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CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 28 novembre 2016
734.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO

Indagine conoscitiva sulla gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

INDICE

        1. Premessa
        2. I contenuti della audizioni svolte
        3. Le modifiche normative sulla materia intervenute nel 2016
        4.  La giurisprudenza della Corte costituzionale sulla competenza legislativa in materia di gestione in forma associata delle funzioni comunali
        5.  Il referendum regionale per la fusione dei comuni, ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione: quorum ed esito
        6.  La legislazione regionale in materia di gestione in forma associata delle funzioni comunali
        7. La relazione della Corte dei conti del 22 febbraio 2016
        8. Conclusioni:
            I principali elementi emersi nel corso dell'indagine conoscitiva
            Aspetti problematici
            Possibili soluzioni e prospettive

ALLEGATI

        Allegato 1: Piccoli comuni (≤5000 ab.) per regione
        Allegato 2: Dati regionali sulle unioni dei comuni
        Allegato 3: Fusione di comuni e altre variazioni amministrative
        Allegato 4:  Selezione delle leggi regionali in materia di referendum per la fusione di comuni
        Allegato 5:  Quadro della principale legislazione regionale in materia di gestione in forma associata delle funzioni comunali

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1. Premessa.

        La I Commissione, nella seduta del 6 ottobre 2015, sulla base di quanto convenuto in sede di ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ed essendo stata acquisita l'intesa con la Presidente della Camera dei deputati ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del regolamento, ha deliberato lo svolgimento di una indagine conoscitiva sulla gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali, fissando il termine per la conclusione al 10 dicembre 2015.
        Nel corso dell'indagine conoscitiva sono state svolte le seguenti audizioni:
            27 ottobre 2015: rappresentanti dell'Unione delle province d'Italia (Upi) (Giuseppe RINALDI, presidente Upi regionale Lazio); rappresentanti dell'Associazione nazionale piccoli comuni d'Italia (Anpci) (Franca BIGLIO, presidente, Marco PEROSINO, membro del comitato direttivo nazionale, Vito Mario BURGIO, consulente nazionale); rappresentanti dell'Unione nazionale comuni comunità enti montani (Uncem) (Pierluigi MOTTINELLI, consigliere nazionale);
            3 novembre 2015: rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) (Matteo RICCI, Vicepresidente); rappresentanti dell'Istituto geografico militare (Giuseppe POCCIA, Generale di Brigata Vice comandante dell'Istituto); rappresentanti della Fondazione Montagne Italia (Enrico PETRICCIOLI, segretario generale e Luca LOBIANCO, direttore scientifico); rappresentanti della Società geografica italiana (Sergio CONTI, presidente);
            10 novembre 2015: Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Giovanni PITRUZZELLA; rappresentanti dell'Agenzia per la coesione territoriale (Giorgio MARTINI, dirigente);
            17 novembre 2015: rappresentanti dell'Osservatorio per i servizi pubblici locali (Bruno SPADONI, Coordinatore e Daniela SANNINO, Responsabile Invitalia del progetto di supporto alle Amministrazioni pubbliche in materia di servizi pubblici locali);
            1o dicembre 2015: rappresentanti della Corte dei conti (Adolfo Teobaldo DE GIROLAMO, presidente di Sezione); esperti (Carlo BASSANINI, responsabile area PA di SCS Consulting, e Massimo SIMONETTA, direttore Ancitel Lombardia s.r.l.);
            2 dicembre 2015: rappresentanti della Conferenza delle Regioni (Aldo RESCHIGNA, coordinatore vicario della Commissione Affari istituzionali e generali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome); il sottosegretario di Stato agli affari regionali, Gianclaudio BRESSA;
            3 dicembre 2015: il sottosegretario di Stato per l'interno, Gianpiero BOCCI;
            10 dicembre 2015: il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo RUGHETTI.

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        La finalità dell'indagine conoscitiva è stata quella di approfondire, in particolare, i seguenti profili:
            analizzare lo stato di attuazione delle disposizioni legislative sulla materia partendo dai dati relativi ai comuni soggetti all'obbligo di riordino e alle unioni effettivamente poste in essere e a quali e quante funzioni sono state aggregate;
            quante convenzioni e quante unioni dei comuni sono state poste in essere;
            l'incidenza sui relativi dati della dimensione quantitativa dell'ente e verifica della percentuale in cui le unioni conseguono all'obbligo di legge o, invece, ad un'autonoma decisione dell'ente;
            analizzare i dati relativi alle fusioni poste in essere verificando in particolare se presuppongono precedenti unioni o sono state disposte direttamente;
            porre in evidenza i criteri maggiormente utilizzati nei processi di riordino in atto o conclusi (contiguità territoriale, preesistenza di comunità montana, distretto socio-sanitario, precedenti gestioni associate già attivate, ecc.);
            approfondire – valutandone altresì l'impatto – le misure assunte dalle regioni, anche finanziarie, per favorire ed accompagnare il processo di riordino (studi di fattibilità, incentivi economici e così via) e le eventuali norme che disciplinano i referendum popolari per la fusione ed i relativi quorum deliberativi;
            valutare gli effetti che derivano dalla gestione associata delle funzioni (convenzione, unione dei comuni) sull'organizzazione e sulle modalità di gestione dei servizi pubblici locali;
            esaminare il rapporto tra le disposizioni volte ad accelerare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni e quelle volte a valorizzare e promuovere forme di gestione associata delle funzioni;
            analizzare le unioni dei comuni che, da una parte, sono volte all'aggregazione territoriale e alla fusione e, dall'altra, riguardano enti anche di dimensioni maggiori e possono rappresentare un modello di gestione delle funzioni in grado anche di sostituire gli ambiti di area vasta o quelli provinciali;
            valutare se e in che misura è stata data attuazione alle più recenti disposizioni di incentivazione delle forme associate e delle fusioni quali quelle che riguardano il patto di stabilità;
            focalizzare l'attenzione sui motivi che hanno finora impedito di giungere alla piena attuazione delle disposizioni normative sulla materia;
            valutare la necessità di modificare la disciplina in essere, anche tenendo conto che era stato originariamente fissato al 31 dicembre 2015 il termine per l'attuazione dell'esercizio associato delle funzioni fondamentali dei comuni e che tale termine è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2016 dall'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n.  210 del 2015;Pag. 7
            valutare la necessità di elaborare ulteriori strumenti di incentivazione di unioni e fusioni, anche con riferimento al principio enunciato dall'articolo 12, comma 1, lettera f), della legge n.  42 del 2009;
            valutare alla luce della tematica relativa alla gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali la possibilità di apportare modifiche alla disciplina dei servizi pubblici locali.

