XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 779 di mercoledì 12 aprile 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 9.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 7 aprile 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

      (È approvato).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,01).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Amoddio, Artini, Baretta, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Matteo Bragantini, Bressa, Brunetta, Bueno, Capelli, Casero, Catania, Cicchitto, Cirielli, Coppola, Costa, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Giacomelli, Giorgis, Gozi, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Antonio Martino, Meta, Migliore, Nicoletti, Orlando, Palladino, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Sanga, Scalfarotto, Schullian, Tabacci, Valeria Valente e Velo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centoquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2705 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale (Approvato dal Senato) (A.C. 4394) (ore 9,02).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4394: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale.

Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4394)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signor Presidente. Come ho già detto ieri, nella dichiarazione di fiducia al Governo, non posso non esprimere il disagio del gruppo Socialista nei confronti di questo provvedimento. È un disagio che si riferisce in primis al metodo, perché siamo convinti che un provvedimento importante e complesso come questo avrebbe dovuto essere esaminato, discusso, eventualmente emendato, emendato dalle Commissioni e dall'Aula. Così non è stato e ci troviamo a dover votare in tempi strettissimi un testo blindato, che, a nostro parere, presenta numerose criticità accanto ad alcuni aspetti positivi, tra questi: l'aumento, attraverso nuovi concorsi, del personale destinato al potenziamento delle commissioni territoriali, che esaminano le domande di protezione internazionale; l'inserimento dei migranti in lavori socialmente utili; la formazione dei magistrati specializzati in materia; il potenziamento della nostra rete diplomatica nei Paesi di provenienza dei migranti. Questi sono gli aspetti positivi.

Questi punti, diremmo addirittura meritevoli, rischiano però di venire completamente oscurati dal venir meno del rispetto dei principi di garantismo e di difesa dei diritti umani, che noi Socialisti abbiamo sempre convintamente sostenuto. In particolare, la procedure unica per l'espulsione, che mette sullo stesso piano i migranti con precedenti penali o che commettono un reato con quello che è privo di permesso di soggiorno; l'abolizione del secondo grado di giudizio per il riconoscimento del diritto d'asilo o comunque la protezione internazionale; l'eliminazione del contraddittorio, limitato da una procedura semplificata priva di dibattimento, il cosiddetto rito camerale; tutto questo di fatto configura, per i migranti, una giustizia minore molto simile ad una sorta di diritto etnico. Con questo provvedimento si crea una procedura specifica per gli immigrati, che solleva non pochi dubbi di costituzionalità.

Il nostro Paese, che più di tutti ha fatto nel soccorso in mare e che si è distinto per generosità e sostegno di migliaia, migliaia e migliaia di disperati in fuga da guerre e violenze, è stato lasciato solo a gestire l'accoglienza come se fosse solo italiano, o tutto italiano, il problema. Noi, fino ad ora, non abbiamo nulla da rimproverarci nell'accoglienza dei migranti. Siamo stati più aperti e più generosi dall'inizio e abbiamo continuato ad esserlo, mentre altri alzavano muri.

L'Europa ha risposto in maniera disomogenea, tardiva, insufficiente. Alcuni Paesi, anzi diversi Paesi, continuano a non rispettare gli impegni sul ricollocamento dei migranti, costringendo altri Paesi, tra cui il nostro, a sostenere un peso sempre maggiore. Allo stesso tempo, l'Unione è molto esigente e piuttosto rigida, quando parliamo di rispetto dei parametri riferiti a deficit e debito di un Paese, a partire dal nostro. Sono due pesi e due misure, a seconda dell'argomento in questione e questo è francamente inaccettabile; l'abbiamo già denunciato altre volte.

È chiaro che la questione della governance delle migrazioni richiede dei provvedimenti.

Questo decreto poteva essere lo strumento giusto, a noi non pare sia così ed è un'occasione persa. Il provvedimento in esame, di fatto, affronta il problema, quasi esclusivamente, in una prospettiva di punizione, di repressione del fenomeno, eppure sappiamo - lo sappiamo bene, lo stiamo sperimentando da qualche anno - che muri, fili spinati e respingimenti nulla possono, o molto poco possono, contro la disperazione di chi scappa da guerre e violenze e vede nel viaggio, nella fuga, l'unica possibilità di sopravvivere. Si trattasse semplicemente di un'operazione di polizia, il problema sarebbe più facilmente risolvibile. Lo dico ai colleghi della Lega e a tutti coloro che ripetono come un mantra “Via, chi non ha diritto”. Ecco, l'impressione che abbiamo è che con questo decreto il Governo abbia voluto ascoltare, e in qualche modo assecondare, quel mantra per motivi - come posso dire - quasi di propaganda, nel tentativo di raggiungere un certo elettorato e di tranquillizzarlo.

Il Ministro Minniti, il Governo, la maggioranza e le stesse opposizioni sanno benissimo che, con le misure previste, non si risolve il problema dei rimpatri, quasi sempre impossibili, e sempre costosi, molto costosi, e sappiamo tutti benissimo che, in mancanza di documenti che accertino l'identità personale o di accordi bilaterali, o in mancanza di accordi bilaterali, tra il nostro Paese e quello di provenienza del migrante, il rimpatrio non si può fare.

Secondo il piano di azione pubblicato dalla Commissione europea, i Paesi dell'Unione europea rischiano di trovarsi a gestire il rimpatrio di oltre un milione di migranti - praticamente impossibile - e in Italia sono diverse migliaia i migranti che, avendo fatto richiesta di asilo, se la sono vista respingere, restano nel Paese con un foglio di via, che impone di lasciare il territorio entro una manciata di giorni, cosa che puntualmente non accade. Accade, invece, che, senza diritti né doveri, i migranti respinti siano esposti allo sfruttamento e all'illegalità: un vero e proprio regalo per il caporalato e le mafie.

D'altra parte, il fenomeno migratorio ha una sua - direi - ineluttabilità, a fronte di situazioni di crescita demografica non controllata, di conflitti più o meno estesi e radicati, e anche di un ambiente che diventa sempre meno ospitale, ad esempio, per l'innalzamento della temperatura, l'avanzamento delle zone desertiche nella vicina Africa, i disastri ambientali. Sono queste le ragioni che hanno dato d'origine ad una nuova definizione, forse categoria, di migranti: i migranti ambientali o ecomigranti.

Possiamo chiudere gli occhi, e insieme le frontiere, di fronte ad essi? Certamente no, anche perché l'Italia ha circa 7.500 chilometri di costa, molti di più della somma delle coste del resto dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Neppure volendo, si potrebbero sigillare queste frontiere, come altrettanto difficile è comunque arrestare i flussi migratori via terra nel resto dell'Europa, costruendo muri e reticolati. I costi diretti e indiretti, senza parlare di quelli sociali, culturali, politici, sarebbero di gran lunga superiori rispetto ai benefici veri o presunti, a meno che non si ritenga di usare le armi contro i migranti e fare ricorso a deportazioni o espulsione indiscriminate, ad esempio sulla base del Paesi di provenienza, e qualcuno ha tentato di farlo. Le espulsioni collettive, però, sono proibite da norme europee, da trattati, convenzioni, accordi, intese, a cominciare dai sette trattati che l'ONU ha predisposto per dare corpo alle enunciazioni della Dichiarazione universale dei diritti umani. La normativa internazionale è chiara ed è compito dei singoli Stati prima accoglierla nel proprio ordinamento, ma soprattutto renderla operante.

Recentemente ho avuto modo di leggere una sorta di manuale per i parlamentari, pubblicato dall'Unione interparlamentare, l'organizzazione, fondata quasi 130 anni fa, che riunisce i Parlamenti di tutto il mondo. Questo manuale era intitolato “Migrazioni, diritti umani e governance”. Le tre parole di questo manuale debbono sempre stare insieme e devono essere coniugate nelle politiche. Non illudiamoci di poter arrestare con misure repressive i flussi migratori, possiamo solo aspirare - meglio dire, impegnarci - a controllarli, gestirli, indirizzarli, senza mai dimenticare che i diritti umani delle persone valgono sempre e, se una persona diventa migrante, continua ad esserne titolare, non li perde lungo il viaggio sempre difficile, quando non disperato, del percorso migratorio. E sarebbe bene che le istituzioni e le forze politiche in Italia, come nel resto dell'Europa, si concentrassero su questo tipo di azioni, le sole che con qualche possibilità possono avere successo.

Il gruppo socialista ha votato la fiducia per lealtà nei confronti del Governo e della maggioranza, ma per la nostra storia, per i nostri principi, per i nostri valori, non possiamo votare a favore su un provvedimento che giudichiamo in buona parte ingiusto oltre che inefficacie. Dunque, non parteciperemo al voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor Presidente. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, l'Italia è impegnata da diverso tempo in una grande operazione umanitaria. Noi raccogliamo per mare quelli che tentano di raggiungere illegalmente le nostre coste e salviamo loro la vita. Purtroppo, migliaia di vite umane sono andate perse nel Mediterraneo, ma molte di più sono state salvate dall'intervento della Marina militare italiana e della Guardia costiera italiana. Voglio prima di tutto ringraziare i soldati, gli uomini e le donne, della Marina militare e della Guardia costiera per il grande lavoro umanitario che fanno. Questo avviene sulla base di un contratto implicito: noi salviamo le vite in mare, ma chi non ha diritto di entrare in Italia deve essere rimpatriato e con questo provvedimento noi iniziamo una politica volta a tener fede a questo contratto. È un contratto che facciamo col popolo italiano, in cui molti sono preoccupati, non senza ragione, di un'immigrazione incontrollata, ma è un contratto che facciamo anche con l'Europa. Signor Ministro, lei va nelle sedi europee e cosa le dicono? La redistribuzione non funziona perché noi non abbiamo certezza sul fatto che voi controlliate effettivamente i migranti sul vostro territorio. Prima non li identificavate nemmeno; oggi, grazie al Ministro Alfano e anche al suo intervento, le identificazioni sono ragionevolmente fatte bene, ma dopo c'è un buco tra il parere della Commissione e l'appello, c'è uno spazio di tempo in cui l'immigrato illegale, il richiedente asilo che diventa immigrato illegale nel momento in cui si eclissa, scompare; scompare e voi non ne sapete rendere ragione. Non siete un partner affidabile per il controllo del territorio europeo, perché non controllate il vostro territorio. Se vogliamo avere una politica comune dell'asilo dobbiamo avere una politica comune dei rimpatri.

Io so bene che i rimpatri sono difficilissimi da fare, perché per fare i rimpatri ci vuole l'identificazione ma, fatta l'identificazione più o meno provvisoria, occorre anche la cooperazione dei Paesi di origine dei flussi migratori. Occorre che questo provvedimento sia accompagnato da una grande azione, già preventivata al Consiglio europeo di Malta per la verità, la quale deve stringere accordi con tutti i Paesi rivieraschi. Mi pare che abbiamo cominciato ma è ancora troppo poco; è ancora troppo su base solo nazionale, mentre occorrerebbe farlo su base europea ed è ovvio che i Paesi rivieraschi non si riprenderanno gratis i loro immigrati clandestini. Per collaborare ai rimpatri ci chiederanno giustamente una cooperazione allo sviluppo. Noi non rifiutiamo una responsabilità verso l'immigrato, che è qui non per ragioni politiche, non perché richiedente asilo, ma perché cerca una vita migliore per sé e per la sua famiglia, ma questo avviene secondo il principio di sussidiarietà, cooperando con il Paese di origine per creare posti di lavoro nei Paesi d'origine. Lo sviluppo dell'Africa subsahariana, che è il Paese d'origine di gran parte delle migrazioni, lo sviluppo dei Paesi rivieraschi del Mediterraneo, che sono luogo di transito di queste migrazioni, è una cosa buona e giusta per loro, per prosciugare le fonti di irrequietezza che possono alimentare le guerre religiose, ma è anche cosa buona per noi, perché diventa elemento di traino anche per il nostro sviluppo.

Quindi, noi siamo perfettamente consapevoli, signor Ministro, che questo provvedimento è un tassello di un mosaico; mancassero gli altri tasselli sarebbe difficilmente eseguibile e rischierebbe di essere soltanto una petizione di principio. Tuttavia, siamo fiduciosi che il Governo metterà a posto anche gli altri tasselli di questo disegno, come peraltro da dichiarazioni fatte. Ci preoccupa, invece, una cosa: partner fondamentale è la Libia e la stabilizzazione della Libia è di grandissima importanza, ma anche l'adesione della Libia alla Convenzione di Ginevra per la tutela dei diritti umani è egualmente importante, perché le notizie che ci arrivano dalla Libia non sono rassicuranti.

Rimandare la gente in Libia è qualcosa che ci creerebbe qualche difficoltà e qualche preoccupazione. Dobbiamo poterlo fare, ma dobbiamo ottenere dalla Libia come minimo l'adesione alla Convenzione e poi l'implementazione della Convenzione. Questo è un altro pilastro ed io invito il Governo a darsi da fare per implementare subito questo altro pilastro.

Sul tema dei diritti umani, io capisco che per la sinistra questo è un provvedimento difficile, perché la sinistra per lungo tempo - la sinistra, Magistratura Democratica - ha teorizzato la non esistenza di una differenza tra diritti umani e diritti del cittadino. Invece, questo provvedimento è fondato sulla differenza fra diritti umani e diritti del cittadino: chi è cittadino italiano ha una serie di diritti che corrispondono al suo status di cittadino; chi reclama i suoi diritti umani ha il diritto di vederli rispettati, ma questi diritti non si sovrappongono a quelli del cittadino. Detto in altre parole, nella questione che ci riguarda adesso non esiste un diritto umano di immigrare in Italia, di stabilire la propria residenza in Italia. L'Italia ha un dovere - e quindi esiste un corrispettivo diritto - per chi ha perso la sua patria di accoglienza; chi ha perso la sua patria deve stare con noi. Quando dicono: “Rimandiamoli a casa”, io dico: “Sì; e quelli che la casa non ce l'hanno più?”. Quelli che la casa non ce l'hanno più sono nostri, appartengono a noi e abbiamo un dovere morale di accoglierli.

Io sono notoriamente bigotto e, quindi, non mi preoccupo qui di citare la parabola del buon samaritano: l'uomo che nessuno aiuta ricade nella mia sfera di responsabilità; il bambino che ha perso la sua famiglia se lo incontro per strada sono io che devo farmene carico. Ma quelli che invece una famiglia ancora ce l'hanno, magari disastrata, vanno aiutati attraverso la loro famiglia e non sottraendoli alla loro famiglia, come peraltro fa qualche tribunale italiano. Aiutarli attraverso la loro famiglia significa attraverso un accordo di cooperazione con il loro Governo, per il loro sviluppo nel loro Paese. Non esiste un diritto di stabilire la propria residenza in Italia o in Europa. Esiste un problema globale di sviluppo, ma non si risolve lasciando l'immigrazione incontrollata. Poi, “incontrollata” cosa vuol dire? Vengono tutti da noi? No, non vengono tutti da noi. Vuol dire che se non è controllata da noi viene controllata dai trafficanti di uomini che organizzano il traffico lungo le rotte. Allora, è meglio che la controlliamo noi e la controlliamo dando porte aperte a chi ha perso la sua patria, rimandando indietro chi la sua patria ancora ce l'ha, collaborando con la patria di questi immigrati clandestini perché si possano trovare un lavoro e la possibilità di una vita umana nel loro Paese di origine.

Questi, signor Ministro, credo che debbano essere i principi di una giusta politica delle migrazioni. Mi spiace dire “delle migrazioni”, perché non c'è una politica delle migrazioni che non sia incastonata dentro una più ampia politica estera. Certo, avremo bisogno di più Europa in questo come in altri settori, perché il soggetto adeguato per questa politica estera che affronta i problemi globali, dentro i quali solo si può affrontare quello dell'immigrazione, non può essere l'Italia da sola. Ci auguriamo che le tante dichiarazioni fatte in occasione del recente vertice di Roma abbiano presto, magari dopo le elezioni francesi e tedesche, un'attuazione concreta e che il Governo italiano sia protagonista con proposte fattive in questo come in altri ambiti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Dispiace per l'ennesimo ricorso alla fiducia che mortifica il ruolo del Parlamento impedendo quel confronto costruttivo su una tematica così delicata che noi invece avremmo auspicato, signor Presidente. È ovvio - e lo dico da subito - il voto contrario della componente dei Conservatori e Riformisti sulla fiducia, non solo per una chiara posizione politica che da sempre ci vede all'opposizione, ma soprattutto per le forti perplessità di merito contenute nel provvedimento. Questo decreto è stato annunciato come una soluzione ai problemi della legalità e del contrasto all'immigrazione, ma ovviamente non è così. Qualche flebile luce e nulla più, un timidissimo passo in avanti rispetto al precedente tragico triennio. Penso alla procedura per l'espulsione che forse contribuirà ad avere un migliaio di espulsioni in più, ma considerati i numeri dell'esodo c'è poco da stare sereni. Con grave ritardo ci si accorge degli infiniti tempi di esame delle richieste di asilo e dei ricorsi, si riaprono i CIE che con una nuova denominazione si chiamano ora centri di permanenza per il rimpatrio, centri sui quali, tuttavia, nutriamo molti dubbi in merito alla capienza. Infatti, nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione si rileva che l'ampliamento della rete dei centri di permanenza per i rimpatri dovrebbe incrementare la capienza attuale da circa 360 fino a 1.600 posti. Tenuto conto che solo nelle ultime settimane sono sbarcate circa 9/10 mila persone, cioè cinque volte la capienza dei centri, viene facile capire come il livello di saturazione degli stessi sia già raggiunto, con una grande saturazione e già in riferimento alla partenza.

Facendo riferimento alle commissioni territoriali, sarebbe stato opportuno istituirle in ogni provincia, perché, potendo operare su un ambito provinciale, ci sarebbe stata la possibilità di diluire il numero dei richiedenti asilo. Si è scelta una strada diversa, che comporterà i soliti tempi lunghi, perché è nelle commissioni territoriali che si smaltisce tutto il lavoro di identificazione, vaglio delle richieste di asilo e di dialogo con il migrante. Sarebbe servita inoltre una riflessione supplementare sulla protezione umanitaria, prevista dalla legge “Turco-Napolitano”, ma calibrata all'epoca sui flussi migratori degli anni Novanta, che avevano dimensioni nemmeno paragonabili a quelli attuali. In tutta Europa siamo solo noi e la Germania a prevedere la protezione umanitaria; la Germania vede però un numero ridotto a poche migliaia di persone coloro che sono oggetto di protezione umanitaria, mentre per noi sono ormai centinaia di migliaia. Siccome, in base agli accordi assunti, quelle persone non potranno mai più essere dislocati in altri Paesi dell'Europa, sarebbe stata opportuna un'approfondita analisi. Si tratta in sostanza di una sorta di sanatoria mascherata per i migranti economici, che non ha più ragion d'essere e che consente solo uno smisurato ampliamento della presenza dei migranti sul nostro territorio.

A tutto ciò si aggiunga l'esiguità delle risorse stanziate con questo provvedimento, elemento che dimostra ulteriormente di come si voglia combattere una grave malattia con due aspirine. Non vengono invece affrontati i veri problemi dell'immigrazione illegale e di tutto quello che ruota intorno a questo fenomeno, ossia i reali interessi economici da colpire. Perché, ad esempio, non aprire un serio ragionamento e confronto sul ruolo svolto dalle organizzazioni non governative che trasportano in Italia e in Europa migliaia di clandestini ogni settimana? Queste organizzazioni hanno un ruolo molto ambiguo: operano in combutta con i trafficanti di esseri umani, arrivando nelle acque libiche, avvisando le organizzazioni del traffico di persone e alimentandone le attività illegali. Possibile che nessun membro del Governo abbia letto le dichiarazioni del procuratore capo di Catania, il dottor Zuccaro, presso il Comitato Schengen? Stiamo parlando di molte navi che materialmente arrivano vicino alle coste libiche per soccorrere questi migranti, ma in realtà li trasportano violando la normativa internazionale e li portano direttamente nel Canale di Sicilia dichiarando di averli recuperati lì. Dietro certe sigle vanno verificate chiare responsabilità e colpiti gli enormi interessi economici sottesi. Accertata questa situazione, a nostro avviso il Governo italiano deve immediatamente rompere i rapporti con queste organizzazioni e non concedere più finanziamenti.

Non dimentichiamo, poi, che l'Italia è il Paese europeo che assorbe il maggior numero di disperati che giungono via mare: se nel 2013 erano circa 43 mila, al 2016 sono stati oltre 181 mila. L'utilizzo della via del mare aumenta di pari passo con la chiusura delle frontiere degli Stati europei, a seguito dell'adozione di un regime di visti e di ingressi particolarmente restrittivo verso i Paesi di quelle zone. Mi chiedo: è proprio obbligatorio che tutte le persone raccolte in mare debbano venire in Italia e non invece in porti di altri Paesi? Quest'anno, l'85 per cento dei nuovi arrivi in Europa si è verificato in Italia, dato che dovrebbe far riflettere molto sulla bontà delle nostre politiche in materia, e che crea angoscia, se si pensa che nel 2017 si stimano circa 250 mila nuovi arrivi. Quante di queste persone, ad oggi, sappiamo dove sono, se si trovano nei centri o, come dovrebbe essere, se si sono inseriti nella vita sociale? Quanti sono tuttora nei centri di assistenza oppure sono spariti e non sappiamo dove sono, come vivono e cosa fanno? Con questi numeri è evidente che con molta probabilità si cada nel percorso delinquenziale e, nel migliore dei casi, si continui a vivere nelle cooperative da vittime dell'assistenzialismo cronico.

Ricordiamo, oltretutto, che l'80 per cento dei posti occupati è fornito da strutture temporanee (case e alberghi gestiti da cooperative in affari o albergatori falliti) spesso individuati dai prefetti scavalcando i sindaci, con costi per lo Stato che nel 2016 sono saliti a 4 miliardi di euro. Una follia, se si pensa che ad oggi si paga ancora senza una strategia e che il fenomeno è destinato nei prossimi anni a peggiorare di molto! A fronte di tutto ciò, il provvedimento in esame si concentra invece su aspetti volti a stabilire se il magistrato parli l'inglese o no, sulla presenza di un interprete e sull'obbligo della traduzione. Non può essere questo il modo di affrontare il tema. È facile quindi intuire il diffondersi tra i cittadini italiani di crescenti timori e preoccupazioni, un idemsentire che vede nell'immigrazione clandestina un problema di sicurezza e di ordine pubblico. C'è dell'altro: con questa azione marginale, il Governo, dopo la fallimentare politica migratoria nata con MareNostrum e proseguita con Frontex, non fa altro che scaricare sugli amministratori locali, a cui va la nostra totale solidarietà e comprensione, il peso economico e burocratico del fenomeno, peso troppo grande per loro e per i bilanci dei nostri comuni, soprattutto quelli di piccole e medie dimensioni. È assurdo, poi, che agli stessi sindaci non sia consentito nemmeno l'accesso nei centri di accoglienza ubicati sul territorio senza aver prima ottenuto un permesso prefettizio. Messo da parte l'eccessivo buonismo e il principio dell'accoglienza a tutti i costi, bisogna avere un punto fermo: una volta individuati i rifugiati e coloro che hanno diritto d'asilo, gli altri devono andare a casa, come giustamente affermato in più occasioni dallo stesso Ministro Minniti.

La domanda è: dobbiamo fermare gli arrivi di migranti o vivere in perenne stato di emergenza? Se dobbiamo fermare gli arrivi dei migranti, qual è il punto del provvedimento che lo prevede? Ovviamente non c'è. Noi non vogliamo che il nostro Paese si trasformi in un grande parcheggio della disperazione, con ovvie conseguenze (delinquenza, assistenzialismo cronico) senza poi dimenticare quello che costituisce la vera piaga di questi flussi incontrollati e incontrollabili, cioè il terrorismo. D'altra parte, è stato lo stesso Ministro Minniti a dire che, causa sconfitta sul territorio dell'ISIS, sussiste il rischio che i suoi militanti in fuga finiscano per unirsi alle rotte dei migranti: facile intuire il grave problema sicurezza, vista la potenziale contaminazione fra immigrazione clandestina e terrorismo. Grazie a questa politica migratoria, il nostro Paese continuerà ad essere invaso giorno per giorno, sempre di più, non sarà in grado di dare una vita dignitosa alle persone che se lo meritano e che arrivano per migliorare le condizioni della loro vita e quella della loro famiglia e peggioreremmo di riflesso anche la sicurezza dei nostri concittadini.

Siamo dinanzi a un decreto che non individua soluzioni e non fornisce alcuna risposta per arginare questa invasione. Il tema dell'immigrazione, dopo oltre vent'anni che ci confrontiamo con questa materia, ci ha dimostrato che le migliori soluzioni non si trovano presidiando il nostro litorale o cercando di agire nei centri di permanenza, il momento decisivo è rappresentato invece dagli accordi che si possono stipulare con gli altri Stati, non come l'accordo stipulato il 3 febbraio con il Governo di al-Sarraj, con il preciso obiettivo di evitare le partenze dei migranti irregolari dalla Libia e che rimane al palo, poiché dalla firma dell'intesa con Tripoli il numero dei disperati che hanno raggiunto la penisola è raddoppiato, signor Presidente. Servono appunto incisivi accordi bilaterali, espulsioni più rapide e blocchi delle partenze, che sono urgenti per un'Italia sì accogliente, ma soprattutto più sicura e più attenta alle esigenze dei nostri cittadini. Nulla di tutto ciò è rinvenibile in questo provvedimento, ragione per cui ribadisco il voto contrario della mia componente, sperando che, numeri alla mano, prima o poi, l'Esecutivo, pur tenendo conto dell'importanza dell'accoglienza, si renda conto dell'invasione che stiamo subendo e voglia davvero intraprendere una strada volta a difendere il nostro Paese e i nostri concittadini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Meloni. Ne ha facoltà.

GIORGIA MELONI. Presidente, disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale di contrasto all'immigrazione illegale: un bel titolo, altisonante, serio, per questo decreto-legge, titolo di fronte al quale gli scafisti di mezzo mondo, i trafficanti di esseri umani, si sono allarmati e avranno detto: vuoi vedere che dopo Angelino Alfano, anche detto Caronte, il grande traghettatore di africani in Italia, è arrivato il Ministro Minniti e sono cambiate le cose? Per un attimo c'è stato sicuramente un po' di sconcerto, ma lo sconcerto, purtroppo, è durato poco, il tempo di leggere il testo di questo decreto, perché al di là del titolo, sicuramente interessante, i provvedimenti contenuti nel decreto, ministro Minniti, mi dispiace, dimostrano ancora una volta come non si capisca la portata del fenomeno che stiamo discutendo.

Sembra un po' come quando metti il cartello “attenti al cane” e poi apri il cancello e arriva il chihuahua col fiocco rosa; più o meno il decreto fa questo. Non si affronta il problema dell'immigrazione incontrollata, con questo decreto; non si contrasta nulla, si agisce su aspetti marginali del tema, che, per carità, noi abbiamo posto qualche anno fa - ma anche questo fa un po' sorridere -, come il tema delle sezioni specializzate dei tribunali dedicate all'immigrazione, il tema dell'abolizione del secondo grado di giudizio. C'è qui accanto a me il collega Cirielli: noi le abbiamo depositate tre anni fa, queste proposte. È anche interessante notare come la particolarità di questi “Governi illuminati” sia quello sempre di arrivare con circa tre anni di ritardo rispetto alle proposte che gli odiosi populisti avevano fatto tre anni prima. Per cui, se magari ogni tanto, invece di guardarci proprio dall'alto in basso, ascoltaste quello che diciamo, probabilmente ci arrivereste prima. Però, quelle proposte hanno un senso se inserite all'interno di un quadro complessivo che tenda a fare alcune cose di buonsenso, tipo distinguere l'immigrazione dal tema dei rifugiati, che è una cosa che nel corso del dibattito, anche stamattina, non si fa.

In Italia ormai parliamo di tutti e due i fenomeni insieme, che sono due cose completamente diverse, e tendiamo a confondere gli immigrati con i rifugiati politici o con chi ha diritto all'asilo, perché, se invece dovessimo distinguere i due fenomeni e parlare di cose serie, allora anche le tante belle frasi che ho sentito dire stamattina, a un certo punto, si infrangerebbero contro il muro della logica.

Dunque, ho alcune domande che mi vengono in mente anche questa mattina per lei e per i colleghi: è normale che in Italia noi diciamo, in buona sostanza, che dobbiamo essere solidali verso chi sta scappando da varie vicende, perché, prima verso coloro che scappano dalla guerra, poi verso coloro che scappano dalla fame, poi l'attuale Presidente del Consiglio, allora Ministro Gentiloni, disse addirittura che bisogna fare attenzione ai migranti climatici, coloro che scappano dal caldo, e quindi io dico a spanne che siamo di fronte a 1 miliardo e 200 milioni di persone? Di grazia, come si ritiene esattamente di stipare 1 miliardo e 200 milioni di persone in Italia, se non dobbiamo fare una selezione di queste persone? E aggiungo: la selezione possono farla gli scafisti?

Insomma, in questa solidarietà che sento raccontare in quest'Aula per cui noi dobbiamo essere buoni, è giusto che ci occupiamo solamente di coloro che, dando i soldi agli scafisti, riescono ad arrivare sul territorio nazionale, mentre di quelli che crepano a casa loro non ci interessa? Perché a me questa non sembra solidarietà.

Dunque, o la questione si affronta seriamente o la questione è una finta grande tematica di demagogia, dietro la quale purtroppo si nascondono degli interessi, che è quanto noi continuiamo a denunciare da qualche anno.

Perché lo dico e qual è la proposta degli odiosi populisti, sperando che tra qualche anno arriverete anche alle altre cose che stiamo dicendo? Primo, il problema va fermato a monte: bisogna impedire ai barconi di partire; bisogna avviare un accordo serio con il Governo o i Governi libici, fare qualcosa di simile a quanto è stato fatto nell'Est Europa, con il nostro confine turco, mettersi d'accordo con i Governi, aprire in Africa, con una missione europea, i centri per l'identificazione e la valutazione delle richieste di asilo e, da lì, chiedere la distribuzione equa di chi ha il diritto all'asilo e di chi è rifugiato negli attuali 27 Paesi dell'Unione europea.

Questa è una cosa seria, questa è una cosa che ci consente di distinguere il tema dei rifugiati dal tema dell'immigrazione incontrollata, questa è questione sulla quale noi possiamo avere solidarietà da parte dell'Unione europea, Ministro Minniti, perché, mi dispiace, ma è normale che l'Unione europea ci dica, nel momento in cui tutte le altre nazioni che governano i confini esterni dell'Unione europea chiudono i loro confini e non consentono agli immigrati di entrare, che, se poi tutti entrano dall'Italia, gli altri non distribuiscono gli immigrati clandestini che entrano da noi. Infatti, non è vero che siamo l'unica nazione che governa i confini esterni dell'Unione europea.

Anche questa mattina ho sentito dire: noi abbiamo più coste degli altri; ma vogliamo parlare dell'enclave spagnola di Ceuta e Melilla in territorio africano? Non sarebbe più facile entrare da lì per chi vuole scappare? Sì che sarebbe più facile, solo che gli spagnoli non li fanno entrare.

Pertanto, penso che quello sarebbe un ragionamento serio: certo, questo non si può scrivere su un decreto, ci arrivo da sola, però quello sarebbe l'obiettivo prioritario sul quale un Ministero come il suo e il Governo italiano dovrebbe lavorare.

Penso che un provvedimento come questo avrebbe potuto inserire al suo interno qualcosa contro il fenomeno delle organizzazioni non governative che vanno a prendere i barconi degli scafisti al largo delle coste libiche, per dir così, con una particolare puntualità che lascerebbe intendere che c'è forse un contatto, nella peggiore delle ipotesi, tra queste organizzazioni non governative e chi fa la tratta degli schiavi del terzo millennio. Non mi sembra normale. Penso che qualcosa il Ministero dell'Interno verso queste sedicenti organizzazioni non governative dovrebbe fare.

Penso che obiettivamente queste navi andrebbero sequestrate; penso che questa gente andrebbe denunciata per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, che non si dovrebbe consentire a queste realtà di raccogliere dagli italiani soldi per aiutare i bambini che muoiono di fame in Africa, per finanziare le navi e andare a fare gli interessi degli scafisti.

Penso che il decreto-legge avrebbe dovuto prevedere tali misure, Ministro. Penso avrebbe dovuto prevedere qualcosa sul tema degli interessi che ci sono dietro la questione dei migranti e anche su questo - noi saremo quelli che fanno paura, gli odiosi populisti, “vergognatevi, siete degli xenofobi” - voglio dire: scusate, perché una cooperativa che in Italia si occupa dell'accoglienza degli immigrati non deve in alcun modo rendicontare come spende i soldi dello Stato italiano? Perché? Perché, se chiunque prende soldi in Italia dallo Stato italiano per fare qualunque cosa, viene sommerso dalla burocrazia, mentre, nel caso delle cooperative che si occupano di accoglienza agli immigrati, questa gente deve mandare un banale fax al Ministero per dire che gestisce e accoglie cento migranti e lo Stato italiano gli manderà l'equivalente di 37 euro per 365 giorni all'anno per gli immigrati di cui si sta occupando, senza dover spiegare come li spende? Poi a chi importa se gli immigrati stanno lì a pane e acqua e con gli stracci addosso e se qualcuno ci si arricchisce? A chi importa? Tanto noi siamo solidali.

Scusi, Ministro Minniti, abbiamo presentato una proposta che noi di Fratelli d'Italia chiamiamo “taglia-business” per chiedere che le cooperative che si occupano di migranti rendicontino come spendono i loro soldi, esattamente come accade per chiunque altro prenda soldi dallo Stato italiano. Perché i partiti che sostengono il vostro Governo - e, quindi, anche lei - hanno votato contro? Perché lei non ha previsto una norma di questo tipo in questo decreto-legge, che avrebbe reso molto più serio il decreto del quale stiamo parlando, se si fosse detto che non accettiamo che si rubi sulla pelle della povera gente, se si vuole essere solidali? Altrimenti non si è solidali, ma si sta semplicemente fiancheggiando un business e, quando fiancheggi un business, non sei molto amico di coloro che dici di voler aiutare.

Poi ci sarebbero tante altre cose da dire: il collega Palese parlava della protezione umanitaria, il curioso strumento che praticamente ha solamente il Governo italiano, a parte quello tedesco, ma noi siamo gli unici che lo usano con questa capacità, per cui il 20 per cento di chi arriva da noi viene coperto dalla protezione umanitaria, perché non è coperto né dalla protezione sussidiaria dell'Unione europea né dalla Convenzione di Ginevra, norme sulle quali mi pare che siamo tutti quanti d'accordo.

Ci sarebbe da parlare - concludo, Presidente - di come facciate finta proprio di non vedere il problema del terrorismo, che si annida, anche dal punto di vista dei servizi segreti di mezzo mondo, anche nel caos generato dai migranti. Dico solo una cosa: di lei si dice che sta facendo un grandissimo lavoro. Lei ha avuto la grande fortuna di succedere ad Angelino Alfano e quindi sicuramente, anche se fa solo un comunicato stampa, già sembra che stia facendo un ottimo lavoro. Ma questa roba qui è propaganda; questa roba qui non vuol dire affrontare il problema: questa roba qui vuol dire fare campagna elettorale…

PRESIDENTE. Concluda.

GIORGIA MELONI. …e sono due cose molto diverse.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, l'immagine del rifugiato è molto cambiata negli ultimi anni, ma il diritto di chiedere asilo resta un fondamento della costruzione europea ed è inserito nella nostra Costituzione. C'è un diritto universale all'ospitalità che non dipende dalla benevolenza di uno Stato o dell'altro, ma è un diritto cosmopolitico, cioè lo straniero non può essere respinto se è in gioco la sua vita e, nonostante i nostri sofismi per distinguere tra migranti economici e profughi, la realtà è che 65 milioni di persone nel mondo sono disposte a morire di speranza per arrivare in una terra diversa da quella in cui c'è guerra, fame, instabilità, dittatura, fanatismo.

Abbiamo chiamato “protezione internazionale” il sistema nato dalla distruzione della seconda guerra mondiale per creare un'interdipendenza tra gli Stati disponibili ad accogliere gli altri, sapendo che noi stessi potremmo forse in qualche momento aver bisogno di questa reciprocità.

Oggi sappiamo che la realtà di chi chiede asilo è cambiata: da singolo perseguitato individualmente, è diventato in molti casi uomo, donna, minorenne, parte di un gruppo collettivo in pericolo, in una situazione di rischio diffuso. Sono perseguitati non per quello che fanno - è stato detto - ma per quello che sono.

Il numero crescente di richiedenti asilo che bussano alle nostre porte e le contingenze economiche giustificano allora di restringere una protezione così preziosa dal punto di vista dei diritti fondamentali? A nostro parere no e sono questi cambiamenti nelle procedure di protezione che ci impediscono di dare un giudizio positivo sul disegno di legge, senza peraltro mettere per questo in dubbio la fiducia al Governo.

Il sistema dell'accoglienza è stato messo in crisi dall'arrivo dei profughi, prima con le primavere arabe, poi con la guerra in Siria, l'instabilità dell'Africa subsahariana e dai Paesi asiatici. È stato fatto uno sforzo enorme da parte italiana non adeguatamente sostenuto da altri Paesi europei. Sono un onore le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo da parte italiana e ci preoccupa la criminalizzazione delle ONG del Mediterraneo che sta avvenendo in questi giorni.

Vorremmo che l'Italia continuasse a farlo all'interno di una strategia complessiva, che non dovrebbe avere al centro la famigerata percezione di insicurezza, non le pulsioni populiste verso qualche capro espiatorio, ma i dati di realtà sul calo demografico italiano, sulla necessità di accogliere immigrati, gli obblighi verso i diritti umani, accanto ad elementi altrettanto importanti - lo riconosciamo -, come la sostenibilità del sistema di protezione e la prevenzione al terrorismo.

Ora verranno istituite ventisei sezioni specializzate nei tribunali obbligati, non da oggi, per la crisi economica a rispondere a criteri di produttività. Le restrizioni nei gradi di giudizio che il disegno di legge prevede non sono previste per nessun altro tipo di contenzioso civile. Perché allora andare a togliere garanzie solo a persone vulnerabili, come chi emigra per una vita migliore?

Si perde la possibilità di correggere gli errori. Nel 2016 le richieste d'asilo in Italia sono aumentate del 47 per cento; nel 2016 è stato respinto il 53 per cento delle richieste d'asilo, una su due, la maggior parte delle persone ha fatto ricorso e nel 70 per cento dei casi i ricorsi sono stati accolti. Ma, se i ricorsi sono stati accolti in così grande percentuale, significa che erano motivati; perché allora abolire questa possibilità? Ci sono motivi legittimi di risparmio: prevedere procedura come la videoregistrazione al posto dell'incontro personale significa dare meno attenzione e garanzie a persone che ne hanno bisogno. Un ascolto a distanza non è la stessa cosa. A marzo, Maslah Mohamed, diciannovenne somalo, respinto in Italia dal Belgio si è suicidato nel CAS di Pomezia, perché non vedeva prospettive di futuro.

Non convince neanche la riproposizione dei centri di permanenza per il rimpatrio, dato che la reale efficacia dell'espulsione dipende da molti altri fattori, tant'è vero che finora non c'è stato collegamento tra la presenza di CIE in una regione e il numero delle espulsioni. Ci sono state regioni che non avevano CIE e hanno fatto il maggior numero di espulsioni. Siamo di fronte alla reiterazione di forme di trattenimento che non sono state efficaci in passato e sono state criticate ampiamente dalle istituzioni internazionali. Questa misura non potrà rispondere a tutte le persone che saranno spinte nelle condizioni di irregolarità a causa dei numeri del fenomeno, ai costi del sistema detentivo e di rimpatrio, alla lunghezza delle procedure burocratiche e, non ultima, alla scarsa collaborazione degli altri Paesi.

Noi condividiamo con il Governo l'azione per il potenziamento dei centri SPRAR, che oggi raccolgono soltanto il 14 per cento dei profughi, che hanno standard di qualità più alti, regole ben precise, hanno per scopo l'integrazione a lungo termine dei richiedenti asilo e non solo l'accoglienza temporanea. I centri SPRAR inoltre sono soggetti a rendicontazione economica più rigorosa e quindi sono meno esposti agli abusi che abbiamo visto in questi anni.

Per superare l'inaccettabile sperequazione tra i comuni, dato che oggi solo 1.800 circa - credo - comuni, su 8.000 hanno accolto, dobbiamo agire con forza.

Noi non crediamo che chiudere le porte significhi per i comuni buona amministrazione. Ma va aggiunto che non ha senso, secondo noi, anche da parte di altri comuni, criticare la possibilità di impiegare utilmente i profughi. I prefetti infatti, d'intesa con i comuni interessati, potrebbero promuovere ogni iniziativa utile all'implementazione dell'impiego dei richiedenti protezione, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali. Sarà possibile la predisposizione di progetti ad hoc anche in collaborazione con le organizzazioni del terzo settore, da finanziare con le risorse europee. Insomma, è una misura utile. A chi gioverebbe lasciare questi giovani per strada, senza che nessuno li prenda a giornata? Serve solo a farli strumentalizzare politicamente.

La nostra attenzione va quindi alle persone attualmente in situazione di irregolarità sul territorio italiano, potremmo dire intrappolate dalla mancata revisione della Convenzione di Dublino, nata su altre basi, per altri tipi di situazioni. Persone che potrebbero aumentare con l'abolizione del secondo grado di giudizio.

C'è una chiara correlazione tra integrazione e reati; uno studio realizzato dall'Università “Bocconi”, con un titolo significativo “Bussando alle porte del paradiso”, mostra come gli stranieri che ottengono il permesso di soggiorno siano del 50 per cento in meno propensi a commettere reati economici gravi rispetto a chi non ha potuto mettersi in regola. Secondo il Viminale gli stranieri regolari hanno dati di criminalità in linea con gli italiani mentre crescono drasticamente tra chi è senza permesso, lo sappiamo tutti.

Nei nostri emendamenti poi non approvati e nell'ordine del giorno poi riformulato, noi abbiamo proposto di agire a uno dei livelli della protezione, cioè la protezione umanitaria, chiedendo che quanto meno per le controversie a questo livello, in base al decreto legislativo del 2008, andrebbe considerato anche il positivo percorso di inserimento sociale compiuto dal ricorrente nel periodo successivo alla proposizione della domanda, cioè andrebbe riconosciuto il fatto che abbia trovato un lavoro nel periodo passato in Italia, abbia appreso l'italiano e fatto attività di volontariato.

Cosa significa, qual è il senso politico di questa proposta? Significa che la persona che ha chiesto asilo è credibile, è credibile nella sua volontà di costruire un progetto di vita in un altro Paese. Il fatto poi che questo possa avvenire con il sostegno delle associazioni, degli enti, delle comunità che lavorano per e con i migranti deve essere visto non certo come un eccesso di tolleranza della società civile, ma come una delle eccellenze italiane, come in altri campi.

L'abbiamo fatto in campo culturale e l'abbiamo fatto in tanti altri campi. Società civile e Stato si alleano per rispondere a un problema di gigantesche proporzioni, che nessuno potrebbe risolvere da solo. I corridoi umanitari, l'accoglienza intelligente, l'integrazione lavorativa e culturale, tutta l'opera di integrazione ci fanno prendere atto che l'inserimento lavorativo dei beneficiari di protezione internazionali - lo dice un rapporto della Commissione europea - potrebbe innalzare il PIL europeo dello 0,23 per cento entro il 2020. Noi crediamo che non si tratti di una società utopica, di un'idea di futuro avveniristica e fantascientifica, neanche di un'idea talmente buona da essere irrealizzabile, è un'idea di società che, se sarà più solidale, sarà anche più coesa e più sicura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dambruoso. Ne ha facoltà.

STEFANO DAMBRUOSO. Grazie, Presidente. Anche noi, come Civici e Innovatori, lo anticipo, esprimiamo una convinta manifestazione di consenso e di accettazione della prospettiva fatta con questo decreto-legge, che di fatto riceve e accoglie delle sollecitazioni fatte proprio dal collega Mazziotti Di Celso, sempre dei Civici e Innovatori, con una mozione di diversi mesi fa, che però era stata accolta, che segnalava la necessità appunto di velocizzare senz'altro la procedura per il riconoscimento del diritto di asilo dei richiedenti asilo. In qualche modo, pur se non nei dettagli, questa mozione è stata di fatto recepita da questo decreto-legge, da questo provvedimento che andiamo oggi ad analizzare e a votare.

Ci ha convinto soprattutto l'idea di recepire in un provvedimento di legge uno dei problemi più significativi che questa materia ha prospettato in termini di difficoltà di gestione dell'accoglienza. cioè quello del rispettare senz'altro i diritti di chi arriva in termini di richiedenti asilo, assicurando agli effettivi richiedenti asilo la protezione umanitaria che un Paese che ha firmato le varie Convenzioni in materia come il nostro deve continuare a rispettare e fare di tutto per rispettare, ma dall'altro lato cercando di individuare e selezionare nella maniera più attenta, prima ancora che più ferma, le posizioni di chi invece non può usufruire delle misure che riguardano i soggetti che hanno diritto a richiedere l'asilo.

La velocizzazione che è stata introdotta, per esempio, ci è piaciuta. Ci è piaciuto il fatto di avere, con un certo coraggio, anche abolito il secondo grado, fatto che non era per nulla scontato, ma che è stato raggiunto con una modulazione che noi abbiamo apprezzato nell'impianto procedimentale della procedura del riconoscimento. L'abolizione del secondo grado ha incontrato degli ostacoli che noi abbiamo visto superare con un apprezzabile convincimento da parte del Governo che ha prospettato questa soluzione.

Così come il rafforzamento delle commissioni territoriali, che è un altro passaggio che era stato sollecitato proprio con la mozione dei Civici e Innovatori: è stato qui introdotto e noi apprezziamo questo passaggio ulteriore.

Ci sarebbe piaciuto - ma evidentemente non tutto è facilmente raggiungibile in termini di negoziazioni governative - anche mantenere il giudice monocratico e non il tribunale in sede collegiale, anche proprio per destinare minori risorse possibili ad una materia che già vede un controllo però più che adeguato sulla autenticità o meno delle caratteristiche dei richiedenti asilo, sia attraverso il vaglio della Commissione, sia poi attraverso il vaglio di ben due giudici potenziali, il giudice di primo grado e il giudice di secondo grado; compensazione rispetto a questa, per noi, mancata occasione, che si è persa nell'individuare anche il giudice monocratico, però abbiamo apprezzato molto l'individuazione dei tribunali specializzati, proprio perché la specializzazione consentirà una velocizzazione, anche qui, significativa, che solo nel medio-lungo periodo riusciremo ad apprezzare.

Anche noi ci siamo posti, evidentemente, dei quesiti su quale possa essere una strategia politica capace davvero di bloccare o, comunque, di selezionare al massimo l'arrivo di richiedenti asilo o, comunque, di immigrati sul nostro territorio. Ebbene, anche a noi piacerebbe pensare che l'Italia - in quanto membro, peraltro fondatore, dell'Unione europea e, quindi, avente un diritto di voto paritario rispetto a quello degli altri ventisette Paesi - possa imporre una strategia, che è una delle più razionali, come abbiamo sentito da alcuni dei precedenti interventi, che è quella di andare lì e cercare lì, in loco, con investimenti significativi, non da parte dell'Italia, ma da parte dell'Unione europea, sul territorio da dove partono, luoghi di selezione e di individuazione dei soggetti che possono partire, ma ancor di più investimenti economici importanti, che nel medio periodo possano portare all'interesse di quei soggetti a rimanere a casa propria.

Ecco, anche a noi piacerebbe tutto questo, però, evidentemente, tutta questa volontà condivisa in Europa non c'è, per cui credo che l'Italia - ci possiamo permettere di dirlo noi, che viviamo in un contesto molto più vicino a Palazzo Chigi, rispetto a chi, invece, legge i giornali - sforzi di questo genere li ha fatti. Non siamo andati a sbattere i pugni sul tavolo, anche perché le posizioni ferme del precedente Governo sono note e sono state anche di pubblica conoscenza.

Ciò nonostante, i risultati raggiunti prescindono dalla volontà di un singolo Paese, che si trova a gestire tutte quelle migliaia di coste, che non possono essere banalizzate. Alcuni degli interventi precedenti hanno fatto riferimento alla banalizzazione di un problema geografico effettivo: le migliaia di coste ci impediscono di innalzare qualunque forma di muro a cui è possibile fare riferimento. E quindi, ciò nonostante, l'Italia, che ha dato prospettive insieme ad altri Paesi, come la Grecia, che non è possibile comparare neanche alla Spagna, perché la Spagna, effettivamente, per altro tipo di tradizioni e di rapporti con il Marocco, ha stabilito rapporti, anche lì, con negoziazioni governative, che hanno portato - è un fatto noto questo - a finanziamenti economici importanti di iniziative in Marocco, che hanno in qualche modo indotto il Governo marocchino a essere, anche lì, più attento nel filtrare gli arrivi di trafficanti di esseri umani in partenza dalle loro coste. Ciò nonostante, appunto, anche a noi sono noti gli immediati sforzi che il Governo Gentiloni, con il Ministro dell'interno attuale, è riuscito a fare, ossia attivare immediatamente i rapporti con i Paesi dove sono collocati i porti principali da dove partono i trafficanti di esseri umani, cioè Libia e Tunisia; ebbene, tutto questo è stato apprezzato dal nostro gruppo, proprio perché abbiamo immediatamente percepito che è, non un cambio di passo, ma che, in assenza di una condivisione di politica europea, almeno in termini proprio di iniziative governative del singolo Stato, tutto quello che si può fare lo stiamo cercando di fare.

Noi rispetto a questo tipo di problema, che è un problema davvero epocale - e non lo diciamo soltanto, perché lo abbiamo letto sui giornali, siamo consapevoli della singolarità storica e della enormità storica della immigrazione, che, con difficoltà, l'Europa si sta apprestando a gestire - nella consapevolezza di questa difficoltà, sappiamo che le soluzioni facili sono solo oggetto di propaganda politica di una campagna elettorale, che purtroppo è già iniziata a partire dai giorni immediatamente successivi al referendum di dicembre.

Quindi, noi siamo convinti che tutto è perfettibile, che tutto può essere evidentemente migliorato, ma gli strumenti introdotti in questo decreto sono un primo passo, se non un passo significativo, che nell'immediato riescono senz'altro a garantire la soluzione ad una serie di problematiche che la gestione della prima accoglienza aveva prospettato.

Poi, evidentemente, anche noi auspichiamo che i richiami e le richieste forti fatte dal Governo italiano in sede europea possano trovare, anche lì, maggiore attenzione. Per questo ribadisco che siamo davvero convinti che il lavoro fatto, che poi è stato trasferito in questo decreto, meriti un convinto appoggio da parte del nostro gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maestri. Ne ha facoltà.

ANDREA MAESTRI. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signor Ministro, proverò a misurare l'indecenza del DDL Minniti-Orlando con il numero degli strappi a principi e valori della Costituzione, in modo che rimanga traccia, dentro e fuori da quest'Aula, del profondo disvalore sotteso a questo provvedimento e dell'oggettivo contrasto in cui si pone con la tradizione di cultura dei diritti umani fondamentali della sinistra in Italia.

Articolo 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo (...)”, ma non a migranti e i richiedenti asilo, proprio a coloro che avrebbero più bisogno di tutela perché in fuga da povertà, guerre e persecuzioni.

Articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge (...)”, ma non i migranti e i richiedenti asilo, perché a loro sono riservati diritti minori su base etnica. “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini (...)”, la Repubblica, sì, attraverso le associazioni, gli enti, le ONG, e tutti i cittadini impegnati nella rimozione di questi ostacoli, ma non il Governo, che, invece di perseguire l'uguaglianza sostanziale, scava solchi ancora più profondi tra gli individui e i diritti fondamentali.

Articolo 10: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica (...)”, ma il decreto Minniti-Orlando piega la tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo al mito renziano della velocità e quindi sarà ancora più difficile in Italia, d'ora in avanti, vedersi riconosciuta una qualche forma di protezione internazionale.

Articolo 13: “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, (...) né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria (...). È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà”, ma la libertà personale di migranti e richiedenti asilo, anche se non hanno commesso reati, è violabile, può essere limitata con la detenzione nei CIE, che cambiano solo il nome e vengono moltiplicati nel numero; centri dove spesso le condizioni del trattenimento sono disumane e degradanti, tanto che alcuni tribunali hanno ritenuto legittime le rivolte scoppiate all'interno dei centri.

Articolo 16: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale”, ma la libertà di circolazione di migranti e richiedenti asilo è limitata nel tempo e nello spazio.

Articolo 24: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile (...)”, ma la difesa è un diritto meno inviolabile per migranti e richiedenti asilo, ai quali si nega il diritto di appellare le sentenze di primo grado, togliendo loro un grado di giudizio; tre gradi di giudizio garantiti a chi impugna un verbale per un divieto di sosta, due soli gradi di giudizio per chi rischia la pelle nella Siria di Assad o nel Sudan di al-Bashir o nella Libia delle tribù, l'una contro le altre armate.

Articolo 25: “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”, ma possono essere distolti migranti e richiedenti asilo a cui il DL Minniti-Orlando riserva giudici speciali, norme processuali speciali, talmente speciali, da risultare discriminatorie e da disegnare un'odiosa apartheid giudiziaria.

Articolo 36: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa”, ma non il lavoratore migrante o richiedente asilo, a cui si chiede di lavorare gratis e di dare il proprio lavoro in cambio della protezione riconosciuta e dell'accoglienza ricevuta, anche se protezione e accoglienza sono diritti fondamentali, assoluti, incondizionati, previsti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali.

Articolo 72: “Ogni disegno di legge presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che lo approva articolo per articolo e con votazione finale”, ma questa procedura ordinaria non vale per migranti e richiedenti asilo, ai quali è riservata la scorciatoia di un decreto-legge e la forzatura parlamentare del voto di fiducia, per blindare un provvedimento e renderlo di fatto inemendabile, quindi sottratto al normale, ordinario controllo democratico.

Articolo 77: “Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere”, ma se, come nel caso del DL Minniti-Orlando, mancano i requisiti di necessità e urgenza e si interviene su materie ordinamentali coperte da riserva di legge e concernenti diritti fondamentali, beh, fa lo stesso, sempre in nome del mito renziano della velocità.

Articolo 80: “Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica”, ma questo non vale per gli accordi con Paesi che non hanno ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951, sulla protezione dei rifugiati, e ai quali l'Italia subappalta la gestione delle frontiere, sempre più spostate a sud e a est, esternalizzate, lontane dagli occhi, lontane dal cuore, ma lontane anche dal diritto.

Articolo 102: “Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali”, ma per migranti e richiedenti asilo si può fare tutto, compreso istituire sezioni specializzate, sottoporre la materia a regole processuali discriminatorie.

