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CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 ottobre 2014
314.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO

ALLEGATO

Indagine conoscitiva sulla strategia energetica nazionale e sulle principali problematiche in materia di energia.

NUOVA PROPOSTA DI DOCUMENTO CONCLUSIVO

1. Contenuti e finalità dell'indagine conoscitiva.

      La X Commissione Attività produttive, commercio e turismo ha deliberato nella seduta del 31 luglio 2013 l'avvio di un'indagine conoscitiva sulla strategia energetica nazionale relativa alle principali questioni in materia di energia. La decisione è maturata a seguito del continuo processo di evoluzione del settore energetico, anche in virtù del rapido sviluppo tecnologico del settore.
      La fase attuale è caratterizzata dalla presenza di alcune questioni di fondo comuni, pur nelle differenze fra Paese e Paese, a tutti gli Stati membri dell'Unione Europea: crescita dei prezzi finali dell'elettricità, diversificazione e sicurezza degli approvvigionamenti, generazione tradizionale e da fonti rinnovabili, adeguatezza delle reti di trasporto e distribuzione. Peraltro l'attuale situazione del settore energetico sconta le conseguenze della crisi di questi anni, inizialmente solo finanziaria e poi riversatasi sull'economia reale, registrando una rilevante contrazione dei consumi energetici.
      Tale congiuntura, unitamente all'introduzione di regolamentazioni nazionali e comunitarie in materia di efficienza e risparmio energetico, ha influito notevolmente sulla domanda energetica che, oltre a ridursi, ha mutato il proprio ritmo di crescita. Pertanto, per i prossimi anni si prospetta un cambio di passo generale per l'offerta energetica sotto il profilo qualitativo piuttosto che quantitativo, tenuto conto dei programmi di efficientamento energetico in atto e futuri, del miglioramento necessario delle tecnologie di consumo e della crescente sensibilità dei cittadini a questi temi che incideranno inevitabilmente sulla domanda.
      Il settore energetico, inoltre, è caratterizzato da una governance policentrica non più nella mani esclusive del livello di governo centrale; infatti, nonostante l'approvazione del documento di Strategia Energetica Nazionale (SEN), è opportuno rilevare che diversi sono i soggetti titolari della decisione, a volte sovrapposta. Differente è il caso del passato quando si interveniva direttamente attraverso gli strumenti di controllo amministrativo e indirettamente attraverso il braccio operativo degli ex-monopoli pubblici Eni ed Enel, con una adeguata programmazione attraverso i Piani Energetici Nazionali. A ciò va aggiunto l'imprescindibile rilevanza del quadro europeo ed extra-europeo: le priorità dell'agenda energetica nazionale sono sempre di più dettate dalle esigenze e dalle dinamiche del mercato internazionale. Si pensi ad esempio al tema dell'approvvigionamento delle fonti, ed all'importanza che esso ha per un Paese come l'Italia ad oggi scarso di risorse energetiche.
      L'azione del Governo in materia di politica energetica, risultando di primaria rilevanza strategica per l'Italia, necessita, come precisato nell'avvio della presente indagine, di linee di indirizzo coerenti con le dinamiche internazionali anche per sostenere lo sviluppo e la competitività dell'intero sistema di imprese italiane, siano esse grandi, medie o piccole.
      Partendo da tali considerazioni, l'indagine conoscitiva si propone di offrire al Pag. 380Parlamento le risultanze della propria analisi affinché possano essere valutate con attenzione l'adeguatezza e le eventuali necessità di aggiornamento del quadro normativo nazionale anche in prospettiva dell'effettiva realizzazione del mercato unico europeo, e dell'esportazione dell'acquis communautaire nei paesi limitrofi ed importanti per l'Italia dal punto di vista energetico.
      Il lavoro di analisi ha preso in considerazione alcune tematiche di significativa rilevanza.
      In particolare, con riferimento al settore elettrico, l'indagine ha rivolto principalmente la propria attenzione ai seguenti punti: lo sviluppo importante delle fonti rinnovabili, la loro integrazione nella rete elettrica e il graduale superamento del sistema di incentivazione, l'apporto al sistema da parte delle fonti rinnovabili termiche (teleriscaldamento, biomassa, cogenerazione, geotermia) ad oggi forse non pienamente valorizzate sottovalutate dal legislatore, l'obiettivo di integrazione europea dei mercati elettrici nazionali ed i benefici attesi da tale progetto in termini di convergenza dei prezzi all'ingrosso dell'energia.
      L'attenzione verso il settore gas ha riguardato, tra l'altro, lo sviluppo del mercato italiano e la creazione di un hub del sud-est Europa anche alla luce delle previsione della SEN, la riforma delle condizioni economiche del servizio di tutela adottata dall'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico e suoi effetti sul costo delle bollette per le famiglie italiane, l'esplorazione ed estrazione di gas e petrolio anche con riferimento alla valutazione dei rischi e benefici di natura economica e ambientale connessi.
      Nel corso dell'indagine la Commissione ha proceduto alle seguenti audizioni:
          Assomineraria – Settore Idrocarburi e di Federutility (martedì 24 settembre 2013);
          Assoambiente, Cittadinanza attiva, Federconsumatori (giovedì 26 settembre 2013);
          Assorinnovabili e Anigas (giovedì 03 ottobre 2013);
          Codici e di Altroconsumo (giovedì 10 ottobre 2013);
          TAP (Trans Adriatic Pipeline) e Assoelettrica (martedì 15 ottobre 2013);
          FINCO (Federazione industrie prodotti impianti servizi ed opere specialistiche per le costruzioni) di FIPER (Federazione Italiana Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili) di ANFUS (Associazione Nazionale Fumisti e Spazzacamini), di Aiget e di Fire (Federazione italiana uso razionale dell'energia) (martedì 22 ottobre 2013);
          Coordinamento FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica), e di AIRU (Associazione Italiana Riscaldamento Urbano) (martedì 29 ottobre 2013);
          Anima (Federazione associazioni nazionali industria meccanica e affine), di Anie (Federazione nazionale imprese elettrotecniche ed elettroniche), di EnergoClub Onlus (martedì 05 novembre 2013);
          Federchimica e Energia Concorrente (martedì 12 novembre 2013);
          Edison e Assogas (mercoledì 13 novembre 2013);
          CGIL, Flaei-CISL, UIL, UGL (martedì 26 novembre 2013);
          Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) (martedì 10 dicembre 2013);
          Anev e Snam (martedì 17 dicembre 2013);
          Enel (mercoledì 19 febbraio 2014);
          GDF SUEZ Energia Italia e EnerGrid, (mercoledì 26 febbraio 2014);
          Unione Petrolifera (mercoledì 05 marzo 2014);
          ASCOMAC (giovedì 13 marzo 2014); Pag. 381
          Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema elettrico, Gestore dei Servizi Energetici (GSE), Acquirente unico Spa, Movimento Consumatori (lunedì 17 marzo 2014);
          Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e di ENI (giovedì 20 marzo 2014);
          Viceministro dello Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti (lunedì 24 marzo 2014);
          Terna (lunedì 31 marzo 2014).

2. Quadro strategico e normativo

2.1 Verso una nuova strategia energetica europea

      A livello comunitario, la politica energetica comune si basa sull'articolo 194 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.
      Al fine di promuovere la competitività, la crescita e l'occupazione in seno all'Unione europea, il Consiglio europeo negli ultimi due anni ha ribadito l'importanza di completare il mercato interno e sviluppare adeguate interconnessioni tra gli Stati membri dell'Unione europea, e ha sottolineato tra le priorità dell'Europa la necessità di investire in moderne infrastrutture energetiche, di razionalizzare gli interventi pubblici nei settori che rischiano di distorcere il mercato dell'energia, di favorire misure pubbliche di contenimento dei prezzi dell'energia.
      I tre obiettivi fondamentali su cui si è focalizzata la politica energetica europea negli ultimi anni consistono nel contenimento delle emissioni di gas serra, nel completamento del mercato interno e nel rafforzamento della sicurezza delle forniture.
      Per quanto concerne l'obiettivo ambientale, la Commissione europea ha pubblicato la Comunicazione quadro delle politiche per l'energia e il clima al 2030, incentrate su misure per la decarbonizzazione dell'economia europea, che consentano una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40 per cento rispetto al livello del 1990 e di aumentare al 27 per cento la quota di consumo interno lordo coperta da fonti rinnovabili sia dell'obiettivo, ritenuto vincolante per l'Unione europea.
      Per quanto riguarda l'obiettivo del completamento del Mercato Interno dell'Energia, il Consiglio europeo ha sollecitato l'attuazione in tutti gli Stati membri dell'UE delle norme europee di riferimento per i mercati dell'energia elettrica e del gas naturale, e per le reti energetiche transfrontaliere. Tali norme di riferimento sono contenute nel cosiddetto «Terzo Pacchetto Energia», che comprende due direttive (la direttiva 2009/72/CE sul mercato interno dell'energia elettrica e la 2009/73/CE, sul mercato interno del gas), e tre regolamenti (il regolamento n.  713/2009, che istituisce un'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia, e i regolamenti n.  714/2009 e n.  715/2009 in materia di accesso alle infrastrutture di trasmissione e trasporto dell'energia elettrica e del gas). Con specifico riferimento al settore dell'energia elettrica, il disegno europeo di un mercato unico è in via di definizione attraverso la cooperazione tra Stati membri suddivisi tra sette «regioni elettriche», che ha portato alla pubblicazione il 29 luglio 2011, da parte dell'Agenzia per la Cooperazione dei Regolatori dell'Energia, un organo della Commissione europea, delle Linee guida sull'allocazione della capacità e la gestione delle congestioni. Con riferimento al settore del gas naturale, il Consiglio europeo ha ribadito l'impegno collettivo affinché nessuno Stato membro rimanga isolato dalle reti europee di trasporto del gas e dell'energia elettrica dopo il 2015.
      Per quanto riguarda l'obiettivo del rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti, è stato adottato il Regolamento (UE) 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2013, che istituisce il meccanismo per il finanziamento delle nuove infrastrutture strategiche transnazionali (tra cui i Progetti di interesse europeo per nuove infrastrutture energetiche.Pag. 382
      Una delle maggiori problematiche emerse a livello europeo riguarda le forti tensioni sui prezzi dell'energia in Europa. Il 22 gennaio 2014 la Commissione ha pubblicato una comunicazione su Prezzi e costi dell'energia in Europa (COM(2014) 21 final) che esamina nel dettaglio i trend dei prezzi al dettaglio di energia elettrica e gas e le loro possibili determinanti.
      Inoltre, dal punto di vista energetico appaiono fondamentali, in particolare per l'Italia, le relazioni e la collaborazione rafforzata con i Paesi limitrofi dell'area balcanica e della sponda sud del mediterraneo. Il tutto nell'ambito della politica europea di vicinato in essere dal 2004 in ambito europeo. Il concetto di Comunità energetica (già presente in area balcanica con l'Energy Community Treaty firmato ad Atene il 25 ottobre 2005 tra la Comunità europea e nove paesi dell'area, e in corso d'opera in ambito mediterraneo) diventa fondamentale per estendere le regole europee (Acquis Communautaire) ai Paesi vicini ed importanti soprattutto per l'Italia dal punto di vista energetico. Il Mediterraneo e i Balcani rappresentano, quindi, una priorità, non solo dal punto di vista energetico.

2.2 Quadro normativo nazionale

      Al termine della XVI legislatura, con il decreto interministeriale 8 marzo 2013 del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, il Governo ha varato la Strategia energetica nazionale (SEN).
      L'istituto della SEN era stato introdotto nell'ordinamento nel 2008, quale strumento di indirizzo e programmazione della politica energetica nazionale che il Governo era delegato a varare sulla base di alcuni criteri e mediante un dettagliato procedimento di approvazione. Al centro della Strategia era prevista l'attivazione di una nuova politica per l'energia nucleare.
      Nel 2010 era stata presentata una proposta di referendum sul programma elettronucleare italiano, che mirava ad abrogare le nuove norme in materia di energia nucleare. Pochi mesi prima delle date previste per lo svolgimento del referendum (12 giugno e 13 giugno 2011), nel marzo 2011 avvenne l'incidente di Fukushima. Nelle more della celebrazione del referendum fu varato il decreto-legge 34/2011, in cui era mantenuto l'istituto della «Strategia energetica» espungendo, però, il riferimento al nucleare. Anche questa nuova formulazione fu tuttavia abrogata dal referendum. Di fatto, l'istituto normativo della SEN è stato cancellato dall'ordinamento.
      La norma che ha originariamente introdotto la SEN (articolo 7 del decreto-legge 112/2008) aveva attribuito al Governo il compito di porre in essere una Conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente preliminarmente alla definizione della «Strategia energetica nazionale».
      Lo scopo era di indicare le priorità per il breve ed il lungo periodo per conseguire, anche attraverso meccanismi di mercato, gli obiettivi della diversificazione delle fonti di energia e delle aree di approvvigionamento, del potenziamento della dotazione infrastrutturale, della promozione delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica, della realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare, del potenziamento della ricerca nel settore energetico e della sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia.
      La nuova formulazione della norma sulla SEN, introdotta dal Governo con il decreto-legge 34/2011 (articolo 5, comma 8), contestualmente all'abrogazione delle norme approvate nel biennio 2008-2010 per reintrodurre l'energia nucleare, oltre ad essere depurata da riferimenti all'energia nucleare, presentava anche altre differenze rispetto alla formulazione del 2008, soprattutto riguardo ai soggetti coinvolti nel processo di emanazione, agli obiettivi e alle modalità di definizione della SEN. Della Conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente, in particolare, non si faceva più menzione.
      Ai sensi della norma del 2008, la Strategia doveva essere definita dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello Pag. 383sviluppo economico, previa convocazione, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di una Conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente.
      Per converso, la nuova formulazione del 2011 prevedeva che la proposta della SEN fosse effettuata dal Ministro dello sviluppo economico congiuntamente con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che fosse inoltre sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e che fossero acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari. Infine, rispetto alla formulazione del 2008, si precisava che nella definizione della SEN il Consiglio dei Ministri doveva tener conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione europea e a livello internazionale.
      Ancorché sia intervenuta l'accennata abrogazione referendaria e la conseguente scomparsa dell'istituto della SEN dal nostro ordinamento, il Governo Monti ha deciso di emanare comunque la SEN utilizzando lo strumento del decreto interministeriale, previa consultazione pubblica.
      Il documento elaborato a livello ministeriale è infatti stato pubblicato sul sito internet del Ministero e sottoposto ad un processo di consultazione pubblica, avviato a metà ottobre 2012 e proseguito con il confronto con le istituzioni, le associazioni di categoria, le parti sociali e sindacali, le associazioni ambientaliste e dei consumatori, enti di ricerca e centri studi. Attraverso la consultazione, sono stati inoltre inviati oltre 800 suggerimenti e contributi da cittadini e singole aziende. Rispetto al documento approvato in Consiglio dei Ministri il 16 ottobre 2012, secondo il Governo sono stati recepiti nel documento definitivo numerosi contributi.
      La SEN individua quattro obiettivi principali e sette priorità d'azione. Gli obiettivi principali sono:
          1. significativa riduzione dei costi energetici per cittadini e imprese e progressivo allineamento dei prezzi all'ingrosso ai livelli europei;
          2. superamento di tutti gli obiettivi ambientali europei al 2020;
          3. maggiore sicurezza, minore dipendenza di approvvigionamento e maggiore flessibilità del sistema;
          4. impatto positivo sulla crescita economica grazie a investimenti previsti fino al 2020, sia nella green e white economy (rinnovabili e efficienza energetica), che nei settori tradizionali (reti elettriche e gas, rigassificatori, stoccaggi, sviluppo idrocarburi).

      Per il raggiungimento di questi risultati la strategia si articola in sette priorità, ovvero di tematiche su cui i soggetti auditi si sono espressi ampiamente come riportato nel cap. 3 della presente relazione. Tuttavia ai fini di un'analisi efficace e dinamica di tali priorità risulta opportuno fornire, seppure in maniera essenziale e non esaustiva, una panoramica del relativo quadro normativo venutosi a consolidare nel corso della legislatura in corso.
      In particolare le tematiche che rilevano sono le seguenti:
          1. Promozione dell'efficienza energetica. Durante la legislatura in corso, l'attenzione si è concentrata prevalentemente sull'efficienza energetica nel patrimonio edilizio, e in particolare sulle detrazioni per la riqualificazione energetica degli edifici e sulla certificazione energetica.
      Il decreto-legge 63/2013 ha recepito la direttiva 2010/31/UE in materia di certificazione energetica degli edifici, sostituendo l'attestato di certificazione energetica con il nuovo attestato di prestazione energetica (APE). Entro il 2020, poi, tutti i nuovi edifici dovranno essere ad «energia quasi zero», con un anticipo al 31 dicembre 2018 per quelli occupati o di proprietà delle amministrazioni pubbliche.
      Tale decreto ha anche potenziato il regime di detrazioni fiscali, passato dal 55 per cento per gli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici al 65 per cento: per le spese documentate sostenute a partire dal 1° luglio 2013 fino al 31 dicembre 2013 o fino al 30 giugno 2014 (per le ristrutturazioni importanti dell'intero edificio) spetta la detrazione Pag. 384dell'imposta lorda per una quota pari al 65 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, ripartita in 10 quote annuali di pari importo. È stata inoltre prorogata, fino al 31 dicembre 2013, delle detrazioni IRPEF del 50 per cento, dall'ordinario 36 per cento, per spese di ristrutturazioni edilizie fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000 euro (48.000 euro nel regime ordinario). Tale proroga è stata estesa anche all'acquisto di mobili finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un massimo di 10 mila euro (in pratica si concede un bonus di 5.000 euro. Le detrazioni riguardano anche gli interventi di ristrutturazione relativi all'adozione di misure antisismiche, nonché all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica delle parti strutturali degli edifici.
      Successivamente, la legge 147/2013 di stabilità per il 2014 ha previsto all'articolo 1, comma 139, una proroga delle detrazioni per ristrutturazioni edilizie e riqualificazione energetica. Per quanto concerne la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento attualmente prevista sino al 31 dicembre 2013, stabilendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento per l'anno 2015. Con riferimento agli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali si proroga di un anno la misura della detrazione al 65 per cento (attualmente prevista sino al 30 giugno 2014), prevedendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento nei 12 mesi successivi. Con riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 50 per cento già prevista sino al 31 dicembre 2013, stabilendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 40 per cento per l'anno 2015. Con riferimento agli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 65 per cento già prevista sino al 31 dicembre 2013, stabilendo altresì che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento per l'anno 2015. Con riferimento alle spese per l'acquisto di mobili per l'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione viene specificato il termine finale (31 dicembre 2014) entro cui devono essere sostenute le spese ai fini della detrazione prevista.
      Sempre nell'ambito dell'efficienza energetica civile, nel 2013 sono stati emanati due importanti regolamenti riguardanti l'esercizio e il controllo degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici (decreto del Presidente della Repubblica 74/2013) e i criteri per assicurare la qualificazione degli esperti e degli organismi cui affidare la certificazione energetica (decreto del Presidente della Repubblica 75/2013).
      Di recente approvazione è, poi, il Decreto legislativo 4 luglio 2014, n.  102 recante «Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE». Tale decreto introduce nell'ordinamento nazionale misure finalizzate a promuovere l'efficienza energetica nella Pubblica Amministrazione, nelle imprese e nelle famiglie, secondo gli obiettivi posti dalla UE di una riduzione dei consumi di energia primaria del 20 per cento entro il 2020. Sotto il profilo regolatorio si registra l'attribuzione di talune funzioni di regolazione all'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, che adotta entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del decreto e sulla base di indirizzi formulati dal Ministro dello sviluppo economico, uno o più provvedimenti al fine di promuovere lo sviluppo del teleriscaldamento e tele-raffrescamento e della concorrenza.

      2. Promozione di un mercato del gas competitivo, integrato con l'Europa e con prezzi ad essa allineati, e con l'opportunità di diventare il principale Hub sud-europeo. Durante la legislatura in corso, con la legge n.  153/2013, il Parlamento ha autorizzato la ratifica dell'Accordo per il gasdotto trans-adriatico (TAP), per la creazione di un'infrastruttura per il trasporto Pag. 385del gas naturale dai giacimenti dell'area del Caspio (nella specie dal giacimento azero di Shah Deniz) verso l'Europa. Il gasdotto attraversa la Grecia, l'Albania e raggiunge l'Italia, dopo un percorso di circa 870 chilometri, approdando in Puglia. L'Accordo, che attua un memorandum d'intesa siglato nel settembre 2012, riconosce l'importanza del Gasdotto transadriatico (TAP) impegnando le Parti (Albania, Grecia ed Italia) a facilitare le procedure di autorizzazione per l'implementazione dello stesso; e stabilisce la necessità di rispettare standard uniformi con riferimento alle normative tecniche, nonché in materia di sicurezza, ambiente, lavoro. L'Accordo inoltre impegna i Governi dei tre Paesi a siglare accordi con gli investitori del progetto, e definisce l'ambito giuridico, nonché il regime fiscale applicabili.
      Il decreto-legge 69/2013 (c.d. del Fare) contiene misure incidenti nel settore del gas, che mirano alla liberalizzazione, con l'obiettivo di tutelare ed incrementare la concorrenza. In questo senso viene circoscritto il perimetro del regime di tutela attualmente previsto per i c.d. «clienti vulnerabili», limitando il servizio di tutela gas ai soli clienti domestici. Il regime di tutela prevede che le tariffe di riferimento siano stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico. Il filo conduttore della tutela della concorrenza, con particolare riguardo alla tutela dei consumatori – peraltro rafforzata dall'adozione del decreto legislativo 21 febbraio 2014, n.  21 di attuazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori – è alla base, tra l'altro, degli interventi del medesimo decreto che mirano a velocizzare e dare certezza all'avvio delle prime gare di distribuzione del gas per ambiti territoriali, rafforzando i termini e le competenze delle Regioni, prevedendo il potere sostitutivo statale e una penalizzazione economica per i comuni che ritardano ad individuare la stazione appaltante. In tali casi, il 20 per cento degli oneri che il gestore corrisponde annualmente agli Enti locali come quota parte della remunerazione del capitale è versato dal concessionario subentrante, con modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, in uno specifico capitolo della Cassa conguaglio settore elettrico per essere destinati alla riduzione delle tariffe di distribuzione dell'ambito corrispondente.
      Con il decreto-legge 145/2013, c.d. Destinazione Italia (convertito in legge 9/2014), sono state inserite alcune disposizioni (articolo 1, commi 16-bis e ter) riguardanti lo sviluppo di nuove capacità di stoccaggio e le importazioni di gas naturale.
      Per quanto riguarda la concorrenza nel mercato del gas, è noto che, rispetto al settore elettrico (in cui la liberalizzazione ha viaggiato ad una velocità superiore) nel settore del gas ci sono state resistenze e difficoltà maggiori a causa delle asimmetrie esistenti sia in termini di peso dell'operatore dominante che di proprietà e gestione delle reti di trasporto e delle attività necessarie allo sviluppo dei mercati. Nel settore elettrico il peso del maggior operatore (ENEL) si è progressivamente ridotto a meno di un terzo del totale della produzione. L'Acquirente Unico Spa, società interamente pubblica che acquista l'energia per soddisfare la domanda dei clienti tutelati che ancora non hanno scelto di passare al mercato libero, costituisce il più grande grossista (30 per cento circa della domanda nazionale), ma agisce in piena concorrenza con gli altri operatori, senza vantaggi di natura normativa. A seguito del parere emesso dalla Commissione europea ai sensi del Terzo pacchetto, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico ha definito il processo di certificazione di Terna in qualità di gestore del sistema di trasmissione dell'energia elettrica in regime di separazione proprietaria, come previsto dal decreto legislativo 93/11 di recepimento della direttiva comunitaria 2009/72/CE.
      La concorrenza nel mercato del gas naturale risente molto di più del peso del maggior operatore (l'ENI) e pertanto, rispetto al settore elettrico in cui Terna risulta da anni separata dal principale Pag. 386operatore, nel settore del gas tale processo si è venuto a sviluppare solo recentemente. Infatti con l'articolo 15 del decreto-legge 1/2012 è stata accelerata la separazione proprietaria di Snam Rete gas, che gestisce la rete di trasporto, dall'ENI. Il DPCM 25 maggio 2012 ha dato attuazione a tale norma, al fine di adottare il modello di separazione proprietaria, di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 93/2011. Nell'ottobre 2012, Snam S.p.A. ha comunicato la cessione da parte di ENI S.p.A. del 30 per cento meno un'azione del capitale votante di Snam S.p.A. e quindi del relativo controllo. Nel corso del 2012 l'Autorità per l'energia elettrica e il gas aveva già portato a compimento il processo di certificazione di Snam Rete Gas quale operatore indipendente del trasporto, aderendo così alla forma dell’Independent Transmission Operator (ITO) prevista dalla direttiva 2009/73/CE. L'avvenuta separazione verticale di Snam dal gruppo Eni ha permesso l'adesione dell'Italia al modello di gestore di sistema di trasporto del gas in regime di separazione proprietaria.

      3. Sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili. Durante la legislatura in corso, con il decreto-legge 145/2013, c.d. Destinazione Italia (convertito in legge 9/2014) sono state previste disposizione che vanno nella direzione di ridurre le bollette energetiche. In particolare, con l'articolo 1 (commi 3-6) si propone ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari di impianti che beneficiano di incentivi un'alternativa tra continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo oppure optare per la fruizione di un incentivo ridotto a fronte di una proroga del periodo di incentivazione. In tal modo si cerca di ridurre il peso della componente A3 sulle bollette dei prossimi anni, senza effetti retroattivi sui contratti già stipulati.
      Sempre nell'ottica della riduzione degli oneri di sistema, il decreto-legge «del fare» aveva provveduto a rideterminare le modalità di calcolo del «costo evitato di combustibile» (CEC) applicato agli impianti che godono delle tariffe Cip6.
      Anche l'introduzione dei tetti massimi di spesa annua d'incentivazione ha l'obiettivo di programmare una crescita equilibrata dell'energia rinnovabile. Il tetto di spesa per il fotovoltaico, pari a 6,7 miliardi, è stato raggiunto il 6 giugno 2013 e, in accordo con le previsioni del DM 5 luglio 2012, il conto energia ha cessato di applicarsi il 6 luglio 2013, fatta eccezione per taluni impianti collocati in determinate zone terremotate. Per le altre fonti rinnovabili elettriche, il tetto massimo di spesa annua d'incentivazione è stato posto a 5,8 miliardi (a fine 2013 il valore raggiunto era di 4,6 miliardi). Dal mese di luglio 2013 è inoltre attivo il cosiddetto «Conto termico», volto a incentivare gli interventi di efficientamento negli edifici della PA (al quale vengono dedicati circa 200 milioni l'anno).
      La legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 154) prevede infine che, entro il 30 giugno 2014, venga aggiornato il sistema di incentivi per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili, determinati, ai sensi dell'articolo 28, comma 2, lettera g), del decreto legislativo n.  28 del 2011, con decreti del Ministro dello sviluppo economico. L'aggiornamento deve avvenire secondo criteri di diversificazione e innovazione tecnologica e di coerenza con gli obiettivi di riqualificazione energetica degli edifici della Pubblica Amministrazione previsti dalla direttiva 2012/27/UE.
      La stessa legge (articolo 1, comma 155) interviene, inoltre, sugli incentivi agli impianti di generazione di energia elettrica alimentati da bioliquidi sostenibili, introducendo un'opzione per gli impianti entrati in esercizio entro il 2012.
      Di recente approvazione risulta essere la legge di conversione del decreto legge 24 giugno 2014, n.  91, recante «Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe Pag. 387elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea».
      Ai sensi dell'articolo 23 i risparmi conseguenti alla riduzione di taluni oneri che gravano sulle bollette elettriche, derivanti dall'applicazione di disposizioni del medesimo provvedimento (fra cui quella relativa alla rimodulazione delle modalità e delle tempistiche di erogazione delle tariffe incentivanti dell'elettricità prodotta da impianti fotovoltaici) vengono destinati ai consumatori di energia elettrica dotati di connessioni a media e bassa tensione per utenze diverse dal residenziale e dall'illuminazione pubblica. Il medesimo meccanismo di destinazione dei risparmi è esteso anche a quelli conseguenti dall'attuazione delle disposizioni del citato decreto-legge 23 dicembre 2013 n.  145. Si attribuisce, infine, all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico il compito, mediante l'adozione di appositi provvedimenti, di assicurare che, a regime, la riduzione della bolletta elettrica non sia cumulata con le agevolazioni di cui godono le imprese ad alta intensità energetica e che i benefici siano ripartiti in modo proporzionale tra gli aventi diritto. In tale decreto sono individuati (articoli 24-30) alcune misure volte a ridurre gli oneri stessi, al fine di consentire l'effettiva riduzione della spesa energetica per i soggetti individuati nell'articolo 23.

      4. Sviluppo di un mercato elettrico pienamente integrato con quello europeo. Durante la legislatura in corso si è realizzata la riforma dei meccanismi di remunerazione della capacità elettrica (capacity payment), con il fine di ridurre i rischi per la sicurezza energetica nazionale dovuti alla crisi del settore termoelettrico, causata dalla veloce espansione delle fonti rinnovabili e dal calo della domanda di energia elettrica (overcapacity), cercando di introdurre un sistema «ponte» con lo scopo di evitare dismissioni di impianti necessari alla sicurezza e alla fornitura di servizi di bilanciamento e riserva, fino all'avvio del mercato a lungo termine della capacità.
      La Legge di Stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 153) ha demandato al Ministro dello sviluppo economico la definizione, entro novanta giorni, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, condizioni e modalità per la definizione di un sistema di remunerazione di capacità produttiva in grado di fornire gli adeguati servizi di flessibilità, nella misura strettamente necessaria a garantire la sicurezza del sistema elettrico e la copertura dei fabbisogni effettuata dai gestori di rete e senza aumento dei prezzi e delle tariffe dell'energia elettrica per i clienti finali.
      L'Autorità, in seguito a tali disposizioni, ha posto in essere un documento per la consultazione (n.  234/2014) finalizzato alla formulazione di una proposta al Ministero dello sviluppo economico in merito ai servizi di flessibilità.
      All'esito della consultazione l'Autorità ha adottato la delibera 30 giugno 2014 n.  320/2014/R/eel, con cui viene reso il parere al Ministero dello Sviluppo Economico per l'integrazione della disciplina del meccanismo transitorio e definitivo di remunerazione della capacità rispetto alle esigenze di flessibilità del sistema elettrico.
      Nella stessa data il Ministero ha adottato il decreto di approvazione della proposta di Terna relativa al mercato della capacità a regime, che dovrà entrare in vigore dal 2017 (ma le cui attività propedeutiche dovranno ricevere attuazione dai prossimi mesi). Tale proposta, su cui l'Autorità ha espresso parere favorevole, è stata elaborata secondo i criteri definiti dalla stessa Autorità.
      Riguardo alla riduzione dei prezzi dell'energia, il decreto-legge «del fare» ha rideterminato le modalità di calcolo del «costo evitato di combustibile» (CEC) applicato agli impianti che godono delle tariffe Cip6. In particolare dal 2014, il valore del CEC è aggiornato trimestralmente in base al costo di approvvigionamento del gas naturale nei mercati all'ingrosso, ed è prevista una deroga per agevolare gli impianti di termovalorizzazione di rifiuti, per i quali il valore del CEC è Pag. 388determinato tenendo conto di un peso dei prodotti petroliferi paniere di riferimento pari al 60 per cento. La deroga dunque non vale solo per i termovalorizzatori di più recente costruzione, bensì per tutti i termovalorizzatori in esercizio ammessi al regime CIP6. La deroga, inoltre, opera fino al completamento del quarto (o dell'ottavo anno nelle zone di emergenza rifiuti) a partire dalla data di entrata in vigore del decreto, e non dall'inizio dell'esercizio del termovalorizzatore.
      Con riguardo alla riduzione dei prezzi dell'energia elettrica può essere considerata altresì la disposizione che destina le risorse derivanti dall'estensione della Robin tax (di cui al comma 1 del medesimo articolo 5), alla riduzione della componente A2 della bolletta elettrica, una volta sottratta la quota da utilizzare per la copertura finanziaria disposta dall'articolo 61 del decreto.
      Con il decreto-legge 145/2013 (cd. «Destinazione Italia») sono state riformulate le norme relative al progetto di realizzazione di una centrale termoelettrica a carbone, dotata di apposita sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta (CCS), da realizzare sul territorio del Sulcis Iglesiente, in prossimità del giacimento carbonifero. La Regione Sardegna, entro il 30 giugno 2016, potrà bandire una gara per realizzare tale centrale. Al vincitore sarà assicurato il prelievo dell'energia a prezzi incentivati, con copertura degli oneri mediante prelievo sulle tariffe elettriche.