        Nel programma dell'indagine è stato ripercorso il quadro normativo in essere partendo dalla consapevolezza del ruolo che una piena attuazione delle disposizioni in materia di gestione in forma associata da parte dei comuni può svolgere per il miglioramento dell'efficienza e della qualità dei servizi oltre che per la razionalizzazione della spesa. Si è ritenuto inoltre di particolare interesse focalizzare l'indagine anche sulle fusioni di comuni, partendo da una disamina degli interventi agevolativi che sono stati previsti negli ultimi anni per tale processo di aggregazione.
      Come ricordato nel programma dell'indagine, il tema del riordino dei comuni si è imposto nella discussione politico-istituzionale del nostro Paese già dal 1990 con la legge n.  142. Volendo rimanere a un periodo circoscritto e recente, è stato evidenziato come specialmente con il Governo Monti vi è stato un intervento propulsivo a livello legislativo che ha inteso indirizzare il Paese verso una graduale ma obbligata razionalizzazione del numero dei comuni. Ma già in precedenza era stato introdotto l'obbligo di esercizio associato, per tutti i comuni fino a 5.000 abitanti (ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane), mediante unione di comuni o convenzione, delle funzioni fondamentali (articolo 14, comma 28, del decreto-legge n.  78 del 2010). Sono esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d'Italia.
      Le scadenze relative all'obbligo di gestione in forma associata – individuate dall'articolo 14, comma 31-ter, del decreto-legge n.  78 del 2010 – sono già state più volte prorogate (da ultimo al 31 dicembre 2016 con il più recente decreto-legge «proroghe di termini» n.  210 del 2015).
      Peraltro, come rilevato nel programma dell'indagine, si tratta di un tema non più rinviabile, anche alla luce del riordino delle province e delle città metropolitane, nonché della riforma del Titolo V in discussione, che fanno diventare di fatto i comuni i soggetti di riferimento amministrativo e politico più importante sul territorio per i cittadini e le imprese.
      Il programma dell'indagine ha dunque posto in evidenza come soltanto attraverso uno sviluppo concreto delle forme associative sovracomunali sarà possibile per i piccoli comuni raggiungere auspicati livelli di adeguatezza territoriali/demografici e gestionali e vedersi garantiti quegli spazi di autonomia, senza che si sottraggano a essi le competenze di cui sono titolari in base alla Costituzione per rimetterle ad altri livelli di governo del territorio. Le unioni di comuni, dunque, non vanno viste soltanto come un obbligo del legislatore, ma come un'opportunità offerta ai comuni di crescere in maniera virtuosa, di Pag. 8essere maggiormente competitivi, di superare attraverso la forma associativa comunale i rispettivi punti di debolezza, trasformandoli in punti di forza capaci di divenire, per i cittadini e le imprese, interlocutori privilegiati nelle politiche di sviluppo e di miglioramento complessivo della qualità della vita di ognuno.

2. I contenuti delle audizioni svolte.

        La prima audizione svolta nell'ambito dell'indagine conoscitiva ha consentito di ascoltare rappresentanti dell'Associazione Nazionale Piccoli Comuni d'Italia (Anpci) i quali, fra le due forme di associazionismo comunale, la convenzione e l'unione dei comuni (che per i piccoli comuni fino a 5.000 abitanti sono entrambe obbligatorie per le funzioni fondamentali), hanno evidenziato maggior favore verso la prima, in quanto ritenuto strumento «più snello e a costo zero», mentre le unioni sono attivate principalmente grazie agli incentivi, nonostante la loro non dimostrata efficacia, efficienza ed economicità.
      Inoltre, la presidente dell'Anpci ha espresso forti riserve sull'attribuzione delle competenze regionali in materia di gestione associata di funzioni, rilevando come non tutte le regioni hanno provveduto alla definizione degli ambiti territoriali ottimali per l'esercizio associato di funzioni, creando una situazione di disomogeneità a livello nazionale.
      Al contempo, nel corso dell'audizione è stato evidenziato dai rappresentanti dell'Anpci come «la ratio delle unioni e delle convenzioni è basata su una divisione sbagliata e non chiara tra funzioni e servizi. Per i servizi siamo già tutti insieme. Il ciclo dell'acqua lo gestiamo tutti insieme per forza, così come il ciclo dei rifiuti e il settore socio-assistenziale. Le funzioni essenziali, invece, devono restare in capo ai comuni».
      Le unioni forzate di comuni, poi, in caso di disaccordo tra comuni si rivela controproducente, anche perché, come sottolineato da Vito Mario Burgio, consulente Anpci, «con le unioni i servizi si trasferiscono nel capoluogo dell'unione; con le convenzioni restano sul territorio». Lo stesso Burgio ha rilevato come l'unione dei comuni ha portato ad un aumento del personale delle unioni (pari al 26 per cento).
      Anche nel corso dell'audizione di rappresentanti dell'Unione delle province d'Italia (Upi) è stato evidenziato come sia ritenuto preferibile lo strumento della convenzione in quanto è il più snello e non crea sovraordinazione con nuovi consigli, presidenti e nuove strutture stabili.
      I rappresentanti dell'Upi hanno sottolineato la necessità di costruire il processo di aggregazione dal basso e in quest'ottica hanno proposto di abolire le unioni obbligatorie.
      Inoltre, nel corso dell'audizione è stato ipotizzato un ruolo di supporto ai comuni da parte degli enti di area vasta, soprattutto in servizi che necessitano di strutture tecniche, come le stazioni uniche appaltanti, non disponibili nei piccoli comuni.
      I rappresentanti dell'Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (Uncem) hanno evidenziato la positività delle forme associative, anche di tipo obbligatorio, sia per i piccoli comuni, sia per i Pag. 9territori delle aree interne e di montagna. Se è vero che le convenzioni sono più snelle, le unioni hanno più forza, perché hanno alla loro base un patto costitutivo dal basso.
      Per le fusioni, invece, nel corso dell'audizione è stato sottolineato come sia preferibile procedere con un percorso condiviso e di adesione volontaria.
      L'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) ha fatto emergere come la proposta dell'Anci in materia di gestione associata di funzioni preveda di sostituire il criterio demografico con il criterio del bacino omogeneo, riformando in profondità la governance del territorio.
      In particolare la proposta dell'Anci prevede:
            sospendere (e non prorogare) la scadenza del 31 dicembre entro la quale i piccoli comuni sono obbligati a gestire in forma associata le funzioni fondamentali;
            fissare una data entro la quale i comuni (ed in particolare i sindaci), area vasta per area vasta, definiscano i bacini omogenei;
            in caso di inadempienza attribuire poteri sostitutivi alle regioni, che definiscono i bacini al posto dei sindaci;
            gli ambiti omogenei così costituiti diventano unioni dei comuni, luoghi della gestione associata dei servizi, mentre rimangono all'area vasta le competenze proprie dei territori di più ambiti omogenei, ossia le strade provinciali e l'edilizia scolastica delle scuole superiori;
            nell'ambito dei bacini omogenei i comuni con referendum potranno procedere alla fusione.