Articolo 113: “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale (…). Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione”, ma per i migranti e per i richiedenti asilo è escluso l'appello, con la conseguenza che si toglie un giudizio di merito su diritti umani fondamentali e si paralizza la Corte di cassazione con giudizi di mera legittimità, che diventeranno l'ultima speranza per chi si è lasciato indietro miseria, morte, guerra e disperazione.

In conclusione, almeno tredici sfregi alla Costituzione, che è la carta fondamentale dei diritti di tutte e di tutti, almeno tredici sfregi, che riguardano ognuno di noi, perché, se quella carta perde valore, perde valore la dignità di ogni cittadino.

Il DL Minniti-Orlando, che, se ci pensate, fa sintesi - e che sintesi! - delle posizioni congressuali, è il manifesto che fotografa meglio la trasformazione culturale, prima ancora che politica, del PD in partito moderato e neo centrista: parole, contenuti normativi, slogan, sono diventati gli stessi della destra, che ha scritto le pagine più odiose, in materia migratoria, nella storia del nostro Paese. I CIE, luoghi di detenzione amministrativa, non vengono smantellati, come lei signor Ministro auspicava, da responsabile sicurezza del PD nel 2009, associandoli addirittura a veri e propri campi di concentramento, ma vengono addirittura moltiplicati e cambieranno nome per poter dire che saranno tutta un'altra cosa. Rimarranno anche i punti di crisi, che è più trendy chiamare hub, e rimarranno i centri di accoglienza straordinaria, i CAS, autentica metafora linguistica, forse involontaria, quindi amaramente ironica, delle politiche del “CAS” di questo Governo a trazione securitaria. Non ci basta, non ci appaga la mera denuncia, anche se appassionata e strenua, quasi con le lacrime agli occhi, con il cuore intirizzito e i pugni chiusi nella rabbia.

Vogliamo indicare, per l'ennesima volta, che serve una riforma organica del testo unico sull'immigrazione, delle norme in materia di accoglienza e asilo, ma nella direzione opposta a quella tracciata dei Ministri Minniti e Orlando.

Serve introdurre il visto temporaneo per ricerca di lavoro, in modo da rendere accessibile l'Italia ai migranti economici, secondo canali legali, che scoraggino viaggi della speranza, sfruttamento, traffico di esseri umani, caporalato. La predisposizione di vie d'accesso regolari e controllate, per migrare in Italia, scoraggerà anche il ricorso, talvolta strumentale, ma necessitato, al canale d'ingresso della protezione internazionale, sgonfiando i numeri che pretendete di brandire, per impaurire ancora gli italiani e giustificare questo provvedimento. Serve abrogare subito il reato di immigrazione clandestina, perché è un'arma potentissima, ma lo è a favore dei trafficanti di esseri umani. Serve riappropriarsi di una matura, coerente e rigorosa cultura dei diritti umani, senza la quale la politica si riduce ad esercizio simbolico e inefficace, ad affannosa rincorsa populista, a corsa cieca e impazzita senza un orizzonte davanti.

Sinistra Italiana e Possibile voteranno contro questo provvedimento e continueranno, fuori da quest'Aula, la battaglia per i diritti di tutte e di tutti, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, perché l'eguaglianza è il nostro programma politico e la Costituzione repubblicana la luce che illumina e colora il nostro cammino collettivo. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Grazie, Presidente. Lo dico subito, noi riteniamo che il Ministro Minniti sia una persona seria, una persona perbene, che ha la nostra stima e il nostro rispetto, una persona preparata e competente. Proprio perché il Ministro Minniti è una persona seria e competente, non può sfuggire, al Ministro Minniti, la situazione drammatica …

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Molteni. Colleghi, dovete abbassare la voce.

NICOLA MOLTENI. Stavo facendo dei complimenti, lei mi interrompe sui complimenti… Non può ovviamente sfuggire al Ministro Minniti la situazione drammatica che sta vivendo il nostro Paese sul tema dell'immigrazione. Siamo di fronte, Ministro, ad una vera e propria invasione di massa, che mai la storia del nostro Paese ha vissuto, un'invasione di massa dettata da evidenti responsabilità politiche. Sono le responsabilità politiche di chi, in questi quattro anni, cinque anni, gli ultimi quattro Governi (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni), ha incentivato la politica dell'accoglienza, ha incentivato la politica filo-immigrazionista, ha incentivato la politica buonista dell'accoglienza, ha incentivato le politiche filo-immigrazioniste, ha incentivato quella politica delle “porte aperte”, che sta causando i danni, da un punto di vista sociale, perché l'immigrazione costa, e da un punto di vista di ordine pubblico e di criminalità che oggi il nostro Paese sta vivendo.

Da quel famoso 3 ottobre 2013, quando al largo di Lampedusa si è consumata una delle più grandi tragedie della storia dell'immigrazione nel nostro Paese - un barcone con 360 profughi, richiedenti asilo, immigrati, esseri umani, è affondato - le politiche di questo Paese hanno esattamente incentivato quel tipo di immigrazione.

L'abbiamo sempre sostenuto e lo ribadiamo ancora oggi che, più navi mettiamo nel Mediterraneo, più partenze ci sono, più navi affondano, più morti ci sono nel Mediterraneo - l'anno scorso abbiamo toccato il record di morti nel Mediterraneo, 5 mila - e più accoglienze e sbarchi ci sono.

Tra l'altro, abbiamo scoperto che, all'interno delle navi che vengono messe nel Mediterraneo, ve ne sono alcune, quelle gestite dalle missioni delle ONG, che stanno destando scandalo, e mi sorprende che il Governo non abbia detto assolutamente nulla.

Oggi c'è una Commissione d'inchiesta aperta dalla Commissione difesa, che evidenzierà come queste missioni, fintamente umanitarie, sono missioni puramente economiche e d'interesse, per alimentare quel business dell'immigrazione clandestina, quell'arricchimento dei trafficanti di esseri umani, che sono la conseguenza della sciagura di una scelta, pianificata a tavolino, di un'immigrazione fuori controllo, che evidentemente sta destabilizzando non solo il nostro Paese, ma l'Europa tutta.

Il 18 ottobre del 2013 è partita una missione, Mare Nostrum, che ha certificato una cosa: siamo l'unico Paese al mondo che usa le navi della Marina militare, non per difendere confini e frontiere, che sono un elemento qualificante di uno Stato di diritto, ma per andare sulle coste libiche a prendere i migranti e portarli qui. Siamo l'unico Paese al mondo che paga per essere invaso!

E quindi io credo, partendo da una considerazione che il Ministro Minniti ripetutamente fa, che abbiamo una visione diversa su come affrontare e risolvere questo problema. Quando il Ministro Minniti dice che non c'è equazione tra immigrazione e terrorismo, che non c'è equiparazione tra migrazione e terrorismo ma c'è che l'equazione tra terrorismo e mancata integrazione, questo cosa presuppone? Presuppone che bisogna fare, secondo la logica del Ministro Minniti, più integrazione. Ministro, non vi siete posti la domanda che molti di coloro i quali voi volete integrare non hanno la benché minima volontà di essere integrati perché integrazione, conseguenza dell'accoglienza, cosa significa? Significa avere una casa, significa avere un lavoro, significa avere un reddito, significa garantire diritti ma adempiere anche a doveri e, probabilmente, molti di coloro i quali voi volete integrare non hanno intenzione di essere integrati. Questo perché? Perché probabilmente molti di questi odiano il nostro mondo, odiano la nostra società, odiano la nostra civiltà, perché integrare significa rispettare i valori e i principi della società che ti accoglie e, in questo caso, del mondo e della società occidentale.

E questo che cosa denota, Ministro? Denota il fallimento di un modello sociale che è il modello sociale della sinistra, che è quel modello sociale che avete tentato di esportare, che avete difeso, che avete alimentato, che avete voluto, quello della società multiculturale, quello della società multirazziale, quello della società globalizzata. Ministro, questo modello di società era - e non sarà più, probabilmente - un modello di società di molti Paesi del nord; penso, ad esempio, alla Svezia, che in questi giorni viene toccata da un gravissimo attentato terroristico. Quel modello di società delle porte aperte, dell'accoglienza a tutti i costi, dell'integrazione forzata, sta provocando quel corto circuito all'interno della società, sta provocando la ghettizzazione di veri e propri quartieri all'interno di questi territori: pensiamo a Molenbeek, al quartiere di Molenbeek a Bruxelles, in Belgio, che sta alimentando tensioni, disagi sociali, scontri sociali, scontri tra poveri, perché l'immigrazione fuori controllo provoca esattamente questo ed è esattamente quello che sta provocando oggi nel nostro Paese. L'immigrazione fuori controllo provoca tensioni sociali, disagio sociale, guerra tra poveri e, quindi, quello non è il nostro modello di società poiché quella società lì è un modello di società fallita. Perché? Perché l'immigrazione - e la gestione dell'immigrazione - incide in maniera profonda e significativa sul modello di società che vogliamo. Qual è il modello di società che noi vogliamo? Vogliamo una società multiculturale? No! Vogliamo una società delle porte aperte? No! Vogliamo una società che apre i confini e apre le frontiere? No, ricordando che il confine e la frontiera sono elementi qualificanti di un territorio. Ministro, noi non vogliamo i muri, non vogliamo i fili spinati; muri e fili spinati appartengono a una storia che vogliamo dimenticare. Vogliamo, però, che frontiere e confini vengano controllati.

Esattamente qualche settimana fa lei ha rilanciato la necessità che con alcuni Paesi, ad esempio l'Austria, la Germania e la Svizzera, si intensificassero le intese e gli accordi per le ricollocazioni. Sta avvenendo esattamente il contrario, Ministro. Io abito a dieci chilometri dal confine svizzero. Dal confine svizzero, dalla dogana di Ponte Chiasso, non passa uno spillo. L'anno scorso gli svizzeri hanno riammesso, hanno rimandato nel nostro Paese 20 mila clandestini. L'Austria difende il Brennero. L'Austria ha appena deciso di revocare le intese sulle ricollocazioni e l'Austria doveva accogliere dall'Italia 500 profughi, non 2 milioni ma 500 profughi. L'Austria difende i confini, difende il Brennero, controlla minuziosamente i treni che passano dall'Italia e vanno in Austria. Probabilmente i populisti in Austria o in Olanda non hanno vinto ma le idee dei populisti hanno stravinto, proprio perché i Governi socialisti o socialdemocratici stanno facendo esattamente quello che la Lega da anni dice: controllo delle frontiere, controllo dei confini, difesa dell'interesse nazionale, pattugliamenti delle coste libiche - e i pattugliamenti congiunti delle coste libiche li ha fatti un Ministro leghista che si chiama Roberto Maroni -, respingimenti e blocco navale.

Se il termine “blocco navale” viene utilizzato dalla Lega Nord e da Salvini siamo populisti, demagoghi, razzisti e fascisti; se quello stesso termine viene utilizzato dal Ministro Pinotti è sdoganato. Noi, Ministro, chiediamo questo: chiediamo una seria politica di controllo, chiediamo i rimpatri. Il decreto non affronta il tema dei rimpatri. La Svezia, che ha 10 milioni di abitanti, l'anno scorso ha rimpatriato 24 mila clandestini; l'Italia, che ha 60 milioni di abitanti, l'anno scorso ne ha rimpatriati 5 mila. Ci sono 40 mila decreti di espulsione non eseguiti da parte della magistratura a fronte di 5 mila rimpatri.

E sa perché, Ministro, i rimpatri non funzionano? Perché in questi anni avete smantellato il sistema di espulsioni nel nostro Paese. Il nostro è l'unico Paese al mondo che, di fronte all'emergenza migratoria, di fronte all'emergenza del terrorismo islamico, di matrice islamica e islamista, ha discusso per anni se cancellare oppure no il reato di immigrazione clandestina. Il reato di immigrazione clandestina è un valore giuridico riconosciuto in tantissimi Paesi al mondo. Avete cancellato i CIE, avete dimezzato il periodo di trattenimento all'interno dei CIE, avete azzerato il Fondo espulsioni, l'unico strumento utile e necessario per fare espulsioni e rimpatri. Questo decreto non affronta nessuno dei problemi reali ed emergenziali, come non affronta, Ministro, il problema enorme della gestione del fenomeno dell'immigrazione, gestito secondo logiche clientelari e, spesso e volentieri, criminali. Ci sono cooperative che prima di gestire questo fenomeno fatturavano poche migliaia di euro e oggi fatturano milioni di euro.

Quindi, noi siamo alternativi a lei, al suo Governo e alla sinistra. Vogliamo difendere le nostre popolazioni, vogliamo difendere la nostra civiltà, una civiltà che oggi è sotto attacco. Queste sono le motivazioni per cui il gruppo della Lega Nord convintamente voterà “no” su questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marotta. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAROTTA. Grazie, Presidente. Signor Ministro, c'era la necessità di una risposta chiara nella materia di cui ci occupiamo e questo provvedimento, a nostro avviso, dà una prima importante risposta a una problematica che mai come in questo momento ci vede al centro di una situazione internazionale rispetto alla quale noi andiamo a fronte alta e con la sicurezza di aver fatto sempre e fino in fondo il nostro dovere nei confronti degli altri Paesi dell'Europa. È un provvedimento che si muove attraverso una triplice direzione. La prima direzione è quella di rendere più celeri le definizioni dei procedimenti amministrativi innanzi alle commissioni territoriali e sotto questo aspetto molto è stato fatto e molto prevede questo provvedimento, con riferimento alla semplificazione delle procedure e ai tempi in cui queste procedure debbano maturare, dando un input a tutto il sistema tuttora vigente che ci consente di poter dire tranquillamente che quei tempi, che in qualsiasi caso erano considerati lunghi, lunghissimi, saranno in seguito abbreviati rispetto al contenuto e alle normative nuove introdotte con questo provvedimento. Inoltre, anche l'introduzione e la possibilità dell'assunzione di 250 nuove forze di lavoro nelle strutture che ci riguardano è un fatto importante perché, al di là di tutti i provvedimenti e delle norme che si possono fare, se non normi poi in concreto la possibilità di operare proprio attraverso le strutture il cui lavoro viene portato avanti dagli esseri umani è chiaro che il problema rimane. Quindi, anche questo segnale di aumentare la forza lavoro nelle strutture per tutto quello che riguarda l'accompagnamento e l'assistenza agli immigrati e ai soggetti richiedenti la protezione internazionale, ci fa sperare che consentirà di rendere più celere questo percorso in sede amministrativa. Questo, dunque, è il primo aspetto.

L'altro aspetto è importantissimo, perché noi già abbiamo un'esperienza che è quella del sistema giurisdizionale italiano, che, per quanto riguardava i provvedimenti giudiziari che riguardano questo settore, costituiva uno dei momenti più bui, più difficili da superare, più drammatici rispetto a quello che il sistema può prevedere. Anche da questo punto di vista, devo dire che si è molto fatto, aldilà delle considerazioni. Certo, siamo in un Paese in cui non è che possiamo travolgere il sistema dalla sera alla mattina, non ci è consentito! Ciò non solo per la nostra legislazione interna, ma anche per il rispetto della legislazione europea. Quindi che cosa dobbiamo fare? Fare dei piccoli passi, ma farli in concreto, ed è questa l'importanza di questo provvedimento.

Allora, le sezioni specializzate - che si riducono a quattordici - presso i tribunali nelle sedi dei distretti di corte d'appello, sono già una significativa possibilità di indirizzare verso solo alcune sedi giudiziarie questo contenzioso che viene fuori. Ma si dice: voi avete fatto dei giudici specializzati, e si parla di violazione della Costituzione. Ma con tutto il rispetto, come giudici “specializzati” - a parte che nel nostro sistema giudiziario già esistono, perché ci sono settori in cui veramente i giudici specializzati sono importanti, penso alla materia della famiglia e a quella del lavoro -, per quello che ci riguarda, si intende che si dedicano a questa materia e che quindi hanno la possibilità di inserirsi in un sistema nel quale portano una pregressa conoscenza. Anche la possibilità di mettere dei giudici che conoscono le lingue straniere significa agevolare di molto il sistema. È chiaro, si fa quello che si può fare.

Passare dalla competenza collegiale alla competenza monocratica è un fatto importantissimo, perché il giudice monocratico riesce in minor tempo a risolvere una controversia, rispetto al giudice collegiale. La possibilità di togliere un grado di giudizio non significa venire meno alle garanzie della difesa, assolutamente! Significa solamente, in una situazione contingente, dare la possibilità di una velocizzazione del sistema giudiziario, al di là dei tre gradi di giudizio o due, più che sufficienti a garantire la difesa e la salvaguardia delle garanzie dell'indagato e dell'imputato. Trasferire e rendere innocuo il periodo feriale è un altro elemento importante. Ma è chiaro che quello che possiamo fare, noi dobbiamo fare; non è che possiamo fare altro che non ci è consentito! Tutto passa, fra l'altro, attraverso il controllo del Consiglio superiore della magistratura, perché chiaramente il sistema di legislazione italiano non prevede la possibilità di scavalcare quelle che sono le attribuzioni proprie e previste dalla Costituzione del Consiglio superiore della magistratura. Quindi, che cosa abbiamo? Abbiamo una serie di interventi in questo settore che portano a velocizzare tutto il sistema. È questo l'intervento che veniva chiesto! È questo l'intervento che potevamo fare! Il rito abbreviato per i procedimenti relativi a provvedimenti di espulsione per motivi di ordine pubblico e terroristico: vediamo come è importante attivare questo meccanismo proprio oggi, che viviamo questa situazione di terrorismo internazionale che, bene o male, invade e colpisce tutto il mondo e l'Europa in particolare.

Allora, questi sono gli interventi che potevamo fare e questi interventi abbiamo fatto, tenendo conto anche di quella è che la necessità e l'urgenza, come terzo filone importante in questo provvedimento; necessità volta ad assicurare misure idonee ad accelerare l'identificazione dei cittadini stranieri. Ci rendiamo conto che sostanzialmente abbiamo fatto ciò che ci era consentito dalla possibilità di manovra in cui ci siamo mossi; in questo momento di più non si poteva fare, proprio perché siamo in un sistema democratico e abbiamo il rispetto delle garanzie di tutti. Ma quello che mi preme sottolineare, al di là dell'intervento e del contenuto del provvedimento, di cui ho tracciato le tre principale direttive, è che il problema è anche di ordine generale.

Si tratta di un provvedimento condivisibile sotto tutti i punti di vista, destinato a risponde a una mutata realtà sociale dettata dal sempre maggior numero di migranti che giungono nel nostro territorio. E la risposta a tale situazione deve essere tale da permettere un'efficace politica europea di accoglienza e di solidarietà tra i diversi Stati, che non possono essere lasciati soli a gestire i flussi migratori. È la battaglia che dobbiamo fare e che stiamo facendo. Proprio la questione dei migranti costituisce oggi una delle problematiche più importanti alla quale l'Europa unita deve dare una risposta, senza tirare su muri o barriere, ma anche con una fermezza che renda i cittadini più sicuri e più tranquilli.

Non si può parlare infatti di Unione europea se non si prendono decisioni comuni che possono essere applicate dai singoli Stati non con una visione residuale a tutela degli interessi dei singoli Stati stessi, ma con una visione globale che renda l'Unione veramente capace di risolvere la problematica dei flussi migratori, che costituisce uno dei tasselli fondamentali su cui si gioca la credibilità ed il futuro dell'Europa stessa. L'Unione europea deve pertanto dare una risposta unitaria, per scongiurare che il fenomeno dei continui flussi di migranti, che si sta sviluppando con sempre maggiore rapidità nei suoi territori, non pregiudichi lo stesso processo di integrazione, già di per sé complesso nel suo divenire, che va affrontato con un impegno maggiore. Il provvedimento al nostro esame, come detto, coniuga due esigenze, quella della possibilità di rendere più efficaci le azioni a tutela di chi desidera avere la protezione internazionale e quella di maggior sicurezza che i nostri cittadini richiedono da tempo; maggiore speditezza e certezza nell'espulsione dei migranti che non hanno diritto alla tutela.

Infine, è attraverso una maggiore coesione a livello europeo, infatti, che si gioca il futuro dell'Europa, a cui noi crediamo fermamente, per fermare soprattutto i populismi e i nazionalismi, che non intendo privilegiare la difesa di quei valori che hanno determinato un lungo periodo di pace nel nostro continente. È con queste affermazioni e con queste considerazioni che Alternativa Popolare annuncia il voto favorevole al provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Roberta Agostini. Ne ha facoltà.

ROBERTA AGOSTINI. Presidente, quest'Aula torna a discutere di un grande tema, quello delle migrazioni, che riguarda la vita e il destino di milioni di persone che scappano da guerre, fame, violenze, persecuzioni, ma che riguarda anche il futuro del nostro Paese e dell'Europa tutta, che mette alla prova la politica e il nostro sistema di valori costituzionali. Per questo avremmo bisogno di uno sguardo lungo, strategico, che purtroppo questa proposta del Governo non contiene, perché affronta in modo parziale e per certi versi anche sbagliato unicamente l'aspetto del rimpatrio dei clandestini e la velocizzazione delle procedure per l'esame delle richieste di protezione internazionale.

L'Italia si è distinta in questi anni per il ruolo positivo che ha avuto nel soccorso in mare di migliaia e migliaia di persone. Si è distinta per il lavoro delle sue istituzioni locali, dei sui sindaci, del volontariato, delle forze di polizia, della Marina, delle associazioni. Anche grazie al dialogo e al confronto con queste esperienze positive, abbiamo potuto approvare pochi giorni fa la legge sui minori stranieri non accompagnati, che è una buona legge, un primo modello importante anche per l'Europa, ma non possiamo in questa discussione non pensare anche alle migliaia di persone disperate che invece hanno perso la vita pur di partire, di fuggire appunto da fame, violenze, guerre, e alle tantissime storie tragiche che le persone hanno vissuto ancora prima di partire, ancora prima di imbarcarsi. Queste storie ci parlano di una questione che va affrontata come un tema strutturale, con strumenti adeguati, e che, se non sono tali - come ritengo non sia adeguato questo decreto -, rischiano di creare ulteriori problemi.

Io rilevo tre questioni: una prima questione, alcune cose che non ci convincono e che sono contenute all'interno del decreto; una seconda questione, il decreto non contiene alcuni punti che invece noi pensiamo siano indispensabili per affrontare il tema dell'immigrazione.

Una terza questione è relativa ai tempi, ai modi con i quali affrontiamo la discussione del decreto-legge. Avremmo voluto discutere a partire dalle Commissioni parlamentari con emendamenti e con proposte e questo è un elemento critico rilevante anche al fine dell'espressione finale del giudizio sul provvedimento. Non credo che su un tema così rilevante si possa discutere in modo così approssimativo e non si possa dare un contributo anche di merito.

Non c'è dubbio che il decreto-legge contenga anche elementi positivi e puntuali, come, ad esempio, l'assunzione di personale qualificato da impiegare presso le commissioni territoriali e la Commissione nazionale oppure la previsione della formazione di magistrati specializzati in materia.

Così come ritengo che vi siano stati importanti miglioramenti che il Senato nella sua discussione ha potuto apportare: ad esempio, alcuni aspetti sul piano delle garanzie, come l'aumento del numero delle sezioni specializzate che sono chiamate a giudicare.

Ma questi puntuali aspetti positivi sono, credo, messi molto in ombra da altre rilevanti scelte, che noi consideriamo non condivisibili. È giusto puntare a migliorare l'iter di esame delle domande di protezione, è giusto velocizzarlo sia per la persona che aspetta, sia per il sistema Paese, ma ritengo che l'eliminazione di un grado di giudizio si configuri come un'oggettiva riduzione delle garanzie processuali, in un sistema come il nostro nel quale il doppio grado è previsto anche per controversie di minore gravità rispetto a quelle di cui discutiamo, dato che parliamo di persone che potrebbero rischiare torture, persecuzioni e la stessa vita se tornassero al loro Paese; in questo modo, il rischio è di configurare una sorta di giustizia speciale per determinate categorie di persone.

Allo stesso modo non è chiaro il profilo dei nuovi centri per il rimpatrio. Da anni - lo testimonia il lavoro della Commissione d'inchiesta sui CIE qui alla Camera o quello della Commissione diritti umani al Senato - è stata documentata la situazione spesso drammatica in termini di violazione dei diritti umani o di privazione della libertà nei CIE, che, oltretutto, si sono rivelati anche un sistema costoso e inefficace. Il cambio di nome in CPR dovrebbe imporre un cambio radicale anche di gestione e di prospettiva sul piano normativo, che però il decreto-legge non delinea con sufficiente chiarezza. Continua a non essere definito non solo chi debba essere trattenuto nei CPR, ma anche a quali condizioni, e che cosa si debba fare per evitare trattamenti disumani, a cui troppo spesso abbiamo assistito.

Ci sono anche altre questioni che il decreto-legge non contiene e che, invece, sarebbe necessario, credo, discutere e che dovrebbero essere messi al centro dell'agenda politica del nostro Paese.

Credo che occorrerebbe una nuova disciplina dei cosiddetti hotspot per normare meglio le fasi di identificazione e di prima accoglienza dei migranti, perché la loro natura giuridica incerta rischia di indebolire anche il diritto d'asilo come diritto umano universale e di creare anche opacità negli affidamenti. Come ritengo che dovremmo sviluppare l'esperienza dei corridoi umanitari che consentono a chi ne ha diritto di arrivare nel nostro Paese con dignità e sicurezza.

Allo stesso modo crediamo, come abbiamo chiesto con un ordine del giorno, peraltro accolto, che occorra intervenire partendo dalla cancellazione del reato di immigrazione clandestina, che ha un effetto praticamente nullo sul piano della deterrenza, come anche il Ministro Orlando ha affermato diverse volte, che è poco compatibile con il nostro sistema costituzionale e che, come ha dichiarato anche il Procuratore nazionale antimafia Roberti, rappresenta spesso un ostacolo per le indagini.

Si stima che ci sono 435.000 invisibili, persone che hanno il permesso scaduto oppure che gli sta scadendo oppure irregolari, che sono un bacino sommerso di mano d'opera e sono un bacino anche per la criminalità, più o meno organizzata, per il reclutamento, per la radicalizzazione. Va trovata una soluzione credo, ad esempio, introducendo, come chiede anche Emma Bonino e una proposta di legge di iniziativa popolare, un permesso di soggiorno per comprovata integrazione e un permesso temporaneo per la ricerca di lavoro.

Manca e va costruita una politica lungimirante per un ordinato programma di regolarizzazione e di inserimento controllato dei migranti e una revisione della strategia dei flussi, per la quale occorrerebbe anche una modifica del testo unico dell'immigrazione; manca una politica di integrazione e riconoscimento politico, sociale e umano per chi vive, per chi lavora, per chi nasce e per chi cresce qui in Italia e, da questo punto di vista, la rapida approvazione al Senato della proposta di legge sullo ius soli è anche la risposta più efficace che possiamo dare anche sul piano della sicurezza oltre che dell'integrazione.

Troppo spesso guardiamo solo ai problemi e non vediamo, come ci dimostra il Censis, la ricchezza prodotta dagli immigrati e il bisogno che abbiamo degli immigrati anche sul piano demografico. C'è un rapporto della Fondazione Leone Moressa che ci spiega che la ricchezza prodotta da 2.300.000 occupati stranieri ha raggiunto 125 miliardi di euro, pari all'8,6 del prodotto interno lordo, e con i 10 miliardi di euro di contributi previdenziali dei lavoratori stranieri si paga la pensione a 620.000 italiani.

Abbiamo di fronte una grande sfida, perché accogliere centinaia di migliaia di persone - 181.000 persone sono quelle arrivate nel 2016 - non è semplice, crea paure, crea tensioni, ma non è sicuramente neanche una missione impossibile. Sappiamo che, per fronteggiare un fenomeno così ingente, occorre andare alla radice, occorre andare alle cause, bisogna affrontare il tema dell'instabilità e della conflittualità, della povertà estrema in Africa e in Medio Oriente rispetto a cui sviluppare una più forte politica estera dell'Italia, ma soprattutto dell'Europa, una politica comune.

Serve il superamento del sistema di Dublino, serve una condivisione delle responsabilità, una politica comune nella gestione dei rifugiati e una politica comune di pace, non semplicemente accordi bilaterali, e serve una condivisione delle responsabilità, per la quale ci dobbiamo impegnare di più da protagonisti, per una politica di pace. Serve anche una condivisione sul piano nazionale: con questa parola “condivisione” bisogna allargare l'esperienza delle regioni virtuose e dei comuni che aderiscono alla rete SPRAR.

Il problema dell'immigrazione può avere una soluzione, può essere gestito e controllato, l'immigrazione può rappresentare un ingrediente positivo per la crescita del Paese e per la democrazia, ma servono risposte concrete, come ho cercato di spiegare, che non inseguano le paure e che non si collochino puramente sul piano della sicurezza.

Serve un dibattito alto, che disegni un modello di civile convivenza, fatto di diritti e di doveri per gli italiani e per gli stranieri…

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Agostini.

ROBERTA AGOSTINI. Ho concluso. Purtroppo, Presidente, questo dibattito non c'è stato: riteniamo grave non aver potuto dare un contributo di merito, non aver potuto migliorare il testo.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Agostini.

ROBERTA AGOSTINI. Per tali motivi di merito, ma anche di metodo, annuncio il voto contrario del mio gruppo, augurandoci che su una serie di questioni si possa proseguire il dialogo con il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Agostini. Salutiamo gli alunni e i docenti dell'Istituto “Caio Giulio Cesare” di Osimo in provincia di Ancona (Applausi).

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO. Grazie, Presidente. Ministro, colleghi, ieri in quest'Aula abbiamo votato l'ennesima fiducia di questa legislatura su un provvedimento che già al Senato aveva avuto una gestazione travagliata.

Signor Ministro, noi avevamo apprezzato - sa quanto io personalmente o il presidente Brunetta lo abbiamo fatto - le sue dichiarazioni in materia di immigrazione dello scorso gennaio e l'aspettavamo qui, nelle sedi istituzionali preposte, per poterci confrontare con lei, con il Governo e con la sua maggioranza su un tema così delicato, che preoccupa i nostri concittadini e la maggior parte degli amministratori locali.

Avevamo predisposto mirate proposte emendative per aiutare il Governo a licenziare un provvedimento che avesse effettive conseguenze in materia di immigrazione: Forza Italia è stata fin da subito disponibile a condividere l'esperienza maturata quando ha gestito il fenomeno migratorio durante i Governi a guida del Presidente Berlusconi, durante i quali riuscimmo ad intervenire significativamente sia incidendo in modo deciso sulla legislazione, sia stipulando importanti accordi bilaterali con gli Stati di provenienza e di transito dei flussi di migranti.

Invece, prima in Commissione e poi in Assemblea, la discussione è stata resa impossibile, bloccata dalla posizione della questione di fiducia. Forse non vi è chiaro che avete perso il referendum e che con il vostro monocameralismo di fatto state mortificando in maniera alternata una Camera rispetto all'altra.

Ci siamo trovati davanti ad un Ministro le cui parole, in effetti, non avevano alcun lato di ambiguità. Il Ministro ha rievocato la parola “sicurezza” e in questo senso…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Ravetto.

LAURA RAVETTO. Il Ministro ha rievocato la parola sicurezza e in questo senso ci siamo trovati davanti ad un Ministro le cui parole, in effetti, non avevano alcun lato di ambiguità. Il Ministro ha rievocato la parola sicurezza e in questo senso ammettiamo che comunicare sicurezza è già sicurezza; di questo le diamo atto, Ministro Minniti.

Le diamo altresì atto che lei, in pochi giorni, ha partorito due decreti portati all'approvazione del Governo, ma purtroppo, grazie alla sua maggioranza, l'elefante ha partorito il fatidico topolino. Ministro Minniti. Lei in realtà è una rondine che non ha fatto primavera. Le sue buone intenzioni, supportate da una preparazione tecnica che da sempre le riconosciamo, non hanno avuto il sostegno di una maggioranza che è estranea in profondità al tema della sicurezza.

Non siamo nati ieri, capiamo che la voce ferma e non ambigua di Minniti è destinata semplicemente a trasformarsi in una vuota propaganda, finalizzata alle vicine elezioni amministrative - e forse non solo -, per tentare di accalappiare, con un colpo di coda, un po' di elettori moderati.

Avete preso atto tardivamente dei tempi biblici d'esame delle richieste di asilo e dei ricorsi, tempi inumani per chi ha veramente diritto, tentando di velocizzare il procedimento e tuttavia avete dato parere contrario all'emendamento di Forza Italia che, solo per fare qualche esempio, chiedeva di rafforzare le commissioni territoriali.

Ministro, nel dettaglio chiedevamo semplicemente che le 250 unità di personale che intendete assumere in più non fossero semplicemente personale specializzato, come avete scritto nella legge, che vuol dire tutto e niente (specializzato per far cosa? Archiviare i file, svuotare i cestini?), ma intervistatori specializzati, perché sono gli intervistatori che smaltiscono le richieste di asilo. Un intervistatore fa circa cinque interviste al giorno, 250 unità dedicate a questo significherebbero lo smaltimento di mille richieste di asilo in più al giorno.

Ma, sorprendentemente, non ci avete bocciato solo l'emendamento, ma avete bocciato anche un mero ordine del giorno a mia prima firma, che ieri ho vanamente tentato di illustrare al sottosegretario Manzione, che ha preferito trattenersi in conversazione con la sottosegretaria Sesa Amici, non degnandoci neppure di una cortese motivazione del suo parere negativo.

E che dire dei ricorsi che vengono proposti verso i dinieghi delle commissioni ai tribunali ordinari? Sulla carta avete ripreso testualmente una mozione a mia prima firma e la mozione del collega Fiano, in cui chiedevamo la riduzione dei tempi dei ricorsi, anche mediante l'istituzione di sezioni specializzate dei tribunali. Mozioni che il Ministro Orlando aveva anche lui recepito nel testo di un decreto, rimasto, tuttavia, per più di un anno, nei cassetti di Palazzo Chigi.

Eppure, se questo decreto ne riprende il principio, la realtà è che non si stanziano ulteriori risorse al personale giudiziario volto a dare reale attuazione al provvedimento. Con le poche risorse stanziate, 8 milioni per quest'anno, 26 nel prossimo, e con lo stesso numero di magistrati, è più che probabile che i processi di valutazione delle domande non subiranno velocizzazioni. E paventiamo altresì come opposizione un ulteriore rischio: considerato che il 70 per cento dei dinieghi a richieste di asilo viene di fatto ribaltato e trasformato in riconoscimento dello status da parte dei tribunali ordinari, in forza di una legge assai discutibile del 2006, voluta dall'allora Governo Prodi, che amplia incredibilmente il raggio di azione dello status per il riconoscimento della protezione umanitaria, non vorremmo che l'eliminazione di un grado di giudizio non facesse altro che rendere ancora più insostenibile la presenza di immigrati sul nostro territorio. Ministro, lei sa - lo sa meglio di noi - che in tutti i Paesi europei non ci sono norme sulla protezione umanitaria, esistono solo in Germania, dove il fenomeno però è particolarmente limitato, visto che parliamo di numeri massimi che si aggirano intorno ai 7 mila soggetti interessati; da noi parliamo di 100 mila soggetti interessati.

Quanto ai nuovi centri di permanenza per i rimpatri: veramente pensate che una capienza di sole 1.600 persone sia sufficiente per fare fronte alle centinaia di migliaia di clandestini presenti sul nostro territorio? Nel giro di pochi mesi, senza validi accordi di rimpatrio, le persone non faranno che aumentare di un numero incredibile in queste strutture, che rischieranno di diventare delle vere e proprie carceri, magari a rischio radicalizzazione. Lo avete su questo il “piano B”?

Avevamo anche proposto di introdurre misure in grado di fornire strumenti e risorse adeguate ai sindaci e alle forze dell'ordine e lo avevamo chiesto anche nel corso dell'esame dell'altro decreto-legge strettamente collegato a questo, quello in materia di sicurezza delle città.

Entrambi i provvedimenti gravano su questi servitori dello Stato, lasciandoli praticamente senza mezzi. Per questo avevamo chiesto nell'iter di conversione del decreto-legge n. 14 del 2017 più attenzione per la polizia locale. Chiedevamo che il Governo tenesse in maggiore considerazione i sindaci, in prima linea a dover fronteggiare l'impatto che i migranti hanno sul territorio e sulle comunità, ma qualsiasi intervento ragionevole è stato precluso dalla fiducia, come, ad esempio, quello volto ad utilizzare una quota del gettito di imposta municipale per l'accoglienza e l'assistenza dei minori stranieri non accompagnati o alcuni strumenti per alleggerire le amministrazioni di un gravoso e costoso compito, come quello della gestione anagrafica dei migranti.

Ci saremmo accontentati che prendeste atto dell'assoluta necessità di coinvolgere i sindaci nel procedimento di assegnazione dei migranti alle singole comunità. L'accordo ANCI-Governo sembra l'araba fenice. Ho chiesto di visionarne il testo in qualità di presidente del Comitato Schengen non l'ho mai ricevuto, i miei uffici non lo trovano e i miei uffici sono bravi.

Allora abbiamo chiesto una cosa semplice: che venisse previsto un parere vincolante dei sindaci sul numero e sulla destinazione dei migranti sul territorio di competenza. Ma anche su questo, e nonostante la maggioranza dei sindaci appartenga al vostro partito, vi siete voltati dall'altra parte. Toccherà a Forza Italia, quando tornerà al Governo, difendere i suoi e anche i vostri sindaci.

È sempre più chiaro che, senza una politica estera conseguente, che abbia presente i punti sorgivi dei disordini, qualsivoglia politica interna resta velleitaria. La questione migratoria va affrontata in maniera olistica, cioè tenendo conto di tutti i fattori che ci sono in gioco.

Naturalmente l'Italia non può fare da sola e qui subentra la necessità che il Governo italiano faccia valere le sue argomentazioni in sede di G7 e in sede europea. Ci è piaciuto il Ministro Minniti che è andato in Russia; ci è piaciuto il Ministro Minniti che ha sanamente riaperto all'Egitto; ci è piaciuto il Ministro Minniti che ha riaperto l'ambasciata italiana a Tripoli; ci è piaciuto il Ministro Minniti che, sulle orme del Governo Berlusconi, comprende l'importanza della creazione di campi ad alti tassi standard umanitari in Libia, di accordi con i Paesi subsahariani, di accordi con le tribù. Ma, Ministro Minniti, non ci possono bastare delle firme su fogli volanti, non ci interessano le parole forti sull'acqua. La verità è che gli sbarchi continuano e che i rimpatri non si fanno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente)!

Ministro, questa è stata un'occasione persa, mettendo la fiducia, per discutere temi importanti di cui questo Parlamento dovrebbe trattare; penso ad esempio al ruolo delle ONG. Oggi, come presidente del Comitato Schengen, ho audito una ONG tedesca che ci ha detto che di fatto c'è un coordinamento con la Guardia costiera italiana sul salvataggio. Di questo avremmo voluto dibattere in quest'Aula.

Avremmo voluto dibattere della questione della Convenzione di Strasburgo portata dalla collega Bergamini, sulla necessità di rimpatriare chi dovrebbe scontare una pena sul nostro territorio; abbiamo perso un'occasione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

Noi credevamo, Ministro Minniti, che lei riuscisse a convincere il Governo a cambiare rotta, non dico a smascherare i fallimenti della sinistra di questi anni, ma almeno a porre rimedio a errori, anche ideologici, del passato; evidentemente avevamo sperato troppo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dadone. Ne ha facoltà.

FABIANA DADONE. Grazie, Presidente. Il nostro dissenso nei confronti di questo provvedimento è forte e marcato e lo è per due ordini di ragioni: sia per il metodo, che per il merito.

Partiamo dal metodo. Ci si comporta come se fossimo in un monocameralismo di fatto. Ormai è inutile nascondersi dietro a un dito: ogni volta che parte un decreto da una Camera piuttosto che dall'altra, la Camera opposta non può fare nulla. Nel caso di specie, si è arrivati in Commissione con il provvedimento già calendarizzato per l'Aula, da lì a pochissimi giorni, nonostante la scadenza fosse in là di almeno cinque giorni rispetto alla data odierna. È stata annunciata la fiducia già in Commissione a fronte di 400 emendamenti, che non sono tantissimi, magari sono tanti per la percezione di chi sta fuori da questo palazzo, ma non sono tanti per un provvedimento delicato come questo. Si sarebbero potuti discutere nel merito e, invece, è stato dato un parere contrario a tutti gli emendamenti con una semplice motivazione: non c'è tempo per discuterli, si metterà la fiducia in Aula, il provvedimento di fatto è blindato; peraltro, con un imbarazzo notevole dal mio punto di vista, se fossi stato il relatore di maggioranza, a dover dire una cosa del genere di fronte alle opposizioni.

È da tempo che si parla di questo problema: lei, Ministro, era venuto in Commissione affari costituzionali annunciando che su questo provvedimento ci sarebbe stata un'ampia discussione parlamentare; evidentemente il Senato ne ha discusso di più, la Camera non ha avuto alcuna possibilità di discuterne. Francamente, di fronte a chi attacca il Senato per la lentezza o chi attacca l'opposizione dicendo che bastava votare “sì” alla riforma del 4 dicembre, rispondo sì, ma c'è anche un Ministro per i rapporti con il Parlamento che per lavoro dovrebbe andare di qua e di là a monitorare l'andamento dei decreti, in maniera che il Parlamento possa fare il proprio lavoro, ovverosia legiferare, nel caso di specie, su un decreto.

Siamo usciti dalla Commissione perché era una farsa nel momento in cui ci si sente dire “no” e non per il merito, perché neanche li abbiamo letti gli emendamenti, ma perché tanto si andrà alla fiducia. Di fronte a una farsa annunciata, ci siamo tirati indietro semplicemente perché chi partecipa alla farsa di fatto ne diventa complice.

Pertanto, abbiamo rispedito questa eventuale accusa al mittente e siamo usciti dalla Commissione con un notevole dispiacere, perché il merito di questo provvedimento, Presidente, è veramente, veramente riprovevole e triste.

L'impostazione di base è sbagliata, l'abbiamo detto nella pregiudiziale di costituzionalità, l'abbiamo annunciato ieri durante la dichiarazione di voto sulla fiducia.

Qual è lo sbaglio? Che si continua a considerare l'immigrazione come se fosse un'emergenza: ci siamo svegliati stamattina e ci siamo trovati una marea di migranti sulla costa, ma non è così! In realtà, lo ha specificato bene la mia collega Lorefice ieri: questo fenomeno è ormai un fenomeno strutturale, parte dagli anni Novanta con le migrazioni dell'est Europa, poi si è arrivati al Nord Africa dal 2011. Quindi, in realtà, nel 2017 non è che si può continuare a parlare di emergenza. Pertanto, anche lo strumento del decreto è uno strumento in questo caso abusato. E si perde un'occasione notevole di poter fare, invece, un ridisegno di tutta la disciplina dell'immigrazione, partendo magari dal Regolamento di Dublino, che è stato più volte citato in quest'Aula. Tutti ne parlano, ma poi, quando si tratta di andare a modificare la normativa, si preferisce andare a decreti, a botte di fiducia, e chiudere così la questione.

Da questo punto di vista, devo dire, purtroppo, che lei, Ministro Minniti, è in perfetta continuità col precedente Ministro Alfano. Quindi, già questo è sintomatico del lavoro poco lodevole, dal mio punto di vista quanto meno.

Si poteva rivedere la normativa, le associazioni hanno fatto pervenire moltissimi spunti e, invece, che cosa si è deciso di fare? Di legittimare gli hotspot. E abbiamo detto ieri perché sia assurdo: perché non c'è nemmeno una normativa, eppure qui li si legittima e si dà una distinzione arbitraria tra chi è meritevole di presentare la domanda di protezione internazionale e chi, invece, deve considerarsi un migrante economico.

Ma che cos'è un migrante economico? Io me lo sono domandata tantissime volte. Nel decreto non lo si dice. Migrante economico può essere considerato una persona che viene poi sfruttata dal traffico di esseri umani per lavorare nei nostri campi di arance o pomodori, oppure le vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale sono migranti economici, di fatto vengono a svolgere un “lavoro”, mettiamolo tra virgolette, perché chiaramente non lo è, ma per alcuni quelli sono migranti economici. Sono meno meritevoli degli altri? Non lo si sa, non lo si capirà sicuramente da questo decreto e si legittima una cosa senza spiegare bene che cosa sia, senza dare indicazioni su quale sarà il funzionamento di questi nuovi centri.

Eppure, degli esempi già ci sono e sono stati elencati ieri, e non funzionano! Non funzionano perché, alla fine, svolgono sia le funzioni di centro di prima accoglienza, che di seconda accoglienza, perché mancano i posti nei centri di seconda accoglienza e perché non funziona la politica dei ricollocamenti: forse questo è il vero grosso problema nodale, che, comunque, con questo provvedimento non si va a risolvere.

Sì, apparentemente tolgono i CIE, si creano degli altri CIE, anzi si cambia loro il nome, ma la sostanza rimane uguale e identica, si aumentano e se ne fisserà uno per regione, se non sbaglio, quindi venti, eppure ci sono delle relazioni parlamentari e tantissimi atti delle Commissioni di inchiesta che hanno dimostrato che sono incostituzionali e inefficaci. Ne hanno dimostrato il fallimento e lei, quando è venuto a illustrare le linee programmatiche del suo Governo, in sede di Commissione affari costituzionali, di fronte alle opposizioni che hanno rilevato questa cosa sulle prime dichiarazioni emerse sui giornali rispetto ai CIE, ha detto: ma no, assolutamente, ho letto benissimo la relazione che è stata depositata al Senato, so che sono assolutamente fallimentari e, quindi, andremo in un'altra direzione. Invece, li si ripropone, per carità si cambia il nome, ma la sostanza purtroppo è sempre quella.

Altro punto nodale del provvedimento: si parla di accordi bilaterali, tutto si regge sugli accordi bilaterali, l'ha detto prima, anzi ieri, la mia collega Lorefice, lei non c'era quindi colgo l'occasione per dirglielo oggi: ma con chi? Andate a parlare alla Libia con quale Governo? Con un Governo che non è riconosciuto? Non si riuscirà a risolvere sicuramente niente andando avanti così, mentre invece si potrebbe creando dei canali di ingresso direttamente umanitari e direttamente dai territori d'origine. È inutile andare a creare degli hotspot e implementare i CIE.

E poi, da ultimo, ma realtà non è neanche tanto da ultimo perché è uno dei punti centrali di questo provvedimento: il fatto che, con la scusa di velocizzare i tempi, la bilancia della giustizia viene profondamente sbilanciata. Io lo trovo profondamente ingiusto e veramente assurdo per un provvedimento, perché si crea questa giustizia speciale, si va a togliere il grado d'appello. Qualche collega prima ha detto: ‘eh vabbè, capirai, restano comunque due gradi di giudizio', ma questa cosa è assurda! È stato persino sottolineato dall'ANM che non è assolutamente così, perché si vanno a togliere i due gradi di giudizio di merito e si mantiene la Cassazione, sì, ma non funziona per tutti gli altri cittadini, funziona solo per quei tipi di persone.

Quindi, di fatto, si crea una giustizia particolare per delle persone evidentemente di serie “B”, perché altrimenti, se tutti gli altri hanno tre gradi di giudizio e solo questi ne hanno due, evidentemente sono da considerarsi meno uguali rispetto agli altri. E per chi dice che negli altri Stati questa cosa c'è: sì, ma negli altri Stati ci sono i due gradi di giudizio, se noi qui ne abbiamo tre, non è che possiamo adattarci solo quando ci piace, con certe cose e rispetto soltanto a certe categorie di persone.

Scompare il colloquio diretto con il giudice: ma come si fa a far scomparire il colloquio diretto con il giudice? Ci si basa soltanto su dei filmati. Ma ci si rende conto dello stato che prova un migrante nel momento in cui arriva affrontando un viaggio spaventoso e pericolosissimo, e il giudice si mette di fronte ad una valutazione sulla base di un filmato, sulla base di un semplice filmato? Questa, infatti, è stata sollevata come problematica enorme dall'ASGI, lo avevo già detto in sede di pregiudiziale di costituzionalità, ma visto che abbiamo il piacere di averla dal vivo, glielo dico anche dal vivo. Non è detto che si riducano i tempi, anche perché il vero grosso problema è tutta la macchina burocratica: come si fa a garantire che sicuramente non rimarranno lì tanti anni? Il vero problema è che oggi queste procedure di identificazione e poi di smistamento sui territori per un'accoglienza diffusa, che ridurrebbe anche tantissimo la tensione sociale con i cittadini italiani, dovrebbe durare dei tempi brevissimi. E, invece, quello che capita è che si rimane lì per anni, poi i minori scappano dai centri e diventano vittime, le vittime di tratta, le prostitute in particolar modo, scappano dai centri e vengono collocate sulle strade, le vittime del caporalato pure. Quindi, c'è una situazione che è veramente molto complessa e devo dire che questo provvedimento, purtroppo, con forte rammarico non la risolve per nulla.

Da ultimo, mi permetta solo di dire che è stato detto dalla sinistra che questo provvedimento è troppo di destra, dalla destra che questo provvedimento è eccessivamente di sinistra, dal mio punto di vista, dal nostro punto di vista, è semplicemente un provvedimento completamente inefficace, per cui voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signor Ministro, lei ha detto che l'accoglienza ha un limite nella capacità di integrazione. Anch'io credo in questo principio, anche noi lo crediamo. E, dunque, questo decreto-legge risponde alla necessità di dare risposta ora, subito, al dramma dell'immigrazione, ed in particolare a quello dei rifugiati e di quanti fuggono dai loro Paesi devastati dalla guerra e dal terrorismo, di dare risposte insieme ai diritti e ai doveri.

Quando qualcuno, anche in quest'Aula, signor Presidente, poco fa, come il collega Maestri, ci ha accusato, citando i campi di concentramento, di essere spietati forse come gli aguzzini di un tempo, non ha verificato che noi mettiamo al centro di questo provvedimento i diritti. Abbiamo ancora tutti sotto gli occhi le immagini atroci dei bambini siriani di Khan Sheikun, città della provincia nordoccidentale di Idlib, vittime del raid aereo con i gas tossici. Non bisogna aggiungere molte parole per capire cosa spinga verso le frontiere dell'Occidente quel fiume di bambini, di donne e di uomini, che fuggono dalla guerra...

PRESIDENTE. Un attimo solo, onorevole Fiano. Colleghi, per favore. Prego, onorevole Fiano.

EMANUELE FIANO. ...che fuggono dalla guerra e dove non ci sono conflitti fuggono dalla fame, seguendo le rotte della disperazione.

Certo, possiamo discutere in quest'Aula - ed è un dovere - delle modalità con cui si legifera nelle Camere, della discussione tra decreto o progetto di legge, possiamo anche stare a guardare, noi preferiamo trovare soluzioni. Si è chiusa la rotta balcanica e, dunque, torna a crescere il flusso del Mediterraneo, come in un terribile e drammatico gioco di vasi comunicanti.

C'è chi vorrebbe alzare muri invalicabili in Europa o respingere in mare chi chiede soccorso in Italia, ma oltre ad essere questo impossibile, come e dove si ferma questo fiume di disperazione? C'è chi protesta e critica in quest'Aula, se si moltiplicano da parte del Governo e del Ministro Minniti - che qui ringraziamo per l'opera che sta facendo con il suo Dicastero - i rapporti e gli accordi con i Paesi del Nord Africa, perché in quest'Aula contemporaneamente ci si accusa di fare poco e poi, quando si fa, ci si accusa di non fare bene o di fare troppo. Per noi, non volere occuparci di questo fiume di disperazione, contemplando insieme i diritti e i doveri, è al di là della nostra natura di essere umani e della nostra cultura.

Signor Presidente, la collega Dadone, concludendo il suo intervento poc'anzi, ha per l'appunto citato il fatto che il decreto del Governo, che abbiamo al voto, ha ricevuto critiche in quest'Aula, sia da sinistra, per essere un decreto, diciamo così, incivile, sia da destra, perché non fa abbastanza.

La verità è che questo decreto ricerca, per l'appunto, la via mediana della contemplazione dei diritti di chi chiede a noi accoglienza, ma anche, come ha avuto modo di dire il Ministro, dei diritti di chi accoglie, dei Paesi dove essi vengono accolti e del nostro Paese.

Sappiamo però che questo significa, per il nostro Paese, per i nostri cittadini, doversi misurare da soli, troppo spesso da soli, in Europa con questa tragedia epocale, che, per la forza di questi movimenti migratori, mette in crisi la nostra stessa società.

Questo provvedimento vuole allora coniugare la molteplicità dei diritti e degli interessi coinvolti, parla contemporaneamente di accoglienza, di integrazione e anche di sicurezza. Ho sentito parlare, anche dal collega della Lega, signor Presidente, della questione della sicurezza.

Prima di entrare di nuovo nel merito del decreto, vorrei ricordare ai colleghi della Lega che nelle ultime quattro leggi di stabilità, sul tema della sicurezza - come loro sanno bene -, sono stati stanziati quasi 5 miliardi di euro per l'intero complesso della sicurezza del Paese.

Voglio ricordare che in quest'Aula abbiamo approvato, convertito, un decreto antiterrorismo, che è all'avanguardia in Europa. Voglio ricordare a quest'Aula, signor Presidente, signor Ministro, colleghi, che è in discussione, e tra pochi giorni sarà al voto di quest'Aula, un decreto all'avanguardia, un progetto di legge di natura parlamentare all'avanguardia in Europa, per il tema del contrasto alla radicalizzazione islamica del nostro Paese.

Dunque, questa maggioranza, il Partito Democratico, i Governi Renzi e Gentiloni vogliono e affrontano contemporaneamente, senza scinderli, i problemi dei diritti dell'essere umano e il diritto alla sicurezza.

Voglio ricordare, per ultimo, che questo Parlamento ha approvato, ricevendo i complimenti anche dell'Unesco, una legge per i diritti dei minori non accompagnati. Noi non scindiamo i diritti di coloro che qui vengono per cercare accoglienza dai nostri doveri di organizzare l'accoglienza, secondo ciò che è iscritto nella nostra Carta costituzionale.

Questo decreto prevede misure incisive per definire, con tempi rapidi e procedure efficaci, nel pieno rispetto dei diritti e delle garanzie costituzionali, chi ha diritto di restare e chi deve essere rimpatriato. Rispetto agli attuali tempi medi di esame, di circa due anni, le norme che approviamo oggi permetteranno di valutare rapidamente la domanda di protezione internazionale, superando le attese legate alle lentezze procedurali. Due anni, signor Presidente - e mi rivolgo al collega Maestri -, è un tempo troppo lungo sia per chi richiede asilo sia per chi l'asilo lo concede, sia per chi attende una risposta sia per le comunità che intanto ospitano queste persone. Qui noi parliamo di diritti, onorevole Maestri. Per questo è stata prevista l'istituzione di sezioni specializzate in materia di immigrazione, come ha ricordato la collega Ravetto, anche derivando questa norma da mozioni approvate da quest'Aula; sezioni specializzate in materia di immigrazione, di protezione internazionale, di libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea, nelle quali magistrati - voglio ricordare, signor Presidente, ai colleghi del MoVimento 5 Stelle - dotati di specifiche competenze e ai quali verrà assicurata una formazione continua, come dice il testo del decreto, potranno assicurare una maggiore …

PRESIDENTE. Scusi onorevole Fiano. Mi rivolgo almeno ai colleghi del gruppo dell'onorevole Fiano, se è possibile abbassare la voce.