      5. Ristrutturazione del settore della raffinazione e della rete di distribuzione dei carburanti. Nella legislatura in corso, il decreto-legge 69/2013 (cd. «del fare») ha previsto alcune disposizioni sulla rete di distribuzione dei carburanti, con le quali si estende la destinazione del fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti anche all'erogazione di contributi per la chiusura di impianti di distribuzione di carburanti liquidi e la loro contestuale trasformazione in impianti di distribuzione esclusiva di metano o GPL per autotrazione.
      Si ricorda che durante la XVI legislatura sono stati varati alcuni interventi normativi mirati all'ammodernamento e alla liberalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti.
      Nel corso della manovra estiva del 2011, l'articolo 28 del decreto-legge 98/2011 aveva integrato la disciplina in materia di razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti (dettata dal D.Lgs. 11 febbraio 1998, n.  32) al fine di stimolare il processo di chiusura di impianti di distribuzione marginali e porre le premesse per un nuovo e più articolato regime dei rapporti tra titolari e gestori degli impianti di distribuzione carburanti.
      La gestione degli impianti di distribuzione di carburanti può essere infatti effettuata sia direttamente dal proprietario dell'impianto e titolare della licenza (per lo più una Compagnia petrolifera, in altri e minori casi i cosiddetti distributori «indipendenti»), sia da soggetti diversi denominati «gestori».
      Successivamente, gli articoli 17-20 del decreto-legge 1/2012 (decreto «liberalizzazioni») sono intervenuti con norme che puntano a promuovere lo sviluppo di operatori indipendenti ed impianti multimarca, agendo anche sulla diversificazione delle tipologie contrattuali che legano produttori e distributori di carburanti.
      In particolare, l'articolo 17 recepisce, fra l'altro, una richiesta di liberalizzazione contenuta nella segnalazione 5 gennaio 2012 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, secondo la quale un elemento del sistema della distribuzione carburanti in Italia che appare meritevole di immediate modifiche proconcorrenziali è «quello relativo ai rapporti tra soggetti a diversi livelli della filiera, da un lato i proprietari degli impianti (assai spesso anche fornitori e raffinatori) e dall'altro i gestori. Tali rapporti risultano allo stato eccessivamente vincolati da quella che a lungo è stata l'unica forma contrattuale ammessa dalla legge (D.Lgs. n.  32/98), vale a dire la cessione dell'impianto dal proprietario al gestore in comodato gratuito e il corrispondente contratto di fornitura in esclusiva del prodotto. Ciò ha comportato, Pag. 389da una parte, che i gestori possono approvvigionarsi solo dalla società petrolifera che ha la proprietà dell'impianto, o che abbia concluso con il proprietario dello stesso un contratto di convenzionamento, e dall'altra, che ciascuna società petrolifera rifornisce di carburanti solo i punti vendita che espongono i suoi marchi e colori. Gli aspetti economici di tali rapporti sono inoltre fissati da accordi aziendali stipulati tra le società petrolifere e le associazioni di categoria dei gestori (articolo 1, comma 6, D.Lgs. n.  32/1998 e articolo 19, comma 3, L. n.  57/2001). Su questo specifico tema l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sottolineato che le due citate tipologie contrattuali, comodato gratuito e fornitura in esclusiva, appaiono intimamente connesse e che al mutare dell'una dovrebbe necessariamente mutare anche l'altra. L'articolo 28 del decreto-legge n.  98/2011 ha previsto che in alternativa al contratto di fornitura si possano utilizzare anche altre tipologie contrattuali per l'approvvigionamento degli impianti, purché tali tipologie di contratti siano state precedentemente tipizzate attraverso la stipula di accordi aziendali tra le società petrolifere e le associazioni di categoria dei gestori. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ritiene che tale normativa vada modificata nel senso di estendere la liberalizzazione delle forme contrattuali a tutte le relazioni tra proprietari e gestori e dunque anche a quelle relative all'utilizzo delle infrastrutture (per cui è attualmente previsto solo il comodato gratuito), consentendo l'utilizzo di tutte le tipologie contrattuali previste dall'ordinamento (ad esempio: l'affitto dell'impianto di distribuzione) e, soprattutto, eliminando il vincolo della tipizzazione tramite accordi aziendali, che, oltre a rallentare il processo di apertura alle nuove forme contrattuali, non consente di superare elementi di natura collusiva nel processo di fissazione dei modelli di contratto. Questa piena liberalizzazione delle forme contrattuali consentirebbe, da un lato, di aumentare l'autonomia del gestore rispetto al soggetto proprietario dell'impianto incentivando, ad esempio, forme di aggregazione di piccoli operatori nell'attività di approvvigionamento, dall'altro, potrebbe consentire alle società petrolifere di rifornire anche punti vendita non appartenenti alla propria rete rendendo possibile la nascita di impianti nella sostanza multimarca. L'accrescimento dell'autonomia degli attori del mercato ed in particolare dei gestori consentirebbe a questi ultimi di caratterizzarsi come veri e propri soggetti imprenditoriali, in grado di utilizzare tutti gli strumenti commerciali per ricavarsi i propri spazi sul mercato, rispondendo alla pressione concorrenziale degli altri soggetti non verticalmente integrati e contribuendo essi stessi ad una maggiore concorrenzialità del mercato della distribuzione di carburante».
      Più nel dettaglio, l'articolo 17 sancisce innanzi tutto il principio per cui i gestori di impianti di distribuzione carburanti che siano anche titolari della relativa autorizzazione petrolifera possono liberamente rifornirsi da qualsiasi produttore o rivenditore. Nei casi poi in cui siano attualmente in vigore, tra tali gestori-titolari e un produttore-rivenditore, clausole di esclusiva, la norma prevede un regime transitorio. In base ad esso, a decorrere dal 30 giugno 2012 i contratti di esclusiva perdono efficacia per la parte eccedente il 50 per cento della fornitura pattuita e comunque per la parte eccedente il 50 per cento di quanto erogato nel precedente anno dal singolo punto vendita. In conseguenza, le stesse parti possono rinegoziare le condizioni economiche e l'uso del marchio.
      Inoltre, – attraverso la riformulazione dei commi 12, 13 e 14 dell'articolo 28 del decreto-legge 98/2011 – mira a promuovere concretamente e ulteriormente la diversificazione delle forme contrattuali tra proprietari degli impianti e gestori ulteriori e diverse rispetto a quelle, attualmente previste, del comodato, fornitura e somministrazione.

      6. Sviluppo sostenibile della produzione nazionale di idrocarburi. Secondo il Rapporto 2014 della Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del Pag. 390MiSE, il settore esplorazione e produzione di idrocarburi in Italia nel 2013 non ha espresso il suo potenziale né raggiunto tutti i suoi obiettivi. La situazione internazionale evidenzia tutta l'importanza dell'indipendenza energetica per i Paesi UE: a fronte di uno sviluppo delle fonti rinnovabili fortemente accentuato ed incentivato, l'Italia rimane tra i grandi Paesi europei il più vulnerabile. Escluso il settore nucleare e i nuovi sviluppi per il carbone (a meno di un effettivo avvio di progetti CCS), con le importazioni via tubo di gas a fortissimo rischio sia da nord che da sud ed una capacità di rigassificazione limitata, il contributo delle risorse fossili domestiche, in misura almeno pari a quello previsto dalla Strategia Energetica Nazionale, risulta indispensabile.
      Nel 2013 i livelli produttivi di olio e gas si sono mantenuti sulla linea di ripresa avviata nel 2009, ma la ridottissima attività esplorativa e le crescenti difficoltà amministrative e territoriali nella esecuzione di perforazioni di ricerca, di sviluppo e di accertamento fanno supporre che già dal 2014 si vedranno gli effetti del blocco delle nuove attività con le prime contrazioni di produzione e di occupazione. Numerosi operatori internazionali, da tempo presenti per investire in Italia per il suo potenziale produttivo e in attesa da anni di ottenere permessi e autorizzazioni, potranno lasciare il Paese, attratti dalle prospettive crescenti di altre aree mediterranee, dove è in corso un forte e rapido sviluppo di attività esplorativa, in particolare in mare.
      Al contrario, la Strategia Energetica Nazionale prevede un progressivo aumento delle produzioni nazionali, fino a raggiungere nel 2020 i livelli degli anni ’90. Per ottenere questo risultato, tecnicamente alla portata del potenziale di riserve del Paese, occorre attivare al più presto una diversa politica di concertazione con i territori interessati e promuovere processi amministrativi molto più efficienti degli attuali.
      I risultati infatti non sono molto incoraggianti: anche se si è registrato un leggero incremento della produzione totale di idrocarburi (il 2 per cento rispetto al 2012), confermando il trend di lento ma costante aumento degli ultimi anni, si è riscontrato un forte decremento della produzione di gas (-10 per cento) dovuto al naturale calo di produzione di campi in fase avanzata di coltivazione e al blocco di molti progetti in attesa delle autorizzazioni.
      Seppure il settore esplorazione e produzione di idrocarburi sembrerebbe aver avuto nel 2013 più ombre che luci, non si possono ignorare numerosi importanti elementi positivi. Prosegue infatti, lentamente, l'aumento della capacità di stoccaggio (aumentata rispetto all'anno precedente del 5,18 per cento) e sono in corso programmi per garantire una maggiore capacità di punta per far fronte ad eventuali emergenze. I dati relativi alla sicurezza e ambiente, infine, sono di assoluto rilievo. Il settore infatti si caratterizza per una crescente forte riduzione degli incidenti e degli infortuni, in particolare nell'offshore. Permangono, tuttavia, resistenze rappresentate in sede locale sotto il profilo della sostenibilità ambientale e dell'uso del territorio.

7. Modernizzazione del sistema di governance del settore. Si trova attualmente all'esame delle Camere un disegno di legge di revisione costituzionale (A.S. 1429), che incide sul Titolo V della Parte seconda della Costituzione. Il vigente elenco delle materie e delle funzioni di competenza statale «esclusiva» viene integrato includendovi, tra l'altro, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionali dell'energia, nonché le infrastrutture strategiche e le grandi reti di trasporto e di navigazione d'interesse nazionale e le relative norme di sicurezza. L'attribuzione dell'insieme di queste materie, che presentano evidenti profili di connessione, alla legge statale, costituisce la premessa indispensabile per recuperare una effettiva e unitaria capacità decisionale in ambiti essenziali per la competitività e il rilancio della crescita industriale, economica e sociale del Paese.

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3. I contributi dei soggetti auditi

Assomineraria

PIETRO CAVANNA, Presidente

      Assominerariarappresenta più di 110 società ad alto contenuto tecnologico, che erogano beni e servizi alle società impegnate nella ricerca e produzione di idrocarburi.
      Nel 2012 la produzione di idrocarburi in Italia è stata di 12,2 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, che hanno rappresentato un contributo pari al 7 per cento dei fabbisogni energetici italiani, e quindi più o meno il 10 del fabbisogno di idrocarburi degli italiani.
      Quest'attività ha contribuito sul fronte fiscale per oltre 1,6 miliardi di euro a Stato, regioni e comuni, tra imposte, royalties e canoni.
      Il settore occupa 65 mila addetti, di cui 13 mila direttamente coinvolti nell'attività in Italia e il rimanente all'estero, a cui si aggiungono altri 30 mila addetti in un indotto non specialistico, per un totale di 95 mila occupati.
      Il dott. Cavanna ha sottolineato il grande rispetto per l'ambiente e sicurezza sul lavoro sia a mare sia a terra. In particolare, ha precisato che nell'attività off-shore a mare viene applicata la policy di zero discharge, ovvero nulla è rilasciato a mare, tutto è recuperato, a cominciare dai detriti di perforazione, alle acque reflue, alle acque nere, quindi alle grigie e a quelle meteoriche. Le regole applicate da Assomineraria sono tra le più severe in campo internazionale, secondo lo stesso rigore di quelle applicate nel Mare del Nord.
      Secondo il dott. Cavanna, le nuove regole emanate dall'Unione europea per l'off-shore, non sembrano aggiungere nulla a quelle già in vigore.
      Il controllo e la sorveglianza dell'attività di produzione e ricerca di idrocarburi è eseguito in maniera continua e rigorosa da parte dell'Ufficio UNMIG, Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che dipende dal Ministero dello sviluppo economico.
      Il dott. Cavanna ha inoltre ricordato che nella SEN non è permessa la ricerca di shale gas, come invece avviene in America; allo stesso modo, non sono permesse attività di esplorazione e produzione in aree sensibili sia a terra sia a mare.
      Il personale operativo delle aziende associate ad Assomineraria è addestrato ad affrontare incidenti ed è dotato di mezzi e risorse idonee e adeguate. Periodicamente, sono eseguite esercitazioni di sicurezza, con il coinvolgimento delle Capitanerie di porto per quanto riguarda l'attività a mare.
      L'integrazione tra ambiente e turismo è anche testimoniata, secondo il Presidente di Assomineraria, dalla qualità delle spiagge romagnole, dove l'attività di esplorazione è presente con oltre 40 impianti. La Riviera ha ottenuto, nel 2012, ben 96 bandiere blu, risultando la prima in Italia.
      Riguardo alla sicurezza sul lavoro, secondo dati dell'INAIL il settore presenta un numero medio di infortuni minore di molti settori del terziario e ben al di sotto dei settori equivalenti, quali metallurgico e delle costruzioni, e vanta performance in continuo miglioramento.
      L'Italia – ha rilevato il dott. Cavanna – ha un grande potenziale di riserve e può raddoppiare la produzione nel giro di qualche anno; addirittura, a parità o riduzione degli esistenti impianti e infrastrutture, grazie anche alle tecnologie oggi disponibili. Si innescano, in questo modo, anche ricadute molto significative in termini di occupazione e di fiscalità.
      Gli operatori associati ad Assomineraria hanno individuato 80 progetti di diverse dimensioni, per un investimento che arriva a 17 miliardi di euro, da realizzarsi in 4-5 anni. Tali realizzazioni significherebbero sicuramente un incremento dell'occupazione per almeno 25 mila posti di lavoro, entrate fiscali di oltre 3 miliardi di euro, contro gli 1,6 del 2012, una bolletta Pag. 392energetica con una riduzione di ulteriori 5 miliardi, per un totale di 10 miliardi di euro all'anno.
      Un aumento di produzione migliorerebbe, peraltro, la sicurezza energetica. L'Italia dipende infatti per l'84 per cento dall'importazione di idrocarburi e che le previsioni per il 2025 non sono molto distanti da questa cifra, rispetto alla media europea, intorno al 53 per cento. Il sistema di importazione è inoltre molto fragile ed esposto agli equilibri instabili dei Paesi che esportano gas verso l'Italia. Un aumento della nostra produzione migliorerebbe, secondo il dott. Cavanna, questo sistema di approvvigionamento e ridurrebbe il trasporto marittimo, che rappresenta una delle cause di maggiore inquinamento del Mediterraneo.
      Assomineraria giudica la SEN uno strumento essenziale, utile e conveniente per la politica energetica italiana. Pur tuttavia, si augura che alcune misure siano messe a punto in modo da permettere un più facile raggiungimento degli obiettivi di produzione e anche al fine di non allontanare investimenti di investitori sia italiani sia stranieri, che potrebbero prendere altre strade.
      Il dott. Cavanna conclude il suo intervento con alcune raccomandazioni:
          che la SEN non resti un documento, ma si trasformi effettivamente in una realtà;
          di ottenere una stabilità fiscale e contrattuale, in quanto gli investimenti in ricerca e produzione di idrocarburi sono a rischio, ingenti e richiedono certezza per il futuro;
          di una normativa che rispetti gli standard internazionali, e quindi di un Titolo unico;
          di evitare la conflittualità tra Stato e regioni, che porta all'allungamento dei tempi autorizzativi;
          una ridistribuzione, non un aumento, delle royalties a maggior vantaggio delle amministrazioni locali, delle province e delle regioni interessate a tale attività.

Federutility

FABIO SANTINI, Direttore dell'Area mercato dell'energia

      Il dott. Santini ha esordito ricordando che Federutility ha condiviso gli obiettivi della SEN, che rappresentano un tentativo di ricondurre i prezzi dell'energia del nostro Paese a valori omogenei o conformi rispetto a quelli degli altri Paesi europei per incrementare la competitività delle imprese e ridurre l'onere sulle famiglie, e ne ha condiviso anche gran parte degli strumenti. Ha inoltre auspicato che questo documento non resti di buone intenzioni, ma che venga attuato attraverso strumenti adeguati, in quanto nel settore dell'energia le scelte di investimento sono importanti e richiedono tempi di ritorno molto elevati. Per gli operatori, avere la certezza degli indirizzi energetici del Paese è fondamentale per orientare, appunto, le proprie politiche di investimento. Federutility ha apprezzato il fatto che il Paese sia tornato a definire delle linee di politica energetica e vorrebbe che fossero il più possibile cogenti per consentire di effettuare investimenti.
      Anzitutto il dott. Santini si è soffermato su uno dei core business dell'attività delle associate a Federutility, ossia la distribuzione di energia elettrica e di gas. Le reti distributive sono infatti in una fase cruciale della loro storia e della loro evoluzione, sia per le reti di distribuzione del gas che quelle elettriche.
      La distribuzione del gas sta affrontando un periodo di ridefinizione dell'assetto industriale. Sono in procinto di essere avviate le gare per la distribuzione gas su ambiti territoriali di una certa dimensione, che dovrebbero portare a superare la frammentazione della gestione attuale, quindi a incrementare un'efficienza gestionale e la capacità di investimento dei soggetti operatori e, di conseguenza, i livelli di qualità del servizio. Tutto ciò, ovviamente, è finalizzato a facilitare anche lo sviluppo del mercato concorrenziale della vendita. Le gare vedranno un elemento Pag. 393prioritario al centro di questa competizione rappresentato dall'elemento finanziario. Il passaggio di mano di questi impianti di distribuzione gas muoverà ingenti somme di denaro. Federutility chiede dunque che le regole alla base della competizione siano non discriminatorie. In particolare, il valore effettivo di questi impianti deve essere riconosciuto a tutti gli operatori e non soltanto ad alcuni, in particolare ai subentranti, come secondo il dott. Santini sta prospettando l'Autorità nella regolazione che si sta formando.
      Un altro elemento che Federutility giudica discriminatorio per alcuni operatori è rappresentato da un provvedimento in gestazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e che riguarda l'assoggettamento al patto di stabilità interno degli operatori di natura pubblica.
      Naturalmente, tali vincoli sulla capacità di indebitamento di queste imprese portano come conseguenza la loro esclusione dalle gare. Benché economicamente sane, infatti, con bilanci in attivo, si vedono le mani legate dalle limitazioni all'indebitamento, quindi sostanzialmente da una discriminazione rispetto ad analoghi operatori privati.
      Federutility chiede che non vi siano questi vincoli, che eventualmente dei vincoli possano gravare solamente su società che presentano deficit di bilancio, mentre quelle economicamente sane possano essere messe nelle condizioni di competere al pari degli altri.
      Analogo discorso può essere condotto per le reti di distribuzione elettrica. Anche in questo caso, infatti, siamo di fronte a un cambiamento epocale di configurazione delle reti. La crescita della generazione diffusa comporta, ovviamente, un ripensamento e una ridefinizione delle reti, forti investimenti su di esse, che dovranno sempre più assumere la connotazione di smart grid. La smart grid è in pratica un adeguamento dell'attuale rete di distribuzione al nuovo funzionamento imposto dalla generazione distribuita e anche dai nuovi utilizzi, come ad esempio lo sviluppo della mobilità elettrica. Anche in questo caso, bisognerà investire molto su queste reti affinché si possano cogliere i benefìci e i frutti di questa trasformazione di sistema.
      È molto importante, sia per le reti distributive gas sia per quelle elettriche, che i sistemi tariffari sostengano le politiche di investimento.
      Federutility considera miope cercare di comprimere i prezzi dell'energia attraverso la riduzione delle tariffe di distribuzione regolate, che impedirebbe lo sviluppo di nuovi investimenti, funzionali per ottenere quella riduzione dei prezzi attraverso i sistemi di mercato.
      Secondo i dati forniti da una ricerca di Althesys, gli investimenti sui territori delle imprese che aderiscono a Federutility sono pari a circa 2 miliardi di euro, dei quali più della metà sono sviluppati dal settore energetico e in grado di avere ricadute in termini di indotto per circa 7 miliardi e 40 mila occupati. Si tratta inoltre di investimenti diffusi, che quindi hanno ricadute dirette sulle città e sui piccoli centri.
      Federutility ambisce ad aumentare questi numeri in futuro, attraverso adeguate politiche tariffarie, che consentano di investire con la doppia finalità di promuovere questi cambiamenti nel settore energetico e dare respiro alle economie territoriali attraverso questo tipo di lavori.
      Un altro tema sul quale il dott. Santini si è soffermato è quello dell'efficienza energetica. Federutility ha condiviso che la SEN metta al primo posto la efficienza energetica tra le priorità del Paese, in quanto i TEP, tonnellate equivalenti di petrolio, risparmiati sono sostanzialmente quelli che costano meno. Anche negli strumenti di promozione dell'efficienza energetica si riscontra che la promozione ha garantito un'efficienza maggiore anche rispetto, ad esempio, all'incentivazione delle fonti rinnovabili.
      Occorre però adottare strumenti anche sostenibili da parte delle imprese, con particolare riferimento al sistema dei titoli di efficienza energetica, i certificati bianchi, una delle tre gambe su cui si muove la promozione dell'efficienza energetica del nostro Paese. Un altro aspetto è rappresentato dai benefici fiscali; un altro ancora sono le fonti termiche rinnovabili.Pag. 394
      I titoli dell'efficienza energetica sono un meccanismo che il nostro Paese ha introdotto primo tra tutti in Europa. Ha dato dei frutti molto positivi nella prima fase. Adesso, praticamente la quasi totalità delle imprese, soggetti obbligati in questo settore, che sono tenute ad acquistare titoli lamentano perdite di bilancio.
      Il dott. Santini ha sottolineato l'insostenibilità di questa situazione. L'efficienza energetica non può essere ottenuta a scapito dei soggetti operatori. Occorre dunque che siano adottati strumenti correttivi che consentano alle imprese di operare con margini di rischio certo, non con la certezza di perdite economiche.
      Il Ministero dello sviluppo economico è impegnato nella definizione delle linee guida per lo sviluppo degli interventi di efficienza energetica. Federutility chiede che contengano flessibilità e che attribuiscano al mercato dei titoli un riequilibrio tra domanda e offerta, in quanto ad oggi il mercato è assolutamente sbilanciato sulla domanda.
      Un ulteriore tema fondamentale è la crisi del settore termoelettrico nel nostro Paese. Rappresentiamo, infatti, il Paese in cui, a valle della liberalizzazione del settore elettrico, le imprese si sono impegnate nella realizzazione e nel rinnovo di impianti termoelettrici, in quanto con il famoso decreto «sbloccacentrali», è stata favorita la realizzazione di nuove centrali termoelettriche. Il Paese aveva, infatti, bisogno di potenza di energia dopo il noto black-out. Queste imprese hanno investito 20 miliardi di euro in 10 anni per il rinnovo del parco di generazione. Ci troviamo in una situazione contingente che speriamo sia, quanto meno, di breve durata – ma è sicuramente molto grave data la crisi economica – che ha portato a una forte contrazione della domanda e, ovviamente, alla crescita del settore del rinnovabile. Ciò ha portato questi impianti a funzionare in maniera assolutamente inadeguata rispetto ai termini per i quali erano stati progettati.
      Oggi, questo parco di generazione, efficiente e ambientalmente compatibile rispetto a molte altre forme di generazione, presenta una sottoutilizzazione tale, per cui molte imprese hanno annunciato la chiusura di impianti e hanno operato, purtroppo, la messa in cassa integrazione di chi vi opera.
      Si tratta oltretutto di impianti ancora essenziali per il funzionamento del sistema elettrico nazionale, che forniscono il backup necessario alla produzione da fonti rinnovabili, molte delle quali, purtroppo, presentano caratteristiche di intermittenza rispetto alle quali, in futuro, sicuramente si potranno porre rimedi. Nell'immediato, però, il servizio di backup è fornito da questi impianti, che secondo il dott. Santini devono essere remunerati per il servizio che forniscono al sistema elettrico nazionale.
      Un ulteriore tema affrontato è rappresentato dall'evoluzione del mercato del gas. Tale mercato si differenzia molto dal mercato elettrico, dipendendo dalle importazioni, da contratti take or pay a lungo termine, molti dei quali stipulati in tempi anche abbastanza lontani, che si sono rivelati particolarmente onerosi.
      Assoelettrica ha condiviso il piano di realizzazione delle infrastrutture proprio per incrementare la capacità di importazione anche da nuovi Paesi produttori, ma non condivide alcune posizioni dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas in virtù della contrazione della domanda, in particolare la negazione a riconoscere garanzie finanziarie agli impianti. Ritenendo che ci sia già una overcapacity di importazione di gas, non si vogliono infatti riconoscere alcuni sostegni di tipo economico forniti a questi impianti di importazione, in particolare ai terminali di rigassificazione, già programmati e in corso di realizzazione, in qualche caso ultimati, che potrebbe portare a nuove capacità di approvvigionamento a prezzi minori di gas nel nostro Paese. Desta preoccupazione, secondo il dott. Santini, l'opposizione dell'Autorità a una sentenza del TAR che riconosce il diritto di chi realizza questi impianti a godere di garanzie finanziarie.
      Da ultimo, il dott. Santini ha richiamato la questione della governance del settore, ricordando che il sistema che ha Pag. 395bisogno di scelte e decisioni rapide, e non può permettersi pertanto sistemi di governance che allungano i processi decisionali. Su questo, Federutility raccomanda il massimo efficientamento dell'allocazione delle decisioni.

Fise Assoambiente

MONICA CERRONI, Presidente

      La dott.ssa Cerroni ha esordito presentando l'associazione da lei presieduta, che rappresenta a livello nazionale le imprese private di Confindustria che si occupano dell'igiene ambientale, di recupero di materia e recupero energetico. Il settore vanta un fatturato complessivo di 10 miliardi di euro l'anno e occupa più di 65 mila addetti. Il documento della SEN riconosce l'importanza del settore, ma, secondo la Presidente di Assoambiente, tutte le attività che sono seguite alla stesura della SEN non vanno in quella direzione.
      La dott.ssa Cerroni ha esaminato le ragioni deI ritardo rispetto agli altri Paesi europei nella valorizzazione del recupero energetico:
          l'assenza di stabilità nel valore dei certificati verdi: il sistema bancario e assicurativo non riesce a fare dei project finance adeguati perché la fluttuazione dei certificati verdi in una struttura con impianti così complessi impedisce di garantire certezze in un momento di crisi finanziaria;
          le lungaggini autorizzative.

      Secondo i dati dell'Ispra citati dalla Presidente di Assoambiente il 42 per cento dei rifiuti è conferito in discarica. Per superare la discarica occorre puntare su:
          raccolta differenziata e recupero di materia;
          recupero energetico.

      L'Italia come recupero di materia si colloca secondo l'Ispra al 37 per cento, quasi in linea con il 40 per cento europeo, ma al di sotto dei sei Paesi più green con il 58 per cento. Il recupero energetico in impianti di incenerimento dei rifiuti urbani risulta ancora al di sotto della media europea (al 17 per cento in Italia, al 23 per cento negli altri Paesi europei), e molto al di sotto della media di quei Paesi green che hanno addirittura il 42 per cento di termovalorizzazione. Da questi dati la presidente di Assoambiente evince l'interesse a promuovere azioni finalizzate al recupero di calore, di biogas, di termovalorizzazione, e a rinnovare alcuni impianti obsoleti per favorire un minore impatto ambientale.

LUCIANO PIACENTI, Presidente della sezione Gestione Impianti Rifiuti Urbani

      Il dott. Piacenti ha incentrato il suo intervento sui dati tecnici della termovalorizzazione dei rifiuti in rapporto al conferimento in discarica, nell'ottica che il trattamento dei rifiuti può costituire una fonte di energia rinnovabile.
      Utilizzare i rifiuti per produrre energia offre vantaggi rispetto al conferimento di rifiuti in discarica, in quanto per ogni tonnellata di rifiuti che noi termovalorizziamo o comunque valorizziamo energeticamente riduciamo di 500 chilogrammi il contributo di CO2 che mandiamo in atmosfera a parità di utilizzo rispetto alla discarica. Soprattutto c’è una minor produzione di metano, e questo tende ad avere un impatto molto efficace sull'abbattimento dei gas climalteranti.
      A livello nazionale siamo molto indietro rispetto agli altri Paesi europei. Annualmente produciamo (dati Ispra del 2011) circa 4 mila gigawattora elettrici e 2 mila gigawattora termici dal trattamento energetico dei rifiuti, che corrispondono all'1 per cento circa della produzione totale nazionale e solo al 5 per cento della produzione di rinnovabili.
      Secondo il dott. Piacenti, se riuscissimo, rispettando i parametri di legge, quindi con una raccolta differenziata che arrivasse al 65 per cento e con un 35 per cento di smaltimento di rifiuti non differenziabili e non recuperabili, a valorizzarli energeticamente, riusciremmo a raddoppiare Pag. 396questi valori e quindi a contribuire con un 10 per cento alla produzione di energia da fonti rinnovabili e ad arrivare quasi al 3 per cento della produzione energetica nazionale totale.
      Dopo aver citato alcuni esempi di impianti virtuosi nei paesi europei più green, il dott. Piacenti ha concluso rilevando un'ultima criticità del settore: gli interventi fatti sul costo evitato di combustibile (CEC) succedutisi nell'ultimo anno, che hanno pesantemente penalizzato gli operatori del settore. Questi avevano infatti già effettuato gli investimenti sulla base di incentivi e presupposti di ritorno economico derivanti dalla normativa previgente, che invece con effetti retroattivi sono stati ridotti, penalizzando pesantemente questo settore ma soprattutto i cittadini che vivono nelle regioni in cui sono necessari questi impianti che hanno diritto al CEC, perché questi sono collocati nelle regioni in cui è stata dichiarata l'emergenza rifiuti.
      Oltre alla valorizzazione energetica dei rifiuti, la medesima valenza hanno la produzione di biogas da rifiuti e da discarica.

Cittadinanzattiva

TIZIANA TOTO, Responsabile nazionale del settore energia e ambiente

      La dott.ssa Toto ha ricordato che Cittadinanzattiva e altre associazioni di consumatori hanno preso parte alla fase di consultazione della SEN, documento che in termini generali appare soddisfacente per gli obiettivi che si pone e per la visione d'insieme. Tuttavia Cittadinanzattiva rileva alcune criticità che afferiscono all'orizzonte temporale del 2020 considerato (troppo ravvicinato) e all'incertezza delle fonti di finanziamento degli investimenti necessari ad attuarla.
      Oltre a queste criticità di ordine generale, le associazioni dei consumatori hanno esposto una serie di rilievi relativi al costo dell'energia per i consumatori, allo sviluppo delle infrastrutture e del mercato elettrico, al tema dei carburanti e degli idrocarburi, alla governance del settore, all'efficienza energetica e allo sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili.
      In particolare, la dott.ssa Toto ha sottolineato la necessità di ridurre il costo delle bollette di energia elettrica e gas, che hanno invece fatto registrare importanti aumenti negli anni passati (solo dal secondo trimestre 2013 si sono registrate variazioni in diminuzione per quanto riguarda il gas), portando il 12 per cento delle famiglie italiane in situazioni di morosità nell'ultimo biennio.
      La crisi economica ha infatti aggravato la condizione di moltissime famiglie, incrementando notevolmente la morosità sulle utenze domestiche. Secondo dati Unirec, le pratiche di recupero crediti provenienti dalle public utilities per fatture non pagate rappresentano il 55 per cento del totale, superando anche quelle legate al mondo bancario, finanziario e del leasing.
      Nel solo 2011 si è registrato un incremento del 17 per cento dell'importo medio delle bollette insoluto, anche se, fatta 100 la morosità, le famiglie pesano soltanto per il 10 per cento del totale. Secondo Eurostat dal 2011 al 2012 in Europa i prezzi al dettaglio di gas ed elettricità per gli utenti domestici sono aumentati in media rispettivamente del 10,3 e del 6,6 per cento, con una forte disparità tra i diversi Paesi.
      Per quanto riguarda l'energia elettrica, l'Italia si è contraddistinta per i più elevati livelli di prezzo (il 17 per cento in più rispetto alla media europea), per l'aumento 2011-2012 (più 11,2 per cento) e per i più elevati livelli di tassazione (33,6 per cento).
      Nel caso del gas, il nostro Paese mostra un prezzo finale per gli utenti domestici del 35 per cento superiore alla media europea, inferiore solo a quello di Danimarca, Grecia e Svezia. L'aumento del 10,6 per cento verificatosi dal 2011 al 2012 è praticamente in linea con quello medio europeo, mentre l'incidenza delle tasse (33,4 per cento) rispetto al prezzo finale è di gran lunga superiore alla media europea.Pag. 397
      Un forte accento è stato posto sull'eccessivo livello di imposizione di oneri generali che gravano sulle bollette, che poco hanno a che fare con l'erogazione del servizio e che sono stati aggiunti negli anni per far fronte a situazioni specifiche, per poi rimanere però parte strutturale del tutto anche al venir meno delle stesse.
      Riguardo agli incentivi alle fonti rinnovabili, secondo Cittadinanzattiva questi dovrebbero passare sulla fiscalità generale e ne andrebbe ridisegnato il sistema, onde evitare di incentivare anche la produzione eccedente che va sprecata, come avviene oggi con il fotovoltaico, ed evitare di sprecare energia perché la rete non è in grado di distribuirla dove serve o di immagazzinarla e reimmetterla al bisogno, deficienza che ha segnato peraltro il fallimento della tariffa bioraria.
      Sebbene poi la SEN riconosca l'efficienza energetica come obiettivo prioritario, Cittadinanzattiva rileva ancora uno squilibrio tra gli incentivi in favore del settore elettrico e quelli previsti proprio per l'efficienza e le rinnovabili termiche.
      Sul fronte dei carburanti e degli idrocarburi, il riconoscimento di un carattere strategico alle attività di raffinazione e agli investimenti per la ristrutturazione nel settore denota, secondo la dott.ssa Toto, un persistente interesse al mantenimento in quota rilevante del mix di energia da fonti primarie da combustibili fossili. Il previsto supporto al settore industriale sembra destinato a drenare ingenti risorse, che potrebbero invece confluire su fonti rinnovabili e tecnologie di efficienza energetica.
      Nonostante la priorità assegnata al risparmio energetico, la strategia è molto incentrata sul rilancio delle fonti fossili, prevedendo la ricerca di petrolio sul territorio nazionale, che comunque è di entità irrisoria e si esaurirebbe nel giro di un anno o poco più. Cittadinanzattiva è invece favorevoli all'ipotesi di sfruttare il nostro posizionamento geografico per fare dell'Italia un hub del gas, per una maggiore indipendenza e sicurezza degli approvvigionamenti, consapevoli del fatto che, prima che le rinnovabili possano diventare una concreta alternativa al gas, passerà almeno un altro ventennio.
      Per quanto riguarda gli idrocarburi, l'obiettivo è il raddoppio della produzione nazionale, per il gas più 45 per cento estratto nel Paese. L'uso del carbone, il combustibile che emette maggiori quantità di anidride carbonica, non viene affatto intaccato dalla SEN, sebbene gli obiettivi ambientali impongano di ridurlo drasticamente.
      In tema di governance la SEN prevede un accentramento dei poteri, quindi in materia di energia risulterebbe un passo indietro sul decentramento. La proposta del Governo di una modifica costituzionale riporterebbe allo Stato la competenza decisionale per tutte le infrastrutture di rilevanza nazionale.
      La scelta presenta aspetti positivi, secondo Cittadinanzattiva, soprattutto nell'ottica di stabilire competenze chiare e sistemi di regole certe, ma pone una questione di democrazia, laddove potrebbe rappresentare una scorciatoia per «bypassare» il parere dei cittadini invece di negoziare opportuni strumenti di tutela e compensazioni delle popolazioni locali interessate dagli insediamenti. Il trasferimento di poteri allo Stato centrale sembra dunque non potersi conciliare con lo sviluppo delle fonti rinnovabili, che per loro natura sono diffuse, decentrate e vanno governate e gestite sui territori.

