011, sulla base del presupposto che il conferimento e l'assegnazione di beni degli enti locali alle società sono esenti da qualsiasi imposizione fiscale per legge, ha esteso tale disciplina anche alle rate dei mutui contratti dai comuni per la realizzazione degli impianti ceduti il cui valore incorpora le rate dei mutui stessi di fatto escludendo tali somme dal campo di applicazione dell'Iva;
          secondo le motivazioni della citata sentenza la cessione dei beni non potrebbe avvenire se non con l'accollo dei mutui che fanno parte degli impianti, la cui cessione è esente da ogni imposta di legge;
          a giudizio dell'interrogante le somme ricevute dai comuni, a titolo di rimborso dell'ammontare delle rate di mutuo sostenute dal medesimo ente, costituiscono meri trasferimenti di denaro irrilevanti ai fini Iva ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 633 del 1972 e pertanto non appaiono del tutto condivisibili le motivazioni che hanno indotto l'Agenzia delle entrate al recupero dell'Iva sui rimborsi delle quote mutui;
          le divergenti interpretazioni della medesima disciplina da parte dell'Agenzia delle entrate e della commissione tributaria provinciale di Pesaro ha prodotto il ricorso da parte dell'amministrazione finanziaria avverso la sentenza che dava ragione all'ente ricorrente  –:
          al fine di chiarire se le somme ricevute dai comuni a titolo di rimborso delle rate di mutuo sostenute per la creazione di infrastrutture di proprietà degli enti locali affidate in concessione d'uso gratuita al gestore del servizio, debbano costituire, o meno, un mero trasferimento di denaro, irrilevante ai fini Iva, quali siano gli esiti del ricorso presentato presso la competente commissione tributaria regionale. (5-10349)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


      VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          da oltre due anni, e precisamente dal 23 novembre 2014, è stata completata la dismissione del carcere di Buoncammino, struttura ubicata in uno dei siti più suggestivi della città di Cagliari;
          tale complesso edilizio, il cui nucleo originario risale addirittura al 1855, è stato ultimato nel 1897 in assetto urbanistico assai simile all'attuale e rappresenta una delle cubature cittadine più imponenti, occupando una superficie coperta di circa 15 mila metri quadri;
          originariamente la sede carceraria si trovava in un sito decentrato rispetto allo sviluppo urbano della città di Cagliari, al di fuori delle mura del quartiere direzionale di Castello, in vicinanza di tutti i presidi militari e della piazza d'armi;
          attualmente, le caratteristiche dell'espansione della città di Cagliari conferiscono al colle di Buoncammino e all'ex carcere un fascino che coniuga la sua importanza storica e identitaria con la componente paesaggistica, in una posizione panoramica, tra le più spettacolari in città;
          nella definizione del futuro sviluppo strategico della città, appare assolutamente indispensabile la riqualificazione dello stabile ex carcerario e la sua destinazione ad usi coerenti alla nuova vocazione economica di Cagliari;
          in tal senso si sono peraltro espressi in passato sia il presidente della regione, che il sindaco della città che, sin dal 2014, hanno sottolineato il fondamentale valore aggiunto per Cagliari rappresentato dalla riqualificazione e dal riutilizzo a fini economici e culturali dell'ex carcere;
          in data 20 febbraio 2015, nel corso di una giornata di studio svoltasi nell'aula magna della facoltà di architettura di Cagliari, il sindaco Zedda avrebbe nuovamente ribadito, a quanto consta all'interrogante la necessità della riqualificazione a fini turistici e culturali della struttura, perché non ci fosse il rischio di un nuovo caso ex ospedale Marino;
          il Ministro interrogato, rispondendo a un question time alla Camera presentato dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo in data 19 dicembre 2015, lasciava invece intendere che ci fosse il rischio che la struttura potesse essere utilizzata dall'Agenzia del Demanio, al fine di consentire risparmi in affitti alla P.A. per circa 200.000 euro/anno;
          in data 18 febbraio 2016, effettivamente l'Agenzia del Demanio, alla presenza del prefetto di Cagliari e del provveditore alle Carceri ha inaugurato, presso alcuni locali all'uopo ristrutturati dell'ex carcere, la nuova sede della Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione internazionale;
          in data 27 febbraio 2016, il Ministro interrogato, ospite a Cagliari ad un convegno sulla legalità, in presenza del sindaco Zedda, contraddicendo le sue precedenti affermazioni, dichiarava pubblicamente che il carcere di Buoncammino sarebbe stato restituito alla città, e che non c’è alcuna ragione che porti a non restituirlo alla collettività, rilevando anche che devono essere gli enti locali a decidere cosa farne, (si veda a proposito l’Unione Sarda del 29 febbraio 2016)  –:
          se corrisponda al vero che una parte dell'edificio dell'ex carcere di Buoncammino sia attualmente occupata uffici periferici dell'amministrazione centrale e – nel caso – da quali uffici sia occupato e quali siano i tempi per il trasferimento in altra sede di tali uffici;
          se esista una richiesta specifica di assegnazione della struttura dell'ex carcere di Buoncammino da parte della regione Sardegna e del comune di Cagliari e – nel caso esistesse – quale sia la futura destinazione dell'autonoma sito proposito dalla regione autonoma della Sardegna e dal comune di Cagliari;
          se, conseguentemente a quanto dichiarato dal Ministro interrogato in occasione della sua visita a Cagliari del 27 febbraio 2016, siano state effettivamente avviate le pratiche per il trasferimento alla regione Autonoma della Sardegna e al comune di Cagliari dell'ex carcere di Buoncammino e quali siano i tempi prevedibili per il completamento dell'azione di trasferimento. (4-15316)
%