EMANUELE FIANO. Che poi è anche il suo, Presidente.

PRESIDENTE. In questo momento io, come lei sa, sto presiedendo. Prego, onorevole Fiano.

EMANUELE FIANO. Scherzavo. …potranno assicurare una maggiore celerità ai ricorsi giurisdizionali. Con la medesima finalità viene modificato anche il rito processuale applicabile a questo tipo di controversie, sempre perché al centro c'è, contemporaneamente, il diritto di chi chiede e il diritto di chi concede l'asilo. È vero che viene eliminato un grado di giudizio, ma si consente contestualmente la massima emersione della storia personale di chi si trova nella drammatica situazione di dover richiedere la protezione internazionale, di poter far conoscere il proprio dramma e di poter far valere i propri diritti. Per questo è prevista anche l'assunzione di ulteriori 250 unità di personale a tempo indeterminato, da destinare agli uffici delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale della Commissione nazionale per il diritto di asilo.

Nella logica dell'accoglienza diffusa, il decreto-legge prevede anche l'impiego dei richiedenti protezione, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali. Tale iniziativa prende le mosse anche da numerose esperienze – positive! -, che nel corso di questi anni sono state realizzate in molti comuni italiani.

Quanto all'aspetto legato al contrasto all'immigrazione illegale, sono introdotte norme per accelerare le procedure di identificazione e di definizione della posizione giuridica di cittadini extra Unione europea, nonché misure di contrasto dei trafficanti di uomini e dell'immigrazione illegale. Viene, inoltre, potenziata la rete delle strutture di accoglienza, da una parte, e accoglienza e rimpatri dall'altra, con nuovi maggiori investimenti, sia in termini di risorse economiche sia in termini di nuove e qualificate assunzioni di personale. Non si avranno più pochi ed enormi centri di accoglienza ma strutture di piccole e medie dimensioni, presenti su tutto il territorio nazionale - ricordo anche - con il controllo di un garante per coloro i quali sono lì ospitati.

Come ha sottolineato correttamente il Ministro Minniti, non ci può essere l'idea di sicurezza, se non è garantita la libertà individuale, così come non c'è una vera libertà, se non è garantita la sicurezza del vivere quotidiano.

Noi non ci nascondiamo - e concludo, Presidente - le difficoltà, ma siamo convinti della necessità di dover coniugare la sicurezza dei nostri cittadini con il diritto alla protezione di chi fugge dall'orrore della guerra, dalle carestie o dalla fame e chiede ospitalità. L'equazione immigrazione uguale terrorismo non regge. Da Charlie Hebdo alla strage del Bataclan, a Londra, a Stoccolma, noi non vogliamo che sia fatta l'equazione tra immigrazione e terrorismo. Vogliamo lavorare sull'integrazione: questo è anche il terreno - e ho finito - su cui dobbiamo battere il terrorismo e non ci stancheremo mai di chiedere all'Europa, su questo, una collaborazione. La paura è un seme pericoloso, che avvelena la società, fa alzare muri e stendere reticolati. Noi non permetteremo che questo avvenga. Per queste ragioni, annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4394)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4394:

S. 2705 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale" (Approvato dal Senato).

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 11,15 per lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Siria.

La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 11,15.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Informativa urgente del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Siria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Siria.

Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Angelino Alfano. Colleghi, per favore è possibile togliere i capannelli? Grazie. Prego, Ministro.

ANGELINO ALFANO, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Signora Presidente, onorevoli colleghi, considero l'informativa odierna particolarmente tempestiva, all'indomani del G7 esteri consacrato in buona parte alla Siria.

Dopo la risposta militare americana contro le basi da cui è partito l'attacco contro i civili nella città di Khan Sheikhoun, era evidente a tutti che il tema del conflitto siriano fosse da trattare con massima priorità e urgenza. La questione siriana è stata affrontata sia nell'ambito del G7 vero e proprio sia nella riunione straordinaria, quella che abbiamo convocato ieri mattina, quella del G7 allargato ai Paesi del Golfo, Turchia e Giordania, sia appunto nell'ambito della riunione di formato ordinario del G7. È la prima volta che un G7 dei Ministri degli esteri viene allargato per discutere con altri Paesi su un tema molto importante e delicato come quello della Siria. Un'iniziativa, quella di allargare ad altri Paesi, che abbiamo voluto prendere nella consapevolezza innanzitutto che la risposta americana fosse proporzionata, motivata e comprensibile e che aprisse una finestra di opportunità da cogliere per perseguire la soluzione politica e rilanciare il negoziato sotto la guida delle Nazioni Unite. Ciò anche alla luce del fatto che l'amministrazione americana appare determinata a svolgere nuovamente un ruolo da protagonista in uno scacchiere dal quale gli Stati Uniti si erano un po' defilati. E poi abbiamo voluto prendere questa iniziativa nella consapevolezza che la risposta americana ci pone davanti all'esigenza di evitare un'escalation militare e di riporre la diplomazia al centro del gioco.

Devo dirvi che le due riunioni che ho presieduto a Lucca, il G7 e il formato allargato, hanno fatto emergere sensibilità diverse nei confronti della Russia. Occorrerà certamente chiedere a Putin di esercitare pressioni su Assad affinché rispetti in maniera vera, effettiva e durevole il cessate il fuoco e ponga le condizioni minime per il rilancio negoziale. Ciò, tuttavia, senza antagonizzare o mettere nell'angolo Mosca. Quest'azione diplomatica nei confronti della Russia, che proprio in queste ore sta svolgendo a Mosca il segretario di Stato americano Tillerson, è condotta nella consapevolezza del ruolo ineludibile della Russia in Siria e nel riconoscimento dei suoi interessi strategici nel Paese. Noi continuiamo a non credere in soluzioni militari del conflitto e siamo stati tra i primi ad affermare che una soluzione politica richiede il coinvolgimento di Mosca. Tuttavia, noi siamo altresì convinti che la Russia da sola non sia in grado di promuovere una transizione politica credibile e sostenibile in Siria e che a questo fine serva il contro bilanciamento degli Stati Uniti, che restano il nostro principale e insostituibile alleato nella regione e nel mondo.

Ogni crisi, onorevoli colleghi, presenta qualche opportunità. In questo caso la migliore opportunità è rilanciare in maniera concreta il negoziato. Quello di Astana non ha dato i risultati effettivi sperati sul cessate il fuoco e poi c'è anche quello di Ginevra e bisogna chiedersi perché finora il negoziato non ha prodotto i frutti concreti. Dal nostro punto di vista, il negoziato finora non ha prodotto frutti concreti perché Assad era convinto che nessuno lo avrebbe obbligato a fare concessioni ed era anche convinto che la vittoria militare fosse a portata di mano. Inoltre, l'opposizione chiedeva tutto e subito senza avere i mezzi militari per imporsi. I russi ora sono in una situazione non favorevole, con un partner, cioè Assad, imprevedibile e screditato che li ha messi in difficoltà, e anche senza una vera exitstrategy e con il rischio di dovere affrontare da soli la ricostruzione. I russi, in realtà, hanno già avanzato l'idea di portare avanti un negoziato su una nuova Costituzione e possibilmente nuove elezioni, ma finora Assad ha temporeggiato, puntando anche sul sostegno iraniano. Ora potrebbe essere la volta buona per fare capire ai russi che, se davvero obbligano Assad a negoziare su ambedue i temi e a fare arrivare ovviamente aiuti umanitari e civili, allora l'Occidente potrebbe lavorare con loro per una soluzione politica condivisa sotto l'egida dell'ONU e, allo stesso tempo, combattere insieme contro Daesh. Del resto, quando nell'agosto di tre anni fa ci fu l'attacco chimico a Ghouta est, i russi obbligarono Assad ad ammettere che aveva armi chimiche e a distruggere 1.000 tonnellate di armi chimiche. Oggi abbiamo una nuova occasione per convincerli - i russi - a mettere pressione ad Assad e a fare concrete e sincere concessioni politiche.

Nel corso dell'azione diplomatica condotta a Lucca, abbiamo ritenuto opportuno mantenerci in contatto con un altro attore ineludibile nello scenario siriano, cioè l'Iran. Lunedì ho infatti colto l'occasione di un colloquio telefonico, che mi aveva chiesto il mio omologo Zarif, per sollecitare l'Iran ad esercitare tutta la propria influenza sul regime siriano affinché siano evitati nuovi attacchi sui civili, eliminate completamente le armi chimiche ed assicurato il cessate il fuoco. Il Ministro Zarif ha anche concordato sul fatto che l'uso di armi chimiche costituisce un crimine di guerra, assicurando sostegno ad una commissione di inchiesta internazionale guidata dalle Nazioni Unite sui recenti attacchi a Khān Shaykhūn; commissione d'inchiesta che naturalmente l'Italia sostiene e appoggia da sempre, anche se nel passato, come indicato dalla Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ossia l'OPAC, il regime di Damasco ha sempre posto seri ostacoli alle ispezioni richieste dall'OPAC stessa. È bene infatti tenere presente che ancora oggi l'OPAC denuncia discrepanze ed incompletezze nelle dichiarazioni siriane sulla consistenza del proprio arsenale chimico. Inoltre, l'ONU e l'OPAC in passato hanno già acclarato, dopo approfondite indagini, in tre casi, l'uso di agenti chimici tossici da parte delle Forze armate siriane.

Non possiamo inoltre dimenticare il massacro di Ghouta est, nell'agosto del 2013, quello a cui facevo riferimento poc'anzi, in cui perirono circa 1.400 civili a causa di attacchi multipli al gas nervino. I seguiti di quell'evento sono già storia, con un'intesa russo-americana per smantellare l'arsenale chimico del regime suggellata da una risoluzione del Consiglio di sicurezza che ha consentito all'OPAC di portare a termine un'enorme operazione di smaltimento e distruzione dell'arsenale siriano, e questo anche con il fattivo sostegno del nostro Paese. Oggi, dunque, come dicevo poc'anzi, dopo i drammatici fatti del 4 aprile, abbiamo un'altra occasione, e non la vogliamo sprecare. Il nostro contributo non verrà meno neanche in Consiglio di sicurezza, dove stiamo cercando, proprio in queste ore, di favorire un difficile consenso su una risoluzione che condanni l'attacco di Khān Shaykhūn e sostenga i meccanismi esistenti per l'accertamento delle responsabilità di quanto accaduto attraverso una rafforzata cooperazione con l'ONU e l'OPAC. Il voto dovrebbe svolgersi nel corso del pomeriggio di New York, dopo il briefing di de Mistura sugli sviluppi del processo politico. Anche se è difficile che il Consiglio di sicurezza riesca ad approvare la risoluzione per via della possibile opposizione russa, il nostro impegno per l'accertamento della verità non verrà meno, anche perché l'affermazione del principio di responsabilità di fronte a crimini gravissimi è cruciale per fare avanzare il processo politico e, in prospettiva, la riconciliazione in Siria.

Onorevoli colleghi, il risultato della riunione dei Ministri del G7 è riflesso nel suo comunicato, ed io consegnerò alla Presidenza il documento finale del G7, anzi i documenti finali del G7, perché oltre al comunicato finale c'è una dichiarazione sulla non proliferazione, il disarmo e un'altra ancora sul cyberspazio. Specificamente, per quanto riguarda la Siria, abbiamo ribadito il sostegno al dialogo politico di Ginevra secondo quanto previsto dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 2254; abbiamo ribadito la centralità del ruolo delle Nazioni Unite nel processo negoziale ed il nostro impegno per garantire l'integrità territoriale della Siria. Abbiamo inoltre esortato la Russia e l'Iran a svolgere un ruolo costruttivo e ad usare la propria influenza per convincere Damasco ad adempiere agli obblighi internazionali in materia di uso di armi chimiche. La sostanza di questi principi espressi nel comunicato del G7 è stata pienamente condivisa anche dai Paesi intervenuti alla riunione allargata di ieri mattina.

Da quanto vi ho detto potete comprendere che la nostra azione diplomatica a Lucca è stata diretta a rivitalizzare il processo a guida ONU, e dico con franchezza che solo l'abilità diplomatica dell'inviato speciale Staffan de Mistura è riuscita a tenere tale processo a guida ONU in piedi fino ad oggi. Abbiamo fatto tutto questo nella piena consapevolezza che finora sia il processo di Astana che quello di Ginevra, ovviamente per ragioni molto diverse - la loro origine, come è noto a tutti voi, è del tutto differente -, non siano stati in grado di porre fine ad un conflitto che si protrae da più di sette anni e che ha causato 400 mila vittime. Abbiamo a che fare con un regime che dimostra disprezzo per la vita umana della propria stessa gente, delle proprie donne e dei propri bambini. Ancora oggi, mentre vi parlo, il regime sta assediando centinaia di migliaia di civili nelle zone ribelli fuori dal controllo delle forze lealiste. A queste popolazioni viene impedito l'accesso al cibo, l'accesso ai medicinali, a dispetto anche degli appelli e degli sforzi delle Nazioni Unite e della comunità internazionale nel suo complesso. Ciò per dirvi che nel prossimo futuro non possiamo certo farci illusioni che ci siano scorciatoie per raggiungere la pace in Siria, siamo coscienti che ci vorrà del tempo; perché questo processo conduca a risultati concreti, ci vorrà del tempo.

Il negoziato di Ginevra va alimentato e va sostenuto con forza e con efficacia: rappresenta a nostro avviso l'unico strumento idoneo a fare dialogare le diverse parti siriane. L'Italia è sempre stata convinta, d'altronde, che non vi possa essere una soluzione militare, e che il futuro della Siria pacificata non possa prescindere dallo strumento negoziale. La nostra azione diplomatica e il negoziato nel suo insieme sono proprio diretti a convincere Mosca a prendere le distanze da Assad. L'Italia - e questa è una posizione tradizionale nostra da quando è scoppiato il conflitto, ed ho espresso anch'io questa posizione dall'inizio del mio mandato - ritiene che vadano dati ai siriani la possibilità e il diritto di esprimersi liberamente nel contesto del processo di transizione politica e costituzionale previsto dalla risoluzione n. 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Capirete bene che la permanenza o meno di Assad al potere incide non solo sulla sicurezza e sulla stabilità della Siria ma anche sulle prospettive di ricostruzione del Paese. Non si può infatti pensare di passare alla fase della ricostruzione finché le bombe fanno sentire il loro rumore e finché ancora distruggono il Paese.

Questo concetto ho espresso chiaramente a nome del nostro Paese alla Conferenza di Bruxelles sulla Siria dello scorso 5 aprile, una Conferenza peraltro importante, che ristabilisce un ruolo diplomatico dell'Europa, e ho espresso le nostre congratulazioni all'Alto rappresentante, Federica Mogherini, per l'intuizione di promuoverla ed organizzarla. Sulla ricostruzione, esattamente sulla ricostruzione, l'Europa può giocare un ruolo importante, perché l'Unione Europea, non avendo svolto quello militare, ovviamente, potrà svolgere un ruolo di leadership consono alla tradizione e alla storia europea proprio per garantire la rinascita delle istituzioni e la ricostruzione fisica e materiale della Siria.

Onorevoli colleghi, in conclusione consentitemi di spendere una parola sul G7 nel suo insieme, venendo a parlare in quest'Aula esattamente all'indomani della celebrazione del G7 degli esteri. Permettetemi di dirvi che è stato un ottimo risultato quello raggiunto, un ottimo successo anche politico, che ha avuto quella parte a cui ho ha fatto cenno, che non era prevista nel programma cioè il coinvolgimento di altri Paesi in un formato allargato del G7 e che è cominciato il giorno prima, la mattina, con un altro evento non previsto dal programma del G7 cioè la visita a Sant'Anna di Stazzema a ricordare l'eccidio nazifascista, visita che ho potuto fare insieme al Segretario di Stato americano Rex Tillerson, che ha voluto partecipare con me a questo evento, e agli ambasciatori degli altri Paesi del G7 per ricordare che le guerre ci sono e ci sono state, che ci sono state guerre che poi hanno prodotto paci che hanno, a loro volta, prodotto la nascita di decenni di pace e prosperità in un continente politico e istituzionale chiamato Europa. È stato anche un successo organizzativo e, citando l'organizzazione del G7, vorrei dire che ci sono state tensioni ai margini della zona rossa che sono state arginate per l'intervento delle forze dell'ordine e ringrazio le forze dell'ordine che hanno assicurato un ottimo servizio e un'eccellente organizzazione e sicurezza dell'evento. Il tutto si è concluso con tre comunicati a cui facevo riferimento e sul comunicato finale voglio ribadire rispetto ai venti e oltre argomenti che lo compongono che questo G7 non ha eluso alcuno degli argomenti sul tappeto nel dibattito geopolitico e di politica estera che si sta svolgendo nel mondo: dalla Siria alla Libia, dall'Ucraina all'antiterrorismo. Tutto questo mi sembra un ottimo auspicio e un'ottima preparazione per il G7 dei Capi di Stato e di Governo che si svolgerà il prossimo mese a Taormina. In conclusione vorrei dirvi semplicemente una cosa: noi siamo un Paese che conosce la pace, che ama la libertà e che ama la democrazia e tutti noi da esponenti delle istituzioni osserviamo come le guerre ci circondino e tutti noi come esponenti delle istituzioni siamo chiamati a ricordare a tutti che c'è qualcosa di bello ed importante, che noi magari abbiamo la tentazione di dare per scontato, che si chiama pace e per questo qualcosa, per questo grande ideale bisogna continuare a battersi perché non è scontato e non è ovunque. Credo che il G7 di Lucca abbia dato un piccolo contributo di lavoro per la pace in un momento in cui il mondo è sconvolto dalle guerre e vi ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD, Partito Democratico, Civici e Innovatori e Democrazia Solidale-Centro Democratico).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.

Ha chiesto di parlare la deputata Lia Quartapelle Procopio. Ne ha facoltà.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie, Presidente. Dobbiamo per la discussione di oggi avere ben chiaro il punto di partenza. Già molte altre volte abbiamo discusso in quest'Aula e anche in sede di Commissione della situazione in Siria, delle sue conseguenze per la regione e per l'Europa stessa. Oggi però discutiamo di Siria a partire dalle immagini atroci che ci sono arrivate tra il 4 e il 5 aprile da Idlib, un piccolo villaggio siriano che ha subìto un attacco con agenti chimici e dobbiamo dirci che cosa abbiamo visto in quelle immagini perché davvero cedere alla disinformazione in un caso come questo è troppo.

Dobbiamo ricordarci dei corpi di quelle persone, donne, uomini e bambini, morti senza ferite, congelati dal gas. Neanche le fonti siriane e neanche le fonti russe hanno potuto negare che quelle persone sono morte asfissiate.

Dobbiamo aver chiaro che i testimoni di quel bombardamento sopravvissuti hanno parlato di un gas che arrivava dall'alto. Dobbiamo aver chiaro che sono usciti i tracciati dell'aereo che bombardava e dobbiamo aver chiaro che i testimoni che si sono recati sul luogo hanno visto i crateri e non un deposito dei ribelli, come invece ci vuol far credere la propaganda assadista.

Dobbiamo aver chiaro che non può essere stato un incidente. I primi accertamenti medici sui sopravvissuti e sui morti hanno parlato di sintomi compatibili con il gas sarin, un gas che per sua natura è instabile e corrosivo e non può essere stoccato come pronto all'uso ma deve essere miscelato prima dell'uso. Il 4 aprile la popolazione di Idlib ha subìto un attacco aereo con gas chimico. Lo abbiamo visto tutti questo orrore, lo abbiamo visto tutti: lo ha ricordato anche ieri il Presidente Mattarella in Russia. L'uso dei gas chimici in guerra è un crimine contro l'umanità e va condannato. Non riconoscere quello che abbiamo visto fa parte di quella banalità del male alla quale gli orrori della seconda guerra mondiale dovrebbero averci vaccinato.

E, invece, alcuni gruppi politici in Italia a partire dal MoVimento 5 Stelle hanno provato a far finta di niente. Mentre il loro capogruppo in Commissione esteri si è detto disponibile a incatenarsi fuori da Palazzo Chigi in risposta ai bombardamenti americani, sui fatti orrendi di Idlib non hanno trovato la voce per dire nulla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), così come da parte dei Cinque Stelle non si è mai condannato l'uso delle barrel bomb sulla popolazione civile da parte di Assad. O sempre Di Stefano ha parlato quest'inverno della liberazione di Aleppo mentre sentivamo le voci dei civili terrorizzati dall'arrivo delle truppe di Governo perché forse il MoVimento 5 Stelle, al di là di una retorica simil-pacifista, buona per riempirsi la bocca, preferisce alla fine stare con Assad, che usa le armi chimiche contro la sua stessa popolazione, piuttosto che con la popolazione civile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non è la prima volta che dalla Siria arrivano immagini orribili: l'orrore lo abbiamo ascoltato a dicembre ascoltando le voci degli abitanti di Aleppo; lo abbiamo visto negli occhi dei profughi di Yarmouk stremati dalla fame e lo abbiamo visto nell'agosto 2013 davanti alle oltre 1.400 vittime di Ghouta uccise anche in quel caso da gas chimici. Sono tutti atti che hanno radicalizzato le opposizioni e rafforzato gli estremisti nel conflitto siriano. È Assad con la sua brutalità il principale alleato di Daesh in questo conflitto. Abbiamo visto un crimine contro l'umanità e sarebbe cinico nella discussione di oggi porre sullo stesso piano questo atto odioso e la reazione che questo ha scatenato, cioè l'attacco militare americano contro una base militare anche perché il crimine contro l'umanità di Idlib è avvenuto in palese violazione dell'unico passo in avanti concreto nel trovare una soluzione politica al conflitto siriano, cioè l'Accordo sullo smantellamento dell'arsenale chimico del regime di Assad suggellato dall'azione dell'OPAC e dalla risoluzione n. 2118 dell'ONU. Sono atti di questa spregiudicatezza che producono una risposta ferma ma proporzionata e l'atto americano deve restare tale. Quella americana contro una base militare è stata una risposta puntuale ad una atrocità. Non è una strategia per uscire dal conflitto siriano: ora serve prima di tutto, come diceva anche il Ministro e come abbiamo detto in tanti, un'iniziativa politica complessiva perché quella americana è stata un'azione unilaterale, è stata un'azione portata avanti in solitudine anche perché non c'era nessuno, a partire dall'Europa, che fosse disposto a imbastire una risposta ad Idlib, oltre a dire “mai più”. Dobbiamo dirci anche questo con franchezza: c'è stata troppa distanza in questi cinque anni tra le nostre dichiarazioni di principio e il rassegnarsi nei fatti a fare i conti con la realtà sul terreno, a partire dal regime di Assad. Questo atteggiamento ci ha sostanzialmente consegnato all'impotenza e ha lasciato spazio perché agissero attori più spregiudicati come la Russia o l'Iran. Molti commentatori hanno sottolineato come dobbiamo evitare che si ripetano gli orrori del 2003, di una fuga in avanti americana che ha avuto tanta influenza sulle dinamiche anche presenti del Medioriente. Se vogliamo che l'attacco americano resti solo una risposta e non una strategia serve una presenza europea chiara e univoca. Oggi sulla Siria non sono in discussione solo i principi su cui si basa la nostra civiltà ma anche il nostro interesse comune europeo. La crisi siriana ha un effetto diretto sulla nostra stabilità e sicurezza: è dalla Siria che arrivano i profughi e l'esistenza di Daesh alimenta le fantasie e in alcuni casi anche le azioni dei militanti jihadisti…

PRESIDENTE. Concluda.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. …che si radicalizzano nelle nostre società. Serve una soluzione politica. Il Ministro Alfano ci ha raccontato come è stato utilizzato intelligentemente il G7 di ieri. Serve dire che Assad non è la soluzione. Serve prestare aiuto alla popolazione civile a partire dai corridoi umanitari e serve soprattutto fare i conti con le potenze regionali fondamentali ma che non possono essere da sole una soluzione al conflitto siriano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandro Di Battista. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO DI BATTISTA. Signora Presidente, deputati, Ministro Alfano, mi rendo conto che ormai il Partito Democratico si stia comportando come forza di opposizione e, frustrato, inserisca il MoVimento 5 Stelle all'interno di ogni suo discorso ma da chi ha avallato il programma F-35, da chi ha avallato l'assurdo bombardamento di Belgrado, da chi ha avallato la guerra in Afghanistan e da chi si è calato le braghe di fronte a Sarkozy per l'intervento in Libia non accetteremo mai lezioni: vergognatevi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Adesso parliamo di cose più alte del Partito Democratico, suo alleato Ministro Alfano. Nel 1983 Donald Rumsfeld venne inviato dal Presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, a Baghdad ad incontrare Saddam Hussein.

Gli USA allora sostenevano militarmente l'Iraq in chiave anti Iran. Saddam era già un dittatore, ma evidentemente non era ancora un dittatore nemico dell'Occidente. Nel 2009, Gheddafi viene ricevuto al Quirinale, dall'ex Presidente Giorgio Napolitano, mentre nel 2010, l'ex Premier Berlusconi gli baciò la mano a Gheddafi. All'epoca, Ministro Alfano, lei era Ministro della Giustizia e Gheddafi era già un dittatore, ma evidentemente anche lui non era ancora un dittatore nemico dell'Occidente. Sempre nel 2010, e sempre l'ex Presidente Napolitano, incontrò a Damasco proprio Assad e lo definì: esempio di laicità e difensore delle libertà; Assad era già un dittatore, ma evidentemente era un dittatore amico dell'Occidente, o del Governo italiano, o di Napolitano stesso. L'impressione che si ha guardando questi ultimi trent'anni di ingiustizie, di guerre, di invasioni mascherate da missioni di pace, di orrendi attentati terroristici, di bombe intelligenti che intelligentemente però uccidono donne e bambini, di armi chimiche vendute o usate, e il Movimento condanna qualsiasi attentato con le armi chimiche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) vendute e usate contro i civili, l'impressione che si ha, è che per i potenti della terra non siano un problema i dittatori in sé, al contrario i dittatori diventano un problema quando smettono di avallare i progetti dell'imprese petrolifere, quando smettono di fare affari con i Paesi occidentali, quando decidono di bloccare un gasdotto nel loro Paese. Quando smettono di trattare con l'Occidente diventano un pericolo, perché fino a che sono disposti a fare affari con le più grandi imprese della terra, e nonostante innumerevoli azioni liberticide o violazioni dei diritti umani, vi guardate bene persino da definirli dittatori. Voi, maestri delle truffe semantiche e delle truffe con le parole, li definite: uomini forti, necessari alla stabilità di qualche Paese complicato. Ebbene, per noi, i dittatori sono sempre dittatori e sono sempre, dovunque essi siano e con chiunque essi trattino, un pericolo per la libertà dei popoli. Ma è diritto, anzi dovere di quei popoli stessi destituirli, non delle bombe straniere, altrimenti le condizioni che si creano sono ancora peggiori. Non vi è bastato l'Iraq? Non vi è bastato l'Afghanistan? Non vi è bastata la Libia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Voi siete corresponsabili!

Credete che basti andare in qualche salotto televisivo e fingersi analisti a parlare di errori del passato per mettersi a posto la coscienza. Presidente e Ministro, oggi quella terza guerra mondiale a pezzetti, come la definì Bergoglio, è sull'orlo di scoppiare definitivamente. Navi da guerra, russe o americane, scorrazzano nel Mediterraneo, il nostro mare; vi sta bene tutto questo? A noi, no. Oggi le Nazioni Unite dimostrano la loro totale inconsistenza; vi sta bene tutto questo? A noi, no. L'Italia un Paese che per due volte con un referendum popolare ha rifiutato il nucleare, che ha firmato e ratificato il Trattato di non proliferazione nucleare oggi è pieno zeppo di ordigni nucleari sotto le nostre case; questo a voi sta bene? A noi, no. Oggi la NATO, alleanza nata a scopo difensivo, che si è trasformata in uno strumento di aggressione, evidentemente a voi sta bene; a noi, no!

L'Italia è un piccolo ma grande Paese, Ministro Alfano, e dovrebbe giocare, anzi può giocare un ruolo decisivo nella difficilissima costruzione della pace e del disarmo globale. Possiamo essere un ponte con la parte est del globo, ma ci avete voi trasformati in un muro limitando le nostre potenzialità interne sia sul piano produttivo che economico e politico, e tutto questo per avallare politiche che non ci riguardano. Basta guardare le stupide sanzioni europee alla Russia che hanno provocato una perdita di svariati miliardi di euro per il nostro made in Italy e di pari passo l'accordo sui migranti firmato con il premier turco Erdogan un altro rais, un altro dittatore, ma un altro di quei dittatori che evidentemente ancora vi sta bene perché ancora utile all'Occidente. L'Italia deve mantenere solide relazioni con gli Stati Uniti d'America, se possibile aumentarne di qualità e quantità, ma essere alleati non significa essere sudditi. Trump fino alla settimana scorsa era criticato, a volte più che ragionevolmente, da più parti, poi è bastato un bombardamento deciso più per stroncare critiche interne che per risolvere la questione siriana, per renderlo simpatico a guerrafondai occulti che sono presenti anche in quest'Aula di Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Costruire la pace è un percorso immensamente più difficile che schiacciare un bottone e inviare qualche dozzina di missili, ma è un percorso che va fatto, che noi siamo pronti a fare. Non ce lo chiede l'Europa, non ce lo chiede la NATO, non ce lo chiede la Federazione Russa, ma ce lo chiede un popolo sovrano che non vuole la guerra, anche perché la guerra, quella vera, un'altra guerra vera, la sta vivendo in casa ogni giorno e si chiama mafia, disoccupazione, si chiama ingiustizia sociale. Fino a che occuperete quelle poltrone, Ministro Alfano, e si spera ancora per poco, occupatevi di questa guerra, perché il popolo italiano non vuole la guerra. Quel popolo che costantemente ignorate. Guardi la Libia, guardi l'Afghanistan, guardi l'Iraq e magari guardi anche la Siria: evidentemente continuate a volere ignorare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Carfagna. Ne ha facoltà.

MARIA ROSARIA CARFAGNA. Presidente, signor Ministro, di fronte a tutto quello che è successo in Siria, non solo negli ultimi giorni, ma anche negli ultimi anni, intanto mi lasci dire che è molto triste vedere che ci sono alcune forze politiche che su questi temi, di fronte alle immagini che abbiamo visto in questi giorni, decidono di fare propaganda (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) soltanto in una logica di produzione del consenso; è triste ed è anche indegno.

Ma soprattutto, alla luce delle immagini che sono arrivate dalla Siria negli ultimi giorni, alla luce di quello che è successo in Siria negli ultimi anni, non solo negli ultimi giorni, io credo, Ministro, che sarebbe limitativo se noi ci riducessimo a giudicare, a condannare o ad approvare l'attacco di Trump in risposta alle armi chimiche di Assad. Sarebbe azzardato, perché ci sono delle responsabilità che vanno ancora accertate e sarebbe offensivo per tutti quei bambini, quelle donne, quelle famiglie, per quelle centinaia di migliaia di vittime, per quei milioni di profughi e di sfollati, la cui esistenza è stata annientata, stravolta da una guerra che non dura da qualche settimana, ma che dura da più di sei anni.

Di fronte all'ennesima carneficina, di fronte all'ultimo spietato attacco aereo con armi chimiche, che ha colpito persino un ospedale, facendo strage di donne e di bambini, l'America ha deciso di reagire con un intervento che sicuramente desta preoccupazione, che sicuramente suscita molte perplessità dal punto di vista del rispetto del diritto internazionale, ma che non può non essere considerato come una risposta a quello che è un crimine di guerra e anche come un monito affinché si fermino la proliferazione e l'uso delle armi chimiche in Siria, e non solo in Siria, perché l'eco di questo attacco si farà sentire anche in Iran, in Yemen e in Corea del Nord.

Non credo onestamente che la comunità internazionale sia rimasta sorpresa da questo attacco. Credo sia stata piuttosto l'assenza dell'America negli ultimi anni ad aver stupito e sorpreso il mondo. Quell'assenza ha creato un vuoto, un vuoto che Putin ha colmato, spesso ottenendo anche il plauso di parte della comunità internazionale per avere avuto il coraggio di sfidare l'ISIS sul suo stesso terreno.

Oggi l'America ritorna a giocare quello che da sempre è stato il suo ruolo storico e il tema è che il nuovo ruolo che l'America ha deciso e ha scelto di giocare pone tutti voi dinnanzi ad una nuova sfida.

Ministro, è il tempo delle scelte, ma è anche il tempo dell'azione, del senso di responsabilità, ma anche della coerenza e della determinazione. Basta retorica, ne abbiamo sentita tanta, troppa, anche in questi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). Basta assenza di visione e basta assenza dell'Europa. Dove è l'Europa in questi giorni? Con quali e con quante voci continua a parlare l'Europa su questi temi?

È il tempo delle scelte e di decidere se girare la faccia dall'altra parte, di fronte ai terroristi e di fronte alle atrocità della guerra, oppure se assumersi la responsabilità di scelte necessarie per difendere la democrazia, i diritti, le libertà e per costruire la pace.

Credo che l'Italia sappia bene da che parte stare, ce lo auguriamo, così come vogliamo credere che anche la Russia abbia le idee chiare in merito. Ma noi, Ministro, dobbiamo fare di più. Dobbiamo esercitare un ruolo, dobbiamo esercitare il nostro ruolo, quello che ci deriva dall'essere punto di incontro da sempre tra Stati Uniti e Federazione di Russia. Abbiamo il dovere di fare la nostra parte come membro del G7, che ci auguriamo ritorni presto ad essere G8, come Paese fondatore dell'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente), come membro della NATO, come membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Dobbiamo spingere l'Europa a fare la sua parte e, allora, abbiamo il dovere di costruire e di favorire il dialogo tra Stati Uniti e Russia nello spirito a noi tanto caro, ma anche a lei tanto caro, di Pratica di Mare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). Perché nel 2002 Silvio Berlusconi fece la storia, allargando la NATO alla Federazione russa, e aveva ragione.

Anche oggi senza il dialogo tra i principali attori coinvolti non sarà possibile trovare una soluzione, perché la soluzione alla crisi siriana e la stabilità del quadrante mediorientale non passa da un attacco missilistico degli Stati Uniti unilaterale, ma passa dalla capacità di riprendere il negoziato e il processo di pace e di trovare un accordo tra Russia, Stati Uniti, Unione europea, Cina e Paesi arabi moderati.

Ieri, il Presidente Sergio Mattarella ha indicato la strada dicendo che serve maggiore collaborazione contro il terrorismo, perché solo uniti si può sconfiggere il terrorismo e le guerre. Chiediamo al Governo un atto di coraggio. Chiediamo di allargare il G7 alla Russia, di invitare Putin al summit, perché, Ministro, sarebbe questo il primo passo per porre basi solide per avviarsi veramente verso una risoluzione pacifica, negoziale e diplomatica della crisi siriana e per lottare contro il terrorismo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Arturo Scotto. Ne ha facoltà.

ARTURO SCOTTO. Grazie, signora Presidente. Io eviterei in questa fase una discussione su chi ha più responsabilità del passato. Serve a poco. Guardiamo cosa c'è oggi in Siria e guardiamo quella guerra che è stata definita, giustamente, senza testimoni. E proviamo anche a fare un elenco dei numeri, perché forse ripartendo dai numeri riusciamo a capire cosa si deve fare, come si deve agire, perché deve cessare questo conflitto e qual è la funzione del nostro Paese e del nostro continente. Secondo il Syrian Observatory for Human Rights, l'istituto britannico di monitoraggio del conflitto, dopo sei anni di guerra siamo a quasi 500 mila vittime, 321 mila morti e 145 mila dispersi, 6 milioni e mezzo di sfollati interni e 4,8 milioni di rifugiati, distribuiti tra Turchia, Libano, Giordania, Egitto ed Iraq.

Quando ascolto alcuni colleghi alzare muri e barriere rispetto a qualche migliaia di persone che scappano dalla Siria e vogliono venire in Italia, vorrei ricordare che la Giordania, che ha 6 milioni e mezzo di abitanti, ne ospita un milione e mezzo. Secondo Save the children, due bambini su tre hanno perso un familiare, il 50 per cento dei bimbi non può più andare a scuola e un bambino su quattro soffre di disturbi mentali.

Allora, Ministro Alfano, lei ha raccontato per filo e per segno cosa è successo nel G7, soluzione politica e non militare. Benissimo, ma occorre darsi una mossa e occorre che l'Europa abbia una qualche funzione e la rivendichi, altrimenti ha ragione Romano Prodi quando dice che l'Europa è contenta, soprattutto contenta di non esserci.

Io inviterei ad avere un po' più di prudenza rispetto alla proporzionalità degli attacchi. Credo che abbia ragione l'onorevole Carfagna quando dice che questa vicenda non si risolve con l'unilateralismo.

Penso che ci troviamo di fronte a un crimine contro l'umanità - di nuovo l'uso delle armi chimiche -, ma penso anche che la comunità internazionale debba avere una risposta corale. E la risposta corale deve essere non una escalation militare, subito un cessate il fuoco, dare forza e sangue, come viene detto alla Conferenza di Ginevra, coinvolgendo tutti gli attori in campo, comprese quelle potenze regionali, che vanno messe di fronte alle loro responsabilità perché per troppi anni hanno ballato sul cadavere della Siria e hanno costruito esperimenti pericolosi, che, come tutti quanti noi sappiamo, hanno dato vita allo Stato islamico e a quella proliferazione di gruppi ribelli e jihadisti che sono al centro, oggi, di un intervento difficile e complicato di sradicamento.

Occorre anche buttare un occhio, per questo è necessario coinvolgere le potenze regionali, su quello che accade in queste ore in un altro Paese del quadrante mediorientale, che si chiama Yemen, e provare a tirare anche lo Yemen dentro una grande questione - e chiudo - che riguarda oggi tutti noi e riguarda innanzitutto l'Europa.

Il Medio Oriente va disarmato, signor Ministro, non va ulteriormente armato. Occorre una grande conferenza di pace sul Medio Oriente, che tocchi tutti quei Paesi che oggi, all'indomani delle primavere arabe, sono attraversati da insorgenze terroristiche - ce lo dice l'Egitto di qualche giorno fa - o da una guerra permanente senza testimoni, come la Siria, o da una difficile risoluzione, come il Libano, o dallo Yemen, in un'altra guerra e in un altro conflitto non raccontato. Noi pensiamo questo e pensiamo che questo sia il ruolo dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fabrizio Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Grazie, Presidente. Siccome condivido l'intervento che ha fatto poco fa l'onorevole Quartapelle Procopio e anche la parte iniziale dell'intervento dell'onorevole Carfagna, vorrei fare qualche osservazione all'onorevole Di Battista, guardando quello che è successo nel passato.

La rivoluzione siriana è stata quella più laica, più moderata e più pacifica nelle sue origini, nel 2011. Contro quella rivoluzione, Assad ha scatenato una repressione armata. Quella rivoluzione si è rivolta all'Occidente, agli Stati Uniti, all'Europa e dall'Occidente e dall'Europa non ha avuto alcun sostanziale appoggio.

A quel punto c'è stato un inserimento di componenti jihadiste. Noi non dobbiamo mai dimenticare questo punto di partenza e non dobbiamo neanche dimenticare l'anno cruciale del 2013, nel quale ci fu un intervento armato di Assad con bombe chimiche e circa 140 morti. Non ho il tempo di enumerarli ma interventi di questo tipo ci sono stati altre otto volte. I negazionisti che adesso si affacciano mi ricordano tanto i negazionisti alla Irving che ci hanno spiegato che non esisteva la Shoah, che non sono esistiti i lager e così via (Applausi).

Ebbene, noi abbiamo avuto, in seguito a questo, tre terrorismi sostanziali in campo: quello di ISIS, un terrorismo di stampo iraniano sciita con Pasdaran e hezbollah e un terrorismo di Stato. Tutto ciò ha prodotto 500 mila morti e alcuni milioni di rifugiati. E malgrado ciò, l'esercito di Assad stava per collassare, fino a quando, onorevole Ministro, Putin nel 2015 ha preso in mano la situazione e ha, come dire, diretto egli le operazioni militari del fronte Assad.

Per questo le responsabilità della Russia sono molto rilevanti, e adesso dovrebbe fare una inversione ad “u” rispetto ad un alleato certamente molto, molto imbarazzante, che però la Russia ha sostenuto finora, non soltanto a parole, ma con la forza delle armi. Allora, vedo che nell'analisi di Di Battista scompaiono gli Stati reali che in Siria hanno bombardato, ucciso e fatto tutto quello che è successo.

In questo quadro, non dimentichiamoci che, nel gennaio del 2017, gli Stati Uniti hanno avuto la più grande umiliazione possibile, perché vennero esclusi dall'incontro sulla Siria di Russia, Turchia e Iran, e questo spiega e giustifica la mossa che ha fatto Trump, che è una mossa di intervento ben delimitato, che serve a far sì che si possa ricominciare a trattare, il che mette la Russia di fronte alle sue gravissime responsabilità.

Onorevole Ministro, altrettanto gravi sono quelle del mondo iraniano sciita, che è andato in Siria. Non dimentichiamoci che in Siria c'è il 75 per cento di popolazione sunnita e gli alauiti sono una ristretta minoranza, che gestiscono il potere in questo modo. Se non si dà voce e spazio ai sunniti siriani, noi non riusciremo mai a pacificare la situazione.

Quindi, noi oggi siamo di fronte - lo sono gli Stati Uniti, lo è la Russia, lo è l'Iran, ma lo è in primo luogo un'Europa finora assente -, a delle gravissime e grandissime responsabilità, perché è indubbiamente vero quello che lei ha detto, cioè che dalla Siria si esce solo con una soluzione pacifica, ma, perché ci sia una soluzione pacifica, occorre che finisca l'asimmetria per cui alcuni cercano di fare la pace e altri li bombardano, magari con armi chimiche (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, noi non abbiamo, anzi vorremmo avere, le certezze della collega Quartapelle Procopio e del presidente Cicchitto sulla mano che ha effettivamente usato e armato quelle bombe col gas, che ha creato quei morti, in quelle immagini atroci. Purtroppo, non ce l'abbiamo e anche lo stesso Ministro ha richiamato la necessità di una Commissione d'inchiesta per verificare cosa effettivamente sia successo in quel quadrante.

Noi non neghiamo nulla, semplicemente non abbiamo certezze. Ci sono versioni assolutamente contrastanti e attendiamo che chi ne ha la possibilità sul campo ci dica cosa effettivamente è accaduto.

Quindi, ben venga questa Commissione d'inchiesta; ci fa piacere che al Ministro Alfano piacciano le Commissioni d'inchiesta, peccato che gli piacciano solo ed esclusivamente quando sono all'estero, non quando riguardano i casi tipo quello della Shalabayeva. Però, tant'è.

Noi andiamo avanti, perché andiamo ad analizzare quello che è successo da un punto di vista geopolitico. La nuova Amministrazione americana, in questa circostanza, ha dato dimostrazione di una scaltrezza, di una determinazione e di una freddezza unica, perché ha utilizzato la forza militare in maniera limitata e circoscritta, non per alterare quella che è la correlazione esistente tra le parti in campo, ma per segnalare due circostanze. La prima: loro nello scenario siriano ci sono, sono presenti e sono intenzionati a farsi ascoltare; la seconda: per quanto Assad, i russi, gli iraniani di Hezbollah, in questo momento, abbiano una sorta di vantaggio sul campo, non sono i signori onnipotenti in quello scenario.

Con questa determinazione dimostrata dagli Stati Uniti, Trump ha ottenuto di fatto un risultato di grande importanza, a nostro avviso. Ha provato che la capacità russa di proteggere i propri alleati è, sì, efficace, ma contro le minacce provenienti da potenze medie e piccole e si arresta, invece, di fronte a quella degli Stati Uniti.

Si potrà discutere se e fino a quando gli americani continueranno ad occuparsi degli affari del resto del mondo - questo è un altro tema -, ma nessuno dovrà dubitare del messaggio che viene da quei missili scagliati la notte di venerdì scorso: l'America vuole rimanere la prima potenza militare e politica del pianeta e sfidarla è assolutamente velleitario.

Questo naturalmente non vuol dire che si debba sempre e comunque rinunciare a difendere il proprio interesse, anzi, è vero l'esatto contrario. Lo stesso Presidente Trump ha riconosciuto, il giorno del suo insediamento, che tutti gli Stati del mondo hanno il diritto di perseguire i propri interessi, senza però inseguire improbabili sconvolgimenti nei rapporti di forza su cui poggiano gli equilibri, delicati equilibri, internazionali.

Noi siamo alleati leali, ma non possiamo essere amici sempre e comunque accondiscendenti: questo è un punto, è un dato di fatto. Non sappiamo neanche quale direzione, in questo momento, l'Amministrazione Trump voglia intraprendere sul piano sulle scelte geopolitiche, visti i rimaneggiamenti che ci sono stati nel Consiglio nazionale della sicurezza (Bannon, Flynn, il nuovo generale McMaster, che in questo momento lo governa); quello che però è evidente è che vi è un indubbio recupero di influenza da parte di quei settori del cosiddetto Deep State americano, che erano e sono ostili alla piega isolazionista che Trump era parso voler prendere all'inizio del suo mandato.

Piaccia o meno, la nostra condotta nazionale non potrà che risentirne. Si tratta, quindi, di perseguire i nostri interessi con maggiore prudenza, in particolare, senza contrapporsi troppo apertamente agli Stati Uniti, anche quando saremo tentati di consolidare i nostri rapporti con i Paesi con cui adesso Washington è di nuovo in rotta di collisione.

È importantissimo salvaguardare la tenuta dei grandi accordi di non proliferazione e, in Siria, il rispetto degli impegni di Assad presi nel 2013, ma non possiamo avere dubbi nel continuare con determinazione a combattere il jihadismo di Al Qaeda e del Daesh.

Occorre, inoltre, evitare che alla Russia e a Putin venga imposta una punizione troppo severa, e lo dobbiamo non tanto ai russi, ma a noi stessi, in prospettiva futura. Apprezziamo, quindi, che il nostro Paese continui a sostenere la necessità di non isolare la Russia, senza tuttavia, in alcun modo, tradire la nostra appartenenza all'Alleanza atlantica. Troviamo positivo che il G7 a livello dei Ministri degli esteri abbia respinto l'idea di sanzionare nuovamente Mosca e abbiamo anche notato l'equilibrio all'approccio adottato dal Capo dello Stato nel corso della sua visita al Cremlino. Al Governo suggeriamo, quindi, di far quanto nelle sue possibilità per contribuire a distendere gli animi in Europa, senza rinunciare all'intransigenza nei confronti dei terroristi.

Dovremo, altresì, prepararci a nuovi possibili scossoni, specialmente nel nostro contingente in Libano, che potrebbe trovarsi a fronteggiare una situazione nuovamente incandescente e dovrebbe, forse, essere ritirato.

Pensiamo, infine, che Assad abbia, di fatto, i giorni contati. La differenza, però, sugli scenari futuri la farà - e ho concluso, Presidente - con quale percorso verrà di fatto sostituito, se quello diplomatico o quello militare. Noi ci auguriamo sinceramente, se questo accadrà, che sia il primo scenario, quello diplomatico, perché quello militare presupporrebbe due cose: una nuova Libia e un rafforzamento dell'ISIS, che non ci possiamo assolutamente permettere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Erasmo Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO. Grazie, Presidente. Signor Ministro, lei ha definito la risposta americana all'attacco di Idlib proporzionata, motivata e comprensibile. Noi lo definiamo un atto di guerra arbitrario e unilaterale, contrario al diritto internazionale ed è esattamente da questa differenza di valutazione che noi vorremmo proporre a quest'Aula parlamentare una riflessione politica su qual è oggi il ruolo delle Nazioni Unite, della NATO e anche dell'Unione europea dentro questo nuovo scenario globale.

Lo dico, perché l'atto arbitrario e unilaterale di guerra del Governo americano promosso da Trump, di fatto, ci riporta a un'idea del Far West del diritto internazionale, in cui anche il ruolo delle Nazioni Unite è cancellato da quei 59 missili lanciati sulla base siriana. Lo dico perché, signor Ministro, io credo che oggi, nel momento in cui lei viene qui a dirci che la discussione sul conflitto siriano più avanzata la fate in ambito G7, c'è già lì l'idea che questo Governo e che i Governi del G7 hanno delle Nazioni Unite.

Allora, davanti a questo scenario, il rischio concreto è la fine del ruolo delle Nazioni Unite come luogo di intermediazione e per dare vita a soluzioni diplomatiche ai conflitti. Le Nazioni Unite sono il luogo in cui andava esperita anche un'indagine per accertare e certificare le responsabilità sui morti di Idlib, esattamente come pensiamo che debba, dentro le Nazioni Unite, essere istituito un tribunale per i crimini di guerra commessi, durante tutta la guerra siriana, dal regime di Assad, ai responsabili dei massacri dell'ISIS, arrivando fino anche alle forze di opposizione, che non sono dei sinceri democratici in Siria.

Così il ruolo dell'Europa, che è esattamente quello che viene cancellato dentro lo scontro bipolare e la prova di forza tra Trump e Putin e i loro intermediari in Medio Oriente, l'Europa, che scopre, la mattina, di un attacco di questa portata, che ha conseguenze oggettivamente molto complicate anche per noi.

Noi vorremmo fare in quest'Aula una discussione vera, riportare a parole di verità quello che sta accadendo in Siria, ma anche le responsabilità politiche gravi che questo Governo e i governi occidentali hanno rispetto alla condizione del Medioriente. C'è un momento in cui qualcuno si assumerà la responsabilità politica del disastro prodotto con l'intervento in Afghanistan, del disastro prodotto con l'intervento in Iraq. Stiamo ancora aspettando le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, che hanno giustificato un intervento, che ha distrutto tutta la regione mediorientale, creando condizioni di caos in cui è stata possibile anche la nascita di un fenomeno e di una minaccia terroristica spietata come l'ISIS.

Chiediamo una discussione vera e un bilancio su cosa ha significato l'intervento in Libia e chiediamo una discussione vera su che cosa significhi oggi esportare la democrazia così come ci spiegate, perché è veramente complicato capire come si fa ad immaginare che Assad sia un pericolo per la salvaguardia dei valori dei diritti umani e della pace, cosa che noi condividiamo, e chiudere gli occhi su quello che sta accadendo in Turchia, su quello che sta accadendo in Yemen e su quello che sta accadendo in Egitto. Noi non pensiamo che la soluzione in questi Paesi sia una guerra, per carità, ma almeno una parola di condanna sui massacri che il Governo di Erdogan sta facendo nei confronti della popolazione curda nel sudest del Paese. Il massacro di Cizre, per quaranta giorni assediata nel sud-est della Turchia, non ha niente da invidiare a quello di Deir. Ci sono le fotografie dei bambini morti carbonizzati in quegli attacchi e nessuna parola di condanna dei crimini di un dittatore come Erdogan si è sollevata dai Governi europei, così come non solo nessuna parola si è levata da questo Governo su quello che sta accadendo in Yemen ma avete anche autorizzato la vendita di bombe italiane con cui vengono massacrati i civili in Yemen dalle forze aeree saudite, che sono nostre alleate nel conflitto siriano di cui noi siamo anche parte e responsabili e che abbiamo, infatti, invitato al tavolo del G7. Vi siete dimenticati di discutere la questione dello Yemen al tavolo del G7, signor Ministro?

L'Italia ripudia la guerra e questo dovrebbe essere il principio fondamentale a cui si attiene la politica estera del nostro Paese. Purtroppo, l'Italia pratica la guerra e la pratica nella sua economia, la pratica quando Leonardo, ex Finmeccanica, decide di dismettere il civile e di investire sull'economia di guerra, la pratica quando diventa uno dei principali esportatori di armi in Medio Oriente. Noi siamo responsabili con le nostre politiche di quel conflitto che oggi diciamo di voler risolvere con la via diplomatica. Armiamo i terroristi, armiamo la guerra e poi diciamo, a parole, di volerla contrastare. E allora la pace è una politica, e concludo signora Presidente; la pace è una politica, signor Ministro. Noi dovremmo proporre in sede ONU l'apertura di una fase negoziale che veda una conferenza di pace regionale in Medi Oriente…

PRESIDENTE. Concluda.

ERASMO PALAZZOTTO. …in cui coinvolgere, per esempio, le forze democratiche curde, che nel nord della Siria sono un pezzo fondamentale e dovremmo proporre una moratoria sulla vendita di armi ai Paesi coinvolti nei conflitti in Medio Oriente, a partire dall'Arabia Saudita e dalla Turchia che sono i principali finanziatori di questo conflitto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Monchiero. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Non posso non cominciare prendendo spunto dall'intervento del collega Palazzotto che ha ripreso oggettivamente, anche se con maggiore garbo istituzionale, quel frullato di storia che il collega Di Battista ci ha urlato a squarciagola e del quale onestamente io non ho capito nulla. L'unica cosa che ho compreso è che Di Battista si propone l'idea di riformare l'ONU. Ora, non dubito che l'ONU abbia bisogno di essere leggermente riformata - non da Di Battista, per carità - ma dubito che da quest'Aula possa arrivare una sufficiente energia per poter cambiare un'istituzione che ogni tanto ci delude.

Io vorrei tornare un attimo alla Siria, però. In Siria vi è una situazione così complicata e contorta che basterebbe da sola a confonderci la mente e a rendere difficile ogni proposta di soluzione. Dunque, torniamo alla Siria. La Siria è un teatro di una guerra ormai lunga, di una guerra che si combatte da anni e che ha fatto centinaia di migliaia di vittime, come alcuni colleghi hanno giustamente e opportunamente ricordato, ma è soprattutto una guerra dove ci sono nodi inestricabili, dove gli alleati di Tizio sono i nemici di Caio che però è alleato di Tizio, dove le interconnessioni di tensioni religiose, etniche e politiche, animate naturalmente anche da impropri e inopportuni interventi internazionali, hanno fatto sì che quel conflitto sia diventato forse uno, nello scacchiere mondiale, che attende una soluzione con le maggiori difficoltà.