Federconsumatori

MAURO ZANINI. Vicepresidente responsabile del Dipartimento energia

      Il dott. Zanini ha incentrato il suo intervento sulle proposte avanzate dalle associazioni per ridurre le bollette a carico delle famiglie e delle imprese:
          eliminare l'agevolazione prevista negli oneri generali per la componente A4, che prevede delle riduzioni per l'energia per la rete ferroviaria italiana. Eliminare questa agevolazione può comportare un Pag. 398minor costo sulle bollette delle famiglie per il 2013 di 460 milioni di euro, ovvero l'1 per cento in meno;
          applicare già dal conguaglio 2012, nonché per tutto l'anno 2013, il nuovo metodo di aggiornamento nel CIP6 del costo evitato di combustibile (CEC), a differenza di quanto previsto dal decreto «del fare». Questo si tradurrebbe in un risparmio per le bollette delle famiglie italiane di altri 800 milioni di euro, ovvero un ulteriore 2 per cento di riduzione;
          eliminare l'iniquità generata dal decreto che ha ridotto con incentivi le bollette delle aziende energivore, scaricando sulle bollette delle utenze domestiche 600 milioni di euro di minor costo delle energie per le aziende energivore;
          togliere la componente degli oneri generali dalla base imponibile IVA della bolletta elettrica;
          togliere le imposte erariali e l'addizionale regionale dall'imponibile IVA della bolletta del gas metano;
          innalzare almeno fino a 1.500 metri cubi la soglia dello scaglione di aumento di aliquota IVA della bolletta del gas metano (per i primi 480 metri cubi di metano si paga l'IVA al 10 per cento, da 481 metri cubi si paga il 21 per cento);
          sterilizzare automaticamente l'incremento dell'IVA all'aumento del costo della materia prima. Nel 2010, la bolletta del gas si è attestata a 1.063 euro di media nazionale, l'anno successivo a 1.158 euro. Se quindi si applica l'IVA su un imponibile di 1.158 o di 1.063 euro, quando aumenta il costo della materia prima automaticamente c’è un maggior prelievo IVA sulle bollette delle famiglie italiane;
          rivedere il bonus energia e gas, riconsiderando la soglia di 7.500 euro, e semplificandone l'iter.

      Il dott. Zanini ha concluso sul tema del mercato retail. Nello scorso mese di agosto l'Autorità ha concluso l'indagine conoscitiva sull'andamento del mercato dell'energia e del gas, che ha evidenziato la delusione delle aspettative di milioni di consumatori che hanno scelto il mercato libero, che rappresentano il 21 per cento per l'energia e il 14 per cento per il gas. La maggior parte di chi ha scelto il mercato libero ha pagato di più rispetto al mercato tutelato. Su questo versante Cittadinanzattiva chiede di favorire maggiore concorrenza, informare meglio i consumatori e rendere obbligatoria la possibilità di comparazione delle società che vendono nel mercato libero con la stessa determinazione delle voci, perché altrimenti è un mercato selvaggio e il consumatore troppo debole non possiede gli strumenti per difendersi.

Assorinnovabili

GIOVANNI SIMONI, vicepresidente

      L'Ing. Simoni ha anzitutto ricordato che Assorinnovabili è nata dalla fusione di due realtà preesistenti, APER (Associazione produttori energia rinnovabile) e Assosolare (Associazione nazionale dell'industria solare fotovoltaica). L'associazione conta oggi 500 soci che controllano 1300 impianti, per circa 10 mila megawatt di potenza elettrica da fonti rinnovabili, ovvero più di un terzo di tutta la potenza italiana da rinnovabile.
      Assorinnovabili condivide gli obiettivi generali della SEN: competitività del sistema Italia, ambiente, sicurezza, crescita. Dal punto di vista degli imprenditori, tuttavia, occorre maggiore chiarezza sugli obiettivi a lungo e breve termine.
      In Italia il mercato elettrico è oggi stabile, da anni non aumenta e non prevede crescite neppure nei prossimi 7-8 anni, per varie motivazioni: la situazione economica generale, il risparmio, la delocalizzazione produttiva di alcuni impianti da parte di aziende che, trasferendosi all'estero, riducono la domanda di energia nel nostro Paese.
      Il consumo nazionale stimato per il 2020 non prevede aumenti (arriva a 345 terawattora rispetto ai 340 di ogg), ma all'interno di esso la quota derivante da Pag. 399rinnovabili dovrebbe crescere da 92 a 115 terawattora, raggiungendo il 33 per cento di energia elettrica da fonti rinnovabili.
      Il vicepresidente di Assorinnovabili ha poi illustrato i dati relativi al fotovoltaico, relativamente alla produzione e ai costi. In questi anni con il fotovoltaico abbiamo ottenuto un risparmio annuale di gas di circa 3 miliardi di euro l'anno. Ci sono quasi 600 mila impianti, con una produzione di energia elettrica decentrata molto diffusa. Questa struttura energetica nazionale, che oggi è di 18 mila megawatt di solo fotovoltaico, è stata realizzata con un finanziamento vario: circa 50 miliardi negli scorsi anni, con una prevalenza di debito bancario – le banche, cioè, hanno finanziato pesantemente questa struttura, per circa il 70 per cento, pari a circa 35 miliardi nel complesso – e fondi provenienti dall'estero per circa il 25 per cento del totale dei 50 miliardi, quindi circa 12-12,5 miliardi. Evidentemente, questo afflusso di denaro è stato attratto da un'interessante prospettiva di reddito dovuta agli incentivi concessi dai diversi Governi e attualmente esauriti per i nuovi impianti. In aggiunta, è stata introdotta la Robin Tax, anche per gli impianti di più ridotta dimensione e imposte di oneri di sbilanciamento.
      Assorinnovabili è favorevole alla prospettiva di finanziare il GSE (Gestore dei servizi energetici) per mantenere il livello di erogazione verso i proprietari di impianti, attraendo dal mercato una parte di queste risorse finanziarie, invece che dalle bollette. L'associazione è invece contraria alle misure che tolgono certezza circa il prezzo a cui poter vendere l'energia elettrica prodotta dagli impianti rinnovabili.
      Ancora sulla prospettiva dei bond; e quando si toglie certezza, evidentemente, si insinuano dubbi e le banche, se possono – oggi sono molto coinvolte sul passato – si ritirano dal gioco.
      Mentre l'idea di portare una parte di questi oneri sul mercato, come abbiamo già detto in vari comunicati, ci trova d'accordo, siamo fortemente contrari, come potete capire, a ogni misura retroattiva.
      Infine, l'Ing. Simoni ha elencato alcuni punti-chiave per la politica nazionale:
          promuovere la generazione distribuita, cioè la generazione di impianti di produzione elettrica decentrata, di diverse dimensioni e in diversa forma, che significa sostanzialmente riuscire a produrre là dove c’è il consumo;
          favorire gli accumuli elettrici;
          integrare meglio le reti rinnovabili nella rete elettrica;
          razionalizzare tutti gli oneri di sistema attraverso un confronto diretto anche con gli operatori, per determinare quali sono i criteri con i quali si fanno i conti;
          riformare il sistema dell'emission trading, cioè lo schema che oggi associa alla quantità di CO2 risparmiata valori molto bassi, che certamente non contengono il costo di tutte le esternalità delle produzioni fossili;
          risolvere il problema dell'overcapacity, in quanto oggi in Italia abbiamo una capacità complessiva di potenza elettrica installata che è circa il doppio di quanto possa servire nei momenti di punta.

Anigas

BRUNO TANI, presidente

      L'Ing. Tani ha presentato l'associazione di cui è presidente, che rappresenta circa il 65 per cento del mercato del gas italiano. Anigas comprende le aziende italiane più grandi (come ENI ed ENEL), le imprese straniere operanti in Italia (i tedeschi di E.ON, i francesi di Gaz de France, gli spagnoli di Gas Natural), e in più numerose piccole e medie aziende italiane. Il restante 35 per cento del mercato è rappresentato dalle aziende ex municipalizzate, molte delle quali oggi sono quotate in borsa, le famose multiutility, ma anche monoutility, di estrazione pubblica, associate in Federutility.
      Riguardo alla Strategia energetica, l'Ing. Tani affronta per primo il problema Pag. 400della governance: investitori, aziende, operatori hanno bisogno di stabilità e hanno bisogno di certezze sulla continuità e sul corretto impiego degli investimenti. A tale riguardo, Anigas è favorevole alla proposta riforma del Titolo V della Costituzione per fare in modo che le scelte strategiche nazionali siano di competenza statale, e anche per semplificare le procedure di autorizzazione.
      Una delle critiche che Anigas rivolge alla Strategia energetica nazionale è che si è data degli obiettivi che vanno oltre gli impegni di Kyoto, e questi obiettivi costano. Queste attività, infatti, come la riduzione dell'impatto di emissioni di CO2, come tutti gli obiettivi di risparmio energetico, compresi quelli di efficientamento, ovviamente hanno dei costi.
      A tal proposito l'Ing. Tani ha richiamato l'attenzione sul gas. L'Italia è il Paese che più di altri usa il gas per la produzione di energia elettrica e per i fabbisogni energetici in generale. C’è, dietro a questo, una ragione storica: la rinuncia al nucleare ci ha portato a concentrarci sul gas.
      Nell'incentivare le fonti rinnovabili, tuttavia, non si è tenuto conto del tasso di inquinamento della fonte primaria che si andava a «spiazzare», in quanto se sostituisco il carbone, porto un grande beneficio ambientale, mentre se «spiazzo» del metano porto sempre un beneficio, ma molto inferiore.
      Ad oggi abbiamo un abbondante parco di produzione termoelettrica, con cicli combinati, che vanno a gas, che sono i più efficienti e sono di data relativamente recente, ma adesso sono fermi, e questo è un peccato rispetto al discorso costi-benefici.
      La Strategia energetica nazionale prevede anche uno sviluppo delle infrastrutture rispetto al quale Anigas è d'accordo, soprattutto per quanto riguarda il trasporto, specialmente con la liberalizzazione del mercato, con l'obiettivo più che condivisibile di arrivare a un mercato unico europeo, il che ci darebbe anche molto più potere contrattuale come consumatori rispetto a oggi.
      Il nostro è un mercato di 70 miliardi di metri cubi all'anno. Per dare un'idea, prima della crisi era di 80 miliardi di metri cubi all'anno; questa è la diminuzione che abbiamo registrato, in parte per la crisi, in parte per le rinnovabili che hanno «spiazzato» una porzione di questa riduzione dei consumi. Il mercato europeo sarebbe un mercato da 450 miliardi di metri cubi all'anno; un mercato, quindi, con molto più potere nei confronti dei Paesi produttori.
      Il presidente di Anigas ha poi parlato del mercato dell'approvvigionamento e del discorso take or pay o mercato spot. Negli ultimi anni, si è creata una situazione di abbondanza di metano che ha portato alla creazione di un mercato spot, con prezzi più bassi, del quale hanno usufruito molti consumatori finali.
      L'Italia è impegnata, dunque, ed è in buona posizione attraverso la Snam (associata Anigas), nella realizzazione di maggiori connessioni fra i tubi di trasporto italiani e il resto dell'Europa nel tentativo di ottenere quel famoso flusso bidirezionale che ci consentirebbe di usufruire appieno delle varie fonti di fornitura dai Paesi esteri. Parliamo del Nord Africa, della Libia, dell'Algeria, del liquido dal Qatar, del gas che viene dalla Russia e del gas che viene dal Mare del Nord. La condizione di avere più punti di interconnessione crea mercato, perché possiamo mettere in concorrenza fra loro un numero maggiore di fornitori. Servono, quindi, investimenti su questo. Sul discorso dei prezzi, l'Ing. Tani ha anzitutto smentito che il costo del gas in Italia sia più alto rispetto agli altri Paesi. Per abbassarli ulteriormente è necessario migliorare e potenziare le infrastrutture e liberalizzare completamente il mercato. Il decreto del Fare ha allargato la fascia di mercato libero, restringendo la fascia di tutela; è possibile, a nostro avviso, procedere ulteriormente e togliere qualsiasi vincolo ai prezzi regolati perché ormai il mercato è sviluppato sulle reti di distribuzione cittadina. Va mantenuto, secondo Anigas, il bonus sociale per le famiglie meno abbienti e anzi, restringendo l'area Pag. 401di tutela, si potrebbe addirittura aumentare e dare un bonus più consistente.
      Riguardo al dell'efficienza energetica, l'Ing. Tani ha mosso una lamentela riguardo ai certificati bianchi. Le aziende del gas, al pari delle aziende di distribuzione elettrica, sono tenute a produrre, tutti gli anni, risparmio energetico in proporzione ai volumi di gas che fanno transitare nei loro tubi. Tale meccanismo ha prodotto nel 2012, solo nel settore del gas, un risparmio equivalente di oltre 6 miliardi di metri cubi all'anno, producendo certificati energetici, cioè investendo in iniziative di risparmio energetico o comprando i certificati sul mercato. Negli ultimi anni, purtroppo, il mercato di questi titoli si è alzato e c’è un riconoscimento tariffario che assolutamente non è più sufficiente. Le aziende, quindi, oltre a essere compensate dalla tariffa che serve per la manutenzione e la gestione degli impianti, devono destinare parte di questi introiti all'acquisto dei certificati bianchi che non sono remunerati sufficientemente.

Codici

LUIGI GABRIELE, Responsabile delle relazioni istituzionali e affari regolatori

      Il dott. Gabriele ha ricordato che Codici è una delle associazioni nazionali a tutela del consumatore. Negli ultimi decenni, con l'inserimento di numerose componenti all'interno degli «oneri generali di sistema» della bolletta elettrica, le varie scelte di politica energetica nel nostro Paese sono state pagate dai consumatori finali, cittadini e aziende.
      Tutto questo ha determinato, ovviamente, la crescita esponenziale del costo della bolletta energetica nel nostro Paese.
      L'attuale SEN si basa innanzitutto sull'efficientamento, sulle politiche sugli idrocarburi, sull'obiettivo di far diventare il nostro Paese un hub del gas e su numerose altri aspetti che, ad avviso di Codici, sono in parte validi, ma rappresentano soprattutto considerazioni di carattere generale. Non si può fare, infatti, una politica energetica che non dice come far risparmiare i consumatori italiani o gli utenti finali, così come non si può portare avanti una politica energetica che concentra il suo contenuto sull'efficientamento e, nello stesso periodo, emanare decreti come il cosiddetto decreto Passera-Grilli che sostanzialmente ha finanziato le grandi imprese energivore.
      In questo modo, finanziando gli energivori, erogando gli incentivi incrociati, continuando a dare contributi ed elargendoli, più o meno, a diffusione di massa, continuiamo a dire ai soggetti che consumano energia di non risparmiare, di non fare efficientamento. Sugli incentivi, anche alle fonti rinnovabili, occorre fare una riflessione. Se è vero che abbiamo creato un mercato delle fonti rinnovabili, è anche vero che non abbiamo una sola azienda nazionale che produca pannelli fotovoltaici o una rete diffusa di aziende che producono quadri elettrici; non abbiamo, insomma, strutturato un'industria. Inoltre, la maggior parte degli impianti a terra di grandissime dimensioni, sia parchi eolici che fotovoltaici, non sono di proprietà dei consumatori, che pagano le fonti rinnovabili attraverso la componente A3 degli oneri generali sistema, ma sono in prevalenza di organismi finanziari e bancari.
      Secondo Codici, l'asset portante del nostro Paese rimane la rete; possiamo risolvere persino il problema della Telecom se riusciamo ad accorpare la rete telefonica con la rete di distribuzione di energia. Apriremmo immediatamente, in questo modo, la strada alle smart cities; potremmo mettere insieme, in maniera integrata e intelligente, le diverse tecnologie che vanno dalla gestione dei rifiuti all'acqua, al gas, all'energia. Potremmo efficientare e risparmiare, ma dobbiamo liberalizzare la rete. La distribuzione (e, quindi, la rete) è gestita dagli stessi operatori; i disservizi che stanno sul libero mercato sono gli stessi elementi di negatività che non permettono lo sviluppo energetico di questo Paese.
      È necessario, ovviamente, procedere con adeguati approfondimenti su ciò che è la rete di idrocarburi e la distribuzione, ma non continuiamo a pensare, come Pag. 402dicono alcuni big player, che in questo Paese è sufficiente ridurre il numero delle pompe di benzina per risolvere il problema del prezzo. Anche in questo caso, infatti, siamo di fronte a una falsità; non mi è mai capitato di sentire che se, nel mercato, riduciamo il numero degli operatori, ne guadagna il consumatore finale.
      Il problema non è solo che la nostra rete è obsoleta; in questo Paese, anche nel caso della distribuzione degli idrocarburi, c’è una logica monopolistica e di concentrazione che vede pochissimi operatori che sono i principali detentori della stragrande maggioranza del numero delle reti e non permette ad altri operatori di entrare sul mercato. Non possiamo pensare, però, di andare avanti a petrolio chissà per quanto altro tempo. Se vogliamo fare una ridistribuzione della rete degli idrocarburi dobbiamo unirvi necessariamente una ridefinizione della rete delle nuove tecnologie.
      In merito all'idea di costruire un hub nazionale, il dott. Gabriele ha ricordato che la stragrande maggioranza delle gare negli ambiti territoriali dei distributori di gas sono scadute da tredici anni e ci sono aziende di lungo corso che non sanno se da domani potranno continuare a distribuire o meno il gas, e la soluzione di questo problema è più urgente di realizzare l'hub europeo del gas.
      L'elemento positivo è che oggi si è ricominciato a parlare di Strategia energetica nazionale (SEN), argomento che purtroppo era stato accantonato.

Altroconsumo

LUISA CRISIGIOVANNI, Direttore

      Rispetto a un mercato sicuramente complesso come quello dell'energia, Altroconsumo si è interrogato, ancora una volta, guardando anche al di fuori dei confini nazionali.
      Alcuni Paesi sono stati in grado di organizzare su piattaforme telematiche, dal 2011 in particolare in Olanda, dei gruppi di acquisto di energia e gas, che con successo hanno fatto risparmiare alle famiglie, ovviamente su quella che è la componente del prezzo della commodity, quindi dell'energia, somme variabili dai 50 ai 450 euro l'anno.
      Altroconsumo il 27 maggio 2013 ha quindi lanciato il primo gruppo di acquisto di energia e gas del nostro Paese. Il 19 settembre scorso, dopo aver comunicato i criteri all'Autorità per l'energia elettrica e il gas e ai concorrenti, si è tenuta l'asta online cui hanno partecipato 12 delle 500 aziende che abbiamo contattato. Le aziende si sono sfidate a colpi di rilanci, ben 32, e il gruppo di acquisto ha avuto una risposta di pre-adesioni di oltre 171 mila persone.
      In questo modo Altroconsumo ha agito sul fronte della domanda, aggregandola. Si può anche intervenire sul lato della distribuzione, che è per sua natura in mano all'ex monopolista, quindi qui non c’è margine e il trasporto dell'energia è una parte del costo che noi non possiamo controllare. Questo deve essere quindi più efficiente e soprattutto rispondere alle norme sulla concorrenza.
      L'altro capitolo sicuramente impattante (per un terzo sulla bolletta del gas e per il 12 per cento su quella elettrica) è ancora una volta quello delle tasse, degli oneri di sistema che includono i famosi incentivi, che sono stati introdotti, in un certo momento storico, per sviluppare questo settore. Adesso che l'obiettivo è stato in parte raggiunto non servono più e vanno tolti, anche se può essere impopolare farlo.
      La dott.ssa Crisigiovanni ha infine invitato le autorità di vigilanza essere più incalzanti rispetto, per esempio, ai contratti, in quanto molte delle lamentele della gente riguardano la sottoscrizione di contratti di cui non si ha necessariamente contezza, perché magari sono stati proposti con pratiche commerciali scorrette, oppure il fatto di non riuscire ancora, nonostante tutti gli interventi fatti, a comprendere bene i propri consumi.
      Anche laddove si parla di smart metering, tecnologia già presente nelle nostre case, non è detto che, ancora una volta, sia sempre consumer friendly e debba ricadere Pag. 403sulle spalle del consumatore il costo dell'installazione; in ogni caso, poi, questa installazione intelligente deve rispondere ed essere funzionale all'utilizzo all'interno delle case.

TAP (Trans Adriatic Pipeline)

GIAMPAOLO RUSSO, Country Manager

      Il dottor Russo ha illustrato il progetto del TAP, che consentirà l'arrivo delle risorse azerbaigiane nel mercato italiano, e poi nel mercato europeo. Tra gli azionisti del progetto si trova un'importante presenza dei membri del consorzio Shah Deniz, oltre ad altri operatori europei, e, in particolare, E.On ed Axpo, che non sono soggetti del consorzio Shah Deniz, e Fluxys, che è un operatore di rete nordeuropeo. Ha inoltre sottolineato che, oltre alle risorse dell'Azerbaigian, un domani, con un'area pacificata, questo corridoio potrà essere anche un importante canale di accesso al mercato europeo per le risorse dell'intera area del Caspio (Turkmenistan, Iran e Iraq). È la prima volta che abbiamo la possibilità di far accedere al mercato europeo le risorse dell'Azerbaigian oggi, e forse di altri Paesi domani, attraverso rotte che non siano controllate dalla Russia, ovvero da Gazprom.
      Il sostegno del Governo, è stato molto importante e continuativo. Nel febbraio 2013, è stato firmato l'accordo intergovernativo tra Italia, Grecia e Albania, seguito il 24 maggio 2013 dal disegno di legge per la ratifica del medesimo approvato dal Governo Letta.
      Il TAP è citato esplicitamente dalla strategia energetica nazionale. L'Italia ha una fortissima dipendenza dal gas naturale per il suo fabbisogno energetico. Il TAP porta un gas diverso, che proviene dall'Azerbaigian, e costa di meno del gas oggi mediamente presente sul nostro mercato. Si tratta di un'importante fonte di contenimento del costo della nostra bolletta energetica. Nella SEN il Governo ha stimato in 4,1 miliardi la riduzione del costo della materia prima. TAP è il progetto più importante che rappresenta l'architrave di questo percorso di riduzione.
      C’è poi il concetto dell'hub del gas, e senza TAP non ci sarebbe hub, e quindi Snam Rete Gas non potrebbe svolgere questo ruolo e potenziare le sue infrastrutture, anche nell'intesa di portare il gas per la prima volta nella storia da Sud verso Nord.
      Per quanto riguarda la realizzazione pratica, vi è una condotta sottomarina con un approdo nel Salento, nel comune di Melendugno, attraverso un microtunnel. È un approdo studiato per evitare dirompenti impatti ambientali che compromettano beni naturali protetti (posidonia e caretta caretta). Passerà 10 metri sotto la spiaggia, non sarà mai visibile sul territorio, e andrà al punto di consegna con Snam Rete Gas collocato sempre nel comune di Melendugno. Il punto di consegna viene chiamato «PRT», cioè terminale di ricezione del gasdotto.
      Il percorso non ha nessuna interferenza antropica (non comporta lo spostamento di abitazioni) e non interferisce siti archeologici o di rilievo ambientale. Il territorio salentino è caratterizzato da costruzioni che si chiamo «pagghiare», che sono dei trulli non abitati, usati solo per rimessa agricola. Hanno un valore simbolico importante per quel territorio, pur non essendo fabbricati e non avendo nessuna tutela. Il gasdotto non avrà nessuna interferenza neanche con le pagghiare, in quanto non passerà né sotto né a fianco delle medesime. Vi è dunque stata, oltre ad una valutazione ambientale, anche una valutazione di carattere sociale, in quanto l'azienda ha aderito volontariamente ai principi della Banca europea di ricostruzione e sviluppo (EBRD), che vanno al di là di quanto previsto dal quadro normativo italiano. Questo significa anche attuare una politica che viene chiamata di «local content», cioè di attenzione al coinvolgimento delle imprese locali sul territorio, affinché abbiano i requisiti per partecipare alle gare, con un percorso di mappatura e formazione delle aziende locali, al fine di dare loro gli strumenti per acquisire i requisiti. Oltre al coinvolgimento delle imprese, poi, questo tipo di politica comporta anche offrire al territorio Pag. 404e a tutti i soggetti impattati dal progetto, in quanto aventi attività economiche (pescatori, olivicoltori o operatori del turismo), una valorizzazione del proprio reddito anteprogetto e un indennizzo, qualora, in qualsiasi momento, il progetto comporti una diminuzione del reddito percepito.
      Ciononostante, il TAP ha incontrato l'opposizione dell'amministrazione comunale.

Assoelettrica

ENRICO TESTA, Presidente

      Il Presidente Testa ha esordito ricordando i punti positivi, secondo Assoelettrica, della SEN: la definizione di un documento generale di obiettivi di strategia energetica, che sono anche ben modulati tra medio e più lungo periodo, la centralità che viene assegnata al settore energetico, il criterio di selettività degli investimenti e l'individuazione delle sette azioni prioritarie.
      Un punto critico è che, purtroppo, ben poche delle cose previste da quella strategia energetica nazionale sono state attuate.
      Il secondo problema chiave, dal punto di vista dei produttori di energia elettrica (fondamentalmente termoelettrici), è relativo a quello che va considerato uno dei due punti fondamentali della strategia energetica nazionale, vale a dire la riduzione dei costi dell'energia. Mentre infatti stiamo assistendo ad un progressivo riallineamento dei prezzi all'ingrosso dell'energia elettrica, anche grazie al riallineamento del prezzo del gas, purtroppo questo non avviene per il prezzo finale dell'energia elettrica, a causa di tutte le altre voci che si aggiungono prima di arrivare al consumatore (in particolare gli «oneri di sistema», che sono la voce di gran lunga più cresciuta in questi anni, soprattutto a causa degli incentivi concessi alle fonti rinnovabili, e tra esse, in particolare, all'energia solare). Certamente c’è anche un mix energetico italiano molto particolare, che pesa. Vorrei ricordarvi cosa avviene nei due Paesi nostri principali competitori, Francia e Germania. In Francia l'80 per cento dell'energia elettrica viene prodotta con centrali nucleari. In Germania più del 60 per cento dell'energia elettrica viene prodotta con carbone e lignite, che è di gran lunga la fonte più importante, e una parte con l'energia nucleare. In Italia nel 2012 le fonti rinnovabili contribuivano al mix energetico per il 28 per cento, contro il 22 per cento della Germania. L'unico Paese che ha un tasso superiore al nostro è la Spagna, che arriva al 30 per cento.
      Oltre a questi, ci sono altri problemi, tra cui le strozzature della rete. Per esempio, la questione della Sicilia. Nei giorni in cui il cavo tra la Sicilia e «il continente» è stato messo in manutenzione, i prezzi dell'energia elettrica in Sicilia, sono esplosi, ma, per il meccanismo del prezzo unico nazionale, è tutto il resto del Paese che paga i costi maggiori della Sicilia. Si ritiene che, in condizioni normali, la strozzatura siciliana pesi per almeno 3 euro al megawattora sul costo totale dell'energia elettrica.
      C’è un altro punto nella SEN che non trova d'accordo Assoelettrica. La SEN è soprattutto un documento metodologico, che stabilisce le azioni da intraprendere, ma in alcuni punti indica anche obiettivi quantitativi. Per esempio, per le rinnovabili si indica un obiettivo di 120-130 terawattora al 2020. I casi sono due: o si privilegia il criterio del costo minore, e chi è più bravo produce l'energia necessaria, oppure, se invece si pianifica, inevitabilmente si è costretti a prevedere prezzi speciali per determinati settori. In Italia ormai più del 50 per cento dell'energia elettrica che viene consumata non transita attraverso meccanismi di mercato, cioè non è portata ad alcun confronto con gli altri prezzi in quanto viene «dispacciata prioritariamente». Sostanzialmente i gestori della rete e i Terna hanno l'obbligo di comprare quest'energia elettrica e la devono comprare ad un prezzo prefissato. Oltre tutto, questo s'inserisce in una riduzione complessiva dei consumi elettrici italiani: oggi consumiamo all'incirca quello Pag. 405che consumavamo nel 2002-2003, salvo che da allora ad oggi, sulla base delle previsioni di crescita, sono stati fatti investimenti per circa 100 miliardi di euro. Trenta miliardi li ha investiti il settore termoelettrico, e 70-80 miliardi sono gli investimenti fatti dalle fonti rinnovabili, ben remunerati dalle tariffe previste. Ci troviamo pertanto nella situazione paradossale di avere un eccesso di potenza installata rispetto alla domanda, il miglior parco termoelettrico d'Europa, la domanda in discesa e, ciò nonostante, i prezzi non diminuiscono, ma aumentano.
      Da ultimo, il Presidente Testa ha ricordato che ci sono situazioni veramente paradossali che impediscono persino il consumo di energia elettrica. Un esempio molto preciso: una famiglia italiana titolare di un contratto di energia elettrica tipico da 3 chilowatt nell'abitazione di residenza paga 19 centesimi a chilowattora. Con lo stesso contratto da 3 chilowatt, con lo stesso consumo, nella seconda casa, il costo a chilowattora passa a 30 centesimi, ossia quasi il doppio. Queste regole non hanno nulla a che fare con la struttura dei costi e con l'effettiva redditività da parte dell'azienda, ma piuttosto con regole che il Paese si è autoimposto negli anni 1970, per fronteggiare le due crisi petrolifere e scoraggiare i consumi elettrici. Queste regole fanno sì che il cittadino italiano, quando deve mettere un impianto di condizionamento a casa sua, non pensa a quanto costa l'impianto di condizionamento, ma a quanto costa cambiare il contratto elettrico, passando da 3 chilowatt a 4,5 o 6 chilowatt. Questo cambiamento non gli porta un aumento progressivo e proporzionale del costo, come sarebbe giusto, ma lo porta completamente in un'altra classe di consumo, che non ha nessun paragone con le tariffe che pagava precedentemente. Questo fa sì che fattori di benessere che sono essenzialmente legati al consumo di energia elettrica sono scoraggiati. Occorre quindi, secondo il Presidente Testa, avere una struttura tariffaria che corrisponda effettivamente, in maniera proporzionale, ai costi, e non invece a politiche incentivanti e disincentivanti che producono danni molto importanti al sistema.

Finco (Federazione industrie prodotti impianti servizi e opere specialistiche per le costruzioni)

ANGELO ARTALE, Direttore generale di Finco.

      Finco, la Federazione industrie prodotti impianti servizi e opere specialistiche per le costruzioni, raggruppa 32 associazioni, 8 mila aziende e circa mezzo milione di dipendenti.
      Per quanto riguarda l'efficienza energetica, Finco plaude alla proroga dell'ecobonus, ma rileva in merito alcune criticità. Per quanto riguarda soprattutto l'antisismica, il lasso di tempo biennale è troppo poco. Sotto questo profilo Finco propone una durata fino al 2020, seppure scalando, perché indubbiamente il 65 per cento è una percentuale piuttosto impegnativa per l'Erario. Un altro punto è la durata della detrazione, soprattutto per le persone anziane.

Fiper – Federazione italiana produttori di energia da fonti rinnovabili

VANESSA GALLO, Segretario generale riunisce i teleriscaldamenti alimentati a biomassa legnosa vergine, ossia tipicamente i riscaldamenti che nascono su iniziativa locale. Stiamo parlando di zone rurali appenniniche e montane.
      Fiper sottolinea che occorre fare in modo che all'interno della Strategia energetica nazionale si ponga effettivamente in percentuale un peso maggiore al comparto termico. Già a suo tempo il Piano d'azione nazionale attribuiva al termico un'allocazione del 44,4 per cento. Po la SEN ha di fatto abbassato questo target. Fiper chiede di rivedere la SEN nell'allocazione degli obiettivi nella ripartizione tra termico ed elettrico. L'energia termica nella SEN è definita al 20 per cento, quella elettrica dal 35 al 38 per cento. Come si è visto con il decreto ministeriale del 6 luglio, c’è stato Pag. 406un bello start up degli impianti a biomassa per piccoli impianti, che andrebbe a essere equiparato con impianti di energia termica.
      Il teleriscaldamento è una tecnologia molto sviluppata nei Paesi del Nord Europa e negli ex Paesi comunisti. Ahimè, in materia l'Italia è il fanalino di coda per quanto riguarda la penetrazione sul mercato, in quanto ricopre, purtroppo, solo il 4 per cento del segmento del mercato civile, nonostante il potenziale di penetrazione sia stato calcolato intorno al 20 per cento. La direttiva sull'efficienza energetica, poi, all'articolo 13, indica proprio di facilitare la realizzazione di reti di teleriscaldamento e teleraffrescamento abbinate a fonti rinnovabili, biomasse, geotermia a bassa entalpia o recupero di calore industriale.
      Occorrerebbe anche rivedere la politica forestale, in quanto il patrimonio forestale è incredibile, ma non è utilizzato, perché c’è una parcellizzazione. Occorre rivedere la vecchia politica sulle foreste, la legge sulle potature e tutta la questione legata ai sottoprodotti, perché attualmente la maggior parte delle biomasse residuali impiegate a fini energetici viene annoverata tra i rifiuti non pericolosi, nonostante il Ministero dello sviluppo economico l'abbia classificata tra i sottoprodotti.
      Bisogna anche fare in modo che venga emanato in tempi brevissimi il decreto relativo al Fondo per il teleriscaldamento. Presso la Cassa depositi e prestiti sono allocati 120 milioni di euro, che sono bloccati.