        Inoltre, è necessario semplificare le procedure per la costituzione delle unioni di comuni.
      Questo processo è collegato alla seconda proposta Anci, relativa alle regioni, che prevede:
            il dimezzamento del numero delle regioni, attraverso l'unificazione di quelle più piccole in un processo partecipativo;
            trasferimento di tutte le funzioni gestionali (ad eccezione della sanità) dalle regioni (alle quali rimarrebbero competenze legislative e di pianificazione) agli enti locali.

        Nel corso dell'audizione di rappresentanti dell'Istituto geografico militare (IGM), dopo il richiamo al ruolo tecnico e alle funzioni svolte dall'Istituto, è stato evidenziato – in merito alle criticità territoriali, storico-culturali, linguistiche, di valenza identitaria e di appartenenza che possono rallentare le esperienze di intercomunalità e opporsi alla fusione di più comuni secondo il criterio del numero di abitanti – come un possibile ulteriore elemento discriminante sia costituito dalla distanza fra centri abitati, nuclei abitati, frazioni e isole amministrative, da cui discendono i tempi di percorrenza dovuti all'esistenza e allo stato della viabilità, nonché della morfologia del terreno dal punto di vista idrografico e orografico.Pag. 10
        In tali contesti, prescindendo dalla quantificazione del limite chilometrico da adottare in ambito normativo, nel caso di particolari situazioni locali i rappresentanti dell'IGM hanno evidenziato come tale organismo, in aggiunta alle altre istituzioni coinvolte, possa fornire un supporto alle decisioni, unitamente alla competenza maturata nel settore e alla documentazione esistente nelle proprie conservatorie.
        I rappresentanti della Fondazione montagne Italia hanno espresso piena adesione al processo di gestione associata delle funzioni e dei servizi e, all'interno di queste, hanno evidenziato maggior favore verso le unioni che, rispetto alle convenzioni, riconoscendo una quota riservata del fondo di riequilibrio ai comuni che si associano, consentono con lo sblocco della capacità impositiva per i comuni che rispettano gli obiettivi stabiliti dall'associarsi. Tutto ciò legandolo a una convergenza verso i costi standard, che devono essere comunque tenuti come punto di riferimento, e inserendo l'affidamento della gestione associata dei servizi tra i parametri di virtuosità dei comuni. Hanno evidenziato come occorra, inoltre, superare la soglia minima dei 10.000 abitanti quale vincolo demografico per l'esercizio associato delle funzioni. Anche se l'esperienza delle unioni non dà effettivi riscontri di risparmio significativo per i comuni che partecipano, in un quadro di economia di scala, i rappresentanti della Fondazione montagne Italia hanno rilevato come si possono prevedere risparmi nel medio e lungo periodo. I medesimi rappresentanti hanno ribadito quindi la posizione dell'associazione a favore delle unioni di comuni, evidenziando come anche le fusioni di comuni hanno aspetti positivi ma vi è stata per alcuni aspetti una mancanza di «accompagnamento» da parte della legge, che si è limitata a prevedere alcuni benefit economici. Hanno poi evidenziato l'esigenza di evitare la «mortificazione» dei comuni, chiedendo di lasciare ai piccoli borghi l'identità e alcune funzioni simboliche, quali lo stemma e la possibilità di celebrare i matrimoni, come in Francia. Per quanto riguarda il vincolo demografico, hanno ribadito come debbano essere i comuni ad identificare la soglia, che può anche essere inferiore.
        Nel corso dell'audizione di rappresentanti della Società geografica italiana è stato rilevato come la questione dei comuni italiani e delle unioni non possa essere affrontata se non nell'ambito di una più vasta riforma amministrativa che coinvolga tutti i livelli di governo del territorio. In quest'ottica sono stati richiamati i risultati di una ricerca basata sulla riaggregazione di comuni, che ha portato ad individuare 680 comunità o sistemi, partendo dai sistemi locali del lavoro, definendo per ogni sistema la popolazione che gravita da un sistema all'altro per lavoro e per altre motivazioni.
        Per l'ISTAT i sistemi locali del lavoro (SLL) rappresentano una griglia territoriale i cui confini, indipendentemente dall'articolazione amministrativa del territorio, sono definiti utilizzando i flussi degli spostamenti giornalieri casa/lavoro (pendolarismo) rilevati in occasione dei Censimenti generali della popolazione e delle abitazioni.
        L'audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha posto in evidenza, in primo luogo, la presenza di un «pluralismo istituzionale esasperato», caratteristico di tutti i livelli istituzionali, ma soprattutto a livello locale la presenza di una molteplicità di enti locali, non raccordati tra loro, che costituisce Pag. 11talora un ostacolo alla programmazione, ad esempio in materia di organizzazione delle infrastrutture. Altra questione attiene alla esigenza di semplificazione istituzionale, che è una delle precondizioni del funzionamento del mercato.
        Nel corso dell'audizione è stato dunque rilevato come semplificazione istituzionale e superamento dell'esasperato pluralismo istituzionale costituiscano due precondizioni per far sì che gli effetti benefici della liberalizzazione di un mercato concorrenziale possano dispiegarsi.
        Inoltre, è stato ritenuto che tra le forme previste dalla normativa per la gestione congiunta delle funzioni amministrative di enti di piccole dimensioni è sicuramente da privilegiare quella della fusione.
        Infine, è stato rilevato che accanto alla elaborazione normativa, andrebbe monitorato lo stato di attuazione delle norme, in modo da individuare modelli che possano favorire le aggregazioni.
        Per quanto riguarda i servizi pubblici locali, il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha rilevato come l'aggregazione di comuni possa servire ad individuare ambiti di erogazione più ampi, ovviando alle inevitabili inefficienze e mancanza di economie di scala.
        Inoltre, sul tema delle modalità di affidamento, sarebbe necessario che i piccoli comuni effettuassero una analisi preventiva, magari col supporto della regione e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per individuare le modalità più adeguate nel rispetto dei principi della concorrenza.
        Nel corso dell'audizione di rappresentanti dell'Agenzia per la coesione territoriale è stato rilevato come l'Agenzia non possieda strumenti cogenti, né abbia nelle sue competenze gli obiettivi previsti dalle norme in materia di associazioni di comuni; peraltro, nella nuova programmazione per gli anni 2014-2020 l'Agenzia sta tenendo conto degli indirizzi e degli obiettivi indicati a livello governativo e parlamentare. È stato inoltre ricordato come anche nella fase di negoziato con la Commissione europea, pur nel rispetto di indicazioni e vincoli contenuti negli specifici regolamenti comunitari, l'Agenzia ha cercato di valorizzare l'inserimento di elementi che possano facilitare una concezione nuova e meno individualistica della gestione dei servizi e favorire, ove possibile, i processi di aggregazione.
        I rappresentanti dell'Osservatorio servizi pubblici locali hanno ricordato, nel corso dell'audizione svolta, che, ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto-legge n.  138 del 2011, i servizi pubblici locali di rilevanza economica a rete devono essere organizzati sulla base di ambiti territoriali ottimali e regolati da enti di governo di tali ambiti. A questi enti di governo dell'ambito sono affidate una serie di funzioni fondamentali che riguardano, oltre all'organizzazione di servizi, anche la scelta della forma di gestione e l'affidamento degli stessi.