In tutta onestà intellettuale, dato che ho il vizio di credere a quello che dico, anche per rispetto di me stesso, mentre in quest'Aula sono spesso portato a credere che i colleghi non credono a quello che dicono perché, se ci credessero, dovrei dare un giudizio troppo negativo sulla loro intelligenza, l'altra mattina, quando abbiamo letto la notizia dell'intervento americano, effettivamente sono stato animato da un pensiero e da una valutazione fortemente negativa. Di primo acchito, mi è sembrato un intervento estemporaneo, non solo in contrasto con le norme del diritto internazionale, che ormai è abitualmente calpestato da qualche decennio - e non sarà certamente questo episodio a sconvolgerlo più di quanto non lo fosse già -, ma perché mi sembrava del tutto inopportuno sotto il profilo politico, data la complessità, già prima ricordata, di quel teatro di guerra. Vedendo, però, gli sviluppi successivi, ho la sensazione che invece questo atto, in sé ingiusto, possa avere, invece, degli sviluppi positivi. Le parole che il nostro Presidente ha detto ieri rivolte alla Russia e all'autocrate russo Putin - per qualcuno amico, per qualcun altro un po' meno - sono parole di buonsenso, sono parole di coinvolgimento, sono le parole che quest'Aula deve, credo unanimemente, condividere. Sono parole, signor Ministro, che lei ha già detto prima di condividere e che noi la invitiamo a tenere come faro della nostra azione politica per le prossime settimane e per i prossimi mesi.

La questione della Russia e della Siria è una questione che va affrontata parlando innanzitutto con la Russia. Il fatto che gli Stati Uniti siano intervenuti, mettendo un piede sul tavolo, una scarpa sul tavolo, dimostra comunque che c'è una volontà di prendere in considerazione la Siria. Ora da questa volontà del mondo internazionale di riportare alla luce il conflitto siriano noi auspichiamo che possa nascere una prospettiva di trattativa di pace a cui segua davvero la pace. Il G7 è andato in questa direzione e il suo intervento, signor Ministro, è andato in questa direzione. Credo, però, che il G7, rispetto a questo problema, sia un teatro un po' troppo debole, che questo argomento debba essere ripreso in tutte le sedi opportune e che sia auspicabile che l'Europa parli, come le capita di rado in politica estera, a una sola voce e che dia il suo piccolo contributo a riportare la ragione in una regione particolarmente sconvolta dalla guerra (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rabino. Ne ha facoltà.

MARIANO RABINO. Grazie, Presidente. Signor Ministro, abbiamo ascoltato con attenzione la sua informativa sulla situazione siriana e non possiamo che condividerne l'impianto di fondo, sulle strategie da adottare per porre fine il prima possibile al conflitto in Siria - sul punto tornerò in seguito - e sull'azione dell'Italia ben esemplificata dal recente vertice di Lucca, un'Italia che non si limita ad osservare, auto-relegandosi a ruolo di attore non protagonista, ma che, al contrario, favorisce ed incalza la comunità internazionale.

Abbiamo ascoltato con attenzione, dicevamo, ma mista anche a preoccupazione, la stessa che emerge quando avvengono fatti che destano clamore come gli attacchi di Ghouta dell'agosto 2013 e i più recenti di Idlib e i seguenti bombardamenti americani. Ma a sconvolgere non dovrebbero essere solo questi eventi che richiamano l'attenzione mondiale, ma tutto ciò che accade in Siria da ormai sette anni a questa parte. Un conflitto che, come puntualmente ha ricordato lei stesso, signor Ministro, ha provocato oltre 400 mila vittime e oltre 10 milioni tra profughi e sfollati, senza considerare l'impatto sociale ed economico su una popolazione stremata e provata. Se le immagini dei bambini vittime degli attacchi chimici toccano i cuori, non possiamo scordarci che molti altri bambini sono morti durante questa guerra e molte altre persone moriranno se non interveniamo con le armi che sono proprie delle democrazie occidentali, cioè quelle della diplomazia. E proprio su questo punto, signor Ministro, mi permetto di fare alcune modeste puntualizzazioni alla sua informativa, informativa di cui - lo ribadiamo - condividiamo l'impianto e le linee-guida. La Siria sarà pacificata solo con lo strumento negoziale di fronte ad un Assad screditato, imprevedibile; fondamentale, come ha ricordato, rilanciare le trattative per evitare un'ulteriore escalation; sacrosanto dire “no” a soluzioni militari del conflitto; necessario coinvolgere gli altri attori coinvolti nello scenario regionale, facendo loro comprendere che una soluzione è possibile se e solo se ognuno fa la sua parte senza pretese di autosufficienza e senza ambiguità e ambivalenze. Opportuno il richiamo alla Russia, e salutiamo quanto mai positivamente la visita del Presidente della Repubblica, Mattarella, a Mosca in queste ore, così come rincuora il dialogo aperto con l'Iran. Magari, tra i Paesi citati, signor Ministro, meriterebbe aggiungere una riflessione anche sulla Turchia, che tanta parte ha giocato tra ambiguità e imprevedibili connivenze nelle differenti fasi di questo conflitto.

Il 20 dicembre 2016, si è svolto un vertice a Mosca tra i Ministri degli esteri e della difesa di Russia, Turchia ed Iran, che si è concluso con una dichiarazione congiunta trilaterale che, tra le altre cose, prevedeva il riconoscimento della sovranità, dell'indipendenza e dell'integrità territoriale della Siria; riconoscimento del ruolo essenziale delle Nazioni Unite nella soluzione della crisi; accoglimento dell'evacuazione di civili; importanza dell'estensione del cessate il fuoco e dell'assistenza umanitaria a tutto il Paese; assunzione del ruolo di facilitatori e garanti dell'accordo futuro tra Governo e opposizione siriana; rinnovo dell'impegno a combattere congiuntamente Daesh e anche al-Nusra e a staccarli dall'opposizione; impegni precisi assunti da attori decisivi e principali. Signor Ministro, ripartiamo da qui; non si tratta di aprire altri fronti, ma di richiamare alle responsabilità tutti, nessuno escluso.

Dicevamo della negoziazione come arma primaria: imprescindibile è il ruolo della comunità internazionale, e sotto questo punto di vista non siamo molto convinti che la decisione di un solo Paese di bombardare risponda ad una strategia utile. Senz'altro, da ogni momento difficile può nascere un'opportunità. Anche in questo caso, non si tratta di mettere in discussione il nostro rapporto e la nostra amicizia con gli Stati Uniti, a prescindere da chi siede temporaneamente alla Casa Bianca, imprescindibile è l'uscita di scena di Assad, ma la storia recente ci insegna che destituire un dittatore, senza aver prima creato le condizioni per una transizione quanto più pacifica e predisposto il terreno per una ricostruzione civile e politica, è alquanto pericoloso.

Presidente, vado a concludere. L'Europa non ha svolto - lo ha ricordato il signor Ministro - un ruolo militare, ma svolgerà un ruolo nelle prossime fasi negoziali e di ricostruzione. Non ho messo il punto interrogativo, lo ribadisco. Saremmo ben felici, siamo ben felici, se l'Europa davvero svolgesse questo ruolo, significherebbe non ripetere alcuni errori commessi in passato. Lo stato dell'arte che ci ha illustrato il signor Ministro vede ONU e istituzioni europee chiamate a svolgere un ruolo centrale, decisivo. Confidiamo che ciò accada, perché dopo sette anni il popolo siriano ha bisogno di ritrovare un minimo di serenità e di fiducia nel futuro, non ultimo perché la pacificazione della Siria è un presupposto fondamentale per sconfiggere il terrorismo, che, ricordiamo, proprio in quel Paese ha trovato un primo terreno fertile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Fitzgerald Nissoli. Ne ha facoltà.

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Signora Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, dopo pochi giorni dai crimini di guerra commessi in Siria con l'uso di armi chimiche, non possiamo che ripetere quanto ha detto il Presidente Mattarella a Mosca nella giornata di ieri: l'uso di armi chimiche è inaccettabile! Siamo convinti che un tale crimine di guerra debba essere fermato, e l'uso delle armi chimiche deve essere bandito da ogni contesto, come del resto ci ricordano le convenzioni internazionali e le risoluzioni dell'ONU.

Si tratta di un crimine orrendo, che ha colpito tutti noi, e di fronte al quale non si può rimanere insensibili. Tuttavia, siamo convinti che bisogna continuare a fare agire la diplomazia e riteniamo importante ed indispensabile agire sempre sotto l'egida delle Nazioni Unite, con un largo consenso ed in accordo con il diritto internazionale. La reazione americana, culminata con il bombardamento della base aerea siriana, può essere percepita come un monito per chiunque sia intenzionato a seminare morte e distruzione attraverso l'uso di armi chimiche, definitivamente messe al bando dalla Convenzione del 1993 sulla proibizione ed eliminazione delle armi chimiche, entrata in vigore il 29 aprile 1997.

Tale Convenzione, ricordo, è una convenzione di disarmo, ed obbliga gli Stati che l'hanno sottoscritta a non usare mai - never under any circumstances - tali armi, neanche come rappresaglia. Si tratta di porre dei limiti all'orrido, anche se ogni guerra è orrore e distruzione. Si tratta di arginare l'offesa all'essere umano, che ogni guerra porta in sé. Ed è proprio per questa ragione che dobbiamo stringerci attorno al Presidente Mattarella e sostenere con forza l'azione diplomatica intrapresa dal nostro Paese per il rilancio del dialogo e l'apertura di spiragli di pace in quella terra martoriata.

Siamo convinti che la via della pacificazione passi attraverso la verità, per tale ragione sosteniamo la necessità dell'accertamento delle responsabilità. In questo è di primaria importanza il coinvolgimento della Russia, affinché si possa ripartire con il dialogo politico e proseguire un negoziato difficile ma necessario e ineludibile, se non si vuole che la confusione regni sovrana. Occorre che la comunità internazionale rafforzi in ogni modo il proprio monito rivolto ai responsabili della morte di quei bambini, che ha sconvolto il mondo, affinché non continuino sulla strada dei crimini di guerra, che sono anche i crimini contro l'umanità, quando hanno una tale portata distruttiva nei confronti della popolazione civile. Lo sforzo diplomatico deve tendere, come già avvenne dopo l'attacco con armi chimiche del 21 agosto 2013 a Ghouta, ad un'azione concertata della comunità internazionale, con una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, con un ruolo delle Nazioni Unite stesse e dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche teso allo smantellamento effettivo di ogni arsenale. È ora che il mondo dica “no” agli orrori in maniera efficace ed unito, ed in questo l'Italia e l'Unione europea possono giocare un ruolo determinante. Pertanto, ringraziamo il Presidente Mattarella, il Governo e lei, signor Ministro, che qui lo rappresenta, per l'impegno che avete assunto sul piano politico e diplomatico per aprire varchi a soluzioni pacifiche e condivise nella crisi siriana, come in ogni contesto di conflitto presente sullo scenario internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Giorgia Meloni. Ne ha facoltà.

GIORGIA MELONI. Presidente, colleghi, la domanda che ho stamattina è se ritenete che esista una differenza tra un ubriaco che parla con gli amici al bar e il Presidente del Consiglio e i Ministri di una nazione sovrana. Ci sono diverse differenze; la prima differenza che balza agli occhi a me è che un ubriaco può dire quello che vuole senza dover rendere conto a nessuno di quello che dice, mentre il Presidente e i Ministri di una nazione sovrana rispondono delle loro affermazioni, perché non rappresentano solamente se stessi ma appunto quella nazione sovrana. Quindi, quando si tratta di queste questioni, se fosse in gioco solamente la credibilità personale del Presidente Gentiloni o del Ministro Alfano, ci dormiremmo la notte, ma siccome qui si tratta della credibilità residua dell'Italia, la questione è seria. Il problema qual è? Il problema è che nella gestione di questa vicenda siriana, Presidente, il Premier Gentiloni e il Ministro Alfano hanno rischiato, con le loro improvvide dichiarazioni, di azzerare la distanza che dovrebbe esistere tra un Capo di Governo e un allegro avvinazzato. Il Presidente del Consiglio dichiara che l'attacco americano in Siria è - cito - una risposta motivata a un crimine di guerra commesso da Bashar al-Assad, e che l'intervento americano - cito - si è sviluppato contro la base aerea da cui sono partiti gli attacchi con uso di armi chimiche.

Ora, siccome, come dicevamo, Gentiloni è il Premier di una potenza occidentale di una nazione sovrana, e visto che noi siamo il Parlamento di quella nazione, vorremmo sapere qui - avremmo voluto sapere qui -, dal Ministro Alfano, quali fossero le evidenze che avevano spinto il Premier Gentiloni e il Governo italiano a dire le cose con questa puntualità, atteso che non c'è su questa questione una posizione chiara, ufficiale, da parte della comunità internazionale, tanto che il Ministro Alfano candidamente viene qui questa mattina e ci dice che, sulla vicenda dell'uso del gas da parte presumibilmente di Assad o non di Assad, c'è una Commissione d'inchiesta.

Ma se c'è una Commissione d'inchiesta e quella Commissione d'inchiesta deve ancora sostanzialmente partire, come fa il Governo italiano a sapere come sono andate le cose? Ha elementi che noi non conosciamo e che quindi chiediamo al Ministro di raccontarci o noi dobbiamo pensare che il Presidente italiano prende le posizioni sulla base, che so, di quello che legge su Facebook o che qualcuno gli dice al telefono di dire? Non è tutto. Sostanzialmente il Governo italiano dice che Bashar al-Assad è un criminale di guerra perché è un signore che usa il gas contro i bambini, poi però praticamente negli stessi interventi il Governo italiano dice che la strada da seguire in Siria con il Governo di Bashar al-Assad è il dialogo. Delle due l'una, signori, se Bashar al-Assad è un criminale di guerra che usa il gas contro i bambini non si dialoga con i criminali di guerra che usano i gas contro i bambini. Se si vuole dialogare allora probabilmente le cose non stanno da parte del Governo italiano come il Governo italiano va raccontando. Probabilmente il Governo italiano non crede neanche lui a quanto dice. Probabilmente si limita a ripetere quello che sente dire da altri. L'altra questione che vorrei porre al Ministro Alfano: non le sembrerebbe il caso, Ministro Alfano, di utilizzare il termine “crimini di guerra” anche e soprattutto nei confronti dei tagliagole dell'ISIS cioè di chi ancora oggi tortura, uccide, stupra e annienta le minoranze etniche-religiose soprattutto cristiane in Siria e in Iraq? Infatti l'ambiguità dell'amministrazione Obama, che ci auguriamo Trump non voglia seguire, pur comprendendo le difficoltà date soprattutto dalla politica interna, è di fatto stata la causa che ha permesso a ISIS di crescere e dilagare e noi, a un certo punto, dobbiamo decidere se annientare ISIS che è, come io ritengo, una priorità dello Stato italiano. Perché non lo sembra. Non lo sembra neanche dall'intervento del Ministro Alfano che ci ha detto vita, morte e miracoli sul regime di Bashar al-Assad ma non ci dice niente su come si pensa di combattere quelli che, a casa nostra, salgono sui camion e vanno addosso alle folli inermi o si fanno esplodere dentro le metropolitane. Io non ho dubbio su chi sia il mio nemico. Il mio nemico è ISIS. La priorità dello Stato italiano dovrebbe essere annientare ISIS. Lo Stato italiano dovrebbe cercare di rappresentare un ponte, insieme all'Europa, tra Stati Uniti e Russia per abbattere il nemico comune che abbiamo. Mentre questo non è quello che si sta facendo. Dico l'ultima cosa - concludo, Presidente, la ringrazio - viene qui il Ministro Alfano questa mattina e ci dice che al G7 di Lucca sono state invitate, oltre le nazioni che fa parte del G7, altre nazioni come l'Arabia Saudita, il Qatar, la Turchia: sono questi i nostri alleati? I nostri alleati sono quelli che sostengono, quando addirittura non finanziano, il fondamentalismo islamico? Anche qui io non ho dubbi: tra avere l'Arabia Saudita come alleato e avere la Russia preferisco il secondo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Capezzone. Ne ha facoltà.

DANIELE CAPEZZONE. Signora Presidente, signor Ministro degli esteri, colleghe e colleghi, avremmo molto desiderio da questi banchi di parlare dei pacifisti che si sono improvvisamente indignati questa settimana ed erano spariti per due anni, tre anni, quattro anni, cinque anni mentre Assad massacrava il suo popolo. Avremmo molto desiderio di parlare dei molti nei banchi di maggioranza che erano già convinti che Hillary Clinton fosse alla Casa Bianca e oggi frettolosamente ma positivamente si riposizionano verso l'amministrazione Trump e ne siamo lieti. Avremmo desiderio di parlare anche di tanti trumpisti fino a una settimana fa, forse trumpisti per ragioni sbagliate, che, quando arriva una buona ragione per essere trumpisti, si riposizionano anche loro ma in una direzione sbagliata. Da questi banchi noi, occidentali sempre con principi e con realismo, non abbiamo bisogno di riposizionarci. Signora Presidente, signor Ministro, colleghi, nessuno si nasconde le difficoltà della situazione in Siria ma la scelta positiva dell'amministrazione americana apre una fase nuova. Dopo otto anni di assenza americana, dopo otto anni di arretramento obamiano che hanno lasciato il campo non solo al terrorismo ma anche a player autoritari come Iran e Russia, ora l'Occidente è tornato.

Certo che ora deve aprirsi una fase di dialogo anche con la Russia ma il tema sono le condizioni di quel dialogo. È grazie all'azione americana forte del Presidente Trump che oggi la Russia - scegliete voi il verbo - sarà indotta, sarà convinta, sarà costretta a decidere cosa vuole fare: se sta con Assad e con l'Iran o se sta con l'Occidente dialogando alle condizioni dell'Occidente. Allora invitiamo il Governo certamente al dialogo ma con chiarezza e senza ambiguità. Ripeto: con chiarezza e senza ambiguità. Per la prima volta dopo otto anni di errori “bamiani oggi la Casa Bianca espone Putin all'obbligo di una scelta, a chiarire se vuole un vero reset con l'Occidente o se invece continua nella direzione sbagliata. Aiutiamo il processo ma stando al fianco dei nostri alleati di sempre, degli Stati Uniti e della NATO (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare al deputato Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signora Presidente. Tutti noi siamo stati sconvolti dalle immagini del drammatico attacco aereo con gas nervini che è costato la vita a tanti bambini in Siria. Ricordiamo che nemmeno Adolf Hitler usò i gas e almeno in questo prestò omaggio alle Convenzioni internazionali che escludevano l'uso di quest'arma di distruzione di massa. Tuttavia non posso nascondere alcune perplessità davanti alla reazione degli Stati Uniti e anche alla posizione del Governo italiano che pure nel complesso condivido. Signor Ministro, una notizia è l'attacco con i gas ma un'altra notizia è anche che la stampa internazionale ha deciso di concentrare l'attenzione sulla Siria da questo punto di vista. Senza uso di gas sono mancati nei giorni, nelle settimane, nei mesi passati episodi egualmente orribili compiuti da tutte e due le parti del conflitto in corso? Purtroppo non sono mancati. Assad è il cattivo nella situazione siriana. Io ne dubito: non dubito che Assad sia cattivo, dubito che i suoi avversari siano moralmente e politicamente assai migliori di lui. Che fare? Qual è il percorso che noi possiamo e dobbiamo seguire? Credo sia quello che lei, signor Ministro, ha giustamente delineato: dobbiamo parlare con tutti affermando la nostra disapprovazione ma non interrompendo il dialogo perché gli avversari di Assad sono la jihad islamica o gruppi legati alla jihad islamica mentre la componente democratica dell'opposizione è una componente chiaramente minoritaria. Dobbiamo parlare con tutti e cercare di fare in modo che Stati Uniti e Unione Sovietica tornino a parlarsi fra di loro. È da lì che passa il cammino stretto della pace e del sollievo per tutti i perseguitati in Siria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. Noi socialisti ancora una volta ribadiamo la condanna per il bombardamento di Idlib in cui sono stati usati gas nervini, che ha causato la strage di decine e decine di civili di cui un terzo minori, quindi condanna ferma senza incertezze. Esprimiamo invece qualche dubbio per la reazione americana che ha lanciato missili sulla base militare siriana da cui sarebbero partiti gli aerei impiegati contro gli abitanti di Idlib. Restano dubbi perché, nonostante le asserite prove della colpevolezza del regime di Assad, è un passato recente quello delle prove schiaccianti contro il dittatore iracheno Saddam Hussein che si sono rivelate montature strumentali alla dichiarazione di una guerra. Comunque, al di là delle possibili responsabilità di Assad che andranno accertate, restano interrogativi per noi senza risposta sull'efficacia dei bombardamenti statunitensi. Non mancano nemmeno interrogativi, questi sì enormi, sul comportamento russo sia per il suo sostegno al regime di Assad e sono gravi responsabilità perché hanno protratto la durata di questa crisi e hanno provocato l'ulteriore intensità di questa tragedia, ma anche per non aver fermato l'uso delle armi chimiche se fossero accertate le responsabilità siriane. A noi sembrano chiari gli obiettivi da perseguire in questa tragedia, in questa tragica vicenda siriana, per i rapporti con i Governi coinvolti nella crisi, per le nostre alleanze, per il nostro interesse nazionale, anche in relazione ai flussi migratori, per il nostro impegno nel promuovere libertà e democrazia.

Ecco, per tutto questo non possiamo che ribadire che ogni piano per la Siria deve avere come linea guida la lotta al radicalismo terrorista islamista, in particolare l'ISIS, la fine di un regime dispotico e sanguinario anche attraverso un processo di transizione, senza rompere l'integrità territoriale della Siria e senza replicare il caos afgano, poi iracheno, poi libico. Siamo d'accordo con lei, signor Ministro, e ribadiamo che non può esservi altra strada percorribile che la continuazione del dialogo e del negoziato, anche unendo i tavoli di Ginevra e Astana. È la linea, quella del negoziato, ribadita dal nostro Presidente Mattarella, che nella visita di ieri a Mosca ha operato per far condividere alla Russia la scelta della via negoziale, mettendo da parte l'opzione militare, che si è rivelata inefficace ed è costata la vita a mezzo milione di persone in sei anni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI)).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Seguito della discussione delle mozioni Grillo ed altri n. 1-01563, Rondini ed altri n. 1-01581, Palese ed altri n. 1-01584, Binetti ed altri n. 1-01585, Brignone ed altri n. 1-01586, Fossati ed altri n. 1-01587, Vargiu ed altri n. 1-01588, Lenzi ed altri n. 1-01592, Bosco e Scopelliti n. 1-01593 e Gullo ed altri n. 1-01595 in materia di liste d'attesa per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale ed esercizio della libera professione intramoenia (ore 12,44).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Grillo ed altri n. 1-01563 (Ulteriore nuova formulazione), Rondini ed altri n. 1-01581, Palese ed altri n. 1-01584, Binetti ed altri n. 1-01585, Brignone ed altri n. 1-01586, Fossati ed altri n. 1-01587, Vargiu ed altri n. 1-01588, Lenzi ed altri n. 1-01592, Bosco e Scopelliti n. 1-01593 e Gullo ed altri n. 1-01595 in materia di liste d'attesa per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale ed esercizio della libera professione intramoenia(Vedi l'allegato A).

Avverto che dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta del 10 aprile 2017, sono state presentate le mozioni Lenzi ed altri n. 1-01592, Bosco e Scopelliti n. 1-01593, Gullo ed altri n. 1-01595 e un'ulteriore nuova formulazione della mozione Grillo ed altri n.1-01563, che sono già state iscritte all'ordine del giorno (Vedi l'allegato A).

Avverto che sono state presentate le mozioni Rampelli e altri e n. 1-01597, Gigli e Dellai n.1-01598 e una nuova formulazione della mozione Rondini ed altri n. 1-01581. I testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

DAVIDE FARAONE, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie Presidente. Sulla mozione Grillo ed altri n. 1-01563 (Ulteriore nuova formulazione): sull'impegno 1): “emanare i decreti per la definizione della metodologia di valutazione dei parametri di riferimento per le cure in attuazione della determina dell'Autorità nazionale anticorruzione n. 12 del 2015” si esprime parere favorevole; sull'impegno 2) si esprime parere favorevole; sull'impegno 3) si esprime parere favorevole a condizione che sia riformulato nel senso di “valutare l'opportunità”; sull'impegno 4) parere favorevole; sull'impegno 5) si esprime parere favorevole a condizione che l'impegno sia preceduto dalla formula “a valutare l'opportunità”; sull'impegno 6) il parere è favorevole; sull'impegno 7) il parere è favorevole, ma a condizione che l'impegno 7) sia preceduto dalla formula “valutare l'opportunità di”; sugli impegni 8) 9) 10) e 12) parere favorevole; sull'impegno 11) si esprime parere favorevole a condizione che sia riformulato nel senso di “valutare l'opportunità”; sugli impegni 13) e 14) parere favorevole; sull'impegno 15) parere favorevole a condizione che sia preceduto dalla formula “a valutare l'opportunità di” e “tenuto conto dei vincoli di bilancio”; sull'impegno 16) parere favorevole ma a condizione che esso sia preceduto dalla formula “valutare l'opportunità di”.

Sulla mozione Rondini ed altri n. 1-01581 (Nuova formulazione): sull'impegno 1) parere favorevole; sull'impegno 2) parere favorevole, ma a condizione che esso sia preceduto dalla formula “valutare l'opportunità di”; sull' impegno 3) parere favorevole, sull' impegno 4) contrario.

PRESIDENTE. La interrompo per chiederle anche il parere sulle premesse?

DAVIDE FARAONE, Sottosegretario di Stato per la Salute. I pareri sulle premesse sono tutti favorevoli, tranne su uno che poi dirò.

Sulla mozione Palese ed altri n. 1-01584, si esprime parere favorevole per tutti gli impegni formulati.

Sulla mozione Binetti ed altri n. 1-01585: parere favorevole sugli impegni 1) e 2), mentre sull'impegno 3) il parere è favorevole, a condizione che sia preceduto dalla formula “a valutare l'opportunità di”; sul 4) il parere è favorevole a condizione che esso sia preceduto dalla formula “a valutare l'opportunità di”; sull'impegno 5) il parere è favorevole; sull'impegno 6) il parere è favorevole, sull'impegno 7) favorevole; sull'impegno 8) favorevole; sul 9) favorevole, a condizione che esso sia preceduto dalla formula “a valutare l'opportunità di”; sull'impegno 10) il parere è favorevole; sull'impegno 11) favorevole, a condizione che sia preceduto dalla formula “a valutare la possibilità di” e seguito dalla formula “nell'ambito dei vincoli generali della finanza pubblica”.

Sulla mozione Brignone ed altri n. 1-01586: parere favorevole su tutti gli impegni, ad accezione dell'impegno 4) su cui il parere è favorevole, a condizione che sia riformulato come: “tenuto conto dei vincoli generali di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di”.

Sulla mozione Fossati ed altri n. 1-01587: sull'impegno 1) il parere è favorevole; sul 2) è favorevole, a condizione che sia riformulato come: “tenuto conto dei vincoli generali della finanza pubblica, a valutare l'opportunità di”; sull'impegno 3) il parere è favorevole; sul 4) il parere è favorevole, a condizione che sia riformulato con: “a valutare l'opportunità di”; sul 5) il parere è favorevole, a condizione che sia riformulato come: “tenuto conto dei vincoli generali della finanza pubblica, a valutare l'opportunità di”; sul 6) il parere è favorevole, a condizione sia riformulato come “a valutare l'opportunità di”; sul 7) è favorevole; sull'impegno 8) il parere è favorevole a condizione che esso sia seguito dalla formula “tenuto conto della competenza regionale in materia”.

Sulla mozione Vargiu ed altri n. 1-01588: parere favorevole a condizione che la lettera f) e la lettera g) siano precedute dalla formula “tenuto conto dei vincoli generali della finanza pubblica”.

Sulla mozione Lenzi ed altri n. 1-01592: sull'impegno 1) parere favorevole; sull'impegno 2) parere favorevole, a condizione che esso sia preceduto dalla formula “a valutare l'opportunità di”; sul 3) parere favorevole, a condizione che esso sia preceduto dalla formula “a valutare l'opportunità di”; sul 4) parere favorevole; sul 5) parere favorevole; sul 6) parere favorevole, a condizione che esso sia preceduto dalla formula “a valutare la possibilità di”.

Sulla mozione Bosco e Scopelliti n. 1-01593 si esprime parere favorevole per tutti gli impegni formulati e sulla mozione Gullo ed altri n. 1-01595 lo stesso.

Sulla mozione Rampelli e altri e n. 1-01597 il parere è favorevole sugli impegni, così come sulla mozione Gigli e Dellai n. 1-01598; i pareri sulle premesse sono tutti favorevoli, come dicevo.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Presidente, illustre rappresentante del Governo, colleghi, chiedo intanto l'autorizzazione a consegnare la relazione.

PRESIDENTE. Sì, va bene.

PAOLA BINETTI. Voglio soltanto dire in premessa questo: che l'attività libero professionale intramuraria potrebbe, se correttamente gestita, essere uno di quei momenti in cui i diritti del paziente, i diritti del professionista e i diritti legittimi di un'istituzione, trovano un punto di equilibrio molto forte a tutela di un miglioramento oggettivo della qualità dei servizi che ognuno di loro può sperimentare. De facto, però, questo non accade sempre, perché molto spesso alla disorganizzazione delle istituzioni può corrispondere, da parte dei professionisti, un prevalere dell'interesse privato e può corrispondere nel paziente tutto sommato una condizione economica talmente fragile e talmente disagiata che non gli permette di accedere a quello che potrebbe essere legittimamente un suo diritto.

Quindi, la valutazione dell'efficacia dell'attività libero professionale non può prescindere da quelle che sono le personali posizioni davanti a quella che possiamo chiamare un'etica privata e anche un'etica pubblica. Da questo punto di vista, credo anche che ogni regione abbia risposte diverse all'attività libero professionale, e credo che la regione Lazio, e con questo concludo, stia facendo davvero dei passi avanti molto concreti per rendere più efficace e più degna la propri attività libero professionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Signora Presidente, non c'è dubbio che le mozioni che oggi sono all'ordine del giorno e rispetto anche alla situazione dell'analisi dei pareri espressi dal Governo, confermano l'esistenza di questo grave problema nel contesto dell'erogazione delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale del nostro Paese.

È fin troppo evidente che le differenze sono enormi all'interno delle stesse regioni e che, nonostante i vari tentativi di diversa qualità di intervento finanziario per realizzare nelle regioni, nelle ASL e nelle strutture pubbliche, che ne sono sprovviste, strutture dal punto di vista proprio murario, strutturale e tecnologico, sono state stanziate delle risorse, ma non tutte le regioni hanno utilizzato queste risorse e, quindi, c'è anche un gap strutturale da questo punto di vista.

L'altro elemento essenziale è l'aspetto della esclusività di rapporto, nel momento in cui fu decisa e poi prorogata negli anni la sua attuazione, però, nel momento in cui è entrata in vigore, signora Presidente, nel nostro Paese è esploso il problema delle liste di attesa, soprattutto nel Mezzogiorno.

Con questa mozione, noi chiediamo al Governo che possa esserci un intervento di monitoraggio immediato rispetto a questa situazione, trattandosi di materia concorrente, e di tirar fuori un nuovo accordo con le regioni.

Le regioni, soprattutto quelle del sud, vanno strette, cioè non è possibile che per poter fare una mammografia ci sia una lista d'attesa di sei mesi, che per fare un'ecografia addominale semplice occorrano trenta giorni, che per poter fare qualsiasi altro tipo di intervento, a differenza delle regioni, occorre questo, perché poi, che cosa viene messo in discussione? Viene messo in discussione uno dei principi più civili che la Repubblica ha tirato fuori, ossia il fatto che l'accesso al servizio sanitario nazionale sia un accesso universalistico; ma nel nostro Paese, vuoi per situazioni economiche e per i mega ticket che ci sono, vuoi per la tempistica, perché se noi teniamo liste d'attesa e le persone che hanno bisogno di prestazioni sanitarie e accertamenti diagnostici, soprattutto come prevenzione e quant'altro, queste prestazioni le hanno dopo mesi, mesi e mesi, viene meno il cardine centrale della possibilità di avere l'accesso universalistico alle prestazioni.

Per questo motivo, noi riteniamo che il Governo debba assumere questa iniziativa con le regioni, atteso che - ripeto - trattasi di materia concorrente, per avere un nuovo impulso, per avere un nuovo piano, per avere nuove linee guida e consentire che ci sia un livello uniforme di prestazioni.

In più, vanno pure aumentati i controlli, perché non è possibile che all'interno dello svolgimento dell'attività intramoenia, nella stessa struttura, se un paziente necessita di un esame diagnostico e lo deve fare normalmente, così come prenotato, allora questo esame viene messo dal CUP in prenotazione dopo due mesi, dopo tre mesi, dopo quattro mesi; se, invece, con la stessa struttura, con lo stesso professionista, negli stessi luoghi e con gli stessi macchinari diagnostici e quant'altro, va in regime di attività intramoenia, cioè pagando per intero la prestazione, questa prestazione la ha, al massimo, dopo quarantotto ore.

Queste correzioni vanno assolutamente fatte, io sono convinto che il rappresentante del Governo ne sia a conoscenza e speriamo che in questo contesto la situazione possa avere nuovo impulso. Prendo atto dell'impegno e del parere del Governo sulla mozione che è stata presentata dalla mia componente, così come noi voteremo a favore di tutte le mozioni che hanno lo stesso spirito e gli stessi obiettivi della nostra.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marcello Taglialatela. Ne ha facoltà.

MARCELLO TAGLIALATELA. L'introduzione dell'attività intramoenia è oramai vecchia di più di vent'anni e, a distanza di un periodo di tempo così lungo, è indispensabile fare una valutazione sui risultati che ha prodotto. Le motivazioni che avevano determinato la decisione, all'epoca del Ministro Bindi, dell'attività intramoenia erano legate alla possibilità di consentire ai medici in servizio di poter svolgere la loro attività fuori dagli orari di lavoro, in maniera tale da abbattere le liste di attesa, aumentare la capacità produttiva delle aziende ospedaliere e, in qualche modo, anche consentire maggiori introiti nei confronti e da parte delle stesse.

Ma in questi vent'anni sappiamo bene che il risultato non è stato in linea con le attese e soprattutto si sono anche create enormi differenze sulla base delle diverse realtà territoriali in ordine all'attività intramoenia svolta all'interno delle strutture ospedaliere, all'attività intramoenia svolta fuori dalle strutture ospedaliere perché le stesse non avevano le caratteristiche per consentire questo tipo di attività e l'attività extramoenia che è consentita nei confronti dei medici che preferiscono una decurtazione dello stipendio con, insieme, la possibilità di svolgere un'attività di tipo privatistico.

Vi è l'assoluta esigenza di regolamentare il settore, in modo principale per venire incontro alle esigenze dei malati, in modo particolare le fasce deboli, ed è evidente che, per venire incontro alle esigenze dei malati, il primo obiettivo da conseguire è quello di aumentare la capacità produttiva delle strutture pubbliche, diminuire le liste d'attesa, cosa che non avviene, e soprattutto utilizzare gli introiti economici che derivano dalle attività intramoenia esclusivamente per mettere nelle condizioni gli ospedali di aumentare la capacità di risposta nei confronti dei malati.

Tutto questo - lo ripeto - in questi venti anni non è accaduto. Quindi, è evidente che vi è bisogno di intervenire in maniera non ipocrita sull'argomento, in primo luogo vietando l'attività intramoenia all'interno delle strutture ospedaliere, se questa attività comporta - risultati alla mano - una diminuzione dell'attività tipicamente pubblica.

Vi è bisogno che, da questo punto di vista, il Governo assuma un impegno pieno, sincero e capace di determinare risultati, altrimenti noi vedremo la esplosione, da un punto di vista numerico, di malati che, stanchi di rivolgersi alle liste di attesa, laddove ne hanno la possibilità economica, si rivolgono direttamente al privato, oppure cercano di superare i vincoli e gli ostacoli che il tempo delle liste d'attesa determina, cercando ricoveri attraverso i pronti soccorso, con questo creando ulteriori problemi per quello che riguarda il buon funzionamento delle aziende ospedaliere.

Noi abbiamo presentato la nostra mozione per raggiungere questo tipo di obiettivo, voteremo a favore delle mozioni che avranno lo stesso tipo di contenuto, tenendo conto che i medici che hanno scelto di rimanere all'interno del servizio pubblico, devono essere tutelati, devono essere messi nelle condizioni di svolgere a pieno il loro mandato, la loro azione, la loro attività, ma contemporaneamente vi è bisogno che le strutture pubbliche consentano ai medici pubblici di poter svolgere, in maniera serena e con le capacità che le attrezzature pubbliche consentono, il tipo di attività che avranno scelto di svolgere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gian Luigi Gigli. Ne ha facoltà.

GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente. L'introduzione - come è stato appena richiamato - oltre vent'anni fa, dell'attività libero-professionale intramuraria all'interno delle aziende ospedaliere e delle aziende sanitarie in generale fu una delle novità più importanti che vennero introdotte nel nostro sistema da quella grande - forse la più grande - riformatrice della sanità italiana che è stata Rosi Bindi.

Eppure, oggi, questo strumento è sotto attacco e sembra essere diventato quasi il capro espiatorio contro il quale rivolgersi per tutte le inefficienze della sanità italiana, le inefficienze delle regioni, le inefficienze dei cosiddetti manager delle aziende sanitarie. Ma si tratta di un attacco, a mio avviso, profondamente ingiustificato. Il problema è che esiste in medicina un divario che, ahinoi, è assolutamente incolmabile tra la domanda di servizi e di prestazioni, che è legata ad un bisogno potenzialmente infinito, e l'offerta invece delle prestazioni, che è condizionata, comunque, da risorse che sono limitate, in ogni caso limitate. Questo divario rende impossibile una risposta esaustiva al bisogno di prestazioni ambulatoriali e di diagnostica strumentale, tanto più in un sistema universalistico come quello italiano, favorendo il prodursi di liste di attesa. Da qui, appunto, i ricorrenti attacchi alla libera professione in generale e le lamentele che sembrano concentrarsi contro l'attività libero professionale.

Ma quella del medico è un'attività per sua natura di tipo liberale, una professione liberale, il cui esercizio non può essere negato - e questo è stato più volte richiamato anche in ambito giudiziario – neanche al medico dipendente dal Servizio sanitario. Ed è, appunto, per rispondere a questa esigenza che fu individuato il meccanismo dell'intramoenia. Lo strumento dell'intramoenia ha consentito di coniugare i due ambiti di attività del medico, quello legato al rapporto di dipendenza e quello di tipo libero professionale; ma, non solo, l'attività intramoenia si è rivelata preziosa per fare emergere il reddito legato alla libera professione, evitando forme indebite di evasione fiscale e portando un consistente apporto alle casse dello Stato.

Inoltre, grazie alle trattenute operate per l'uso delle strutture, l'attività intramoenia rappresenta per le aziende sanitarie una fonte di denaro fresco, di risorse aggiuntive e contribuisce ad orientare verso le aziende pubbliche anche quote di domanda che si sarebbero orientate, a prescindere, verso le strutture private, permettendo una più piena utilizzazione delle strutture, anche al di fuori dei normali orari di servizio legati all'attività istituzionale, questo anche per strutture complesse, come può essere una camera operatoria, o per grandi apparecchiature come le risonanze magnetiche che finiscono, grazie all'intramoenia, per essere utilizzate, anche, magari, di notte. Quindi, il problema delle liste d'attesa più che all'intramoenia è legato, lo ripeto, alla cattiva gestione delle aziende sanitarie e all'inadeguatezza dei meccanismi di governance delle liste d'attesa stesse.

Vogliamo esaminare rapidamente alcuni concreti esempi di cattiva governance? Beh, proprio stamattina, c'era su tutti gli organi di stampa il riferimento, sbandierato con grande evidenza da parte della giunta Zingaretti che finalmente ha scoperto l'uovo di Colombo, già applicato in tutte le regioni italiane, per cui bisogna differenziare le priorità di accesso per le prestazioni, affinché non si determinino, appunto, tempi prolungati per esigenze urgenti o, comunque, con una priorità di tipo importante, rispetto a quelli che sono controlli o situazioni di cronicità.

Inoltre, sottolineo la non identificazione, da parte di molte aziende sanitarie, di adeguati tempi di attività ambulatoriale per il personale medico, attività che viene costantemente soffocata e costretta, tagliando, quindi, possibilità per i pazienti.

Infine, vorrei anche citare la coartazione del diritto di scelta, di libera scelta, anche all'interno dell'attività istituzionale, del medico a cui riferirsi. Oggi, un paziente che chiede una prestazione di tipo mutualistico, rischia che il giorno A si trova il professor Gigli, il giorno appresso si trova il collega Rocco Palese, oppure, si ritrova, ancora un altro giorno, il dottor Burtone, cioè esiste l'impossibilità per il paziente di sapere con che medico va a trovarsi e se questo, effettivamente, è il medico di sua libera scelta. Lo stesso vale, addirittura, per la struttura da scegliere; ci sono ormai delle aree vaste all'interno delle quali uno rischia di sentirsi dire: se non accetti di fare la visita a Tolmezzo piuttosto che a Latisana ti salta pure la possibilità di farla a Udine.

Ogni ostacolo al diritto dei medici all'intramoenia non si risolve, quindi, a vantaggio delle prestazioni da attività di lavoro dipendente, ma ha dimostrato, piuttosto, di favorire, esso sì, la medicina privata e, all'interno di questa, di promuovere addirittura quella che ormai sta emergendo in molte regioni come una sorta di offerta low cost, con tutti i rischi di qualità e di sicurezza ad essa connessi. Questo fenomeno è aggravato dalla riduzione, in termini reali, se non anche in valore assoluto, della spesa sanitaria, dal diffondersi di polizze per la copertura di prestazioni con assicurazioni integrative ed, anche, mi sia consentito, dall'esorbitanza di alcuni ticket per le prestazioni sanitarie rispetto ai costi delle prestazioni private della medicina low cost.

Oggi, uno rischia di pagare un ticket che è superiore, addirittura, alla stessa prestazione offerta da ambiti certamente poco qualificati di medicina low cost. Piuttosto, quindi, che penalizzare l'intramoenia, noi riteniamo che sarebbe necessario attivarsi affinché, presso tutte le regioni, sia potenziata l'attività istituzionale ambulatoriale di diagnostica strumentale, anche ricorrendo, finalmente, all'assunzione di nuovo personale medico e allo strumento delle prestazioni aggiuntive.

Sarebbe necessario, anche, attivarsi affinché, presso tutte le regioni, siano garantiti adeguati spazi per l'esercizio dell'attività intramoenia, all'interno di tutte le strutture delle aziende sanitarie, evitando quello che ancora accade, soprattutto nelle regioni del sud, cioè il ricorso alla cosiddetta attività intramoenia allargata, per cui il medico se la fa nel suo studio, sfuggendo, ovviamente, poi, anche, ad adeguati controlli, perché c'è la giustificazione che, tanto, nella sua azienda sanitaria non ci sono spazi a disposizione per l'attività intramoenia.

Servirebbe, anche, sburocratizzare l'attività intramoenia, garantendo ad essa pari dignità con l'attività istituzionale per quanto riguarda i sistemi di prenotazione e i supporti di segreteria e, poi, servirebbe, anche, ci sia consentito, che venissero attuati in sede di Conferenza Stato-regioni degli accordi per migliorare la governance della domanda di prestazioni e la qualificazione della risposta, abbattendo, così, i tempi di attesa tra attività istituzionale e attività in libera professione e intramuraria e garantendo, perché questo si realizzi, anche la certezza di meccanismi sanzionatori a carico delle regioni e dei manager inadempienti; sono i cosiddetti manager, sono le cosiddette regioni che vogliono governare la sanità, ma che non ne hanno la capacità e la competenza. Contro questi andrebbero individuati adeguati meccanismi sanzionatori.

Per questi motivi, noi accogliamo con piacere il fatto che il Governo abbia dato parere positivo sulle nostre richieste e voteremo a favore di tutte le mozioni per le quali è stato dato un analogo parere positivo, così come riformulate, secondo l'invito del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Vezzali. Ne ha facoltà.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Presidente, Governo, colleghi, ci troviamo a discutere di due temi: intramoenia e liste di attesa nella sanità, su cui da qualche anno è calato il silenzio. Se fino a qualche tempo fa il dibattito in materia era ricco ed accesso, da qualche tempo, sia a livello politico che settoriale, la discussione è scesa di tono, soprattutto in riferimento all'intramoenia. Eppure, lista di attesa delle prestazioni sanitarie e prestazioni rese dai medici nell'ambito della libera professione sono tra gli argomenti che più da vicino toccano i cittadini. La questione delle liste d'attesa per le prestazioni sanitarie è annosa e, purtroppo, ancora oggi, rappresenta un problema di grande importanza e attualità per molti servizi sanitari nelle varie regioni.

Il vero cuore della questione sta nel cronico eccesso di domanda rispetto all'offerta di prestazioni sanitarie, a fronte delle limitate risorse disponibili. Ovviamente, tutto questo porta pazienti e cittadini a percepire le lunghe liste di attesa come un importante disservizio. Qualcuno lo ha fatto, ma noi non crediamo sia corretto legare il malfunzionamento delle aziende sanitarie e dei meccanismi che regolano le liste d'attesa a quello che i medici che operano nel settore pubblico fanno nel proprio tempo libero, decidendo di svolgere la libera professione intramoenia, fuori dall'orario di lavoro. Anzi, a nostro avviso, proprio l'attività intramoenia dovrebbe essere uno strumento tecnico da utilizzare per l'abbattimento delle liste d'attesa.

In questo senso, andrebbero abbattuti gli innumerevoli ostacoli burocratici che la limitano, perché, purtroppo, negli anni la gestione della libera attività professionale ha incontrato notevoli difficoltà connesse, per esempio, alla disponibilità di spazi adeguati per questa attività. L'attività intramoenia permette, invece, al medico di continuare a lavorare oltre l'orario standard, facendo in modo che il medico possa mettere la propria competenza e professionalità a disposizione, contestualmente, sia dell'azienda che dei pazienti, ricavandone, ovviamente, l'equivalente pattuito e concordato sul piano economico.

Il problema delle liste d'attesa non è solo un problema percepito dai cittadini, è anche uno dei motivi principali di mancato accesso alle prestazioni da parte degli utenti che, poi, si vedono costretti ad accedere, magari ad alto costo, alle prestazioni offerte in regime privato.

D'altra parte, invece, uno sviluppo del sistema intramoenia permetterebbe al paziente di avere due vantaggi estremamente importanti: scegliere il medico da cui vuole essere visitato, esercitando anche un diritto di continuità nel processo di cura, non trovando in ambulatorio ogni volta un medico diverso, e, in secondo luogo, permettere anche all'azienda sanitaria di ottimizzare l'uso delle strutture, anche oltre gli orari strettamente standard, mettendo in condizione di far funzionare meglio il sistema e portando anche introiti.

Stabilire, invece, una relazione automatica fra lo svolgersi dell'attività intramoenia e la crescita delle liste d'attesa è sbagliato e scorretto nei confronti di migliaia di medici, che invece sono il fiore all'occhiello del nostro sistema sanitario nazionale. Le liste d'attesa sono il prodotto di una pluralità di motivi: in primo luogo, gli errori nelle prescrizioni - soprattutto per alcuni interventi diagnostici l'incidenza dei risultati negativi è un'incidenza clamorosa, spia dell'errore fatto al momento della prescrizione -, ma anche dell'eccessivo ricorso alla medicina difensiva, tema su cui, per fortuna, siamo appena intervenuti con un'apposita legge, che speriamo possa dispiegare al più presto i propri effetti positivi.

Molte mozioni reclamano la predisposizione del nuovo Piano nazionale di contenimento delle liste d'attesa: pensiamo sia un reclamo dovuto dato che l'ultimo piano è stato adottato nel 2010 e ha smesso di operare i suoi effetti ben cinque anni fa, nel 2012.

Per tali ragioni, il gruppo Scelta Civica-ALA si esprimerà in maniera favorevole ai dispositivi che chiedono l'emanazione di un piano nazionale contro le liste d'attesa e che contemporaneamente non demonizzano l'attività intramoenia, ma anzi la riconoscono come strumento utile a ridurre i tempi di accesso alle prestazioni sanitarie. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vargiu. Ne ha facoltà.

PIERPAOLO VARGIU. Grazie, Presidente, colleghi parlamentari. Noi crediamo che sia opportuno che oggi ci sia questa discussione legata alle liste d'attesa e ad alcuni meccanismi che sono sottesi alle liste d'attesa, perché effettivamente le liste d'attesa, oggi, rappresentano uno dei problemi comunicativi più gravi del nostro sistema di assistenza. Perché? Perché la percezione di lunghezza di lista d'attesa abnorme, indipendentemente dai motivi che la causano, indipendentemente dalle prestazioni che sono oggetto di questa percezione, è effettivamente, dal punto di vista della rilevanza e della risonanza presso l'opinione pubblica, un elemento gravissimo, perché dà l'idea dell'accesso negato alla prestazione, quando la prestazione è una prestazione di tipo ambulatoriale, o addirittura alimenta quel fenomeno, che noi ben conosciamo, della mobilità passiva, che comporta che, per i ricoveri ospedalieri, ci sia uno spostamento (causato talora dalle liste d'attesa) da regioni con sistema sanitario più debole a regioni con sistema più forte, dando un'altra percezione gravissima, negativa, nel cittadino italiano – che, purtroppo, noi sappiamo poi essere una percezione reale -, che è quella che ci siano regioni che tutelano la salute, con cittadini di serie A e regioni che purtroppo non hanno le risorse economiche o non hanno l'organizzazione per far fronte alla risposta al cittadino, e il cittadino, in quelle regioni, è di serie B.

In un sistema, che ancora oggi vuole essere, o vorrebbe esserlo, dice di essere, equo ed universale, è evidente che il tema delle liste d'attesa diventa la cartina di tornasole del mal funzionamento del sistema e dell'esistenza di 21 sistemi differenti regionali, che tutelano la sanità in Italia e che purtroppo non la tutelano nello stesso modo in tutte le regioni.

Quello che noi chiediamo, con la nostra mozione, è sostanzialmente un'azione del Governo, che intervenga per l'omogeneizzazione dell'attività sulle liste d'attesa, una omogeneizzazione che abbia come obiettivo quello dell'adozione delle best practice, che noi sappiamo funzionare in alcune regioni italiane che sono state d'avanguardia da questo punto di vista. Che cosa bisogna fare perché funzionino delle best practice, che abbiano, a livello nazionale, il punto di riferimento nel Ministero della sanità? Intanto, una educazione della domanda.

Dice bene il collega Gigli, quando dice che è difficile che l'offerta possa o debba inseguire la domanda, ma è altrettanto vero che la domanda può essere monitorata in termini di appropriatezza e può essere effettuata un'attività di educazione sui medici di medicina generale e sui pediatri di libera scelta, perché si vada verso l'appropriatezza prescrittiva. Questo lavoro, ovviamente, tende a comprimere le liste d'attesa.

Mentre, per quanto riguarda il secondo problema, che è uno dei problemi da cui nascono le mozioni odierne, e cioè quelle dell'intramoenia, noi non siamo assolutamente convinti che l'intramoenia rappresenti un segnale di patologia del sistema e non può rappresentare un segnale di patologia del sistema, anche se siamo d'accordo che in alcuni casi purtroppo lo è diventato. Perché? Perché la possibilità dell'accesso all'intramoenia da parte di professionisti che svolgono la loro attività all'interno del sistema sanitario nazionale deve essere considerata proprio come un meccanismo di dimagrimento delle liste d'attesa, in quanto consente di fare “shiftare” una serie di prestazioni, che possono essere pagate dal cittadino utente, liberando volumi di prestazioni, che possono essere così utilizzati per le lista d'attesa. È evidente che, se invece il meccanismo viene utilizzato male, le liste d'attesa che si allungano possono essere il meccanismo che orienta verso la prestazione intramuraria o, purtroppo per chi non la può pagare, condanna alla negazione della prestazione sanitaria.

Però, non facciamo quello che qualche volta questo Parlamento tende a fare, e cioè confondere bambino e acqua sporca e buttare nella stessa spazzatura entrambi. Questo sarebbe un grave errore e non avere in mente qual è l'effetto positivo dell'attuale libera professione intramuraria e il motivo per cui la libera professione intramuraria viene abilitata, anche a garanzia della libertà di prestazione del professionista, sarebbe gravissimo.

Seconda valutazione importante, che è sempre difficile fare ogni volta che noi ragioniamo in invarianza di risorse: è il tema della innovazione tecnologica, nel senso che spesso la prestazione è collegata con la disponibilità di innovazione tecnologica. L'innovazione tecnologica è fondamentale per evitare l'obsolescenza dell'intero sistema e per mantenere alta la qualità della prestazione. Se noi ci dimentichiamo che il patrimonio tecnologico italiano tende a invecchiare, in assenza di adeguati investimenti, per poterne garantire l'appropriatezza anche dal punto di vista della qualità e della garanzia dell'innovazione, facciamo un errore gravissimo.

Facciamo un errore gravissimo, se non teniamo a mente l'ulteriore passaggio, che è quello di andare a esercitare quella che oggi viene definita la medicina proattiva nel territorio, che consente di mantenere nel territorio una quantità di prestazioni che oggi tendono ad andare altrove, spesso anche verso l'ospedale. Allora, una medicina proattiva del territorio richiede investimenti tecnologici, tutti quelli legati alla Medicina 2.0, che prevedono che il paziente venga seguito da remoto all'interno del territorio, che venga consentita la programmazione dell'accesso nella cronicità, che è quello che moltissime regioni italiane stanno iniziando a fare, quando escludono dalle liste d'attesa tutto ciò che è programmato e quindi va a intaccare un'altra quota delle prestazioni disponibili, che è facilmente valutabile in rapporto al numero dei pazienti che sono stati intercettati nel territorio.

Pertanto, esiste una serie di interventi che sono codificati e che sono fatti già nelle regioni che hanno maggior capacità di organizzazione e - devo dire - anche maggiori risorse economiche; questi interventi non sono a costo zero, ma consentono un funzionamento del sistema, che è esattamente quello che tutti i parlamentari, immagino, auspichino.

L'ultima considerazione che vogliamo ripetere per la seconda volta, come Civici e Innovatori durante il nostro intervento, è la considerazione che non può essere fornita al Paese l'immagine di una sanità che ha ventuno velocità diverse e che nella provincia di Bolzano, che ha il doppio del reddito pro capite della regione Calabria, vada a una velocità che è doppia rispetto alla regione Calabria, con i cittadini calabresi che non sono più neanche di serie B, ma diventano di serie C e i cittadini della provincia di Bolzano che sono in Champions League. Questo non è tollerabile, deve essere identica la percezione della qualità della sanità garantita e dell'appropriatezza della risposta in tutto il territorio italiano ed è per questo che noi chiediamo al Governo un intervento forte in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Beatrice Brignone. Ne ha facoltà.