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          da fonti di stampa si apprende che, in data 14 gennaio 2017, si è proceduto alla delibera dei nomi dei nuovi organi sociali di Aeroporti di Puglia s.p.a. (di seguito, AdP);
          tra le altre, si apprende della nomina di Tiziano Onesti a presidente del consiglio di amministrazione di AdP. Onesti, tuttavia, risulta già presidente di Trenitalia e già componente del collegio sindacale di Ferrovie dello Stato Italiane;
          gli altri membri nominati del nuovo consiglio di amministrazione di Aeroporti di Puglia sono Antonio Vasile, imprenditore alberghiero di Bari e la martinese Beatrice Lucarella, poliziotta e vicepresidente dei giovani di Confindustria;
          l'articolo 53 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n.  165, recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche», disciplina segnatamente le ipotesi di «incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi» e il decreto legislativo dell'8 aprile 2013, n.  39, detta specifiche disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della, legge 6 novembre 2012, n.  190. Le normative richiamate impongono specifiche procedure ed espresse autorizzazioni per escludere situazioni di conflitto di interessi e per evitare la corruzione nella pubblica amministrazione  –:
          se il Governo sia a conoscenza dei fatti, espressi in premessa e se intenda assumere iniziative normative volte a prevedere che le procedure finalizzate all'affidamento di incarichi di vertici in società a partecipazione pubblica, anche locale, preposte a garantire un annunzio pubblico prevedano una valutazione trasparente dei curriculum di tutti i potenziali aspiranti al ruolo da pubblicare on-line e assicurino una comprovata competenza nel settore;
          se il Governo ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia rimosso dalle cariche in Ferrovie dello Stato Italiane, Tiziano Onesti, vista la pluralità di incarichi ricoperti.
(2-01608) «De Lorenzis».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          secondo il rapporto «Segnali 2016 – verso una mobilità pulita e intelligente», elaborato dall'Agenzia europea per l'ambiente, i trasporti sono responsabili di circa un terzo del consumo finale complessivo di energia nei Paesi europei e di più di un quinto delle emissioni di gas serra, nonché di una parte considerevole dell'inquinamento atmosferico;
          più precisamente, il settore dei trasporti nell'Unione europea, contando anche le emissioni dovute ai trasporti aerei e marittimi internazionali, è responsabile del 24 per cento del totale delle emissioni di gas serra. Il nuovo libro bianco sui trasporti impone agli Stati membri dell'Unione europea di ridurre le emissioni di gas serra nel settore dei trasporti del 60 per cento entro il 2050, prendendo come termine di paragone i livelli del 1990. Dato che le emissioni di fatto sono aumentate del 27 per cento tra il 1990 e il 2009, tutti i Paesi dell'Unione europea devono effettuare quindi una riduzione complessiva del 68 per cento tra il 2009 e il 2050;
          a tal proposito, come si evince da studi scientifici e da numerosi articoli apparsi recentemente sulla stampa nazionale, i veicoli elettrici, soprattutto se alimentati con energia da fonti rinnovabili, sono in grado di ridurre le future emissioni sia di gas serra che di inquinanti atmosferici, concorrendo così, al contempo, a diminuire drasticamente l'inquinamento atmosferico che tiene in «ostaggio» le città italiane ed europee;
          il consumo totale di elettricità in Europa dei veicoli elettrici aumenterà da circa 0,03 per cento nel 2014 al 9,5 per cento nel 2050;
          l'Italia rimane in ritardo sul fronte delle auto elettriche: solo lo 0,1 per cento dei veicoli immatricolati nel 2016 è dotato di una simile motorizzazione, dato che è addirittura in calo rispetto al 2015. Un ruolo importante, all'interno di una performance così negativa, è rivestito da un'infrastruttura per la ricarica inadeguata allo sviluppo della mobilità elettrica;
          come denunciato da una relazione della Corte dei conti citata sulla stampa nazionale nei primi giorni del 2017 e richiamata anche da un articolo del quotidiano la Repubblica del 2 gennaio 2017, sono stati spesi appena 6.286,28 euro su 50 milioni di euro stanziati dal 2013 al 2015 per la realizzazione dei punti di ricarica per le auto elettriche. La stessa Corte dei conti raccomanda al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di «accelerare al massimo» sulla realizzazione dell'infrastruttura di ricarica e di puntare sulle centraline di tipo « fast» che permettono di ricaricare in trenta minuti, monitorando poi «l'avanzamento dei progetti appena avviati e di dare impulso all'impiego delle risorse stanziate nel Bilancio dello Stato, ma non ancora concretamente utilizzate»  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione evidenziata in premessa e se quanto riportato corrisponda al vero;
          se non intenda, per quanto di competenza, implementare lo sviluppo della mobilità elettrica, assumendo iniziative per aumentare l'infrastruttura di ricarica a disposizione degli utenti e fornire un aggiornamento del monitoraggio sulle colonnine di ricarica installate nel Paese. (5-10339)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      VALIANTE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in data 17 gennaio 2017 il Consigliere del Comune di Santa Marina, Gianluca Lagada, mi ha informato che:
              il consiglio comunale di Santa Marina con deliberazione n.  44 del 30 dicembre 2016 ai sensi degli articoli 63 e 69 del decreto legislativo n.  267 del 2000 ha contestato al Consigliere Salvatore Tagliaferri:
                  1. la situazione di sopravvenuta incompatibilità di cui al punto 1 della circolare INPS n.  121 del 15 giugno 2015 che prevede l'obbligo di astensione per i dipendenti dell'Istituto, nel caso in cui lo stesso, il coniuge, o i parenti ed affini entro il secondo grado, ricoprano una carica elettiva;
                  2. la situazione di sopravvenuta incompatibilità prevista dall'articolo 63, numero 4, del decreto legislativo n.  267 del 2000 per lite pendente avendo il consigliere Tagliaferri presentato ricorso al TAR Salerno per l'annullamento della deliberazione del consiglio comunale n.  24 dell'8 agosto 2016;
          con la Circolare n.  121 del 15 giugno 2015 l'INPS ha inteso disciplinare gli adempimenti attuativi dell'obbligo di astensione gravante sui propri dipendenti in caso di conflitto di interessi anche potenziale;
          il consigliere Tagliaferri non è dipendente dell'INPS e pertanto la relativa disciplina non può essere applicata allo stesso, mentre dipendente dell'Istituto il padre del Tagliaferri;
          in data 27 giugno 2016 il signor Michele Tagliaferri ha comunicato al proprio dirigente l'elezione del figlio al consiglio comunale di Santa Marina ottemperando alla disciplina della Circolare n.  121;
          il consigliere Tagliaferri unitamente ai consiglieri Lagada, Giudice e Castaldo ha impugnato innanzi al Tar Campania Sez. Salerno – la delibera n.  24 del consiglio comunale di Santa Marina avente ad oggetto l'elezione dei componenti la commissione locale per il paesaggio;
          il Tar Campania, con sentenza n.  112 del 16 gennaio 2017 premesso che «ai suddetti consiglieri è stato impedito di partecipare alla votazione finalizzata all'individuazione dei componenti della commissione locale per il paesaggio sia alla votazione finale avente ad oggetto la stessa delibera di nomina» ha accolto il ricorso e per l'effetto annullato la delibera n.  24 del consiglio comunale di Santa Marina;
          l'articolo 63 del decreto legislativo n.  267 del 2000 prevede l'esclusione della causa di incompatibilità per lite pendente nell'ipotesi in cui il procedimento riguardi un fatto connesso con l'esercizio del mandato ed in ogni caso tutte le volte che l'amministratore abbia agito nell'interesse pubblico;
          il consigliere Tagliaferri è un esponente della minoranza all'interno del consiglio comunale ed il procedimento di decadenza è stato azionato solo nei confronti del Tagliaferri stesso e non degli altri consiglieri  –:
          quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al riguardo. (5-10352)