        A tal proposito, l'Osservatorio ha fornito elementi di supporto relativamente allo stato di applicazione, facendo tra l'altro una ricognizione sistematica dello stato di attuazione di questi processi di organizzazione dei servizi.
        Al contempo, i rappresentanti di Invitalia, la società in house del Ministero dello sviluppo economico a cui è stato affidato il compito di gestire l'Osservatorio dei servizi pubblici locali, hanno rilevato la Pag. 12necessità di rivedere il ruolo che la provincia può ricoprire nell'ambito dell'esercizio delle funzioni fondamentali, in quanto può rappresentare, a fianco dei comuni, un supporto tecnico, soprattutto nelle procedure di affidamento. I rappresentanti dell'Osservatorio hanno inoltre ribadito l'importanza delle gestione associata di alcuni servizi di rilevanza economica, quali quello idrico, quello dei rifiuti e quello del trasporto pubblico locale, spesso troppo frammentati e dispersi nel territorio. In questo senso c’è una neutralità della disciplina europea, in quanto la gestione in house è compatibile in un ambito territoriale vasto.
        Per quanto riguarda la dimensione ottimale dell'area vasta, essa dipende dal tipo di servizio: in genere, nei servizi di rilevanza economica, coincide con il territorio della provincia, anche se per la gestione dei rifiuti «a monte» (raccolta, spazzamento) si può pensare anche ad un territorio più piccolo, subprovinciale, mentre per i servizi «a valle» (smaltimento, termovalizzazione ecc.) è preferibile una dimensione maggiore. Così come per il trasporto pubblico locale, in quanto servizio strettamente urbano, si può avere una gestione in ambito territoriale più piccolo. In tal senso, la norma che prevede l'obbligo di aggregazione per i comuni inferiori a 5000 abitanti corrisponde anche alle esigenze del settore dei trasporti. Per quanto riguarda i servizi sociali (come gli asili nido) e relativi al tempo libero, è stato evidenziato come questi trovino nell'area comunale quella più idonea ad una buona gestione.
        I rappresentanti della Corte dei conti hanno preliminarmente svolto un approfondimento del tema, partendo dal quadro ordinamentale delle gestioni associate di funzioni e servizi e riferendo sullo stato di attuazione della normativa per le unioni e funzioni, analizzando taluni trend gestionali e finanziari, con raffronti con le gestioni individuali; è stato inoltre fatto cenno all'organizzazione delle modalità di gestione dei servizi pubblici locali ed è stata svolta una ricognizione dello stato di attuazione della riforma da parte delle regioni.
        È stato rilevato come gli ultimi due referti della Corte dei conti sulla finanza territoriale fatti nel 2014 e nel 2015 farebbero propendere per una limitata rilevanza della costituzione delle unioni di comuni ai fini di un'efficace correzione degli andamenti della spesa corrente dei comuni. Inoltre, le reiterate proroghe dei termini entro cui attuare le gestioni associate obbligatorie e le frequenti modifiche legislative (variando le funzioni associate, le soglie relative alla popolazione degli interessati e le modalità procedimentali) costituiscono un sintomo delle difficoltà registrate nella concreta attuazione della normativa di settore. Questo necessiterebbe probabilmente di aggiustamenti rivolti a una maggiore semplificazione ed a più efficaci forme di incentivazione finanziaria, ad esempio da collegare al risultato concretamente conseguito in termini di risparmi di spesa, ovvero di un'approfondita analisi delle criticità e delle resistenze riscontrate alle politiche di associazionismo forzato.
        È stato inoltre evidenziato come quello delle unioni dei comuni sia un fenomeno incompiuto la cui realizzazione si è limitata al 30 per cento e che per fare una valutazione economica occorrerebbe, invece, che il fenomeno fosse compiuto.Pag. 13
        Nell'ambito dell'audizione di esperti, Carlo Bassanini, responsabile area PA di SCS Consulting, ha individuato una serie di elementi per dare impulso allo sviluppo della gestione associata di funzioni comunali quali: non tralasciare un processo top-down che fissi obiettivi minimi a livello nazionale e non regionale; associare in via prioritaria funzioni serventi l'amministrazione (ICT, affari generali) e poi funzioni al servizio al cittadino; appoggiare gli enti di maggiori dimensioni (enti aggregatori) che possono mettere in comune know how, nei confronti di comuni limitrofi di minore dimensione; adottare il Piano strategico dell'unione; prevedere un direttore generale a capo della struttura, scelto all'interno del personale degli enti che sono in unione; aumentare gli incentivi economici.
        Massimo Simonetta, direttore Ancitel Lombardia, ha osservato che le funzioni da esercitare obbligatoriamente in forma aggregata dovrebbero essere quelle che puntano a mettere insieme le strutture, «il che significa che da due comuni ne facciamo uno dal punto di vista organizzativo, dopodiché possiamo lasciarne tanti dal punto di vista dell'indirizzo politico-amministrativo. In sostanza, il cambiamento non è fare uno statuto di un'unione di comuni».
        Nel corso dell'audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome è stato auspicato un ruolo più forte delle regioni – in rapporto con gli enti locali – nella determinazione degli ambiti territoriali per favorire un processo di costruzione di sistemi di poteri locali meno frammentati, meno disomogenei e quindi più forti e capaci. Inoltre, sarebbe necessario superare il criterio demografico nella gestione associata delle funzioni comunali e porre al centro dello sforzo di costruzione delle gestioni associate tra i comuni le relazioni economiche, il sistema dei servizi e la rete dell'infrastrutturazione all'interno di ambiti territoriali. Andrebbe superata la separazione tra i comuni fino a 3.000 abitanti in montagna e fino a 5.000 abitanti in pianura – che sono obbligati alla gestione associata – e i comuni di media composizione demografica per evitare «buchi» territoriali. Sotto questo aspetto, la possibilità di un più ampio intervento legislativo da parte delle regioni potrebbe consentire di introdurre elementi di flessibilità all'interno del sistema. L'obiettivo non è estendere l'obbligatorietà, ma ottenere strumenti che consentano la costruzione, nella dimensione locale, di processi che abbiano questa capacità e questa forza.
        Sempre nella stessa direzione andrebbe l'ampliamento degli strumenti, affiancando a unioni dei comuni e convenzioni lo strumento del consorzio tra i comuni (da tempo abrogato), strumento che consente, senza alcuna perdita di autonomia per i comuni medio-grandi, di mettere in relazione piccole medie e grandi dimensioni demografiche, in nome dell'appartenenza di tutte queste realtà a un ambito territoriale dove prevalgono le relazioni tra comunità più che tra amministrazioni.
        Infine, è stato rilevato come il differimento continuo dei tempi di entrata in vigore dell'obbligo della gestione associata delle funzioni fondamentali crei incertezza e una diffusa cultura di non adempimento alle previsioni della legislazione nazionale.