BEATRICE BRIGNONE. Grazie, Presidente. L'articolo 32 della Costituzione garantisce l'accesso per tutti al diritto alle cure. Si tratta del solenne riconoscimento di uno dei principali diritti fondamentali ma che, purtroppo, con tutta evidenza viene quotidianamente disatteso. Infatti, quasi un cittadino su dieci rinuncia a curarsi perché troppo costoso, perché sono troppo lontani i presidi, perché sono troppo lunghe le liste di attesa. La prassi di sentirsi consigliare di accedere alle cure private per evitare mesi e mesi di lista d'attesa e per ottenere una visita nello stesso ambulatorio con lo stesso medico ma il giorno successivo è ormai talmente diffusa da non poter più essere tollerabile. I dati nazionale diffusi dall'ultimo Pit 2015-2016 parlano di tempi medi previsti dal Piano nazionale sul contenimento delle liste d'attesa per visite ed esami diagnostici rispettivamente di 30 e 60 giorni e di 58 per le prestazioni per cui ospedali e ASL devono far rispettare i tempi massimi previsti. La realtà, però, è ben diversa e in molti casi si supera l'anno di attesa: 13 mesi per una risonanza magnetica, un anno e mezzo per una mammografia o una TAC, nove mesi per un'ecografia e sette per una radiografia.

Le leggi vigenti garantiscono il diritto dei medici a esercitare il regime di attività libero-professionale e il diritto del cittadino a scegliersi un medico di propria fiducia. Tuttavia, il mancato rispetto dei tempi induce spesso il paziente a eseguire la prestazione necessaria in regime di intramoenia e, secondo gli ultimi dati del dossier sull'intramoenia, la metà dei medici italiani esercita la professione privatamente presso strutture pubbliche. I dati del diciannovesimo rapporto Pit Salute, che si basa su 21.493 casi giunti e segnalati nel corso del 2015 alle sezioni del tribunale per i diritti del malato, evidenzia un'immagine chiara che è quella di un Servizio sanitario nazionale in cui l'accesso è sempre più un lusso: accede alle cure solo chi può permettersi di pagarle. Certamente, occorre ripensare a un sistema sanitario innovativo, con il processo di digitalizzazione della sanità italiana che appare ancora in ritardo rispetto alla maggioranza dei Paesi.

Sappiamo bene che le liste d'attesa rappresentano un problema molto complesso dovuto a tanti fattori e molto diversificato da regione a regione. Ma a noi corre l'obbligo di avere la certezza che l'intramoenia non sia di ostacolo alla corretta applicazione della Costituzione e al diritto solenne di accesso alle cure per tutti. Non possiamo e non dobbiamo considerare l'intramoenia e il privato come normali canali di accesso alle prestazioni di cui si ha bisogno per sopperire alle inefficienze e agli squilibri del nostro Servizio sanitario nazionale. Se così fosse sarebbe necessario rivederne il corso. Chiediamo, quindi, al Governo di impegnarsi affinché si adoperi nel favorire l'istituzione di un osservatorio in ogni regione delle liste d'attesa in grado di aggiornare in tempo reale le proprie liste e chiediamo di relazionare alle Commissioni affari sociali sull'attuale situazione delle liste d'attesa e dell'esercizio dell'intramoenia e di valutare la creazione di una Commissione parlamentare per il monitoraggio delle liste di attesa e delle attività private esercitate dai medici ospedalieri e di controllo dell'applicazione della determina ANAC del 28 ottobre 2015 riferita alle disposizione e condizioni che consentono l'esercizio dell'attività libero-professionale in intramoenia.

Voteremo, quindi, favorevolmente su tutte le mozioni che vanno nel senso di tutelare il diritto all'accesso alle cure contenendo le liste di attesa e monitorando che l'attività di intramoenia non ne sia di effettivo ostacolo. Accettiamo anche la riformulazione che il Governo ci ha posto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rondini. Ne ha facoltà.

MARCO RONDINI. Grazie, Presidente. Molto brevemente, le nostre osservazioni, che abbiamo posto in premessa, si possono riassumere bene da un passaggio che è nella nostra mozione, quello che fa riferimento alla grave carenza di prestazioni nei servizi pubblici. Le liste d'attesa e gli ostacoli, spesso secondo noi in maniera demagogica posti alla libera professione dei medici pubblici, oltre a favorire le strutture sanitarie e profit, sta incrementando, notevolmente e pericolosamente, il fenomeno emergente della medicina low cost. Al danno secondo noi si aggiunge la beffa; infatti, si ripropone ciclicamente sui media il tentativo, ridicolo e truffaldino, da parte di alcuni esponenti politici di correlare ancora le liste di attesa con l'attività privata dei medici pubblici.

Riteniamo altresì che l'inadeguatezza della governance delle liste d'attesa, che è uno dei punti sui quali si sviluppano tutte le mozioni presentate, sia da ricondurre, soprattutto a livello regionale, alla cattiva organizzazione in alcune regioni, che poi produce delle liste d'attesa assolutamente incompatibili con quello che dovrebbe essere l'obiettivo del Sistema sanitario nazionale delegato alle regioni e, cioè, la tutela del diritto alla salute.

Però, torno a dire che noi riteniamo che vadano tutelati quei molti medici che, ad esempio, nel corso degli anni sono stati costretti ad abbandonare il rapporto esclusivo per poter svolgere liberamente la propria professione, con la conseguenza che i medici subiscono, in questo caso, pesanti penalizzazioni economiche che si proiettano drammaticamente anche sul futuro previdenziale. Noi riteniamo che il cittadino, nella confusione e nei gravi disservizi che si sono determinati, si è visto costretto oggettivamente a ricorrere alle prestazioni intramoenia dell'azienda, in quanto la stessa azienda gli prospetta liste d'attesa improponibili, ma ciò è legato soprattutto alla cattiva governance da parte di alcune regioni delle liste d'attesa. Oppure, si costringe magari il cittadino a rivolgersi al settore privato profit e, purtroppo, se non ha nessuna possibilità economica si riversa disperatamente nei pronto soccorsi ospedalieri.

Ebbene, noi riteniamo che alla luce di queste brevi considerazioni, che in parte sono ricorse anche negli interventi dei colleghi e che ricorrono nelle mozioni che i colleghi hanno presentato, di dover preannunciare che voteremo a favore su tutte le mozioni sulle quali il Governo ha comunque espresso un parere favorevole. Chiediamo, però, per quanto riguarda la nostra mozione, il voto per parti separate, votando le premesse e i primi tre impegni, su cui il Governo ha dato parere favorevole con riformulazione, distintamente dall'ultimo impegno, sul quale il Governo ha espresso parere negativo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Rosanna Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. La mozione presentata dal gruppo di Alternativa Popolare sulla materia in esame non si pone chiaramente in contrasto con ciò che la stessa intramoenia rappresenta, ovvero la possibilità di erogare prestazioni al di fuori del normale orario di lavoro dei medici dell'ospedale utilizzando le strutture ambulatoriali e diagnostiche del loro istituto a fronte del pagamento, da parte del paziente, di una tariffa. Al contrario, invece, il nostro testo riconosce che potenzialmente questo sistema, ove correttamente gestito e monitorato, comporta degli indubbi vantaggi per il Servizio sanitario nazionale considerato nel suo complesso, poi per i singoli utenti e per i professionisti sanitari, i quali trovano ulteriori motivazioni per lo svolgimento della loro attività. Indubbiamente, infatti, l'esigenza di pervenire ad un corretto esercizio dell'intramoenia ha giustificato i molteplici interventi normativi succedutisi nel corso degli anni. Si è cercato, attraverso la legge n. 189 del 2012, di garantire innanzitutto la piena tracciabilità di tutte le prestazioni e di tutti i pagamenti attraverso un'attività di controllo e di monitoraggio che prendeva in considerazione anche il concetto di intramoenia allargata, ossia quella svolta presso gli studi dei professionisti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 13,30)

ROSANNA SCOPELLITI. La complessità della materia, ovviamente, non poteva non creare delle forti difficoltà riguardo all'attuazione delle disposizioni predisposte dal legislatore sia a livello nazionale che regionale. Le maggiori criticità che si continuano a registrare per effetto della mancata piena efficienza dell'attuale sistema dell'attività libero-professionale intramuraria riguardano la questione della mancata riduzione entro quelli che erano e che sarebbero gli obiettivi auspicati delle liste di attesa per l'effettuazione di prestazioni assistenziali. Ad oggi, infatti, le liste di attesa sono regolamentate dal cosiddetto Piano nazionale di governo delle liste di attesa del 2010-2012 nonché dai piani regionali del governo delle liste di attesa.

Risulta quanto mai urgente, quindi, definire un nuovo Piano nazionale per il periodo 2017-2019, che contenga le necessarie misure correttive, oltre che integrative, in grado di abbreviare i tempi delle liste di attesa, che ormai sono davvero giunte al punto di mettere in pericolo la stessa garanzia dell'assistenza sanitaria. Alcuni dati ripresi dai media, relativi al 2016, possono aiutare a comprendere la gravità della situazione. Occorre infatti un'attesa di quindici mesi per una mammografia, di ventuno mesi per la rimozione delle protesi, dodici mesi per avere diritto a una visita neurologica, dodici mesi per una risonanza magnetica e nove mesi per una visita oculistica, cosa che francamente mi sembra agghiacciante. E l'elenco purtroppo potrebbe continuare, ma credo che quanto finora espresso risulti sufficiente a rappresentare una situazione non più sostenibile e francamente imbarazzante per un Paese civile, soprattutto per le regioni del Mezzogiorno, che sono forse quelle più penalizzate.

Al di là di ciò che è previsto dal Piano nazionale, anche il legislatore ha stabilito delle norme sui tempi di attesa, con un unico obiettivo: evitare che la discrepanza tra attività istituzionale e libero-professionale finisca per tradursi in un elemento in grado di favorire il ricorso a quest'ultima, arrecando inevitabilmente un precipizio per l'accesso ai servizi assistenziali da parte dell'utenza. Una corretta applicazione dell'istituto della libera professione deve essere quindi sostenuta da un'attenta e continua opera di monitoraggio sull'attività delle regioni e delle province autonome. L'obiettivo è fare in modo che l'attività libero-professionale si trasformi in un reale servizio aggiuntivo per i cittadini e che non costituisca un danno per l'attività istituzionale. L'opera di controllo e monitoraggio non può non coinvolgere anche il Ministero della salute, e ad oggi tale compito viene svolto attraverso l'Osservatorio nazionale sullo stato di attuazione dei programmi di adeguamento degli ospedali e sul funzionamento dei meccanismi di controllo a livello regionale e aziendale.

Tenendo in considerazione le rispettive competenze e responsabilità, l'Osservatorio ha l'obiettivo di verificare il livello di adeguamento alle norme di riferimento, analizzare le strategie di governance adottate a livello di regioni e province autonome ed adottare ciò che è necessario per eliminare eventuali anomalie e disfunzioni. Appare quindi evidente come, alla luce di una situazione già di per sé complessa e con prospettive future non proprio incoraggianti, il Governo debba impegnarsi con una sempre più puntuale vigilanza, al fine di perseguire una migliore efficienza del sistema, a beneficio dei servizi assistenziali erogati ai cittadini. Vanno assunte delle iniziative che garantiscano l'equilibrio tra le prestazioni intramoenia e le attività istituzionali nell'ambito dell'accordo Stato-regioni, nel quale sono definiti i criteri e le procedure per valutare e verificare l'attività di direttore generale delle aziende del Servizio sanitario nazionale, preservando sia le une che le altre. Accanto all'aggiornamento del Piano nazionale del Governo delle liste di attesa, occorre poi promuovere l'implementazione dei flussi informativi utili alla raccolta completa dei dati sui tempi di attesa, unico modo, quest'ultimo, per giungere a una loro effettiva riduzione. Non meno importante, in ultimo, è la promozione da parte delle regioni delle modalità alternative di accesso alla prestazione, nei casi in cui l'ordinaria offerta aziendale non sia in grado di garantire la dovuta assistenza nei tempi definiti come previsto dallo stesso Piano nazionale vigente.

In conclusione, quindi, il voto al testo della nostra mozione vuol dire impegnare l'Esecutivo a garantire tempi certi delle prestazioni mediche, con il conseguente abbattimento delle liste di attesa, la trasparenza e la tracciabilità dei pagamenti, un equilibrio tra attività istituzionali e libero-professionali che riesca ad evitare pregiudizi alle prime e ad incentivare l'esercizio delle seconde, il tutto chiaramente nell'interesse della salute e del bene dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fossati. Ne ha facoltà.

FILIPPO FOSSATI. Presidente, la discussione che facciamo oggi e le mozioni presentate sottolineano un punto, che è il rapporto tra l'ampliarsi, l'allungarsi delle liste d'attesa e la pratica della libera professione in azienda, anzi in intramoenia, così come descritta dalla normativa, in particolare dopo la riforma dell'onorevole Bindi, di quella che è conosciuta come la riforma dell'onorevole Bindi. Interverrei subito su questo punto, perché credo che talvolta vi sia una relazione automatica tra l'allungarsi delle liste d'attesa e l'esercizio dell'attività libero-professionale intramoenia da parte del dirigente sanitario e degli altri operatori, ma non c'è nessun automatismo da segnalare.

Anzi, credo che quando facciamo questa operazione noi trascuriamo di vedere il dato vero: aumentano le liste d'attesa perché i problemi sono di diversa natura, il primo dei quali è il sotto finanziamento del sistema, quindi la difficoltà a coprire gli organici nelle aziende, nei reparti e nei servizi. Ormai abbiamo avuto un definanziamento, di fatto, anche se si è detto che è stato in qualche modo coperto dalla cifra in termini assoluti che nelle ultime finanziarie ha garantito la costanza del finanziamento pubblico al Fondo sanitario nazionale, ma in realtà sappiamo che l'andamento delle patologie, l'andamento demografico, i debiti che si sono accumulati, sia per il blocco del contratto del comparto della sanità, sia per il mancato investimento nelle tecnologie nello sviluppo tecnologico del sistema, tutto questo ha di fatto prodotto un sotto finanziamento forte, preoccupante, del Servizio sanitario nazionale. Capite che questo fa crescere le liste d'attesa: la scarsità delle risorse, tecnologiche, finanziarie e umane, a disposizione dell'organizzazione del servizio.

In questo contesto, si sviluppa il tema dell'intramoenia. La legge lo inquadra come una possibilità in più che si dà al cittadino. Noi abbiamo costruito il Servizio sanitario nazionale universale in Italia tentando di fare un capolavoro; il capolavoro era quello di associare un'estensione dei servizi, attraverso la definizione dei livelli essenziali di assistenza, quindi di un pacchetto di prestazioni ben definite che sono diritto esigibile dei cittadini, con un altro aspetto, cioè il mantenimento della possibilità della libera scelta da parte dei cittadini rispetto al professionista che deve intervenire sul loro disagio, sulla loro patologia.

È un equilibrio molto difficile, ma che segna, quando avviene, quando funziona, un grado di soddisfacimento dell'utenza, delle persone, molto alto. Tutti noi abbiamo piacere, quando si tratta del nostro corpo, della nostra vita, di rivolgerci alle persone con cui si stabilisce un rapporto ed è un rapporto, la relazione medico-paziente - noi siamo tornati anche pochi giorni fa in Aula su questo, quando parlavamo delle disposizioni anticipate di trattamento -, importante, che fa parte dell'esito e del percorso terapeutico, come altre caratteristiche, che in apparenza sono più importanti, ma poi non lo sono abbastanza, non lo sono in relazione a questa. Quindi, questo era lo sforzo e così trovammo la strada di consentire al professionista di poter sviluppare la sua attività all'interno delle mura ospedaliere o ambulatoriali.

Detto questo, dal dire al fare ci sono voluti anni e la cosa non si è conclusa, come nelle mozioni tutti i gruppi affermano, semplicemente guardando i dati che ci vengono forniti. Non sono stati completati gli investimenti per dotare i presidi sanitari pubblici di spazi adeguati alla possibilità che i medici e le altre figure professionali possano svolgere la loro attività, questo è il primo dato strutturale; non si è costruito un sistema efficace, in molte regioni italiane, in molte aziende, di controllo e di corretta gestione di questo strumento. Si tratta, come dicevo, della possibilità di consentire una libera scelta del professionista.

Non deve essere interpretato come uno strumento che porta un pezzo di privato dentro la struttura pubblica oppure che nella struttura pubblica è usato per colmare le lacune che si hanno nell'erogare i servizi istituzionali e i livelli essenziali delle prestazioni. C'è una priorità assoluta, inderogabile, che deve essere a carico del servizio, quindi a carico delle aziende, dei direttori sanitari e dei direttori generali delle aziende, che è l'inderogabile compito di assicurare a tutti i cittadini l'erogazione dei livelli essenziali d'assistenza. Solo dopo, solo in relazione a questo risultato, si può e si deve garantire e gestire lo spazio di libera professione per i professionisti.

Quando ci accorgiamo - e se ne accorge il cittadino, perché vede che il rivolgersi all'intramoenia o alla struttura convenzionata privata è il modo per accorciare significativamente le liste d'attesa -, che il profilo e il senso della legge non trova rispondenza nella realtà, perché la realtà è altra, bisogna mettere in campo tutti gli accorgimenti e tutti gli strumenti perché la situazione sia ricondotta alla normalità.

Devo dire che qui ci sono buone pratiche in relazione alla gestione delle liste d'attesa delle agende dei professionisti e delle strutture sanitarie. In molte regioni c'è un'informatizzazione abbastanza avanzata, cioè la possibilità di gestire le attese in territori ampi su aree vaste, quindi di risolvere le difficoltà e le differenze della tempistica in una struttura piuttosto che nell'altra; c'è un intervento di monitoraggio che consente di controllare, di verificare e di parametrare i tempi dell'intramoenia con i tempi dell'attesa e i volumi istituzionali dell'attività istituzionale con i volumi dell'intramoenia, tenendo presente che è un'attività di controllo che deve agire puntualmente, caso per caso, perché, se guardiamo i numeri sull'intero volume delle prestazioni, ci accorgiamo già oggi che il volume dell'intramoenia rappresenta l'8 per cento rispetto alle prestazioni generali e, quindi, è molto al di sotto dei limiti previsti dalla legge.

La cosa più sbagliata che potremmo fare è dare il messaggio che, di fronte a una definanziamento del sistema, al blocco del turnover e al blocco delle assunzioni, ai mancati investimenti in tecnologie e alla spinta che viene comunque data attraverso i ticket e attraverso le detrazioni alle mutue private, di fronte a questo sistema, il nostro obiettivo fosse quello di penalizzare i professionisti se fanno una cosa garantita dalla legge. Questo è il primo aspetto.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FILIPPO FOSSATI. Il secondo aspetto è che il Ministero della salute metta in condizione il Parlamento di ragionare sui dati e di promuovere, anche attraverso opportuni interventi di legge, un sistema di controllo che garantista regolarità e parità di accesso anche a questo servizio e a tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gullo. Ne ha facoltà.

MARIA TINDARA GULLO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, negli ultimi anni il sistema sanitario italiano ha subìto un notevole taglio delle risorse. Spesso si è trattato di tagli lineari, che hanno determinato apparenti risparmi sul personale, il blocco del turnover e il mancato sviluppo tecnologico delle infrastrutture.

Nell'anno 2017 per il Fondo sanitario è stato previsto lo stanziamento di 113 miliardi, da cui poi sono stati tolti 422 milioni. Questi tagli lineari hanno determinato l'aumento delle liste d'attesa, con la conseguente negazione del diritto alle prestazioni sanitarie e con livelli essenziali che non vengono garantiti in tutte le regioni italiane.

In realtà il sistema di intramoenia dovrebbe servire ad ottenere un più alto livello di tutela della salute.

Purtroppo però i medici non sono stati messi nella condizione di svolgere adeguatamente sia il normale servizio che quello intramoenia; non sono stati resi disponibili spazi pubblici adeguati per questa attività; sono stati creati ostacoli burocratici e non è stato riorganizzato il sistema sanità alla luce dell'introduzione del sistema intramoenia. Dall'attuale situazione consegue che i cittadini si trovano nella condizione di spendere maggiori cifre per il servizio intramoenia poiché i tempi di attesa non sono compatibili con una normale azione diretta alla tutela della salute oppure, visti i costi più elevati di questa rispetto al Servizio sanitario nazionale, sono costretti a rinunciare o rinviare le cure. Secondo il CENSIS, nel 2016, 11 milioni di italiani hanno rinunciato o rinviato le cure mediche per motivi economici. L'ultima relazione annuale al Parlamento sull'esercizio dell'attività libero-professionista intramuraria relativa all'anno 2014 e presentata nel settembre 2016 ha messo in evidenza le diffuse criticità del sistema intramoenia. Per tutto quanto premesso si chiede al Governo l'impegno ad assumere tutte le iniziative affinché si renda effettivo il diritto alla salute e si ottenga un più alto livello di tutela della salute del cittadino; a predisporre modifiche normative affinché siano assicurati tutti i livelli essenziali di assistenza di cui il Servizio sanitario nazionale è garante; ad assumere iniziative normative affinché entro il più breve tempo possibile sia adottato il nuovo Piano nazionale per il governo dei tempi di attesa; a prevedere finanziamenti adeguati nel settore sanità al fine di consentire a medici e pazienti la realizzazione di un sistema intramoenia efficace ed efficiente per meglio tutelare la salute degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grillo. Ne ha facoltà.

GIULIA GRILLO. Grazie, Presidente. Approfitto della presenza del sottosegretario Faraone perché naturalmente abbiamo capito che è praticamente impossibile avere il privilegio di avere qui il Ministro della salute in quattro anni. Tuttavia, tramite la sua voce, faccio sapere al Ministro della salute che il primo punto della nostra mozione, contenuto anche nella mozione della maggioranza, è approvare ed emanare i decreti previsti dalla legge di stabilità del 2015, semplicemente quindi dando seguito alle leggi che lei stessa ha fatto. Giusto per rincarare la dose, mi sembra alquanto grave che questi Governi, in cui la Ministra di tutte le stagioni è stata sempre presente, non si siano mai minimamente voluti occupare del tema delle liste d'attesa. Benissimo oggi lo sta facendo questo Parlamento su una mozione presentata dal MoVimento 5 Stelle. Anche in questo caso la Ministra avrebbe potuto avere un minimo di sensibilità nel dimostrare che ha interesse verso un tema che rappresenta il principale ostacolo di accesso alle prestazioni dei cittadini italiani, considerato che si vanta tanto di LEA che peraltro erano stati scritti nella precedente legislatura, quindi niente di nuovo sotto il sole, e poi sono stati semplicemente perfezionati, quindi non li ha scritti questo Governo e non li ha scritti lei, però sa benissimo che per garantire i LEA un cittadino una visita deve poterla fare. Quindi oggi questa mozione nasce con questo intento. Mi faccia aggiungere che mi fa ridere pensare che deve essere emanato il Piano nazionale liste d'attesa 2016-2018 perché, se non sbaglio, siamo ad aprile 2017, quindi il nuovo piano nazionale liste d'attesa si dovrà chiamare almeno, con un po' di onestà intellettuale, 2017-2018 visto che il 2016 è già passato. Direi anche “alla buon'ora”, sottosegretario, perché l'ultimo Piano nazionale delle liste d'attesa risale al 2010 e non perché fossero stati particolarmente bravi quelli che c'erano nel 2010, la classe dirigente di cui tutti si fregiano di fare parte, perché recepiva con solo cinque anni di ritardo la normativa di riferimento. Sottosegretario, con piacere accolgo il fatto che abbiate espresso parere favorevole su molti nostri impegni ma noi non abbiamo scoperto l'acqua calda: vi stiamo chiedendo semplicemente di applicare la normativa perché la normativa sull'intramoenia è una normativa che è stata totalmente non rispettata perché quando nella relazione al Parlamento mi scrivono - anche in questo caso una relazione al Parlamento presentata nel 2016 ma che si riferisce al 2014 quindi viaggiamo su numeri ormai vecchi due anni e tutti sanno quanto in politica i numeri vecchi non aiutano a fare programmazione naturalmente - quando mi scrivono che solo quattro regioni - solo quattro regioni! - sono totalmente adempienti per avere fissato i volumi della libera professione, significa che nessuno ha rispettato le regole. Quando ci sono regioni come la Campania o la Calabria che fanno la libera professione in studi professionali non collegati in rete, non hanno rispettato, il 45 per cento, la legge, perché la legge diceva che la libera professione in studi privati la potevi fare se, e solo se, in casi eccezionali e che comunque andava collegate in rete. E non è un caso se l'ANAC, l'Agenzia nazionale anticorruzione, abbia ravvisato proprio nella libera professione non collegata in rete un motivo di corruzione. Come un motivo di corruzione è quando la fatturazione non è tracciabile: non esiste che il cittadino che fa la visita in intramoenia paghi i soldi direttamente al medico, i solidi li deve pagare all'azienda (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) perché quello è un servizio che fornisce l'azienda, non il medico della libera professione.

E poi ancora l'agenda di prenotazione non deve essere gestita solo dal professionista, al massimo, se siamo proprio buoni, deve essere cogestita con l'azienda sanitaria, perché l'azienda deve avere il controllo di quello che fa il libero professionista. Non può succedere che il cittadino chiama e gli dicono sono tre mesi nel pubblico, però due giorni se vai in intramoenia. Si capisce che il cittadino esce pazzo quando gli verrà risposto così.

Quindi, mi auguro che gli impegni che avete approvato, che approveremo a breve, di questa mozione, diventino realtà perché altrimenti continuerà questa emorragia di cittadini che vanno verso la sanità privata e poi i mea culpa e le mani sul petto per non avere fatto abbastanza per salvare il Servizio sanitario pubblico saranno francamente assolutamente inutili e degni di lacrime di coccodrillo che a noi non interessano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Grazie Presidente. La percezione del cattivo funzionamento del sistema sanitario passa certamente attraverso anche la lista d'attesa; questo è un fatto indiscutibile. La lista d'attesa viene vissuta come un'ingiustizia se pagando la prestazione lo stesso medico, con le stesse attrezzature, eroga la prestazione in tempi rapidi in regime di intramoenia, rispetto alla corsia istituzionale. Questo ci dice di una ingiustizia, perché, quando si sta male, è difficile sopportare anche le prudenti scale di priorità che le regioni più efficienti riescono a garantire. Ma è bene essere chiari: le liste d'attesa non sono attribuibili all'attività intramoenia, sbaglieremmo se continuassimo a cedere a questa errata semplificazione. Anzi, è diffuso il ricorso all'acquisto di prestazioni assicurate dei medici in intramoenia per abbattere almeno in parte le liste d'attesa. Per affrontare questo problema già il “Patto per la salute” ha fissato impegni precisi che le regioni, con l'aiuto di AgeNaS, devono attuare anche in applicazione del Piano nazionale sul contenimento delle liste d'attesa. Non è un tema nuovo tant'è vero che numerose regioni hanno già sperimentato innovazioni organizzative per affrontare il problema e l'hanno anche risolto. Le buone pratiche non mancano, penso all'Emilia Romagna, e in questi giorni anche alla regione Lazio che ha presentato un analogo piano. So che spesso si afferma che in parte le liste d'attesa sono un dato ineludibile per la semplice ragione che la domanda di prestazioni è tendenzialmente infinita a fronte di risorse limitate, ma cambiare si può. In quindici mesi, dal 1° settembre 2015 al novembre 2016, la regione Emilia Romagna ha garantito su 2.700.000 prestazioni riguardanti le prime visite ed esami diagnostico strumentali il rispetto, nella misura del 95 per cento, dei tempi previsti dal Piano nazionale sul contenimento delle liste di attesa, di trenta o sessanta giorni in relazione alla classe di priorità che era stata prevista.

Si può realizzare il contenimento delle liste d'attesa attraverso la riprogrammazione dei servizi correlati ad innovazioni organizzative, a un più attento monitoraggio, a un severo controllo dei risultati. Così è stato possibile, ad esempio, che, per una visita ginecologica, che nel 2015, nel 46 per cento dei casi, era garantita entro la classe di priorità prevista, nel 2016, venisse garantita nel 100 per cento dei casi entro i tempi previsti. In attuazione del Piano nazionale la regione ha fissato impegni precisi per rispettare il tempo di attesa di ventiquattro ore per le urgenze, sette giorni per le urgenze differibili, 30 e 60 giorni per le visite ed esami programmabili. Molte regioni, a dire il vero tutte dovrebbero averlo fatto, erano tenute a predisporre il piano in attuazione di quello nazionale, ma sono indispensabili alcune condizioni perché trovi compiuta attuazione.

La prima è rappresentata dall'applicazione di compiuti percorsi dell'appropriatezza delle prestazioni. La seconda è rappresentata dalla presenza di organici del personale che siano commisurati all'effettivo fabbisogno.

Salto perché voglio consegnare il testo e voglio fare un cenno alla questione dell'intramoenia. Così com'è, va bene? No. Il ricorso all'intramoenia dovrebbe corrispondere alla libera scelta del cittadino di farsi curare da un determinato medico con il quale è attiva una relazione di cura, non è la scorciatoia per evitare le carenze organizzative dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale, e tanto meno può diventare la via obbligata per ottenere la prestazione in tempi rapidi. Purtroppo però sappiamo che anche la recente ricerca del Censis afferma che due terzi degli italiani che si rivolgono all'intramoenia per evitare le liste d'attesa lo fanno per questa ragione. È una distorsione che ci trasciniamo da oltre dieci anni a causa dell'inerzia delle regioni nell'attuazione delle riforme che si sono succedute. La prima riforma è dal 1999 e nasce perché c'era confusione nella sanità pubblica fra pubblico e privato, c'era un palese conflitto di interessi dei professionisti con l'azienda. Cos'è accaduto? È accaduto - è una semplice constatazione, cari colleghi - che per rimuovere l'opacità di queste norme sono state necessarie delle riforme, in particolare la legge n. 207, e poi l'articolo 2 del “decreto Balduzzi”, il n. 158. Purtroppo in occasione di ogni “decreto mille proroghe” puntualmente è arrivata una richiesta della proroga dei termini per l'applicazione, e così tante norme che ci sono, non mancano, forse sono perfino troppe, sono rimaste inattuate.

Ora siamo di fronte alla riforma ultima, la riforma del 2012. La relazione presentata nel 2016 relativa al 2014 traccia un quadro di gravi ritardi nell'attuazione in più di metà delle regioni italiane. Preoccupa che ben dieci regioni abbiano autorizzato il programma sperimentale presso gli studi dei professionisti che devono essere collegati in rete con l'azienda sanitaria; ma siamo certi che non fossero reperibili spazi vuoti nell'azienda? Preoccupa che solo tredici regioni abbiano emanato le linee guida per il controllo sui volumi di attività in libera professione che non possono superare le attività istituzionali. Preoccupa che solo dieci regioni si siano dotate delle infrastrutture di rete per il collegamento in rete e voce fra gli studi e l'azienda per le prenotazioni, per tracciare il numero dei pazienti visitati e i pagamenti delle tariffe che, peraltro, sono fissate in modo trasparente, sottratte alla discrezionalità del singolo professionista. Preoccupa che nel 2014 ci siano due regioni che acquisiscono ancora le prenotazioni sul registro cartaceo detenuto dal singolo medico nella misura che va dal 50 all'80 per cento delle prestazioni, mentre altre tre regioni, Emilia Romagna, Toscana e Veneto, registrano sul cartaceo da 0 a 0,1 per cento delle prestazioni perché nel 99, fino al 100 per cento, funziona l'agenda del CUP. Applicare la riforma equivale a fare trasparenza, equivale a rimuovere le differenze di opportunità di accesso ai servizi sanitari, significa creare uguaglianza. Su questo noi incalzeremo il Governo che peraltro nell'accogliere anche la nostra mozione ha dimostrato di condividere questa impostazione; non ne avevo dubbi, peraltro.

Voteremo le altre mozioni che hanno avuto analogo parere a quella presentata dal Partito Democratico eccetto il quarto punto della mozione della Lega, laddove invoca la libertà nell'attività libero professionale rispetto all'attività istituzionale. Torneremo indietro di 15 anni ed è sorprendente che un partito che governa due regioni importanti come la Lombardia e il Veneto, presenti una proposta come questa, sarebbe come se l'ingegnere della Ferrari che segue Vettel fino alle 14 restasse a Maranello e dalle 14 in poi si trasferisse alla Mercedes per seguire Hamilton; secondo voi che chi fa gli interessi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Colleghi, a questo punto possiamo passare ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Grillo ed altri n. 1-01563 (Ulteriore nuova formulazione), come riformulata su richiesta del Governo e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Passiamo alla votazione della mozione Rondini ed altri n. 1-01581 (Nuova formulazione). Ricordo che i presentatori hanno accettato la riformulazione del secondo capoverso del dispositivo, mentre non hanno accettato l'espunzione del quarto capoverso del dispositivo. Contestualmente i medesimi presentatori hanno richiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare il quarto capoverso del dispositivo distintamente dalla restante parte della mozione.

Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rondini ed altri n. 1-01581 (Nuova formulazione), come riformulata su richiesta del Governo, ad eccezione del quarto capoverso del dispositivo. Il parere del Governo è favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rondini ed altri n. 1-01581 (Nuova formulazione), limitatamente al quarto capoverso del dispositivo. Il parere del Governo è contrario.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Passiamo alla votazione della mozione Palese ed altri n. 1-01584. Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima i capoversi primo, secondo, terzo e quinto del dispositivo, a seguire i capoversi quarto e sesto del dispositivo, e infine, qualora il dispositivo sia tutto o in parte approvato, la premessa.

Passiamo, quindi, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese ed altri n. 1-01584, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, limitatamente ai capoversi primo, secondo, terzo e quinto del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese ed altri n. 1-01584, limitatamente ai capoversi quarto e sesto del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Palese ed altri n. 1-01584, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese ed altri n. 1-01584, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Binetti ed altri n. 1-01585, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Brignone ed altri n. 1-01586, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Fossati ed altri n. 1-01587, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vargiu ed altri n. 1-01588, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 11).

Passiamo alla votazione della mozione Lenzi ed altri n. 1-01592. Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare il dispositivo distintamente dalla premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lenzi ed altri n. 1-01592, limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo e per quanto non assorbito dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Lenzi ed altri n. 1-01592, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lenzi ed altri n. 1-01592, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Bosco e Scopelliti n. 1-01593, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gullo ed altri n. 1-01595, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01597, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gigli e Dellai n. 1-01598, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

Trasmissione del Documento di economia e finanza 2017 e sua assegnazione alla V Commissione

PRESIDENTE. Colleghi, comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 12 aprile 2017, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 7, comma 2, lettera a), e 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Documento di economia e finanza 2017 (Doc. LVII, n. 5) (alla sezione II del Documento è allegata la nota metodologica sui criteri di formulazione delle previsioni tendenziali, di cui al comma 4 dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009).

Al Documento sono allegati: il rapporto sullo stato di attuazione della riforma della contabilità e finanza pubblica, di cui all'articolo 3 della legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 5 - Allegato I); la relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, di cui al comma 7 dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009 e all'articolo 7 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Doc. LVII, n. 5 - Allegato II); il documento “Connettere l'Italia: fabbisogni e progetti di infrastrutture” (Doc. LVII, n. 5 - Allegato III); la relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, di cui al comma 9 dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 5 - Allegato IV); il documento sulle spese dello Stato nelle regioni e nelle province autonome, di cui al comma 10 dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 5 - Allegato V); il documento “Il benessere equo e sostenibile nel processo decisionale” (Doc. LVII, n. 5 - Allegato VI); la relazione sui fabbisogni annuali di beni e servizi della pubblica amministrazione e sui risparmi conseguiti con il sistema delle convenzioni Consip, di cui all'articolo 2, comma 576, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. (Doc. LVII, n. 5 - Allegato VII)

Il Documento è assegnato, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 1, del Regolamento, alla Commissione V (Bilancio) nonché, per il parere, a tutte le altre Commissioni permanenti e alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Ricordo che il calendario dei lavori dell'Assemblea prevede che l'esame del Documento in Aula abbia inizio nella giornata di mercoledì 26 aprile. Le Commissioni di settore dovranno, pertanto, concluderne l'esame in sede consultiva entro giovedì 20 aprile; la V Commissione (Bilancio) dovrà concludere l'esame in sede referente entro venerdì 21 aprile.

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

A partire dalle ore 16,30 avrà luogo il seguito della discussione delle mozioni in materia di politiche attive del lavoro.

La seduta, sospesa alle 14,20, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dello Sviluppo economico, il Ministro della Giustizia, la Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca, il Ministro per gli affari regionali e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

(Iniziative per il rispetto della normativa vigente in materia di divieto di nuove ed ulteriori attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi in mare, con particolare riferimento al possibile ritiro del decreto ministeriale del 7 dicembre 2016 - n. 3-02942)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Speranza ed altri n. 3-02942 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Folino ha facoltà di illustrare l'interrogazione Speranza ed altri n. 3-02942 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

VINCENZO FOLINO. Con l'articolo 15 del decreto ministeriale del 7 dicembre 2016, pubblicato il 3 aprile scorso, si stravolge di fatto il codice ambientale che, come è noto, sancisce il divieto delle varie attività di estrazione di idrocarburi in mare poste entro le 12 miglia dalla costa, fatti salvi i titoli abilitativi già rilasciati. Infatti, con l'articolo 15, le società petrolifere con concessioni entro le 12 miglia, potranno modificare e di fatto ampliare il programma di estrazione, magari aumentando i pozzi.

È evidente che queste novelle previsioni aggirano di fatto il divieto di nuove trivellazioni entro le 12 miglia contro la volontà espressa da oltre 13 milioni di elettori nel referendum del 17 aprile 2016. Pertanto, si interroga il Governo per sapere se non intenda ritirare le norme di cui in premessa, in quanto di fatto derogatorie delle norme vigenti in materia di divieto delle diverse fasi relative alle estrazioni petrolifere entro le 12 miglia, o emanare norme correttive volte a specificare che in ogni caso le eventuali modifiche al programma originale possono essere autorizzate solo per finalità di manutenzione e di maggiore tutela ambientale, e non devono comportare in alcun modo aumento dell'attività e delle capacità estrattive.

PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

CARLO CALENDA, Ministro dello Sviluppo economico. Grazie, Presidente. Il decreto ministeriale recentemente pubblicato in Gazzetta Ufficiale si pone quale aggiornamento delle modalità operative per la ricerca e la produzione di idrocarburi, in coerenza con la norma primaria, non estendendo o aggirando in alcun modo le disposizioni del codice ambientale. La norma in argomento vieta le attività di ricerca, di prospezione, nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle zone di mare comprese nelle 12 miglia dalla costa, nelle aree marine e costiere protette.

La stessa prevede tuttavia la salvezza per la durata di vita utile del giacimento dei titoli abilitativi già rilasciati nel rispetto degli standard di sicurezza di salvaguardia ambientale, garantendo la possibilità di svolgere nell'ambito delle concessioni già rilasciate le attività di manutenzione, finalizzate all'adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti, alla tutela dell'ambiente e delle operazioni finali di ripristino ambientale. Nel decreto ministeriale del 7 dicembre 2016, si specifica che sono consentite all'interno dei titoli abilitativi già rilasciati unicamente le attività funzionali a garantire l'esercizio del recupero delle riserve accertate per la durata di vita utile del giacimento nel rispetto degli standard di sicurezza e salvaguardia ambientale. Risultano quindi totalmente escluse nuove attività, quali quelle di sviluppo e coltivazione di eventuali nuovi giacimenti.

Si precisa inoltre che la particolare dinamica di evoluzione degli impianti di coltivazione di idrocarburi, determina il costante adeguamento al comportamento del sistema naturale di giacimento e pertanto è necessario, nel tempo e durante la vita utile del giacimento, procedere sia ad interventi di manutenzione e di aggiornamento delle infrastrutture, sia, al termine della coltivazione, alla chiusura mineraria dei pozzi e dalla rimozione delle piattaforme.

Ciò premesso, si evidenzia che nel decreto ministeriale 7 dicembre, si ribadisce che le attività sopra indicate devono comunque essere sottoposte a iter approvativo e autorizzativo e conseguentemente a VIA, nel cui ambito sarà valutata la piena attinenza delle stesse al dettato del codice ambientale e alla finalità delle operazioni da attuare.

In conclusione, ribadisco che il decreto ministeriale in oggetto non prevede alcuna deroga alla normativa vigente, ma al contrario, il chiarimento di precise procedure autorizzative a garanzia della sicurezza e dell'ambiente.

PRESIDENTE. L'onorevole Speranza ha facoltà di replicare, per due minuti.

ROBERTO SPERANZA. Grazie, Presidente. Devo dire con onestà che non mi sento pienamente soddisfatto dall'intervento appena ascoltato, mi aspetterei dal Governo del mio Paese un discorso molto più forte e più netto. Un discorso capace di mettere al centro la rivoluzione verde di cui il nostro Paese ha bisogno.

Io penso che sia indispensabile in questa fase immaginare investimenti pubblici fortissimi per raggiungere quella conversione ecologica di cui parlava Alexander Langer. Il 17 di aprile dell'anno scorso, 15 milioni di italiani hanno votato al referendum sulle trivelle, di questi la grandissima maggioranza ha dato un segnale fortissimo che c'è bisogno in questo Paese di un nuovo modello di sviluppo e che questo nuovo modello di sviluppo deve prevedere meno fossile e più energie rinnovabili.

Invece, la sensazione che si ha con questo decreto di cui stiamo parlando oggi è che c'è ancora un elemento di ambiguità e di equivocità e che questa ambiguità, dietro, nasconda ancora una volta la prevalenza dell'interesse delle compagnie petrolifere rispetto all'interesse del nostro ambiente e del Paese.

Io mi auguro che non sia così, ma se non è così, bisogna avere il coraggio di rivedere questa norma, che così com'è sinceramente non va.

(Intendimenti in merito alla stabilizzazione della magistratura onoraria, alla luce del parere recentemente espresso dal Consiglio di Stato – n. 3-02943)

PRESIDENTE. L'onorevole Andrea Maestri ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02943 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

ANDREA MAESTRI. Grazie Presidente. Signor Ministro, con questa interrogazione il nostro gruppo, i magistrati onorari che ci ascoltano, i cittadini utenti del servizio giustizia, le chiedono di chiarire come intenda dare seguito al parere del Consiglio di Stato da lei stesso richiesto per la stabilizzazione della magistratura onoraria.

Si tratta di una questione che riguarda i diritti sociali e la dignità di questa preziosa categoria di professionisti non togati, ma anche la qualità della giustizia. Sì, perché una magistratura onoraria precaria, voucherizzata, cottimizzata, come quella disegnata dalla legge n. 57, mette a rischio la tenuta di un sistema giudiziario che poggia stabilmente anche sulle spalle di VPO, GOT, giudici di pace, giudici ausiliari di corte d'appello. Noi pensiamo che quel parere restituisca la palla alla politica, vediamo ora se la politica è in grado di raccoglierla.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere, per tre minuti

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Grazie, signor Presidente. Questo quesito formulato dagli onorevoli interroganti mi consente di tornare sul tema della magistratura onoraria, al quale abbiamo riservato un'attenzione prioritaria, sicuramente più significativa delle proroghe annuali che regolavano il sistema da molto tempo. Per la prima volta, al fine di superare definitivamente un improprio regime di questi anni, è stato adottato un provvedimento normativo che, nel delineare un unitario ed organico statuto della magistratura onoraria, contiene principi e criteri volti a disciplinare anche la fase transitoria, a beneficio dei magistrati onorari già in servizio. In questa prospettiva il primo decreto attuativo della legge delega pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 31 maggio 2016 ha tra l'altro già previsto il mantenimento in servizio per quattro anni, alle attuali condizioni di impiego e di trattamento economico, dei giudici di pace, dei giudici onorari di tribunale, dei vice procuratori onorari, in esercizio alla data di entrata in vigore del decreto, all'esito della procedura di conferma straordinaria disciplinata con il medesimo decreto. Vorrei far notare, da questo punto di vista, che già oggi, piuttosto che la proroga di un anno, siamo passati a una proroga di quattro anni.

Nella consapevolezza delle aspettative dei magistrati onorari che hanno per anni prestato servizio in favore dell'amministrazione della giustizia, ho cercato di valutare tutte le possibili soluzioni normative finalizzate ad assicurare forme di stabilizzazione nell'ambito dell'esercizio della delega e nel rispetto dei principi che governano l'accesso al pubblico impiego. Nel corso delle attività di analisi e studio svolte ho, come è noto, anche richiesto la formulazione di uno specifico parere al Consiglio di Stato che, con deliberazione della Commissione speciale del 7 aprile scorso, ha affrontato i complessi profili giuridici che la questione involge, evidenziando i punti di criticità di cui eventuali provvedimenti normativi adottati nell'esercizio della delega dovranno tener conto.

I miei uffici sono stati pertanto, allo stato, impegnati nell'analisi del parere in relazione a possibili sviluppi normativi, anche in considerazione delle delicate implicazioni di rilievo costituzionale dei temi connessi alla tutela previdenziale del trattamento economico. Specifico parere è stato inoltre richiesto all'ANM, all'esito della riunione in cui ho incontrato i procuratori della Repubblica, che si sono fatti interpreti delle istanze della magistratura onoraria. Sono in corso inoltre specifiche interlocuzioni con la Commissione europea per verificare anche in quella sede tutti i profili di compatibilità delle soluzioni normative praticabili con l'assetto sovranazionale e con il consiglio superiore della magistratura in relazione alle procedure di reclutamento di competenza dell'organo di autogoverno.

Siamo pertanto impegnati ad esercitare la delega e contemporaneamente, nell'ambito dei percorsi delineati dal parere del Consiglio di Stato, ogni possibile soluzione normativa che, nel doveroso rispetto del quadro costituzionale di riferimento, consenta di assicurare adeguate forme di stabilità ai magistrati onorari che, in forza delle ripetute proroghe di legge annuali, hanno prestato servizio nell'amministrazione della giustizia. In sostanza, seguiremo la strada stretta che ha offerto il Consiglio di Stato, nel frattempo eserciteremo la delega.

PRESIDENTE. L'onorevole Maestri ha facoltà di replicare, per due minuti.

ANDREA MAESTRI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, mi consenta di dire che la sua è una risposta piuttosto generica ed evasiva. A dire il vero, lo stesso quesito formulato dal suo Ministero al Consiglio di Stato sembra fatto apposta per farsi rispondere negativamente. Delle tre ipotesi che sono state prospettate, almeno due di queste paiono assolutamente non praticabili. L'unica soluzione praticabile, dal nostro punto di vista condivisibile, appare la soluzione della stabilizzazione con assunzione a tempo indeterminato nel comparto giustizia all'interno dell'ufficio per il processo, che è la proposta che era stata formulata anche dal “Movimento 6 luglio” e che le hanno formulato i procuratori che l'hanno incontrata recentemente. Peraltro, è l'unica ipotesi rispetto alla quale il Consiglio di Stato afferma che non si tratta di un'ipotesi inattuabile ma da verificare attentamente. Non dimentichiamoci che il 98 per cento dei processi per reati di competenza del tribunale monocratico è sulle spalle dei VPO e che i GOT gestiscono il 100 per cento delle esecuzioni mobiliari. Insomma, la magistratura onoraria porta sulle proprie spalle un pezzo importantissimo del sistema giudiziario italiano, credo che vada assicurata loro dignità e i diritti sociali che fino ad oggi sono stati loro negati (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

(Iniziative volte alla promozione di attività lavorative dei detenuti presso realtà imprenditoriali e cooperativistiche – n. 3-02944)

PRESIDENTE. L'onorevole Menorello ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02944 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

DOMENICO MENORELLO. Signor Presidente, la legge “Smuraglia” consente benefit contributivi e fiscali per le imprese cooperative che assumono detenuti. Negli anni, questa legge ha consentito non solo reali esperienze di professionalità e commoventi percorsi di vera e propria resurrezione umana, ma anche un vantaggio sociale inconfutabile. Infatti, dopo un percorso lavorativo, la recidiva si riduce a percentuali trascurabili. Lo stesso Presidente Mattarella, il 7 giugno 2016, chiedeva espressamente di consentire ai detenuti l'opportunità del lavoro, per offrire davvero loro la scelta del recupero e dell'integrazione. Per il 2017, tuttavia, circa il 50 per cento delle richieste è stato respinto, e ora molte imprese non possono più garantire l'impiego dei detenuti. Perciò, chiediamo al Governo di sapere quali urgenti iniziative intenda adottare per salvare il lavoro dei detenuti nel corrente anno.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Orlando, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Presidente, nell'ambito delle misure volte a favorire il lavoro detentivo, evidenzio che i fondi destinati a sostenere gli sgravi fiscali e contributivi previsti dalla legge n. 193 del 2000, la cosiddetta “Smuraglia”, sono stati incrementati a partire dal 2013, passando da circa 5 milioni di euro annui agli attuali 10 milioni. Tale stanziamento ha consentito di accrescere le opportunità occupazionali e formative per la popolazione ristretta. In ordine alla questione posta dall'onorevole interrogante, giova precisare che il nuovo regolamento attuativo della legge “Smuraglia”, del 2014, prevede che, qualora le richieste di sgravi fiscali superino l'ammontare delle somme a disposizione, si proceda ad una decurtazione in percentuale di tutte le richieste pervenute.

In attuazione del citato regolamento, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, in sede di approvazione della tabella riepilogativa di tutte le cooperative sociali e di impresa autorizzate a fruire per l'anno in corso delle agevolazioni previste dalla legge “Smuraglia”, ha dunque operato le necessarie decurtazioni in proporzione alle somme a disposizione. Ho già dato indicazioni per proporre, nelle prossime manovre di bilancio, l'incremento delle risorse destinate a rifinanziare la legge “Smuraglia”, al fine di poter soddisfare integralmente le richieste di sgravi fiscali e contributivi per le imprese che assumono detenuti lavoranti. Più in generale, mi preme rassicurare l'onorevole interrogante che, sin dall'inizio del mio mandato, ho riservato grande attenzione al tema del lavoro penitenziario, che considero uno strumento indispensabile per garantire un modello detentivo realmente finalizzato al compimento di percorsi di risocializzazione. Il dato statistico, in base alle rilevazioni del 31 dicembre 2016, evidenza che il totale dei detenuti lavoranti ammonta a 16.251 unità, di cui 13.480 alle dipendenze dell'amministrazione e 2.771 a dipendenza di terzi. Di questi ultimi, 1.400 lavorano alle dipendenze di terzi che fruiscono degli sgravi fiscali. Il complesso delle iniziative già avviate si iscrivono nel solco della proficua esperienza degli Stati generali dell'esecuzione penale, nel cui ambito il tavolo tematico n. 8 è stato specificamente dedicato a questa complessa questione.

In particolare, proprio con l'obiettivo di ripensare in modo globale il lavoro penitenziario e dare concreta attuazione ai contributi di riflessione proposti ed emersi nell'ambito di tale consultazione multidisciplinare, è stato istituito presso il mio Gabinetto un gruppo di lavoro, che vede la partecipazione anche del Ministero del lavoro, per definire con interventi normativi gli strumenti più idonei per il potenziamento del lavoro dei detenuti. Inoltre, sono allo studio interventi volti al superamento dell'ormai vetusto istituto della mercede, a partire dalla definizione di nuovi criteri di determinazione del trattamento retributivo del lavoro dei detenuti.

Su tale versante si aprono nuove prospettive, anche in considerazione delle risorse aggiuntive, pari a 120 milioni di euro, assegnate con la legge di bilancio 2017, per il triennio 2017-2019, al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sul capitolo relativo alle mercedi. Ed ancora, con la recente sottoscrizione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante il nuovo statuto della Cassa ammende si intende fornire un ulteriore strumento operativo per la valorizzazione del lavoro dei detenuti, attraverso il finanziamento di programmi di reinserimento e di inclusione lavorativa. Da ultimo, mi preme rilevare che nell'ambito delle politiche europee cofinanziate, il progetto “Lavoro intramurario”, che rientra nel PON inclusione, offrirà opportunità occupazionali per i detenuti. Il complesso delle iniziative conferma la costante attenzione riservata dal Governo e dal Ministero che rappresento al tema del lavoro e dei detenuti in tutte le sue declinazioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Menorello ha facoltà di replicare, per due minuti.

DOMENICO MENORELLO. Grazie, signor Ministro. Sono soddisfatto dell'impegno che lei ha assunto in questa sede, perché, guardando i dati del provvedimento del 6 dicembre 2016 dell'amministrazione penitenziaria, che ha appunto accolto solo per il 50 per cento le richieste delle imprese, risultano stanziati 5.608.000 euro. Ricordo che già qualche anno fa, nel 2015, gli stanziamenti si aggiravano attorno allo stesso valore, più o meno - parliamo del 2015 - 5.893.000 euro; lì il taglio fu del 34 per cento, e allora il Ministero si impegnò ad incrementare la dotazione. Credo che ad oggi, purtroppo, semmai, questa dotazione ha subito un'ulteriore flessione, mi auguro quindi che l'impegno che lei oggi ha assunto sia foriero di una nuova stagione per le oltre 350 imprese che hanno dato disponibilità a percorsi di rieducazione al lavoro, che è anche rieducazione umana, e soprattutto sia foriero per una speranza reale per i detenuti che, solo attraverso il lavoro - peraltro, così come si scrive anche per gli immigrati nel decreto-legge convertito proprio oggi da questa Camera -, hanno appunto una speranza per loro stessi.

(Iniziative normative urgenti relative all'estensione dell'ambito di applicazione della legittima difesa, anche al fine di escludere obblighi risarcitori in capo a chi risulti beneficiario dell'esimente – n. 3-02945)

PRESIDENTE. L'onorevole Lupi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Marotta n. 3-02945 (Vedi l'allegato A), che ha sottoscritto in data odierna, per un minuto.

MAURIZIO LUPI. Presidente, signor Ministro, intervengo anche a nome del collega Marotta. L'oggetto dell'interrogazione è molto chiaro, è un tema che è sentito da tutti i cittadini, è un tema che vede la collaborazione e la discussione in Parlamento, ma che credo debba assolutamente vedere anche l'intervento da parte del Governo. Si tratta della legittima difesa e delle modifiche che devono essere apportate all'attuale legislazione della legittima difesa. Quello che chiediamo in questa interrogazione è se e che cosa intenda fare il Governo proprio dal suo punto di vista perché l'onere della prova sia invertito da parte del cittadino, e perché non si possa assistere a casi assolutamente incredibili come quelli che non solo uno si vede invaso nella propria proprietà ma addirittura il tribunale gli chieda un risarcimento nei confronti di chi è venuto a rubare in casa propria.

PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Orlando, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Presidente, il tema dell'inviolabilità del domicilio e della sicurezza delle persone che vi dimorano coinvolge vari valori di rango primario che l'ordinamento assicura attraverso disposizioni volte a garantire il contemporaneo bilanciamento dei diversi beni e interessi coinvolti. Il Governo segue con attenzione le iniziative normative finalizzate alla ridefinizione dei contorni della legittima difesa.

