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CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 12 gennaio 2016
571.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema del IV Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n.  451. Atto n.  247.

PARERE APPROVATO

      La Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza:
          esaminato lo schema del IV Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva;
          rilevato che il suddetto schema per il biennio 2016-2017 predisposto dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza ed approvato preliminarmente dal suddetto organismo nella seduta del 28 luglio 2015 alla presenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali è stato presentato dal Governo alle Camere il 19 novembre 2015, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n.  103 e su di esso la Commissione è chiamata ad esprimere il proprio parere entro il 18 gennaio 2016;
          premesso che l'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n.  451, attribuisce alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza compiti di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti ed allo sviluppo dei soggetti in età evolutiva (comma 1), nonché il potere di formulare osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente, in particolare per assicurarne la rispondenza alla normativa dell'Unione europea ed in riferimento ai diritti previsti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n.  176; al fine di assicurare la piena implementazione dei diritti dei minori (comma 5);
          considerato che l'ultimo Piano di azione (III) era relativo al biennio 2010-2011, ed è stato esaminato dalla Commissione nell'ottobre del 2010 (XVI legislatura) e che pertanto, si registra un ritardo nell'adozione di tale strumento programmatico e di indirizzo, fondamentale per un efficace controllo dei progressi raggiunti e della verifica dell'impatto delle politiche adottate in favore dei minori. Tale ritardo è da attribuirsi anche alla tardiva ricostituzione dell'Osservatorio, organo preposto all'adozione del Piano stesso, avvenuta con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 17 giugno 2014;
          sottolineato che il Piano è il risultato di un lavoro coordinato tra i 50 componenti tutti soggetti rappresentanti di realtà che si occupano dell'infanzia e, punto qualificante, comprendente gli studiosi ma anche gli Enti che concretamente conoscono e gestiscono i servizi (Ministeri, Regioni, Enti locali, esperti, garanti, studiosi); questi esperti hanno elaborato la stesura che costituisce la base istituzionale per fornire un contributo competente e articolato alla definizione dell'azione del Governo nell'ambito delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza;
          premesso inoltre che il Piano è stato elaborato tenendo conto delle indicazioni derivanti dalle osservazioni conclusive all'Italia da parte del Comitato ONU sui diritti del fanciullo – oltre al monitoraggio Pag. 232del 7o e 8o report della Convention on the Rights of Child (CRC) – degli esiti della IV Conferenza nazionale sull'infanzia e l'adolescenza, tenutasi a Bari il 27 e il 28 marzo 2014, nonché delle raccomandazioni contenute nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile, approvato dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e adolescenza nel dicembre 2014 ed, infine, del Piano nazionale di prevenzione e contrasto dell'abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori 2015 – 2017;
          apprezzando, sul piano metodologico, il principale aspetto innovativo del IV Piano di azione dato dai principi di coordinamento, consultazione, co-progettazione, corresponsabilità, e monitoraggio coniugati con l'integrazione tra Amministrazione centrale, Regioni ed Enti locali, sia a livello politico sia tecnico, attuata anche attraverso la costituzione di un coordinamento tecnico-scientifico composto da membri dell'Osservatorio rappresentanti le Regioni, l'ANCI e le realtà del mondo associativo e accademico;
          valutando altresì positivamente la scelta – per ottimizzare i lavori e le competenze – da parte dei componenti dell'Osservatorio di suddividersi in quattro gruppi di lavoro, ciascuno riferito alle priorità tematiche ritenute prioritarie nel contesto del quadro socio-economico attuale del Paese (contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie; servizi socio-educativi per la prima infanzia e qualità del sistema scolastico; strategie e interventi per l'integrazione scolastica e sociale; sostegno alla genitorialità, sistema integrato dei servizi e sistema dell'accoglienza), sviluppate individuando interventi e azioni di tipo legislativo, amministrativo e/o programmatorio, nonché di natura operativa da parte di Amministrazioni centrali, Regioni e Province autonome, e, ove possibile, Enti locali e realtà del terzo settore;
          considerato che per ogni area tematica, ed anche per le aree trasversali, sono state elaborate schede sintetiche, puntuali e di grande chiarezza comunicativa, in ciascuna delle quali sono individuati obiettivi generali che si articolano in obiettivi specifici, azioni e interventi necessari per raggiungerli, indicando anche i soggetti coinvolti (promotori, collaboratori e destinatari), la tipologia degli interventi e, quasi sempre, anche le risorse necessarie;
          sottolineato inoltre che parte integrante del processo attuativo del Piano d'azione sono il suo monitoraggio e la verifica finale, azioni che vedono coinvolto nuovamente tutto l'Osservatorio nazionale nella valutazione dei risultati raggiunti e degli interventi effettuati a livello nazionale, regionale e locale, relativamente alle necessità segnalate nel Piano di azione; e che nel Piano sono pertanto riportate le rilevazioni quantitativa e qualitativa dei dati che forniscono indicazioni utili per l'analisi delle condizioni dell'infanzia e dell'adolescenza, l'identificazione di esperienze significative e aree di maggiore criticità in relazione alla diversa tipologia delle azioni individuate ed, infine, il supporto alle attività decisionali, anche attraverso la verifica del grado di partecipazione di soggetti terzi, quali associazioni di volontariato, terzo settore e società civile;