        L'audizione del Sottosegretario di Stato agli affari regionali, Gianclaudio Bressa ha avuto inizio con un'illustrazione delle modalità Pag. 14di aggregazione dei comuni adottate in Europa che si sono realizzate sostanzialmente attraverso due modelli, quello delle fusioni e quello delle collaborazioni.
        Al primo modello si riferiscono le esperienze della Germania e della Svezia, mentre in Francia, dopo il fallimento della fusione di comuni obbligatoria, si è proceduto secondo il principio dell'intercomunalità, ossia sulla collaborazione fondata sulla libera volontà dei comuni, e orientata sia alla gestione di servizi, sia alla realizzazione di progetti comuni. In Belgio si è utilizzato un sistema misto: prima con le unioni intercomunali, per poi passare a fusioni vere e proprie.
        In ogni caso, tali processi sono stati accompagnati da studi, da formazione, da incentivi.
        È stato ricordato come i governi italiani succedutisi negli ultimi anni hanno avuto un approccio alla questione prevalentemente rivolto al risparmio per il bilancio pubblico, mentre il Governo in carica ritiene che il riordino istituzionale dei comuni debba essere ispirato anche ad altri principi: al principio di adeguatezza, al principio di proporzionalità, al principio di sussidiarietà, per assicurare efficacia ed efficienza nella prestazione.
        Inoltre, il Sottosegretario ritiene importante che la collaborazione intercomunale, anche in vista della fusione, non sia un principio obbligatorio ma un processo basato sulla volontarietà, desiderabile e attrattivo, anche attraverso opportuni incentivi.
        In questo quadro, la legge n.  56 del 2014 ha rappresentato per il Governo un momento di svolta con cui si è voluto porre mano non solo alla riorganizzazione degli enti territoriali di secondo livello, ma anche al ridisegno delle forme associative e aggregative dei comuni, con la finalità dichiarata di favorirne ulteriormente l'accorpamento o almeno l'esercizio in forma associata delle funzioni.
        Il sottosegretario ha sottolineato poi l'importanza della sentenza n.  50 del 2015 con cui la Corte costituzionale ha affermato che «tali unioni, risolvendosi in forme istituzionali di associazione tra comuni per l'esercizio congiunto di funzioni o servizi di loro competenza e non costituendo, perciò, al di là dell'impropria definizione (sub comma 4 dell'articolo 1), un ente territoriale ulteriore e diverso rispetto all'ente comune, rientrano nell'area di competenza statuale (sub articolo 117, secondo comma, lettera p), e non sono, di conseguenza, attratte nella competenza residuale di cui al quarto comma dell'articolo 117». Il medesimo riconoscimento da parte della Corte costituzionale è richiamato riguardo alle fusioni e alle incorporazioni di comuni.
        Il sottosegretario ha ricordato come il processo avviato dalla legge n.  56 del 2014 veda, oltre ai comuni, altri tre attori: lo Stato, la regione, la città metropolitana o l'ente di area vasta.
        Lo Stato ha il compito di definire il quadro generale di riferimento entro cui muoversi, gli strumenti per garantire il processo di collaborazione, di aggregazione, di unione e di fusione, il procedimento e gli incentivi.
        Alle regioni è attribuito un importante potere di organizzazione dei territori attraverso la definizione degli ambiti territoriali di area vasta, diversi dagli attuali.Pag. 15
        A questi si è aggiunto un nuovo attore, cioè la città metropolitana e l'area vasta, che in base alla legge n.  56 del 2014 possono individuare all'interno del proprio territorio, attraverso il concorso tra tutti i sindaci, aree omogenee ai fini del migliore esercizio delle funzioni loro spettanti e di quelle dei comuni e delle loro unioni in esse ricomprese. In questo senso l'area vasta, in quanto luogo di confronto dei sindaci, dovrà diventare una sorta di «casa dei comuni».
        Il sottosegretario Bressa ha evidenziato come il Governo intenda intervenire affidando ai consigli provinciali o metropolitani l'approvazione e l'aggiornamento annuale di un piano triennale, finalizzato alla individuazione delle unioni e delle fusioni considerate utili alla razionalizzazione dello svolgimento dei compiti propri dei comuni del rispettivo territorio.
        Tale atto deve essere condiviso dall'assemblea dei sindaci, cioè dai sindaci di quel territorio, per avviare il processo di unione o di fusione. La regione deve essere sentita, e se entro tre mesi non rende il parere, il piano può essere adottato. Il procedimento si potrà concludere con un referendum confermativo del piano, che non deve essere indetto con una legge regionale.
        Il procedimento deve essere accompagnato da forme di incentivazione: per esempio i territori dove sono in atto processi di unione o di fusione, dovrebbero avere una sorta di «prelazione», di diritto di priorità, e quote di riserva per tutti i finanziamenti europei, cofinanziamenti, incentivi, sostegni e finanziamenti a fondo perduto.
        Il Sottosegretario all'interno, Giampiero Bocci, ha preliminarmente fornito alla Commissione i dati relativi alle unioni dei comuni aggiornati al mese di dicembre 2015, ricordando, da una parte, come gli incentivi erogati dal Ministero dell'interno nell'anno 2015 per le unioni di comuni siano stati pari a 40,3 milioni di euro. Ha quindi sottolineato come l'elemento che ha condizionato positivamente una evoluzione positiva registrata nell'anno 2014 e, comunque, un processo di maturazione degli ultimi anni è costituito, in primo luogo, dagli incentivi che riguardano il personale previsti dalle diverse leggi di stabilità. Il secondo incentivo che ha dato esiti positivi è stato il patto di stabilità interno: per i comuni istituiti a seguito di fusione, a decorrere dall'anno 2011, per cinque anni successivi a quello della loro istituzione c’è la deroga al patto di stabilità. Poi c’è il cosiddetto patto verticale, riconosciuto dalla legge Delrio, un altro incentivo che sta dando risultati positivi, per il quale viene data facoltà alle regioni di individuare misure di incentivazione nella definizione del patto di stabilità interno verticale per le unioni e per le fusioni.
        Per quanto concerne il rapporto tra lo strumento dell'unione e quello della fusione, ha posto in evidenza come, a differenza di un processo che sancisce la obbligatorietà, il fatto che la fusione sia un processo che parte dal basso, matura dal territorio – a precedere la decisione finale c’è un referendum – è un elemento che dà forza all'istituto, lo fa crescere, e diventa più convincente rispetto a un processo calato dall'alto.
        Ha poi svolto una riflessione sugli elementi di criticità che sono stati riscontrati nella obbligatorietà dell'associazionismo, e quindi dei punti di debolezza delle unioni, che in parte incidono sulla percentuale Pag. 16– inferiore al 30 per cento – delle unioni realizzate a oggi nel Paese. In primo luogo, ha richiamato il «territorio», ovvero l'idea che le unioni siano riservate ai piccoli comuni. Il secondo elemento di criticità sono gli aspetti organizzativi, molto più complessi di quanto fosse immaginabile. Il terzo, di tipo interpretativo, è dato da una serie di norme tra nazionali e regionali e a volte da quelle che non ci sono a livello regionale, che appunto indeboliscono quest'istituto.