Al fine di rafforzare ulteriormente il diritto di autotutela di un privato in domicilio o in luogo ad esso equiparato, come è noto, è attualmente all'esame della Commissione giustizia di questa Camera l'atto Camera n. 3785, recante modifiche all'articolo 59 del codice penale in materia di legittima difesa che interviene sulla disciplina della scusabilità dell'errore conseguente al grave turbamento psichico causato dalla persona contro la quale è diretta la reazione. L'esame dei molti emendamenti al testo non si è ancora concluso in Commissione giustizia che è impegnata in un'attenta analisi di questo e che sta lavorando nell'intento di perfezionare la disciplina contenuta nell'apposita normativa. In ogni caso, laddove i tempi della sede referente non dovessero consentire l'approfondimento che si ritiene necessario, il Governo parteciperà attivamente ai lavori dell'Aula proprio al fine di soddisfare al meglio e con un meditato e ben calibrato intervento normativo l'esigenza di tutela dei beni interessati.

Intendo tuttavia ribadire anche in questa sede che la potestà punitiva appartiene esclusivamente allo Stato che deve garantire le misure più idonee a salvaguardare la sicurezza della collettività anche al fine di scongiurare il dilagare di forme di giustizia privata. Tutte le istituzioni a partire dalla stessa autorità giudiziaria prestano la massima attenzione al tema del contrasto ai reati predatori proprio nella consapevolezza che tali fattispecie delittuose inficiano il senso di fiducia dei cittadini nelle istituzioni e generano una percezione di allarme. In tale prospettiva devono essere letti i recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità che hanno fornito un'interpretazione estensiva del concetto di privata dimora per i reati contro il patrimonio, affermando la sussistenza di tali reati ove commessi nei luoghi in cui il titolare può legittimamente esercitare lo ius escludendi. Devo dire che una risposta più forte sarebbe arrivata se il disegno di legge sul codice penale fosse stato già legge dello Stato: in quel disegno di legge era contenuto un inasprimento delle pene per i reati contro il patrimonio. In particolare vorrei concludere intervenendo sulla pena edittale, quindi consentendo un utilizzo più intenso della custodia cautelare per chi è recidivo. Alla stregua di quanto è rappresentato può dunque affermarsi che l'intervento normativo nel delineare una riforma complessiva del sistema penale può contribuire a restituire maggiore fiducia ai cittadini sul versante della sicurezza. La materia in discussione chiama in causa sensibilità diverse che dovrebbero trovare nel dibattito parlamentare un'adeguata composizione per la declinazione di soluzioni normative soddisfacenti ed aderenti ai principi costituzionali e sovranazionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Lupi ha facoltà di replicare per due minuti.

MAURIZIO LUPI. Ringrazio il Ministro, tuttavia vorrei cercare in questi due minuti di tradurre in maniera comprensibile per chi ci sta ascoltando da casa di che cosa stiamo parlando. Nessuno mette in discussione il dovere dello Stato di difendere la proprietà privata e la proprietà è un diritto sancito dalla Costituzione. Anzi lo Stato deve fare di più e non a caso il Ministro ha detto che questo Parlamento ha aggravato le pene per i furti in casa. La questione su cui il Parlamento si deve pronunciare, il Governo si deve pronunciare, i gruppi parlamentari si devono pronunciare è una questione molto semplice, cioè vogliamo invertire l'onere della prova come accade in Francia e negli altri Paesi europei? Che cosa vuol dire l'onere della prova? Una banalità: oggi entrano in casa mia, mi rubano, io reagisco, devo io dimostrare che sono stato invaso da uno nella mia proprietà e che ho agito per legittima difesa e che non c'è stato un eccesso di legittima difesa. Quello che noi chiediamo, una richiesta di civiltà giuridica, è che l'onere sia inverso cioè uno è entrato in casa mia, io ho reagito, io ho agito per legittima difesa, dovrà essere lui a dimostrare che evidentemente io ho avuto un eccesso di legittima difesa. La questione è molto semplice: se non interveniamo tutti insieme su questi temi, non ci lamentiamo poi del populismo e dell'esasperazione perché in Francia - concludo - i due articoli sono semplicissimi. Ripeto: in Francia, non in un altro Paese, si presume che abbia agito in stato di legittima difesa colui il quale ha commesso l'atto per respingere di notte l'ingresso con effrazione, violenza o inganno in un luogo che ha abitato per difendersi dagli autori di furto o saccheggio eseguiti con violenza. Siamo in una delle nazioni più civili del mondo…

PRESIDENTE. Concluda.

MAURIZIO LUPI. Non si rinuncia ovviamente a pensare che tutti ci dobbiamo armare ma credo che su questo la maggioranza e i gruppi parlamentari debbano non andare dietro al populismo, signor Presidente, ma semplicemente rispondere ad un'esigenza che esiste e che c'è: faremmo semplicemente il nostro dovere.

(Intendimenti in merito all'utilizzo delle risorse stanziate per la stabilizzazione di 25.000 docenti - n. 3-02946)

PRESIDENTE. L'onorevole Chimienti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02946 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

SILVIA CHIMIENTI. Grazie, Presidente. Ministra, siamo qui oggi a porle una domanda fondamentale per il futuro prossimo della scuola italiana. Abbiamo appreso da fonti di stampa che il Governo, nella persona del Ministro dell'economia e finanze, Pier Carlo Padoan, non avrebbe intenzione di utilizzare tutte le risorse ammontanti a 400 milioni di euro stanziate nella legge di bilancio per il 2017 e destinate per legge alla conversione dei posti da organico di fatto in organico di diritto. Lei chiede la trasformazione di 25.000 posti, mentre Padoan vorrebbe autorizzarne soltanto 8.000-10.000. Per il MoVimento 5 Stelle è fondamentale procedere immediatamente alle nuove assunzioni in base alle esigenze effettive delle scuole per consentire un avvio del prossimo anno scolastico meno traumatico rispetto a quello dell'anno in corso. Le chiediamo quindi certezze sul fatto che le risorse che sono state destinate alla scuola non vengano disperse o utilizzate per altri scopi e soprattutto le chiediamo di renderci noto quanti sono annualmente i posti vacanti e disponibili che vengono coperti con supplenze.

PRESIDENTE. La Ministro dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

VALERIA FEDELI, Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca. Onorevole Chimienti, prima di tutto posso rassicurarla che i 400 milioni (140 milioni per il corrente anno e 400 a decorrere dal prossimo anno) stanziati con la legge di bilancio per il 2017 saranno utilizzati integralmente per consolidare in organico di diritto i posti annualmente autorizzati dal MEF in organico di fatto. Più precisamente la citata legge dispone che “il consolidamento - cito - avviene in misura corrispondente ad una quota di posti derivanti, in applicazione dei vigenti ordinamenti didattici e quadri orari, dall'accorpamento degli spezzoni di orario aggregabili fino a formare una cattedra o un posto interi”. Gli spezzoni di orario sono una peculiarità quasi esclusiva della scuola secondaria di primo e di secondo grado, ciò vuol dire che le risorse stanziate saranno destinate anzitutto in favore di tali gradi di istruzione. Consolidare nell'organico di diritto i posti già in organico di fatto comporta la possibilità di assumere docenti a tempo indeterminato in luogo di supplenti cosiddetti “sino al 30 giugno”. Dal punto di vista degli oneri per ciascun posto consolidato occorrerà pagare la differenza tra lo stipendio di un docente di ruolo e un supplente: si tratta di due mensilità in più, quelle di luglio e agosto, oltre alla progressione di carriera. Per questo motivo il costo dell'operazione è inferiore a quanto occorrerebbe per istituire nuovi posti. Il MiUR stima che 400 milioni disponibili a regime siano sufficienti per consolidare circa 25.000 posti cioè tutti i circa 20.000 posti comuni dell'organico di fatto corrispondenti a spezzoni aggregabili nonché 5.000 posti di sostegno in deroga. Rimangono circa 10.000 posti comuni che purtroppo non sono aggregabili perché composti da numerosi spezzoni di poche ore ciascuno. Sono in corso interlocuzioni tra i tecnici del mio Ministero e del MEF per affinare i conti. Con questa misura per la prima volta l'organico di diritto diventa effettivamente rappresentativo del bisogno quasi integrale di tutte le istituzioni scolastiche ed efficace strumento di programmazione per il soddisfacimento dei loro bisogni in quanto le scuole potranno contare su un organico più stabile e coperto da docenti di ruolo e se ne avvantaggeranno anche le studentesse e gli studenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Chimienti ha facoltà di replicare per due minuti.

SILVIA CHIMIENTI. Grazie Presidente, grazie Ministra, i dati riguardanti l'anno scolastico in corso sono purtroppo drammatici. Da settembre 2016 infatti oltre ai 270.000 trasferimenti di docenti, ai 2 milioni e mezzo di studenti che hanno cambiato almeno un professore dall'inizio dell'anno ci sono state anche 126.000 supplenze, circa il 30 per cento in più, rispetto allo scorso anno. Quella “supplentite” che la “buona scuola” prometteva di debellare è stata paradossalmente aggravata proprio dalla riforma voluta da Renzi e dalla Ministra che l'ha preceduta, come peraltro il MoVimento 5 Stelle denuncia da oltre due anni. I decreti attuativi approvati venerdì scorso hanno messo una toppa necessaria alle enormi falle della “buona scuola” e hanno finalmente riconosciuto la professionalità dei docenti di seconda e terza fascia delle graduatorie di istituto, finora considerati un peso di cui liberarsi anziché una risorsa per la scuola. Il primo passo per garantire agli studenti la continuità didattica che finora è mancata è quello di assumere stabilmente i docenti, partendo dai docenti delle GAE e dai vincitori idonei del concorso 2016 su tutti i posti vacanti e disponibili in base al fabbisogno reale delle scuole.

+Nessun centesimo delle risorse stanziate per questo obiettivo va ridestinato altrove, mentre è emerso nei giorni scorsi un inaccettabile rimpallo di responsabilità tra lei e il Ministro Padoan, in un momento di enorme sofferenza per il sistema di istruzione pubblico che ha risentito come non mai degli effetti disastrosi della cosiddetta “buona scuola”.

Senza le nuove assunzioni, per le quali si è già in ritardo sulla tabella di marcia, come lei stessa ha ammesso a mezzo stampa, il prossimo anno scolastico è nuovamente a rischio. Avremo ancora studenti senza professori, cattedre vuote per mesi e decine di migliaia di supplenze annuali. Le chiediamo, quindi, di scongiurare realmente che i buoni propositi restino lettera morta e finiscano nel novero degli slogan utili solo a quella facile propaganda di cui, oramai, francamente, il mondo della scuola è veramente stanco (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative volte ad evitare l'inserimento di progetti ispirati alla cosiddetta teoria gender tra le attività scolastiche, in specie di carattere curricolare - n. 3-02947)

PRESIDENTE. L'onorevole Gigli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02947 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, non le sono certo estranee le preoccupazioni di molte famiglie in Italia per la penetrazione della cosiddetta ideologia gender nell'educazione, spesso extracurricolare, di molte scuole. Preoccupazioni aggravatesi a seguito dell'approvazione del comma 16 della cosiddetta “buona scuola” e delle interpretazioni che ne sono state date. A queste preoccupazioni, il Ministero, nella persona del Ministro Giannini, che la ha preceduta, ha risposto più volte, a seguito di question-time, a seguito dell'approvazione di ordini del giorno e con l'emanazione di una circolare che tranquillizzava le famiglie. Ciò nonostante, continuano a ripetersi episodi. Oggi io le ho prospettato quelli accaduti in Friuli-Venezia Giulia. Attendo da lei una parola di conforto.

PRESIDENTE. La Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca, Valeria Fedeli, ha facoltà di rispondere.

VALERIA FEDELI, Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca. Onorevole Gigli, anzitutto intendo rassicurarla sul fatto che il Governo sta rispettando gli impegni assunti con gli ordini del giorno da lei segnalati, fornendo una corretta interpretazione del comma 16 della legge n. 107, che intende assicurare l'attuazione dei principi di pari opportunità, ai sensi dell'articolo 3 della nostra Costituzione, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di garantire un ambiente scolastico inclusivo, al riparo di ogni forma di emarginazione e attuando il concorso di tutti gli attori del mondo della scuola e del sociale.

Va precisato che l'azione del MIUR si sostanzia nel fornire la cornice pedagogica educativa e culturale, ispirandosi ad indicazione di matrice europea, oltre che nazionale, nell'ambito della quale l'ordinamento lascia alle scuole di promuovere proprie autonome iniziative. Sul tema, il MIUR ha emanato la circolare del 15 settembre 2015, per ufficializzare che la finalità del citato comma 16 non è quella di promuovere pensieri e azioni ispirati ad ideologie di qualsivoglia natura, bensì quella di trasmettere la conoscenza e la consapevolezza riguardo ai diritti e ai doveri della persona, costituzionalmente garantiti, anche per raggiungere e maturare le competenze chiave di cittadinanza nazionale, europea ed internazionale, entro cui rientra la promozione dell'autodeterminazione consapevole e del rispetto della persona.

La posizione del MIUR si ispira ai principi di pari dignità e non discriminazione, di cui agli articoli 3, 4, 29, 37 e 51 della nostra Carta costituzionale, per far conseguire alle studentesse e agli studenti un maggior rispetto delle diversità e delle pari opportunità. Si ribadisce, comunque, che, pur nel rispetto delle indicazioni del MIUR, gli ordinamenti e i programmi scolastici appartengono sempre all'autonomia delle singole scuole, che la esercitano attraverso la definizione dell'offerta formativa.

Con specifico riguardo alle iniziative della regione Friuli-Venezia Giulia da lei richiamate, si sottolinea che non si tratta di attività curricolari e che l'eventuale partecipazione degli studenti è meramente facoltativa e, comunque, necessita del consenso dei genitori per gli studenti minorenni.

Concludo, ribadendo che il Ministero continuerà a promuovere azioni di sistema, volte ad evitare strumentalizzazioni della tematica in argomento, nella consapevolezza che l'educazione alle pari opportunità, alla prevenzione della violenza e al contrasto delle discriminazioni, se bene intesa, non è destinata a produrre conflitti con le esigenze educative delle famiglie, perché si tratta di iniziative che danno attuazione ai principi costituzionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Gigli ha facoltà di replicare per due minuti.

GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, signora Ministro. Io le devo dire che ho apprezzato certamente l'aver rinnovato da parte sua gli impegni che il Ministero ha assunto, così come voglio tranquillizzarla, da parte mia, che non è affatto in discussione il rispetto verso chiunque. Tuttavia, voglio con altrettanta chiarezza dirle come questi impegni che il MIUR ha assunto vengono costantemente disattesi e mi risulta che siano stati disattesi anche per gli episodi che io le ho richiamato. Ora, c'è un principio fondamentale, che è quello che dice che la responsabilità educativa, per i minorenni, è in capo alle famiglie. Questo principio vorrebbe che ci fosse una preventiva autorizzazione delle famiglie per le attività extracurricolari - preventiva! - e a fronte di una segnalazione dei contenuti educativi non neutri, che vengono proposti ad alunni di età adolescenziale e a bambini.

E a parte questo aspetto, c'è anche da segnalarle, allora, e approfitto per farlo oggi, un'altra cosa che sta accadendo e che non so se sia a sua conoscenza: alcune delle associazioni che propongono queste iniziative, mettono poi in atto anche un altro tipo di comportamento, che è quello di fare uscire l'insegnante dall'Aula, con la prospettiva di non turbare, appunto, quello che è il messaggio educativo che viene dato. Il che fa sì che viene a mancare anche la presenza di testimoni, per così dire, e quindi anche dei responsabili di tutta quella che è l'azione educativa all'interno della scuola, che viene appaltata, per così dire, a soggetti che sono estranei alla scuola.

Io prendo atto degli impegni ribaditi da lei, la invito però a vigilare con maggiore attenzione su quello che sta accadendo e, soprattutto, sull'estromissione de facto delle famiglie italiane rispetto a progetti che sono loro estranei e che certamente non condividono.

(Chiarimenti ed iniziative in relazione ad attività scolastiche extracurricolari, aventi ad oggetto differenze di genere, promosse da un liceo di Pescara - n. 3-02948)

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Rampelli ed altri n. 3-02948 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

WALTER RIZZETTO. La ringrazio, Presidente. Buongiorno, Ministra. Dunque, sulla scorta anche di quanto appena ascoltato, il 6 marzo 2017, in un liceo di Pescara, si è tenuta una giornata di cosiddetta formazione, condotta tra l'altro da due psicologhe, entrambe referenti per i progetti nelle scuole per conto dell'associazione ArciLesbica Nazionale.

Ministra, sul registro elettronico delle classi coinvolte è stata pubblicata la circolare n. 197, che presentava il progetto come - e vado a citare - “Lotta alla discriminazione, lotta al bullismo, cyberbullismo”, mentre, sullo stesso sito Internet dell'istituto scolastico, la giornata era invece presentata come “Progetto sulle differenze di genere”. Ora, io le chiedo, Ministra, se intenda fornire - e lo rinnovo anche alla luce di quanto appena da lei ascoltato - dei chiarimenti in merito, affinché si cerchi di essere chiari, una volta per tutte, rispetto a vicende che continuano, secondo noi, ad avere dell'assurdo.

PRESIDENTE. La Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca, Valeria Fedeli, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

VALERIA FEDELI, Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca. Onorevole Rampelli, la ringrazio in quanto mi dà l'occasione per ribadire...

PRESIDENTE. Onorevole Rizzetto...

VALERIA FEDELI, Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca. Chiedo scusa. Mi dà l'occasione per ribadire quanto già riferito in risposta all'onorevole Gigli e già evidenziato nella nota del 6 luglio 2015, da lei citata, ovverosia che la partecipazione a tutte le iniziative extracurricolari, inserite nel piano triennale dell'offerta formativa, e facoltative, prevede la richiesta del consenso da parte dei genitori per gli studenti minorenni o degli stessi, se maggiorenni, i quali, in caso di non accettazione, possono astenersi dalla frequenza.

Più volte abbiamo ricordato alle istituzioni scolastiche il corretto utilizzo degli strumenti normativi esistenti per assicurare la massima informazione alle famiglie su tutte le attività previste dal piano dell'offerta formativa. Mi riferisco, in particolare, al patto di corresponsabilità educativa per le scuole secondarie di primo e secondo grado, che rappresenta per tutti, docenti, studentesse e studenti, e le loro famiglie, un'occasione di confronto responsabile e di condivisione di metodologie e obiettivi su cui si fonda la vita della comunità scolastica.

Come già chiarito con la sopra ricordata nota del 6 luglio del 2015, cito testualmente: “le famiglie hanno il diritto ma anche il dovere di conoscere, prima dell'iscrizione dei propri figli a scuola, i contenuti del piano dell'offerta formativa per la scuola secondaria e sottoscrivere formalmente il patto educativo di corresponsabilità per condividere in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie”.

Ciò consente ai genitori di scegliere la scuola dei propri figli, dopo aver attentamente esaminato e valutato le attività didattiche, i progetti e le tematiche che i docenti affronteranno durante l'anno e che, in ogni caso, dovranno risultare coerenti con i programmi previsti dall'attuale ordinamento scolastico e con le linee di indirizzo emanate dal MIUR.

In particolare, in riferimento all'iniziativa da lei citata tenutasi presso il Liceo Marconi di Pescara, sulla base delle informazioni che ho acquisito dal competente ufficio scolastico per l'Abruzzo, risulta che l'istituto ha emanato un'apposita nota esplicativa del progetto, richiedendo le dovute autorizzazioni alle famiglie, previa informativa sul sito web della scuola, e che alla giornata formativa sono stati ammessi solo studenti autorizzati.

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di replicare per due minuti.

WALTER RIZZETTO. La ringrazio, Presidente, grazie, Ministra. Evidentemente, non ci troviamo d'accordo o soddisfatti rispetto alla sua risposta; ci mancherebbe altro, che qua dentro, i cosiddetti rappresentanti del popolo andassero contro ai già citati diritti e doveri in termini di pari opportunità, non è esattamente quello che noi cercavamo di trasmettere. Ministra, lei ha spiegato, giustamente, la sua posizione. Le ricordiamo e ricordiamo, chiaramente, all'Aula che la partecipazione a tutte le attività extracurricolari, lo ripetiamo per la seconda volta in quest'Aula, prevede la richiesta ed il consenso dei genitori rispetto ai figli minori ed è un consenso, chiaramente, adeguatamente informato, come da lei citato. Il problema è che, da notizie in nostro possesso, risulta che molti genitori o più di qualche genitore non avessero firmato la liberatoria e, quindi, non c'è stato questo cosiddetto consenso. Ora, evidentemente, cercheremo di andare a capire se è giusto, come dice lei, che soltanto alcuni studenti, cioè quelli adeguatamente informati e le loro famiglie, hanno partecipato; a noi, non sembra, comunque sia, approfondiremo, ricordando, lei lo sa, che la circolare n. 1972 del Ministro dell'istruzione afferma che tra i diritti - e vado a citare - e i doveri e tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né l'ideologia gender né l'insegnamento di pratiche simili.

Ministra, l'educazione sessuale spetta ai genitori, così come sancito sia dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, sia dalla Costituzione e, quindi, secondo noi, c'è una certa parte politica, ma non soltanto politica, che deve smetterla di rovistare morbosamente nella sessualità dei nostri figli. I genitori e le famiglie penso che possano fare sicuramente un lavoro più egregio di quanto state facendo.

(Elementi ed iniziative in merito all'urgente bonifica degli istituiti scolastici dall'amianto - n. 3-02949)

PRESIDENTE. L'onorevole Vezzali ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02949 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Presidente, Ministro, colleghi, in Italia, secondo i dati disponibili ci sarebbero circa 2.400 scuole che presentano amianto e materiali di amianto; scuole da bonificare, nonostante la legge n. 257 del 1992 ne vieti l'uso. Lei ritiene che le risorse messe a disposizione e destinate alla sicurezza delle scuole siano sufficienti anche a coprire i costi di questa bonifica? Le chiedo se sia previsto un piano che consenta, in un tempo determinato, di avere scuole “amianto free” e le chiedo se il MIUR sappia in che stato di conservazione sia l'amianto presente nelle 2.400 scuole, visto che, non è tanto la presenza stessa del materiale a determinare problemi di salute, ma le polveri che il suo sgretolamento mette in circolazione e che respirate sono nocive.

PRESIDENTE. La Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca, Valeria Fedeli, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

VALERIA FEDELI, Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca. Onorevole Vezzali, il piano di edilizia scolastica sostenuto dal Governo negli ultimi anni ha consentito di poter intervenire e porre in essere azioni concrete per garantire la sicurezza degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico e anche per ridurre i rischi legati all'amianto. Infatti, prendendo in considerazione le sole risorse nazionali gestite dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dal 2014 al 2016, sono stati realizzati 264 interventi di bonifica dell'amianto nelle scuole per un totale di 62 milioni di euro di risorse impiegate a valere sui programmi: “Scuole sicure” e “Mutui BEI”. Le risorse stanziate sinora dal Governo potevano senza dubbio essere utilizzate e richieste dagli enti locali proprietari degli edifici per finanziare e coprire anche i costi di rimozione e smaltimento di amianto e materiali di amianto. Ciò vale anche per il Piano 2017 e per la prossima programmazione 2018-2020, alla quale stiamo già lavorando. Al riguardo assicuro che lavoreremo affinché con le risorse che si renderanno annualmente disponibili in bilancio o con investimenti aggiuntivi sia posta la massima attenzione ad un tema così delicato che riguarda sia la sicurezza delle strutture sia la necessità di garantire la salute delle studentesse e degli studenti nonché del personale scolastico nei luoghi di lavoro.

Non è un caso che già nel recente accordo siglato in Conferenza unificata il 10 novembre del 2016 sono stati approvati i nuovi tracciati record dell'anagrafe dell'edilizia scolastica che, per la prima volta, contengono anche una dettagliata rilevazione dei dati sull'amianto, in linea con la normativa vigente. In questo modo si confida di poter disporre, già dalle prossime rilevazioni, di uno strumento efficace, oltre che conoscitivo, di programmazione degli interventi, utile per ottimizzare l'impiego delle risorse annualmente disponibili.

Colgo l'occasione, infine, per ricordare anche il progetto, partito proprio in queste settimane in via sperimentale, sostenuto dal Governo, in particolare dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalla struttura di missione per l'edilizia scolastica, teso a realizzare una mappatura dell'amianto nelle scuole, mediante l'utilizzo di droni dotati di telecamere ad alta risoluzione. I risultati del progetto pilota, che riguardano al momento Alessandria, Pisa e Avellino, potranno essere estesi sul territorio per fornire un quadro omogeneo del fenomeno a livello nazionale e andare ad incrementare i dati contenuti nell'anagrafe dell'edilizia scolastica.

PRESIDENTE. L'onorevole Vezzali ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARIA VALENTINA VEZZALI. La ringrazio, Ministro, per la risposta. Confido che gli impegni da lei assunti vengano portati a termine e che vigilerà affinché vengano attuati il prima possibile. Io confido anche nel fatto che si arrivi al giorno in cui, finalmente, i ragazzi potranno essere accolti in scuole sicure, senza rischi per la salute. Le 2.400 scuole che presentano materiali di amianto o amianto, sicuramente, sono molto poche rispetto al numero degli edifici censiti, che sono circa 42.000, ma neppure poche se consideriamo il numero di alunni e di persone, docenti e non docenti, che potrebbero ospitare ogni giorno. I dati forniti di recente, il 27 marzo del 2017, dall'Osservatorio nazionale amianto, parlano di 350.000 studenti e 50.000 persone, docenti e non docenti, esposti. Fra le cause che bloccano le bonifiche ci sono gli alti costi per lo smaltimento dell'amianto e le carenze di discariche per questo materiale. La Buona Scuola prevede, in diversi ambiti, numerosi finanziamenti, così come lei ha appena ricordato, e questo è positivo dopo anni in cui non si investiva e si sono susseguiti dei tagli. Io mi auguro che questo settore, per il futuro dei nostri figli e per il nostro Paese, ritorni ad essere centrale e ad avere finanziamenti adeguati.

(Stato di attuazione del cosiddetto “piano BEI” relativo al finanziamento di interventi di ristrutturazione e messa in sicurezza degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico - n. 3-02950)

PRESIDENTE. L'onorevole Ghizzoni ha facoltà di illustrare l'interrogazione Coscia ed altri n. 3-02950 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmataria, per un minuto.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, la sicurezza dei nostri studenti, così come delle persone che lavorano nella scuola, è stata una priorità ed è una priorità dei Governi di questa legislatura e, infatti, prima con 40 e poi 50 milioni annui, per trent'anni, per i trent'anni futuri, lo Stato italiano pagherà un mutuo contratto con la banca BEI, per un totale di circa un miliardo e trecento euro. Queste ingenti risorse vanno a beneficio degli enti locali per potere ristrutturare e mettere in sicurezza le proprie scuole, secondo una programmazione triennale 2015-2017 redatta dalle regioni. Ecco, pertanto, chiediamo alla Ministra Fedeli quale sia lo stato di attuazione di questo piano BEI e in particolare quali siano gli interventi avviati, quelli conclusi o in corso di esecuzione.

PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione dell'università e delle ricerca, Valeria Fedeli, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

VALERIA FEDELI, Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca. Onorevole Ghizzoni, in merito ai quesiti da lei posti, non posso che confermare come l'edilizia scolastica sia una priorità del precedente e dell'attuale Governo. Ciò è dimostrato dalle ingenti risorse investite in edilizia scolastica negli ultimi anni attraverso il decreto cosiddetto del fare, lo sblocco del Patto per i comuni e per le province e le Città metropolitane, la legge n. 107 del 2015 per le scuole innovative, le indagini diagnostiche per prevenire fenomeni di crollo di solai e controsoffitti. A queste si aggiungono le risorse dei fondi strutturali del PON scuola, sia della vecchia programmazione 2007-2013, in fase di conclusione, che della nuova programmazione 2014-2020, circa 380 milioni, nonché i 350 milioni per l'efficientamento energetico gestiti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il complessivo piano del Governo ha consentito, quindi, di finanziare oltre 13.000 interventi, tutti monitorati e in cui i dati sono resi pubblici sul sito Internet del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca. Sicuramente l'investimento maggiore è stato il piano dei mutui BEI.

Si tratta di mutui contratti per conto dello Stato da parte delle regioni le cui rate di ammortamento vengono coperte dallo Stato e le cui risorse sono messe a disposizione da parte della Banca europea degli investimenti, con la quale sono stati stipulati due contratti di progetto da parte del Ministero. In particolare, con il primo piano 2015, di un valore complessivo di 905 milioni e avviato nel 2016, sono stati autorizzati 1.215 interventi; di questi interventi ne risultano ad oggi, dopo un anno, conclusi 721, mentre la restante parte risulta in corso di esecuzione. Attualmente la spesa certificata per i mutui BEI piano 2015 è pari a circa il 50 per cento della spesa erogabile, tenuto conto del montante autorizzato e delle economie di gara accertate. A dicembre 2016 sono stati autorizzati, con mio decreto, gli ulteriori 300 interventi a valere sul residuo di mutuo 2015, pari a circa 200 milioni, che saranno avviati nel corso di questa estate. Al riguardo ci tengo anche a sottolineare che è stato realizzato un apposito sistema di monitoraggio e di rendicontazione ritenuto dalla BEI la miglior buona pratica a livello europeo in materia di edilizia scolastica. Proprio la scorsa settimana una delegazione del Ministero è stata convocata presso la sede della BEI a Lussemburgo per illustrare tale sistema di qualità e gli stessi vertici della BEI lo hanno definito “unico in Europa”.

Il lavoro del Ministero ovviamente non finisce qui. Proprio in questi giorni ho firmato il decreto interministeriale di autorizzazione alla stipula dei mutui per il 2016 che consentirà l'avvio, per questa estate, di ulteriori 200 interventi per un importo di 238 milioni di euro.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Ottavio ha facoltà di replicare per due minuti.

UMBERTO D'OTTAVIO. Grazie, Presidente, e grazie, signora Ministro. Nel ritenerci soddisfatti della risposta sull'utilizzo dei mutui contratti con la Banca europea degli investimenti, riteniamo che lei abbia fatto molto bene a ribadire che gli sforzi fatti stanno per portare l'edilizia scolastica fuori dall'emergenza e la sicurezza è diventata, in questi anni, la questione principale e ci sono risultati positivi. Soprattutto, abbiamo verificato, anche nella sua risposta, che c'è bisogno di continuità e, quindi, anche di risorse certe. Molto bene la programmazione nazionale, molto bene l'osservatorio sull'edilizia e molto bene l'anagrafe dell'edilizia scolastica. Noi sappiamo che le competenze istituzionali sono dei comuni e delle province, ma gli enti locali hanno bisogno di essere aiutati ed è compito dello Stato garantire pari opportunità sul territorio nazionale anche sulla questione dell'edilizia scolastica. Ecco perché riteniamo che sia molto positivo che, nonostante le difficoltà economiche e finanziarie in cui versa il nostro Paese, l'attenzione al mondo della scuola rimanga una priorità. Sull'edilizia scolastica in questi anni Governo e Parlamento non solo hanno detto che era importante ma hanno fatto cose importanti. Lei ricordava 13 mila interventi. L'esclusione dal patto di stabilità e i mutui BEI sono un'esperienza da continuare. Continueremo anche noi con lei per sostenere tutto l'impegno possibile del suo Ministero per l'edilizia scolastica e per dare alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi edifici scolastici accoglienti e sicuri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative volte ad assicurare, in vista dell'anno scolastico 2017-2018, un'adeguata soluzione della questione dei docenti precari ed un'efficiente organizzazione della didattica – n. 3-02951)

PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà, per un minuto, di illustrare la sua interrogazione n. 3-02951 (Vedi l'allegato A).

STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. Ministra, la tanto decantata riforma della buona scuola, che avrebbe dovuto rivoluzionare in meglio il sistema scolastico italiano modificando anche le regole per il reclutamento e la formazione del personale docente, ha prodotto, in questo primo anno, un risultato a dir poco deludente. Ha prodotto delle evidenti penalizzazioni agli studenti e noi riteniamo che, prima di cambiare profondamente il sistema di reclutamento degli insegnanti, il Governo avrebbe dovuto sistemare tutto il precariato, non considerando soltanto le graduatorie ad esaurimento, che sono solo una delle tipologie di precariato esistenti, e lasciando indietro le graduatorie di istituto.

Quindi, visto il disastro di questo primo anno, siamo a chiederle come intenda garantire agli studenti, a settembre 2017, un inizio di anno scolastico regolare ed un'organizzazione efficiente della didattica.

PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione dell'università e della ricerca, Valeria Fedeli, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

VALERIA FEDELI, Ministra dell'Istruzione dell'università e della ricerca. Onorevole Borghesi, innanzitutto intendo rassicurarla sul fatto che il Governo si è fatto carico di dare risposte a tutto il precariato nella scuola e ha recentemente approntato soluzioni destinate finalmente a risolvere l'annoso problema. Proprio venerdì scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato, in sede definitiva, il decreto legislativo con il quale il MIUR ha esercitato la delega prevista dalla legge n. 107 del 2015 in materia di reclutamento e formazione iniziale, inserendo una previsione transitoria volta a consentire l'immissione in ruolo attraverso percorsi semplificati dei precari di tutte le graduatorie di istituto e non solo delle GAE, come da lei auspicato. È stato previsto che, accanto allo strumento ordinario del concorso a regime, in via transitoria si entrerà in ruolo nella scuola secondaria mediante procedure che serviranno ad esaurire oltre che le GAE anche tutte le altre graduatorie. In particolare, per settembre 2017 si attingerà anzitutto dalla graduatoria del concorso 2016, cui lei fa puntuale riferimento, assumendo anche i cosiddetti idonei in deroga al limite percentuale del 10 per cento, di cui al testo unico della scuola, entro il termine di validità triennale delle graduatorie medesime e fatto salvo il diritto dei vincitori all'immissione in ruolo.

Nel corso del prossimo anno, mediante apposita procedura concorsuale semplificata costituita da un esame orale, tutti i docenti già abilitati - cosiddetta seconda fascia d'istituto e GAE - saranno inseriti in una graduatoria di merito regionale, a cui si attingerà con cadenza annuale. Questi docenti svolgeranno un anno di servizio con valutazione finale di immissione in ruolo. Appositi concorsi, anch'essi semplificati e con uno scritto e l'orale, sono poi riservati ai precari non abilitati con almeno tre anni di servizio - cosiddetta terza fascia d'istituto - ai fini dell'avviamento al percorso di formazione e tirocinio con cadenza biennale.

Conclusivamente, ritengo di poter affermare che, per mezzo delle specifiche previsioni contenute nel decreto legislativo appena descritto nonché grazie all'attenzione che il Ministero sta assicurando alle necessarie attività preparatorie, per l'avvio dell'anno scolastico si riuscirà a garantire al più presto una soluzione effettiva e completa di tutte le problematiche concernenti il precariato nella scuola, valorizzandone le specificità secondo i titoli posseduti e le esperienze professionali maturate e ad assicurare alle studentesse e agli studenti un avvio regolare delle lezioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di replicare per due minuti.

STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. Ministra, le vorrei ricordare che la cosiddetta “Buona scuola” è stato davvero un fallimento: in oltre un anno non abbiamo riscontrato che problemi, con norme di fatto inapplicabili e poco comprensibili, proteste ad oltranza di docenti e studenti, lavoratori messi l'uno contro l'altro, incentivi e bonus professionali assegnati solo ad una parte del personale, comitati di valutazione lasciati a se stessi e senza punti di riferimento. Il precariato è stato in crescita costante e siamo passati dai 100 mila ai 126 mila precari in servizio quest'anno. I precari che da anni ricoprono ruoli di supplenti hanno avuto solo la possibilità di partecipare a un concorso nazionale, senza che venisse tenuta in debito conto l'esperienza maturata nell'insegnamento e le abilitazioni conseguite. Il risultato è che i precari per continuare a insegnare, nonostante lo facciamo da anni, devono fare un concorso, mentre accede alla cattedra chi negli ultimi anni si è dedicato ad altro. Vi sono state discriminazioni sulle assunzioni tra personale docente e ATA, graduatorie ad esaurimento e di istituto, scuole senza dirigenti, posti di sostegno bloccati. Tutto questo non ha fatto altro che danneggiare gli studenti che hanno dovuto sopportare pesanti ripercussioni organizzative, con supplenti che si sono avvicendati di continuo.

Lei oggi ci viene a dire che ha emanato questo decreto legislativo. Questa è la dimostrazione che la situazione, con la “Buona scuola” approvata dal Governo Renzi, è andata assolutamente male. Ci riteniamo assolutamente insoddisfatti sia sulle tempistiche sia del fatto che questi decreti sono stati fatti molto ma molto tardi. Ci auguriamo che la pezza non sia peggiore del buco.

(Iniziative di competenza volte a promuovere la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, con riguardo all'articolo 8, comma 4, della legge regionale del Veneto n. 6 del 2017 – n. 3-02952)

PRESIDENTE. L'onorevole Locatelli ha facoltà, per un minuto, di illustrare la sua interrogazione n. 3-02952 (Vedi l'allegato A).

PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, il 14 febbraio il consiglio regionale del Veneto ha approvato la legge regionale n. 6 che modifica una precedente legge del 1990, la n. 32, una legge voluta da un Governo di centrosinistra - DC, PSI, PSDI, PLI - per promuovere e sostenere l'attività educativa-assistenziale degli asili nido per tutti - tutti! - i bambini, senza distinzione alcuna, e per agevolare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

La modifica dell'attuale giunta leghista prevede che hanno titolo di precedenza per l'ammissione agli asili nido i bambini portatori di disabilità, ma anche i figli di genitori residenti in Veneto anche in modo non continuativo da almeno 15 anni o che prestino attività lavorative in Veneto ininterrottamente da quindici anni. L'intento discriminatorio nei confronti dei figli di immigrati è evidentissimo.

Chiediamo se il Governo non ritenga che sussistano i presupposti per promuovere la questione di legittimità costituzionale nei confronti di questa nuova legge.

PRESIDENTE. Il Ministro per gli Affari regionali, Enrico Costa, ha facoltà di rispondere, per tre minuti

ENRICO COSTA, Ministro per gli Affari regionali. Grazie, Presidente. L'onorevole interrogante chiede di conoscere gli intendimenti del Governo in merito alla recente legge della regione Veneto n. 6 del 2017, che, nel modificare la legge regionale n. 32 del 1990, recante disciplina degli interventi regionali per i servizi educativi alla prima infanzia, asili nido e servizi innovativi, ha introdotto alcuni titoli di precedenza per l'ammissione agli asili nido.

In particolare, oltre ai bambini portatori di disabilità, che hanno priorità, vengono indicati i figli di genitori residenti in Veneto, anche in modo non continuativo, da almeno 15 anni o che prestino un'attività lavorativa in Veneto ininterrottamente da almeno 15 anni, compresi eventuali periodi intermedi di cassaintegrazione, di mobilità o di disoccupazione.

Ricordo che il Governo può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale nei confronti di leggi regionali, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, entro il termine di sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Durante tale periodo viene svolta un'accurata istruttoria, che coinvolge tutte le amministrazioni centrali interessate e competenti per materia.

Completata l'istruttoria, sia sotto il profilo della legittimità costituzionale, sia sotto quello della compatibilità con la normativa statale e comunitaria vigente in materia, nonché sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale e degli orientamenti assunti dal Governo per analoghe fattispecie, le leggi regionali vengono sottoposte alla valutazione del Consiglio dei ministri.

La legge in argomento, approvata dal consiglio regionale del Veneto il 14 febbraio 2017, è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione del 24 febbraio 2017, n. 21. Dunque, il termine entro il quale il Governo potrà eventualmente sollevare la questione di legittimità costituzionale in via principale andrà a scadere il prossimo 25 aprile.

L'istruttoria, svolta come di consueto dal Dipartimento degli affari regionali e le autonomie con attenzione e scrupolo, ha coinvolto diversi Ministeri di settore competenti per materia sulle osservazioni emerse. Nello spirito della leale collaborazione sono quindi state acquisite le controdeduzioni della regione Veneto. Pure tali controdeduzioni sono state sottoposte all'attenzione dei predetti Ministeri, che hanno fatto pervenire le ulteriori valutazioni di competenza.

Ricordo che comunque ogni definitiva determinazione in merito ad un'eventuale impugnativa davanti alla Corte costituzionale della legge della regione Veneto n. 6 del 2017 è rimessa alla competenza del Consiglio dei ministri.

PRESIDENTE. L'onorevole Locatelli ha facoltà di replicare, per due minuti.

PIA ELDA LOCATELLI. La ringrazio, signor Ministro. Siamo ben consapevoli che spetta al Governo, e non ad un singolo Ministero o a un Dipartimento, la decisione di impugnare una legge regionale e sappiamo appunto che spetta però al Ministro competente per materia istruire la pratica e indicare a tutto il Governo le parti critiche di questa legge.

Sinceramente mi sarebbe piaciuto intuire dalle sue parole un orientamento nei confronti della non accettabilità di questa legge. Non è avvenuto, ma io credo che, se saranno rispettate tutte le norme che lei ha citato, questa legge sarà dichiarata incostituzionale e sostengo questa idea non soltanto nel merito di questa specifica legge: il problema è che noi, non solo non possiamo accettare che vengano discriminati i bambini, ma il problema rischia di aggravarsi ulteriormente, perché si parte dagli asili nido e poi il rischio è che questa norma, la norma della precedenza dell'accesso ai servizi, possa estendersi nelle sue discriminazioni anche ad altri servizi sociali.

Allora, io chiedo al Governo davvero di attivarsi per essere molto rigorosi nei confronti del blocco di questa legge che discrimina, per non aprire una porta che poi non riusciremmo più a chiudere.

(Chiarimenti in merito all'attuazione della riorganizzazione del sistema delle autorità portuali in Sicilia, con particolare riferimento alla effettiva adozione del decreto ministeriale del 25 gennaio 2017 – n. 3-02953)

PRESIDENTE. L'onorevole Prestigiacomo ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02953 (Vedi l'allegato A).

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Grazie. Ministro Delrio, il 25 gennaio scorso, lei con decreto ministeriale ha stabilito, contro ogni logica e soprattutto in violazione del regolamento comunitario in materia di trasporti transeuropei, che la sede della nuova autorità di sistema della Sicilia orientale fosse Catania, penalizzando Augusta, il più importante porto naturale del basso Mediterraneo, importante sede di porto industriale e commerciale e unico porto CORE della Sicilia orientale.

Come sa, contro questa sua scelta è insorto il territorio, tutte le forze parlamentari, i sindaci della provincia di Siracusa, le associazioni. Assoporto ha depositato un ricorso al TAR di Catania sollevando una serie di vizi propri del decreto e derivati.

Pochi giorni fa, il 5 aprile con ordinanza il TAR Catania ha detto che il ricorso va respinto, perché non c'è il decreto, il decreto non è conoscibile. Ci può spiegare pubblicamente cosa è accaduto? Ha deciso di ritirarlo? Sarebbe un'ottima notizia.

PRESIDENTE. Il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GRAZIANO DELRIO, Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. Grazie, Presidente, grazie onorevole. No, non ho deciso di ritirarlo, il decreto è operativo altrimenti non ci sarebbe stato nessun ricorso, tant'è vero che i ricorrenti citano esattamente il decreto, specificando che non è pubblicato e tant'è vero che il TAR ha ritenuto condivisibile l'interpretazione dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 84 del 1994, laddove si stabilisce che il Ministro su proposta motivata della regione o delle regioni il cui territorio è interessato dell'autorità di sistema portuale ha facoltà di individuare su proposta motivata in altra sede di soppressa Autorità Portuale aderente all'AdSP la sede stessa, anche se in maniera temporanea.

È esattamente quello che ho fatto, è esattamente il motivo per cui il TAR ha respinto il ricorso ed è esattamente il motivo per cui il provvedimento è assolutamente legittimo, in quanto non viene messa in discussione la presenza della sede di Autorità portuale ad Augusta, ma viene detto che, per un periodo transitorio appunto, la sede, su proposta della regione, viene transitoriamente attribuita a Catania.

Quindi, come lei sa, questa è la reale motivazione. In quello stesso dispositivo il TAR dice che non è ancora conoscibile, intendendo con questo che non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale; noi abbiamo reso pubblico il decreto, ma la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale come lei sa non dipende da noi, l'abbiamo sollecitata sia il 16 febbraio scorso, che il 31 marzo, al Ministero della Giustizia per avere dal servizio delle pubblicazioni leggi e provvedimenti la pubblicazione ufficiale.

Non c'è quindi nessun mistero: è semplicemente in ritardo nella pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, cosa che non ha impedito al TAR di pronunciarsi comunque, ritenendo legittima la nostra decisione

PRESIDENTE. L'onorevole Prestigiacomo ha facoltà di replicare, per due minuti.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Grazie, Presidente. Innanzitutto il TAR non entra nel merito, quindi mi sorprende che lei legga l'ordinanza del TAR come un giudizio di merito, dovrebbe conoscere che in questa fase il TAR non ha minimamente visionato gli 11 punti, gli 11 vizi, che vengono contestati da Assoporto.

Prendo atto comunque che lei intende perseverare in questa infausta scelta, che noi contestiamo, che riteniamo inaccettabile, contro la quale continueremo a manifestare sul territorio.

Ministro, che un porto che ha dimensioni cinque volte superiori rispetto a un altro venga penalizzato in questi termini, lei comprenderà bene che è una scelta insostenibile per un territorio che difende le sue prerogative e le sue possibilità di sviluppo.

Per quanto riguarda il ricorso al TAR, non appena il misterioso decreto sarà pubblico, le posso confermare che Assoporto ha già dichiarato che ripresenterà il ricorso. Quindi, lei non ha risposto in sede parlamentare, perché questo è il secondo question time, ma le ho presentato anche due interrogazioni in Commissione, nelle quali ho chiesto conto dell'istruttoria che i suoi uffici hanno fatto sulla richiesta della regione e nulla mi è stato fornito.

Sicuramente lei dovrà rispondere in sede giudiziaria, laddove fra questi 11 punti io ne ravviso uno gravissimo: l'assoluta mancanza di trasparenza del procedimento amministrativo. Lei sa che tutta l'azione amministrativa deve essere improntata, ai sensi della legge n. 241 del 1990, che dovrebbe conoscere molto bene, alla trasparenza.

In tutta questa vicenda, dall'inizio alla fine,, è mancata la trasparenza e sa perché? Perché questa scelta deriva da un accordo di potere fra lei e il sindaco di Catania, avallato dalla regione. Dopo questo accordo di potere, avete prodotto un carteggio che contiene informazioni assolutamente false.

Sicuramente lei Ministro dovrà rispondere sul piano politico a un territorio che non si rassegna rispetto a questa scelta e che continuerà a manifestare. Prima di pensare all'efficienza dei porti, Ministro, pensi all'efficienza dei suoi uffici: più di due mesi per pubblicare un decreto in Gazzetta Ufficiale non mi sembra una grande prova di efficienza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente)

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16,30.

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,35.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Onorevole Bobba, mi dispiace che tocca a lei, però siccome non è la prima volta che accade, faccio presente che se la seduta è convocata alle 16,30 il Governo deve essere presente alle 16,30. Questo si sta ripetendo un po' troppe volte: pregherei di essere puntuali.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Alfreider, Amoddio, Matteo Bragantini, Bueno, Capelli, Dambruoso, Di Gioia, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Garofani, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Lorenzo Guerini, Laforgia, Losacco, Lupi, Manciulli, Marcon, Mazziotti Di Celso, Migliore, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Rossomando, Sanga, Sani, Schullian, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centododici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione delle mozioni Dell'Aringa, Palladino ed altri n. 1-01319, Cominardi ed altri n. 1-01533, Palese ed altri n. 1-01534, Sberna ed altri n. 1-01535, Placido ed altri n. 1-01538, Simonetti ed altri n. 1-01539, Rizzetto ed altri n. 1-01541, Francesco Saverio Romano ed altri n. 1-01543, Baldassarre ed altri n. 1-01564, Gelmini e Occhiuto n. 1-01590 e Mottola ed altri n. 1-01591 concernenti iniziative in materia di politiche attive del lavoro, con particolare riferimento al potenziamento dei centri per l'impiego.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Dell'Aringa, Palladino ed altri n. 1-01319 (Nuova formulazione), Cominardi ed altri n. 1-01533, Palese ed altri n. 1-01534, Sberna ed altri n. 1-01535, Placido ed altri n. 1-01538, Simonetti ed altri n. 1-01539, Rizzetto ed altri n. 1-01541, Francesco Saverio Romano ed altri n. 1-01543, Baldassarre ed altri n. 1-01564, Gelmini e Occhiuto n. 1-01590 e Mottola ed altri n. 1-01591 concernenti iniziative in materia di politiche attive del lavoro, con particolare riferimento al potenziamento dei centri per l'impiego (Vedi l'allegato A).

Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 13 marzo 2017, sono state presentate le mozioni Simonetti ed altri n. 1-01539, Rizzetti ed altri n. 1-0541, Francesco Saverio Romano ed altri n. 1-01543, Baldassarre ed altri n. 1-01564, Gelmini e Occhiuto n. 1-01590 e Mottola ed altri 1-01591, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Luigi Bobba, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Per la mozione Dell'Aringa, Palladino ed altri n. 1-01319 (Nuova formulazione), sulle premesse parere favorevole. Sugli impegni: punto 1) parere favorevole; sul punto 2) parere favorevole con la seguente riformulazione: “a intraprendere ogni opportuna iniziativa per raggiungere in tempi brevi l'accordo in Conferenza unificata sul piano di rafforzamento dei servizi per l'impiego, ai fini dell'erogazione delle politiche attive ex articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2015”. Punto 3) parere favorevole; punto 4) parere favorevole con la seguente riformulazione: “ad assumere, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”, poi tutto il resto uguale. Punto 5) parere favorevole con questa riformulazione: “a valutare forme di sperimentazione dell'assegno di ricollocazione legate alle situazioni di crisi occupazionale oggetto di esame presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e/o il Ministero dello sviluppo economico”.

Per la mozione Cominardi ed altri n. 1-01533, sulle premesse parere contrario. Sul punto 1) degli impegni, parere favorevole con la seguente riformulazione, limitatamente alla lettera a) dell'impegno: “a predisporre una pianificazione di potenziamento dei centri per l'impiego finalizzata a incrementare la presenza, efficienza e qualità dei servizi per l'impiego sul territorio nazionale”. I punti b) e c) rimangono quelli che sono.

Sull'impegno 2), parere favorevole con questa riformulazione: “promuovere iniziative finalizzate a verificare la congruità delle risorse umane dedicate ai servizi pubblici, prevedendo la possibilità di incrementarle, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”. Sull'impegno 3), parere contrario.

Per la mozione Palese ed altri n. 1-01534, sulle premesse parere contrario; sugli impegni: parere favorevole sui punti 1), 2), 4) e 5); sul punto 3) parere favorevole con questa riformulazione: “ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a riqualificare le competenze professionali degli addetti dei centri per l'impiego, per far sì che gli stessi possano gestire efficacemente il reinserimento lavorativo dei disoccupati attraverso prestazioni di elevata qualità, misurabili anche attraverso meccanismi di valutazione delle performance”.

Mozione Sberna ed altri n. 1-01535: sulle premesse parere contrario, sugli impegni parere favorevole, su tutti e quattro.

Mozione Placido ed altri n. 1-01538: sulle premesse il parere è contrario; sull'impegno numero 1) il parere è favorevole con questa riformulazione: “a prevedere il sostegno e il rafforzamento delle politiche attive del lavoro, finalizzate in particolare alla riduzione della disoccupazione e al sostegno al reddito, assumendo, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, iniziative per stanziare risorse aggiuntive”.

Sull'impegno numero 2) il parere è favorevole con questa riformulazione: “ad assumere iniziative per il rafforzamento dei centri per l'impiego e conseguentemente della qualità del lavoro, anche mediante l'assegnazione di adeguate risorse di personale”.

Sull'impegno numero 3) il parere è favorevole con questa riformulazione: “a sostenere, nell'ambito delle politiche attive del lavoro, iniziative e programmi che siano uniformi sull'intero territorio nazionale, evitando una disomogeneità nell'applicazione della normativa in materia delle diverse realtà territoriali, a causa di differenti risorse, strumenti e risultati.”

Impegno numero 4), riformulazione totale: “ad adottare opportune iniziative affinché si realizzi la piena operatività del sistema delle politiche attive delineato con il decreto legislativo n. 150 del 2015, anche tenuto conto degli esiti del referendum del 4 dicembre 2016”.

Mozione Simonetti ed altri n. 1-01538: sulle premesse parere contrario, sull'impegno numero 1) parere contrario, numero 2) contrario; numero 3) favorevole, con questa riformulazione: “ad adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, le opportune iniziative di competenza (…) che prevedano ulteriori risorse”, per il resto è uguale.

Impegno numero 4), parere favorevole; impegno numero 5), parere favorevole con riformulazione: “a proseguire nelle iniziative intraprese per dare piena attuazione all'articolo 26 del decreto legislativo n. 150 del 2015 in materia di utilizzo diretto dei lavoratori titolari di strumenti di sostegno al reddito nello svolgimento di attività a fini di pubblica utilità, a beneficio della comunità territoriale”

Mozione Rizzetto ed altri n. 1-01541: sulle premesse parere contrario; sugli impegni: numero 1) favorevole con riformulazione: al testo identico si aggiungono “idonee iniziative”, senza “di riforma”. Impegno numero 2), con questo nuovo testo: “a intraprendere ogni opportuna iniziativa per raggiungere in tempi brevi l'accordo in Conferenza unificata sul piano di rafforzamento dei servizi per l'impiego, ai fini dell'erogazione delle politiche attive ex articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2015”. Impegno numero 3), parere favorevole con questa riformulazione: “a proseguire nelle iniziative intraprese per dare piena attuazione all'articolo 16 del decreto legislativo n. 150 del 2015 in materia di monitoraggio e valutazione sulla gestione delle politiche attive e i servizi per il lavoro. Impegno numero 4), riformulazione più ristretta: “ad adottare tutte le misure che accelerino il pieno funzionamento operativo dell' ANPAL quale soggetto centrale definito dalla riforma per il governo del sistema di politiche attive”.

Mozione Francesco Saverio Romano ed altri n. 1-01543: sulle premesse il parere è favorevole; impegno numero 1): parere favorevole; sull'impegno numero 2) si propone la seguente riformulazione: “a valutare l'opportunità di presentare in Parlamento, una volta all'anno, una relazione sullo stato, l'efficienza e l'efficacia dei risultati effettivamente conseguiti dai centri per l'impiego”.

Numero 2), va bene così, con: “e compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”.

Numero 3): “a valutare la possibilità di…

PRESIDENTE. Scusi, può ripetere onorevole Bobba?

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Prego?