Interrogazione a risposta scritta:


      SPADONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          i consiglieri comunali di Reggiolo (Reggio Emilia) Elena Mazzoni e Francesco Angeli hanno presentato in data 20 giugno 2016 un esposto al dottor Raffaele Ruberto, prefetto di Reggio Emilia, chiedendo di verificare il rispetto dei regolamenti, in particolare dell'ordinamento sugli enti locali (testo unico n.  267 del 2000) e del regolamento del consiglio comunale di Reggiolo, da parte del segretario comunale Giuseppe d'Urso Pignataro;
          è un dato di fatto che le commissioni consiliari si svolgono in privato nell'ufficio del sindaco a cui vengono ammessi solo i membri della commissione e a porta chiusa;
          l'ordinamento sugli enti locali (testo unico n.  267 del 2000), all'articolo 38, comma 7, afferma che: «Le sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento e, nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, si tengono preferibilmente in un arco temporale non coincidente con l'orario di lavoro dei partecipanti»;
          il regolamento comunale di Reggiolo al Titolo III regolamenta le commissioni consiliari senza esplicitare nulla riguardo alla riservatezza delle suddette e quindi l'interrogante deduce che si faccia riferimento alla prassi generale indicata nell'ordinamento sugli enti locali (testo unico n.  267 del 2000) che prevede che le sedute siano pubbliche, salvo i casi previsti dal regolamento  –:
          di quali elementi disponga il Ministro interrogato in merito a quanto esposto in premessa e quali risposte abbia fornito o intenda fornire il prefetto di Reggio Emilia alle segnalazioni dei consiglieri comunali di Reggiolo, considerata l'esigenza di garantire il rispetto dell'indicazione del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali che prevede che le commissioni consiliari siano pubbliche, proprio come avviene per gli altri consigli comunali.
       (4-15317)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          gli studenti della Sardegna sono costretti a subire da sempre discriminazioni legate alla condizione insulare, ai costi dei trasporti e alla stessa pressione fiscale a cui vengono sottoposti qualora dovessero scegliere di specializzarsi o studiare fuori dall'isola, la cui offerta formativa non risulta adeguata;
          si pone dunque l'esigenza di valutare un riequilibrio dei costi legati all'emigrazione scolastica dalle regioni insulari;
          è indispensabile valutare un riequilibrio e non un ulteriore aggravio della detrazione delle tasse universitarie per i ragazzi della Sardegna che studiano fuori dall'isola;
          all'atto della dichiarazione dei redditi, le tasse universitarie, in Italia, per chi frequenta istituti privati o all'estero, sono comparate agli istituti statali e sono detraibili in maniera differente rispetto all'area di residenza: Nord, Centro e Sud con Isole;
          nel modello 730, le tasse universitarie che possono essere sottratte direttamente dalle imposte da pagare variano, quindi, oltre che dall'indirizzo di studio, anche in base al luogo di residenza dello studente;
          per esempio, per un istituto privato di medicina, nel 2015, al Nord potevano essere detratti fino a 3.700 euro, al Centro 2.900 e al Sud con Isole 1.800 e così, in proporzione, per le altre discipline, in base a quello che è l'importo delle tasse pagate alle università statali;
          uno studente sardo che va a studiare in un istituto privato del Nord o all'estero, può detrarre dalla dichiarazione fiscale un importo inferiore rispetto a uno studente residente a Milano, Bologna, e altre città, nonostante l'importo delle tasse pagate sia uguale;
          lo studente che risiede a Nuoro, Cagliari, Palau, e altro va a studiare fuori è infatti doppiamente penalizzato: innanzitutto perché paga costi di vita (locazione, alimentazione, bollette, abbigliamento, trasporti e altro) e tasse scolastiche più elevate rispetto alla Sardegna (dove i redditi sono più bassi); in secondo luogo, perché, nonostante costi più elevati e maggiori disagi, può detrarre fiscalmente molto meno rispetto a chi risiede al Nord. Come dire che lo studente è costretto a rimanere e studiare dove risiede anche se ha strutture peggiori e meno dotate di mezzi materiali. Le differenze, solo in termini di detrazione fiscale, sono anche molto marcate e arrivano fino a 1.900 euro/anno;
          questa evidente discriminazione dello Stato deve essere immediatamente rimossa a partire dall'emanazione del decreto annuale, da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che fissa, nel periodo marzo/aprile, in base all'area di afferenza dei corsi e alla sede territoriale di residenza degli studenti, gli importi massimi di detrazione di tasse e contributi;
          è assolutamente disdicevole, ad avviso dell'interrogante, che uno Stato compia una così evidente discriminazione territoriale, associata, nel caso, anche a una atavica difficoltà legata alla continuità territoriale e ai trasporti  –:
          se non ritengano i Ministri interrogati di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, per rimuovere questa grave discriminazione e sanare una situazione che costituisce un aggravio ulteriore per le famiglie sarde;
          se non ritenga di assumere iniziative, già dal prossimo decreto ministeriale per la determinazione della spesa massima di detrazione di tasse e contributi, per prevedere tale riequilibrio funzionale atto a garantire anche agli studenti sardi impegnati in corsi di studi universitari e affini la frequenza di tali scuole. (5-10350)