          sottolineando che le premesse metodologiche e l'individuazione dei contenuti sono strettamente collegati al contesto socio-economico di riferimento, poiché il IV Piano di azione si inserisce in un momento storico caratterizzato da eventi recessivi che, nel corso dell'ultimo quinquennio, hanno visto intensificarsi le fragilità e le vulnerabilità sociali, economiche, educative, relazionali, rendendo più difficile offrire servizi all'infanzia e alle famiglie, a fronte di un aumento della domanda e che pertanto le due finalità predominanti individuate nella stesura del Piano sono state: la prevenzione e il contrasto del disagio;
          considerato inoltre che nella legge di stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015 n.  208) sono state previste voci specifiche di investimento sulla povertà minorile e sulla povertà educativa, nonché per le situazioni di degrado e marginalità Pag. 233minorile, e che risulta particolarmente apprezzabile, al fine della realizzazione degli obiettivi strategici nelle politiche per l'infanzia, che il IV Piano rilevi per ogni linea di azione e proposta operativa, una precisa indicazione dei costi;
          considerato ancora positivamente che, trasversalmente, nei vari gruppi tematici, sono state approfondite la questione della governance complessiva-nazionale delle risorse e i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), a fronte di una frammentarietà delle politiche per l'infanzia in una molteplicità di settori e servizi, indicando la necessità di una governance unitaria che coordini e raccolga progetti, buone pratiche, esiti di monitoraggio, erogazione di risorse, garantendo in tutto il territorio nazionale condizioni per l'uguaglianza di accesso ai servizi e alle risorse, attraverso una pianificazione integrata fra il sistema sociale e sanitario, della giustizia minorile, della scuola e del sostegno al reddito, al fine di porre in essere interventi in grado di rispondere ai bisogni dei bambini e delle famiglie, anche attraverso l'adozione di modelli di welfare generativo;
          sottolineata l'importanza che le risorse trasferite per le politiche territoriali educative siano coordinate dagli Enti locali affinché risultino efficaci, trasversali e sostenibili con continuità; ed apprezzata l'esigenza di rigore e tempestività nella programmazione degli interventi, in un contesto di risorse scarse, prevedendo che le Regioni e gli Enti locali predispongano, ogni anno, una relazione sull'utilizzazione dei finanziamenti destinati all'infanzia e all'adolescenza provenienti da fondi statali o regionali in un sistema di governance locale;
          valutando altresì positivamente la grande importanza attribuita infine all'integrazione formativa tra operatori sociali, sanitari ed educativi, anche nella prospettiva di percorsi di interazione e collaborazione tra servizi pubblici e Terzo settore, con particolare riferimento alla cooperazione sociale,
      esprime

PARERE FAVOREVOLE

      con le seguenti osservazioni relative alle quattro priorità tematiche individuate:

          1. Linee di azione a contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie:
              a) prendendo atto che le priorità da perseguire per il contrasto alla povertà delle persone di minore età è obiettivo strategico fondamentale del Piano, si rileva che il crescente fenomeno della povertà minorile e dell'esclusione sociale, relativamente al quale i bambini e gli adolescenti sono più vulnerabili, impone una riflessione e un'azione di Governo che ponga l'accento sulla multidimensionalità, anche sulla base della raccomandazione della Commissione UE «Investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale» (2013/112/UE) e della strategia «Europa 2020»;
              b) si rileva l'opportunità di contrastare efficacemente anche la povertà assoluta – obiettivo prioritario del Piano – che non può prescindere dal rafforzamento del sistema educativo per il contrasto del disagio sociale, dal miglioramento della reattività dei sistemi sanitari nel rispondere alle esigenze dei minori svantaggiati, dalla partecipazione di tutti i minorenni ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali, per ridurre le disuguaglianze sin dalla più tenera età, investendo nei servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia e di sostegno alla genitorialità, per un accompagnamento all'inclusione attiva del nucleo familiare con presa in carico globale delle fragilità familiari;
              c) si esprime altresì l'esigenza di rafforzare il sistema educativo come contrasto al disagio sociale che è indicato tra l'altro tra gli obiettivi prioritari per combattere le molteplici e diverse forme di povertà; pertanto la scuola può contrastare Pag. 234l'abbandono precoce degli studi, che colpisce l'Italia molto più di altri paesi UE, offrendo sostegno materiale attraverso le mense e la somministrazione di pasti adeguati; la mensa assume rilievo fondamentale in contesti territoriali fortemente deprivati economicamente e socialmente, contrastando la povertà alimentare degli alunni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione e in attuazione della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo; inoltre la permanenza per parte della giornata in ambienti più salubri di quelli in cui spesso i bambini svantaggiati vivono, offrirebbe la possibilità di socializzazione, la fruizione di eventuali servizi di assistenza e sostegno degli enti locali o delle ASL; il Piano incoraggia infatti una scuola aperta al territorio, che sia luogo di riferimento per l'aggregazione sociale, luogo di scambio tra studenti, realtà associative e famiglie soprattutto per lo sviluppo delle competenze, l'inclusione sociale e il dialogo interculturale;
              d) considerato altresì che oltre all'alimentazione sono indicati interventi precoci di promozione della salute e prevenzione dei principali rischi legati all'indigenza e che il Piano assume la necessità di strategie che delineino nuove alleanze per promuovere lo sviluppo umano, la sostenibilità e l'equità, e migliorare la salute, ciò richiede l'integrazione tra i servizi per privilegiare le azioni di sostegno alla genitorialità, la preparazione al ruolo genitoriale, l'assistenza post partum, l'orientamento delle neomamme. Si sottolinea quindi l'esigenza che la prevenzione tenda sempre di più al superamento delle disuguaglianze nell'accesso ai servizi, adottando strategie operative integrate e trasversali tra sistemi sanitario, sociale, educativo, ambientale, urbanistico, tenendo conto dei determinanti primari della salute (psicosociali, biologici, ambientali), nonché della precocità degli interventi nella vita dei bambini;