Anfus – Associazione nazionale fumisti e spazzacamini

GIOVANNI PAOLETTI, Presidente

      Le problematiche illustrate dalla Fiper riguardano gli impianti al di sopra dei 35 chilowatt. L'Associazione nazionale fumisti e spazzacamini, ossia installatori e manutentori di caminetti, stufe e impianti fumari, si occupa di tutto quello che è al di sotto dei 35 chilowatt, e che riguarda 5 milioni di famiglie che impiegano caminetti e stufe per il riscaldamento e 10 milioni di impianti funzionanti. Con la crisi, tantissime famiglie italiane in pochissimo tempo sono passate, quasi costrette, dal riscaldamento tradizionale, la caldaia, al caminetto e alla stufa, per un discorso esclusivamente economico. Di conseguenza, è in aumento vertiginoso, parliamo di circa 10 mila interventi dei vigili del fuoco, la quantità totale degli incendi, delle intossicazioni e dei danni a persone, cose ed edifici. È lasciata troppo alla libertà del committente la scelta dell'installatore, che spesso non è abilitato. Viene, inoltre, totalmente disattesa la manutenzione da parte di personale qualificato, cioè del maestro spazzacamino. Anfus ha fondato una scuola per maestri spazzacamini vent'anni fa, ed ha avuto un più 18 per cento per l'occupazione del maestro spazzacamino proprio in quest'anno; l'utilizzo del legno combustibile per questo tipo di apparecchio, inoltre, ha avuto un aumento di circa il 26 per cento di importazione.
      Infine, non vanno sottovalutate tutte le potenziali risorse locali per l'utilizzo, quali gli scarti della lavorazione e il ritorno al combustibile.

AIGET (Associazione italiana grossisti di energia e trader)

MICHELE GOVERNATORI, Presidente

      AIGET è nata nel 2000 ed è l'Associazione italiana dei grossisti e dei trader di energia elettrica e gas di cui fanno parte, tradizionalmente, operatori con posizioni precedenti non di monopolio.
      Un tema legato all'economicità è quello del prezzo dell'energia. Oggi l'energia elettrica e il gas, in termini di commodity, costano molto meno rispetto, per esempio, all'andamento del petrolio di quanto non costassero all'inizio della liberalizzazione. Purtroppo però sono aumentate altre componenti, come il dispacciamento, cioè l'attività che il gestore della rete svolge per mantenere in sicurezza la rete. C’è anche la componente reti, che sale. Essa remunera gli investimenti in rete, che la Strategia Pag. 407energetica nazionale promuove, giustamente, secondo AIGET, ma con qualche rischio. I rischi derivano dal fatto che il mondo dell'energia ha modificato le sue abitudini di consumo, sia per la deindustrializzazione e per la crisi, sia forse per motivi strutturali. In questo contesto fare reti a tutti costi, come si diceva, immaginando che i numeri siano ancora quelli di prima, o fare tubi a tutti i costi, pagati nella tariffa finale, avendo in mente i numeri di prima, è pericoloso. Se consumiamo meno, significa che gli oneri vengono spalmati in volumi sempre più bassi di energia, e quindi a far esplodere sulle nostre bollette quella componente facendo far venir meno il vantaggio di economicità.
      Inoltre occorre considerare che i gestori delle reti (Terna e Snam Rete Gas) sono remunerati tramite un ritorno sul capitale investito, o meglio su una parte del capitale investito, la cosiddetta RAB (Regulated Asset Base). Grosso modo il target di remunerazione oggi per le attività regolate di rete è l'8 per cento. Vi è, quindi, l'8 per cento di remunerazione su un'attività che non è soggetta a rischio di mercato e nemmeno a rischio volume. Essendo le reti remunerate con questo criterio, l'interesse degli azionisti è che il gestore investa molto, e dunque per come è oggi la loro governance, tendono a diventare troppo grosse.
      Un'ultima considerazione su come far arrivare al cliente finale dell'energia i vantaggi del mercat. Bisogna rendergli la scelta il più possibile facile, consapevole e priva di brutte sorprese. Una circostanza che rende più difficile per il cliente finale avere le informazioni chiare è la scarsa precisione, da parte del cliente finale, della separazione tra le aziende che fanno distribuzione e quelle che fanno retail. Oggi la normativa italiana permette ad esempio a Enel Distribuzione di essere indistinguibile da Enel anche nei biglietti da visita nel simbolo. In Germania invece, i principali operatori non hanno fatto l'unbundling proprietario e, quindi, è sempre la stessa proprietà che fa l'una e l'altra attività, ma sono completamente distinti nel brand con cui si presentano al cliente finale.
      Ciò vale anche per quanto riguarda il servizio di maggior tutela, che oggi nell'energia elettrica viene svolto, per motivi strani, da chi lo svolgeva storicamente, ossia da chi aveva storicamente l'esercizio delle reti. Occorre inoltre distinguere le politiche di welfare dalle politiche sulle bollette. Se c’è una famiglia disagiata, occorre aiutarla con la fiscalità ma, nello stesso tempo, chiedere a tutti i clienti di confrontarsi responsabilmente con il mercato e, quindi, di comprarsi da soli l'energia.

Fire (Federazione italiana uso razionale dell'energia)

DARIO DI SANTO, Direttore

      Fire è un'associazione senza scopo di lucro fondata dall'Enea nel 1987. È una realtà che ha una base associativa di circa 500 soggetti che coprono tutta la filiera dell'energia, da chi produce tecnologia, a chi produce energia, alle Esco, fino ad arrivare agli utenti finali di media e grande dimensione. Dal 1992 Fire ha un incarico a titolo non oneroso dal Ministero dello sviluppo economico, in base al quale gestisce le nomine degli energy manager in Italia, che rappresentano un obbligo ai sensi della legge n.  10 del 1991.
      Il dott. Di Santo parte dalla considerazione che i prezzi sono aumentati ed è difficile pensare che possano ridursi nel prossimo futuro; pertanto, se riusciamo a fare efficienza, tanto di guadagnato. La Strategia energetica nazionale sostiene che la prima priorità è l'efficienza energetica. Se andiamo a vedere, però, che cosa succede nella realtà, notiamo che un grosso dibattito è collegato al discorso degli sconti. Per quanto, in una situazione di crisi economica come quella attuale, essi facciano gola, non sono una soluzione strutturale al problema del costo dell'energia, ma più che altro un palliativo. Se fanno parte del dibattito, va bene, ma se Pag. 408ci si concentra solo su questo problema, probabilmente perdiamo di vista le opportunità vere.
      Come secondo aspetto, noi siamo stati il primo Paese al mondo a fare una grande installazione di contatori intelligenti, di smart meter, ma li abbiamo usati in modo poco intelligente. Ancora oggi è un miracolo se vengono teleletti. Sono stati un'occasione sprecata.
      Il sistema elettrico che abbiamo non è molto efficiente, ma è un'altra occasione da prendere e non da perdere. Abbiamo un sistema elettrico che al momento ha una fortissima penetrazione da fonti rinnovabili, una situazione a cui arriveranno diversi Paesi nei prossimi anni. Si può giocare con un ruolo attivo, cercando di sviluppare tecnologie che ci portino verso le smart grid e che aiutino l'industria nazionale a svolgere un ruolo a livello anche mondiale, oppure solo con uno passivo, per cui ci teniamo i costi.
      L'ultimo aspetto riguarda la promozione delle elettrotecnologie efficienti (pompe di calore elettriche, veicoli elettrici, cucine a induzione ed elettrotecnologie industriali). Attualmente, installare una pompa di calore elettrica significa dover stipulare un contratto da 4,5-6 chilowatt, pagando molto di più, oppure a dover attivare un nuovo punto di accesso per poter sfruttare questo tipo di tecnologia.
      Qualcuno ogni tanto sostiene che anche l'efficienza costa. Illustra due diagrammi tratti da due presentazioni di aziende, una del chimico e una del cartario. Parliamo di settori energy intensive. Essi ci mostrano fondamentalmente che è pieno di interventi con un payback inferiore a tre anni e che ce ne sono parecchi sotto l'anno. Occorre aiutare le imprese a fare questi interventi.
      Una base è rappresentata dall'energy manager, su cui c’è una carenza dell'amministrazione pubblica. Ci sono solo tre amministrazioni centrali dello Stato che hanno nominato l'energy manager, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Agenzia del territorio. Si aggiungono solo 7 regioni su 20, solo 43 province su 110 e solo 36 comuni capoluogo di provincia. Questo è un segnale che indica che non c’è tanta attenzione da parte della pubblica amministrazione al tema dell'energia. Da cinque anni manca un decreto attuativo del Ministero dello sviluppo economico dell'articolo 16 del decreto legislativo n.  115 del 2008. C’è una tendenza ribassista da parte delle lobby coinvolte, Esco ed esperti in gestione dell'energia, a cercare di tenere bassi i requisiti di questa norma. Per quanto concerne l'industria, Fire propone, di subordinare gli sconti agli energivori all'adozione di un sistema di gestione dell'energia. Il costo è limitato e il vantaggio per l'impresa nel corso degli anni è notevole.
      L'ultimo aspetto riguarda il tema delle Esco, che prima avete citato. L'idea è quella di avere un'azienda che offre contratti a prestazioni garantite, un finanziamento tramite terzi, che sarebbe la panacea di tutti i mali per la pubblica amministrazione che non ha soldi, per le famiglie che non hanno soldi e per le imprese che non hanno soldi.
      C’è solo un piccolo, anzi grande problema: il business plan di un intervento di efficientamento è basato sulla differenza dei consumi prima e dopo l'intervento. Se non si conoscono i consumi prima, non si hanno il business plan e l'analisi dei rischi, ragion per cui salta il discorso della banca che eroga i soldi e quello della Esco che può andare avanti autonomamente. Non c’è solo il problema che molte Esco, come tutte le industrie nazionali, sono piccole e sottocapitalizzate e che, quindi, andrebbero aiutate a crescere. C’è anche il problema che, se non diffondiamo le diagnosi energetiche, i sistemi di gestione dell'energia e i sistemi di monitoraggio, questi concetti rimangono teoria, oppure si applicano solo a soluzioni molto semplici. Se riusciamo a misurare, diventa possibile accedere, per esempio, a tutti i finanziamenti disponibili attraverso la Banca europea degli investimenti o l'Europa. La BEI metterà a disposizione circa 20 miliardi di euro l'anno nei prossimi tre anni per l'Italia, su tre programmi che riguardano Pag. 409l'energia, l'efficienza e le rinnovabili. Si tratta di Elena, di Jessica e dell'Energy Efficiency Fund, con una partecipazione forte di Cassa depositi e prestiti in quest'ultimo.
      L'Italia fa molta fatica ad accedere a queste opportunità, perché esse richiedono di mettere insieme diversi enti e di raggiungere soglie minime di intervento; la provincia di Milano, ad esempio, che ha fatto un intervento di riqualificazione energetica di tutte le scuole. È importante, quindi, sviluppare filiere integrate, che possono avere due finalità: la prima è aiutare i piccoli a intervenire sui piccoli, perché l'efficienza è fatta di tanti interventi distribuiti e di piccola taglia, che non si prestano né al project financing, né al corporate financing, né agli strumenti tradizionali. Sarebbe utile, per esempio, aiutare lo sviluppo delle cooperative o di altri attori innovativi operanti sul piccolo, oppure aiutare le aziende o gli enti ad aggregarsi per raggiungere dimensioni più rilevanti. Queste sono proposte che ultimamente porta avanti anche l'International Energy Agency.
      Ci sono poi alcune opportunità di fare filiera integrata o rivolte a singole filiere, come quelle della biomassa, degli edifici, oppure delle smart cities.
      Apro un piccolo inciso sulle smart cities. Ormai ci sono alcuni grandi gruppi internazionali che arrivano a bussare alla porta dei nostri comuni, offrendosi di rendere intelligenti interi quartieri a spese loro. Se noi non facciamo sistema e non ci coalizziamo, saremo colonizzati dall'estero, e non perché non abbiamo le tecnologie in casa.

FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica).

GIOVANNI BATTISTA ZORZOLI, Portavoce del Coordinamento FREE

      FREE è un'associazione a cui afferiscono venticinque associazioni, attive per la maggior parte nel settore delle rinnovabili e dell'efficienza energetica.
      Il dott. Zorzoli ha esaminato gli obiettivi di efficienza energetica della direttiva comunitaria 27/2012 in merito alla riqualificazione energetica degli edifici, nella consapevolezza del fatto che i consumi termici rappresentano quasi il 45 per cento dei consumi energetici totali e il 78 per cento dei consumi domestici. Gli obblighi imposti dalla direttiva daranno più spazio alle rinnovabili termiche. Al momento per tali fonti un passo in avanti notevole è stato fatto con il conto termico. Tuttavia, secondo il decreto legislativo n.  28 del 2011, da due anni si sarebbe dovuto attivare il Fondo di garanzia per le reti di teleriscaldamento a biomassa, che dovrebbe garantire le banche (si tratta di investimenti con ritorno a vent'anni), ma non è ancora stato attivato. Inoltre, vanno promossi meglio i certificati bianchi, che sono un grande strumento, e va rivista l'incentivazione del solare termico, che è l'ideale per raggiungere il quasi zero di consumo esterno per gli usi civili, ed è l'unica insufficiente tra tutte le incentivazioni che permangono. Vanno altresì semplificate le procedure per le piccole installazioni.
      Per quanto concerne la mobilità sostenibile, il dottor Zorzoli rileva una grande opportunità per l'agricoltura italiana, che può produrre molto più biogas di quello che produce oggi, recuperando molti residui, con una ricaduta dal punto di vista ambientale, e garantendo un reddito aggiuntivo agli agricoltori. Il modo ottimale di utilizzare il biogas è trasformarlo in biometano e immetterlo nelle reti o nelle automobili a gas. Anche su questo si è in attesa del decreto da due anni, mentre è uscito il decreto per i biocarburanti di seconda generazione che producono bioetanolo, passando dai residui e non dal mais, e quindi senza danneggiare l'agricoltura.
      L'obiettivo principale di FREE è il superamento del meccanismo degli incentivi nei tempi più brevi possibili (che ovviamente variano da tecnologia a tecnologia). Il meccanismo degli incentivi è già finito per il fotovoltaico, e FREE propone il suo superamento anche per le altre rinnovabili nei tempi necessari.Pag. 410
      FREE propone un meccanismo che, attraverso un mix di sgravi fiscali e di detassazioni, come per gli ecobonus, si autofinanzi, nel senso che IVA, IRPEF e IRES copriranno abbondantemente il mancato gettito.
      Per quanto riguarda le fonti non ancora mature, ci vogliono tempi più lunghi per finire gli incentivi, in quanto le biomasse e il biogas hanno una quota rilevante in termini di costi di esercizio. Di questo va tenuto conto, valorizzando il fatto che puliscono i boschi e recuperano i rifiuti agricoli. Inoltre, ci sono il solare termico con un'insufficiente incentivazione e il solare termodinamico, il piccolo eolico e la piccola geotermia, che vanno ancora sostenuti. Sono tutti settori (convenzionato, biomasse, solare termodinamico, geotermico, efficienza energetica) dove c’è una grossa presenza di industrie nazionali. Penso alle caldaie per le biomasse, alle pompe geotermiche e al solare termodinamico, uno dei pochi casi in cui siamo all'avanguardia a livello mondiale.
      Riguardo all'overcapacity, il dott. Zorzoli ha segnalato che dovrebbe partire un collegamento con il Montenegro, per importare in Italia 5 terawattora di energia elettrica, su cui Terna deve investire quasi un miliardo di euro, quando siamo già in sovracapacità.
    La proposta di FREE è di incrementare quei consumi elettrici che sono più efficienti del consumo del gas, come le pompe di calore elettriche per produrre il calore e le piastre a induzione per la cottura del cibo (l'estensione dell'ecobonus alle pompe di calore va in questa direzione); modificare la tariffa bioraria, che oggi obbliga i cittadini a consumare quando l'energia costa di più. Occorre invece aumentare la domanda nelle ore di massima richiesta per dare sbocchi ulteriori nei momenti più interessanti per la produzione elettrica; diversificare le società elettriche sui servizi, come sta succedendo in Germania e in Inghilterra. I grandi produttori elettrici potrebbero svolgere ad esempio quella funzione di bilanciamento, che è una delle grosse questioni in campo.
      Per concludere, il dott. Zorzoli ha osservato che, se si realizzeranno gli obiettivi della SEN, nel 2020 la domanda di gas sarà fra 50 e 60 miliardi di metri cubi all'anno, meno della metà della capacità oggi disponibile.  Ci sono alcune infrastrutture ormai in corso di realizzazione, come il TAP, e occorre fare attenzione a non fare l'overcapacity del gas, dopo aver fatto l'overcapacity dell'energia elettrica.

AIRU (Associazione Italiana Riscaldamento Urbano)

FAUSTO FERRARESI, Presidente

      Le potenzialità del risparmio energetico attraverso il teleriscaldamento sono estremamente importanti.    Il teleriscaldamento in Italia si è sviluppato nelle regioni del Nord, dove la quantità di calore necessaria è maggiore. Ci sono 216 reti, 142 operatori e circa un milione di appartamenti serviti. Vengono erogati 7,3 terawatt di energia termica, evitando 1,3 milioni di tonnellate di CO2 veicolando qualcosa di relativamente piccolo, cioè il 4 per cento del fabbisogno nazionale, piccolo soprattutto se confrontato con i valori dei Paesi vicini. Questo ci indica la potenzialità di sviluppo di questa tecnologia. La Polonia, ad esempio, aveva un grosso problema nell'individuare un'alternativa all'utilizzo del carbone, e oggi veicola il 50 per cento del calore necessario attraverso impianti di teleriscaldamento.
      La rete di teleriscaldamento può essere definita proprio uno strumento di efficientamento energetico e soprattutto consente lo sviluppo delle fonti rinnovabili e sostenibili. Per questa ragione il TLR può fornire un contributo rilevante per raggiungere gli obiettivi da qui al 2020.
      Riguardo al rapporto tra teleriscaldamento e servizio pubblico locale, allo stato attuale il teleriscaldamento non è incluso ex lege tra i servizi pubblici locali. Infatti, è facoltà dei comuni che ne hanno eventualmente Pag. 411necessità decretarne l'assunzione a rango di servizio pubblico locale. Se un comune vuole avere il teleriscaldamento come servizio pubblico locale lo può benissimo fare, attraverso una trafila che è definita dalla legge. Ha quindi la possibilità di realizzarlo in regime autorizzativo.
      Per quanto riguarda il rapporto tra TLR e mercato, oggi non esistono obblighi di connessione alla rete. Questo è molto importante. AIRU ritiene che questo servizio debba rimanere un servizio di libero mercato, proprio perché non c’è nessun obbligo in Italia di allacciarsi alla rete. Il cliente è assolutamente libero di scegliere altri vettori, dal gas all'energia elettrica. Per queste ragioni il teleriscaldamento è un concorrente dell'operatore dominante gas nel settore del riscaldamento residenziale. In ogni caso, il gas è sempre stato e sempre sarà il concorrente naturale, almeno finché avrà un così importante ruolo nel riscaldamento urbano.
      Per quanto riguarda la dinamica di definizione dei prezzi, essendo il teleriscaldamento un servizio di libero mercato, i prezzi vengono definiti sulla base di un costo complessivo del teleriscaldamento tradizionalmente e localmente dominante.
      A livello di regolazione, il teleriscaldamento è regolato a livello locale secondo necessità e peculiarità del territorio servito. Un'eventuale regolazione nazionale potrebbe creare ostacoli alle possibilità di sviluppo del teleriscaldamento, che negli ultimi dieci anni ha raddoppiato la sua volumetria, nonostante la congiuntura economica negativa.
      Anche a livello europeo il teleriscaldamento è esercito in condizione di libero mercato, ad eccezione della Danimarca, dove tuttavia esiste l'obbligo dell'allacciamento e quindi non c’è una libera scelta. In Italia è in corso un'indagine dell'Antitrust, la IC46, aperta nel dicembre del 2011 a seguito di una serie di segnalazioni. L'AEEG ha chiesto di regolamentare il servizio di teleriscaldamento, con cui AIRU, come si è già detto, dissente.

Anima (Federazione delle associazioni nazionali dell'industria meccanica varia ed affine)

ANDREA ORLANDO, Direttore Generale

      La federazione Anima, all'interno di Confindustria, rappresenta il settore della meccanica varia ed affine. Sono circa un migliaio di imprese associate e circa 60 settori merceologici suddivisi in 34 associazioni, per un totale di circa 195 mila addetti e 40 miliardi di euro di fatturato, di cui il 57 per cento è dedicato all'export.
      Tra i settori che rappresenta ci sono il settore della componentistica per la produzione di energia (valvole, turbine, caldareria industriale), Assotermica, che rappresenta gli impianti per il riscaldamento (caldaie a condensazione), il Co.Aer, che rappresenta tutti gli impianti di condizionamento, in particolare pompe di calore e tutte le tecnologie ad alta efficienza. Tutte le aziende realizzano i loro prodotti in Italia. Si tratta di tecnologie sviluppate con un know how italiano, che soddisfano in pieno gli obiettivi della SEN: da una parte, rispondono alla sostenibilità ambientale, in quanto sono tutti prodotti ad alta efficienza, che consentono il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni di CO2; dall'altra parte, essendo prodotti tipicamente italiani, sono un punto di forza per il rilancio della nostra economia.

Anima/Co.Aer.

GIAMPIERO COLLI, Responsabile associativo

      Il dott. Colli concorda con la SEN riguardo alla necessità di promuovere efficienza energetica e sviluppo delle rinnovabili. Tuttavia, per far questo è necessario superare determinate barriere che rappresentano un ostacolo all'innovazione tecnologica. Fondamentalmente queste barriere si potranno superare se ci sarà un rafforzamento degli standard per le nuove costruzioni. Dobbiamo dunque cercare di tenere alti gli standard.Pag. 412
      Per quanto riguarda gli strumenti di sostegno, noi abbiamo sempre ribadito la necessità che questi strumenti siano certi, duraturi e strutturali. Infatti, se sono sempre di natura periodica, difficilmente il mercato potrà cambiare in senso strutturale.
      Per quanto riguarda le tipologie, condivide la proroga dell'incentivo del 65 per cento, che però non è ancora strutturale. Per quanto riguarda l'altro strumento (il conto termico), è molto importante, ma ha bisogno di essere adeguato perché è scarsamente remunerativo e un po’ complesso. È uno strumento strutturale che, oltretutto, avrebbe un'importanza enorme per gli edifici pubblici, che non possono usufruire delle detrazioni fiscali. In questo modo invece potrebbero essere incentivati degli interventi di recupero. Purtroppo, al momento, per quanto riguarda le pompe di calore, questo decreto non è applicabile, perché è scarsamente remunerativo. Tenuto conto che parallelamente lavora con il 65 per cento, il conto termico per le pompe di calore oggi dà una remunerabilità intorno al 15-20 per cento, che è troppo poco. Per quanto riguarda le pompe di calore, si tratta di una tecnologia in grado di lavorare per il miglioramento dell'efficienza, che impiega energie rinnovabili termiche.   Lo sviluppo di questo mercato non solo avrebbe dei vantaggi per l'industria produttrice di macchine, ma avrebbe anche vantaggi importanti per tutta la filiera produttiva. Ogni kilowatt di pompa di calore installata equivale a circa 1.500 euro di fatturato per tutto l'indotto, compresa la manodopera.  Infine, c’è il discorso della tariffa elettrica. Queste sono macchine che funzionano elettricamente. Il decreto del cosiddetto «conto termico» prevedeva all'articolo 16, comma 4, l'emanazione da parte dell'Autorità per l'energia di una tariffa speciale. Erano previsti 90 giorni di tempo che sarebbero scaduti ad aprile di quest'anno. Non è stata ancora applicata. Questo, con il sistema tariffario attuale a scaglioni di consumo progressivi, è un elemento estremamente penalizzante per l'introduzione delle pompe di calore nel domestico.

Anima/Assotermica

FEDERICO MUSAZZI, Responsabile associativo

      Assotermica rappresenta il comparto della climatizzazione invernale. Nonostante abbiamo un settore produttivo che è leader a livello europeo dopo la Germania (il nostro è il secondo Paese produttore di caldaie a condensazione), purtroppo, proprio sul mercato domestico, riscontriamo le maggiori difficoltà a penetrare sul mercato con questa tipologia di caldaie. Ciò avviene sostanzialmente perché c’è una legislazione relativa all'evacuazione dei fumi di scarico per caldaie a condensazione estremamente rigida, che è stata pensata in un determinato contesto storico in cui le caldaie a condensazione ancora non esistevano, e quindi andrebbe rivista.
      Il secondo punto che vorrei sollevare è relativo agli obblighi di copertura dei fabbisogni termici (climatizzazione invernale, climatizzazione estiva e produzione di acqua calda sanitaria nei nuovi edifici e nelle ristrutturazioni importanti con fonti rinnovabili). Esiste un decreto legislativo (il decreto 28 del marzo 2011) che prevede nell'Allegato 3 obblighi di copertura di questi fabbisogni, via via crescenti, con fonti rinnovabili. Il problema è che ci si è concentrati su una fetta limitatissima di interventi, cioè sostanzialmente solo sulla nuova edilizia, che rappresenta una componente di gran lunga minoritaria del mercato. Si stanno trascurando tutti i potenziali interventi di ristrutturazione degli impianti e di ristrutturazione edilizia, e si stanno fissando per quella fetta limitatissima di interventi obblighi eccessivamente severi. Questo significa di fatto tagliare fuori dal mercato quasi tutta la produzione tipicamente nazionale. Si taglierebbero fuori dal mercato della nuova edilizia non solo le caldaie a condensazione, ma anche tipologie quali il solare termico. Se si considera la parte del raffrescamento, anche le pompe di calore hanno delle difficoltà a raggiungere quei valori.Pag. 413
      L'Allegato 3 prevede, in caso di mancato raggiungimento di questi valori percentuali sulle rinnovabili, la possibilità di andare in deroga, ma non è una eventualità da utilizzare se si vuole raggiungere uno sviluppo armonioso delle fonti rinnovabili.

Anie – Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche

ANDREA PORCHERA, Responsabile relazione istituzionali

      Anie nell'ambito di Confindustria rappresenta tutti i comparti dell'industria nazionale elettrotecnica ed elettronica. Anie ha sostenuto l'approvazione del documento sulla Strategia energetica nazionale, ma ritiene che sia indispensabile, in tempi relativamente brevi, la redazione di un piano energetico nazionale, che declini le azioni di medio lungo termine e che individui le risorse necessarie a rendere credibili queste strategie.
      Le questioni connesse a questa considerazione generale sono la necessità di una coerenza nella normativa (con una revisione del Titolo V per quanto riguarda le competenze in materia energetica) e un intervento che renda più efficace la governance e quindi la capacità del nostro Parlamento e del nostro Governo di incidere in sede europea nella redazione delle norme che impattano in maniera significativa sul settore.
      L'industria nazionale è pronta al salto di qualità; le nostre sono tecnologie leader a livello mondiale. Ciò che serve, nell'ambito dell'efficienza energetica, è un quadro regolatorio capace di rafforzare gli standard minimi e le normative di settore, e un connesso sistema di controlli che renda tali normative efficaci.
      Sarebbe importante introdurre meccanismi premianti per investimenti in materia di risparmio energetico. Sarebbe indispensabile prevedere dei meccanismi che possano facilitare l'accesso al credito da parte delle imprese per investimenti di efficienza energetica. In questo ambito, si potrebbe anche ipotizzare il ricorso a una sorta di green bond.
    Anie ipotizza una serie di interventi come i certificati bianchi per impianti che abbiano una potenza superiore ai 20 chilowattora, l'estensione della detrazione fiscale per le ristrutturazioni, all'interno delle quali rientra anche la realizzazione di impianti fotovoltaici, non solo alle persone fisiche ma anche le persone giuridiche, l'introduzione di incentivi per la rimozione dell'amianto abbinata all'installazione di impianti fotovoltaici, l'istituzione di un fondo speciale sul modello di quello del Fondo rotativo di Kyoto per l'accesso al credito per le imprese e prevedere dei meccanismi d'incentivo per i sistemi di accumulo.
      Sulle infrastrutture e le reti smart, l'ampia diffusione dei sistemi della generazione diffusa pone dei nuovi problemi di protezione, gestione e regolazione delle reti, che da passive non possono che diventare attive. Questo permetterebbe da un lato la riduzione consapevole dei consumi, e dall'altro un ridimensionamento dei picchi di consumo.
      In tale contesto, i sistemi di accumulo sono, a nostro parere, una tecnologia nell'ambito della quale l'Italia è comunque molto avanti, ma che richiederebbe una maggior attenzione da parte del legislatore.       

Anie

FILOMENA D'ARCANGELO, Responsabile area ambiente

      Nella Strategia energetica nazionale mancano le misure di implementazione sostanziale di quanto viene delineato come studio. Come si diceva, da anni l'industria elettrica ed elettronica investe sull'innovazione, sulla ricerca e soprattutto sullo sviluppo di prodotti energeticamente più efficienti. Ci sono dei meccanismi che vanno al di là della semplice incentivazione; banalmente anche l'accesso al credito per fare degli investimenti in efficienza energetica è fondamentale.
      Le imprese rappresentate sono le imprese manifatturiere a più alto tasso di innovazione e ricerca, che investono una Pag. 414grossa fetta del fatturato nello sviluppo dei prodotti. Tale sforzo deve essere tutelato anche attraverso i controlli di mercato e l'individuazione dei meccanismi che favoriscono la penetrazione di questi prodotti e di queste soluzioni.

Energoclub      

GIANFRANCO PADOVAN, Presidente

      Energoclub è un'associazione nata nel 2005, che si occupa di consulenza e di primo orientamento nei confronti delle famiglie. La missione è la riconversione del sistema energetico dalle fossili alle rinnovabili nell'arco di trent'anni.
      Energoclub vede la SEN come qualcosa di temporaneo. Invece il Piano energetico nazionale, che dovrebbe spingersi da qui al 2050, ha sicuramente una funzione diversa.
      Il piano energetico nazionale proposto da Energoclub ha una particolarità: non cita le tecnologie da sviluppare, ma riporta invece le tecnologie da togliere, attraverso delle fasi transitorie di face out, in modo tale da rimuovere dal nostro sistema le fonti fossili e le tecnologie che impiegano le fonti fossili. Questi interventi possono essere supportati parzialmente dallo Stato, attraverso incentivi o alcuni meccanismi di attrazione, ma soprattutto dall'imprenditoria e dalle famiglie.
      Un aspetto prevalente dell'attuale SEN riguarda lo sviluppo del gas, quando invece la richiesta di gas sta sempre più diminuendo. Un aspetto molto importante riguarda la decarbonizzazione, anche per i periodi oltre il 2020. Secondo Energoclub la decarbonizzazione va abbinata a un altro problema che noi abbiamo, che riguarda l'agricoltura e la fertilità dei nostri terreni. Tutto il carbonio che c’è nell'aria è dovuto all'uso di combustibili fossili. Quel carbonio va riportato nelle sedi di origine e in particolare nel terreno, non nei 2000 metri, ma nel primo metro di terreno, per un motivo semplice: il terreno non è più fertile, e ha bisogno di fertilizzanti di sintesi e di sementi mutate geneticamente. Questo dipende da tutta una serie di escalation negative che hanno portato a desertificare alcune zone d'Italia, in Friuli e in Sicilia. Tutte queste conseguenze negative possono essere evitate se noi riportiamo il carbonio nel primo strato del terreno. In questo caso il carbonio, che ha la particolarità di bonificare il terreno, permette di fissare l'azoto e i batteri utili per rendere più fertile il terreno.
      Per quanto riguarda il recupero di fonti economiche per sostenere le fonti rinnovabili, secondo Energoclub si tratta di quantificare i minori costi sanitari derivanti dalla riduzione dell'inquinamento ottenuta con l'introduzione delle fonti di energia rinnovabili (FER) e delle tecnologie per l'efficienza energetica sull'arco di dieci anni.
      L'altra soluzione è quella che Energoclub ha chiamato «Esco fai da te». «Esco» è una compagnia che è predisposta a fare l'investimento per ridurre la bolletta energetica. L'investimento è curato dalla Esco. La famiglia stessa che, aiutata dalla banca, può fare da Esco, facendosi finanziare un progetto d'intervento per un certo numero di anni, in modo tale che la rata del mutuo non sia superiore all'attuale bolletta di energia elettrica e termica. Si può arrivare anche all'80 per cento di risparmio energetico, e quindi la bolletta passa dai 1.500-3.500 al 20 per cento di questo importo. Quest'operazione alla famiglia non costa un euro di più di quanto spende attualmente; deve solo impegnarsi a mantenere questa spesa per il periodo di durata del mutuo.

Federchimica

ERWIN RAUHE, Vicepresidente

      Riguardo alla chimica da fonti rinnovabili, esistono alcune materie prime che arrivano dall'agricoltura (scarti alimentari, rifiuti organici, alghe e biomasse) dalle quali, attraverso impianti chimici di bioraffinerie, ricaviamo sostanze e prodotti chimici differenti, dalla chimica di base alla chimica di specialità, come agrofarmaci o tensioattivi detergenti, ma anche biocarburanti. Queste bioraffinerie e questa Pag. 415chimica da fonti rinnovabili utilizzano degli scarti o dei prodotti non in concorrenza con la filiera alimentare.
      Per quanto riguarda l'industria chimica in Italia, le industrie chimiche italiane generano un fatturato di circa 53 miliardi di euro ed impiegano oltre 115 mila persone addette direttamente nel settore. Per ogni persona addetta direttamente, occorre considerare dalle quattro alle sei persone che lavorano nell'indotto. Possiamo dividere la produzione chimica in Italia in due grandi blocchi. Il primo blocco, costituito da chimica di base e fibre, purtroppo, anche per un problema di costi energetici e di approvvigionamento energetico, sta perdendo peso specifico nell'industria chimica italiana, a vantaggio della chimica fine, specialistica e per il consumo, che invece, anche essendo a più alto valore aggiunto, tende a aumentare la propria presenza.
      Per quanto riguarda l'utilizzo delle fonti energetiche e della chimica in quanto tale, ricordo che vi sono due principali fonti di approvvigionamento. La prima è il virgin-nafta, dal quale si ottengono propilene, etilene, butadiene e gli aromatici, e in conseguenza tutti i prodotti chimici derivati. Negli ultimi anni si è inserito come fonte anche il gas naturale, dal quale possiamo ottenere propilene, etilene e, conseguentemente, tutta la filiera dei prodotti derivati da queste due materie prime di base.
      Lo shale gas, così prepotentemente apparso sul mercato negli ultimi anni, soprattutto negli Stati Uniti, crea una minaccia, facendo una concorrenza molto forte alla chimica europea.
      Sugli oneri derivanti dall'incentivazione alle rinnovabili, le proposte di Federchimica sono:
          trasformare il pagamento di una parte significativa dell'incentivo in esenzione d'imposta;
          includere i produttori da fonte rinnovabile nei meccanismi di bilanciamento della rete, con una chiara partecipazione nei costi;
          rivedere il sistema incentivante per le fonti rinnovabili termiche, tenendo conto dell'impatto ambientale degli inquinanti tradizionali.