PRESIDENTE. Sul numero 1) aveva detto che era favorevole?

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Sì.

PRESIDENTE. Il 2)?

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Del 2) ho letto la riformulazione.

PRESIDENTE. E il 3)?

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Sul 3) sono favorevole con una riformulazione, ossia che dopo la parola “competenze” ci si mette un inciso “e compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”, il resto uguale.

Così pure solo un inciso nell'impegno numero 4), dopo “prevedere”: “per quanto di competenza”.

PRESIDENTE. Quindi è riformulato anche il 4) diciamo, con questo inciso.

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Sì, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica eccetera eccetera.

Il numero 5), parere favorevole con la seguente riformulazione: “a proseguire nelle iniziative intraprese per dare piena attuazione alle misure previste al patto di servizio personalizzato, di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 150 del 2015”.

Impegno numero 6): parere favorevole.

Impegno numero 7), parere favorevole con riformulazione: “a proseguire nelle iniziative intraprese, volte a valorizzare le capacità lavorative dei soggetti disabili, al fine di collocarli nell'occupazione più idonea e più proficua dell'impresa”.

Impegno numero 8), riformulazione: “ad assumere iniziative per sostenere percorsi di autoimprenditorialità e di ricambio generazionale”.

Impegno numero 9), parere favorevole con questa riformulazione: “a riservare, nell'ambito delle politiche attive del lavoro, una particolare attenzione all'integrazione dei giovani nel mercato del lavoro, all'invecchiamento attivo, al lavoro autonomo e all'avvio di imprese”.

Mozione Baldassarre ed altri n. 1-01564: sulle premesse parere favorevole; impegno numero 1) parere favorevole; impegno numero 2), parere favorevole con riformulazione: “a valutare la possibilità, compatibilmente con il quadro normativo e con i vincoli di finanza pubblica, di riattivare il pieno turnover per i dipendenti pubblici”.

Impegno numero 3), parere favorevole; impegno numero 4), parere favorevole; impegno numero 5), parere favorevole, con la seguente riformulazione: “ad assumere iniziative, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, per aumentare le risorse per il fondo per le politiche attive del lavoro, in base al numero dei potenziali beneficiari che ne dovranno usufruire”.

Mozione Gelmini e Occhiuto n. 1-01590: sulle premesse parere contrario; sull'impegno numero 1), parere contrario; sull'impegno numero 2), parere favorevole; sull'impegno numero 3), parere favorevole; sull'impegno numero 4), parere favorevole con la seguente riformulazione: “ad assumere iniziative, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, per incrementare le risorse per il fondo per le politiche attive del lavoro”.

Impegno numero 5), favorevole con riformulazione: “a intraprendere ogni opportuna iniziativa per raggiungere in tempi brevi l'accordo in Conferenza unificata sul piano di rafforzamento dei servizi per l'impiego, ai fini dell'erogazione delle politiche attive ex articolo 15 del decreto n. 78 del 2015”.

Impegno numero 6), favorevole con riformulazione: “ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a rendere maggiormente efficace la rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro e ad adoperarsi al fine di garantire adeguate professionalità degli addetti dei centri per l'impiego”.

Impegno numero 7), favorevole con riformulazione: “ad assumere le iniziative di competenza per sviluppare in maniera efficiente il sistema informativo per le politiche del lavoro”.

Impegno numero 8), parere favorevole.

Impegno numero 9), parere favorevole con riformulazione: a svolgere un'attenta attività di monitoraggio della sperimentazione dell'assegno di ricollocazione al fine di poter rendere strutturale la misura.

Sulla mozione n. 1-01591 Mortola, sulle premesse parere favorevole; sull'impegno numero 1), parere favorevole, sul numero 2), parere favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Presidente, membri del Governo, colleghi, solo due parole per introdurre la chiave di questa dichiarazione di voto e poi l'autorizzazione a consegnarla. Il dato fondamentale da cui noi possiamo e vogliamo partire oggi è il dato della disoccupazione; in modo particolare, è il dato della disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 40 per cento e che potrebbe avvantaggiarsi positivamente dalla presenza di centri per l'impiego professionalmente organizzati e sufficientemente distribuiti sul territorio. Noi abbiamo bisogno che ogni ragazzo, ogni persona adulta che ha perso il suo lavoro o che non ha mai o non ha ancora trovato un posto di lavoro, possa contare su un servizio personalizzato, sulla possibilità di ottenere un bilancio di competenze che crei quel piano inclinato giusto e che faccia incontrare le prestazioni del lavoratore con le richieste di un mondo del lavoro sempre più ampio e sempre più variegato, sia che si tratti dell'area dei servizi sia che si tratti dell'area più imprenditoriale a livello del 4.0.

Creare questo punto di incontro potrebbe essere veramente un obiettivo alto e forte dei centri dell'impiego, se, di fatto, lavorassero in modo coerente con le ragioni per cui sono stati istituiti, ma sappiamo che, nonostante i finanziamenti ricevuti e non irrilevanti, tutto questo non è accaduto; e, quindi, noi riteniamo fondamentale e importante che si possa dare una risposta positiva ai bisogni di tante persone giovani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Diciamo solo poche parole per esprimere una valutazione grosso modo di riferimento ai pareri espressi dal Governo sulla mozione presentata. Mi spiace che sia stato espresso parere contrario sulle premesse…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Palese. Colleghi, dovete lasciare il tavolo del Governo.

ROCCO PALESE. …su cui chiederemo, per questo motivo, la votazione per parti separate, e sul problema dell'impegno c'è una piccola riformulazione, sul punto 3, che noi chiaramente accettiamo. Riteniamo che la cosa più importante sia, signor Presidente, di non far seguire, come purtroppo accade da parte del Governo, una sostanziale inattività oppure una sostanziale assenza di iniziativa a seguito dell'approvazione di queste mozioni, su questo problema, dove, effettivamente, c'è una grande necessità, nel contesto delle politiche attive per il lavoro, nel contesto di cercare di attivare una serie enorme di provvedimenti che possano sostanzialmente sviluppare una maggiore occupazione, soprattutto nel settore della disoccupazione giovanile e soprattutto per quello che riguarda la disoccupazione nel Mezzogiorno, che ha raggiunto livelli veramente incredibili.

L'auspicio è esattamente questo, cioè che il Governo dia poi seguito a tutte le stimolazioni e gli indirizzi che provengono da un certo numero, cospicuo pure, di mozioni che sono state presentate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente, sottosegretario. Dunque, sottosegretario, innanzitutto ringrazio il professor Dell'Aringa, perché ha riportato nell'agenda parlamentare un tema sicuramente molto importante, quello dei centri pubblici per l'impiego, perché non dobbiamo mai scordare che quello che una volta erano i cosiddetti uffici di collocamento sono, di fatto, diventati centri pubblici per l'impiego, e quindi già dall'etimologia della denominazione degli stessi dovrebbero essere un qualcosa che di fatto funziona, i centri per l'impiego dovrebbero funzionare.

Prima qualche collega ha citato alcuni dati rispetto alla disoccupazione giovanile, che tocca quote ancora, secondo noi, record del 35-36 per cento, e di una disoccupazione, sottosegretario, generale, globale, non so come vogliamo denominarla o chiamarla, di quasi l'11 e mezzo per cento. Quindi, pubblicamente la collettività va a dare dei soldi allo Stato affinché lo Stato stesso vada a riconvertire gli stessi denari per poter far funzionare questa roba qui, che è una roba pubblica.

Abbiamo presentato, Presidente, sottosegretario, delle proposte di legge in Commissione rispetto alla revisione completa e totale dei cosiddetti centri per l'impiego. Ad un certo punto, la maggioranza ci ha detto: attenzione, è tutto a posto, non preoccupatevi, non serve addirittura nemmeno andare a presentare delle proposte di legge, perché magicamente, dopo la cosiddetta legge Delrio, la stessa che abolisce le province, gli stessi centri per l'impiego, ovvero quei luoghi laddove giovani e meno giovani, confidando in modo sicuramente speranzoso nei confronti di uno Stato che dovrebbe accomunare e fare incontrare l'offerta con la domanda di lavoro, avrebbe dovuto agevolare questo tipo di percorsi - e dopo parliamo anche un po' di dati rispetto ai centri per l'impiego, ovvero quanto il centro per l'impiego va a transare in termini di posti di lavoro -, non preoccupatevi, perché adesso arriva la cosiddetta agenzia Anpal, l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro.

Rispetto alle politiche attive del lavoro, termine molto spesso abusato, i centri per l'impiego sono il primo punto di riferimento per le persone che cercano un lavoro in Italia. Allora, sottosegretario, vorrei capire - e da qui posso immaginare anche la sua contrarietà rispetto alle premesse della nostra mozione, per cui, Presidente, già preannunzio che chiederemo rispetto alle premesse un voto per parti separate, accettando, poi, evidentemente, le riformulazioni - dove è finita questa agenzia, dov'è finita l'Anpal. Nessuno lo sa, è un elemento oscuro che da qualche mese deve iniziare a lavorare e non inizia a lavorare.

Ora, ricordiamo che i centri per l'impiego, rispetto alla legge Delrio, che, lo rinnovo, abolisce le province, dovevano essere, prima in modo temporaneo, presi in pancia dalle regioni, poiché prima erano presi in pancia dalle province, e dopo essere passati di competenza a questa Agenzia.

Si stanno creando, rispetto ai centri per l'impiego, innanzi a questa confusione che ne è scaturita, dei cosiddetti disservizi, perché gli stessi centri per l'impiego o gli operatori dei centri per l'impiego non sanno, di fatto, che cosa fare; non sanno neanche se il loro contratto di lavoro - pensate, colleghi, questa cosa, questo passaggio, che è assolutamente indicativo ed interrogativo, ma sicuramente va a riepilogare bene quello che stanno vivendo ad oggi i centri per l'impiego - gli stessi dipendenti dei centri per l'impiego, molto spesso assunti a tempo determinato o con contratti precari, loro stessi non sanno neanche se avranno un lavoro fra qualche mese.

Allora, parlavamo, e vado piuttosto rapido, Presidente, di dati: Eurostat dice che, rispetto alla nostra spesa pubblica che noi impieghiamo per quanto riguarda iniezioni di denaro presso i servizi sul mercato del lavoro, tocca lo 0,03 per cento rispetto al prodotto interno lordo. Un decimo in meno rispetto a Germania e Regno Unito, un ottavo rispetto alla Francia. Siamo ultimi in Europa.

Negli ultimi sette anni, tra l'altro, hanno trovato un'occupazione, tra coloro che sono passati attraverso i centri per l'impiego per cercare un'occupazione, poco più di 35 mila persone. Considerato che i centri per l'impiego, che sono circa 500, ad oggi, in Italia, costano più di 500 milioni all'anno, ogni posto di lavoro transato dai centri per l'impiego è costato alla collettività 13 mila euro. Questi sono conti, poca politica, questi sono conti.

Considerate, poi, rispetto sempre ai dati, che l'indagine conoscitiva prodotta e portata avanti dalla Commissione lavoro alla Camera ha evidenziato che soltanto il 2,2 per cento delle imprese italiane gestisce le assunzioni passando attraverso i centri per l'impiego. Sapete come fanno le aziende italiane a trovare forza lavoro? Il 63,9 per cento di coloro che trovano lavoro in Italia lo fa attraverso le aziende, che vanno a servirsi, soprattutto, di segnalazioni di conoscenti e fornitori. Non dico che quanto ricordò il Ministro Poletti pochi giorni fa fosse una cosa sicuramente giusta, poiché lui parlava di calcetto, ma delle due l'una, nel senso, sottosegretario, che: o questa macchina pubblica, che costa 500 milioni all'anno, più qualche procedura di infrazione per il non allineamento agli standard europei, funziona e funziona bene, non con questi dati, oppure è meglio revisionarla, non attraverso una mozione, ma revisionarla da domani mattina.

Io ricordo l'allora Ministro Giovannini che, forse in un momento di lucidità politica, aveva sicuramente detto che avrebbe inviato 1.000 ispettori presso i centri per l'impiego in Italia per una formazione importante in seno agli stessi. Dopodiché il Ministro Giovannini è andato dove è andato e, quindi, non è stata portata avanti questa che poteva essere almeno una buona idea.

Il rapporto, sottosegretario, degli artigiani dice che per gestire gli utenti di tutti i centri per l'impiego italiani sarebbero necessarie 3.692, non posizioni in più, ma posizioni in meno, per transare un numero così poco elevato. Faccia conto - e soprattutto lo dico a coloro che hanno l'ardire di ascoltarci magari da casa o da qualche altro posto - che i centri per l'impiego in Italia vanno ad occupare 9 mila persone, lo ripeto, 9 mila persone; in Germania ce ne sono molte di più; se non ricordo male, ci sono quasi 90.000 o 95.000 impiegati presso i centri per l'impiego ed è un dato assolutamente sconvolgente.

Allora, io non capisco perché si debba arrivare, tra l'altro, in Aula, a votare una mozione per cui già rispetto ad uno strumento pubblico dovrebbero esserci delle performance piuttosto importanti, ma tant'è, siamo qui a cercare di dare una spinta a questo agglomerato pubblico per cui, attenzione, io non dico che coloro che gestiscono i centri per l'impiego ne abbiano la diretta colpa, ma io in prima persona ho visitato dei centri per l'impiego che non avevano la carta in A4 bianca per poter fare le fotocopie dei documenti rispetto alle persone che chiedevano posti di lavoro e che entravano negli stessi.

Quindi, lo rinnovo, sottosegretario: noi con la testa china abbiamo presentato una proposta di legge per revisionare tutto il sistema dei centri per l'impiego e, secondo noi, poteva essere anche una proposta fruibile da parte di altri gruppi politici, ma dobbiamo, a questo punto, arrivare in Aula.

Ebbene, in Aula, ci siamo; chiaramente noi voteremo a favore di tutte le mozioni e di tutti gli impegni che cercano, quanto meno, anche avanzando di qualche centimetro, di riorganizzare meglio i cosiddetti centri per l'impiego; lo ricordo per la seconda volta: 2,2 per cento di transazioni in termini di mercato del lavoro, ovvero due persone ogni cento trovano lavoro quando entrano nei centri per l'impiego.

Oppure, altrimenti - è giusto -, se si continua con queste performance, cercare di andare a revisionare qualche cos'altro, perché molto spesso, Presidente - e vado a chiudere -, c'è stato questo scontro quasi ideologico tra pubblico e privato, per cui il pubblico, molto spesso, ha additato in modo malevolo anche tutte quelle che erano e sono le cosiddette aziende di somministrazione di lavoro. Guardi, Presidente, le dico una cosa: meno male che ci sono alcune aziende di somministrazione che lavorano, devo dire, anche bene. Perché è del tutto evidente che con un 2,2 per cento di transazioni verso il mercato del lavoro, in questo momento, sottosegretario, i centri per l'impiego, in Italia, non funzionano.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sberna. Ne ha facoltà.

MARIO SBERNA. Signor Presidente, se lei mi permette, io vorrei consegnare il testo, però, prima, aggiungerei soltanto due parole.

È chiaro che il nostro gruppo voterà a favore delle mozioni come si è espresso il Governo, tuttavia, vorrei appunto ringraziare il Governo per avere accolto i nostri dispositivi e, in maniera particolare, proprio l'ultimo.

Ci tengo a sottolinearlo; un Ministro della Repubblica passerà alla storia, è passato alla storia per due cose: una legge elettorale, diciamo così, “suiniforme” e una combustione, un falò di leggi; tra queste leggi, fu bruciata la n. 551 del 1961, che, tra l'altro, io ho ripresentato uguale, ma dorme nella Commissione lavoro.

Con questa legge si dava attuazione all'articolo 31 dalla Costituzione, che ha particolare riguardo nei confronti delle famiglie numerose. Ecco, con questo dispositivo, noi tentiamo di reintrodurre quel che fu combusto e nei centri per l'impiego, appunto, si chiede di dare particolare attenzione ai genitori delle famiglie numerose, perché? Ce lo dicono i dati ISTAT, ce lo dice anche l'esperienza quotidiana, perdere un lavoro è un dramma, perderlo con quattro, cinque, sei o sette figli da mantenere è una tragedia, che porta anche ulteriori tragedie. Perciò, ecco, questa priorità nei confronti delle famiglie numerose credo che dovrebbe essere anche la priorità del Parlamento.

Sulle premesse - e concludo davvero - mi auguro che il Governo cambi il parere, ma in ogni caso, se non lo cambierà, non chiederò la votazione per parti separate (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

PRESIDENTE. È autorizzato, ovviamente, alla consegna del testo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parisi. Ne ha facoltà.

MASSIMO PARISI. Presidente, sperando di riuscire ad orientarmi fra le trenta riformulazioni proposte dal Governo e, per quel che riguarda le riformulazioni alla nostra mozione, la 1-01543, di averle capite, accogliamo le riformulazioni stesse e chiedo l'autorizzazione a depositare l'intervento scritto.

PRESIDENTE. È autorizzato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oliaro. Ne ha facoltà.

ROBERTA OLIARO. Grazie, Presidente. Anche io chiedo l'autorizzazione a consegnare l'intervento e annuncio il voto favorevole del gruppo Civici e Innovatori, conformemente ai pareri espressi dal Governo.

PRESIDENTE. Anche lei, ovviamente, è autorizzata.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Placido. Ne ha facoltà.

ANTONIO PLACIDO. Grazie, Presidente. La regolazione del decreto legislativo n. 150 del 2015 in materia di politiche attive del lavoro, sebbene adottata previa intesa in Conferenza Stato-regioni, essendo connessa all'ipotesi di modifica costituzionale bocciata sonoramente dal referendum del 4 dicembre, ha seminato ulteriori incertezze normative all'interno di un quadro, quello rappresentato dal sistema dei servizi per l'impiego, già segnato da una pesante precarietà di assetto organizzativo.

Da qui, dunque, la necessità, in regime di una competenza legislativa concorrente, che permane in capo alle regioni, di uno sforzo straordinario di coordinamento fra Stato, regioni e province autonome e di precisazione del ruolo dell'ANPAL, come soggetto di raccordo intorno a cui incardinare una complessiva riorganizzazione del sistema. Tutto ciò è reso necessario anche in considerazione della circostanza per cui la fase attuativa del decreto legislativo n. 150 richiede ancora una serie di passaggi, dai decreti attuativi, ai regolamenti, a tutta la parte di implementazione più pratica, che consentirebbero, sicuramente, di raddrizzare la rotta.

Un po' tutte le mozioni - e bisogna riconoscere al collega Dell'Aringa il merito di aver riportato questa questione all'attenzione dell'Aula e non soltanto della Commissione lavoro - insistono nel fotografare i dati che danno conto della situazione italiana in rapporto a quella degli altri Paesi europei; una situazione senza valutare la quale diventa complicato e anche azzardato fare le valutazioni di produttività che ascoltavo in alcuni degli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto.

Il numero degli operatori italiani dei centri per l'impiego è attestato al di sotto delle novemila unità, un addetto, circa, ogni 300 disoccupati, in Germania uno ogni 24, nel Regno Unito uno ogni 30, in Francia uno ogni 65. Il 12 per cento degli operatori italiani ha rapporti di lavoro precario e temporaneo, circa 2.000 del totale delle 9.000 unità.

Secondo i dati Eurostat del 2015, il 28 per cento soltanto dei disoccupati italiani si rivolge ai servizi pubblici, mentre in Europa il 50 per cento circa dei disoccupati ritiene utile rivolgersi ai servizi pubblici; l'Italia investe lo 0,03 del prodotto interno lordo orientandolo ai servizi per l'impiego, mentre in Germania lo 0,35; la spesa pro capite per disoccupato in Italia è al di sotto dei 100 euro, mentre sono oltre 1.000 in Francia e quasi 3 mila in Germania; gli operatori sono meno di 9 mila in Italia, 100 mila in Germania, 70 mila nel Regno Unito e 50 mila in Francia.

La fotografia di questa situazione, a dir poco precaria, è resa ancora più drammatica dal fatto che alcuni recenti provvedimenti, varati anche da quest'Aula, orientano al servizio per l'impiego altre e nuove competenze, quali quelle, ad esempio, attribuite dalla legge sul caporalato e quelle, per esempio, attribuite dalla legge sul lavoro autonomo. In una condizione di costante incertezza finanziaria, i colleghi ricorderanno che a dicembre dello scorso anno in maniera affrettata e affannosa sì riuscì, con fatica, a definire un accordo Stato-regioni che desse la copertura finanziaria necessaria alla proroga dei servizi per tutto il 2017.

Se questo è il quadro, noi crediamo che il Governo debba impegnarsi a una stabilizzazione larga e calendarizzata in maniera rigorosa dei precari, ai fini del rafforzamento e della qualificazione del servizio pubblico; che debba impegnarsi ad un'individuazione di standard minimi di prestazione da erogare su tutto il territorio nazionale e, in conseguenza di ciò, ad un adeguamento del livello formativo degli operatori attuali; che debba ripensare ruolo e funzioni dell'ANPAL, che era un organismo concepito in una fase nella quale si immaginava la cancellazione della legislazione concorrente e una totale riorganizzazione del sistema.

Dunque, per la parte che ci compete, in conclusione, Presidente, chiederemo la votazione per parti separate, distinguendo la premessa dagli impegni rivolti al Governo, la cui ridefinizione tutto sommato ci convince.

Inoltre, voteremo a favore di tutte quante quelle mozioni che sottolineano la necessità e l'urgenza di stabilizzare il personale precario, di potenziare i servizi, di investire sul personale, di conservare - questo è il punto di fondo - e qualificare gli organismi di governo pubblico delle politiche attive del mercato del lavoro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. La ringrazio, Presidente. Le mozioni in oggetto, come è già stato ricordato, trattano il tema dei centri per l'impiego e come, appunto, avvicinare la domanda e l'offerta di lavoro affinché ci sia una piena occupazione e affinché i soldi pubblici utilizzati per l'intermediazione fra la domanda e l'offerta trovino un riscontro.

È chiaro che la tematica e lo snodo della differenziazione fra le varie posizioni che tutte le mozioni hanno - e che ovviamente non possono essere bocciate tout court proprio perché hanno una finalità nobile, che è quella, appunto, della piena occupazione - è come attuare questi corsi di formazione, nonché come attuare e come avvicinare sempre più il mondo del lavoro alle richieste di occupazione. Noi la vediamo in un'ottica diametralmente opposta a quella che ha impostato il Governo attraverso il decreto legislativo n. 150 di due anni fa, attuativo del Job Acts e in cui si prevede la riorganizzazione dei servizi per l'impiego delle politiche attive attraverso la redazione dell'ANPAL, appunto l'Agenzia nazionale delle politiche attive sul lavoro, che vuole centralizzare qui a Roma tutte le politiche attive del lavoro.

Centralizzare per noi è l'esatto opposto di risolvere i problemi e, al massimo, si creano i problemi. Tra l'altro, questa riforma nasceva sul solco di altre riforme, di cui una mezza attuata è una in itinere: quella mezza attuata era quella della cancellazione delle province attraverso la “legge Delrio”, che ne ha ridimensionato le competenze e ha escluso dalle competenze provinciali appunto le politiche della formazione e le politiche attive del lavoro; l'altra era la riforma costituzionale, che però è stata bocciata, come è già stato ricordato, il 4 dicembre scorso da un voto estremamente largo e popolare. La riforma costituzionale cosa diceva? Diceva che dalla competenza concorrente delle regioni le politiche del lavoro dovevano essere trasferite alla competenza esclusiva dello Stato. Questo è stato bocciato e si ritorna, quindi, alla situazione in essere.

Pertanto, nella visione che noi abbiamo è obbligo da parte del Governo rivedere, appunto, la riforma del decreto legislativo n. 150 del 2015, affinché l'ANPAL si riduca a struttura sussidiaria delle varie regioni, in modo che vada ad aiutare le regioni più incapaci, meno preparate e storicamente meno pronte ad affrontare le tematiche delle politiche attive e sia sussidiario rispetto a una struttura regionalizzata, perché la regione, a nostro avviso, è la struttura massima che può attuare queste politiche che poi, come nelle realtà piemontese, nella realtà lombarda e nelle realtà veneta in cui queste competenze erano delegate a livello provinciale, si sono formate le migliori pratiche di gestione di questi servizi, tanto che in questi casi la domanda e l'offerta coincidevano e collimavano, perché quando si avvicina il centro per l'impiego alle esigenze territoriali si fa in modo che i corsi diventino propedeutici ad esaurire le richieste territoriali delle imprese, perché se non si fa un collegamento diretto fra i corsi di formazione e le richieste dei settori produttivi territoriali è chiaro che coloro che vanno a frequentare i corsi di formazione non troveranno mai lavoro. La banca dati nazionale può essere un'idea utopistica, ma uno di Biella non può fare un corso di formazione a Biella per poi trovare lavoro a Bari perché questo ovviamente non funziona da un punto di vista logistico. Più si ci si allontana dal territorio e più si creano i problemi; più ci si avvicina al territorio e più si risolvono i problemi.

Ecco perché noi chiediamo di rivedere questa impostazione e di ritornare all'impostazione precedente, con delle modifiche e con delle migliorie. È chiaro che le agenzie di formazione che non portano a casa i risultati è bene che non prendano i finanziamenti. Se costruiamo una media nazionale di collocamento in funzione dei soldi spesi per fare questi lavori di formazione, chi è sotto alla media nazionale è ovvio che si vede decurtato il compenso se il collocamento a valle dell'esperienza di formazione professionale non riscontra degli esiti pari a quelli della media nazionale e l'agenzia di formazione può perfino essere cancellata dall'accreditamento. A nostro avviso dovrebbe anche esserci una proporzionalità di pagamento delle agenzie di formazione non solo in funzione del numero dei frequentatori ma anche in funzione della percentuale di collocamento e dei frequentatori dei corsi, perché - e io da presidente di provincia l'ho sempre combattuto - i soldi spesi per i corsi di formazione non devono essere dei soldi per finanziare le agenzie, ma devono essere dei soldi utilizzati perché effettivamente i lavoratori disoccupati o i lavoratori già occupati trovino lavoro o trovino un nuovo lavoro per una propria miglioria professionale. Quindi, non andiamo a ingrassare le agenzie di formazione ma spendiamo i soldi effettivamente per creare nuova e migliore occupazione.

Quindi, noi non accettiamo le riformulazioni del testo della nostra mozione. Tra l'altro, gradiremmo un voto favorevole anche su tutti gli impegni sui quali il sottosegretario ha espresso parere contrario, proprio perché anche lei, che viene dal territorio, sa bene che più ci si avvicina alle esigenze territoriali e più si risolvono i problemi, mentre più ci si allontana più i problemi si creano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mottola. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Presidente, sottosegretario, colleghi, il gruppo parlamentare di Alternativa Popolare voterà a favore della mozione relativa alle politiche attive del lavoro, con particolare riferimento ai centri per l'impiego. La riforma del mercato del lavoro, il cosiddetto Jobs Act, rappresenta una delle riforme più importanti del Governo presieduto da Matteo Renzi, essendo stata pensata con lo scopo di rilanciare l'economia produttiva ed i livelli occupazionali. Infatti, nel nostro Paese, a fronte di un tasso di disoccupazione altissimo, in particolar modo di quella giovanile, era necessario rendere il sistema più flessibile ed adatto alle esigenze di un mercato del lavoro in continua evoluzione. Con la legge n. 183 del 2014, il Governo è stato delegato ad adottare uno o più decreti legislativi, aventi lo scopo di migliorare i servizi per il lavoro e di assicurare una maggiore efficienza ed efficacia delle politiche attive in materia di lavoro. La riforma del Jobs Act ha, pertanto, conseguito l'obiettivo di rendere meno frammentate le politiche attive del lavoro, su tutto il territorio nazionale. A questo scopo, tale riforma ha dato, complessivamente, buoni risultati, anche se vi sono criticità (soprattutto relative ai centri per l'impiego), che richiederebbero un'ulteriore attenzione, al fine di migliorare l'incontro tra domanda ed offerta. Proprio a tale scopo, il decreto legislativo n. 150 del 2015, ha ridisegnato il ruolo dei centri per l'impiego che sono chiamati ad erogare dei servizi obbligatori. Va detto, in ogni caso, che i servizi possono essere erogati anche da soggetti privati, accreditati a livello regionale, ed è quindi prevalsa l'esigenza di prevedere una nuova governance caratterizzata da un sistema misto pubblico-privato.

Noi crediamo, pertanto, che tale sinergia tra pubblico e privato vada rafforzata, in special modo implementando i servizi del settore privato al fine di conseguire una più efficace attività di intermediazione e l'aumento dei livelli occupazionali. La moltiplicazione degli attori e, quindi, il fatto che il privato si affianchi al pubblico, non può che aumentare le possibilità di ingresso nel mercato del lavoro. Per questo motivo, riteniamo utile apportare miglioramenti ai centri pubblici per l'impiego, al fine di eliminare le criticità oggi esistenti al loro interno e di conseguenza sviluppare una politica attiva del lavoro maggiormente vicina alle reali esigenze del Paese.

Per questo, con la nostra mozione, chiediamo che vi sia un attento monitoraggio di tali centri, proprio allo scopo di individuare le eventuali carenze e criticità che questi effettivamente presentano.

È quanto mai necessario, inoltre, stabilire un rapporto migliore e proficuo tra i centri per l'impiego, le agenzie private per il lavoro ed i servizi di orientamento delle università per rendere migliore e più efficace l'attività di intermediazione tra domanda ed offerta. Possiamo affermare che, in alcuni casi, i centri per l'impiego pubblici non funzionano a dovere, in un incerto quadro di competenze e di qualificazione adeguata. Per questo motivo, occorre migliorarne la funzionalità sotto vari aspetti, che vanno attentamente indagati e sui quali occorre intervenire senza esitazione e con misure efficienti ed idonee. Siamo dell'avviso, pertanto, che siano indispensabili politiche attive del lavoro fondate su un raccordo sempre più stretto tra orientamento, formazione e mondo occupazionale.

In conclusione, nel ribadire il voto favorevole del gruppo di Alternativa Popolare alla mozione al nostro esame, riteniamo indispensabile sottolineare come, nell'ambito delle politiche attive, si presti una maggiore attenzione nei confronti di mestieri e settori produttivi più in linea con il fabbisogno del mercato del lavoro. In tale contesto è indispensabile sostenere l'orientamento dei giovani verso nuovi modelli di produzione, connessi all'innovazione tecnologica delle società più avanzate e che determini buone e concrete possibilità di incidere positivamente sul mercato del lavoro. Per questo è opportuno, inoltre, che le aziende investano in innovazione tecnologica e siano aiutate in termini concreti e sostanziosi, tesi a favorire il loro sviluppo e, dunque, ad assicurare nuove opportunità per quanto concerne l'occupazione stessa.

In un quadro di questa natura abbiamo parlato di sostenere anche i centri per l'impiego privati. Si tratta, infatti, al di là di considerazioni, sulle quali non intendiamo intervenire in questa sede, di ampliare l'offerta, di favorire l'efficienza, di promuovere il massimo dell'operatività. E crediamo che il potenziamento di centri per l'impiego pubblici e privati, non possa che costituire un'opportunità unica, per intervenire su un mercato complesso, difficile ma ancora dalle grandi potenzialità. Per i nostri giovani è importante avere le stesse possibilità di entrare nel mercato del lavoro dei loro coetanei europei. Favorire l'aumento dell'offerta, migliorando le strutture esistenti ed affiancando a quelle pubbliche le private, può essere la soluzione più opportuna

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zappulla. Ne ha facoltà.

GIOVANNA MARTELLI. Non è presente, comunque rinunciamo all'intervento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gelmini. Ne ha facoltà.

MARIASTELLA GELMINI. Grazie, Presidente. abbiamo presentato questa mozione, convinti come siamo che sia indispensabile migliorare l'incontro tra la domanda e l'offerta in materia di lavoro.

E pur avendo rappresentato in quest'Aula, con la collega Polverini e con tanti amici di Forza Italia, le criticità del Jobs Act, tra i pochi elementi positivi abbiamo sempre riscontrato la previsione di uno specifico provvedimento, dedicato ai servizi per il lavoro e alle politiche di inserimento lavorativo. Tutto questo, però, già ai tempi della discussione sulla legge delega, si era accompagnato ad un warning rispetto alla necessità di una coerenza con il quadro costituzionale, che assegnava in questa materia la competenza alla legislazione concorrente delle regioni.

Invece, il decreto legislativo è stato scritto come se la Costituzione fosse già stata modificata, ignorando i tempi amministrativi, giuridici e burocratici di costituzione di un nuovo ente come l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, che ha importanti funzioni gestionali. E dopo oltre un anno dall'emanazione di quel decreto legislativo, siamo nel bel mezzo del guado. Mancano ancora moltissimi tasselli, sia di carattere normativo sia di carattere organizzativo. Con la bocciatura attraverso il referendum della riforma costituzionale, in tema di politiche del lavoro la situazione è ancora più complessa e il sistema di chi decide risulta un'anatra zoppa, difficile da rimettere in carreggiata senza un profondo cambio di mentalità.

E, allora, attraverso questa mozione noi vorremmo far riflettere la maggioranza e il Governo sulle criticità insite nell'ANPAL, che rappresenta sostanzialmente una controriforma, che ci riporta alla palude della centralizzazione burocratica di vent'anni fa. Il Governo centralizza, non considerando le specifiche esigenze territoriali rappresentate dalle regioni, come peraltro confermato dallo stesso presidente dell'ANPAL, Del Conte, il quale dice che il nostro modello di riferimento dovrebbe essere quello dell'ufficio postale, riconoscibile per tutti i cittadini e in cui vengano erogati servizi uguali in tutta Italia.

A noi sorge inevitabile una domanda: come è possibile dare risposte uguali e standardizzate a problemi profondamente diversi per esigenze e necessità territoriali? Io credo che a questa domanda il Governo dovrebbe dare risposta, prima che sia troppo tardi e che si perda ulteriore tempo. L'impasse, peraltro, di carattere operativo, dovuta anche alla mancanza della costruzione di un sistema informativo centralizzato, è sotto gli occhi di tutti.

Allora occorre uscire dalla sperimentazione. Secondo noi è necessario provvedere celermente a un sistema di politiche attive del lavoro a regime, di carattere universale e non riservato ad una platea ristretta di persone, con il necessario coinvolgimento di tutti i territori. Abbiamo chiesto un impegno concreto e non meramente formale al Governo per implementare con la massima urgenza il sistema delle politiche attive, in favore dei disoccupati, delle persone che perdono il lavoro a seguito di crisi aziendali, dei giovani scoraggiati o di quelli che escono dai percorsi formativi e che non sanno come cercare lavoro. Ma a tutto questo non mi pare che il Governo stia dando risposte; e come ha sottolineato poc'anzi il collega Simonetti, dopo la riforma Delrio i centri per l'impiego versano in condizioni veramente difficili, vivono grandissime difficoltà e faticano a compiere tutti quei compiti che lo stesso decreto legislativo n. 150 del 2015 ha assegnato loro, sebbene il modello non sia ancora a regime.

Altro tema, che noi affrontiamo con la mozione, è l'assegno di ricollocazione previsto anch'esso dal Jobs Act. Credo che su questo il Governo dovrebbe uscire da ogni forma di sperimentazione e fare un investimento convinto.

Occorre anche, secondo noi, indirizzare le risorse della decontribuzione alle imprese, ai datori di lavoro che effettivamente raggiungono un reale incremento di organico aziendale; e non, come è avvenuto, con incentivi a pioggia, di cui al momento non è ancora quantificabile il beneficio prodotto in termini occupazionali.

Insomma il tema che noi poniamo è quello di non procedere in via teorica, essendo affezionati ad una proposta, quella del Jobs Act, che ha determinato grandi aspettative e che ha rappresentato sicuramente il manifesto del renzismo, che però si è infranto sui numeri (il costo di 18 miliardi di questo provvedimento e gli scarsissimi risultati in termini di aumento dell'occupazione). E poiché si parla di spending review, si parla di sussidiarietà, si parla di una riduzione degli enti inutili, francamente non tener conto del dettato costituzionale e pensare che l'ANPAL possa essere la panacea di tutti i mali secondo noi è un grave errore. Su questo chiediamo al Governo di riflettere e di tornare sui suoi passi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cominardi. Ne ha facoltà.

CLAUDIO COMINARDI. Presidente, noi con questa mozione vogliamo innanzitutto ridare centralità a quelli che sono i centri per l'impiego: per questa ragione vogliamo spiegare, numeri alla mano, le ragioni per le quali il centro per l'impiego ha perso quella che era un una forma di… Non oserei dire di monopolio, ma quantomeno di controllo, di azione sulle politiche attive nel nostro Paese.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Cominardi. Onorevole Scuvera, state proprio… Grazie. Prego.

CLAUDIO COMINARDI. Voglio spiegare questo con dei numeri semplicissimi. In Italia abbiamo 550 centri per l'impiego, a fronte di 4.200 agenzie private per il lavoro. Se consideriamo rispetto all'ambito europeo, addirittura troviamo un rapporto tra disoccupati e addetti ai centri per l'impiego di 1 a 300: 1 addetto per l'impiego e 300 disoccupati; mentre per esempio in Francia il rapporto è 1 a 65, in Germania 1 a 24, Regno Unito 1 a 30. Tra l'altro abbiamo un numero irrisorio di dipendenti, 9 mila sul territorio nazionale, quando la Germania stessa, che ha una popolazione possiamo dire di poco superiore, ha più di dieci volte tanto il numero di dipendenti pubblici all'interno di queste strutture.

C'è un altro dato molto interessante, il dato Eurostat per quanto riguarda i disoccupati che si rivolgono alle nostre strutture: sono solo il 28 per cento, mentre la media europea è attorno al 50 per cento, 48 per cento per la precisione.

Quindi l'intenzione è appunto di potenziare, ma sicuramente degli interventi si devono fare perché non tutti i servizi per l'impiego sono efficienti: ci sono delle strutture che funzionano, molte altre purtroppo che funzionano meno, e quindi all'interno bisogna ragionare anche in termini di competenze, in termini anche di turnover, in termini anche di riuscire ad implementare gli strumenti all'interno di questi centri per l'impiego.

Vorrei far presenti anche delle storture del sistema italiano delle politiche attive. Noi con la “Garanzia giovani” abbiamo impiegato centinaia di milioni di euro, talvolta, anzi spesso, finanziando delle agenzie private del lavoro; il paradosso è che in alcune regioni queste agenzie venivano finanziate solo per la ragione che queste avevano un incontro con un ragazzo in cerca di lavoro, gli facevano una breve illustrazione, non so, di come compilare un curriculum piuttosto che un piccolo orientamento iniziale, ma ricevevano questi finanziamenti pubblici a processo e non a risultato. Questa è una follia, è una follia soprattutto se ci si rivolge a dei soggetti privati che riescono a beneficiare di denari pubblici attraverso questi giochini: si fanno dei percorsi… Non sono neanche dei percorsi: una chiacchierata con questo disoccupato che è in cerca di lavoro. Solo per questa cosa, che non produce risultati, non produce effetti, ricevevano soldi, finanziamenti pubblici pagati con tutte le nostre tasse. E questo è un qualcosa di assurdo, che dev'essere impedito! Non valeva per tutte le regioni, però per talune sì.

Il nostro intento è dunque quello di potenziare i centri per l'impiego dal punto di vista del personale, dal punto di vista delle competenze, ed il superamento dell'ANPAL. Vi leggo il terzo impegno, che entra più nel merito, nello specifico: “ad assumere iniziative volte al superamento dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro quale cabina di regia centralistica e nazionale, stante la vigente struttura istituzionale di decentramento regionale, affinché si definisca un sistema governabile tra centro e periferie, ma soprattutto sostenibile economicamente e finanziariamente, con lo stanziamento di risorse certe e stabilite in una programmazione pluriennale e coerente con le attività programmate al fine di evitare il ricorso meramente a rinnovi di accordi e convenzioni tra Governo e regioni come, da ultimo, quello del dicembre 2016 richiamato in premessa”.

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, abbassiamo il tono della voce? Grazie. Prego.

CLAUDIO COMINARDI. Quindi, noi ci troviamo in una situazione nella quale abbiamo addirittura, per effetto anche di politiche attive che in questo Paese non stanno funzionando da troppi anni, 3 milioni di lavoratori inattivi, che non studiano, che non cercano più nemmeno lavoro; e questo è un qualcosa di veramente problematico, perché tra questi disoccupati… Anzi, tra questi inattivi… Perché poi, quando si parla anche di numeri in termini di disoccupazione bisogna fare attenzione: se diminuisce la percentuale di disoccupati, non vuol dire che aumenta il numero di occupati. In realtà, il dato sconcertante è che c'è sempre più sfiducia di chi promuove delle azioni per fare incontrare domanda e offerta, quindi ci si scoraggia nei confronti della possibilità di trovare ulteriore occupazione, quindi aumenta il numero degli inattivi. Ma tra questi inattivi ci sono moltissimi giovani, moltissime competenze: abbiamo dei giovani che sono veramente titolati, e soprattutto hanno quel potenziale umano… Sono i cosiddetti lavoratori digitali.

Purtroppo la classe dirigente del nostro Paese in ogni settore è occupata da cosiddetti lavoratori analogici, che sono legati a delle concezioni di lavoro ormai antiquate. Noi abbiamo un potenziale di questi lavoratori che sono multitasking, sono in grado di svolgere più funzioni, più lavori contemporaneamente, efficaci nel problem solving, nel lavorare in team, nel superare il concetto di spazio e di tempo dei luoghi di lavoro, quindi la destrutturazione del mercato del lavoro. Ma se noi perdiamo queste competenze e non riusciamo, attraverso le politiche attive, a reinserirle nel mercato del lavoro, noi veramente perdiamo passi da gigante nei confronti degli altri Paesi e ci ritroviamo con milioni di frustrati a casa. E, quindi, abbiamo un potenziale incredibile!

Nella nostra proposta del reddito di cittadinanza noi abbiamo dedicato un capitolo intero sulla riorganizzazione dei centri per l'impiego, perché, purtroppo, il nodo centrale è che ci sono state delle… La maggior parte delle agenzie private non hanno alcun fine, se non lucrare sulle disgrazie di molte persone in cerca di lavoro. Perché? Perché per ogni contratto che riescono a piazzare hanno un loro introito; e quindi non hanno alcuna convenienza nel trovare un lavoro stabile, ma hanno tutto l'interesse nel creare più contratti, più collaborazioni, e quindi più precariato. E questa è un'altra stortura del sistema che va assolutamente eliminata! Quindi, mettere al centro la persona e mettere al centro anche gli stessi servizi per l'impiego.

Ci dispiace, quindi, che il Governo abbia dato parere contrario alla nostra mozione per quanto riguarda le premesse. Abbiamo chiesto la votazione per parti separate e accettato, comunque, le riformulazioni dove è stato dato parere favorevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dell'Aringa. Ne ha facoltà.

CARLO DELL'ARINGA. Signor Presidente, la proposta di modifica della Carta costituzionale che è stata bocciata con il referendum del 4 dicembre prevedeva nel nuovo Titolo V il trasferimento delle competenze legislative in materia di lavoro in via esclusiva allo Stato. Non solo: inseriva per la prima volta nel testo della Carta l'espressione “politiche attive del lavoro”, come riconoscimento dell'importanza di queste politiche del lavoro, che sono entrate a pieno titolo nel complesso di misure economiche e sociali dei Paesi più evoluti, come caposaldo dell'intervento pubblico nel funzionamento del mercato del lavoro.

Soprattutto nei Paesi europei vicini a noi le politiche attive accompagnano e si integrano con le cosiddette politiche passive, cioè con gli interventi di sostegno del reddito delle persone in difficoltà, senza lavoro o in cerca di ricollocazione. Questi lavoratori devono certamente essere aiutati in termini economici, ma devono essere anche aiutati a cercare il nuovo posto di lavoro: la ricerca attiva è in tutti i Paesi condizione per ottenere il sostegno del reddito.

Nel nostro Paese, nonostante gli sforzi consistenti operati col Jobs Act, che ha dato frutti notevoli, sul fronte delle politiche attive registriamo ancora qualche ritardo.

Mentre in altri Paesi, come è stato detto, le spese per questi interventi sono altrettanto importanti quanto quelle sostenute per il sostegno dei redditi, nel nostro Paese c'è una sproporzione: mentre in rapporto al PIL spendiamo in linea con gli altri Paesi per quanto riguarda le politiche passive, per quanto riguarda le politiche attive siamo senz'altro sotto la media dei Paesi europei.

Alcune ricerche nazionali e internazionali mettono in luce come il cosiddetto incontro tra domanda ed offerta di lavoro nel nostro Paese sia difficoltoso e problematico: ci sono squilibri rilevanti e, se venissero rimossi, si otterrebbe un aumento dell'occupazione, anche in periodi di difficoltà economica come quello attuale.

Si permetterebbe, inoltre, un migliore incontro tra impresa e lavoratori, aumentando la probabilità di instaurare rapporti di lavoro più produttivi e più stabili.

La nostra struttura dei centri per l'impiego sul territorio non è sufficiente, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.

Certamente bisogna fare salve le eccezioni di eccellenza che esistono, ma non sono sufficienti, sono poche, andrebbero aumentate, soprattutto in quelle regioni dove la disoccupazione strutturale e la disoccupazione di lunga durata sono più elevate.

Una maggiore presenza dell'operatore pubblico non significa rinunciare alle iniziative private, quelle attuate dalle agenzie di somministrazione e di intermediazione, che svolgono un ruolo utile, ma anche l'operatore pubblico deve avere un proprio peso, proprio perché all'operatore pubblico è richiesta la funzione più importante e anche quella più delicata, cioè quella dell'indirizzo, del controllo e della valutazione delle attività che hanno rilevanza pubblica, anche quelle che sono affidate all'operatore privato.

Anche in questo caso, come in altri campi del welfare, come la sanità, la scuola, l'assistenza, occorre trovare un giusto mix fra pubblico e privato nel campo delle politiche attive, e, in particolare in quella dell'intermediazione, bisogna riconoscere che il ruolo pubblico è alquanto ridotto oggi in Italia, è quasi marginale: questa è una stortura che va corretta.

Francia, Germania e Gran Bretagna - è stato ricordato - spendono 8 o 9 volte più del nostro Paese nelle loro strutture di servizi per il lavoro.

È molto importante quello che è stato fatto certamente con il Jobs Act e quello che ci si appresta a fare: più Garanzia Giovani, l'apprendistato di primo livello, l'alternanza scuola-lavoro, l'assegno di ricollocazione sono esempi importanti di un nuovo corso che vede il Partito Democratico in prima fila ad indicare la giusta direzione di marcia.

I buoni risultati sono arrivati e non mancheranno in futuro, ma queste iniziative, per essere ancora più efficaci, devono essere sostenute da una valida rete di servizi dislocati sul territorio.

La gestione degli attuali servizi, i centri per l'impiego, rimane di competenza delle regioni, ma c'è un rischio, e cioè di avere - pur riconoscendo che in sede locale si possono svolgere funzioni anche in modo migliore che in sede nazionale - una rete spezzettata in una ventina di contesti istituzionali, ciascuno dei quali si ispira a diversi modelli di intervento nel mercato del lavoro, con la conseguenza che solo con grande difficoltà le reti regionali interagiscono tra di loro e tra loro e le strutture nazionali, come l'Anpal o come l'INPS, che, fra l'altro, gestisce gli ammortizzatori sociali.

Voglio inoltre ricordare che un'efficace politica di contrasto alla povertà significa accompagnare il sostegno economico ad un'adesione ad un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, come recita il disegno di legge sul contrasto alla povertà.

Tramontata la riforma costituzionale, non possiamo rassegnarci a questa frammentazione. Nell'attuale quadro di competenza legislativa concorrente, è essenziale la definizione, in accordo tra Stato, regioni e province autonome, di linee di indirizzo e di obiettivi puntuali dell'azione amministrativa ed è cruciale il ruolo di Anpal come di Anpal Servizi, cioè l'ex Italia Lavoro, come soggetti che predispongono gli strumenti comuni che consentono il coordinamento dell'azione finalizzata al raggiungimento di tali obiettivi.

Oltre ad assicurare le risorse necessarie ad ANPAL e soprattutto le risorse umane, che devono essere impiegate con rapporti di lavoro stabili - questa è la condizione perché questi rapporti di lavoro siano anche produttivi -, occorre anche assicurare all'ex ISFOL, cioè l'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche, risorse adeguate per lo svolgimento e valutazione delle politiche del lavoro e dei servizi per il lavoro, ivi inclusa la verifica del raggiungimento degli obiettivi da parte degli ANPAL.

Occorre un forte coordinamento tra strutture regionali e strutture nazionali, senza il quale partiamo con un grave handicap, nella prospettiva di iniziative europee che noi stessi tra l'altro sollecitiamo.

Infatti, stiamo giustamente rivendicando l'istituzione di un sussidio di disoccupazione funzionante a livello europeo, che può aprire la strada all'Europa sociale e ad un bilancio economico europeo da gestire in condizioni di minore difficoltà.

Non possiamo essere in prima fila a sostenere questa importante iniziativa e al contempo non riuscire a fare decisivi passi in avanti con le politiche attive, che ci mettano alla pari degli altri Paesi europei con cui vogliamo condividere gli sforzi per costruire il pilastro sociale europeo.

Non possiamo presentarci impreparati a questo appuntamento ed è per questo che il sostegno delle politiche attive deve diventare una delle riforme fondamentali che vengono messe in campo per aumentare anche la crescita potenziale del nostro Paese. Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Dell'Aringa, anche per il trambusto nel quale ha dovuto parlare.

Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Dell'Aringa, Palladino ed altri n. 1-01319 (Nuova formulazione), come riformulata su richiesta del Governo e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

Do la parola al sottosegretario Bobba, che ha chiesto d'intervenire per una precisazione su un parere.

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Sì, volevo precisare che, dopo un più approfondito esame, alla mozione Sberna ed altri n. 1-01535 do parere favorevole anche alla premessa.

PRESIDENTE. Bene, grazie.

Adesso passiamo alla votazione della mozione Cominardi ed altri n. 1-01533: ricordo che i presentatori hanno accettato la riformulazione proposta dal Governo e contestualmente hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare le parti su cui il Governo ha espresso parere contrario distintamente da quelle su cui ha espresso parere favorevole.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Cominardi ed altri n. 1-01533, limitatamente alla premessa e al terzo capoverso dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Cominardi ed altri n. 1-01533, limitatamente al primo e al secondo capoverso del dispositivo, come riformulati su richiesta del Governo e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 20).

Passiamo alla votazione della mozione Palese ed altri n. 1-01534.

Avverto che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e contestualmente hanno chiesto la votazione per parti separate nel senso di votare il dispositivo distintamente dalla premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese ed altri n. 1-01534, limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo e per quanto non assorbito dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Palese ed altri n. 1-01534, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese ed altri n. 1-01534, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 22).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Sberna ed altri n. 1-01535, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

Passiamo alla votazione della mozione Placido ed altri n. 1-01538. Ricordo che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e contestualmente hanno chiesto la votazione per parti separate nel senso di votare il dispositivo distintamente dalla premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Placido ed altri n. 1-01538, limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo e per quanto non assorbito dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 24).

A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Placido ed altri n. 1-01538, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Placido ed altri n. 1-01538, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 25).

Passiamo alla votazione della mozione Simonetti ed altri n. 1-01539. Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e pertanto il parere il Governo deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Simonetti ed altri n. 1-01539, con il parere contrario del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 26).

Passiamo alla votazione della mozione Rizzetto ed altri n. 1-01541. Avverto che i presentatori hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e contestualmente hanno chiesto la votazione per parti separate nel senso di votare il dispositivo distintamente dalla premessa.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rizzetto ed altri n. 1-01541, limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo e per quanto non assorbito dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 27).

A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Rizzetto ed altri n. 1-01541, ne verrà posta ora in votazione la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rizzetto ed altri n. 1-01541, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Francesco Saverio Romano ed altri n. 1-01543, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 29).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Baldassarre ed altri n. 1-01564, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 30).

Passiamo alla votazione della mozione Gelmini e Occhiuto n. 1-01590. Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e pertanto il parere del Governo deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gelmini e Occhiuto n. 1-01590, con il parere contrario del Governo.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera respinge (Vedi votazione n. 31).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Mottola ed altri n. 1-01591, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

      Dichiaro aperta la votazione.

      (Segue la votazione).

Ne approfitto, visto che è l'ultimo voto, anche per rivolgere gli auguri per le festività pasquali a tutti voi, alle famiglie e, anche, ovviamente a tutti i dipendenti della Camera che ci continuano ad assistere (Applausi).

      Dichiaro chiusa la votazione.

      La Camera approva (Vedi votazione n. 32).

Organizzazione dei tempi di discussione di progetti di legge.

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame dei seguenti argomenti previsti all'ordine del giorno delle sedute della prossima settimana: testo unico 302-3674-A - Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico; disegno di legge n. 4314-A e abbinate - Disposizioni per la celebrazione dei cinquecento anni dalla morte di Leonardo da Vinci e Raffaello Sanzio e dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri; mozione n. 1-01589, concernente la questione dell'inserimento del cosiddetto Fiscal compact nei trattati europei, nonché le politiche economiche e di bilancio dell'Unione europea; Progetto di legge n. 3785-A/R e abbinate - Modifica all'articolo 59 del codice penale in materia di legittima difesa.

Nel medesimo allegato A sarà altresì pubblicata l'organizzazione dei tempi per lo svolgimento delle Comunicazioni del Governo in vista del Consiglio europeo straordinario del 29 aprile (Vedi l'allegato A).

Interventi di fine seduta (ore 18).

PRESIDENTE. Colleghi, vi pregherei, siccome abbiamo degli interventi di fine seduta, chi deve uscire di farlo in silenzio e così consenta a chi deve intervenire di parlare.

ALESSANDRO ZAN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Colleghi, per favore…

ALESSANDRO ZAN. Grazie, Presidente. Le notizie pubblicate su un quotidiano russo ci raccontano di persecuzioni perpetrate dalle autorità della Cecenia - una delle Repubbliche della Federazione Russa - ai danni dei suoi cittadini omosessuali. Da quanto si apprende, in veri e propri campi di concentramento ricavati da ex caserme militari, centinaia di uomini sarebbero stati internati, torturati e alcuni assassinati. Novaya Gazeta, unico quotidiano indipendente russo, in cui scriveva anche Anna Politkovskaja, denuncia che sarebbero in atto retate delle forze dell'ordine per catturare i cittadini omosessuali individuati attraverso il controllo delle comunicazioni telefoniche e web, costretti poi a rivelare i nomi di altre persone.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Zan. Colleghi, per favore, chi non è interessato, per favore, esca e consenta a chi sta parlando di farlo in un modo di dignitoso. Non è possibile!

Prego, onorevole Zan.