              e) considerato poi che la dimensione economica da sola non basta a rendere ragione del fenomeno delle povertà – sono molti i bambini e gli adolescenti che non hanno la possibilità di crescere attraverso lo sport, il contatto con la bellezza e la cultura – si sottolinea l'importanza della partecipazione ad attività culturali quali visite a musei e siti archeologici, o a concerti e a spettacoli teatrali o altre opportunità educative al di fuori della scuola; così come la valorizzazione dell'educazione motoria e dell'attività sportiva, la promozione della lettura, garantendo altresì ai «nativi digitali» la fruizione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC);

          2. Servizi socio-educativi per la prima infanzia e qualità del sistema scolastico:
              a) considerato che i servizi socio-educativi vanno sempre più affermandosi come un investimento sulla possibilità del Paese di tornare a crescere e di pensare al futuro; considerato che l'Unione europea ha prodotto numerosi documenti in tal senso e il Comitato Onu ha raccomandato all'Italia di porre speciale attenzione per garantire il diritto di tutti i bambini ad un pieno sviluppo del proprio potenziale e per assicurare ad ognuno di essi il miglior inizio possibile; si auspica che la recente riforma scolastica realizzi un cambio di passo nella cultura dei servizi educativi per l'infanzia con la definizione di elevati standard di qualità educativa e gestionale omogenei in tutto il Paese;
              b) sottolineando che il Piano fornisce indicazioni per contribuire alle strategie per la prevenzione dell'abbandono scolastico tramite l'indicazione di affrontare in maniera «sinergica» il problema della dispersione e dell'integrazione scolastiche, attuate attraverso la condivisione di livelli essenziali, omogenei e di qualità a livello nazionale sulla fascia 0-3 anni, nel rispetto delle competenze regionali; si esprime la necessità dell'omogenizzazione del titolo di studio per l'accesso alla professione di educatrice/educatore, individuando adeguati percorsi di livello universitario, ed armonizzando i percorsi di studio per l'accesso alla professione di insegnante della scuola, all'interno del sistema 0-6;

Pag. 235

          3. Strategie e interventi per l'integrazione scolastica e sociale:
              a) considerato che il Piano è elaborato in sintonia con i principi della «Via italiana alla scuola interculturale» e con le indicazioni dell'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'educazione interculturale istituito dal MIUR, al fine di costruire una società «integrata» ed «inclusiva», si rileva l'esigenza di porre maggiore attenzione alla necessità di una visione positiva della diversità nella quale differenti competenze culturali o linguistiche, siano vissute come un arricchimento o un'opportunità nella scuola e nella società;
              b) considerato interessante l'obiettivo di qualificare l'offerta educativa 0-18 per la valorizzazione delle differenze e delle diverse culture, poiché sviluppare la cultura del valore delle differenze, contrastare stereotipi e discriminazioni basate sulle diversità di genere, cultura, abilità e orientamento sessuale si coniuga con l'obiettivo specifico di promuovere un adeguato equilibrio tra sapere scientifico e sapere umanistico, al fine di concorrere alla formazione umana integrale; si segnala anche l'importanza di attivare adeguate risorse per l'educazione alla vita emotiva e all'affettività;
              c) riguardo all'acquisizione della cittadinanza per minorenni provenienti da contesti migratori, si valuti l'opportunità di una scelta di equilibrio tra nascita, anni di residenza e percorsi scolastici, così come previsto nella proposta di legge approvata alla Camera; il Piano di azione pone al centro dell'azione politica e programmatoria anche l'accoglienza dei minorenni non accompagnati (MNA), da affrontare con un approccio che non sia puramente emergenziale, ma prevedendo percorsi finalizzati all'inclusione nel tessuto sociale attraverso istruzione e formazione;
              d) considerato poi che altro tema affrontato dal Piano riguarda il miglioramento delle strategie e degli interventi per favorire una migliore inclusione dei minorenni italiani e stranieri con disabilità e bisogni educativi speciali (BES), tema che porta in primo piano la necessità di riuscire ad ottenere delle risposte omogenee in tutto il territorio nazionale;
              e) rilevato che il Piano di azione prende in esame anche il tema della devianza minorile e dei minorenni che si trovano nel circuito penale minorile, ponendo la necessità di migliorare le strategie di integrazione, rendendo migliore il funzionamento dei servizi sociali degli Enti territoriali; e ritenuta di particolare interesse la proposta di attuare le misure in area penale esterna per i minorenni stranieri senza un contesto familiare che lo agevoli; per rafforzare strategie di inclusione sociale a favore dei minorenni e giovani adulti italiani, stranieri e Rom, Sinti, Camminanti (RSC) nel circuito penale, occorre implementare i percorsi di prevenzione e di inclusione sociale, educativi e d'inserimento lavorativo;

          4. Sostegno alla genitorialità, sistema integrato dei servizi e sistema dell'accoglienza:
              a) si rileva l'opportunità di un maggiore sostegno alla genitorialità che appare quanto mai urgente a causa delle rilevanti trasformazioni della famiglia e della società e dell'aumento delle conoscenze sull'impatto della genitorialità (in senso positivo o negativo), sullo sviluppo dei bambini, e dei loro comportamenti a livello sociale; in tal senso l'indicazione del Piano è di privilegiare due macroaree: il sostegno alla genitorialità e il sistema dell'accoglienza dei minorenni allontanati dalla famiglia di origine;
              b) sostenere la genitorialità implica alcune azioni che appaiono prioritarie ed urgenti: interventi e servizi di cura e sostegno alla quotidianità e di promozione delle competenze genitoriali, per riconoscere e implementare le risorse, accogliere e prevenire le fragilità; riorganizzare/implementare il sistema locale dei servizi di prossimità e degli interventi di sostegno per garantire risorse uniformi, stabili e Pag. 236complementari a tutte le famiglie secondo il principio delle pari opportunità, garantire il diritto alla cura delle vittime di abuso e maltrattamento tramite «esperienze riparative» e interventi di psicoterapia da assicurare anche oltre la fase d'emergenza; favorire il recupero delle relazioni familiari disfunzionali tramite la valutazione e cura dei genitori maltrattanti; organizzare l'accompagnamento giudiziario delle vittime, sia in ambito civile che penale, garantendo un ascolto empatico e attento ai bisogni soggettivi; promuovere la piena attuazione dei diritti del minorenne in stato di potenziale di abbandono, in tema di adozione nazionale ed internazionale; rafforzare percorsi di accompagnamento e di sostegno appropriati e integrati nell'ambito dell'iter adottivo; sostenere la diffusione e la valorizzazione delle linee di indirizzo per l'affidamento familiare;