        Ha espresso quindi l'auspicio di un superamento del meccanismo dell'obbligatorietà in favore di una maggiore flessibilità che riconosca ai comuni una maggiore autonomia quali effettivi protagonisti del percorso associativo, consentendo agli stessi di decidere tempistica e contenuti dell'associazionismo. Come evidenziato anche dall'ANCI, ha sottolineato l'opportunità di valutare, come criterio, l'istituzione di ambiti omogenei a livello provinciale che coinvolgono anche i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti. Ha ricordato altresì come l'associazionismo obbligatorio abbia posto problematiche sotto il profilo del personale per scarsità delle unità disponibili e per mancanza di adeguata preparazione tecnico-amministrativa, che invece il processo associativo rende più necessaria. Sulle fusioni, invece, c’è proprio un'ottimizzazione del personale.
        Ha poi ricordato come dagli approfondimenti svolti tutti i comuni che hanno dato vita alla fusione hanno ridotto la spesa corrente, mentre hanno aumentato in maniera rilevante la spesa per gli investimenti, con un ciclo virtuoso. Inoltre, ha richiamato l'esigenza di valutare alcune sovrapposizioni di funzioni e servizi, in particolare su due fattispecie: quella della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e quella che attiene all'erogazione dei servizi socio-assistenziali, i cosiddetti ambiti di zona, ATO, in ragione dei differenti bacini di utenza dei territori interessati.
        Nel corso della sua audizione il Sottosegretario per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti, ha evidenziato preliminarmente come la legge n.  56 del 2014, la riforma costituzionale in corso di approvazione e la legge n.  124 del 2015 rappresentino i contenitori normativi che ospitano le norme a cui è affidato il compito di ridefinire l'ordinamento della Repubblica per ogni singolo livello di governo del Paese contenuto nell'articolo 114 della Costituzione.
        Ha quindi sottolineato come l'obiettivo delle gestioni associate e del più ampio processo di riorganizzazione non è soltanto quello di ridurre i costi di erogazione dei servizi, ma è innanzitutto quello di migliorare la qualità dell'azione amministrativa, di svolgere meglio i compiti che la legge assegna ad ogni ente con il conseguente innalzamento della capacità delle amministrazioni di dare risposte ai cittadini. L'obiettivo è capire come rendere più facile e più semplice alle comunità locali la possibilità di godere realmente e fino in fondo dei diritti riconosciuti dalla Costituzione.
        Ha rilevato come le nuove province e le città metropolitane devono diventare sempre di più la «casa dei comuni», in cui ogni ente si sente direttamente rappresentato grazie alla partecipazione degli organi eletti nei comuni stessi. Ha quindi sottolineato come una prima valutazione da svolgere è capire – nell'ottica di dare migliori risposte ai cittadini e alle imprese – quali ulteriori compiti possono essere Pag. 17devoluti dai comuni, dal basso, verso le nuove province e verso le città metropolitane oltre a quelli assegnati già direttamente dalla legge. Tra questi, ad esempio, la funzione della programmazione territoriale collegata a quella dell'urbanistica; la programmazione in materia di attività produttive oppure la rappresentanza negoziale per la contrattazione decentrata o alla gestione delle politiche del personale del distretto. Sarebbe molto utile, a suo avviso, cominciare ad inquadrare gli enti contenuti in un ambito territoriale come enti appartenenti a un distretto ed affidare alla città metropolitana o alla nuova provincia il compito di gestire le risorse umane come se appartenessero a un unico ente, con indubbi effetti positivi in un'ottica di omogeneizzazione delle retribuzioni, di gestione del turnover e dei concorsi per acquisire nuove professionalità, fino alla gestione della stessa mobilità.
        Al contempo, ha rilevato l'opportunità di «spingere» ulteriormente sul tema delle fusioni tra comuni, studiando altri modelli oltre a quelli indicati dalla legge n.  56 del 2014, che da questo punto di vista ha segnato comunque una svolta. Le direzioni da seguire dovrebbero essere quella, da una parte, di non mettere limiti esterni alla possibilità di fare fusioni, come ad esempio il target della popolazione, e lasciare alle singole comunità il compito di analizzare costi e benefici, quindi poi scegliere.
        Dall'altra parte, occorrerebbe creare un sistema ordinario di incentivi e premi nei confronti dei comuni che si fondono. Quindi, non si tratta di prevedere solo incentivi economici, che restano indispensabili – come dimostrano i risultati che sono stati raggiunti in alcune regioni che hanno investito sul tema – ma di individuare delle premialità fisse nell'ordinamento che riconoscono un vantaggio agli enti che sono fusi e uno svantaggio agli enti che non lo sono, quali la partecipazione a bandi per accedere a dei finanziamenti; criteri di riparto dei fondi nazionali o regole che riguardano la gestione del personale, che possono essere diversificate da ente a ente. Occorre cominciare a pensare a una diversità da territorio a territorio, ossia le famose geometrie variabili.
        Accanto a tali direzioni, il Sottosegretario ha rilevato come l'istituzione delle unioni dei comuni possa svolgere ancora un ruolo importante, soprattutto nelle aree vaste molto ampie, che hanno al proprio interno zone omogenee; possono anche essere forme transitorie per giungere più facilmente e in modo ordinato e più consapevole alla fusione dei comuni. L'importante è che ogni intervento normativo in tema di unioni tenga conto della realtà effettiva delle situazioni.
        Il Sottosegretario ha poi posto l'attenzione sul personale impiegato negli enti che sono oggetto di gestioni associate nelle varie forme: chi gestisce questa organizzazione e questi processi deve avere la capacità di farlo e deve disporre di norme regolamentari interne sostitutive di quelle esistenti. Non si può pensare di cambiare un modello organizzativo e lasciare nei singoli enti gli stessi uffici e gli stessi responsabili che c'erano prima. Occorre passare da soggetti tecnici, che sono esperti di settore o conoscono soltanto un pezzo del processo decisionale, a veri e propri manager del territorio. Va quindi valutato come modificare le regole che riguardano il personale rispetto Pag. 18all'obiettivo più ampio che è stato assegnato all'ente. Le spese del personale diventano, infatti, una modalità per raggiungere il macro-obiettivo e non un vincolo interno.
        Il Sottosegretario ha evidenziato come questa riorganizzazione del sistema pubblico possa avvenire soltanto se tutte le istituzioni coinvolte lavoreranno dal basso per la realizzazione di veri e propri piani industriali territoriali, in cui raccogliere le esigenze e le risposte che il sistema pubblico è in grado di dare o direttamente o come soggetto regolatore. Ciò consentirebbe di valorizzare l'articolo 118 della Costituzione nella consapevolezza che tutta la Repubblica è chiamata a uno sforzo complessivo, abbandonando così un sistema delle competenze rigide – su cui è stato costruito l'assetto normativo che ha fatto seguito alla modifica del Titolo V – ed intervenendo di più sull'obiettivo finale. Ha ricordato, in proposito, come il potere sostitutivo, inserito nella legislazione sia dal decreto-legge n.  90 del 2014 sia dalla legge n.  124 del 2015, il principio di supremazia, contenuto nella riforma costituzionale, e il principio del silenzio/assenso, contenuto nella riforma della conferenza dei servizi con riguardo a tutte le amministrazioni, vanno in questa direzione, ovvero fare in modo che la competenza del singolo ente non possa più essere un freno all'esercizio dei diritti.