Energia Concorrente

GIUSEPPE GATTI, Presidente

      Energia Concorrente raggruppa alcuni tra i principali produttori italiani di energia elettrica, caratterizzati dall'avere, da un lato, un parco di generazione particolarmente moderno, realizzato negli ultimi anni e ad alto livello di efficienza e, dall'altro, una significativa presenza anche nella produzione di energia da fonti rinnovabili, prevalentemente eolico.
      Negli ultimi anni la mancanza di un chiaro quadro di riferimento ha generato una proliferazione di norme scarsamente coerenti tra loro, che hanno recato non pochi danni al corretto funzionamento del mercato e del sistema elettrico italiano.
    Con particolare riferimento al settore elettrico, uno degli obiettivi fondamentali è il differenziale di prezzo fra l'Italia e il resto d'Europa, e tra l'Europa e gli USA. Questa distanza discende innanzitutto dal diverso mix di combustibili, e quindi dalle diverse tecnologie fra l'Italia e gli altri grandi Paesi industriali europei. In Francia, Germania, Inghilterra e Spagna oltre il 60 per cento della produzione elettrica è assicurato da un mix, diverso da Paese a Paese, tra carbone e nucleare.
      L'Italia, rispetto alla media europea, ha un peso molto più rilevante e assolutamente preponderante del gas naturale che ha molti vantaggi, ma ha anche uno svantaggio fondamentale: è il combustibile più costoso. È certamente il combustibile meno inquinante e quello che genera costi d'investimento fissi, ma rispetto ai costi variabili è indubbiamente il combustibile più caro. Poi ci sono gli oneri di sistema, dal momento che oggi la bolletta è composta per metà dai costi dell'energia e per l'altra metà dai costi di sistema.Pag. 416
      L'obiettivo di far scendere i costi dell'energia, comune alle imprese e ai consumatori, può essere raggiunto in due modi: in primo luogo, cercando di ridurre l'intensità energetica per unità di prodotto e, quindi, spingendo fortemente sull'efficienza energetica; in secondo luogo, attraverso una sorta di spending review della bolletta elettrica, che va ripulita di tutti gli oneri impropri (agevolazioni agli «energivori», come l’ «interrompibilità» o «superinterrompibilità» e i «servizi virtuali», cioè gli elettrodotti virtuali).
      Per via poi dello sviluppo di impianti a fonti rinnovabili non programmabili, abbiamo quindi bisogno di un parco di generazione che sia pronto a entrare immediatamente in esercizio quando viene meno l'apporto dell'eolico e del fotovoltaico. Sotto questo profilo, gli impianti a cicli combinati a gas se, da un lato, scontano il fatto di essere alimentati da un combustibile particolarmente caro, dall'altro, presentano il vantaggio di avere un'estrema flessibilità e di poter entrare in esercizio in tempi rapidi. C’è un costo di questa funzione di backup o di riserva, che oggi il sistema non riconosce, e ciò rende particolarmente pesante la situazione dell'industria elettrica italiana. Fin quando il mercato non riconosce i servizi di flessibilità e di riserva che vengono garantiti dalla generazione termoelettrica, c’è un rischio reale che molti di questi impianti vengano chiusi, perché non sono in grado di sostenere i costi. Questo comprometterebbe la sicurezza del sistema elettrico, che è il secondo obiettivo base che deve essere riconosciuto dalla Strategia energetica nazionale. Occorre garantire la sicurezza del sistema, attraverso il pieno funzionamento degli impianti, che garantiscono la flessibilità, e attraverso un adeguato sviluppo dell'infrastrutturazione di base del Paese.
      Oggi purtroppo scontiamo il fatto (e questo incide sugli oneri in bolletta) che la rete italiana presenta ancora diverse situazioni d'instabilità e soprattutto di congestione o di colli di bottiglia. Uno su tutti, per esempio, è la debole connessione tra la Sicilia e il continente. Da anni è in progetto il raddoppio della connessione; i lavori sono cominciati, ma proseguono con estrema lentezza, anche per le difficoltà e le opposizioni che incontrano a livello locale. Questa strozzatura fra Sicilia e Italia, per il meccanismo di formazione dei prezzi regionali, genera sulla bolletta degli italiani un costo medio tra i 2 e i 3 euro/megawattora su un prezzo medio di 70 euro, quindi un valore non indifferente.
      Riguardo alla sindrome NIMBY, è necessaria una revisione profonda dei meccanismi autorizzativi e della struttura autorizzativa in generale, ma anche una revisione di carattere costituzionale sulla ripartizione delle competenze.

Edison

BRUNO LESCOEUR, Amministratore delegato

      Il dott. Lescoeur ha esaminato le sfide del futuro in campo energetico.
      La prima sfida è legata al mercato del gas, che per l'Italia resta la principale componente di un sistema energetico sicuro e sostenibile. Non è possibile immaginare alternative a relazioni stabili come i contratti di lungo termine. Tuttavia, è necessario che essi siano sempre più in linea con le esigenze e con le condizioni effettive del mercato. Edison è stata la prima azienda in Europa ad aprire, nel 2010, la strada delle rinegoziazioni dei contratti di lungo termine.
      La seconda sfida, sempre nel settore del gas, è legata al futuro. Edison è promotrice di importanti progetti infrastrutturali, come il rigassificatore di Rovigo, oggi pienamente attivo. I progetti Edison Galsi dall'Algeria, IGB per interconnettere Grecia e Bulgaria e ITGI tra Turchia, Grecia e Italia sono tutti stati identificati dall'Unione europea come progetti di interesse comune, il massimo livello di priorità continentale per queste infrastrutture. Dopo la decisione del Consorzio Shah Deniz di scegliere l'Italia come mercato di destinazione del gas dell'Azerbaijan attraverso Pag. 417il TAP, gasdotto trans-adriatico, Edison è convinta che i propri progetti possano offrire un'opzione importante per le nuove fonti di approvvigionamento italiano e anche contribuire all'apertura del corridoio sud grazie alla loro maturità, alla loro competitività e all'approvazione di tutte le istituzioni coinvolte anche a livello locale.
      La competitività delle forniture gas è una condizione necessaria ma non sufficiente per costruire in Italia un mercato elettrico efficiente e competitivo. Oggi gli impianti termoelettrici soffrono a causa dell'energia sussidiata, non programmabile e rimessa prioritariamente sul mercato, ma sono sempre più necessari per offrire al sistema servizi di flessibilità resi essenziali proprio dalle fonti rinnovabili non programmabili. Una migliore integrazione delle fonti rinnovabili nel mercato e l'introduzione nel «mercato della capacità» potrebbero offrire rapidamente una soluzione efficace.
      L'insieme di questi interventi potrebbe offrire all'Italia un mix equilibrato ed efficiente, ma la concorrenza resterebbe incompleta se non potesse funzionare adeguatamente sul mercato finale. I consumatori, come gli operatori, hanno bisogno di competizione reale, di innovazione nei servizi e nei modelli di vendita e di una vera tutela economica per i consumatori che ne hanno effettivamente bisogno.
      L'ultima sfida che vediamo per il mercato energetico italiano è quella della valorizzazione delle proprie risorse domestiche, oltre al suo carbone bianco, le centrali idroelettriche, che costituiscono un patrimonio del Paese e un orgoglio storico di Edison.  Oggi, per contrastare la dipendenza energetica crescente, l'Italia ha la possibilità di rilanciare importanti investimenti nel settore della produzione e dell'estrazione di idrocarburi. La Strategia energetica nazionale stima 15 miliardi di euro di nuovi investimenti e 25 mila posti di lavori tra oggi e il 2020. La sfida imprenditoriale di Edison in Italia riguarda un piano di investimenti da un miliardo di euro in 3 anni, se gli iter autorizzativi avranno tempi compatibili.

Edison

ROBERTO POTÌ, Componente del Comitato esecutivo

      Edison non concorda con l'obiettivo previsto dalla Strategia energetica nazionale di aumentare l'obiettivo di energia prodotta da fonti rinnovabili. Abbiamo già raggiunto l'obiettivo prescritto dal cosiddetto pacchetto 20-20-20. Secondo Edison, tutto quello che si produrrà in più può essere scambiato con i Paesi che invece non raggiungeranno quell'obiettivo, in modo da farci riconoscere in parte gli oneri di sistema che i consumatori italiani hanno pagato (il meccanismo noto come trasferimento statistico tra gli Stati membri dell'Europa potrebbe consentirlo).
      È, inoltre, secondo Edison, necessaria una revisione dei contratti di importazione di energia rinnovabile da Paesi terzi, che risalgono al momento in cui si pensava che non avremmo raggiunto l'obiettivo delle fonti rinnovabili.
      Occorre poi privilegiare le nuove fonti rinnovabili, come stiamo facendo. La tecnologia, si è evoluta, gli impianti eolici hanno maggiore efficienza, quindi, anziché costruire nuovi impianti e nuovi siti e occupare altro spazio, sarebbe molto più utile il repowering degli impianti esistenti.
      Le fonti rinnovabili dovrebbero partecipare ai costi di sbilanciamento del sistema, occorre quindi procedere alla revisione delle tariffe minime garantite e, soprattutto, rivedere il sistema dello scambio sul posto. Esistono impianti solari o rinnovabili che usano come stoccaggio la rete nazionale: bisognerebbe incentivare, invece, l'autoproduzione e l'autoconsumo sul posto. Attualmente, lo scambio sul posto favorisce la costruzione di impianti rinnovabili sussidiati, col sistema generale che fa da ripartizione e stoccaggio per gli impianti.
      Quanto al sistema di tassazione, Edison è contraria alla Robin tax, che ritiene debba essere eliminata, ma nel frattempo applicata a tutte le fonti di produzione dell'energia elettrica.Pag. 418
      L'ultimo punto è quello dell'apertura del mercato retail. In Italia, c’è stata un'apertura del mercato, una privatizzazione a monte, cioè nella produzione. Nell'uso finale dell'energia, invece, e in particolare per il mercato retail sia domestico sia per le piccole imprese, siamo al di sotto della quota del 20 per cento per il mercato elettrico e molto al di sotto per il mercato gas. Soltanto il 20 per cento del mercato è aperto alla concorrenza. Ciò significa che i fornitori di energia e di gas non dispongono di una massa critica sufficiente per essere efficienti e offrire le migliori condizioni sul mercato, per cui deve essere ridotto il perimetro delle tariffe tutelate alle categorie di utenti che hanno effettivamente una situazione economica da tutelare e non soltanto i bassi consumi. Si possono, infatti, avere bassi consumi, ma non un basso reddito.
      Va, inoltre, controllato meglio il rapporto tra distributore e venditore, che al momento crea dei problemi. Se, infatti, si cambia il contratto in casa, la lettura del contratto precedente è una specie di incubo per cui non si sa mai come fare per il conguaglio. Questo rappresenta un blocco allo switch. Vi è, inoltre, ormai molto credito insoluto e questo è un problema generale che al momento grava soltanto sui venditori che ricevono i soldi dai clienti, devono pagare distributori, gestori della rete e oneri di sistema. Se, però, non sono pagati dal cliente finale, praticamente hanno il debito al 100 per cento in carico. Bisogna semplificare le bollette, i servizi che possono essere resi post-contatore, aumentando la capacità del consumatore a gestire la propria energia, e quindi procedere al cosiddetto empowerment del cliente finale, creando una vera efficienza energetica.

Assogas   

STEFANO BOLLA, Presidente

      Assogas è un'associazione di categoria fondata nel 1979, che aderisce a Confindustria da circa 20 anni e rappresenta 81 aziende che operano nel settore della distribuzione e della vendita di gas.
      Nella distribuzione operano circa 227 aziende, ed Assogas ne rappresenta una cinquantina. Per la vendita, sono 308 ed Assogas ne rappresenta 31. Si tratta di mercati fortemente concentrati: i primi tre operatori della distribuzione coprono circa il 50-60 per cento del mercato e i primi tre nella vendita quasi il 50 per cento.
      Secondo Assogas, la SEN dovrebbe, prima di tutto, valorizzare le risorse già presenti nel Paese. Il gas è una risorsa presente, sono già stati effettuati molti investimenti e la metanizzazione è già molto diffusa nel Paese. Sarebbe bene che al gas fosse conferito il giusto ruolo prima di disperdersi su altri percorsi.
      È poi necessario che ci sia un mercato, quindi anzitutto dei consumatori che scelgano, e che ci sia una pluralità di imprese. Nella commercializzazione del gas una parte del mercato è liberalizzato e una parte è ancora sotto tutela.
      Inoltre, è necessaria una pluralità di imprese. Se, infatti, si liberalizza e poi si resta con 6 operatori in un mercato, è molto evidente il rischio un oligopolio.
      La SEN pone l'altro tema importante della creazione dell'hub sud-europeo. Bisogna diversificare le fonti di approvvigionamento, quindi avere Paesi diversi che riescono a portare il gas da noi. È dunque fondamentale mantenere il focus, per esempio, sul progetto TAP. Poi, perché l'hub del gas funzioni, è necessario che sia coordinato a livello europeo. Diversamente, pur entrando il gas in Italia, senza il contro flusso verso il nord, rischia di essere un esercizio non completo.
      Altro elemento importante della SEN è la riforma della distribuzione del gas (degli ambiti, quindi delle gare). Nel merito, Assogas ha avuto sempre una posizione abbastanza critica sul risultato di questa riforma. L'interruzione delle concessioni originarie, e quindi la loro riassegnazione per ambiti territoriali minimi di gara (ATEM), doveva o dovrebbe rappresentare il momento di un confronto competitivo. In teoria, quindi, più soggetti dovrebbero partecipare a queste gare. Tuttavia, anche Pag. 419uno studio dalla Bocconi, ha evidenziato che nella fase di assegnazione di queste gare d'ambito non ci sarà competizione perché le simulazioni fatte, forse per le verifiche degli aspetti tecnico-gestionali unite alle necessità finanziarie per parteciparvi, essendo molto grandi, creano barriere importanti all'entrata, dimostrando che non ci sarà una grande competizione. Addirittura, in moltissimi ambiti ci sarà solo un competitore possibile.
      Riguardo al tema della misura e agli smart metering, sarebbe opportuno che la valutazione arrivasse una volta che si siano testati i contatori, si sia verificato che sistema di trasmissione dei dati è coerente.
      Anche sul tema dello stoccaggi, Assogas è favorevole agli investimenti, elemento che aumenta la flessibilità del sistema. Eventualmente, bisognerà orientarli tecnicamente più verso un miglioramento della capacità di punto di erogazione che sullo spazio. È, inoltre, positivo che si sia aperta la discussione – e in parte la si affronti – sul fatto che avvengano attraverso asta, ma serve coerenza per non dover, a valle, come venditore, imporre l'obbligo ai clienti finali di un servizio di modulazione a un prezzo predefinito. Se si è obbligati a vendere a un prezzo predefinito, non può, a monte, muoversi il mercato pena il rischio di un grosso squilibrio.
      Riguardo all'equilibrio tra modello di mercato e governance pubblica, il dott. Bolla ha evidenziato il conflitto di interessi tra lo Stato che fa le leggi e ha anche degli interessi economici in quanto azionista di riferimento delle principali aziende che operano nel mercato presente in tutte le aziende che operano nel settore delle infrastrutture, e interessato percettore di una parte dalla bolletta per tutte le accise e le imposte.
      Si potrebbe pensare a una agenzia nazionale che, un po’ mutuando dall'agenzia americana, possa raccogliere in maniera sistematica tutte le informazioni nell'ambito dell'energia, in modo che, partendo dalla SEN, possa esserci un unico soggetto che riesca a misurare e a fornire indicazioni a tutto il sistema degli stakeholder, evidentemente le informazioni necessarie per manutenere questo processo. Non si può, infatti, pensare a una realizzazione della SEN oggi per poi dimenticarcene per i prossimi 15 anni.
      Un altro aspetto riguarda la privatizzazione: una volta che si sia deciso quali sono le infrastrutture veramente strategiche, bisogna privatizzare il resto e far sì che il mercato cresca.

CGIL

ANTONIO FILIPPI, Responsabile Energia

      La CGIL condivide l'impianto generale della SEN, ma considera l'orizzonte del 2020 troppo vicino, e si interroga quindi sulla necessità invece di un vero Piano energetico nazionale, con un orizzonte al 2030-2050, come indicato anche dall'Unione europea.
      Secondo CGIL, inoltre la transizione verso il raggiungimento dell'80 per cento dell'economia e dell'energia fuori dal carbonio, andrebbe gestita usando maggiormente il gas. Nell'ambito del settore termoelettrico ci sono migliaia di persone in carne e ossa, tecnici, capacità e intelligenze che vanno assolutamente salvaguardate. Bisogna cercare un equilibrio svincolandoci dalla stretta della fornitura del gas che avviene attraverso i metanodotti. Oggi, siamo collegati con due metanodotti centrali a nord e a sud del nostro Paese, che determina anche un blocco della dinamica dei prezzi, e quindi della concorrenza. D'altro canto, dobbiamo diversificare l'approvvigionamento, soprattutto nei mercati spot, che ci permettono di abbassare il prezzo. Per questo, abbiamo bisogno, secondo CGIL, di alcuni nuovi rigassificatori di GNL, gas naturale liquefatto, in modo che il sistema di stoccaggio sia più competitivo e ci permetta di ammortizzare la difficoltà rispetto alla media europea.       
      I cicli combinati che abbiamo nel nostro Paese, che negli ultimi anni hanno visto 25 miliardi di investimenti per l'ammodernamento, vanno salvaguardati perché Pag. 420sono la garanzia per il sistema Italia, soprattutto per le manifatture, con il capacity payment, o il capacity market.
      Per quanto riguarda le strutture sindacali confederali e Confindustria, la strada principale da seguire per far partire e decollare anche il nuovo assetto produttivo passa dall'efficienza energetica.   Le indicazioni sono 1 milione 600 mila posti di lavoro in 10 anni, circa 100 mila posti di lavoro all'anno, secondo me anche sottodimensionati; 238 miliardi di investimenti; 15 miliardi di benefici per il sistema Paese. Tutto il discorso passa da lì perché dietro c’è la manifattura, le nostre fabbriche, le nostre aziende, il nostro sistema produttivo. Se vogliamo mantenere quel sistema produttivo, come intendiamo fare, abbiamo bisogno però di mantenere l'equilibrio di cui si parlava.

Flaei-CISL

CARLO DE MASI, Segretario Generale

      Il dott. De Masi ha posto l'accento sul calo occupazionale (oltre 100 mila addetti) portato dalla liberalizzazione e le connesse privatizzazioni del sistema. Le tre GenCo stanno ormai sparendo: la prima già è stata assorbita nella divisione tra A2A e francesi; la seconda è sull'orlo di un dramma dal punto di vista economico-finanziario; quanto alla terza, i tedeschi, dopo aver rilevato da Endesa gli asset, stanno per abbandonare il nostro Paese. Per la prima volta sono stati sottoscritti accordi di ammortizzatori sociali con i cinque principali player di generazione. Vi sono 30-35 impianti a rischio fermata, e su questi impianti la CISL chiede un accordo trilaterale Governo, parti sociali, imprese e sindacato.
      CISL ritiene essenziale riaffermare l'universalità del servizio elettrico. Occorre poi adeguare la struttura tariffaria della bolletta rispetto alla strategia energetica che il Paese si darà, rivedendo sia i prezzi dei consumi sia le diverse componenti e le varie accise, anche al fine di diminuire i costi in bolletta per famiglie e imprese.
      È necessario istituire una cabina di regia, per attuare e monitorare la programmazione strategica energetica ambientale del Paese. CISL propone inoltre di creare un'unica società delle reti, che riguarda un po’ tutti i servizi universali, ma in particolare partendo da quella elettrica, favorendo l'azionariato dei lavoratori, l'ingresso di Cassa depositi e prestiti e anche dei cittadini consumatori. Va istituita una società dedicata al controllo pubblico e neutra per la verifica e la misura per tutti i servizi essenziali. È necessaria la definizione di processi autorizzativi certi nei tempi, nelle scelte e nelle modalità per favorire investimenti per le infrastrutture energetiche. Va sostenuta la ricerca applicata al sistema elettrico, devono essere monitorati gli obblighi di concessione, introdotti elementi di garanzia rispetto alla salvaguardia del patrimonio affidato in concessione, promossa la partecipazione diretta delle istituzioni a livello territoriale prevedendo compensazioni. Bisogna modulare nel tempo l'attuale sostegno alle rinnovabili, fotovoltaico ed eolico, fino al raggiungimento della parity grid e prevedere incentivi adeguati per sostenere il solare termodinamico, il minieolico, le biomasse, favorendo, come non è accaduto con la green economy, dove sono stati tolti i soldi ai poveri per darli ai ricchi finanziando fondi di investimento estero e componentistica cinese o del Nord Europa, accordi di programma sul territorio per l'indotto e protocolli con università ed enti della formazione per creare nuove professionalità e green jobs.
      È anche necessario bonificare i siti nucleari. Se si decidesse per una rete d'impresa tra Sogin capofila, Ansaldo Nucleare, ENEA, Enel ingegneria e innovazione, CESI e altre, si potrebbe non solo mettere in sicurezza il Paese e bonificare quei siti, ovviamente dotandosi anche del deposito Parco tecnologico, ma anche e soprattutto aggredire un mercato internazionale rilevante rispetto al decommissioning.

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UIL

  FRANCESCO FIORE, Coordinatore Energia

      Il dott. Fiore ha esordito sulla questione autorizzativa, che rappresenta un problema all'interno della SEN, soprattutto per alcuni settori quali l'eolico e il fotovoltaico, per i quali esiste ancora un accavallarsi di autorizzazioni e sistemi che non aiutano lo sviluppo di questi settori.
      Per quanto riguarda l'efficienza energetica, c’è un patrimonio pubblico che può essere ristrutturato, un indotto lavorativo che può essere sviluppato, edifici, che vanno dal 1913 al 1971, i più vecchi tra quelli pubblici, che potrebbero portare un risparmio di 90 milioni di euro in termini di energia. In questo senso, l'aver prorogato le agevolazioni fiscali è stato un punto di partenza molto positivo, in quanto senza quell'incentivo il settore dell'edilizia avrebbe pagato a maggior dazio.
      Il dott. Fiore pone l'attenzione su un punto trascurato dalla SEN: il NIMBY (Not In My Back Yard). Su questo punto CISL richiede una consultazione pubblica.
      Nella SEN, infine, non si parla di tariffe, neanche di tariffa sociale, che deve invece rientrare all'interno di una pianificazione energetica.

UGL

IVETTE CAGLIARI, Segretario Confederale

      La dott.ssa Cagliari chiede di rendere concreta la SEN, confinata ancora oggi nella declinazione di intenti irrealizzabili, come del resto anche il PEN, Piano energetico nazionale del 1988. Occorre innescare un circolo virtuoso e rispondere con coerenza al fabbisogno energetico nazionale con creazione di posti di lavoro legati all'implementazione al funzionamento di nuovi impianti, posti innovativi con alti saperi, ma anche riconversione attraverso la formazione di competenze dedicate.
      Per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti si potrebbero costruire rigassificatori o anche inceneritori.
      Purtroppo a causa della sindrome NIMBY, non si realizzerà il rilancio derivante dal saper cogliere quest'opportunità strategica, se non si affronterà il tema scottante della governance, una delle 7 priorità della SEN. Prima azione indispensabile tra tutte, secondo l'UGL, è ricondurre in capo allo Stato le competenze legislative in materia energetica per quanto attiene le infrastrutture di livello nazionale.
      È evidente che la Strategia energetica deve essere accompagnata da un'azione culturale di chiarezza scientifica e normativa. Non possiamo gravare la già preoccupante e nota sindrome NIMBY con l'emergente, forse ancora poco conosciuto, NIMTOO (Non In My Term Of Office), non durante il mio mandato elettorale. Un dato di rilievo è che le opposizioni più forti siano, appunto, dei sindaci o dei funzionari che non sottoscrivono le autorizzazioni, con il conseguente blocco di iniziative e il proliferare di autorizzazioni burocratiche che appaiono, a chi vuole accedervi, senza fine o di modifiche in corso d'opera di incentivi che, purtroppo, generano ulteriore confusione.
      Serve anche un maggior coordinamento con l'Europarlamento. La SEN non è di per sé sufficiente a rispettare i limiti fissati dalla roadmap per le emissioni di CO2. Ci troviamo costantemente in ritardo perché attuiamo politiche di breve periodo, senza visione di lungo termine. È una scommessa anche lo sviluppo tecnologico, che va aiutato perché determinerebbe innovazione di qualità tale da risollevare l'economia del Paese. Nel ritornello del debito, si finisce col non fornire supporto pubblico all'industria. Contesto politico ideale per l'innovazione energetica sarebbero le compartecipazioni pubblico-privato e molto si potrebbe fare in questo senso.
      Di fatto, se si erogassero incentivi al settore manifatturiero collegato in modo diretto e indiretto all'energia attraverso l'interazione e la partnership tra soggetti Pag. 422diversi, si acquisirebbe maggiore competitività intellettuale, e quindi industriale.

Enea   

GIOVANNI LELLI, Commissario

      L'Enea è allo stesso tempo il soggetto strategico del sistema della ricerca energetica in Italia e l'organismo di supporto tecnico al Ministero dello sviluppo economico per l'elaborazione delle decisioni di politica energetica. In tale duplice funzione di ricerca e di servizio l'Enea ha collaborato con il Ministero dello sviluppo economico all'elaborazione degli scenari evolutivi di lungo termine 2020 e di lunghissimo periodo al 2050.      Innanzitutto è interessante il risultato atteso al 2020 dalle politiche sviluppate nella SEN, che mostra come questa politica porti a un leggero incremento dei combustibili solidi, a una diminuzione dei prodotti petroliferi per gli interventi relativi alla mobilità, che è attesa consumare meno, la diminuzione di poco più di 1 punto percentuale del gas, la drastica diminuzione dell'elettricità importata e il raddoppio delle fonti rinnovabili.
      Negli scenari in recepimento dell'indicazione dell'Unione europea al 2050, la decarbonizzazione dei sistemi energetici dell'80 per cento determina una drastica diminuzione dell'uso dell'olio combustibile e anche del gas, un aumento della produzione nel mix energetico delle biomasse e delle fonti rinnovabili. Questo deve fare i conti con la situazione di mercato del gas, che è di gran lunga il fatto più rilevante accaduto a livello mondiale negli ultimi quarant'anni. Una scommessa verso la decarbonizzazione oppure un'altra verso il gas può dunque avere enormi conseguenze che può avere per il futuro energetico del nostro Paese.
      Riguardo alla ricerca, una politica di ricerca nella prospettiva della decarbonizzazione del sistema energetico dovrà mirare alla riduzione dei costi delle tecnologie. L'effetto di una politica che ha privilegiato la domanda di tecnologie senza produrre un impulso all'offerta ha avuto conseguenze emblematiche, soprattutto nel settore italiano del fotovoltaico, dove il forte aumento delle installazioni negli ultimi anni ha portato a un incremento del deficit commerciale, arrivato nel 2010 a un picco di 11 miliardi di dollari.
      È forte il rischio che ora misure pensate come contributo per la riduzione delle emissioni si trasformino in strumenti – sicuramente involontari ma prevedibili – di ulteriore squilibrio economico, quando invece un nuovo paradigma energetico che voglia trainare sviluppo industriale e posti di lavoro è realizzabile nel breve e medio periodo, se accompagnato dall'implementazione di sviluppo tecnologico.
      Nel caso del fotovoltaico la forchetta fra la capacità produttiva installata di fotovoltaico e il saldo commerciale fotovoltaico negativo del nostro Paese è enormemente più larga dell'analoga forchetta fra capacità produttiva installata in Europa e saldo commerciale del continente. A partire dal 2007, nell'Unione europea si registra complessivamente un incremento dei finanziamenti pubblici in ricerca, sviluppo e dimostrazione nel settore dell'energia, evidenziando un maggiore interesse verso rinnovabili ed efficienza. L'Italia risulta ben posizionata nel panorama europeo, rappresentando nel 2011 il quarto Paese in termini di spesa pubblica in ricerca e sviluppo, qualcosa di cui essere orgogliosi considerando che è più o meno lo stesso livello della Gran Bretagna. In Italia, i maggiori finanziamenti alla ricerca provengono dal settore pubblico, anche se la partecipazione di quello privato è aumentata negli ultimi anni, in particolare in specifiche aree di eccellenza quali il solare a concentrazione.
      L'Enea quale principale attore della ricerca energetica in Italia riveste un ruolo di primaria importanza anche a livello internazionale, posizionandosi al ventiseiesimo posto tra le prime cinquanta organizzazioni europee di partecipazione al VII Programma Quadro dell'Unione europea, e prima di noi si collocano Électricité de France, Enel, E.ON. Sebbene l'Italia risulti particolarmente attiva e dimostri Pag. 423anche una forte presenza a livello internazionale nel campo della ricerca nel settore dell'energia, vi è ancora una diffusa ma errata tendenza a considerare le attività di ricerca come qualcosa di avulso dallo sviluppo industriale, lasciando al caso la possibilità di trasferire alle imprese i successi dell'innovazione. In altri termini, sarebbe opportuno definire e attivare una lungimirante politica di ricerca congiuntamente a un'altrettanto lungimirante politica industriale, affinché entrambe risultino efficaci per una maggiore competitività dell'industria nazionale soprattutto sui mercati esteri.
      È utile quindi rafforzare nella Strategia energetica il riferimento alla ricerca come elemento strutturale per il raggiungimento degli obiettivi, inserendola in maniera esplicita tra le priorità.

Anev

ARTURO COCCO, Segretario generale

      Secondo Anev, lo sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili, al fine di superare gli obiettivi europei, rende allo stesso tempo necessaria una revisione del sistema al fine di ridurre l'onere in bolletta. Occorrerà provvedere dunque alla definizione di nuovi strumenti per finanziare in modo efficace una serie di attività oggi a carico del comparto elettrico. L'unico strumento efficace è quello di rimuovere dal costo elettrico tutti gli oneri impropri, riducendoli sensibilmente con meccanismi fiscali e di supporto alla realizzazione delle infrastrutture.
      La situazione di recessione che attualmente attanaglia l'intero settore produttivo nazionale, così come l'economia dei nuclei familiari, pone alla ribalta la necessità di valutare misure che possano in qualche modo contribuire ad arginare tale situazione. Lo scopo principale di questo documento è quello di fornire alcune proposte per razionalizzare le risorse destinate al sostegno delle fonti rinnovabili contabilizzate all'interno della componente A3 della bolletta elettrica, fornendo, da una parte, la possibilità di abbattere negli anni gli importi a carico degli utenti finali e, dall'altra, strumenti nuovi di incentivazione per le rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico che permetterebbero di portare nuovo slancio per l'intero settore.
    Dopo aver illustrato alcuni dati riguardanti la suddivisione degli oneri della componente A3 e l'incentivazione delle rinnovabili (in particolare lo squilibrio a favore del fotovoltaico), il dott. Cocco è ritornato sulla proposta di passaggio a un sistema basato sull'incentivazione fiscale. Secondo Anev, che rappresenta il settore dell'eolico, sarebbe opportuno valutare lo spostamento dell'incentivo della produzione elettrica al capitale per gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, ottenendo un sistema efficiente e un significativo risparmio per il sistema stesso. Infatti, individuando un mix di sgravi fiscali e di incentivi in conto capitale aggiudicati sempre tramite aste competitive e prevedendo la cartolarizzazione per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo, si potrebbe raggiungere il medesimo obiettivo attualmente individuato con un'efficienza molto superiore e rilanciare l'economia e la crescita in un settore strategico quale quello delle fonti rinnovabili elettriche, in particolare nell'eolico. Assodato il successo ottenuto nel settore edile e dell'efficienza energetica del sistema di sgravi fiscali, occorrerebbe, per lo sviluppo delle rinnovabili e per il raggiungimento degli obiettivi proposti, seguire la medesima strada.
      Nella sostanza, il passaggio a un sistema di detrazioni fiscali da associare eventualmente a un fondo agevolato, coinvolgendo, per esempio, la Cassa depositi e prestiti, condizionato a un bilancio economico nullo o anche, volendo, positivo, permetterebbe di ottenere molteplici risultati positivi. In prima istanza, ci sarebbe un beneficio per tutto il sistema, con una drastica riduzione del peso della componente A3 sulla bolletta. In seconda, ma non ultima, istanza, permetterebbe di far ripartire un settore che dall'introduzione del sistema delle aste si è visto piombare in una parabola decrescente, con evidenti Pag. 424danni per il sistema Paese il quale, peraltro, non ha nemmeno portato a una diminuzione dei costi energetici per le famiglie e per le imprese.