              c) si rileva inoltre che occorre riordinare e riqualificare il sistema di accoglienza dei minorenni allontanati dalla famiglia di origine, creando un sistema stabile di monitoraggio di quelli collocati in comunità di accoglienza e riordinando le tipologie delle comunità di accoglienza che li accolgono e individuando requisiti uniformi a livello nazionale; da ciò discende l'opportunità di rendere strutturali e continuative sull'intero territorio nazionale le azioni e i programmi già sperimentati con esito positivo in alcuni ambiti al fine di prevenire gli allontanamenti impropri e garantire condizioni di benessere familiare-relazionale; l'attivazione e cura degli interventi di prevenzione e promozione della salute dovrà inoltre accompagnarsi all'attivazione di livelli integrati e complementari tra Ente pubblico (servizio sociale, consultori familiari, istituzioni scolastiche, servizi socio-educativi, centri per le famiglie, strutture sanitarie, servizi e sportelli informativi, cooperazione sociale ed altri) e soggetti della società civile presenti nelle diverse comunità territoriali;
              d) si sottolinea l'opportunità che gli obiettivi di sostegno familiare siano garantiti dal potenziamento e dalla riqualificazione della rete dei consultori familiari e promuovendo funzioni ed esperienze dei centri per le famiglie; in tal senso sono indispensabili azioni di sistema nei contesti territoriali tra soggetti istituzionali e non (Enti locali, ASL, istituzione scolastica, medicina e pediatria di base, cooperazione sociale, volontariato, reti e aggregazioni di cittadini) per costruire un sistema di corresponsabilità che promuova le competenze genitoriali anche in situazioni di vulnerabilità;
              e) considerata poi la particolare importanza attribuita alle forme di maltrattamento legate ai nuovi media (cyberbullismo, pedopornografia e pedofilia online eccetera) si ritiene che ciò imponga una presa in carico integrata che coinvolga figli e genitori su più livelli (psicologico, educativo, sociale), consentendo un recupero della famiglia e limitando la necessità di interventi come adozione o affidamento;
              f) nell'ambito delle strategie dell'integrazione e dell'accoglienza, si sottolinea l'importanza di implementare le iniziative concernenti la lotta alla tratta e allo sfruttamento sessuale dei minorenni; in tale contesto si ricorda che l'Italia finanzia e realizza, direttamente o attraverso le Organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative, interventi mirati alla prevenzione e alla lotta al traffico di bambini, bambine e adolescenti a rischio di abuso e sfruttamento, anche attraverso il turismo sessuale, volti a contrastare il loro utilizzo nei conflitti armati e a combattere tutte le forme peggiori di sfruttamento del lavoro minorile (in particolare quelle definite dalla Convenzione ILO n.  182 e dalla relativa Raccomandazione n.  190 quali nuove forme di schiavitù); oltre a ciò si segnala l'urgenza della vigilanza e della prevenzione nei confronti delle mutilazioni genitali femminili e dei matrimoni precoci; nonché la lotta contro lo sfruttamento del lavoro minorile;

      e con le ulteriori seguenti osservazioni:
          si ritiene utile, in considerazione delle criticità che negli ultimi tempi vengono Pag. 237riportate da chi opera nei servizi, segnalare le aree di lavoro su cui sarebbe opportuno proseguire con gli approfondimenti da parte dell'Osservatorio Nazionale per l'infanzia e l'adolescenza:
              a) genitorialità e sostegno alle diverse situazioni di criticità genitoriale (dall'insicurezza educativa, alle nuove forme di genitori separati, single, omogenitorialità eccetera);
              b) rapporto della famiglia con la scuola e collaborazione educativa con altre famiglie, stante la crescente solitudine educativa, cercando di ridisegnare il crocevia educativo tra famiglie e comunità territoriali;
              c) attivazione e implementazione dell'azione di monitoraggio per qualificare l'evolversi dei progetti per cui sono stati indicati obiettivi specifici e per i quali la legge di stabilità per il 2016 ha investito risorse;
              d) un impegno strutturato per la definizione dei LEP come premessa per un finanziamento stabile, della spesa per i bambini e gli adolescenti, rafforzando anche la vigilanza sulla concreta traduzione operativa delle azioni indicate, con particolare riferimento alla necessità di riordino tramite una governance unitaria per superare la frammentazione nei servizi all'infanzia, attualmente facenti capo a diversi ambiti: salute, economia, sociale, scuola, sport ed altri; (ciascuno operante in modo autonomo e generalmente senza coordinarsi con gli altri settori);
              e) si rileva l'opportunità di rivolgere particolarmente attenzione al versante che riguarda la giustizia e i minori coinvolti nei circuiti processuali o penitenziari, sia come vittime sia come autori di reati;
              f) sul versante della salute, intesa in senso vasto, si ritiene opportuno un maggiore approfondimento delle aree della corretta alimentazione (la lotta all'obesità e ai disturbi del comportamento alimentare), della prevenzione degli incidenti domestici, soprattutto nei contesti familiari di origine straniera, della salute mentale, delle diverse forme di dipendenza (alcool e sostanze);
              g) in merito alla prevenzione delle diverse forme di disagio sociale, educativo, relazionale, si segnala infine l'esigenza dell'educazione alla sessualità e alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, oltre che dell'educazione alla vita emotiva e all'affettività;
              h) in attesa di un indispensabile intervento di riordino della governance, si ritiene necessaria la nomina nell'esecutivo di un «referente politico» per l'infanzia che coordini l'azione del maggior numero possibile di istituzioni centrali con competenze in materia.