Interrogazione a risposta scritta:


      FEDRIGA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la scuola secondaria di I grado di Torre, a Pordenone, offre l'indirizzo musicale, e costituisce un unicum nella città. Questa scuola è un fiore all'occhiello per Pordenone e riesce, grazie alla buona volontà della dirigente, dei docenti e dei genitori, a colmare le difficoltà di una struttura datata;
          il corso ad indirizzo musicale persegue, nel rispetto delle finalità educative generali della scuole secondaria di primo grado, un insieme di obiettivi specifici che si prefiggono il raggiungimento di alcuni traguardi essenziali, come l'acquisizione di abilità inerenti la lettura ritmica, la lettura intonata dei suoni, la conoscenza di base della teoria musicale, il dominio dei principali aspetti relativi alla tecnica esecutiva. Particolare rilievo viene dato all'esperienza del far musica insieme, attraverso la quale ognuno potrà instaurare relazioni interpersonali e di gruppo, fondate su pratiche compartecipate e sull'ascolto condiviso;
          vengono proposti i seguenti strumenti: clarinetto, chitarra, pianoforte e violino;
          il corso si propone di fornire agli alunni un approfondimento della conoscenza del linguaggio musicale attraverso lo studio di uno strumento, favorendo lo sviluppo della musicalità che è in ciascuno;
          l'inserimento nel corso, che ha durata triennale ed è gratuito, può essere richiesto all'atto dell'iscrizione alla scuola;
          l'attribuzione della specialità strumentale avviene sulla base di un test attitudinale orientativo che tiene conto della predisposizione fisica e musicale dell'alunno, delle preferenze individuali e della disponibilità dei posti;
          i docenti di strumento lavorano per accompagnare l'alunno nella formazione e nella scoperta di sé e delle proprie potenzialità per renderlo consapevole, partecipe, responsabile e attento ai valori della tradizione e della cultura musicale;
          nel corso degli ultimi anni, l'unica sezione (tre classi) non è più sufficiente e numerosi ragazzi vengono esclusi da questa offerta formativa. I genitori, pur di non veder delusa l'inclinazione dei propri figli, intervengono economicamente per pagare alcuni esperti esterni, ma non vi è riconoscimento formale di questa attività (e nemmeno la valutazione); ciò rappresenta inoltre un costo gravoso per le famiglie  –:
          se il Ministro interrogato, riconoscendo il valore e l'importanza del corso di musica descritto in premessa e soprattutto tenendo conto delle numerose richieste di frequenza, intenda assumere iniziative per autorizzare l'attivazione di una seconda sezione ad indirizzo musicale. (4-15312)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


      GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          le criticità relative alla misura «promozione sui mercati dei Paesi terzi» dell'Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (Ocm) per il vino, per la campagna 2016/2017, restano a tutt'oggi irrisolte, nonostante l'ulteriore bando aperto al fine di recuperare i soggetti risultati esclusi dal primo invito a causa della non corretta interpretazione dei requisiti relativi al «nuovo beneficiario» e in scadenza al 30 gennaio 2017;
          le aziende che hanno già ricevuto i fondi non avviano i progetti per il rischio che una nuova decisione del giudice amministrativo metta in discussione le risorse assegnate;
          anche il capitolo dei finanziamenti a valere sui progetti multiregionali risulta fermo posto che non è chiaro se nell'eventualità di sforamento della dotazione nazionale, pari a 4 milioni, dovranno intervenire le regioni con loro risorse al fine di consentire lo svolgimento dei progetti selezionati;
          da quanto si apprende da notizie stampa neanche il coordinamento tra Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sembrerebbe funzionare visto che molti assessori regionali lamentano l'assenza di tecnici ministeriali in occasione di incontri organizzati;
          già in data 10 ottobre 2016, con l'atto 5-09678, l'interrogante poneva criticità sulla gestione della Misura «promozione sui mercati dei Paesi terzi» dell'OCM vino, che ad oggi non risultano essere risolte  –:
          quali siano le motivazioni per le quali i tecnici del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali non abbiano partecipato agli incontri organizzati dalle amministrazioni regionali e come intenda procedere, per quanto di competenza, il Ministro interrogato al fine di risolvere le suddette criticità e consentire così l'avvio delle azioni di promozione anche in considerazione dell'indiretto vantaggio «regalato» ai concorrenti dell'Italia, soprattutto spagnoli e francesi, che stanno già realizzando i loro progetti. (5-10343)