Snam       

CARLO MALACARNE, Amministratore delegato

      Nella sua esposizione, il dott. Malacarne ha illustrato come l'impianto infrastrutturale possa distribuire gas con una sicurezza di approvvigionamento e a un costo competitivo, e come la Snam possa contribuire ad ottenere questi risultati.
      In una visione globale, in termini di energia ci troviamo di fronte oggi a tre realtà completamente diverse nel mondo:
          la realtà statunitense, con lo shale gas, che ha prezzi basati semplicemente sul mercato;
          i Paesi asiatici, o comunque di tutta la parte di Asia e Giappone, che hanno esigenza di gas, che arriva, non essendoci collegamenti via pipe, allo stato liquido, e a un incremento del prezzo che è fino a quattro o cinque volte superiore a quello degli Stati Uniti;
          l'area europea, che è in una condizione mista fra un prezzo di mercato e un contratto cosiddetto a lungo termine, il cosiddetto take-or-pay, che porta a equilibrare un prezzo di tre volte superiore a quello degli Stati Uniti e di due o tre volte inferiore a quello dell'area asiatica.

      L'Europa è collegata via pipe, cioè direttamente, per circa il 65-70 per cento dei suoi consumi (in Italia, tale percentuale sale all'85-90). I contratti a lungo termine coprono, quindi, circa il 65-70 per cento. Questo significa che tale 65-70 per cento è un prezzo collegato a questi contratti, non completamente libero dal mercato. L'altro 30-35 per cento è legato, invece, al cosiddetto gas spot, che ha un prezzo che giorno per giorno si delinea sul mercato. Ci troviamo, dunque, in una situazione mista, che presenta la difficoltà di avere un aumento di questa quantità spot, che di solito arriva dal gas liquido, perché va verso i Paesi asiatici e che, nello stesso tempo, non ha le tecnologie non convenzionali, come quello che ha l'America, e automaticamente porta a un prezzo di mercato molto basso. Questa è la situazione generale.
      La difficoltà di diminuire il prezzo a livello italiano è dovuta al fatto che la percentuale di contratti collegati a lungo termine, che è il 90 per cento e che, come accennavo prima, porta a prezzi più alti, genera più difficoltà nel creare il prezzo di mercato, visto che la quantità spot si aggira intorno al 10-11 per cento. Di conseguenza, dobbiamo cercare di aumentare con qualsiasi mezzo.
      Prima del 2012 lo scambio di gas era molto difficile, in primo luogo perché non c'era un'oversupply, un'overcapacity di gas e c'era meno gas disponibile. In secondo luogo, perché non era possibile scambiare questo gas con gli altri punti in Europa. Dal 2012 in Italia sono state introdotte alcune regole, alcuni criteri, per scambiare gas e Snam si è attivata per creare le condizioni di scambio a livello europeo: una situazione di borsa gas con tutte le piattaforme europee e la possibilità di interscambio attraverso le tubazioni di quantità di gas. Questo ha portato automaticamente, in sei mesi circa, ad allineare i prezzi. A gennaio e febbraio 2012 il prezzo in Italia, pur seguendo l'andamento del prezzo europeo, era comunque del 15-20 per cento più alto. A fine 2012 i prezzi si sono allineati e oggi sono equivalenti.
      A questo punto dobbiamo avere la possibilità di scambiare questo gas anche fisicamente, non solo con contratti commerciali. Ciò significa che l'interconnessione dei Paesi europei è fondamentale per alimentare questa liquidità.
      L'Italia è un Paese europeo e ha un vantaggio rispetto agli altri Paesi europei: ha tre fonti di importazioni diverse, la Russia, l'Algeria, la Libia, nonché il rigassificatore dal Qatar. Inoltre, ha in progetto nuovi impianti, come il TAP dell'Azerbaijan.  A Pag. 425differenza di altri Paesi l'Italia ha maggiori fonti di approvvigionamento.
      L'elemento infrastrutturale comprende trasporto e stoccaggio, due attività strettamente collegate fra loro. Con il trasporto si hanno le infrastrutture per scambiare questo gas. Lo stoccaggio è un magazzino che offre la possibilità di lasciare lì, nel momento in cui non serve, questo gas e di utilizzarlo nei momenti in cui si ha più necessità di scambio.
      Il fatto di utilizzare l'Italia non solo come un Paese di consumo, ma anche come un Paese di transito, portando automaticamente dallo stesso tubo gas verso l'Italia, dimezza il costo della logistica. Il concetto di hub tradotto in infrastrutture consiste semplicemente nell'avere la possibilità di utilizzare nel modo più flessibile le infrastrutture esistenti.
      In quest'ottica, Snam sta facendo un Piano investimenti per realizzare e completare nei prossimi quattro anni le infrastrutture di interscambio con l'Europa. Questo significa supportare a livello operatore la teoria dell'interscambio o dell'hub. Ciò comporterebbe due elementi fondamentali. Innanzitutto, ci sarebbe una maggior sicurezza degli approvvigionamenti. Si è detto, quasi il 90 per cento dei contratti è take-or-pay. Dire che c’è un'overcapacity di gas è vero, ma la situazione potrebbe cambiare in qualsiasi momento. Con il contratto take-or-pay, se non si può utilizzare il gas in Italia perché non si hanno pari livelli di consumi, l'approccio dell'operatore sarà quello di cercare di rinegoziare e, peraltro, oggi anche di spostare i tempi per non pagare le penali. Ci potremmo trovare, così, nelle condizioni per cui magari per un anno o due in realtà si ha meno gas di quello che si potrebbe avere proprio per questo motivo.
      Oggi dall'Algeria, per esempio, arriva meno del 50 per cento del gas possibile. Questo vuol dire che tutta questa sicurezza di approvvigionamento non è automatica con consumi inferiori alla disponibilità, perché le disponibilità variano in funzione di elementi economici e strategici, non semplicemente dei consumi dell'Italia. L'aspetto infrastrutturale diventa, quindi, importante. Essere sicuri di poter portare il gas in eccesso in alcuni momenti al di fuori dell'Italia o di ricevere in momenti più critici gas da altri Paesi è un punto fondamentale.
      Gli investimenti di Snam ammontano a 6 miliardi nei prossimi quattro anni, in totale. Per finire questi progetti occorrono altri 4 miliardi dal 2017 al 2020. Stiamo parlando, quindi, di circa 10 miliardi. Dal punto di vista anche di impatto sul territorio, normalmente, per 1,3-1,5 miliardi di investimento lavorano dalle 1.300 alle 1.500 imprese all'anno.

Enel

FULVIO CONTI, Amministratore delegato

      Dopo aver esposto numerosi dati riguardanti il gruppo Enel in Italia e nel mondo, il dott. Conti ha rimarcato il fatto che oggi Enel compete in un mercato che è tra i più liberalizzati in Europa. Enel produce meno del 25 per cento dell'energia che si consuma in questo Paese ed ha una quota sul mercato libero che non arriva al 20 per cento. La Francia, ad esempio, nel corso di questi ultimi anni è rimasta dipendente da un unico fornitore (EDF, una società dello Stato francese che lo Stato stesso non ha mai inteso spezzare e ridurre) che produce energia elettrica prevalentemente dal nucleare. Per questo il costo dell'energia in Francia, pur con un solo produttore, è di molto inferiore al costo dell'energia in Italia, e questo secondo l'AD di Enel dimostra che nel settore energetico non è importante tanto il numero di giocatori in campo, quanto le tecnologie che si usano per essere competitivi.
      In tema di tariffe per i nostri cittadini, il dott. Conti ha sostenuto che, rispetto a una famiglia tedesca, una famiglia italiana spende il 14 per cento in meno. Questo è dovuto alla scelta del Governo tedesco di allocare prevalentemente sulle famiglie il costo derivante dai grandi investimenti effettuati nel settore delle rinnovabili, che sono uno dei fattori di maggiore attenzione Pag. 426per la crescita del costo dell'energia. Diversa è la storia per quanto riguarda le piccole e medie imprese, che rispetto alla Germania presentano uno svantaggio del 34 per cento.
      In Italia, il costo dell'energia è dato per circa la metà dal costo del combustibile utilizzato, il 15 per cento circa equivale al costo del trasporto e della distribuzione, e tutto il resto è rappresentato da oneri accessori, imposte, accise e tasse.
      Il costo del trasporto è diminuito perché sono stati realizzati investimenti in efficienza. Sono stati ridotti i costi e allo stesso tempo è aumentata la qualità. La riduzione è significativa, ma il punto rimane che il costo del trasporto, inteso sia come alta tensione sia come bassa tensione, sia quello di Terna sia quello di Enel Distribuzione, incide relativamente poco sul totale. Per quanto riguarda l'energia, come conseguenza diretta dell'aumento del costo delle materie prime si ha un impatto significativo. Nonostante questo, nel corso degli ultimi anni, grazie all'efficientamento si è riusciti a ridurre anche questa componente di costo. Quello che invece inesorabilmente aumenta, ed è aumentato di quattro volte, è il cosiddetto pacchetto degli oneri di sistema. Il 21 per cento del pacchetto corrisponde all'onere per incentivi alle energie rinnovabili, per regimi tariffari speciali oppure per il pagamento del decommissioning delle vecchie centrali nucleari, mentre il 13 per cento corrisponde alle imposte che vengono assoggettate. Una famiglia paga in media 180 euro per far fronte a questa componente chiamata oneri accessori.
      L'Italia è stata il primo Paese al mondo ad aver completato l'installazione del contatore digitale presso tutti i clienti. Su questa base Enel sta creando creando un'infrastruttura di rete intelligente che consente al sistema di ricevere il contributo di oltre 500 mila nuovi produttori, tutti coloro cioè che hanno installato pannelli fotovoltaici sul tetto o altri impianti con rinnovabili. Il punto più critico di tutta questa vicenda sta nell'espansione, secondo Conti eccessiva e non necessaria per uno sviluppo coerente e ordinato delle varie tecnologie, delle energie rinnovabili. Questo oggi comporta un costo in più per tutti gli italiani, imprese incluse, che nel 2013 è stato di 13,2 miliardi di euro. Quando si offrono sussidi, si «droga» il mercato e si creano distorsioni. Qualche investitore riesce a realizzare anche un buon ritorno sull'investimento, ma certamente lo pagano i cittadini, e lo stiamo pagando molto caro. Se non ci fosse stata la corsa al mito delle rinnovabili con le leggi «salva Alcoa» che sono state approvate, il costo dell'energia sarebbe sceso del 6 per cento perché Enel ha continuato a lavorare per ridurre i costi per i cittadini.
      Riguardo alla Strategia energetica nazionale, essa porta sostenibilità ambientale, sicurezza delle forniture e possibilmente crescita, ma va declinata mediante provvedimenti corretti, non intempestivi né eccessivi. L'energia elettrica è il sistema più efficiente di trasportare e utilizzare l'energia in generale. Enel propone un modello in cui l'energia elettrica venga considerata un pivot, una piattaforma da cui far partire un'evoluzione delle tecnologie che consenta una trasformazione positiva del nostro Paese.
      Per capire come far crescere il sistema economico, il dott. Conti ha citato uno studio elaborato dal Politecnico di Milano secondo cui, se riuscissimo a dispiegare con una soluzione di filiera integrata – non importando la tecnologia dai cinesi o dai tedeschi, ma costruendola in casa – tutte le apparecchiature efficienti, dalle pompe di calore alle cucine a induzione, alle macchine a batteria anziché a combustione, questo darebbe una svolta positiva all'economia nazionale fino a 350 miliardi di volume d'affari, con un incremento del PIL del 2 per cento.

GDF SUEZ Energia Italia

ALDO CHIARINI, Amministratore delegato

      Il gruppo GDF SUEZ è la maggiore utility al mondo. L'Italia a oggi è il terzo Paese del gruppo dopo i mercati domestici di Francia e Belgio. GDF SUEZ ha una Pag. 427lunga storia di presenza in Italia, che risale al 1963 e si è intensificata nel corso degli ultimi anni. In Italia le cifre chiave sono circa 3.200 dipendenti, un fatturato di 7 miliardi, 1 milione e 300 mila clienti per luce e gas, 2 milioni e 400 mila utenti per l'acqua potabile e 55 mila clienti per il servizio energia. GDF SUEZ è il terzo operatore per volumi venduti di gas e il settimo produttore elettrico, nonché leader italiano ed europeo dei servizi di efficienza energetica.
      In Europa, la crisi economica ha fatto scendere i consumi industriali di gas ed elettricità, nonché il prezzo delle emissioni di CO2. Lo shale gas americano, che era considerato poco più di un sogno, è diventato una realtà e questo ha creato una bolla del gas, ha consentito la ripresa americana e, come effetto secondario, ha fatto arrivare in Europa il carbone a prezzi bassissimi. Il boom delle energie rinnovabili, che sono state fortemente incentivate, ha fatto aumentare i costi delle bollette in alcuni Paesi europei, in particolare in Germania, Italia e Spagna, ha spiazzato le centrali elettriche esistenti, anche se moderne, e ha creato alcuni problemi di sicurezza e flessibilità nelle reti elettriche. L'incidente nucleare di Fukushima ha ovviamente fatto cambiare le prospettive dei programmi nucleari in diversi Paesi del mondo, in particolare in Europa, e ha generato un aumento del prezzo del gas in Giappone con molti flussi di gas naturale liquefatto deviati verso il Far East. Per questi motivi le utility in Europa perdono e i cittadini europei pagano l'energia più che nelle altre parti del mondo.
      Le energie rinnovabili hanno spinto fuori dal mercato le moderne centrali a gas a ciclo combinato, che sono oggi le uniche in grado di fornire la riserva e la flessibilità necessarie alla rete. Eppure in Italia si è investito tantissimo nel settore del gas metano, il gas combustibile fossile più pulito, e le riserve crescono oggi in modo massiccio grazie anche allo shale gas, non solo americano.
      Secondo il dott. Chiarini, il gas deve restare al centro della Strategia energetica nazionale, anche per valorizzare gli investimenti che sono stati effettuati.

      Il dott. Chiarini individua cinque priorità per la strategia energetica:
          una revisione politica, anche in ambito UE, delle modalità di riduzione di CO2 fissando un unico forte target;
          un messaggio di centralità in Italia e nella UE del gas, lo strumento più complementare con le energie rinnovabili;
          una riforma e un riassetto del mercato elettrico che integrino le rinnovabili, facendo pagare lo sbilanciamento, che valorizzino i servizi di flessibilità e riserva e che favoriscano anche un riassetto razionale della generazione elettrica;
          una necessità che il mercato continui a svilupparsi dando spazio e fiducia al mercato libero, con una revisione e una razionalizzazione degli oneri generali in bolletta;
          l'opportunità di investire in innovazione ed efficienza energetica.

      Infine, il dott. Chiarini sottolinea l'importanza della disponibilità dei dati. Le imprese di distribuzione dovrebbero fare uno sforzo maggiore per garantire letture efficaci ed efficienti dei loro contatori, sviluppando i cosiddetti smart meter e la standardizzazione dei flussi dei dati necessaria al funzionamento del mercato. I rischi finanziari di credito, che oggi stanno soltanto sui venditori di energia, devono poi essere ridistribuiti lungo tutta la filiera e comprendere in particolare i distributori.

EnerGrid

PAOLO GOLZIO, Amministratore

      EnerGrid nasce più di dieci anni fa come operatore indipendente sul libero mercato della vendita di energia elettrica. EnerGrid è controllata fin dalla sua nascita Pag. 428dal Gruppo Gavio, che opera nel settore infrastrutturale italiano, in particolare nel settore autostradale, delle costruzioni e della logistica. EnerGrid nasce proprio per un'esigenza che il gruppo aveva come consumatore di energia. L'esperienza che abbiamo portato nel mercato dell'energia è quella di chi deve pagare una bolletta e ha l'esigenza di ridurla.
      L'obiettivo di ridurre il costo viene realizzato prevalentemente su due versanti: mettere a disposizione dei clienti una capacità di acquisto all'ingresso di energia per ridurre il costo contrattuale e commerciale della materia prima stessa e aiutando i clienti a ridurre i consumi. In particolare, in questo secondo ambito di intervento Energrid ha introdotto in Italia un sistema di misurazione dei consumi innovativo, chiamato «conta corrente», che permette ai clienti di avere la visualizzazione in tempo reale del costo in euro del loro consumo puntuale.
      Nello scenario attuale di crisi per il settore energetico, vi sono dei fattori critici perché un operatore indipendente possa mantenere una competitività. Uno di questi è dato dalle regole di un mercato, che potrebbero limitare la possibilità di ampliare l'elemento competitivo del mercato stesso.

EnerGrid

FABRIZIO IMPERADORE, Direttore commerciale

      Il Dott. Imperadore ha continuato l'esame delle tematiche che rischiano di bloccare le evoluzioni e l'apertura totale del mercato libero.
      Le letture rappresentano uno dei problemi maggiori per quanto concerne l'energia elettrica. La lettura rischia di non essere mai certa. È sempre riverificabile da parte del distributore competente, che rappresenta il collo di bottiglia dell'evoluzione del mercato.
      Oggi il fornitore ha un doppio ruolo. Il primo è quello di fornire energia elettrica. Il secondo è quello di essere una sorta di esattore. Infatti, il fornitore paga degli oneri ai distributori, a chi gestisce tutte le componenti del mercato – GSE e via elencando – e li ribalta sul cliente finale, con effetti molto negativi, che sono innanzitutto derivanti dalla copertura del credito. Il rischio del credito ricade totalmente sul fornitore. Questo servizio deve essere remunerato, o perlomeno il rischio di insolvenza deve essere condiviso con chi effettivamente poi incassa gli oneri che io vado a recuperare per lui.
      Un'altra inefficienza è quella dello switching, in quanto spesso, per via dei ritardi dovuti al distributore, il fornitore non riesce ad acquisire il punto di fornitura.
      Un'altra stortura è l'attività di misurazione del distributore. Il fornitore ha un margine molto limitato da una serie di fattori, quali, per esempio, la programmazione dei consumi dei propri clienti. I fornitori hanno un obbligo di comunicazione quotidiana a Terna della programmazione dei propri clienti, ora per ora. Il distributore, dunque, che viene remunerato per l'attività di misura dovrebbe fornire i dati con le stesse tempistiche.
      L'ultima stortura è l'acquisizione dei clienti dal mercato di salvaguardia, l'ex mercato vincolato per clienti in media tensione. Le aziende si dividono in due: le medio-piccole vanno nel mercato di tutela, che è ancora svolto dal distributore locale, e nel mercato di salvaguardia, che ha tariffe particolari, ma è stato assegnato tramite gara.
      Il venditore entrante nell'acquisire un grande cliente da questo mercato di salvaguardia, non acquisisce anche l'eventuale credito derivante dalla fornitura di questo cliente, che negli ultimi due mesi non ha pagato l'esercente della salvaguardia.         

UNIONE PETROLIFERA

ALESSANDRO GILOTTI, Presidente

      Il presidente di Unione petrolifera, Alessandro Gilotti, nel suo intervento in Commissione ha affrontato due tematiche: Pag. 429la raffinazione e la distribuzione di carburanti. In primo luogo, ha evidenziato che le problematiche relative alla raffinazione interessano tutti Paesi europei, tuttavia presentano maggiori criticità in Italia. Il petrolio continuerà a svolgere un ruolo rilevante tra le fonti energetiche del futuro, soprattutto nel settore dell'autotrazione. La crisi del settore della raffinazione diffusa in tutta Europa, ma con conseguenze particolarmente pesanti in Italia, ha molteplici cause: la riduzione del prezzo dell'energia a seguito dell'utilizzo dello shale gas e dello shale oil ha notevolmente avvantaggiato l'industria della raffinazione statunitense rispetto a quella europea. L'affermarsi di un sistema di raffinazione «sussidiato» in Asia e Medio Oriente, unitamente all'incremento del peso della regolamentazione ambientale europea e al calo costante del consumo di petrolio hanno contribuito alla perdita di competitività dell'industria europea che registra tassi di lavorazione scesi al 70-75 per cento della capacità totale. In Italia tutte le raffinerie sono a rischio poiché il tasso di utilizzo degli impianti nazionali è generalmente sceso al di sotto della soglia considerata critica del 70-80 per cento. L'impatto della crisi ha portato alla trasformazione in polo logistico delle raffinerie di Cremona, Roma e Mantova e alla conversione in Green Refinery dell'impianto di Porto Marghera. In Italia il settore petrolifero negli ultimi cinque anni ha complessivamente perduto circa 7 miliardi di euro.
      Il secondo argomento approfondito dal presidente Gilotti ha riguardato la distribuzione dei carburanti. In Italia vi è una rete di distribuzione sovradimensionata con un punto vendita ogni 8,3 Km, a fronte dei 15 km della Spagna, dei 16 km della Germania, dei 20 km del Regno Unito e dei 35 km della Francia. Dal 2008 la situazione è stata complicata da un calo delle vendite del 16 per cento sulla «rete ordinaria» e del 41 per cento su quella autostradale. La crescita delle accise sui carburanti, aumentate ben sette volte negli ultimi due anni, ha provocato una forte riduzione della domanda, nonostante il prezzo industriale del carburante sia diminuito del 4 per cento negli ultimi tre anni. L'aumento eccessivo della tassazione non è più uno strumento valido neanche per l'erario: il gettito è infatti diminuito a seguito della contrazione dei consumi. In Italia le accise, negli ultimi tre anni, sono aumentate del 30 per cento in un momento in cui nel resto d'Europa sono cresciute per la benzina dell'8 per cento. Analogamente per il gasolio le accise sono aumentate del 43 per cento in Italia, contro il 12 per cento del resto d'Europa.
      L'ingegnere Gilotti ha quindi sottolineato la strategicità dell'industria petrolifera e ha sollecitato interventi a favore di questo settore che rischia di scomparire dal panorama industriale italiano. È necessario riaffermare in Europa la strategicità dell'industria petrolifera in termini di sicurezza e flessibilità di approvvigionamento. Ha raccomandato che nel semestre di presidenza italiana dell'Unione europea la raffinazione sia inserita stabilmente nell'agenda dei lavori della Commissione.
      Per quanto riguarda la rete di distribuzione, ha sottolineato la necessità di una riduzione del numero di punti vendita, in primo luogo degli impianti che non sono sicuri, con misure cogenti per restituire economicità al settore. Il presidente di Unione petrolifera ha infine sollecitato l'approvazione di un disegno di legge presentato nel Consiglio dei ministri del 13 dicembre 2013 al fine di rendere la rete di distribuzione italiana in linea con gli standard europei.

ASCOMAC – (FEDERAZIONE NAZIONALE COMMERCIO MACCHINE)

      Il presidente di Ascomac Cogena, Pierluigi Corsini, ha preliminarmente chiarito che Ascomac è una Federazione di Confcommercio che rappresenta il settore delle costruzioni, del sollevamento, della nautica e dell'energia, in un'ottica di filiera integrata. Ascomac è organizzata su unioni per settori omogenei. Cogena è l'unione che, in ambito Ascomac, si occupa specificamente di cogenerazione. La cogenerazione Pag. 430è una tecnologia che garantisce un'elevata efficienza energetica in una prospettiva di generazione distribuita programmabile e rappresenta un'utile integrazione alla generazione distribuita da fonti rinnovabili non programmabili. Il presidente Corsini, prima di passare la parola al segretario generale di Ascomac, ha sottolineato l'esigenza di una revisione normativa e fiscale che favorisca la cogenerazione e l'attuazione di una politica di supporto alle grandi aziende energivore connessa a obblighi di audit energetici e a obiettivi di risparmio.
      Il dottor Carlo Belvedere, segretario generale di Ascomac, ha rilevato che obiettivi prioritari della Strategia energetica nazionale dovrebbero essere la decarbonizzazione e l'indipendenza energetica. Ha sottolineato una mancanza di vision nel documento sulla SEN dimostrata dal fatto che la modernizzazione del sistema di governance è stata inserita solo al settimo posto delle priorità d'azione. Occorre programmare il cambiamento e perseguire politiche di sviluppo del sistema Italia, in primo luogo, attraverso una chiarezza normativa e definizioni univoche: emblematiche a al riguardo sono le diverse definizioni di biomassa disciplinate da due provvedimenti vigenti (decreto legislativo n.  387/2003 e decreto legislativo n.  28/2011). È inoltre necessario procedere ad una semplificazione normativa e amministrativa coordinando la disciplina applicabile al medesimo caso ed emanare i decreti ministeriali attuativi di provvedimenti legislativi che troppo spesso restano inattuati.
      Il dottor Belvedere ha osservato che la generazione distribuita non è rappresentata unicamente dal fotovoltaico, ma è una tipologia di produzione di energia elettrica e termica che necessita di una normativa e di una regolazione specifica finalizzata alla generazione/produzione per l'immissione in rete e all'autoproduzione e all'autoconsumo in sito da parte di una pluralità di utilizzatori. L'efficientamento della rete pubblica e quello della rete privata consentono ai due sistemi di dialogare e, in termini di generazione, di «fare efficienza» dal fossile al rinnovabile. Il segretario generale ha inoltre rilevato che i sistemi efficienti di utenza in cui l'energia non è prelevata, ma autoprodotta non dovrebbero essere soggetti a pagare corrispettivi tariffari di trasmissione e distribuzione, oneri che sono, allo stato attuale, inspiegabilmente dovuti. La cogenerazione dovrebbe essere favorita anche da misure fiscali che, in attuazione di quanto previsto dalla direttiva 2003/96/CE in merito alle fonti rinnovabili e alla cogenerazione ad alto rendimento, prevedano la riduzione delle accise e dell'IVA su prodotti energetici ed elettricità utilizzati da unità/impianti di cogenerazione ad alto rendimento e sul consumo efficiente di energia generata da unità/impianti alimentati da fonti rinnovabili di cogenerazione ad alto rendimento.
      Altro settore strategico per l'efficientamento evidenziato dal segretario generale di Ascomac è l'intervento sull'edilizia che parta dalle singole unità immobiliari per coinvolgere successivamente l'edificio e il territorio. È necessaria una riforma dell'attuale sistema di incentivazione in ambito edilizio energetico che, attraverso gli strumenti del project financing, i contratti di partenariato pubblico-privato, l'attivazione di un fondo rotativo accessibile da soggetti certificati quali Esco (Energy Service Company), società di costruzioni e manutenzione, sollevi il cittadino dall'investimento per l'efficientamento. Ulteriore proposta avanzata da Ascomac è la progettazione innovativa ed efficiente attraverso la elaborazione di modelli parametrici in attuazione del sistema BIM (Building Information Modelling) di prodotti, edifici, quartieri, infrastrutture, territorio. L'utilizzo del BIM consente infatti di raccordare l'intera filiera dalla progettazione, alla fabbricazione, alla gestione al fine ciclo di vita di un prodotto o di una infrastruttura, basandosi su dati parametrici condivisi tra operatori che a diverso titolo partecipano alla realizzazione di un edificio. La possibilità di tutti questi soggetti di dialogare a voce unica con l'amministrazione pubblica, rappresentando di fatto una banca dati condivisa tra tutti gli Pag. 431operatori, ridurrebbe drasticamente ed in modo efficiente tempi e costi di realizzazione di strutture ad elevata efficienza energetica.

MOVIMENTO CONSUMATORI

Ovidio Marzaioli, vicesegretario generale

      Il rappresentante del Movimento dei consumatori, Ovidio Marzaioli, vicesegretario generale, ha affrontato innanzitutto il tema della liberalizzazione del mercato retail e dell'impatto di tale liberalizzazione nei confronti dei consumatori, sull'andamento dei consumi delle famiglie e delle imprese. Al riguardo si è osservata una drastica riduzione dei consumi nel 2012 già iniziata nel 2011.
      I prezzi quindi del prodotto energia hanno seguito e seguono una dinamica di riduzione del consumo e di aumento del prezzo finale che non soddisfa né il bisogno di un controllo dei prezzi tutelati né quello nel mercato libero di un'effettiva concorrenza tra i players con benefici sui prezzi e sulla qualità dei servizi offerti.
      In materia di pratiche commerciali scorrette sono state poi sottolineate le criticità relative alla mancata attuazione delle norme europee da parte dell'Italia ed in particolare è stato sottolineato il limite derivante dall'aver attribuito competenze esclusivamente all'Autorità Antitrust e non all'autorità per l'energia ed il gas.
      Il Movimento dei consumatori sul punto ha evidenziato come sia stato quindi obbligato a presentare anche delle denunce penali su tale argomento. Ha rilevato anche il ritardo nel recepimento della legislazione in materia di ADR (Alternative Dispute Resolution).
      Con riferimento alla questione del nuovo Sistema informativo integrato, il c.d. SII che dovrebbe rappresentare una forma di garanzia per il consumatore contro abusi soprattutto nel settore delle cosiddette stime relative ai consumi, ha espresso notevoli perplessità circa i costi e circa l'effettiva possibilità che tale sistema possa funzionare.
      Infine è stata sottolineata l'importanza di garantire la presenza sul mercato di maggior tutela di più players, contrastando quello che è di fatto un monopolio di fatto esercitato da Enel che attualmente gestisce per il mercato tutelato circa 23 milioni di contratti, cui vanno ad aggiungersi i 7 milioni di contratti di Enel Energia. Occorre evitare che si arrivi ad avere un mercato unico, con un unico monopolista di fatto, visto che molte aziende sono ormai uscite dal mercato.

AEEGSI

      La definizione degli indirizzi e degli obiettivi di politica energetica competa esclusivamente al Governo e al Parlamento, mentre al regolatore indipendente spetta l'individuazione dei migliori strumenti tecnici per perseguire questi obiettivi.
      Nei settori energetici vi è una governance complessa e frammentata, multilivello, tra Stato, regioni ed enti locali. All'interno delle competenze dello Stato nell'energia vi è una compresenza di funzioni del Governo – prevalentemente dei due Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente – e dell'Autorità di regolazione.
      Tale complessità può costituire un elemento di criticità nell'attuazione di una strategia energetica nazionale (SEN) di medio-lungo periodo, in grado di costituire un piano-guida per tutti i soggetti coinvolti e di fornire loro nuovi obiettivi. Tali obiettivi se non efficacemente tradotti in regole e in strumenti sul piano attuativo, rischiano di non essere raggiunti.
      L'Autorità ha il delicato compito di individuare gli strumenti tecnici ed economici più adatti a perseguire efficacemente e al minimo costo gli indirizzi di politica energetica che derivano dal Parlamento e dal Governo. Anche l'Europa, con le direttive del cosiddetto Terzo pacchetto energia, attribuisce al regolatore il compito di trasformare le politiche energetiche di ogni Paese in misure concrete. Peraltro, l'Autorità, tramite l'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali Pag. 432dell'energia (ACER), costituisce un collegamento anche con gli organi di governo europei.
      Il livello di governance descritto in Italia opera in un contesto, quello energetico, che sta attraversando da vari anni un periodo di eccezionale cambiamento. Vi sono due macromovimenti: da un lato, vi sono l'armonizzazione e l'integrazione dei diversi mercati europei in un unico mercato, dall'altro vi è la direttrice sicuramente intrapresa per la riforma dei sistemi energetici europei verso assetti ambientalmente più sostenibili.
      La difficile coniugazione del binomio rigore e crescita è necessaria nel contesto congiunturale di crisi attuale. Questo tema richiede grande attenzione in due direzioni: la prima consiste nell'eliminare le inefficienze esistenti anche nei settori energetici, in modo da liberare risorse, la seconda nell'utilizzare le risorse liberate e quelle poche ristrette disponibili in modo selettivo.
      Se guardiamo a un recente studio della Commissione europea, Costi e prezzi dell'energia in Europa, vediamo che il prezzo finale dell'energia risulta sempre più determinato da scelte di politica industriale e ambientale che stanno progressivamente riducendo lo spazio lasciato al gioco del mercato. Questo fenomeno è nel nostro Paese conclamato e particolarmente vero nel settore elettrico. Nel gas fortunatamente non lo è ancora, ma in futuro potrebbe verificarsi a sua volta.
      Nel settore elettrico la riduzione degli spazi lasciati al mercato e, quindi, al libero gioco tra offerta e domanda e l'ampliamento di quelli occupati da componenti di natura parafiscale, i cosiddetti oneri generali di sistema, che sono stati introdotti con provvedimenti normativi per il finanziamento di politiche pubbliche di varia natura.
      Nel settore elettrico la più grande novità di questi tre anni è stata la penetrazione delle fonti rinnovabili, che è stata caratterizzata da grande rapidità e scarsa pianificazione, le fonti rinnovabili hanno avuto ricadute positive sui prezzi orari del mercato all'ingrosso. Va sottolineato che hanno ridotto il prezzo dell'energia elettrica all'ingrosso, ma hanno incrementato la necessità di provvedere costi di sistema per bilanciare e, quindi, per tenere in sicurezza la gestione del sistema.
      L'integrazione nel sistema elettrico di una quota crescente di generazione da fonti rinnovabili ha richiesto una revisione profonda, ancora in corso, dei meccanismi di funzionamento dei mercati, la riforma dei mercati elettrici è ancorata anche al processo di integrazione dei mercati europei, che deve completarsi entro la fine del 2014 sotto la presidenza italiana.
      L'integrazione delle fonti rinnovabili e quella del nostro mercato con i mercati europei richiedono l'ampliamento della partecipazione alla fornitura dei servizi di rete anche da parte delle unità di produzione alimentate da fonti diversamente programmabili rispetto a quelle tradizionali.
      In una parola vi è la necessità di responsabilizzare tutti gli attori, inclusi i produttori di energia da fonti diversamente programmabili, perché essi costituiscono ormai un volume di energia, circa il 30 per cento nel mercato elettrico, che non può più essere considerato come una parte marginale, una fonte piccola, che non pone i suoi problemi. La riforma selettiva e responsabilizzante della regolazione nella direzione sopraindicata risponderà, pertanto, a una logica di corretta attribuzione di responsabilità e costi.
      L'Autorità ha fissato criteri e condizioni anche per la disciplina del mercato della capacità, il cosiddetto capacity market, che dovrebbe entrare in funzione dal 2017, e ha verificato poi positivamente le regole predisposte da Terna nell'ambito di questo mercato. Il ministro dello sviluppo economico deve approvare questo schema finale, tenuto conto delle modifiche dell'Autorità. Nel frattempo, questo meccanismo di capacity market è stato valutato positivamente, come mercato tra i meno distorsivi del funzionamento dei mercati dell'energia da parte dell'ACER.
      Quanto al settore del gas, sta subendo da due o tre anni al proprio interno due grandi filoni di ristrutturazione. Il primo è Pag. 433la ristrutturazione profonda di tutti i mercati europei del gas. Il secondo è il cambiamento della struttura mondiale dell'offerta di gas. Questi due movimenti incidono tantissimo anche sul nostro mercato. Siamo in presenza di una fase profonda di rinegoziazione dei contratti a lungo termine per quanto riguarda volumi e prezzi da parte degli operatori che li detengono e ci si muove verso una maggiore concorrenza nel breve termine.
      In particolare, la regolazione sta affrontando queste trasformazioni senza perdere di vista la sicurezza di approvvigionamento del mercato gas, sempre attraverso l'utilizzo di strumenti di mercato e nell'ambito del mercato stesso.
      Sul tema della tutela dei consumatori i mercati alla vendita del dettaglio non hanno ancora raggiunto il grado di maturità atteso, con una percentuale ridotta di famiglie e di piccoli consumatori che sono passati al mercato libero, anche se un po’ di fermento e una maggiore dinamicità esistono negli ultimi anni.
      Attraverso l'attività di monitoraggio del mercato retail che l'Autorità sta conducendo da un paio d'anni, si rileva una perdurante asimmetria informativa tra venditori e clienti. Non sempre il piccolo consumatore sembra avere una capacità di scelta adeguata e in alcuni casi ha un atteggiamento poco orientato alla ricerca di opportunità sul mercato.
      Per far fronte a queste criticità l'Autorità si muove in due direzioni: da un lato, cerca di promuovere un quadro di regole che sviluppi la concorrenza reale, che costituisca la prima forma di tutela principale degli interessi dei consumatori; dall'altro, si cerca di accrescere la capacità e l'attitudine dei consumatori a confrontarsi a tutto tondo con il mercato.
      In particolare, nella definizione del nuovo quadro regolatorio vi è un tema molto sentito, che è il tema dell'efficienza energetica e della gestione della domanda. Per la prima volta l'Europa guarda con grande attenzione, con la direttiva n.  27 del 2012, dal lato della domanda. Stiamo recependo, come Italia, questa direttiva nell'ordinamento nazionale e questa occasione rappresenta un punto di svolta molto importante. Ovviamente, per consentire una partecipazione piena della domanda al mercato elettrico, occorre fare passi importanti sul lato della disponibilità dei dati di misura, dell'accesso del consumatore a informazioni tempestive sui propri consumi, della confrontabilità e della qualità dei servizi offerti e della promozione della partecipazione attiva delle unità di consumo nei mercati energetici.
      Da questo punto di vista l'Autorità sta procedendo ad una revisione delle tariffe elettriche domestiche, avviata l'anno scorso con un percorso di due anni che arriverà al termine il 1° gennaio 2016. Nel frattempo è stato dato corso a una sperimentazione per le famiglie che utilizzano pompe di calore per il riscaldamento dell'abitazione di residenza in maniera esclusiva.
      L'attivazione del Sistema informativo integrato come banca dati unica dei punti di prelievo potrà essere un punto di svolta anche per collegare in maniera più trasparente e diretta i diversi milioni di clienti elettrici e gas che devono interagire con il mercato. L'attivazione del sistema è preceduta da risultati positivi sull'affidabilità del sistema stesso di fronte ai grandi numeri, come dicono diverse decine di milioni di clienti.