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ALLEGATO 2

Schema del IV Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n.  451. Atto n.  247.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO

      La Commissione,
          esaminato lo schema del IV Piano biennale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva (cosiddetto Piano Nazionale per l'Infanzia) ai sensi dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n.  451;
          premesso che:
              il Piano Nazionale per l'Infanzia è uno strumento programmatico e di indirizzo col quale l'Italia si impegna a dare attuazione ai principi e diritti contenuti della Convenzione sui diritti del fanciullo, sottoscritta a New York il 20 novembre 1989. Più precisamente l'articolo 4 della Convenzione, ratificata dal nostro Parlamento con legge n.  176 del 27 maggio 1991, prevede che il nostro Paese, come tutti gli altri Stati firmatari, adotti sul piano legislativo e amministrativo, tutte le iniziative utili a garantire concretamente i diritti sanciti nella Convenzione e negli annessi protocolli;
              lo schema del IV Piano Nazionale per l'Infanzia è stato predisposto dal Governo con gravissimo ritardo, in piena continuità con quanto già avvenuto in passato, nonostante la legge n.  451 del 1997 ne disponga l'adozione con cadenza biennale. L'ultimo Piano Nazionale per l'Infanzia è stato, infatti, approvato il 21 gennaio 2011 e, aspetto ancor più grave, dal 1997, anno della sua previsione, ad oggi sono stati adottati solo quattro Piani nazionali per l'Infanzia. Questi continui ritardi testimoniano la scarsa attenzione dei governi di centrodestra e di centrosinistra degli ultimi anni nella promozione di un'efficace tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti e la totale assenza di qualsivoglia minimo coordinamento e programmazione negli interventi a sostegno delle famiglie in difficoltà;
              la lentezza che ha caratterizzato la definizione, da parte del Governo, dello schema in oggetto, appare ancor più ingiustificata alla luce delle continue sollecitazioni fatte in questi anni dalle varie associazioni impegnate per la difesa dei diritti dei minori sul territorio nazionale. In particolare, il gruppo CRC all'interno del 8o Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'Infanzia e dell'adolescenza in Italia 2014-2015, ha invitato il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad approvare il prima possibile il IV Piano Nazionale per l'Infanzia;
              anche la Corte di Giustizia Europea dei Diritti dell'Uomo è, in questi anni, più volte intervenuta, più recentemente con la sentenza del 13 ottobre 2015, (Quarta Sezione Causa S.H. c. ITALIA (Ricorso n.  52557/14), sanzionando l'Italia per non riuscire a salvaguardare il legame famigliare tra minore e famiglia di origine, sottolineando che le autorità interne avessero tagliato ogni legame della famiglia con i figli mentre la Corte ha accertato che potevano essere adottate altre misure volte a salvaguardare il legame famigliare. Pertanto, essa ha ritenuto, come in altre occasioni, che le autorità interne si siano sottratte al loro obbligo positivo di fare ogni sforzo necessario per salvaguardare il Pag. 239legame genitori-figli, inerente all'articolo 8 della Convenzione, che recita: «1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. La Corte rammenta che, al di là della protezione contro le ingerenze arbitrarie, l'articolo 8 pone a carico dello Stato degli obblighi positivi inerenti al rispetto effettivo della vita famigliare. In tal modo, laddove è accertata l'esistenza di un legame famigliare, lo Stato deve in linea di principio agire in modo tale da permettere a tale legame di svilupparsi (si veda Olsson c. Svezia (n.  2), 27 novembre 1992, § 90, serie A n.  250; Neulinger e Shuruk c. Svizzera [GC], n.  41615/07, § 140, CEDU 2010; Pontes c. Portogallo, sopra citata, § 75). Il confine tra gli obblighi positivi e negativi derivanti dall'articolo 8 non si presta a una definizione precisa, ma i principi applicabili sono comunque comparabili. In particolare, in entrambi i casi, si deve avere riguardo al giusto equilibrio da garantire tra i vari interessi coesistenti, tenendo conto tuttavia che l'interesse superiore del minore deve costituire la considerazione determinante.
      La Corte esige che le misure che conducono alla rottura dei legami tra un minore e la sua famiglia siano applicate solo in circostanze eccezionali, ossia solo nei casi in cui i genitori si siano dimostrati particolarmente indegni (Clemeno e altri c. Italia, n.  19537/03, § 60, 21 ottobre 2008), o quando siano giustificate da un'esigenza primaria che riguarda l'interesse superiore del minore (si vedano Johansen, sopra citata, § 84; P., C. e S. c. Regno Unito, n.  56547/00, § 118, CEDU 2002 VI).
      Spetta a ciascuno Stato contraente dotarsi di strumenti giuridici adeguati e sufficienti per assicurare il rispetto degli obblighi positivi ad esso imposti ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione.
      A tale riguardo, e per quanto attiene all'obbligo per lo Stato di decretare misure positive, la Corte afferma costantemente che l'articolo 8 implica il diritto per un genitore di ottenere misure idonee a riunirlo al figlio e l'obbligo per le autorità nazionali di adottarle (si vedano, ad esempio, Eriksson c. Svezia, 22 giugno 1989, § 71, serie A n.  156, e Margareta e Roger Andersson c. Svezia, 25 febbraio 1992, § 91, serie A n.  226-A; P.F. c. Polonia, n.  2210/12, § 55, 16 settembre 2014). In questo tipo di cause, l'adeguatezza di una misura si valuta a seconda della rapidità della sua attuazione, in quanto lo scorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili sui rapporti tra il minore e il genitore che non vive con lui (Maumousseau e Washington c. Francia, n.  39388/05, § 83, 6 dicembre 2007; Zhou c. Italia, sopra citata, § 48; Akinnibosun c. Italia, sopra citata, § 63).
      La decisione di interrompere immediatamente e definitivamente il legame materno è stata presa molto rapidamente, senza un'analisi attenta dell'incidenza della misura di adozione sulle persone interessate e nonostante le disposizioni di legge secondo le quali la dichiarazione di adottabilità deve rimanere l'extrema ratio. La Corte conclude con la summenzionata sentenza, che le autorità italiane, prevedendo come unica soluzione la rottura del legame famigliare, benché nella fattispecie fossero praticabili altre soluzioni al fine di salvaguardare sia l'interesse dei minori che il legame famigliare, non si sono adoperate in maniera adeguata e sufficiente per fare rispettare il diritto della ricorrente di vivere con i figli, e di conseguenza hanno violato il diritto di quest'ultima al rispetto della vita famigliare, sancito dall'articolo 8 della Convenzione.