      FEDRIGA e GUIDESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          in Italia mancano circa 400.000 ettari di olivicoltura per garantire il fabbisogno interno, mentre il consumo mondiale di olio extra vergine d'oliva è in continua crescita;
          l'olivicoltura italiana, per essere competitiva a livello mondiale e per far fronte al fabbisogno interno, deve necessariamente dotarsi di nuove piantazioni più moderne e attrezzate. Strumenti, questi, che sarebbero utili anche per combattere il sempre più crescente fenomeno delle contraffazioni alle quali l'olio è soggetto;
          la normativa in tema di olio rappresenta certamente un miglioramento per gli interventi di settore e introduce strumenti importanti per il contrasto delle frodi e per la tutela della qualità, ma è necessario un ulteriore e significativo passaggio affinché il Made in Italy e la bontà dell'olio extravergine italiano abbiano il riconoscimento in termini di maggiore valorizzazione economica, migliorando la concorrenzialità con gli altri Paesi, anche in termini di quantità e qualità degli oli per i quali l'Italia è già leadership nel mondo;
          occorre iniziare una seria e valida programmazione della coltura dell'olio, attraverso un programma pluriennale finalizzato all'aumento dei terreni olivati che esaltino le qualità dei nostri oli extravergini con un offerta di volumi di maggiore significatività;
          il Piano olivicolo nazionale (PON) è un'azione pluriennale sostenuta da un adeguato sforzo finanziario che sostiene gli impegni degli agricoltori/olivicoltori. Il nuovo PON, però, secondo gli interroganti rispetta solo in parte le vere e inderogabili necessità del settore in termini di programma e manca totalmente di un piano attuativo in termini di finanziamento. Sono state finanziate solo piccole cifre che andranno poi a disperdersi tra i vari enti del settore o soggetti non qualificati, come sovente è accaduto, senza arrivare a chi realmente vorrebbe fare della buona olivicoltura;
          risulta necessaria un'assegnazione di risorse finanziarie, più congrua e mirata, a quelle aziende che vogliono seriamente realizzare una olivicoltura di qualità. Purtroppo, di quel poco che viene finanziato per l'olivicoltura solo una piccola parte arriva realmente ai produttori di olio di qualità  –:
          quali iniziative di tipo normativo, e finanziario si intendano mettere in atto affinché si pongano le basi per un vero rilancio del settore olivicolo, dando piena attuazione al Piano olivicolo nazionale (PON) presupposto indispensabile per una ripresa della competitività dei nostri oli extravergini di oliva e di quelle aziende che producono olio di qualità al fine di dare forza a una nuova olivicoltura che affronti in modo deciso le numerose problematiche esistenti (5-10344)


      VENITTELLI, OLIVERIO, SANI, ANTEZZA, MONGIELLO, LUCIANO AGOSTINI, CAPOZZOLO, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, FALCONE, FIORIO, LAVAGNO, MARROCU, PALMA, PRINA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          le eccezionali precipitazioni nevose e la gelata che, nei giorni scorsi, hanno investito ampie zone del Paese, rischiano di provocare gravi ripercussioni a medio e lungo termine sull'economia agraria di vaste aree coltivate del Centro-Sud dove si contano milioni di euro di danni;
          il maltempo ha colpito pesantemente le campagne dalle quali provengono buona parte degli ortaggi consumati dagli italiani mettendo a rischio le forniture;
          risultano migliaia di ettari di colture pronte per la raccolta bruciate dal gelo, serre danneggiate o distrutte, animali morti, dispersi e senz'acqua, aziende e stalle isolate che non riescono a conferire il latte e le verdure ai raccoglitori a causa delle difficoltà del sistema viario e dei trasporti;
          si segnalano decine di serre di pescheti crollate per la neve e un forte aumento dei costi per il riscaldamento delle serre rimaste in piedi;
          oltre ai danni agli ortaggi invernali, alle piantagioni di legumi e carciofi, il cui raccolto di gennaio è bruciato ed è compromessa la produzione primaverile, si segnalano gravi danni agli agrumeti, con l'azzeramento della produzione di clementine tardive, e ai vigneti di uva da tavola, che hanno ceduto sotto il peso della neve;
          preoccupano le condizioni degli animali da allevamento, molti dei quali sono deceduti a causa del gelo, molti sono ammalati e hanno bisogno di ricoveri a causa delle stalle distrutte o inagibili; altrettanto grave è la situazione degli animali allevati allo stato brado che si trovano senza alimentazione e non possono essere raggiunti;
          drammatica è la situazione nelle zone terremotate dove è necessario accelerare le procedure per garantire l'arrivo dei moduli abitativi e delle stalle alle aziende e agli allevamenti danneggiati, garantendo una sistemazione agli agricoltori e agli allevatori che hanno le case crollate o lesionate;
          anche il settore della pesca e dell'acquacoltura sta subendo ingenti danni a seguito dell'eccezionale ondata di maltempo che sta investendo l'Italia, i pescatori sono bloccati a terra o impossibilitati a svolgere attività a bordo a causa del vento forte, del mare mosso e del ghiaccio  –:
          quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per affrontare l'emergenza provocata nel Centro-Sud dagli eccezionali eventi atmosferici verificatisi nei giorni scorsi con particolare riguardo all'esigenza di stanziare risorse straordinarie per compensare le gravi perdite economiche subite dal sistema agricolo, allevatoriale e della pesca, anche mediante la previsione di disposizioni in deroga alla normativa vigente relativa all'accesso agli indennizzi del Fondo di solidarietà nazionale. (5-10345)