ALESSANDRO ZAN. A queste accuse il Governo ceceno, di fatto, una dittatura islamica, ha già risposto in modo arrogante e offensivo, affermando che non si possono arrestare o reprimere persone che non esistono nella Repubblica, negando l'esistenza delle persone omosessuali. Qualora queste notizie trovassero fondamento si riproporrebbe la stessa sconvolgente esperienza vissuta dal nostro continente più di settant'anni fa per mano della Germania nazista. L'Italia e l'Unione europea devono agire tempestivamente nelle opportune sedi internazionali, per verificare la veridicità dei fatti che rappresenterebbero una delle più gravi violazioni della Convenzione europea dei diritti umani di cui la Russia, e, quindi, la Cecenia, sono firmatarie. Inoltre, proprio in questi giorni, il Presidente Mattarella è in visita di Stato in Russia, occasione importante per ribadire che il rispetto dei diritti fondamentali sia condizione imprescindibile per la costruzione di solide relazioni internazionali e che pone il nostro Paese in prima linea nella verifica diretta della vicenda in questione.

Proprio per questo, e concludo, abbiamo, assieme ad altri colleghi, presentato un'interrogazione urgente al Ministro degli esteri per rappresentare alla Federazione Russa la condanna del nostro Paese di tali gravi e reiterate violazioni dei diritti umani (Applausi).

MARIA EDERA SPADONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIA EDERA SPADONI. Presidente, secondo Amnesty International e Human Rights Watch, il Governo ceceno ha aperto dei campi di concentramento dove gli omosessuali sono torturati e uccisi da parte proprio del regime ceceno.

Il MoVimento 5 Stelle condanna fortemente questa pratica, ha sempre portato avanti politiche di difesa dei diritti umani e la condanna di qualsiasi violenza perpetrata da qualsiasi Governo o dittatura. Lo abbiamo fatto nei confronti dell'Arabia Saudita, che da due anni sta indiscriminatamente bombardando civili in Yemen; lo abbiamo fatto nei confronti della Turchia, con cui il Governo italiano fa affari e dove vengono perseguitati giornalisti e attivisti dei diritti civili, e lo facciamo anche in questa situazione.

Chiediamo che venga fatta luce su questi casi, oltre che, ovviamente, sul caso ceceno. Chiediamo, inoltre, che l'Italia si faccia promotrice in sede europea e internazionale di politiche di prevenzione e contrasto delle discriminazioni LGBT in tutte le parti del mondo (Applausi).

GIANNI MELILLA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANNI MELILLA. Signor Presidente, non appare traccia, sui giornali né nelle televisioni, in particolare nei talk show d'assalto, le importanti deliberazioni assunte dall'Ufficio di Presidenza della Camera che hanno approvato il conto consuntivo del 2016 e la nota di variazioni al bilancio di previsione 2017-2019.

Nell'anno 2017 la Camera risparmia 80 milioni di euro: si tratta della restituzione più consistente mai operata dalla Camera dei deputati nella storia repubblicana. Questa somma si aggiunge ai 120 milioni di euro restituiti nei quattro anni passati, per un totale di 200 milioni di euro. A questa cifra vanno aggiunti 150 milioni di minore dotazione richiesti al bilancio dello Stato nel triennio 2013-2015.

Complessivamente, nel corso della XVII legislatura, per il funzionamento della Camera, il bilancio dello Stato ha risparmiato 350 milioni di euro: un risultato senza precedenti!

Le spese della Camera dei deputati diminuiscono per il sesto anno consecutivo; si tratta di una notizia che avrebbe dovuto riempire i giornali e i telegiornali, ma non ne ha parlato nessuno. Chiedo ai giornalisti specializzati in “casta”, di cui mi aspetto l'introduzione dell'insegnamento nelle università italiane, se non dare notizie su questo fatto sia onesto, dal punto di vista intellettuale (Applausi).

DAVIDE TRIPIEDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVIDE TRIPIEDI. Presidente, oggi, in Commissione lavoro abbiamo approvato una risoluzione che dà ancora speranza ai lavoratori della K-Flex, un'azienda che ha ricevuto finanziamento pubblico e che decide di delocalizzare in Polonia. Il nostro pensiero va a tutti i lavoratori, augurandogli anche una serena Pasqua e volevamo mandare un messaggio al Presidente della K-Flex, ricordando quello che ci dice il Santo Padre e ringrazio anche i lavoratori che mi hanno dato questa maglia…

PRESIDENTE. Per favore, chiuda quella giacca, onorevole…

DAVIDE TRIPIEDI. …che dice che chi toglie il lavoro commette un peccato gravissimo. Ci affianchiamo alle parole del Papa. salutando tutti i lavoratori della K-Flex e implorando il signor Spinelli di continuare l'attività in Italia. Volevo veramente dare tutto il nostro supporto politico a questi ragazzi che si vedono rubare il futuro da parte di “prenditori” che non prendono in considerazione il valore umano (Applausi).

ADRIANO ZACCAGNINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ADRIANO ZACCAGNINI. Grazie, Presidente. Volevo richiamare l'attenzione della Presidenza della Camera affinché fosse data risposta a due interrogazioni in particolare sul tema della vaccinovigilanza e della concorrenza nel campo, appunto, delle case farmaceutiche, riguardo all'offerta vaccinale. Sono due interrogazioni del 2016, datate, e in particolare vengono richiesti, Presidente, i dati della vaccinovigilanza che per legge deve essere fatta del 2014, 2015 e 2016, dati che AIFA non ha ancora prodotto e questa cosa è gravissima.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Menech. Ne ha facoltà.

ROGER DE MENECH. Grazie, Presidente. I recentissimi fatti di sangue avvenuti nel ferrarese, con l'uccisione della guardia volontaria Valerio Verri - alla famiglia vanno le mie condoglianze - e il gravissimo ferimento, con tre colpi di arma da fuoco, dell'agente della polizia provinciale di Ferrara Marco Ravaglia, mettono in evidenza la grave discriminazione oggi esistente rispetto al trattamento giuridico e di garanzia fra il personale di polizia operante nel territorio italiano. Marco Ravaglia è un agente della polizia provinciale di Ferrara. Il corpo di polizia provinciale nasce come principale forza a tutela del territorio e, in particolare, per la vigilanza ittica, venatoria ed ambientale. Gli operatori delle polizie provinciali italiane svolgono, in aree prevalentemente extraurbane e rurali, molteplici attività di polizia giudiziaria e, in particolare, per il rispetto di una vasta normativa nel campo della tutela ambientale. Riemerge così, ancora una volta, la situazione che stanno vivendo questi agenti che, a seguito della riforma, non sono più considerati svolgere una funzione fondamentale per gli enti di area vasta e non hanno ancora trovato una collocazione stabile e giuridicamente sicura. Alcune regioni in questi mesi hanno assorbito, istituendo dei servizi di vigilanza, le funzioni attualmente svolte dai corpi in materia di controllo e tutela della fauna selvatica nonché le funzioni di polizia relative all'attività di tutela ambientale.

Sollecito, pertanto, in questo triste momento il Governo e i ministeri competenti a superare questa situazione di stallo e a collocare in maniera definitiva il personale delle polizie provinciali in un ambito definitivo, province o regioni, garantendo nel contempo le qualifiche di PG e PS necessarie all'espletamento delle funzioni affidate e assicurando loro gli stessi diritti degli operatori di polizia.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

      Martedì 18 aprile 2017, alle 15:

1.      Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:

FIORIO ed altri; CASTIELLO ed altri: Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico. (C. 302-3674-A)

Relatrice: TERROSI.

2.      Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Disposizioni per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci e Raffaello Sanzio e dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. (C. 4314-A)

e dell'abbinata proposta di legge: GIANLUCA PINI ed altri. (C. 4252)

Relatrice: PICCOLI NARDELLI.

3.      Discussione sulle linee generali della mozione Marcon ed altri n. 1-01589 concernente la questione dell'inserimento del cosiddetto Fiscal compact nei Trattati europei, nonché le politiche economiche e di bilancio dell'Unione europea.

La seduta termina alle 18,10.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: PAOLA BINETTI, ANNA MARGHERITA MIOTTO: MOZIONI IN MATERIA DI LISTE D'ATTESA PER LE PRESTAZIONI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE ED ESERCIZIO DELLA LIBERA PROFESSIONE INTRAMOENIA

PAOLA BINETTI. (Dichiarazione di voto). Vorrei iniziare questo mio intervento sottolineando prima di tutto gli aspetti positivi dell'attività libero professionale intramoenia, (ALPI) per dimostrare come solo una sua cattiva applicazione ha contribuito a creare pesanti linee di attesa, che tanto disagio creano ai pazienti.

L'attività ALPI risponde infatti al giusto rispetto per tre ordini di diritti individuali e sociali:

primo tra tutti il diritto del paziente a scegliere il medico da cui vuole essere curato: la scelta del medico è parte integrante di quel processo di autodeterminazione, che ovviamente facilita la giusta prassi del consenso informato. E' di gran lunga più semplice dare il proprio consenso ad un medico di cui mi fido e che ho scelto personalmente; senza dimenticare che questa prassi permette anche di mantenere la continuità nel processo di cura e favorisce l'alleanza medico-paziente, in un clima di relazione personale significativa che rimuove ogni possibile forma di anonimato tecnicamente qualificato, ma umanamente freddo e distante;

c'è poi il diritto del medico ad esercitare la propria professione nella struttura clinico-ospedaliera in cui è strutturato anche oltre il limite orario previsto a livello contrattuale, senza sentirsi sfruttato, ma anche nella piena libertà di continuare ad occuparsi dei suoi pazienti, garantendo loro le migliori cure possibili in un contesto di alleanza autentica, condivisa anche a livello della famiglia; a tutto ciò va aggiunta anche la possibilità che il medico possa dedicare una parte del suo tempo a seguire pazienti con patologie altamente specifiche, oggetto della sua attività scientifica, offrendo prestazioni di eccellenza, che possono essere anche altamente complesse;

infine c'è il diritto dell'azienda sanitaria a far lavorare le sue strutture, soprattutto quelle di tipo diagnostico, ma anche quelle di tipo riabilitativo e in particolare le sale operatorie, che se non lavorano a tempo pieno possono diventare un forte elemento di rallentamento dell'intera struttura ospedaliera. L'ALPI consente alle strutture ospedaliere di andare oltre il vincolo dei tetti, che spesso la Regione stessa pone, limitando il numero degli interventi possibili in una struttura per ragioni di bilancio. Il contributo significativo dei pazienti, spesso corroborato da assicurazioni private che hanno sottoscritto, consente al governo della struttura di ottimizzare il rapporto risorse disponibili e costi-benefici.

L'ALPI quindi può garantire più e meglio i diritti di tutti, sempre che si diano determinate circostanze che contengano i rischi che facilmente si possano evidenziare, a cominciare da quello più grane di tutti, che consiste nel dirottare verso PALPI i flussi ordinari del lavoro ospedaliero, con l'unico evidente scopo di implementare i guadagni: per il medico e per la struttura. Lo sfruttamento del paziente è di una gravità assoluta che pregiudica soprattutto i pazienti più poveri, quelli che comunque non avrebbero la possibilità di accedere alla attività intramoenia; oppure penalizza la loro possibilità di accedere alla competenza del primario o del medico più esperto se questi decide di delegare alla comune attività ambulatoriale i medici più giovani, spesso gli stessi specializzandi, riservando per se la ben più remunerativa attività intramoenia.

In Italia, come è noto, la Riforma del Titolo V della Costituzione ha trasformato il SSN in venti diversi sistemi sanitari regionali, rendendo molto diversi i modelli di funzionamenti e quindi ottemperando in modo altrettanto diverso al rispetto dei diritti del paziente alla tutela della propria salute, così come prevede la nostra Costituzione. "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e assicura cure gratuite agli indigenti". Il diritto è lo stesso per tutti anche se le possibilità economiche sono diverse. Ma non vorremmo mai che persone a più basso reddito dovessero attendere di più per vedere soddisfatto il loro diritto ad avere cure gratuite, proprio in quanto indigenti.

L'ALPI funziona però diversamente nelle diverse Regioni e quindi i cittadini appaiono a volte discriminati in alcune regioni e per questo vorrei soffermarmi un po' di più sulla Regione Lazio, quella in cui sono nata, vivo e sono stata eletta. Quella che ha recentemente pubblicato un documento che dovrebbe far fare un salto di qualità alla Sanità regionale proprio su questo punto. Per ora sono promesse, impegni, ma hanno il merito di essere molto concrete e quindi possono essere facilmente monitorate, cosa che mi riprometto di fare in un prossimo futuro, sperando, ovviamente che in realtà funzionino davvero.

Il Governatore della regione Lazio Zingaretti ha recentemente affermato che le liste di attesa "Sono una delle più gravi disfunzioni e vergogne del sistema sanitario regionale e qualora le liste fossero troppo lunghe occorrerebbe ipotizzare anche una possibile riduzione o sospensione dell'attività intramoenia. La sua preoccupazione si spinge a responsabilizzare tutte le aziende sanitarie, chiedendo loro più trasparenza e nuovi recali per i pazienti che aspettano da troppo tempo di fare un esame. Poi, come se si trattasse di una scoperta imprevista e imprevedibile, afferma: "Possiamo farlo perché i conti sono finalmente in ordine e questo ci consente anche di dotare le strutture di nuovo personale". In altri termini il Presidente Zingaretti identifica nella carenza di personale una delle cause più gravi delle lunghe file di attesa che così pesantemente influiscono nella percezione negativa che i cittadini della funzione del nostro SSN.

E non stupisce quindi che, fatta propria questa convinzione di fondo, la Regione Lazio abbia tracciato un nuovo piano per abbattere le liste d'attesa. Una soluzione strutturale a una delle più gravi disfunzioni del sistema sanitario regionale, che prevede un sostanziale aggiornamento del vecchio piano per le prestazioni di specialistica ambulatoriale, con alcune novità riguardanti i criteri per l'individuazione degli Ambiti di garanzia e i Progetti straordinari per l'abbattimento delle liste di attesa. L'insieme delle azioni descritte ha come obiettivo il governo delle liste di attesa con il contenimento dei tempi che devono essere gradualmente ricondotti a livelli di normalità raggiungendo, per le prescrizioni di primo accesso prioritarizzate, gli standard di risposta entro i tempi massimi indicati a livello nazionale (90%), con riferimento agli ambiti territoriali di garanzia.

La Regione Lazio, dopo un'ampia consultazione, ha elaborato un documento che dovrebbe consentire di andare oltre i rischi di una attesa, non solo snervante e contraria alla dignità dei cittadini, ma anche pericolosa per tutta una serie di problemi gravi che i pazienti possono presentare, con seri pregiudizi per la loro salute e quindi in flagrante contraddizione con il dettato costituzionale.

Il primo punto è quello di separare le prime visite dalle visite di controllo non urgenti. Anche questa misura, che una volta presa sembra banale, in realtà stabilisce una linea di confine netta tra un paziente conosciuto e di cui si possono prevedere le esigenze, come può avvenire con un paziente con diabete, oppure un paziente oncologico, che deve affrontare per la prima volta, e con carattere d'urgenza, una valutazione complessiva, da cui dipenderà il primo trattamento da applicare. La soluzione prospettata attualmente consente di separare il primo accesso, cioè le prime visite e le prime prestazioni terapeutiche, da tutte le visite di controllo che possono essere programmate direttamente dai medici o dalle strutture, senza passare per le liste di attesa ma per liste di prenotazione. Si avranno quindi due flussi distinti, in cui è più facile identificare i casi che esigono maggiore tempestività e impegnano un maggiore tempo per la visita. Distinguere inoltre il tipo di gravità presentato dal paziente, in base a criteri oggettivi e condivisi, permetterà di fare un ulteriore passo avanti. Per esempio si potranno distinguere casi che vanno affrontati entro le prime 72 ore (i più urgenti), da quelli che possono attendere all'incirca 30 giorni, ma mai oltre questo limite. Se si tratta di indagini strumentali si potrà andare dai 60 gg per i casi più gravi ai 180 gg.

Un ulteriore passo avanti nell'abbattimento delle linee di attese è fatto intervenendo sulla trasparenza: Tutte le agende di prenotazione sono visibili al Recup, che consente una razionale registrazione di tutti gli appuntamenti, senza mai chiudere la lista, per cui non sarà più possibile rifiutare la richiesta di una prestazione, come purtroppo accadeva anche oggi.

Per questo però è necessaria una nuova impostazione a livello delle ASL perché possano governare l'offerta delle prestazioni, in base alle strutture, ai macchinari, a disposizione e al fabbisogno. Dovranno imparare a valutare in modo sempre più realistico la propria capacità di offrire le varie prestazioni, individuando la quota di attività che sono in grado di produrre attraverso le proprie risorse, e quella che può essere acquistata dalle aziende ospedaliere e dalle strutture private accreditate. Tutto ciò dovrebbe permettere di ottimizzare turni e uso dei macchinari.

La possibilità di garantire le migliori prestazioni possibili a tutti i cittadini in tempi ragionevolmente brevi prevede anche la possibilità di distinguere il livello di complessità della prestazione richiesta per inviarla alla struttura più idonea e attrezzata. Gli ambiti territoriali di garanzia previsti sono 3, proprio in base alla complessità della prestazione: dal più vicino, quello distrettuale, per le prestazioni più semplici; a quello aziendale, che corrisponde al territorio della Asl, per le prestazioni di media complessità; infine, quello sovra-aziendale per prestazioni a più alta esigenza di tecnologia. Ovviamente per rendere efficaci queste misure, vanno rafforzati i sistemi di monitoraggio sui tempi e sulle eventuali inadempienze e irregolarità. Ma vanno anche scelte realisticamente alcune linee prioritarie sotto il profilo diagnostico e sotto quello clinico. In questa prima fase sono state scelte sul piano clinico: la visita cardiologica, con elettrocardiogramma, la visita dermatologica e la visita oculistica e sul piano diagnostico l'ecografia, concentrata su 8 aree specifiche. Sono scelte che potrebbero anche apparire discutibili: perché queste e non altre, ma intanto cominciamo con queste!

Di particolare interesse anche la prevista apertura dei servizi, estesa sino alle ore 22 e nei giorni di sabato e domenica. Finalmente si prende atto che alcune strutture e alcuni macchinari lavorano solo pochi giorni a settimana e occorre aumentarne la produttività per effettuare più prestazioni. Questa maggiore e migliore attivazione delle strutture permetterà ance di fare fronte a visite impreviste e non prenotate, ma rispondenti a condizioni di urgenza-emergenza. La rete di ambulatori aperti pressoché h 24 permetterà anche di ridurre gli accessi impropri ai Pronto Soccorsi, limitando gli afflussi che rendono estenuanti le attese in luoghi e contesti in cui i cittadini dovrebbero essere presi in carico nello spazio di tempi assai più contenuti.

L'auspicio è che le diverse mozioni concorrano complessivamente a migliorare questo aspetto del SSN, proprio a partire dai vari sistemi regionali, sempre e solo a servizio dei cittadini e a tutela di un diritto individuale che è anche di interesse dell'intera collettività.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. (Dichiarazione di voto). Presidente, stiamo discutendo di uno fra i temi più delicati di cui un'Aula parlamentare si possa e si debba occupare. Siamo consapevoli che attorno al tema del fine vita e della libertà di accettare o rifiutare un trattamento sanitario si intrecciano visioni religiose, etiche, filosofiche contraddistinte da mille sfumature, talvolta radicalmente diverse.

Inoltre i profili giuridici, le condizioni di contesto di natura tecnico-scientifica in cui si è sviluppata in questi anni la richiesta di un intervento legislativo, appaiono dense di una complessità che suggerisce la necessità, oltre che l'opportunità, di affrontare queste questioni all'insegna del diritto mite, come è stato già detto dai miei colleghi. In particolare, la forza dell'innovazione scientifica e tecnologica, che ha creato uno spazio nuovo di vita artificiale, ha scomodato i giuristi, ma interpella la coscienza delle persone.

In questa complessità, siamo chiamati a prendere decisioni facendo lo sforzo di evitare il facile rischio di normare su singoli casi, subendo l'influenza di specifici fatti di cronaca e del carico emotivo che essi determinano nell'opinione pubblica. Né facciamo un buon servizio al Paese se utilizziamo categorie standardizzate a priori, se elenchiamo situazioni specifiche da prendere in considerazione, una varia casistica, condizioni patologiche particolari. Dobbiamo bensì fermarci sulla soglia di una regola che rispetti l'identità e la libertà di ciascuno, indicando gli strumenti affinché si possa esprimere.

È la scelta che compie il testo che la collega Lenzi ci ha presentato qui oggi, all'insegna del diritto mite, suggerito da molti esperti che ci hanno dato utili suggerimenti in fase di audizione, ma che contraddistingue anche alcune proposte di legge fra le numerose presentate (modestamente anche la mia), che raccoglie in larga parte l'esperienza tedesca, che ha avuto il pregio di ridurre al minimo le distanze fra visioni etiche altrove molto distanti.

Facciamo una scelta che rispetta il bilanciamento fra la volontà della persona e la responsabilità del medico, che - ricordiamo - si ispira nella sua azione al principio primum non nocere. Del resto, è l'impianto costituzionale che si fonda sull'equilibrio fra il rispetto dell'autonomia e della volontà del singolo e le esigenze della società, ferma restando la preoccupazione di porre il corpo della persona al riparo da interferenze esterne. È l'equilibrio fra il diritto sociale ad essere curati (articolo 32) e la libertà di rifiutare le cure o interrompere le cure intraprese. Preferisco valorizzare il dato dell'equilibrio invece che il termine “mediazione”: anch'essa nobile arte in politica, sia chiaro, ma in questa circostanza io ritengo che il lavoro sin qui compiuto abbia avuto il merito anche di far convergere culture diverse, ma non solo: soprattutto di mettere al centro dell'attenzione la persona e il principio di uguaglianza.

La volontà della persona si esprime nel consenso informato, allorché condivide il piano condiviso delle cure, oppure quando affida la sua volontà alla disposizione anticipata di trattamento, sulla base delle sue personali convinzioni, certamente, nell'eventualità che non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso. La disposizione anticipata di trattamento, in verità, potrebbe essere vista come una modalità per evitare che la perdita di coscienza determini anche la perdita di un diritto fondamentale della persona. Teniamolo ben presente: nulla si può fare senza il consenso della persona malata.

A questo proposito, i richiami fatti qui da alcuni colleghi su presunti cedimenti ad un approccio ideologico francamente sconcertano e temo che nascondano, forse, un interesse di posizionamento politico che non giova alla discussione che dobbiamo affrontare, anche con eventuali chiarimenti ulteriori da apportare al testo in quest'Aula. Spero di sbagliarmi, naturalmente, in questa mia prima interpretazione di alcune delle critiche che, con particolare enfasi, sono emerse oggi; anche perché devo dire che questi stessi colleghi, quando hanno avuto responsabilità di maggioranza (e c'erano) o di Governo (e c'erano), ben si sono guardati da avanzare proposte di modifica della legge n. 194 del 1978, per esempio, oggi così aspramente criticata.

Dicevo che l'attenzione della relatrice evidenzia l'ancoraggio costituzionale del testo, ma, allo stesso tempo, tende a farsi carico dell'evoluzione giurisprudenziale intervenuta, nonché delle nuove istanze indotte dei mutamenti sociali, in particolare dalla tendenza, che reputo giustissima, di non soffrire più, di non morire tra sofferenze e dolori, peraltro inutili e perciò da evitare.

C'è da chiedersi se abbiamo fatto tutto il possibile per far sapere che esiste la legge n. 38 del 2010, che il Parlamento approvò in una fase in cui il tema era stato portato all'attenzione dell'opinione pubblica in coincidenza con i drammatici fatti che hanno seguito la vicenda Englaro e che, grazie all'ostinazione della capogruppo del PD in XII Commissione, l'onorevole Turco, e del gruppo intero, è stata portata in Aula e ha ottenuto il via libera del Parlamento prima di affrontare il testo che il collega Calabrò aveva presentato, che peraltro poi non è stato approvato.

Quanto incide la solitudine di fronte a una diagnosi infausta? Quanto incide la preoccupazione di pesare con carichi assistenziali eccessivi sui propri cari? Quanto incide il timore umanissimo di sofferenze fisiche che appaiono insopportabili, vissute già nel contesto familiare o amicale? Quanto influisce tutto ciò nella decisione, talora disperata, di farla finita? Queste situazioni ci interpellano sull'effettiva applicazione della legge n. 38 sulle cure palliative e le terapie contro il dolore ed è necessario e indispensabile non far mancare mai - mai! - la necessaria assistenza prevista da una norma ritenuta da tutti come una delle migliori esistenti.

Ma, accanto a queste circostanze, sappiamo che ci sono altre situazioni che ci interpellano: coloro che pensano giusta per sé la fine naturale della vita e rifiutano un prolungamento artificiale. Si può imporre un trattamento sanitario che la persona ritiene lesivo della propria dignità sulla base delle sue convinzioni etiche? No, certamente. In tal caso, c'è la consapevolezza che la sospensione del trattamento sanitario lasci spazio al decorso della malattia e sopraggiunga la morte come un evento naturale. È questo il diritto a morire? No.

Dobbiamo essere chiari: questo sì, se venisse sancito, implicherebbe la legalizzazione dell'aiuto al suicidio o dell'omicidio del consenziente, due fattispecie che definiscono l'eutanasia, ma questa legge non consente ciò. È, invece, una legge che permette di lasciarsi morire e questo è un diritto.

La discussione, che in queste settimane e anche in quest'Aula oggi è stata contraddistinta da alcune preoccupazioni che il dibattito parlamentare spero aiuterà a capire, si è concentrata sul rischio di una possibile deriva eutanasica. L'ha detto già il collega Burtone: non è così. Con la DAT, con il consenso informato, con la pianificazione delle cure, la persona compie una scelta, talvolta proiettata anche nel futuro, fondata sul diritto di accettare o rifiutare un trattamento sanitario. È una persona consapevole, che sa che il suo rifiuto può quasi certamente mettere a rischio la sua sopravvivenza.

Con l'eutanasia, invece, una persona chiede che un terzo, normalmente un medico, somministri una sostanza letale che provoca la morte. Somministrare un farmaco che provoca la morte, colleghi, lo sappiamo, non è un trattamento sanitario. In tal caso, la morte è ascrivibile alla somministrazione del farmaco, non alla scelta di rinunciare a un trattamento sanitario.

C'è una seconda questione quasi ‘premissiva' che viene avanzata e riguarda la necessità o meno di una legge. L'argomento ha un suo limitato rilievo, perché la Convenzione di Oviedo e la nostra Carta Costituzionale definiscono già i profili per attribuire validità al consenso informato ed alla D.A.T. – disposizioni anticipate di trattamento -, ma la giurisprudenza variegata perché indotta da singoli casi, ci chiama alla responsabilità di una scelta normativa che indichi i cardini essenziali della disciplina sul consenso informato, la pianificazione delle cure e la D.A.T..

Peraltro anche il recente documento del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari che ha divulgato la “Nuova carta degli operatori sanitari”, a differenza della precedente, afferma a proposito del Morire con dignità e della rinuncia ai trattamenti, che ciò “può voler dire il rispetto della volontà del morente, espressa nelle dichiarazioni o direttive anticipate di trattamento, escluso ogni atto di natura eutanasica. Il paziente può esprimere in anticipo la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o no essere sottoposto nel caso in cui, nel decorso della sua malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o dissenso”.

Ma il testo è significativo anche a proposito della dignità del morire, evocata poco fa in quest'aula con accenti che sembrano rimuoverla dalle aspirazioni delle persone, ed invece la predetta “Carta” afferma che in fase terminale la dignità della persona si precisa come diritto a morire nella maggiore serenità possibile e con la dignità umana e cristiana che gli è dovuta. Tutelare la dignità del morire significa rispettare il malato nella fase finale della vita”. Ed ancora: “questo diritto è venuto emergendo alla coscienza esplicita dell'uomo d'oggi per proteggerlo, nel momento della morte, da un tecnicismo che rischia di divenire abusivo”.

Un testo chiaro che ci aiuta ad affrontare temi così delicati con la consapevolezza che una sintesi alta è possibile, nella misura in cui la vogliamo davvero costruire. Ho citato la Nuova Carta degli operatori sanitari del Pontificio Consiglio con pudore, perché se per i credenti come me può ispirare la nostra azione nelle aule parlamentari, so che non posso tradurla in emendamenti, so che è lasciato alla responsabilità di ciascuno di noi il dovere del confronto con chi è mosso da altre visioni della vita, da diversi orientamenti filosofici affinché con approccio laico, come impone una società pluralista e nel solco dell'impianto costituzionale sentiamo l'ambizione di trovare su questi temi un ampio consenso che superi anche gli orientamenti di partito.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: PAOLA BINETTI, MARIO SBERNA, MASSIMO PARISI, ROBERTA OLIARO: MOZIONI IN MATERIA DI POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL POTENZIAMENTO DEI CENTRI PER L'IMPIEGO

PAOLA BINETTI. (Dichiarazione di voto finale). Tra i 28 Paesi dell'Unione europea, come risulta dai dati contenuti nel «The Global CompetitivenessReport 2016-2017», pubblicato dal World Economic Forum, il mercato del lavoro italiano è ultimo per efficienza in Europa e 1190 su 138 censiti nel mondo. Un dato che colpisce soprattutto per la ricaduta sui giovani, ragazzi tra i 15 e i 25 anni, disoccupati o addirittura inoccupati, che pagano il prezzo maggiore di una crisi, che ormai data da almeno 10 anni. In Italia c'è un tasso di disoccupazione ormai vicino al 40% tra i giovani. Ci sono circa 1,5 milioni di Neet (Not in education, employment or training), ossia giovani usciti dal loro percorso scolastico e formativo e contemporaneamente disoccupati.

Il programma «Garanzia giovani», promosso dall'Unione europea per l'inserimento dei neet nonostante le ingenti risorse stanziate tra Commissione europea e Governo italiano, pari a circa 1,5 miliardi di euro, ha prodotto risultati insoddisfacenti, soprattutto laddove scarseggiano i centri per l'impiego oppure appaiono appesantiti da procedure burocratiche che non hanno consentito ai tanti giovani che si sono rivolti agli sportelli di poter usufruire dei servizi offerti dal programma.

E' vero che le tematiche che riguardano le politiche attive del lavoro, si fondano sul principio di leale collaborazione istituzionale tra Stato, regioni e province autonome, riconoscendo alle regioni la competenza nella legislazione dell'organizzazione del mercato del lavoro locale, ma senza mai dimenticare che i livelli essenziali delle prestazioni devono essere fissati dallo Stato. Stato e regioni in altri termini devono avviare un circuito virtuoso d collaborazione a tutto vantaggio dei cittadini e delle imprese.

Molti studi dimostrano che esiste una convergenza tra crescita occupazionale, quantità e qualità degli investimenti per le politiche del lavoro, e non a caso i Paesi che hanno investito di più in termini di Pii sulle politiche del lavoro, fin dagli inizi della crisi, sono quelli che hanno avuto una minore caduta dell'occupazione. La spesa per le politiche del lavoro in Italia è inferiore rispetto al resto d'Europa. Negli ultimi 10 anni è stata circa 1'1,5 per cento del Pil. Ma è fondamentale tenere presente anche un altro fatto di natura più di tipo qualitativo: negli altri Paesi europei è distribuita tra politiche passive, politiche attive e servizi per la ricerca di impiego, in Italia, invece, si spende molto poco in servizi per il lavoro.

Obiettivo specifico delle politiche attive del lavoro è sempre quello di evitare che una persona rimanga «intrappolata» nella sua condizione di disoccupazione. Per questo, lo sforzo maggiore è quello di promuovere il passaggio ad un coinvolgimento crescente della persona nella ricerca di lavoro, abbandonando la logica di un recente passato, fatto di sussidi o altri strumenti. Si vuole promuovere il passaggio dal welfare al workfare; nuovo modello di intervento che aiuta il soggetto a rimanere attivo e competitivo nel mondo del lavoro. Un sistema che preferisce finanziare l'occupazione e non la disoccupazione.

La situazione sta registrando lievi miglioramenti di carattere generale e rispetto al 2013, il tasso di occupazione è passato 55,9 al 57,3 per cento, si tratta, però, di dati che devono essere ancora confermati, anche perché hanno mostrato una inversione di tendenza nel momento in cui sono diminuiti i vantaggi fiscali concessi alle imprese per l'assunzione, con contratto a tempo indeterminato. L'Istat osserva infatti che nel periodo gennaio-dicembre 2016, nel settore privato, si è registrato un calo nelle assunzioni di oltre il 7 per cento rispetto al 2015, in particolare di quelle a tempo indeterminato (-37,6 per cento) rispetto al 2015.

l'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), ha proposto cinque gruppi di intervento, che vanno dai sussidi all'occupazione alla creazione diretta e temporanea di posti di lavoro; dalla formazione professionale ai servizi per l'orientamento e collocamento lavorativo, fino al sostegno finanziario e ai servizi per la nuova imprenditorialità.

Il decreto legislativo n. 150 del 2015 ha riorganizzato il sistema dei servizi per il lavoro, prevedendo una rete nazionale per le politiche attive del lavoro composta da diversi soggetti, tra cui i centri per l'impiego e coordinata dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), che avrebbe dovuto essere istituita dal 1°gennaio 2016 e che invece ha scontato molte difficoltà e ritardi in fase attuativa. Per l'attuazione del decreto legislativo n. 150 del 2015 manca ancora l'emanazione di vari atti sia di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che di Anpal.

In Italia scarseggiano i servizi per l'impiego e solo un 40 per cento delle persone disoccupate vi si rivolge per trovare lavoro e meno del 10 per cento degli italiani trova lavoro in questo modo e quasi sempre si tratta di lavori a termine. In Europa funziona in un modo diverso: la maggioranza dei lavoratori e delle imprese si rivolgono ai servizi specializzati, e la metà di loro trova lavoro attraverso questi servizi. C'è un orientatore ogni quaranta disoccupati, mentre in Italia ce n'è uno ogni quattrocento. I servizi europei collocano sul mercato del lavoro un numero di disoccupati tre volte maggiore rispetto ai servizi italiani.

Qualche parola per affrontare il problema delle famiglie povere in cui il lavoro non c'è. Si è parlato di Reddito di inclusione, per venire incontro alle persone in condizione di povertà assoluta, che potrebbero avere un Reddito di inclusione. Oggi, le persone in condizioni di povertà assoluta sono oltre 4 milioni e 500 mila. Con le risorse stanziate, pari a più di 1,6 miliardi di euro, già da quest'anno si potrebbero raggiungere oltre 400 mila famiglie, con circa 800 mila minori. Si tratta di famiglie numerose o monoreddito, per le quali il rischio di povertà o esclusione sociale è più alto (45 per cento). In Germania, l'Agenzia nazionale che si occupa delle politiche del lavoro ha 80 mila esperti alle sue dipendenze, mentre l'omologa italiana ne ha solo 8.000, con una differenza che si riflette anche nell'efficacia dell'azione della stessa agenzia.

E' necessario che il governo parta dai centri per l'impiego per offrire un servizio personalizzato di assistenza ai disoccupati. Nello stesso tempo è necessario assumere iniziative concrete per destinare risorse economiche adeguate a questi centri. E' sempre più urgente creare reti di collegamento tra domanda ed offerta: tra soggetti in cerca di lavoro e imprese che possono offrirlo. Investire nell'assunzione di 1000 tutor da parte di Anpal, realmente competenti può avvicinare almeno in parte alla soluzione del problema. Va inoltre attentamente monitorata la sperimentazione che riguarda l'assegno di ricollocazione, come misura di politica attiva, anche a seconda del nucleo familiare.

MARIO SBERNA. (Dichiarazione di voto). Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, le mozioni all'esame dell'Aula ci invitano ad una riflessione quanto mai urgente ed importante.

Il mercato del lavoro italiano, nonostante i segnali di ripresa, è caratterizzato da alcune fragilità strutturali che non possono essere sottaciute: in primis la disoccupazione giovanile. I giovani sono la fascia di età che paga a maggior prezzo la situazione di stallo in ambito lavorativo: si registrano sempre più ragazzi tra 15 e i 24 anni disoccupati; secondo i dati Istat (Istituto Nazionale di Statistica), alla fine del 2016 in Italia si registra un tasso di disoccupazione pari al 39,4% tra i giovani.

Nell'ultimo trimestre del 2016 si è affievolita la propensione dei datori di lavoro a stipulare contratti a tempo indeterminato e la crescita dell'occupazione si è stabilizzata grazie al miglioramento dell'occupazione dipendente: 543 mila posti di lavoro in più nella media del terzo trimestre 2016 rispetto allo stesso periodo del 2015. Il saldo è positivo, ma a contribuire a questo dato sono principalmente gli 83mila contratti a tempo determinato.

C'è chi un lavoro non lo ha, chi lo cerca, ma anche chi non lo cerca. E qui si inserisce un'altra falla del mercato del lavoro italiano o meglio della fase che è propedeutica al lavoro: i cosiddetti Neet, cioè i giovani che non studiano né cercano un lavoro.

Il tasso dei Neet sul totale della popolazione giovanile è cresciuto drammaticamente: era al 19,7% nel 2007, oggi è al 26,9 per cento. Anche questa è una delle gravi debolezze del nostro sistema lavorativo che dobbiamo affrontare.

Inoltre non possiamo dimenticare che esiste una stretta correlazione, possiamo dire un rapporto causa — effetto, tra la mancanza di lavoro e un peggioramento delle condizioni di vita.

La probabilità di essere poveri è cresciuta soprattutto tra chi si trova ai margini del mercato del lavoro. La povertà negli ultimi dieci anni ha raggiunto livelli molto elevati, è cresciuta del 141%, e a soffrirne le conseguenze più penalizzanti sono le famiglie con figli e tra queste le famiglie maggiormente sfavorite sono quelle in cui la persona di riferimento è in cerca di un'occupazione. Le famiglie che dipendono da una persona che sta cercando lavoro in un caso su cinque non possono permettersi uno standard di vita accettabile.

Molti studi dimostrano che c'è una convergenza tra crescita occupazionale, quantità e qualità degli investimenti per le politiche del lavoro, per questo lo sforzo deve essere quello di promuovere il passaggio ad una tutela attiva della persona nel mercato del lavoro. In Italia la spesa per politiche del lavoro è significativamente inferiore rispetto al resto d'Europa. Nell'ultimo decennio si stima essere stata intorno all'1,5 per cento del PIL e si spende molto poco anche in servizi per il lavoro.

In Europa abbiamo un orientatore ogni quaranta disoccupati, in Italia uno ogni quattrocento. Eppure nel nostro paese oltre il 40 per cento di coloro che cercano impiego si rivolgono anche ai servizi per il lavoro, alle strutture specializzate pubbliche e private che si occupano di orientamento ed incontro tra domanda ed offerta.

E' sicuramente un passo in avanti affrontare il dramma della povertà con un ottica che punta all'inclusione sociale e lavorativa dei beneficiari che potranno avere un sussidio economico, vincolato all'adesione ad un percorso di accompagnamento da parte dei servizi sociali e dai Comuni; è necessario fare anche dei passi in avanti in materia di politiche attive del lavoro, e in questa direzione si inseriscono le mozioni oggi in votazione. Potenziare i centri per l'impiego, cercare di renderli più efficienti, maggiormente collegati alle aziende del territorio, capaci di accompagnare progetti e percorsi personalizzati, di fare attenzione ai carichi familiari di che cerca lavoro, di armonizzare e uniformare i servizi sono impegni che permettono di fare dei passi in avanti.

Abbiamo indicato, attraverso gli impegni proposti, l'obiettivo dell'inclusione lavorativa come prioritaria in questo momento storico, e ci auguriamo che si possa lavorare concretamente in questa prospettiva adottando misure adeguate.

Ci spingiamo anche un po' più avanti in questo senso. Efficienza, ma anche trasparenza, ma anche legalità. Eccole le tre cenerentole, in attesa di diventare principesse, del mercato del lavoro. Cenerentole perché non sempre nel dibattito sulle leve che possono generare nuova occupazione appaiono con adeguata centralità. Principesse perché, va di conseguenza, senza queste tre condizioni, nel mercato del lavoro si possono si creare "posti" ma non occupazione. Occupazione cioè destinata a essere duratura, a generare produttività, quindi ricchezza, quindi ulteriore occupazione.

Tra i segnali di questa sottovalutazione quello più penalizzante per gli individui è sicuramente il peso che le politiche passive hanno finora avuto a spese di quelle attive.

Di recente sembrerebbe di assistere all'inizio di un inversione di rotta. La centralità delle politiche attive, appare finalmente un dato acquisito. Politiche passive, ovvero sussidi, e politiche attive, ovvero reinserimento, si intrecciano. Sulla carta la realizzazione dell'approccio che finora - prova quanto succede nei mercati in cui l'occupazione macina - ha funzionato. Sulla carta la concretizzazione dell'efficienza.

E proprio in nome dell'efficienza c'è solo da auspicare che non ci si fermi in ammirazione di quanto già è stato fatto. Dobbiamo invece prendere quello che esiste come sollecitazione per raggiungere risultati sempre migliori. La strada dell'efficienza è l'unica percorribile nelle condizioni attuali della nostra economica. Dato questo contesto, vale a dire di economia della vecchia Europa che si è avviata verso una lenta ma decisa ripresa, le conquiste, ovvero i punti percentuali delle statistiche (occupati, disoccupati) si possono mettere a segno solo in questo modo, e dunque, non possiamo invocare, cercare, aspettarci altri miracoli.

Il lavoro è un diritto costituzionalmente garantito, ma per noi il lavoro è anche altro ovvero di più: è uno strumento di solidarietà. Chi offre occupazione dona a chi la chiede non solo un sostentamento economico ma anche un aiuto alla dimensione umana dell'individuo stesso. Quando non c'è lavoro rischia la dignità perché la mancanza di lavoro non solo non permette di sostenere e mantenere se stessi e la propria famiglia ma rischia di non far sentire degni di guadagnarsi la vita. In tale contesto il lavoro non può essere considerato una concessione bensì il mezzo per "creare comunità" attraverso la promozione della dignità dell'individuo.

In questa ottica e per i motivi sopra esposti il nostro gruppo Democrazia solidale- Centro Democratico voterà a favore di tutte quelle mozioni che sono a favore di un maggiore investimento nelle politiche attive del lavoro.

MASSIMO PARISI. (Dichiarazione di voto). Gentile Presidente, onorevoli colleghi, in occasione della Conferenza Stato-Regioni del 22 dicembre 2016 è stato rinnovato per il 2017 l'accordo tra Governo, regioni e province autonome di Trenta e Bolzano in materia di politiche attive per il lavoro e per il funzionamento e potenziamento dei Centri Pubblici per l'Impiego.

Questa conferenza, è bene sottolinearlo è stata necessaria anche a seguito della mancata approvazione della riforma costituzionale che avrebbe rimodellato le prerogative dei vari enti locali in materia di politiche attive del lavoro trasferendo allo Stato la competenza esclusiva in materia e all'Agenzia Nazionale per le politiche attive (ANPAL) la facoltà di poter gestire direttamente i centri per l'impiego.

ANPAL che, vorremmo sottolinearlo, con il decreto ministeriale del 16 dicembre 2016 ha ricevuto dal Ministero del Lavoro 87 milioni di euro per il suo funzionamento e sulla quale bisognerebbe interrogarsi sul suo effettivo ruolo all'interno del contesto normativo.

L'Italia oggi, in attesa dei decreti attuativi della riforma nel mercato del lavoro nello specifico delle politiche attive, mostra diverse criticità per il servizio pubblico reso a chi è in cerca di occupazione.

Gli ultimi dati ISTAT, stando ai quali 1'83% dei richiedenti lavoro non si rivolge ai canali ufficiali, mentre meno del 4 per cento dei nuovi occupati si è rivolto al collegamento pubblico, devono farci riflettere sulla necessità di riformare ed efficientare un sistema che ha mostrato fino ad oggi la sua assoluta inadeguatezza rispetto all'evoluzione del mercato del lavoro.

Inoltre secondo il rapporto ISOFOL di monitoraggio sui servizi del lavoro pubblicato nel 2016, gli operatori sono spesso poco formati e soprattutto poco incentivati a migliorare le proprie performance produttive.

In questo quadro emerge con chiarezza anche un trend a favore delle agenzie private del lavoro che probabilmente sono più snelle nel seguire ed adattarsi all'evoluzione del mercato del lavoro. Un dato confermato dall'EUROSTAT e certificato dalla sempre più assidua collaborazione delle APL (Agenzie per il lavoro) con grandi aziende.

Non c'è da stupirsi quindi se una minima parte delle assunzioni di questi anni sia passata attraverso la complessa macchina statale. Le APL, invece, hanno introdotto significative novità in questo settore, hanno messo in campo una cultura dinamica del lavoro e dell'occupabilità di cui c'era bisogno.

In epoca di stagnazione, non ce ne siamo accorti a sufficienza, è auspicabile che in uno scenario di ripresa queste innovazioni possano dimostrare nei fatti il loro coefficiente di innovazione. E la loro efficacia.

Piuttosto che opporsi ad un mercato in crescita, il ruolo del legislatore dovrebbe essere quello di favorire la concorrenza, anche tra pubblico e privato per far si che l'utente finale di questa filiera sia libero di decidere dove e a chi rivolgersi.

Ultimo ma non meno importante punto su cui vorremmo attirare l'attenzione dei colleghi riguarda non solo il censimento esatto di questi centri pubblici per l'impiego ma la necessità da parte del Governo di relazionare in Parlamento almeno una volta l'anno sullo stato, l'efficienza e l'efficacia dei risultati effettivamente conseguiti da quest'ultimi.

Noi lo abbiamo inserito in uno degli impegni al governo all'interno della nostra mozione e chiediamo a tutte le forze parlamentari di esprimersi a favore di questa proposta.

Scelta Civica — ALA voterà a favore di tutte le mozioni che andranno in questa direzione.

ROBERTA OLIARO. (Dichiarazione di voto). Signora Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli Colleghi, il tema delle politiche attive del lavoro e dei decreti attuativi del Jobs Act è sempre più all'ordine del giorno, non solo in relazione all'abolizione dei voucher per le imprese e per le famiglie, ma anche in relazione alle prime sperimentazioni delle politiche attive del lavoro con l'Anpal e all'elevata disoccupazione giovanile che insieme ai neet, rappresentano una ferita strutturale.

Per contrastare la disoccupazione giovanile, occorrono investimenti in nuovi settori, politiche attive del lavoro e, magari, l'abbattimento del cuneo fiscale (10 punti in più della media Ue). Tuttavia, senza una rete di accompagnamento pragmatico della scuola e dell'università al mondo del lavoro, continueremo a esporre i nostri giovani al contagio domestico e silenzioso della disoccupazione.

Innovazione e nuove tecnologie possono essere di sostegno alla risoluzione del problema ma richiedono investimenti in capitale umano, sociale e anche in istruzione e formazione. E' un dato che l'inadeguatezza della scolarizzazione e della scuola in Italia sia una delle cause che alimentano disoccupazione giovanile e neet.

In tutto ciò svolge una funzione importante la banca dati dell'Anpal, in quanto essenziale per fornire strumenti uniformi su tutto il territorio nazionale e a tutti i cittadini non con l'introduzione di nuovi soggetti, ma con un coordinamento migliore tra quelli esistenti evitando quindi, l'attuale polverizzazione amministrativa e coinvolgendo i centri per l'impiego.

Le mozioni poste in votazione e la mozione da noi sottoscritta mettono in evidenza la necessità di intervenire rafforzando e garantendo l'applicazione di norme che agiscono su un mercato del lavoro in continua evoluzione, potenziando un sistema attuale che rappresenta un valido punto di partenza. La mozione da noi sottoscritta parte dalla consapevolezza della presenza di norme valide, ma non altrettanto validamente applicate. Mi riferisco in particolar modo alla riforma del mercato del lavoro, (legge n. 183 del 2014), varata con l'obiettivo di rilanciare l'economia produttiva e i livelli occupazionali del Paese.

Per il momento, sul fronte del Jobs act, parte la fase di sperimentazione dell'assegno di ricollocazione. È stato annunciato che sono partite le prime 30 mila lettere destinate a lavoratori disoccupati da almeno 4 mesi a cui verrà assicurato un bonus per poter usufruire di assistenza intensiva ai fini della ricollocazione presso centri per l'impiego o agenzie accreditate, con l'obiettivo di estendere gradualmente a tutti le tutele del lavoro.

Nei primi mesi dell'anno, le politiche del lavoro italiane hanno ricevuto anche un plauso da Bruxelles che ne ha riconosciuto i primi effetti positivi. Tuttavia, tanto deve essere ancora fatto, e allo stato attuale per agevolare gli indici di occupazione manca il coordinamento tra le diverse realtà territoriali. La nuova Agenzia per le politiche attive del lavoro dovrà creare una piattaforma di informazione unificata per favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro. Occorre il potenziamento dei centri per l'impiego, dal momento che riescono a trovare lavoro solo al 3% delle richieste. Bisogna favorire il dialogo tra sistema pubblico e agenzie private.

Di rilievo per quanto riguarda le politiche attive del lavoro l'istituzione nel 2013 da parte del Consiglio europeo, del programma Garanzia giovani, con la quale si invitavano tutti gli Stati membri ad assicurare ai giovani fino a 25 anni di età (entro 4 mesi dal termine di un ciclo di istruzione formale o dall'inizio della disoccupazione) un'offerta di lavoro, di prosecuzione degli studi, di apprendistato, di tirocinio o di altra misura di formazione. Sulla base delle indicazioni del Consiglio, gli Stati membri avrebbero dovuto procedere all'introduzione di una serie di iniziative a favore dei giovani.

Attraverso queste mozioni noi chiediamo che vengano realizzati gli impegni presi, attraverso i dettati normativi esistenti, ma scarsamente attuati.

Chiediamo quindi che venga attuato, in raccordo con le regioni, un forte coordinamento tra le politiche attive e le politiche «passive», di sostegno del reddito dei disoccupati e delle persone in difficoltà economica attraverso il potenziamento dei centri per l'impiego, garantendo soluzioni e risorse già da ora, da distribuire alle strutture territoriali.

Chiediamo misure in grado di accelerare il pieno funzionamento operativo dell'Anpal per garantire il diritto alla riqualificazione e all'avviamento ad un percorso finalizzato alla ricollocazione dei disoccupati.

Chiediamo infine garanzie per l'incremento delle risorse del fondo per le politiche attive del lavoro, con l'obiettivo di aumentare e rendere l'offerta coerente alla potenziale platea dei beneficiari.

Pertanto il gruppo Civici ed Innovatori voterà a favore delle mozioni che vanno nella direzione da noi tracciata e accolte dal Governo.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

      Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

      nella votazione n. 1 il deputato Rampelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

      nella votazione n. 2 i deputati Rizzetto e Narduolo hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

      nelle votazioni dalla n. 2 alla n. 10 la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare;

      nella votazione n. 6 il deputato Capodicasa ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro;

      nelle votazioni dalla n. 8 alla n. 10 la deputata Pes ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 13 il deputato Minnucci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 14 la deputata Galgano ha segnalato che ha erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto votare a favore;

      nella votazione n. 18 i deputati Rubinato e Manfredi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 19 il deputato Prataviera ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

      nelle votazioni dalla n. 23 alla n. 26 il deputato Molea ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 27 la deputata Bargero ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 29 il deputato Cani ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 30 il deputato Mognato ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 31 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

      nelle votazioni n. 30 e n. 32 la deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

      nella votazione n. 32 le deputate Tartaglione e Gnecchi hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Ddl 4394 - voto finale 428 416 12 209 240 176 73 Appr.
2 Nominale Moz. Grillo e a. 1-1563 u.n.f. rif 406 406 0 204 406 0 68 Appr.
3 Nominale Moz. Rondini e a 1-1581 nf rif I p 406 349 57 175 349 0 68 Appr.
4 Nominale Moz. Rondini e a 1-1581 nf II p 414 347 67 174 53 294 67 Resp.
5 Nominale Moz. Palese e a. 1-1584 I p. 423 423 0 212 423 0 67 Appr.
6 Nominale Moz. Palese e a. 1-1584 II p. 423 423 0 212 313 110 67 Appr.
7 Nominale Moz. Palese e a. 1-1584 III p. 422 353 69 177 314 39 67 Appr.
8 Nominale Moz. Binetti e a. 1-1585 rif. 420 420 0 211 418 2 67 Appr.
9 Nominale Moz. Brignone e a. 1-1586 rif. 424 424 0 213 423 1 67 Appr.
10 Nominale Moz. Fossati e a. 1-1587 rif. 422 410 12 206 410 0 67 Appr.
11 Nominale Moz. Vargiu e a. 1-1588 rif. 420 420 0 211 420 0 67 Appr.
12 Nominale Moz. Lenzi e a. 1-1592 rif. I p. 414 414 0 208 414 0 67 Appr.
13 Nominale Moz. Lenzi e a. 1-1592 II p. 425 328 97 165 328 0 67 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale Moz. Bosco e a. 1-1593 423 423 0 212 422 1 67 Appr.
15 Nominale Moz. Gullo e a. 1-1595 425 425 0 213 425 0 67 Appr.
16 Nominale Moz. Rampelli e a. 1-1597 421 421 0 211 421 0 67 Appr.
17 Nominale Moz. Gigli e a. 1-1598 422 421 1 211 421 0 67 Appr.
18 Nominale Moz. Dell'Aringa e a 1-1319 nf rif 373 347 26 174 266 81 94 Appr.
19 Nominale Moz. Cominardi e a. 1-1533 I p. 380 376 4 189 118 258 92 Resp.
20 Nominale Moz. Cominardi e a 1-1533 rif II p 377 345 32 173 345 0 92 Appr.
21 Nominale Moz. Palese e a. 1-1534 rif. I p. 379 378 1 190 369 9 92 Appr.
22 Nominale Moz. Palese e a. 1-1534 II p. 375 375 0 188 113 262 92 Resp.
23 Nominale Moz. Sberna e a. 1-1535 385 282 103 142 270 12 91 Appr.
24 Nominale Moz. Placido e a. 1-1538 rif. I p. 382 360 22 181 345 15 91 Appr.
25 Nominale Moz. Placido e a. 1-1538 II p. 382 359 23 180 97 262 91 Resp.
26 Nominale Moz. Simonetti e a. 1-1539 381 313 68 157 46 267 91 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 32)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale Moz. Rizzetto e a. 1-1541 rif. I p 381 353 28 177 293 60 91 Appr.
28 Nominale Moz. Rizzetto e a. 1-1541 II p. 386 351 35 176 25 326 91 Resp.
29 Nominale Moz. Romano F. S. e a. 1-1543 rif. 385 272 113 137 259 13 91 Appr.
30 Nominale Moz. Baldassarre e a. 1-1564 rif. 384 343 41 172 342 1 91 Appr.
31 Nominale Moz. Gelmini e Occhiuto 1-1590 382 379 3 190 45 334 91 Resp.
32 Nominale Moz. Mottola e a. 1-1591 371 347 24 174 271 76 91 Appr.