       Non si può, ad avviso di chi scrive, non tener conto di tali statuizioni e ritenere che quanto emerga dalle diverse associazioni costituitesi negli anni a difesa delle famiglie e dei minori, e quanto emerge dai mezzi di comunicazione di massa siano Pag. 240situazioni isolate da non tenere in considerazione al fine di intervenire in maniera tempestiva ed efficace sulle politiche sociali della famiglia e sul sistema della tutela dei minori al fine di salvaguardare i diritti che ai medesimi sono riconosciuti sia dalle Convenzioni Internazionali che dalla legge dello Stato Italiano che appare a tutt'oggi priva di applicazione.
      I gravissimi eventi recessivi che contraddistinguono l'attuale momento storico, con la conseguente crisi del rapporto tra cittadini e istituzioni, rendono ormai indifferibile l'adozione di concrete misure di sostegno alle famiglie e impongono di accantonare piani di intervento che poi al momento della loro attuazione, quando cioè ci si confronta con le risorse finanziarie da impiegare, si riducono puntualmente a sterili programmi d'intenti, come accaduto col III Piano Nazionale per l'Infanzia. Il predetto piano, infatti, risalente al biennio 2010-2011, non è stato mai finanziato, ricevendo anche il parere negativo della Conferenza Stato-Regioni poiché «privo di riferimenti dettagliati sulle risorse finanziarie da impiegare, nonché sui livelli essenziali delle prestazioni». La disponibilità dei fondi diviene, dunque, uno dei criteri fondamentali per valutare l'effettiva efficacia del Piano, la cui importanza è evidenziata dallo stesso Governo nel momento in cui nella sua relazione lo definisce come «strumento programmatico e di indirizzo».
      A ciò si aggiunga che i fondi pubblici erogati rimangono per la maggior parte privi di un efficace controllo di rendicontazione relativo alle modalità del loro impiego al fine di verificarne l'effettivo utilizzo a tutela dei minori e delle famiglie.
      Il IV Piano Nazionale per l'Infanzia si inserisce in un contesto più ampio, complesso e in costante e veloce evoluzione. L'Italia è un paese a demografia debole, dove le opportunità di sviluppo e crescita armoniosa dei bambini e degli adolescenti, in un quadro di progressivo invecchiamento della popolazione, si rivelano fortemente limitate. Dal Rapporto Istat «Natalità e fecondità della popolazione residente» si evidenzia che nel 2013 sono stati iscritti in anagrafe, per nascita, 514.308 bambini, quasi 20.000 in meno rispetto al 2012, dati che confermano una nuova fase di riduzione della natalità con oltre 62.000 nascite in meno a partire dal 2008.
      Nella definizione delle politiche per la famiglia bisogna giustamente tenere conto anche dei notevoli mutamenti che le relazioni e i legami familiari hanno registrato negli ultimi anni, soprattutto a causa dell'aumento esponenziale di separazioni e divorzi e della gravissima crisi economica che sta vivendo il nostro paese. Secondo gli ultimi dati diffusi dall'Istat nel 2014 risultano essere in condizione di povertà 1.470.000 famiglie per un totale di 4.102.000 individui (il 6,8 per cento dell'intera popolazione). Il disagio economico si fa ancora più diffuso se all'interno della famiglia sono presenti figli minori, come conferma anche l'Atlante dell'Infanzia a rischio redatto da Save the Children, nel quale si stima che nel nostro paese il 25 per cento dei minori è a rischio povertà, circa due milioni e mezzo di bambini e adolescenti che, soprattutto nelle regioni del Sud, vivono in condizione di deprivazione materiale e spesso anche culturale, sociale e relazionale. A queste stime si affianca purtroppo un numero ufficiale: 1.000.000 di bambini vivono già in condizioni di povertà assoluta. Un dato che ha alimentato fortemente il numero dei provvedimenti di allontanamento dalla famiglia d'origine da parte dell'Autorità Giudiziaria, favorendo l'affidamento dei minori ad altre famiglie o a strutture di accoglienza presenti sul territorio nazionale.
       Considerata la persistente mancanza di dati ufficiali e aggiornati sui minori allontanati e sulle strutture di accoglienza, al 31 dicembre 2012, i bambini e i ragazzi 0-17 anni fuori dalla famiglia d'origine accolti in famiglie affidatarie o nelle case famiglia risultano infatti essere 28.449. Questo dato non è adeguato per valutate la situazione e non può essere preso come riferimento e ciò in quanto il risultato di informazioni ricevute in modo parziale (numerosi sono stati i tribunali per i minorenni che non hanno saputo e/o voluto Pag. 241fornire i dati relativi ai minori fuori famiglia dai medesimi gestiti) e raccolti secondo criteri non omogenei, e sempre più spesso i mass media ci informano di casi di minori allontanati dalle proprie famiglie per lunghi periodi di tempo per poi, nella migliore delle ipotesi, farvi rientro dopo molti anni ed a volte quando il minore raggiunge la maggiore età e, quindi, non può più essere preso in carico dallo Stato italiano.
      In tale contesto, è quanto mai urgente intervenire con la modifica di una ormai vetusta e superata norma codicistica, l'articolo 403 del codice civile, che disciplina «l'intervento della Pubblica Autorità in favore dei minori», in quanto lo stesso, nell'attuale formulazione, apre le maglie ad un allontanamento del minore dalla propria famiglia basato su riscontri inesistenti e/o inappropriati, lasciando quindi che tale istituto venga applicato in modo estensivo o distorto, e ciò sia per la varietà di figure che possono attuare l'allontanamento del minore dalla famiglia d'origine sia per i presupposti che devono sottendere al medesimo. Le motivazioni, infatti, in molti casi risultano essere molto vaghe come ad esempio una non precisata situazione di abbandono morale in cui versa il minore ovvero l'esistenza di locali insalubri e pericolosi; ipotesi quest'ultima che, come spesso accade, non è direttamente da addebitare a una scelta genitoriale, bensì a una condizione di difficoltà economica, in molti casi transitoria, che non permette ai genitori di garantire al minore una condizione materialmente dignitosa.