3. Le modifiche normative sulla materia intervenute nel 2016.

        Con la legge di stabilità 2016 (la legge n.  208 del 2015), sono state introdotte alcune disposizioni volte ad incentivare le unioni e fusioni di comuni, sia di tipo finanziario, sia relative alle risorse del personale.
        In particolare, con l'articolo 1, comma 17, lettera b), nell'ambito della dotazione del Fondo di solidarietà comunale, ridefinita in conseguenza delle misure compensative del minor gettito IMU e TASI previsto dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione, viene consolidata la destinazione di risorse in favore delle unioni e delle fusioni di comuni, già prevista limitatamente al triennio 2014-2016 (legge n.  228 del 2012, articolo 1, comma 380-ter) nell'importo di 60 milioni. Con la sostituzione dell'ultimo periodo del comma 380-ter, si conferma a regime la destinazione di 30 milioni di euro (in precedenza limitata al triennio 2014-2016) ad incremento del contributo spettante alle unioni di comuni (previsto ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge n.  388 del 2000) e di 30 milioni di euro ai comuni istituiti a seguito di fusione, ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95 (il cosiddetto decreto spending review).
        Il comma 18 è poi volto ad aumentare il contributo straordinario previsto dal citato articolo 20 del decreto-legge n.  95 del 2012 per i comuni che danno luogo alla fusione. L'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo n.  267 del 2000 recante testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) ha infatti previsto, per favorire le fusioni, l'erogazione di contributi statali, ulteriori rispetto a quelli regionali. Tali contributi statali, definiti straordinari, hanno durata decennale e sono commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono.Pag. 19
        In base alla disposizione di cui al citato articolo 20 del decreto-legge n.  95 del 2012 – come successivamente modificata dall'articolo 23, comma 1, lettera f-ter) del decreto-legge n.  90 del 2014 – a partire dall'anno 2013, il suddetto contributo riconosciuto ai comuni che danno luogo alla fusione o alla fusione per incorporazione è commisurato al 20 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010, nel limite degli stanziamenti finanziari previsti a tale scopo, in misura comunque non superiore a 1,5 milioni di euro.
        Aggiungendo un comma 1-bis all'articolo 20 citato, il comma 18 dispone che a decorrere dal 2016 il contributo in questione sia commisurato al 40 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per il 2010 (in luogo del precedente 20 per cento), innalzando inoltre a 2 milioni il sopradetto limite massimo per ciascun beneficiario.
        Le modalità di riparto del contributo sono definite con un decreto del Ministro dell'interno, chiamato a stabilire alcuni specifici criteri di riparto dei contributi nei casi in cui il fabbisogno ecceda – ovvero risulti inferiore – rispetto alle disponibilità finanziarie. In particolare, in caso di fabbisogno eccedente la norma dispone che venga data priorità alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianità; le eventuali disponibilità eccedenti rispetto al fabbisogno verranno invece ripartite tra gli enti beneficiari in base alla popolazione e al numero dei comuni originari.
        Attualmente le modalità e i termini per il riparto dei contributi spettanti, a decorrere dall'anno 2013, ai comuni scaturenti da procedure di fusione, realizzate negli anni 2012 e successivi ai sensi dell'articolo 20, comma 1, del citato decreto-legge n.  95 del 2012, sono contenute nel decreto ministeriale 10 ottobre 2012.
        Il comma 229, in deroga alla normativa generale in materia di turn over, autorizza dal 2016 i comuni istituiti dal 2011 per effetto di fusioni, nonché le unioni di comuni, ad assumere personale a tempo indeterminato nel limite del 100 per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell'anno precedente. Sono fatti salvi i vincoli generali sulla spesa del personale.
        L'articolo 7 del decreto-legge 24 giugno 2016, n.  113 (decreto enti locali), convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2016, n.  160, è volto ad attenuare le sanzioni previste a carico degli enti locali che non hanno rispettato il Patto di stabilità interno per il 2015. Tale articolo incide sulla sanzione consistente nella riduzione delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio, che viene disapplicata nei confronti delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna che non hanno rispettato il Patto suddetto, ridotta nei confronti dei comuni che non hanno rispettato il Patto medesimo e del tutto esclusa nei confronti dei comuni estinti a seguito di fusione, ferme restando le rimanenti sanzioni.
        Infine, il comma 1-quinquies dell'articolo 16 del medesimo decreto-legge n.  113 del 2016 (modificando la lettera a) dell'articolo 1, comma 450, della legge n.  190 del 2014), interviene sui vincoli stabiliti dalla normativa vigente per le assunzioni con contratti a tempo determinato nei comuni istituiti a seguito di fusioni, nei primi cinque anni dalla fusione. In particolare, viene soppressa la condizione che, ai fini della disapplicazione – per i richiamati comuni – Pag. 20dei vincoli stabiliti dalla normativa vigente per le assunzioni con contratti a tempo determinato (fermo restando il limite della spesa complessiva per il personale sostenuta dai singoli enti nell'anno precedente la fusione, ed i vincoli generali sull'equilibrio dei bilanci) richiede che il rapporto della spesa personale sulla spesa corrente sia inferiore al 30 per cento.