GSE

      Il Presidente e amministratore delegato di gestore dei servizi Energetici GSE, dopo aver brevemente illustrato le attività del GSE e delle altre società di cui GSE è capogruppo, si sofferma innanzitutto ad illustrare i dati relativi ai consumi energetici nazionali, quindi il fabbisogno complessivo nazionale di prodotti energetici che è pari a 163 Mtep con particolare riferimento anche all'incidenza delle fonti rinnovabili.
      L'obiettivo della SEN, che era un altro impegno del nostro Paese, ha subìto un’ evoluzione, per cui il consumo finale lordo è sceso a 126 Mtep, mentre è aumentato il peso dell'energia rinnovabile.
      Un dato confortante è che nel consuntivo 2012 noi siamo stati molto previdenti, Pag. 434o meglio sono stati già raggiunti obiettivi che avremmo dovuto raggiungere nel 2020. Si è registrato un consumo di energia primaria più basso, di 155 Mtep contro i 158 Mtep previsti, un consumo finale lordo di 124 Mtep contro quello che avrebbe dovuto essere di 126 Mtep e soprattutto è aumentato molto il peso delle energie rinnovabili.
      Passando in particolare ad esaminare i dati relativi alla energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in Italia ha affermato come la parte del leone in Italia la fa la gloriosa energia idraulica, di cui è tra i maggiori produttori europei: a fronte di 18.300 megawatt installati nel 2013 l'Italia ha prodotto ben 51 miliardi di chilowattora di energia, con un balzo di circa 10 miliardi dal 2012 al 2013.
      Dal punto di vista delle tematiche più strettamente connesse con la SEN, è stato evidenziato come al Gestore dei servizi energetici, oltre al compito di incentivare e ritirare l'energia da fonti rinnovabili, sia stato assegnato anche il grande orizzonte dell'efficienza energetica.
      È stato in particolare ribadito come l'efficienza energetica possa essere un fronte da cui si possono ricavare grandi benefici per il Paese, perché si può stabilmente abbattere il fabbisogno, proprio perché abbiamo l'86 per cento di fonte fossile che proviene dall'estero. Questo significa un minore esborso di valuta per le importazioni, soprattutto perché in Italia siamo tra i leader nel campo della componentistica e degli impianti per l'efficienza energetica. Si potrebbe, quindi, approfittare di questa occasione per sviluppare questo fronte. Avremmo un vantaggio nel ringiovanimento degli immobili, degli impianti in sé, e potremmo far lavorare tantissime nostre imprese, che porterebbero avanti, dallo studio, alla realizzazione, alla conduzione, questi impianti.
      In merito al riconoscimento dei Titoli di efficienza energetica (Certificati Bianchi) un'attività che è stata affidata a partire dal 1o marzo 2013, per legge, al Gestore dei servizi energetici, il GSE ha verificato circa 21 mila progetti e abbiamo erogato 593 milioni di euro, a fronte di 2,35 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio risparmiate.
      Appartiene al grande settore dell'efficienza energetica anche la produzione di energia elettrica e calore combinata con i cosiddetti impianti di cogenerazione, impianti che da una fonte primaria producono calore o energia elettrica. Se questi impianti producono queste due forme di energia in un determinato rapporto che stimola il maggior rendimento, si parla di cogenerazione ad alto rendimento. Anche in questo settore l'Italia è all'avanguardia. C’è infatti una potenza considerevole prodotta da impianti di questo tipo. Ben il 22 per cento dell'energia prodotta in Italia deriva da impianti di cogenerazione.
      Altro versante di attività è quello relativo all'erogazione degli incentivi relativi al Conto termico. Con il Conto termico il GSE riconosce a chi fa piccoli interventi di risparmio energetico l'iniziativa presa e gli eroga incentivi, che vengono concessi anche in questo caso per il 30-40 per cento.
      Questo settore ha preso poco piede finora, perché si trova a confrontarsi con l'altro grande sistema che è quello della detrazione fiscale. Oggi la detrazione fiscale, che ha raggiunto il 65 per cento della spesa sostenuta per la parte energetica, è un concorrente forte del Conto termico. Di conseguenza, il Conto termico non ha avuto finora un grande sviluppo perché è soverchiato dalla differenza di riconoscimento da parte della detrazione fiscale.
      Occorre quindi tenere conto che si tratta di due settori diversi: mentre la detrazione fiscale va a incidere sul gettito della tassazione che riscuote lo Stato, quello che il GSE eroga per il Conto termico viene attinto dai consumi di gas che facciamo come consumatori.
      Il decreto legislativo n.  28 del 2011 assegna inoltre al GSE il compito di effettuare il monitoraggio della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra connesse alla diffusione delle fonti rinnovabili.
      La significativa crescita delle FER negli ultimi anni ha comportato una diminuzione Pag. 435delle emissioni di CO2. Importanti sono state anche le ricadute positive in termini economici ed occupazionali connesse alla dissuasione delle FER. Ci sono stati 137 mila occupati per le installazioni e 53 mila stabilmente occupati per la manutenzione e l'esercizio. La stessa stima è stata indicata per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici.
    Un'altra linea di attività affidata al GSE è rappresentata dal collocamento all'asta delle quote di emissione italiane del Sistema europeo per lo scambio di quote di emissioni climalteranti (GHG) nei settori energivori (EU ETS).
      In particolare il GSE è stato individuato come il soggetto che colloca tre volte a settimana su una piattaforma di borsa tedesca – è stata scelta questa piattaforma tedesca – le quote di emissione. I soldi che ne derivano sono gestiti dal Gestore dei servizi energetici in attesa di trasferirli su un conto del Ministero dell'economia e delle finanze. Fino adesso sono stati incassati circa 600 milioni. La legge dice che questo gettito deve essere versato allo Stato. Un 50 per cento entra nella disponibilità della finanza pubblica e l'altro 50 per cento deve essere utilizzato dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente per iniziative nel settore delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico. La previsione era di 20-25 euro a tonnellata, ma è crollata poi a 4-5 euro a tonnellata.
      A febbraio 2014, la custodia del GSE ha consentito la maturazione di interessi attivi per un valore di circa 5 milioni di euro.
      Infine l'amministratore delegato di GSE ha illustrato il progetto chiamato Corrente, un portale web, ad adesione volontaria e gratuita, gestito dal GSE e dedicato a tutti gli operatori italiani della filiera cleantech.
      A questo portale risultano iscritte attualmente circa 2 mila aziende – ma il numero sta aumentando – che in Italia lavorano in questo settore e che sono essenzialmente piccole e medie imprese. Di queste aziende ormai si conosce quindi tutto, dove sono, il fatturato, le persone che ci lavorano, le prospettive e anche le aspirazioni di crescere in Italia e all'estero. Per loro si stanno immaginando e attuando iniziative sempre più di aiuto. Visto che non c’è la possibilità di erogare dei contributi, si è scelto di fornire loro informazioni, corsi gratuiti di europrogettazione, in quanto si tratta di piccole aziende, che spesso non riescono a districarsi nelle norme e nelle procedure europee per i bandi di gara, un servizio legale di consulenza, perché queste imprese a volte vogliono affacciarsi sui mercati esteri, dove ci sono leggi diverse dalle nostre.
      Il GSE, rappresenta inoltre l'Italia in quasi tutti i consessi internazionali in cui si parla di economia e di energia e, quindi, su richiesta, accompagna il Ministero degli affari esteri e il Ministero dello sviluppo economico, nelle missioni internazionali, ovvero anche a fiere, mostre e altri eventi di questo tipo, in modo da accompagnare queste aziende e portare loro dei benefici.

ACQUIRENTE UNICO SPA

      L'Acquirente Unico è la società che, con la riforma del sistema elettrico, ha avuto il compito di rifornire i clienti domestici, piccole e medie imprese, che non avevano ancora deciso di passare al mercato libero. Questa funzione la svolge attraverso gli stessi strumenti degli altri operatori di mercato, cioè con acquisti sul mercato del giorno prima e sul mercato a termine, come gli altri operatori, trasferendo poi il prezzo così ottenuto nell'acquisto direttamente agli esercenti la maggior tutela.
      Questo ruolo di Acquirente Unico, che si interpone nel mercato all'ingrosso e separa produttori e distributori da esercenti e venditori, ha un ruolo di garanzia nei confronti del sistema in quanto terzo e indipendente. Questo ha fatto sì che ad Acquirente Unico nel tempo venissero affidati altri compiti, in particolare lo Sportello per il consumatore di energia, che gestisce circa 50 mila vertenze all'anno.
      A questa attività si sono aggiunti di recente la conciliazione online per i clienti Pag. 436finali nei confronti degli operatori del sistema elettrico, il Sistema informativo integrato, che sta diventando uno dei pilastri del sistema elettrico italiano e, recentemente, anche l'Organismo centrale di stoccaggio italiano per le scorte petrolifere.
      Acquirente unico è già stato audito al Senato sulla SEN intorno alla fine del 2012. Sostanzialmente in questa occasione ha riconfermato quanto già detto in quella sede in merito all'opportunità di potenziare le infrastrutture di adduzione del gas per ottenere riduzioni di prezzo e di conseguenza, essendo il gas la materia prima più rilevante per la produzione di energia elettrica, contenere anche il prezzo dell'energia elettrica.
      L'altro aspetto cui è stata prestata particolare attenzione, in quanto rilevante per il prezzo finale per i clienti domestici, è l'introduzione di tutti gli elementi di snellimento del mercato, quali gli «sbottigliamenti» nelle congestioni di rete e il potenziamento di capacità transfrontaliera. Acquirente unico guarda con favore all'evoluzione del mercato verso modelli che siano capaci di associare offerta di energie e di capacità per una maggiore integrazione delle energie rinnovabili nel mercato e, quindi, delle forme di risparmio energetico.
      Il dato che si è evidenziato in relazione alla crisi economica è che nel corso del 2013, per la prima volta, il numero della disattivazione di impianti è stato superiore a quello delle attivazioni per quanto riguarda le piccole e medie imprese. Le disattivazioni sono state circa 400 mila nel corso del 2013. Questo è un dato estremamente significativo, che però non ha avuto grandi riscontri di notorietà pubblica.
      Un altro elemento rilevante è l'andamento della domanda elettrica in relazione al prodotto interno lordo. Nel 2013 il prodotto interno lordo ha avuto una contrazione dell'1,8 per cento. Si prevede una lieve ripresa dello 0,7 per cento sul 2014 cui, però, corrisponde per il 2013 una riduzione del 3,4 per cento della domanda elettrica. Per il 2014, in cui abbiamo, invece, una crescita del prodotto interno lordo, registriamo nel primo bimestre di gennaio e febbraio una riduzione della domanda elettrica del 4 per cento. Sono cifre con cui dobbiamo fare i conti, perché ci troviamo di fronte a una correlazione tra andamento del PIL e domanda elettrica, che sembra non essere più lineare come in passato.
      Il ruolo di Acquirente Unico è quello di bilanciare la difesa dell'interesse pubblico sancito dalle direttive con uno strumento di mercato, che è quello dell'aggregazione della domanda. Un aspetto che viene sottolineato è la necessità di accompagnare un mercato competitivo con un consumatore informato. Questa è forse l'area su cui effettivamente opera maggiormente l'Acquirente Unico. A differenza degli altri mercati, come quello delle telecomunicazioni, dove c’è un elevato valore aggiunto del prodotto, c’è stata una forte innovazione e c’è stato, quindi, un grande appeal delle offerte, con grandi movimenti nel campo tra domanda e offerta, il mercato elettrico è fatto di un prodotto sostanzialmente indifferenziato, che offre a chi lo produce margini estremamente limitati. La difficoltà per chi cerca di attivare un mercato è, dunque, quella di assicurare che il mercato sia effettivamente competitivo e di fornire al consumatore un'indicazione credibile circa un prezzo da considerare. Ovviamente il cliente finale deve sostenere costi di informazione che possono essere ritenuti molto alti per risparmi di prezzo non superiori ai 50 euro all'anno. È difficile che un consumatore da solo possa seguire le oscillazioni di prezzo. Pertanto, avere un soggetto pubblico che garantisce la qualità dell'informazione e del prezzo «spuntato» rappresenta un elemento di sicurezza che dà maggior fiducia al cliente finale nel muoversi verso il mercato libero.
      Nel corso dell'audizione sono stati illustrati i dati relativi ai prezzi forniti per i clienti finali fatte dai diversi operatori rispetto ad Acquirente unico nonché i dati relativi alla consistenza del mercato di maggior tutela dei clienti domestici, che sono passati da circa 28 milioni di giugno Pag. 4372007 ai 21,6 milioni di gennaio 2014, nonché i dati relativi ai tempi di migrazione dei clienti.
      C’è un trend piuttosto stabile negli anni, per cui il passaggio al mercato libero è dell'ordine del milione e mezzo di clienti nel corso dell'anno, sommando gli utenti domestici e gli utenti piccole e medie imprese. Questo è un indice che ci allinea con gli altri Paesi europei.
      Questo è un sistema che, da una parte, offre un benchmark di prezzo stabile e di riferimento per chi offre e per chi compra e, dall'altra, accompagna il passaggio al mercato libero con una velocità assolutamente confrontabile con quella degli altri Paesi, ad eccezione della Gran Bretagna che ha una legislazione strutturalmente diversa e da più tempo.
      Sono state poi illustrati i dati relativi alla composizione del portafoglio di Acquirente Unico dal 2009 al 2012.
      C’è chi in questa fase, ha ipotizzato un problema di «competizione» tra Acquirente unico e il mercato, per cui Acquirente unico batte gli operatori del mercato libero nella maggior parte dei casi, determinando così un rischio di competizione unfair nei confronti degli operatori del mercato libero. Una delle soluzioni che sono state proposte è stata quella di ipotizzare che Acquirente unico compri solo sul mercato del giorno prima, in borsa, tutti i giorni. Si tratta di una proposta autorevole, ma assolutamente inadeguata alla tutela del cliente finale, che si vedrebbe esposto ai rischi di volatilità del mercato.
      La questione più importante, però, è come sostenere mercato e clienti finali in una fase di transizione come quella del passaggio al mercato libero, in cui i flussi di informazione su cui si basano la fatturazione, la richiesta del cliente finale e i tempi di installazione di una nuova utenza non sono più garantiti da un operatore del tutto verticalmente integrato, che risponde a tutto, ma devono essere svolti assicurando una corretta competizione tra diversi operatori.
      Questo ha significato letteralmente una rivoluzione nei flussi di informazione tra i diversi operatori, in assenza della quale la penalizzazione nei confronti del cliente finale e dei diversi operatori è estremamente grave.
      Si tratta di una penalizzazione di cui non si riesce ad avere adeguata contezza, se non attraverso le iniziative di giusta protesta da parte dei consumatori, che hanno trovato o troveranno, però, finalmente e complessivamente risposta nella realizzazione piena del Sistema informativo integrato, un sistema che è stato istituito per legge in Acquirente Unico.
      Il Sistema informativo integrato svolge il ruolo di parte terza dagli operatori, certifica la coerenza con gli standard e consente poi il monitoraggio del lavoro svolto dagli operatori stessi. Ciascun operatore viene tracciato e, quindi, quando qualcosa non funziona nei confronti del cliente finale – mancate letture, contratti non richiesti – è immediatamente identificabile la provenienza dell'errore.
      Questo è un passaggio estremamente importante, che peraltro sta incominciando a generare delle fasi di scontri nel sistema. È comprensibile che gli operatori dominanti – non facciamo nomi – che avevano o che hanno tuttora in mano i sistemi informativi precedenti si adeguino con difficoltà a questa sovranità sul sistema.
      Il Sistema informativo integrato, grazie all'eliminazione di una serie di errori, consente alla fine di ridurre i costi generali del mercato, aumentando la qualità dei dati, la salvaguardia dei quesiti e la standardizzazione e riduzione dei tempi di lavoro.
      Questo è il Sistema informativo integrato. Sono cinque i Paesi in Europa che hanno realizzato qualcosa di simile. L'Italia è senz'altro quello che ha il sistema più avanzato. Tra gli altri ci sono Gran Bretagna, Paesi Bassi e Spagna. Il SII è stato realizzato con particolare attenzione alla governance di sistema. Si è riusciti, quindi, a coniugare le esigenze di privacy, di efficacia e di elevatissima competenza di carattere tecnico.

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ENI

PAOLO SCARONI, Amministratore delegato

      Iniziando il suo intervento sulla politica energetica dell'Europa nel suo insieme l'amministratore delegato di ENI Scaroni ha innanzitutto sottolineato come, in questa congiuntura economica l'Europa sta pagando un'energia molto cara, circa il triplo che negli Stati Uniti, molto di più che in molte aree del mondo.
      Al tempo stesso ha evidenziato come si voglia un'energia il più rispettoso possibile dell'ambiente, in termini di emissioni di CO2 e si chiede all'Europa una strategia energetica che punti alla sicurezza dell'approvvigionamento delle fonti energetiche.
      Al riguardo è stato evidenziato come vi sia in effetti un problema di come si governano i temi energetici in Europa, e possiamo anche dire che l'Europa è stata sfortunata, nel senso che la rivoluzione dello shale gas negli Stati Uniti ha spiazzato il sistema in modo veramente drammatico da un punto di vista dei costi.
      L'Europa sta quindi affrontando un serio problema di competitività, sostenibilità ambientale e, in prospettiva, di sicurezza del suo sistema energetico. Ovviamente le decisioni prese a livello europeo condizionano la politica energetica dei singoli Stati membri.
      Dal punto di vista delle infrastrutture in Italia abbiamo infrastrutture per importare il gas, per circa il doppio dei nostri consumi. Aggiunge che l'85 per cento di queste infrastrutture di importazione sono state realizzate da ENI nella sua storia, per cui ENI ha giocato un ruolo importante su questo terreno.
      Oltre ad avere molte infrastrutture, abbiamo il privilegio, forse unici in Europa, di 5 fonti di approvvigionamento: due pipeline dal sud, Algeria e Libia, una che ci collega alla Russia via Slovacchia/Ucraina, e una che va a nord e ci approvvigiona sia dalla Norvegia che dall'Olanda. In aggiunta a queste 4 pipeline, abbiamotre rigassificatori in funzione più la produzione nazionale, che rappresenta grossomodo il 10 per cento dei nostri consumi.
      La capacità di importazione è pari a circa due volte il fabbisogno del nostro paese.
      Inoltre vi sono i c.d. contratti take-or-pay, con Gazprom, con GasTerra olandese, con Sonatrach algerina, con la Statoil norvegese e con la Libia. I rigassificatori hanno, a loro volta, contratti col Qatar e con altre fonti di approvvigionamento di gas liquido. Questi contratti rappresentano l'ossatura delle fonti di approvvigionamento di gas, il cui prezzo si sta rinegoziando in quanto legato all'andamento del prezzo del petrolio.
      Il sistema italiano è il più diversificato d'Europa e grazie a questo non è mai mancato il gas né per il riscaldamento, né per le fabbriche né per la produzione elettrica.
      Sempre sul tema della sicurezza degli approvvigionamenti le evidenze degli ultimi anni mostrano come, rispetto in particolare alla dipendenza dal gas russo in Europa una serie di Paesi, a cominciare da Polonia, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Bulgaria e Grecia, senza il gas russo non sopravviverebbero, tale dipendenza non c’è per l'Italia, dove il gas russo rappresenta, invece, grossomodo, solo il 30 per cento dei consumi.
      Nell'ipotesi di un'interruzione della fornitura del gas da parte dell'Ucraina siamo quindi comunque in grado di assicurare le forniture all'Italia da altri fonti, certo in assenza di criticità dal lato dell'Algeria e della Libia e con pieno riempimento degli stoccaggi.
    Quanto al tema della produzione nazionale, dopo aver stigmatizzato l'eccessiva severità della normativa vigente in materia di attività di esplorazione di idrocarburi che prevede il divieto di estrazione fino a 12 miglia dalle coste in luogo delle 5 miglia previste in molti paesi del resto del mondo, Scaroni ha evidenziato come lo sviluppo della produzione nazionale di idrocarburi è uno dei pilastri del futuro mix energetico, in grado di garantire sicurezza energetica, competitività e sostenibilità ambientale, rilevando come tuttavia Pag. 439negli ultimi dieci anni più della metà delle compagnie petrolifere abbia abbandonato il nostro Paese e l'attività di ricerca abbia subito una drastica battuta d'arresto.
      L'Italia è un paese ricco di risorse petrolifere e di gas con una produzione nazionale che copre circa il 10 per cento del fabbisogno di idrocarburi. Se applicassimo le stesse norme e con la stessa celerità con la quale si applicano in Norvegia o in Inghilterra si potrebbe raddoppiare l'estrazione di idrocarburi passando a coprire il 20 per cento del nostro fabbisogno e generando circa 1,5 miliardi di euro di royalty in più per le casse del nostro Paese, creando inoltre alcune decine di migliaia di posti di lavoro.
    Altra questione rilevante che è stata evidenziata è quella relativa alla riduzione dei consumi di gas, circa il 20 per cento nel settore industriale per effetto della crisi economica ed in quello della generazione elettrica dove si è registrato una diminuzione pari al 17 per cento principalmente a causa della competizione con le fonti rinnovabili ed il carbone.
      In particolare è stato evidenziato il ruolo cruciale svolto dallo sviluppo del c.d. shale gas negli Stati Uniti che ha determinato una riduzione del prezzi del carbone. Ma si tratta di un'attività estrattiva molto costosa che ENI sta conducendo in altri paesi e non in Italia (peraltro con scarsi risultati).

AUTORITÀ ANTITRUST

Giovanni Pitruzzella, Presidente

Il Presidente dell'Autorità Antitrust Giovanni Pitruzzella ha sottolineato innanzitutto come un obiettivo della SEN molto importante sia quello di creare le condizioni per una riduzione strutturale del costo dell'energia con vantaggio per le imprese, e quindi per la competitività del Paese, ma anche per le famiglie, tutelando il consumatore, specie il consumatore debole.
      Secondo la posizione costantemente espressa dall'AGCM, esiste in questa materia un problema di riordino della governance multilivello del comparto energia, un tema di cui il Parlamento sarà chiamato anche a discutere in sede di riforma costituzionale.
      Il convincimento dell'Autorità, già precedentemente espresso in vari momenti, è che si tratti di sviluppare un mercato non soltanto nazionale, ma un mercato unico. L'Italia può trarne dei vantaggi, soprattutto se riuscirà ad esportare energia e a diventare, secondo la strategia della SEN, un hub europeo. L’ interesse è che questo Paese, questo mercato si sviluppino non soltanto, come avviene oggi, nella direzione nord-sud con importazioni da parte dell'Italia, ma in direzione di altri Paesi, come la Germania che, dopo la programmata uscita dal nucleare, potrebbe diventare un Paese importatore di energia.
      Un assetto istituzionale nato in un altro momento e che non ha tenuto conto di tutte queste evoluzioni, prevedendo l'energia come materia concorrente tra Stato e regione, probabilmente crea una molteplicità di attori istituzionali coinvolti che blocca le decisioni.
      Oggi il mercato italiano del gas attraversa cambiamenti strutturali, veramente epocali, dovuti alla crisi economica, che ha abbassato notevolmente il livello della domanda, all'esplosione del cosiddetto shale gas negli Stati Uniti, all'abbandono del nucleare in Giappone e, secondo quanto programmato dal Governo tedesco, anche in Germania, allo sviluppo delle rinnovabili in sede europea.
      Il comun denominatore di tutte queste trasformazioni è il fatto, forse l'elemento più importante con cui oggi ci confrontiamo, che abbiamo una caduta della domanda finale di gas naturale. Questo non è più, probabilmente, un fenomeno congiunturale legato alla crisi, ma sembra diventare un dato di carattere strutturale. Nella relazione scritta sono indicati i dati: per esempio, nel 2008 i consuntivi ammontavano a circa 86 miliardi di metri cubi/anno, poi passati nel 2012 a 75 e, con il 2013, sembrerebbe dai primi dati che si sia arrivati a 70, quindi la caduta è Pag. 440importante e imponente. Questo fenomeno dà luogo all'eccesso di offerta di gas.
      Naturalmente, e questo è un punto su cui non soltanto l'Autorità ma Parlamento e Governo dovrebbero essere particolarmente impegnati, per diventare un hub del Mediterraneo è importantissimo che si sviluppi il mercato unico europeo, mentre allo stato esistono delle barriere. Probabilmente, il nostro Paese dovrebbe perseguire quest'obiettivo a livello europeo.
      Quello che avviene in questa situazione per quanto riguarda il mercato è che ormai, come si dice con espressione di gergo, i tubi sono vuoti, c’è meno gas nei tubi, per cui le infrastrutture sono sottoutilizzate. Questo ha determinato, a partire dalla seconda metà del 2012, una discesa dei prezzi spot italiani al punto di scambio virtuale.
      Questa situazione, però, ha posto certi soggetti nazionali, come ENI, ma anche altri, in una seria difficoltà. Sappiamo come siano stati negativi i risultati all'emissione Gas & Power di ENI nel 2012 e nel 2013. È un punto centrale che richiede anche una strategia di Paese: queste imprese, come noto, operano sul mercato in virtù di contratti prevalentemente stabiliti precedentemente con clausola take-or-pay, che li vincolano per molti anni a venire sia dal lato delle quantità, con la clausola di ritiro minimo della quantità di gas, sia da quello del prezzo.
      Quello che sta avvenendo è un processo di rinegoziazione dei contratti take-or-pay al fine di ridurre i costi che soggetti come l'ENI devono sopportare. Una complessa fase negoziale.
      Per quanto riguarda le tendenze del mercato elettrico, la crisi in questo settore è ancora maggiore poiché più di quello del gas soffre su scala europea di una serie di squilibri e contraddizioni che ne minano la stabilità. Il problema è che si è posto una sorta di trade-off, di contraddizione tra le regolazioni che spingono a raggiungere un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra in una prospettiva in cui l'Europa è all'avanguardia e di cui possiamo essere anche, per certi profili, fieri, con l'obiettivo comunitario del cosiddetto 20-20-20, che ha portato però a far sì che le energie rinnovabili siano compensate out of the market, e quindi con sussidi, come in Italia. Inoltre, c’è il dato che, a partire dal 2000, dopo la liberalizzazione, c’è stato nel nostro Paese un grande sviluppo di impianti e infrastrutture che dovevano realizzare la produzione di energia da fonti convenzionali: questi due dati hanno nell'insieme determinato un eccesso di capacità produttiva.
      In relazione a questo quadro generale, la specificità del nostro Paese deriva in particolare da due circostanze Una è il mix energetico con cui si genera energia elettrica, composto per quasi il 50 per cento da gas naturale, laddove in altri contesti europei il ruolo del carbone e del nucleare è molto più forte, per cui, tra tutti gli input convenzionali, noi usiamo quello più costoso; vi sono, inoltre, politiche di ripartizione (e su questo profilo richiama l'attenzione sugli oneri da incentivazione delle agevolazioni tariffarie del Paese), che hanno privilegiato la grande impresa, da una parte, e l'utenza domestica, dall'altra, e danneggiato la piccola e media impresa. Il costo dell'energia a seguito degli oneri di sistema è, infatti, molto più elevato rispetto alla media europea per la piccola e media impresa rispetto a quello che avviene in altri Paesi. Esiste, quindi, un generalizzato aumento del costo dell'energia per le classi di imprese che rappresentano il nucleo della struttura produttiva italiana, con ricadute negative sulla competitività del Paese nei mercati internazionali.
      Già nel 2012, come indicato dall’ l'AGCM nel suo parere alla bozza di SEN, alla luce delle previsioni sul mix tecnologico ipotizzato nel documento al 2020 con quasi tutta l'energia italiana prodotta da gas naturale e da energia rinnovabile, si sosteneva che non sembrava realistica una riduzione sostanziale del costo di generazione, a meno di performance straordinarie, in senso concorrenziale, ma difficili da prevedere.
      Al fine, quindi, di ipotizzare riduzioni sostanziali del prezzo del gas, l'aspetto principale risiede nella definizione e mantenimento Pag. 441di condizioni strutturali di eccesso di offerta. Le ricordate vicende che riguardano la rinegoziazione dei contratti take-or-pay sono rilevanti, ma è probabile che sia necessario ripensare il sistema di approvvigionamento del gas naturale nazionale, che ancora risente delle politiche degli anni Settanta dell'ENI ed era costruito essenzialmente su una serie di relazioni commerciali con alcuni Stati produttori, Russia, Algeria, Libia e Norvegia, con progetti per le infrastrutture di trasporto legati a tali relazioni commerciali. Se dobbiamo realizzare, nella prospettiva della SEN, che l'Autorità ha condiviso e spesso stimolato, il progetto di un hub mediterraneo, deve essere operato un ripensamento di questo meccanismo troppo dipendente da infrastrutture di trasporto con questi Paesi. Andrebbe approfondita la possibilità che l'Italia, dotandosi di infrastrutture adeguate, come i rigassificatori, possa in futuro intercettare il flusso da shale gas da scisto liquefatto, negli Stati Uniti e, probabilmente, aprirsi ai mercati europei.
      Per quanto riguarda il costo relativo dell'energia elettrica, è noto come l'agenda di Governo abbia fissato l'obiettivo di ridurre del 10 per cento il costo dell'energia per le piccole e medie imprese laddove coloro che pagano di più l'energia sono proprio le piccole e le medie imprese. Secondo le prime stime, si tratterebbe di un intervento del valore di circa 1,4 miliardi di euro all'anno.
      L'intervento sul costo relativo tra diverse categorie di utenti riguarda la ripartizione del peso degli oneri di sistema, e quindi è un problema di redistribuzione del costo tra diverse categorie.
      Di conseguenza, è anche un grosso problema politico, perché si tratta di stabilire il tipo di equilibrio tra soggetti economici diversi e interessi diversi, quindi di un intervento che attiene alla sfera politica.
      Più in generale si ritiene che l'attuale sistema di incentivi sia molto farraginoso: in una prospettiva concorrenziale l'AGCM ritiene che le modalità d'incentivazione delle fonti rinnovabili dovrebbero essere proporzionali agli effettivi costi di investimento e al costo di generazione. In qualche misura, si dovrebbe tenere conto del costo che l'impresa ha sopportato per mettere in piedi l'impianto rinnovabile, in modo da garantirne la competitività sul mercato elettrico.
      Al tempo stesso, i produttori da FER dovrebbero essere responsabilizzati – è questo un punto importante – con una loro partecipazione ai costi di sistema connessi al bilanciamento.
      Forse i tempi sono maturi per mettere mano al c.d. sistema del capacity payment, normativa risalente alla fine degli anni Novanta.
      Un altro problema sollevato riguarda il mantenimento della tariffa di maggior tutela per la gran parte dei consumatori italiani. Chiaramente, il fatto che quasi tutti siano nel mercato tutelato impedisce lo sviluppo di una dinamica concorrenziale. È ristretto, piccolo il bacino di consumatori su cui si esercita la concorrenza.
      Fin dal 2012, l'AGCM ha previsto l'opportunità di modalità di progressivo abbandono dei regimi di tutela attualmente previsti per la vendita finale di energia elettrica e gas naturale e il fatto che il regime di maggior tutela cofinanziato riguardi le utenze effettivamente vulnerabili.
      Per il resto, dovrebbe essere la dinamica di mercato ad affidare alla competizione la determinazione del livello dei prezzi, che probabilmente potrebbe anche scendere o, comunque, potrebbero esserci dei servizi di qualità offerti, per esempio, in tema di risparmio energetico o di consumo intelligente dell'energia. Occorre comunque procedere con cautela, poiché il passaggio per milioni di consumatori domestici da una situazione tutelata/strutturata a una di mercato deve essere progressiva, scadenzata, altrimenti, l'ovvia asimmetria informativa e la scarsa elasticità della domanda a piccole variazioni in aumento del prezzo potrebbero in ipotesi rischiare di determinare situazioni di sfruttamento del potere di mercato da parte degli ex fornitori in regime di tutela.Pag. 442
      Sul tema connesso del settore petrolifero e della distribuzione del carburante, di grande interesse per i consumatori italiani è stato evidenziato come si tratti di un settore in cui il prezzo risente in larga misura della tassazione e che, però, ha realizzato negli ultimi anni profonde trasformazioni verso assetti più efficienti e concorrenziali. Attualmente, si è registrato che il prezzo della benzina e del gasolio possono avere oscillazioni che superano anche i 15 centesimi nella medesima zona, che quindi per un premio di carburante, soprattutto per chi per ragioni di lavoro deve utilizzare un'automobile, sono dei risparmi consistenti.
      È opportuno che il consumatore possa controllare nella propria zona quali sono le offerte dei diversi distributori di carburante per dirigersi verso quello più conveniente. Questo creerebbe una competizione virtuosa e, ancora una volta, un uso importante di Internet a sostegno e tutela del consumatore e, soprattutto, di chi ha bisogno del gasolio e della benzina per motivi di lavoro. Già la banca dati è istituita con circa il 60 per cento degli impianti presenti sul territorio: è auspicio dell'Autorità che si allarghi questa platea di riferimento e, soprattutto, che si utilizzino tutte le tecnologie per fare in modo che il consumatore possa facilmente accedere a tali informazioni.
      L'intervento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha favorito una liberalizzazione delle forme contrattuali tra compagnie petrolifere e gestori-distributori e anche un avvio del funzionamento delle cosiddette pompe bianche. A giudizio dell'Autorità occorre inoltre una piena liberalizzazione delle forme contrattuali che regolano i rapporti tra gestori e titolari dell'autorizzazione, evitando che grandi produttori possano, attraverso forme contrattuali standard, condizionare i distributori o, al contrario, che i distributori costituiscano una sorta di cartello, applicando pratiche contrattuali comuni e bloccando la concorrenza sul prezzo. Occorre, inoltre, intervenire sulla chiusura degli impianti incompatibili ai sensi delle normative ambientali, prevedendo severe penalità nei confronti di regioni e comuni che non procedono in quel senso e una definitiva eliminazione dei vincoli all'apertura di impianti completamente automatizzati.
      Inoltre occorre porsi il problema di come affrontare, in una prospettiva concorrenziale di riduzione dei prezzi, il problema degli impianti inefficienti e di quali misure di accompagnamento sia possibile adottare per prevedere la chiusura e l'uscita di questi impianti dal sistema e dalla rete che creano distorsioni sul meccanismo di formazione del prezzo del carburante.
      In conclusione è stata ribadita l'importanza di una politica energetica coerente fatta di scelte di lungo periodo che sia frutto di una negoziazione a livello europeo e quindi inserita in un processo in cui, sfruttando anche il prossimo semestre europeo, il tema dell'energia sia posto dal nostro Paese all'attenzione dell'Agenda sulla crescita.
      In relazione all'assetto del mercato è fondamentale il tema delle infrastrutture strategiche europee e la creazione di un mercato unico europeo; non basta parlare solo di regole ma occorre parlare di infrastrutturazione. La politica della concorrenza deve necessariamente intersecarsi con la politica industriale che, a sua volta, deve compiere delle scelte.
    L'altra questione è quella delle regole negli altri Paesi, che riguarda non tanto la creazione di un mercato unico, dove il gas e l'elettricità si trasferiscono, ma il momento retail, della distribuzione. Questo è un altro tema da agenda del Governo ai fini del semestre.
      Il Parlamento dovrebbe farsi interprete di certe istanze, condizionando l'azione del Governo. A sedersi ai tavoli a Bruxelles è, infatti, il Governo, ma il Parlamento dovrebbe, come avviene nel Bundestag, intervenire nel processo decisionale nella fase ascendente, condizionando i comportamenti del Governo nelle sedi europee. In questo modo, probabilmente anche l'Europa potrebbe avvicinarsi ai cittadini. Questo è il grande tema che abbiamo davanti, il principio di reciprocità.