      Al fine di impedire la prassi degli «allontanamenti facili» dei minori dalle rispettive famiglie d'origine, che negli ultimi anni ha alimentato il discutibile business delle case-famiglia, occorre intervenire affinché le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non siano di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. Più precisamente, come previsto dalla legge 28 marzo 2001, n.  149, è necessario che sia effettivamente rispettata la natura temporanea dell'istituto dell'affido che non deve protrarsi oltre i 24 mesi e vengano disposti a favore della famiglia d'origine interventi di sostegno e aiuto finalizzati al rapido superamento delle difficoltà esistenti. È, inoltre, indifferibile e urgente un intervento legislativo che leghi i provvedimenti di allontanamento del minore all'esistenza oggettiva, attuale e provata di un pericolo per la sua vita o integrità fisica, renda effettivo il già esistente obbligo dei servizi sociali di formulare un progetto funzionale al tempestivo reinserimento dei minori nella propria famiglia e privilegi, una volta appurata la fondatezza della misura di protezione, l'affido ai parenti entro il quarto grado del minore e, solo ove non esistenti e/o disponibili, una famiglia affidataria e, solo, in ultima istanza, consideri la collocazione in una struttura residenziale di tipo familiare;
          premesso inoltre che:
              è sotto gli occhi di tutti come gli interventi di sostegno al reddito adottati dagli ultimi governi per il contrasto alla povertà minorile, ad esempio la Social Card, abbiano avuto un'efficacia limitata se non nulla, non contribuendo affatto ad aiutare le famiglie, ancora più quelle con minori, a uscire dal disagio in cui versano. Nonostante i deludenti risultati, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha avviato la sperimentazione della «Nuova Social Card» prevista nel decreto-legge n.  5 del 2012, conosciuta anche come misura di Sostegno per l'inclusione attiva (SIA). Tale misura, prevedendo la corresponsione di un importo mensile variabile a seconda dell'ampiezza del nucleo familiare, è stata adottata in forma sperimentale per un anno nei 12 comuni più popolosi d'Italia ed è rivolta solo alle famiglie con minori, ma lo stanziamento di 380 milioni di euro, previsto nell'ultima legge di stabilità per la sua estensione sull'intero territorio nazionale, appare del tutto risibile, in piena continuità con l'approccio estemporaneo utilizzato finora per le politiche a sostegno della famiglia;
              l'attuale frammentarietà delle politiche per la famiglia è motivata anche dal Pag. 242fatto che gli interventi e i servizi previsti per i minori, oltre ad essere finanziati con risorse statali, sono anche sostenuti dagli enti territoriali e locali, ma l'assenza di una definizione a livello nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni produce inevitabilmente situazioni del tutto differenti a seconda delle realtà locali e territoriali di riferimento, non garantendo ovunque uguali prestazioni ai soggetti da 0 a 18 anni;
          considerato che:
              al fine di garantire una maggiore organicità e semplicità nell'azione di contrasto alla povertà familiare e, di riflesso anche minorile, sarebbe forse più opportuno prevedere un unico strumento generale di contrasto alla povertà, come il reddito di cittadinanza, al fine anche di evitare l'allontanamento per motivi meramente economici dei figli dal nucleo familiare d'origine e la loro collocazione presso famiglie affidatarie o strutture di accoglienza. Il reddito di cittadinanza, presente in quasi tutti i paesi d'Europa tranne Italia e Grecia, è stato riconosciuto come unica valida misura di contrasto alla povertà da importanti associazioni nazionali, come «Libera» di Don Ciotti e la «Caritas», oltre che dall'Istat e parzialmente dall'Inps, e consentirebbe di abbandonare l'approccio «emergenziale» degli ultimi anni, assicurando alle famiglie in difficoltà economica un sostegno certo in attesa di poter nuovamente fare affidamento su un reddito da lavoro dignitoso;
              la crescente difficoltà economiche delle famiglie è, al pari dell'inadeguatezza delle strutture scolastiche, dei percorsi formativi e della mancanza di servizi, una delle cause della dispersione scolastica, altra vera piaga del nostro paese, soprattutto nel Mezzogiorno. Secondo gli ultimi dati ufficiali sono circa 115.000 i ragazzi compresi tra i 14 e i 17 anni che ogni anno si trovano fuori dai percorsi formativi e scolastici e il 42 per cento di loro appartengono alle regioni meridionali. Per abbattere il fenomeno della dispersione scolastica e portarlo, sulla base dell'obiettivo fissato in Horizon 2020, sotto il 10 per cento del totale della popolazione in età scolare, occorrerebbe pertanto potenziare le misure per il diritto allo studio, aggiornare e ampliare i percorsi di istruzione, creare idonei ambienti di apprendimento e valorizzare le sperimentazioni con didattiche innovative che hanno portato a risultati positivi nel promuovere i processi di apprendimento e ridurre i fattori che determinano dispersione scolastica;
          rilevato che:
              le politiche statali per l'infanzia e l'adolescenza si sono contraddistinte negli ultimi anni per l'elevato grado di frammentarietà e la scarsa lungimiranza. Gli stanziamenti utilizzati per gli interventi a favore dei minori risultano, infatti, essere allocati in diversi fondi e le misure previste nelle ultime leggi di stabilità, non essendo riconducibili a un unico centro di spesa, appaiono più come provvedimenti «tampone» che come interventi programmatici e risolutivi, espletando un grado diverso di efficacia nelle varie aree del paese;
              queste differenze si riscontrano soprattutto nell'erogazione dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, sebbene la legge n.  1044 del 1971 abbia riconosciuto come «servizio sociale di interesse pubblico» l'assistenza prestata ai bambini fino ai tre anni d'età negli asili nido e sono evidenziate in sede di monitoraggio del «Piano straordinario per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio educativi per la prima infanzia» varato con la legge finanziaria del 2007, quando si è ribadita la necessità di assicurare un livello di copertura uniforme del servizio su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, nell'anno scolastico 2012-2013 il monitoraggio fotografa un ampio divario tra le regioni – sia in termini di spesa che di utenti – nell'offerta pubblica di asili nido: 3,6 per cento i bambini tra 0 e 2 anni residenti al Sud che usufruiscono di asili nido comunali o finanziati dai comuni, 17,5 per cento al Centro. Ancora più larga Pag. 243la forbice tra i comuni che garantiscono la presenza del servizio al Sud (22,5 per cento) e al Nord (76,3 per cento);