      ZACCAGNINI e SCHULLIAN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la sequenza drammatica di terremoti che ha colpito il centro Italia, da agosto 2015 ad oggi, ha causato ingenti perdite all'agricoltura di montagna e agli allevamenti con la morte di moltissimi animali. A causarne spesso il decesso è stato il crollo delle stalle o l'assenza di ricovero, a cui si somma, in vari casi, l'impossibilità di poter garantire l'alimentazione del bestiame. Le difficoltà hanno colpito in particolare aziende agricole del Centro Italia, che hanno informato le autorità e richiesto aiuti in tempi brevi all'esercito, anche per superare gli effetti dell'ultima imponente nevicata;
          le organizzazioni di categoria – dalle segnalazioni ricevute dalle zone colpite dal terremoto – hanno stimato che le aziende colpite «...sono circa 3 mila, con oltre 100 mila animali tra mucche, pecore e maiali coinvolti... gli animali sono rimasti nelle campagne terremotate dove a distanza di 5 mesi dalle prime scosse si registrano pesanti ritardi ed inefficienze burocratiche con le difficoltà che si aggravano con il maltempo»;
          in data 19 gennaio 2017, l'agenzia stampa Adnkronos riportava la seguente dichiarazione di Giuseppe Zamberletti, il «padre» della Protezione civile italiana, che si trovò a gestire l'emergenza del terremoto del Friuli e dell'Irpinia: «Diversamente da allora – riferendosi alle polemiche di questi giorni sui soccorsi – la “macchina” della protezione civile sta dimostrando di essere molto efficiente[..] C’è da dire che questa volta non abbiamo avuto la collaborazione europea che abbiamo sempre avuto, sia in Friuli che in Irpinia». Rispetto alla situazione drammatica che ha coinvolto gli animali isolati dalla neve, Zamberletti spiega: «bisognava realizzare delle stalle collettive, esattamente come furono realizzate in Irpinia, gestite dal corpo forestale in modo da avere una cura pianificata di tutti gli animali. Mi hanno detto, però, che le attuali normative europee non lo consentono. Bastava un'ordinanza specifica, a questo serve il potere delle ordinanze di emergenza»  –:
          sul presupposto che quanto riportato nella dichiarazione citata riguardo all'impossibilità di realizzare stalle collettive corrisponda a verità, se il Governo non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per superare le rigidità della normativa europea rendendo operative soluzioni, quali quella delle «stalle collettive», che garantirebbero una cura pianificata di tutti gli animali e il ripristino della loro capacità produttiva. (5-10346)


      RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la misura 214 – Asse II – Pagamenti agro-ambientali è una delle misure che rientrano nel piano di sostegno alla produzione agricola previsto dall'Unione europea al fine di promuovere sistemi di produzione agricola o di specifiche tecniche colturali e di allevamento biocompatibili ed ecosostenibili finalizzati anche alla salvaguardia dello spazio naturale, della biodiversità e del paesaggio agricolo;
          l'adesione alla misura avviene mediante l'assunzione di impegni volontari da parte degli agricoltori, al di là delle specifiche norme obbligatorie previste dalla legge;
          il piano di sostegno dell'Unione europea si propone inoltre, attraverso gli interventi sulla produzione agricola, di migliorare la qualità dell'aria e delle risorse idriche superficiali e profonde, di ridurre la contaminazione chimica del suolo e dei prodotti agricoli e di perfezionare la gestione del suolo per limitare l'erosione e il dissesto idrogeologico;
          gli aiuti sono finanziati con    fondi comunitari e vengono erogati annualmente su base forfettaria, in forma di contributi e premi agli agricoltori che assoggettano la propria azienda per l'intera durata dell'impegno ad una o più delle azioni previste;
          in Italia, per gestire l'erogazione di suddetti premi, è stata istituita con decreto legislativo n.  165 del 1999 con funzioni di coordinamento e di organismo pagatore, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea);
          per il 2016 il termine ultimo per la presentazione delle domande di pagamento relative all'annualità 2016 è stato fissato inizialmente al 16 maggio 2016 e poi prorogato al 15 giugno 2016; entro dicembre, come ogni anno, le aziende agricole avrebbero dovuto percepire le anticipazioni dei premi Agea che per il 2016, erano previste nella misura dell'85 per cento;
          numerose aziende agricole campane non hanno ricevuto il dovuto anticipo dei premi in quanto la regione Campania non avrebbe trasmesso gli elenchi dei beneficiari ad Agea, non avendo, a quanto risulta all'interrogante, nemmeno iniziato ad istruire le pratiche presentate a maggio dagli aventi diritto;
          tali premi avrebbero permesso, come già in passato, alle aziende campane di gestire al meglio anche i pagamenti di tasse e contributi dell'Inps, oltre alla normale attività aziendale  –:
          quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere per portare a veloce risoluzione questa situazione che interessa decine di migliaia di aziende agricole anche in considerazione del fatto che questi ritardi potranno essere fonte di gravi problemi anche rispetto alla continuità produttiva e occupazionale di numerose imprese agricole. (5-10347)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      RICCIATTI, NICCHI, GREGORI, MARTELLI, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, SCOTTO, COSTANTINO, KRONBICHLER e ZARATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          dal report di rilevazione della regione Marche relativo al mese di novembre 2016, pubblicato sul sito dell'Agenzia regionale sanitaria delle Marche, emerge come, a fronte di una evasione del 90 per cento degli esami diagnostici catalogati come «urgenti» in tempi rapidi, nei casi con «classi di priorità programmata o senza priorità di tempo» le tempistiche di evasione diventano sensibilmente più lunghe;
          i tempi medi d'attesa rilevati dall'Agenzia regionale sanitaria sono di 268 giorni per una mammografia, 123 per una risonanza magnetica nucleare al cervello, 109 per un'ecografia alla testa, 142 per un'ecodoppler cardiaca, 238 per una ecografia alla mammella, 144 per una colonscopia;
          i tempi di attesa riportati sono dovuti in parte a carenze strutturali. Tuttavia, come rilevano da tempo anche diverse organizzazioni sindacali, potrebbero essere sensibilmente diminuiti con un utilizzo più intenso delle apparecchiature diagnostiche già in uso e con un adeguato aumento del personale dedicato;
          le carenze attuali del sistema pubblico costringono gli utenti del servizio a rivolgersi a strutture private e/o convenzionate per ottenere esami diagnostici in tempi più contenuti  –:
          se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, non intenda assumere iniziative, anche normative, affinché le apparecchiature diagnostiche vengano impiegate per un orario di almeno 12 ore al giorno, con adeguate risorse di personale, per garantire che il diritto alla salute e i livelli essenziali di assistenza siano garantiti dal sistema pubblico. (5-10341)


      VENITTELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nell'area industriale Pozzilli-Venafro operano da oltre dieci anni due impianti: a Pozzilli Herambiente, un inceneritore che brucia quasi 100 mila tonnellate di rifiuti l'anno, e a Sesto Campano, un cementificio, Colacem, che brucia quasi 25 mila tonnellate di rifiuti l'anno;
          le analisi condotte nella piana, di Pozzilli-Venafro hanno accertato la presenza di tracce di uranio, torio e di metalli pesanti nella polvere di cemento depositatasi nei pressi della Colacem. Nel 2010 e nel 2011 sono stati accertati, inoltre, due casi di diossina nella carne bovina, mentre analisi effettuate nel 2013, hanno rilevato valori di diossina e PcB molto superiori al limite imposto dall'Unione europea su un campione di latte materno e un'incidenza di aborti spontanei e di malattie tumorali superiore alla media nazionale;
          a seguito del decreto legislativo 4 marzo 2014, n.  46, l'obbligo dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) è stato esteso alle attività di «gestione dei rifiuti» e i due impianti hanno dovuto chiedere la predetta autorizzazione e comunicare i dati delle emissioni;
          è risultato che l'inceneritore di Pozzilli, con le attuali 93.000 T/a di rifiuti trattati, ha emesso in un anno: chilogrammo 1 di mercurio, chilogrammi 2 di cadmio + tallio; chilogrammi 15 di diossina + furani; tonnellate 122,53 di NO2 (diossido di azoto), T. 2,52 di NH3 (ammoniaca), T. 2,64 di CO (monossido di carbonio), T. 2,25 di HCI (acido cloridrico); inoltre, nel corso di un biomonitoraggio eseguito in un'area di 5 chilometri intorno all'impianto di Hera, è stata riscontrata una crescita di cadmio, piombo e mercurio nel terreno;
          contestualmente alla procedura di autorizzazione integrata ambientale la società Hera ha chiesto di sfruttare l'impianto fino alla massima potenza e di aumentare la quantità di rifiuti da bruciare inserendo il residuo non riciclabile della raccolta differenziata; tale istanza è stata ritenuta dalla conferenza di servizi e da Arpa Molise una «modifica sostanziale» e come tale, quindi, da assoggettare a valutazione di impatto ambientale;
          nell'area sono state accertate emissioni di diossine con valori molto superiori ai limiti consentiti; a questo si aggiunge il problema delle polveri sottili che contengono anche metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici (IPA); gli inquinanti di cui si tratta, il particolato atmosferico (PM 10), soprattutto la sua frazione sottile (PM 2.5), il biossido di azoto (NO2), e l'ozono (O3) sono associati a patologie croniche cardio-respiratorie e al tumore polmonare;
          nelle scorse settimane il procuratore di Isernia Paolo Albano ha fatto sequestrare due camion carichi di ceneri, partiti dal termovalorizzatore Herambiente, e diretti al cementificio Colacem per consentire ai tecnici dell'Arpa di eseguire i prelievi, i cui risultati sono attesi al più tardi alla fine di gennaio 2017;
          la popolazione è da tempo allarmata per la diffusione di malattie legate all'immissione in atmosfera di sostanze altamente tossiche, prodotte dall'attività di combustione ad alte temperature  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano di assumere, con urgenza, iniziative per monitorare, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, dell'Ispra e dell'Istituto superiore della sanità, i rischi ambientali e sanitari degli impianti sopra citati. (5-10351)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CASTRICONE e AMATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nelle ultime due settimane le abbondanti nevicate che hanno interessato le regioni del centro Italia, unite al verificarsi di nuove forti scosse di terremoto e al persistente maltempo, hanno creato una situazione di drammatica emergenza;
          la regione Abruzzo in particolare ha dovuto subire anche l'interruzione dell'energia elettrica che ha coinvolto più di 160 mila utenze – cioè oltre 300 mila persone, più di un quarto della popolazione regionale –, evento che ha causato un evidente aggravio dei disagi già ingenti per la popolazione e le attività produttive;
          circa 80 mila utenze sono state disalimentate a causa di problemi alla rete gestita da Enel, altrettante per problemi sulla rete dell'alta tensione di Terna;
          il presidente della regione Abruzzo, l'assessore regionale alla protezione civile, il prefetto di Teramo, numerosi sindaci hanno espresso nei giorni scorsi la loro protesta e il loro allarme per la drammatica situazione creata dall'interruzione prolungata di energia elettrica in un così vasto numero di utenze e hanno dichiarato che chiederanno il risarcimento dei danni;
          il 19 gennaio 2017 Enel ha convocato una conferenza stampa per scusarsi dei disagi provocati;
          ad oggi – a distanza di 5 giorni – le squadre lesse in campo a «E-distribuzione», la società del gruppo Enel che gestisce le reti elettriche di media e bassa tensione, hanno ridotto a circa 60.000 le utenze disalimentate sul territorio regionale, un numero comunque consistente;
          già nel marzo del 2015, in tre giorni di piena emergenza meteo, furono 120 mila le utenze Enel, dislocate in oltre 200 comuni abruzzesi, che subirono interruzioni dell'erogazione di energia elettrica anche per più di 24 ore (nel 30 per cento dei casi l'interruzione del servizio perdurò per diversi giorni), Enel fu costretta ad indennizzare i 120 mila clienti abruzzesi per un importo complessivo pari a 26 milioni di euro;
          si tratta quindi di un'inadeguatezza infrastrutturale nota da tempo a cui Enel si era impegnata a porre rimedio con nuovi investimenti e interventi di manutenzione straordinaria sulla rete infrastrutturale elettrica regionale: interventi evidentemente mai realizzati;
          anche la rete di alta tensione di Terna risulta insufficiente in situazioni di emergenza meteo che in Abruzzo, purtroppo, sono spesso prevedibili  –:
          se il Governo non ritenga urgente assumere iniziative per acquisire chiarimenti da parte di Enel e Terna sulle cause dei gravi disservizi avvenuti in Abruzzo a partire dal 16 gennaio 2017 e verificare quali interventi le due società intendano porre in essere per adeguare le rispettive infrastrutture e garantire agli utenti abruzzesi un servizio essenziale che riesca a far fronte anche alle si fazioni di emergenza meteo. (5-10340)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MINARDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il piano di riordino per le Poste    prevede, per la Sicilia, numerosi tagli sia al personale che alle sedi, soprattutto quelle piccole ubicate nei piccoli centri, tagli che compromettono il recapito della corrispondenza;
          queste limitazioni al servizio postale ricadono in modo negativo su un settore quale quello della consegna delle corrispondenza che dovrebbe essere considerato universale, in modo che tutti i cittadini possano «contare» su un sistema corretto e veloce ed usufruirne nel migliore dei modi;
          vi è poi la tematica relativa alla trasformazione del rapporto di lavoro di circa mille giovani assunti con contratto part-time che dovrebbe essere trasformato in contratto full time. Ciò in modo di avere personale qualificato ed impiegato a tempo pieno per rendere più efficiente il sistema postale nel suo insieme;
          occorre pertanto rivedere il piano previsto per la Sicilia per evitare errori che possano compromettere il servizio agli utenti  –:
          quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze, per monitorare la tematica suddetta ed    evitare il ripetersi di errori dovuti alla riduzione delle sedi e del personale che compromettono il servizio postale nell'isola.
(4-15311)


      RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          dai primi giorni di gennaio del 2017 il Centro Italia sta vivendo una situazione particolarmente critica causata da ingenti nevicate e temperature rigide, oltre a continue scosse di terremoto di varia intensità;
          le Marche, in particolare, sono tra i territori più colpiti, anche per la particolare conformazione geografica, che in diversi casi rende problematico un rapido dispiegamento dei soccorsi;
          tra i disagi causati dalle ultime nevicate, si segnala la disalimentazione di diverse utenze di energia elettrica, che hanno causato gravissimi disagi alle popolazioni e alle economie locali;
          tra i casi più recenti, si segnala quello di Tolentino (Macerata) dove «un guasto della linea dell'alta tensione di Terna ha lasciato senza energia elettrica la cabina primaria che alimenta la città» (Resto del Carlino, 18 gennaio 2017);
          la situazione di disagio si è prolungata per diverso tempo ed è tuttora sussistente in molte aree della regione Marche;
          alla data del 20 gennaio 2017 Enel Energia ha reso nota la presenza di «3.000 disalimentati» concentrati nella provincia di Ascoli, mentre nelle province di Macerata e Fermo si va verso la normalizzazione del servizio;
          secondo Enel le operazioni di ripristino sono state ostacolate dal permanere di problemi di viabilità in alcune aree montane e dall'insorgere di nuovi guasti su alcune linee in corso di riparazione;
          deve rilevarsi come, al di là delle particolari contingenze, la società Terna, che gestisce le reti per la trasmissione dell'energia elettrica, sia apparsa del tutto inadeguata a fronteggiare una situazione di emergenza che era in gran parte prevedibile, considerate le numerose allerta della Protezione civile;
          il sistema delle infrastrutture elettriche rappresenta un bene di primaria rilevanza che andrebbe garantito anche, e soprattutto, in situazioni di calamità come quella che molte regioni del Centro Italia stanno affrontando;
          se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare motivi e responsabilità di tali disservizi;
          quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per assicurare che Enel e Terna adempiano agli impegni di miglioramento delle loro infrastrutture    e dei conseguenti servizi erogati nelle Marche. (4-15313)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta scritta Tacconi n.  4-15252, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 gennaio 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fedi, Garavini, La Marca, Porta.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Realacci n.  5-10304 del 18 gennaio 2017.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
          interrogazione a risposta scritta De Lorenzis e altri n.  4-03267 del 22 gennaio 2014 in interrogazione a risposta orale n.  3-02721;
          interrogazione a risposta in Commissione Gitti n.  5-05118 del 24 marzo 2015 in interrogazione a risposta orale n.  3-02719;
          interrogazione a risposta in Commissione Malisani e Rampi n.  505679 del 3 giugno 2015 in interrogazione a risposta orale n.  302718;
          interrogazione a risposta in Commissione Culotta n.  5-09903 del 2 novembre 2016 in interrogazione a risposta orale n.  3-02717;
          interrogazione a risposta scritta Ferraresi e altri n.  4-14764 del 14 novembre 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n.  5-10342.

ERRATA CORRIGE

      Interrogazione a risposta scritta Tacconi n.  4-15252 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n.  726 del 18 gennaio 2017. Alla pagina 43871, seconda colonna, alla riga trentottesima, le parole: «il canone non deve essere» devono intendersi soppresse.