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MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

CLAUDIO DE VINCENTI, Viceministro

      Il Viceministro dello sviluppo economico Claudio de Vincenti ha subito precisato che la SEN – che nel seguito dell'audizione ha accuratamente illustrato – si deve considerare un processo aperto; ha ricordato che essa è stata elaborata durante il governo Monti dopo un'ampia consultazione, e quindi adottata con un decreto interministeriale.
      Ha quindi dichiarato di considerare la Strategia tuttora valida, perlomeno nei suoi punti qualificanti.
      Essa si articola su 4 obiettivi-chiave:
          competitività (riduzione del costo dell'energia);
          tutela ambientale (superare gli obiettivi del c.d. «pacchetto 20-20-20»);
          sicurezza (indipendenza energetica);
          crescita.

      Nell'ambito di questi obiettivi di fondo sono state delineate le seguenti 7 strategie prioritarie:
          1) efficienza energetica, campo nel quale l'Italia si colloca tra i paesi più avanzati, e nel quale ha sviluppato proprie filiere produttive;
          2) mercato competitivo del gas naturale, con il tendenziale sviluppo del Paese nel senso di proporsi come l’hub europeo del gas. In tale ottica, si evidenzia come necessario il lavoro e l'investimento sulle infrastrutture strategiche necessarie, quali rigassificatori e stoccaggi;
          3) sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili;
          4) competitività del mercato elettrico, superando con adeguati investimenti attuali colli di bottiglia esistenti sul territorio nazionale;
          5) raffinazione e distribuzione dei carburanti;
          6) sviluppo della produzione di idrocarburi nazionali in condizioni di sicurezza, in particolare in relazione alla prospezione ed estrazione di idrocarburi;
          7) modernizzazione del sistema della governance.

      Il Viceministro ha quindi illustrato gli aggiornamenti apportati alla Strategia e ciò che il governo, dopo la sua adozione ha fatto e/o iniziato a fare.
      In relazione all'efficienza energetica, specifica che l'obiettivo è stato fissato nella riduzione del 24 per cento degli attuali consumi, attraverso strumenti regolatori quali l'introduzione di standard nell'edilizia; il recepimento della direttiva sull'efficienza energetica; i meccanismi incentivanti quali i certificati bianchi; gli strumenti di tipo fiscale, quali le detrazioni che sono state innalzate al 65 per cento; il cosiddetto conto termico.
      Per quanto riguarda il mercato del gas naturale, sottolinea che il gas è divenuta una componente essenziale del nostro mix energetico, ed è quindi imprescindibile perseguire i due obiettivi della riduzione del suo prezzo e dell'aumento della sicurezza negli approvvigionamenti, attraverso la loro differenziazione. In relazione al prezzo, segnala che il divario rispetto agli altri Paesi europei è sensibilmente migliorato (anche a causa della contrazione della domanda seguita alla crisi perdurante dell'economia), ma il governo sta attivamente lavorando sulla possibilità di rinegoziare i contratti c.d. take or pay. Per quanto concerne la sicurezza degli approvvigionamenti, ricorda anzitutto che l'Italia rispetta il requisito del cosiddetto N-1, ovvero la sua autosufficienza è garantita anche se uno dei Paesi fornitori dovesse cessare l'invio del gas (la preoccupazione nell'attualità è verso la crisi ucraina); in ogni caso, ritiene necessario integrare le reti di trasporto tra Italia e resto dell'Europa (ci sono investimenti SNAM in tal senso). Sottolinea ancora su tale priorità Pag. 444la necessità di rafforzare le strutture di stoccaggio e di realizzare infrastrutture di rigassificazione.
      Il tema delle energie rinnovabili è strettamente connesso a quello della funzionalità del mercato elettrico: l'obiettivo del governo al 2020 è la produzione del 19-20 per cento di energia da fonti rinnovabili, con il superamento del target già fissato al 17 per cento. Lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili ha d'altro canto determinato una trasformazione profonda del mercato elettrico, in relazione alla non programmabilità di tali fonti e al loro accesso prioritario al mercato: occorre migliorare il funzionamento del mercato elettrico affinché diventi più capace di gestire una forte presenza di rinnovabili.
      Per quanto concerne il prezzo e i costi dell'elettricità, segnala che una discesa c’è stata, anche in questo caso «trainata» dalla crisi, ma ci sono notevoli oneri di sistema che gravano sulle bollette: in questo senso il governo ritiene necessario fare un intervento di razionalizzazione di queste componenti, così da alleggerirne il carico sul sistema produttivo e sulle famiglie.
      Sulla raffinazione, occorre precisare che è un tema ed una crisi di livello europeo, ed è in corso un lavoro a livello di Commissione europea per individuare possibili soluzioni.
      Passando alla questione degli idrocarburi nazionali, sottolinea come aumentare la quota di produzione nazionale possa essere considerata anzitutto una questione di sicurezza nazionale, oltre che un ingente risparmio economico; l'obiettivo del governo è coniugare l'aumento della produzione con una energica azione di tutela dell'ambiente: con il decreto del 9 agosto 2013 si sono dettate norme per aumentare i livelli di sicurezza potenziando al contempo le capacità di estrazione.
      Infine, sulla governance del sistema, rileva alcune criticità che il governo è intenzionato ad affrontare: occorre anzitutto rafforzare la partecipazione italiana alla fase ascendente dei processi decisionali europei; migliorare il coordinamento orizzontale tra i vari Ministeri e le Autorità di settore; superare, nell'ambito del rapporto tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, la legislazione concorrente: la deliberazione centrale sulle opere strategiche deve essere ricondotta allo Stato contestualmente creando sedi codificate di confronto con gli organi delle autonomie territoriali e prevedendo il massimo confronto sul territorio.
      Rispondendo infine ad una serie di domande e sollecitazioni provenienti dai deputati presenti, il Viceministro ha infine specificato che nella definizione del prossimo pacchetto clima-energia – che auspica possa avvenire nel corso del semestre di presidenza italiano – il governo italiano proporrà la definizione di un obiettivo unico vincolante per i singoli Paesi, consistente nella riduzione del 40 per cento delle emissioni di C02, mentre attraverso i Piani nazionali – che saranno validati in sede europea – i singoli Paesi potranno definire il mix tecnologico più adatto per raggiungere l'obiettivo.
      Sul meccanismo dell'interrompibilità, precisa che a suo parere esso mantiene una validità ma può senz'altro essere razionalizzato; sui sistemi di accumulo, segnala che sono stati finanziati dei progetti di ricerca, così come sulle smart grid.

TERNA SPA

FLAVIO CATTANEO, Amministratore delegato

      L'amministratore delegato di Terna Spa ha iniziato il proprio intervento illustrando gli investimenti fatti per lo sviluppo della rete elettrica da parte di Terna spa negli ultimi nove anni. Tali investimenti si sono resi necessari per recuperare un gap infrastrutturale rispetto ai Paesi più sviluppati e per superare alcune congestioni strutturali presenti sulla rete, che determinavano nelle tre macroaree del Nord, del Centro e del Sud-isole diversi prezzi zonali.
      La situazione attuale è migliorata man mano che le opere si sono realizzate, abbassando notevolmente il PUN, e soprattutto Pag. 445omologandolo in tutto il Paese (l'unico prezzo diverso è quello della Sicilia, ma anche questa congestione è in via di risoluzione). Il miglioramento della rete ha determinato ovviamente anche risparmi nelle bollette degli italiani. Si attendono anche benefici futuri, sia in relazione ai risparmi connessi al dispacciamento, sia in relazione alla riduzione di CO2, sia al migliore utilizzo della capacità rinnovabile.
      Attualmente il costo della trasmissione nella bolletta ammonta al 3 per cento.
      Per quanto concerne la copertura del fabbisogno di energia, amministratore delegato sottolinea che l'importazione dall'estero ammonta al 13,3 per cento, ed è dovuta al minor costo di tale energia rispetto a quella prodotta. Nell'ambito del complesso delle fonti di produzione, ormai è piuttosto consistente la quota di rinnovabile, ed anche questo dato ha provocato problemi sulla rete, connessi alle c.d. rinnovabili intermittenti. Al fine di affrontare tali problemi, si sta sviluppando un programma per la messa a punto di batterie e di accumuli che permetterebbero di stabilizzare questa fonte di energia che, ricorda, è già incentivata.
      Per quanto riguarda la localizzazione del parco produttivo, segnala una carenza al centro del Paese.
      La domanda di energia, nel corso del 2013, è diminuita del 3,4 per cento.
      Infine, in relazione alla strategia elettrica del Paese, delineata nella SEN, il parere di Terna era positivo, ma ritiene opportuno segnalare che il ruolo centrale che essa assegnava al gas sembra ad oggi meno efficiente e strategico rispetto anche al recente passato, con un costo spot che si è avvicinata a quello dei contratti take or pay.
      L'amministratore delegato ha quindi risposto ad una serie di domande ed osservazioni provenienti dai deputati presenti all'audizione; ha chiarito anzitutto che gli utili in crescita di Terna spa, anche in presenza di uno scenario in cui la domanda di energia è calata, sono dovuti in sostanza alla notevole efficienza dell'azienda che opera non solo nel mercato regolamentato: tali attività «non tradizionali» hanno infatti rappresentato il 30 per cento degli utili complessivi.
      Per quanto concerne la questione dei pompaggi, segnala che, ai sensi della concessione in vigore, è vietato a Terna l'uso del pompaggio improprio, e quindi essi non possono essere utilizzati a fini calmieratori del prezzo, così come non possono essere utilizzate a tal fine anche le batterie: questi strumenti sono usati in termini di difesa o in termini di sbilanciamento di rete.
      In relazione ad una domanda sul Titolo V, ovvero sulle attuali competenze tra Stato e regioni in materia di energia, esprime la convinzione che la legislazione concorrente non abbia fatto del bene alla realizzazione delle infrastrutture elettriche: in alcune regioni d'Italia non solo si è impedito di realizzare impianti, ma mancavano anche le reti.
      Sul costo della bolletta e le strategie per riuscire ad abbassarlo, ritiene che si debba incidere sulla componente fiscale, che è tra le più alte al mondo, e riconsiderare anche gli incentivi.
      Infine, svolge alcune considerazioni sull'evoluzione delle politiche europee in materia di energia; in prospettiva ovunque è in aumento la componente di energie rinnovabili sul mix energetico; tale aumento incide anche sull'intermittenza, quindi ci sarà bisogno di un bilanciamento o di una riserva europea. Sarà quindi avvantaggiato il Paese che è più interconnesso e sarà più facilmente raggiungibile per import e export di energia. Le interconnessioni sono fondamentali in questa prospettiva e le infrastrutture devono quindi guardare a questo domani.

4. Osservazioni finali

      L'economia italiana, anche grazie alle politiche dell'Unione Europea in tema di clima ed energia, attraversa già da alcuni anni una fase di transizione da un modello ad alta intensità di carbonio ad un modello a bassa intensità di carbonio. Il settore energetico è inevitabilmente uno dei protagonisti di tale transizione ed è Pag. 446pertanto sottoposto a profonde trasformazioni. Infatti, accanto al calo congiunturale della domanda, innescato dalla crisi economica del 2008, ha avuto avvio un processo di cambiamento strutturale del modo di produrre e consumare energia. In tutto questo il ruolo delle rinnovabili è cresciuto nel nostro Paese in modo quasi esponenziale nel corso degli ultimi anni: la quota di energia rinnovabile sul consumo interno è quasi triplicata (da poco più del 7 per cento nel 2007 si è passati al circa 18 per cento nel 2013), mentre dal lato della produzione la quota di energia prodotta da fonte rinnovabile è raddoppiata, giungendo a coprire circa un terzo della produzione lorda complessiva.
      Non è chiaro invece il ruolo che avranno in futuro le fonti tradizionali di energia ed, in special modo, le tecnologie ad esse collegate. Inoltre, non è ancora possibile stimare il costo complessivo per la collettività, ed il suo impatto sulla crescita economica, del passaggio da un modello all'altro di economia garantendo un adeguato livello di sicurezza del sistema.
      Tali incertezze espongono gli operatori del settore energetico a numerosi rischi, prevalentemente di natura economica, la cui gestione può essere facilitata da misure di mitigazione poste in essere dal decisore pubblico. Al fine di adottare le misure più efficaci e dal minor costo per la collettività, è necessario un quadro chiaro dei principali rischi o problematiche relativi a ciascuna fase della filiera energetica e procedere ad una valutazione delle priorità di intervento.
      Per quanto riguarda il settore elettrico, nella fase della generazione sono rinvenibili i seguenti rischi:
          a) per i produttori da fonte tradizionale (termoelettrici), si paventa l'insufficienza dei ricavi a coprire i costi di investimento a causa sia della riduzione dei prezzi di vendita che della contrazione delle quantità;
          b) per i produttori da fonte rinnovabile, si temono gli effetti degli interventi di revisione retroattiva degli incentivi.

      Rispetto alla trasmissione elettrica, si presenta il rischio che i ricavi tariffari siano insufficienti a coprire i costi, e ciò a causa della contrazione dei volumi trasportati.
      In materia di dispacciamento viene in rilievo il rischio, a fronte di un processo di espansione della generazione da fonti intermittenti, di un proporzionale aumento dei costi e di una diminuzione della sicurezza del servizio di bilanciamento, ponendo la problematica di chi sostiene tali oneri e del quantum dei medesimi. Nella fase della vendita, uno dei principali fattori di rischio per i venditori è rappresentato dalla morosità dei clienti finali, aggravata dal perdurare della crisi economica.
      Per ciò che riguarda il settore del gas, segnatamente la fase di approvvigionamento e trasporto, risulta necessario un migliore coordinamento a livello europeo che possa consentire all'Italia un ruolo forte di hub nel mediterraneo e allo stesso tempo garantire la sicurezza e la diversificazione degli approvvigionamenti. Ciò risulta quanto mai attuale se guardiamo alle crisi politiche in corso in Libia e in Ucraina. I rigassificatori possono svolgere un ruolo importante di alternativa all'offerta del sistema, se a prezzi competitivi.
      Con riferimento alla distribuzione del gas naturale occorre giungere ad un quadro di chiarezza circa il sistema delle concessioni, materia particolarmente complessa ed interessata dalle problematiche connesse all'avvio delle prime gare di distribuzione gas per ambiti territoriali, come definito dalla recente riforma.
      Relativamente all'attività di misura essa risulta ancora da migliorare sensibilmente attraverso un sistema tecnologico adeguatamente testato anche in forza della necessità di assicurare il diritto di accesso ai propri dati di consumo in condizioni di sicurezza rispetto a pratiche commerciali che potrebbero risultare scorrette.
      Riguardo agli stoccaggi, occorre considerarli come una opportunità per rendere più flessibile il sistema a patto che ciò sia fatto attraverso adeguati e trasparenti Pag. 447meccanismi di competizione e dopo aver adeguatamente analizzato costi e benefici.
      Per far fronte ai suddetti rischi e problematiche, gli auditi hanno presentato specifiche proposte di intervento, ciascuna tendenzialmente mirata a risolvere le criticità a cui il proponente è esposto.
      Dall'analisi delle dichiarazioni dei soggetti intervenuti in audizione emerge un quadro frammentato del settore energetico, nel quale, pur essendo chiaramente identificabili singoli problemi, non è tuttavia immediato rinvenire una visione d'insieme. Nella maggior parte delle dichiarazioni, anche se non in tutte, emergono valutazioni su rischi percepiti per il proprio settore di riferimento e proposte di misure di mitigazione e riforma della Strategia Energetica Nazionale attualmente esistente, senza proporre soluzioni organiche o relative a più ambiti di intervento, prerogativa a questo punto spettante al Parlamento e al Governo.
      Uno dei principali obiettivi che si prefigge la presente relazione è quello di arrivare ad ottenere un punto di vista generale sul settore, formulando, laddove possibile, anche specifiche proposte di intervento.
      Innanzitutto emerge con chiarezza la necessità di una forte sinergia sul piano nazionale, europeo ed internazionale fra il Governo e l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, così come appare essenziale un ruolo di controllo da affidare al Parlamento. Ciò a garanzia di un sistema energetico che funzioni, che sia più efficiente e che faccia quadrato rispetto ai mille stimoli dei vari portatori di interessi dell'intera filiera energetica e dei diversi ambiti decisionali che creano numerose sovrapposizioni ed inefficienze del sistema con importanti conseguenze in termini di efficienza e di costi finali.
      Il settore energetico deve essere competitivo ed adeguatamente regolato al fine di consentire una programmazione di lungo termine ed una politica industriale in grado di permettere un quadro di continuità e certezze per nuovi investimenti e nuova occupazione. In tale prospettiva il ruolo del Regolatore risulta fondamentale e proporzionalmente crescente all'aumento di complessità del sistema.
      Il tema di carattere generale, presente nella maggior parte delle dichiarazioni degli operatori, attiene alla questione dei trasferimenti. Come è noto, nel settore energetico, accanto ai meccanismi di mercato e ai meccanismi di regolazione (in cui il Regolatore definisce le tariffe dei servizi infrastrutturali) trovano applicazione anche meccanismi di natura parafiscale, grazie ai quali il Governo opera trasferimenti di risorse finanziarie tra differenti categorie di operatori presenti nella filiera energetica. Si pensi, ad esempio, ai numerosi meccanismi di incentivazione delle fonti rinnovabili, che prevedono l'erogazione di sussidi ai produttori, finanziati da prelievi sui consumatori finali di energia. Alcuni di questi meccanismi hanno lo scopo di promuovere attività ad elevato valore per la collettività, ma che il mercato, in assenza di intervento pubblico, non riesce a sviluppare (es. attività che migliorano la sicurezza complessiva del sistema energetico o la sua sostenibilità ambientale). Altri meccanismi sono ispirati, invece, a finalità di tipo redistributivo (es. bonus sociale).
      Il tratto distintivo di quasi tutti questi meccanismi è la modalità con cui in passato si è deciso di attuare il prelievo, ovvero attraverso la tassazione del consumo di energia a mezzo di componenti. In ragione dell'elevata incidenza di tali oneri parafiscali, che si sommano alla fiscalità in senso proprio ed al costo dei servizi di rete – forniti questi ultimi in regime di monopolio e quindi remunerati in base a tariffe decise dal Regolatore – la componente del prezzo finale dell'energia determinata dal mercato è circa la metà del totale, sia pure con lievi differenze tra il settore del gas e quello dell'elettricità.
      Nel settore energetico, dopo oltre un decennio dall'avvio dei processi di liberalizzazione, si riscontra, l'esistenza di un modello in cui metà circa delle risorse è allocata dagli operatori secondo logiche di mercato e l'altra metà dal decisore pubblico, Pag. 448pur nelle sue variegate modalità di intervento (in primis, Governo e Autorità di regolazione).
      Il decisore pubblico continua, di fatto, a gestire l'allocazione di ingenti risorse finanziarie, sia attraverso lo strumento dei trasferimenti che attraverso le tariffe, in assenza di un controllo efficace sia dal punto di vista degli obiettivi raggiunti sia rispetto ad una strategia di medio-lungo periodo. Non c’è quindi da meravigliarsi che gli operatori si rivolgano pressantemente ai centri decisionali pubblici sia per chiedere la copertura di costi effettivi o presunti oppure per godere dei suddetti trasferimenti o ancora, e questo è il caso dei consumatori finali, per porre un limite all'importo complessivo dei prelievi che gravano sulla bolletta.
      Si innesca, di conseguenza, una competizione per influenzare tanto la regolazione dei monopoli quanto le voci del bilancio complessivo dei meccanismi parafiscali. Un primo terreno di scontro vede contrapposti, da un lato, i consumatori finali e, dall'altro, gli operatori presenti nelle varie fasi della filiera energetica. I primi, in qualità di contribuenti indiretti, chiedono in generale il contenimento del costo dell'energia e quindi, nello specifico, della pressione fiscale e parafiscale; i secondi, invece, invocano misure di contenimento dei rischi a cui il delicato momento di transizione li espone e, con esse, incrementi di spesa. Un ulteriore fronte di scontro è evidente invece fra gli operatori, in competizione fra loro per massimizzare la quota di trasferimenti a loro indirizzata.
      In considerazione dell'importante ammontare di risorse trasferite (per le sole fonti rinnovabili, si stima che nel 2014 verranno riallocati 12,5 miliardi di euro) e dell'impatto che sussidi e tasse hanno sul funzionamento dei mercati, appare quanto mai opportuno che il decisore pubblico, ed in particolar modo il Governo, si doti di uno strumento di programmazione di medio e lungo periodo, specifico per il settore energetico, da adottare secondo procedure mutuate dal mondo anglosassone, quali ad esempio il «libro bianco», avvalendosi anche del ruolo propulsivo del Regolatore e di controllo del Parlamento. Ciò consentirebbe di evitare, come è stato negli ultimi anni, decisioni prese sulla scorta di situazioni contingenti e dettate da criteri di urgenza, e spesso non coerenti l'una con l'altra.
      In tale documento dovrebbe, innanzitutto, essere espressa una previsione circa l'ammontare di risorse oggetto di trasferimento (eventualmente secondo un riparto annuale), al fine di tutelare l'interesse dei consumatori al rispetto di un vincolo di bilancio sul complesso di misure predisposte. Inoltre, onde evitare che si ripeta per il futuro la stratificazione di interventi non sempre tra loro debitamente coordinati, il documento di programmazione dovrebbe contenere una lista di priorità, determinata a seguito di una precisa analisi costi-benefici, svolta da uno o più soggetti indipendenti e aggiornata ad intervalli regolari per poter sfruttare appieno le tecnologie più efficienti ed innovative sul mercato. Con l'allocazione contestuale dei trasferimenti verrebbe meno, infatti, la prassi di privilegiare quegli interventi la cui causa si è manifestata anticipatamente rispetto a quella di altri interventi parimenti prioritari sotto il profilo del benessere collettivo.
      Si pensi, in proposito, alla competizione per l'ottenimento di sussidi tra interventi mirati a sviluppare le fonti rinnovabili ed interventi finalizzati a migliorare l'efficienza energetica. Il rapido assorbimento di risorse finanziarie da parte dei meccanismi incentivanti le fonti rinnovabili ha, infatti, notevolmente ridotto l'opportunità di promuovere misure di efficientamento negli usi finali dell'energia, altrettanto idonee a favorire la decarbonizzazione dell'economia. La predisposizione di uno strumento di programmazione avrebbe consentito, anche per il passato, di allocare in maniera meglio proporzionata le risorse tra gli obiettivi, dando trasparenza alla ripartizione della spesa.
      In relazione alle politiche di incentivo diretto o di natura fiscale fin qui adottate nel settore delle fonti rinnovabili termiche, Pag. 449risulta necessario procedere ad una attenta valutazione dei loro impatti con riferimento alle problematiche connesse alla sostenibilità ambientale ed economica relativa all'impiego della biomassa legnosa (in particolare, pellet e cippato) negli usi di riscaldamento.
      Riguardo, poi, alla definizione della lista di priorità, sarebbe opportuno che essa sia sottoposta a consultazione pubblica, in modo che la legittima competizione per le risorse trovi manifestazione esplicita, piuttosto che si esaurisca esclusivamente nell'azione implicita, e quindi meno trasparente, dei gruppi di pressione.
      Passando ai temi specifici, quanto è emerso dalle audizioni induce a ritenere in parte già definita la lista di priorità a cui si accennava sopra.
      La trasformazione epocale che il sistema energetico sta attraversando sembra portare al superamento di un modello incentrato sulla produzione e lo scambio di energia in quanto tale, ovvero sulla mera disponibilità della materia prima, a favore di un modello in cui l'attenzione è focalizzata sulle tecnologie di produzione e sui servizi energetici. Dall'enfasi sulla quantità l'attenzione si sposta sulla qualità del contributo energetico. Non conta soltanto quanta energia si produce e si consuma, ma soprattutto come la si produce e la si consuma (ed ovviamente quanto costa).
      Relativamente alla produzione, è utile ricordare che l'Italia è tra i Paesi europei che hanno maggiormente investito nella riqualificazione del parco di impianti di generazione elettrica, prima dotandosi di moderni e flessibili cicli combinati a gas, poi dando impulso alla penetrazione delle fonti rinnovabili. L'ingente sforzo finanziario, sebbene non esente da inefficienze, ha tuttavia prodotto nell'assetto del settore elettrico italiano un cambiamento che solo alcuni anni fa sarebbe stato impensabile prevedere. Lasciare incompiuta questa rivoluzione rappresenterebbe la più grave contraddizione in cui potrebbe incorrere la politica energetica del Paese. Al riguardo occorre anche considerare l'evoluzione del parco di generazione a livello europeo, che presenta – se esaminato come un unicum – peculiarità differenti che possono offrire opportunità a impianti di produzione che nelle specifiche realtà nazionali si trovano invece in condizioni di sofferenza. In tal senso deve continuare lo sforzo da parte dell'Italia verso l'integrazione del mercato unico europeo nel rispetto dei tempi individuati dalla stessa Europa. In vetta alla lista delle priorità va, senza esitazione, posto il completamento della riqualificazione del sistema elettrico italiano, procedendo alla sempre maggiore integrazione delle rinnovabili, al necessario adeguamento delle reti e al supporto di tutte le tecnologie che favoriscono il decentramento della produzione elettrica (con reti private e pubbliche). Il decentramento produttivo e la gestione congiunta di produzione e consumo devono però rispondere a logiche di efficienza economica e minimizzazione dell'impatto ambientale, piuttosto che essere il mero frutto di decisioni tese ad eludere la contribuzione ai meccanismi parafiscali. A tal proposito, potrebbe risultare conveniente riformare suddetti meccanismi, diversificando la base imponibile.
      Le attuali aliquote sul consumo dovrebbero essere parametrate per categoria di consumatori-contribuenti, che assicurino un gettito stabile, indipendente dalla congiuntura, e che non inducano comportamenti elusivi.
      Riguardo, poi, al consumo, la portata del cambiamento può addirittura ritenersi maggiore. L'utilità che il consumatore trae dall'energia deriva dai servizi energetici a cui essa da accesso. Tuttavia, oggi, tali servizi sono offerti direttamente al consumatore, che in un crescente numero di casi non necessita più di acquistare in proprio l'energia, essendo questa incorporata nel servizio offerto (si pensi ai servizi di riscaldamento e raffrescamento, alla mobilità etc.).
      Il principale fattore di competizione nel mercato dei servizi energetici è, evidentemente, la capacità di migliorarne l'efficienza. Nella lista delle priorità, la rivoluzione nelle modalità di consumo dell'energia non può che collocarsi accanto al Pag. 450completamento della rivoluzione nella produzione. Mentre, però, quest'ultima è un fenomeno in gran parte intrinseco alla filiera energetica, la rivoluzione nel consumo investe anche gli altri settori produttivi, si pensi ad esempio alla filiera elettromeccanica.
      La promozione dell'efficienza negli usi finali dell'energia e lo sviluppo di mercati dei servizi energetici richiede, pertanto, il coordinamento della politica energetica con altre componenti della politica industriale del Paese.
      Non va, infine, tralasciata l'importanza che riveste la diffusione dell'informazione, presso il consumatore, riguardo l'intensità energetica dei vari prodotti e servizi disponibili nel mercato. A causa delle elevate asimmetrie informative, infatti, il consumatore non sempre è messo in condizione di prendere decisioni consapevoli, anche sotto il profilo energetico. La conoscenza della composizione energetica dei prodotti, ad esempio attraverso forme di etichettatura trasparente, può favorire l'adozione di stili di consumo che privilegiano il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale (ad esempio, acquistando prodotti a bassa intensità energetica o dal basso contenuto di carbonio). Attraverso simili strumenti, la regolazione tipicamente settoriale in campo energetico potrebbe acquisire connotazioni trasversali a tutti i settori ed assurgere al ruolo di regolazione energetico-ambientale.
      In conclusione, il periodo di forte cambiamento ed incertezza che il settore energetico sta attraversando, oltre ad essere fonte di rischi per le singole categorie di operatori, è anche foriero di opportunità per la collettività nel suo complesso. Interventi parcellizzati, ispirati a logiche emergenziali, aggiungono alla lista dei singoli rischi privati il rischio collettivo che le risorse movimentate siano utilizzate con scarsa efficacia ed efficienza. Viceversa, un piano d'azione mirato a sostenere i cambiamenti positivi, già in atto nel settore energetico, riguardanti le modalità di produzione e consumo dell'energia, può favorire l'uscita del settore dall'attuale situazione di crisi, a vantaggio anche dell'intera economia del Paese.
      Dall'analisi delle dichiarazioni dei soggetti intervenuti in audizione emerge un quadro frammentato del settore energetico, nel quale, pur essendo chiaramente identificabili singoli problemi, non è tuttavia immediato rinvenire una visione d'insieme. Nella maggior parte delle dichiarazioni, anche se non in tutte, emergono valutazioni su rischi percepiti per il proprio settore di riferimento e proposte di misure di mitigazione e riforma della Strategia Energetica Nazionale attualmente esistente. Le dichiarazioni per le quali è stato possibile rinvenire con chiarezza tali valutazioni sono state aggregate e suddivise secondo la fase della filiera energetica di appartenenza dei soggetti intervenuti. Per avere una lettura più sistematica delle proposte emerse si è quindi proceduto a sintetizzare le suddette dichiarazioni nella seguente tabella.

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