              di fronte a gap così elevati appare oltremodo fondamentale un esercizio appropriato da parte del Governo della delega, contenuta nella legge n.  107 del 2015 (cosiddetta Buona Scuola), riguardante l'istituzione del servizio integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, nelle parti in cui si devono definire i livelli essenziali delle prestazioni della scuola dell'infanzia e dei servizi educativi dell'infanzia, il livello di impiego delle risorse da parte dello Stato, la definizione delle funzioni e dei compiti delle regioni e degli enti locali nell'organizzazione dei servizi educativi dell'infanzia. Se da un lato è impossibile non condividere qualsiasi iniziativa finalizzata all'aumento quantitativo degli asili nido, nonché ad assicurare la continuità degli stessi con le scuole dell'infanzia, dall'altro appare necessario continuare a garantire la specificità delle due realtà che necessitano di essere valorizzate, ma salvaguardando il ruolo educativo e didattico della scuola dell'infanzia che non deve essere ridotto ad un mero compito di servizio che tuttavia svolge per le famiglie;
          considerato inoltre che:
              la crescente permeabilità della nostra società ai cittadini stranieri e la necessità di garantire un sistema scolastico il più possibile inclusivo impone di considerare con la dovuta attenzione il tema dell'integrazione dei minori stranieri, anche di quelli non accompagnati, nell'ambiente scolastico, inteso come luogo di formazione della personalità e del senso di appartenenza del futuro cittadino, e quello del sostegno ai minori stranieri e italiani con disabilità;
              è del tutto condivisibile l'approccio col quale si considera l'integrazione scolastica come propedeutica a quella sociale e la diversità di lingua, di colore, di cultura e religione non come un problema o addirittura una minaccia, bensì come fattore positivo e di arricchimento, sia a livello scolastico che sociale. Tuttavia, il Piano presentato dal governo diventa una vera e propria presa in giro nel momento in cui si individua tra gli obiettivi fondamentale da perseguire quello di «garantire ogni anno la presenza di un numero congruo di collaboratori scolastici in relazione al numero di minorenni con disabilità» e invece per l'anno scolastico in corso mancano all'appello ben 30.000 insegnanti di sostegno, nonostante l'entrata in vigore della legge n.  107/2015, più volte presentata dal Governo come risolutiva anche di questo deficit. Ancora una volta la realtà e le scelte politiche dell'Esecutivo si dimostrano del tutto differenti rispetto agli annunci, visto che a molti alunni affetti da disabilità non è garantito il supporto di cui hanno bisogno;
          considerato altresì che:
              la problematica dei minori stranieri non accompagnati (MNA) assume nel nostro paese dimensioni importanti. Infatti, secondo i dati forniti dall'ultimo report del Ministero del lavoro e delle politiche sociali i minori stranieri non accompagnati non richiedenti asilo segnalati nel nostro paese al 30 novembre 2015 sono 10.952, di cui 5.902 allontanatisi dalle strutture di accoglienza o dalle famiglie affidatarie e dichiarati irreperibili;
              i minori stranieri non accompagnati, sono particolarmente vulnerabili e dovrebbero essere accolti e protetti adeguatamente, con un tempestivo e adeguato percorso di integrazione, assicurando loro condizioni dignitose di ospitalità ed evitando il soggiorno in strutture sovraffollate, poco controllate e oggetto di attenzioni e interessi esterni che poco coincidono con i genuini valori dell'accoglienza, dell'assistenza e della solidarietà. Per questi motivi è opportuno che il Governo, promuova maggiormente forme di accoglienza di tipo familiare per i minori stranieri non accompagnati, in alternativa alle strutture residenziali istituzionali, incoraggiando l'attivazione, presso enti e servizi sociali locali di programmi di sensibilizzazione all'affido familiare. Oltremodo Pag. 244sarebbe anche utile incentivare progetti individuali di ricongiungimento familiare con parenti ubicati nel territorio di un altro stato membro dell'Unione europea come previsto dal Regolamento UE 604/2013, meglio conosciuto come Dublino III;
          considerato infine che:
              nonostante si debba prendere atto dei profondi mutamenti, testé richiamati, che hanno investito la famiglia, quando si parla di diritti dei minori non si può non sottolineare il ruolo fondamentale che la stessa ancora ricopre nella crescita di ogni singolo bambino e adolescente. Il primo diritto del minore è quello di crescere in famiglia, a partire da quella d'origine, ma appare difficile garantirlo se la dotazione del fondo per le politiche per la famiglia continua a diminuire, come avvenuto anche con la Legge di Stabilità del 2016. Oggi più che mai è necessario invece considerare la famiglia come una risorsa da tutelare e non come un «fastidio» o un costo da non permetterci di poter sostenere. Il benessere della famiglia è e deve rimanere condizione indispensabile per lo sviluppo del paese;
              lo schema in esame predisposto dal Governo appare, dunque, come una semplice dichiarazione d'intenti priva di sostanza, meramente programmatica e per nulla risolutiva delle problematiche che affliggono l'universo complesso dei minori. Questi dubbi diventano inequivocabilmente certezze nel momento in cui nello stesso schema si fa riferimento alla possibile definizione entro giugno 2016 di un ulteriore Piano Nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale in cui dovrebbe essere riservata un'attenzione particolare ai minori. Un approccio che fa pensare all'ennesimo tentativo gattopardesco del Governo: far credere di cambiare tutto per non cambiare assolutamente nulla. Infine, sulle risorse destinate a ciascun intervento o azione, di cui si compongono i vari obiettivi tematici costitutivi del Piano, si evince come le stesse siano in moltissimi casi superficialmente addebitate agli ordinari stanziamenti di bilancio nei capitoli di previsione dei vari Ministeri senza che venga minimamente ipotizzato un loro consistente incremento rispetto al passato, peraltro necessario qualora si volessero effettivamente raggiungere gli ambiziosi traguardi in esso contenuti,
      per i suddetti motivi esprime

PARERE CONTRARIO.