4.  La giurisprudenza della Corte costituzionale sulla competenza legislativa in materia di gestione in forma associata delle funzioni comunali.

        Riguardo alla materia delle forme associative dei comuni, è di particolare utilità richiamare in questa sede le principali linee evolutive della giurisprudenza costituzionale. La Corte costituzionale ha, in una prima fase, ritenuto illegittime le disposizioni ordinamentali dettate dal legislatore statale, ritenendo la materia riconducibile alla competenza legislativa residuale regionale. In tale ambito, la Corte, intervenendo con riferimento alla forma associativa delle comunità montane, ha evidenziato come il richiamo alla competenza statale di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, sia in proposito inconferente, giacché le stesse non sono contemplate dall'articolo 114 della Costituzione.
        In una seconda fase (sentenze n.  22 e n.  44 del 2014) la Corte costituzionale, pur mantenendo immutato il titolo competenziale di riferimento, ha ritenuto ammissibile un intervento del legislatore statale in forza della competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, legittimando anche interventi dalla chiara natura ordinamentale, tra cui quelli volti ad individuare nel dettaglio gli organi dell'unione e le modalità della loro costituzione. La Corte ha, in particolare, ritenuto che, di fronte a disposizioni orientate finalisticamente al contenimento della spesa pubblica, poste in un provvedimento di riesame delle condizioni di spesa e con contenuto armonico rispetto all'impianto complessivo della rimodulazione delle unioni dei comuni, operi il titolo legittimante della competenza in materia di «coordinamento della finanza pubblica» esercitata dallo Stato attraverso previsioni che si configurano come principi fondamentali e che non si esauriscono in una disciplina di mero dettaglio.
        Recentemente, con la sentenza n.  50 del 2015, l'orientamento della Corte costituzionale ha subito un'ulteriore evoluzione, con riguardo alle disposizioni in materia di gestione in forma associata recate dalla legge n.  56 del 2014, legge che ha riformato il «sistema della geografia istituzionale della Repubblica, in vista di una semplificazione dell'ordinamento degli enti territoriali». La Corte ha evidenziato che le unioni di comuni – risolvendosi in forme istituzionali di associazione tra Comuni per l'esercizio congiunto di funzioni o servizi di loro competenza e non costituendo, perciò, un ente territoriale ulteriore e diverso rispetto all'ente Comune – rientrano nell'area di competenza statuale di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera p). Pag. 21
        Per altro verso, la Corte ha evidenziato come tali disposizioni riflettono anche principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, non suscettibili, per tal profilo, di violare le prerogative degli enti locali (ex plurimis, sentenze n.  44 e n.  22 del 2014, n.  151 del 2012, n.  237 del 2009).
        Allo stesso modo la Corte ha ritenuto che le disposizioni (comma 130 dell'articolo 1 della legge n.  56 del 2014) relative alla fusione di Comuni di competenza regionale non hanno ad oggetto l'istituzione di un nuovo ente territoriale (che sarebbe senza dubbio di competenza regionale) bensì l'incorporazione in un Comune esistente di un altro Comune, e cioè una vicenda (per un verso aggregativa e, per altro verso, estintiva) relativa, comunque, all'ente territoriale Comune, e come tale, quindi, ricompresa nella competenza statale nella materia «ordinamento degli enti locali», di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione. In tale sede, la Corte ha rilevato che l'estinzione di un Comune e la sua incorporazione in un altro Comune incidono sia sull'ordinamento del primo che del secondo, oltre che sulle funzioni fondamentali e sulla legislazione elettorale applicabile.
        Infine, riguardo al procedimento di fusione per incorporazione di più Comuni, definito dal comma 130 dell'articolo 1 della legge n.  56 del 2014, che demanda la disciplina del referendum consultivo comunale delle popolazioni interessate (quale passaggio indefettibile del procedimento di fusione per incorporazione) alle specifiche legislazioni regionali, la Corte costituzionale rimette alle singole Regioni l'adeguamento delle stesse rispettive legislazioni, onde consentire l'effettiva attivazione della nuova procedura, sul presupposto che le disposizioni – di carattere evidentemente generale (e che rimandano, in ogni caso, alle discipline regionali) – contenute nella legge n.  56 del 2014 non siano, di per sé, esaustive. La Corte costituzionale ha così rilevato che non risulta in tal modo scalfita l'autonomia statutaria spettante in materia a ciascuna Regione.

5.  Il referendum regionale per la fusione dei comuni, ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione: quorum ed esito.

        In base all'articolo 133, primo comma, della Costituzione la Regione, «sentite le popolazioni interessate», può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.
        Le leggi regionali disciplinano quindi sia il procedimento legislativo per l'istituzione di nuovi comuni, sia le modalità di esercizio del referendum consultivo per le popolazioni interessate dall'istituzione di nuovi comuni per fusione, incorporazione, distacco di una porzione di territorio.
        Per quanto concerne il quorum di partecipazione, esso è previsto da otto regioni: Basilicata, Liguria, Molise, Sardegna, Sicilia, Umbria e Valle d'Aosta stabiliscono che il referendum è valido solo se i votanti sono la maggioranza degli aventi diritto. La regione Trentino-Alto Adige stabilisce un quorum più basso: il referendum è valido se partecipa almeno il 40 per cento degli aventi diritto, tra i quali non Pag. 22sono computati i cittadini residenti all'estero. Nelle restanti regioni, invece, il referendum è comunque valido qualunque sia la percentuale di votanti sugli aventi diritto.
        In tutte le regioni la proposta sottoposta a referendum è approvata se ottiene la maggioranza dei voti validi; fa eccezione la regione Basilicata, in cui è richiesta la maggioranza assoluta dei votanti.
        Per quanto riguarda l'esito del referendum la maggioranza delle leggi regionali stabiliscono che a seguito dell'esito favorevole alla proposta di istituzione del nuovo comune (o delle altre modifiche territoriali) ha inizio il procedimento legislativo mediante la presentazione di una proposta di legge al Consiglio regionale (da parte del Presidente della Regione o della Giunta regionale).
        Alcune regioni – Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Liguria – stabiliscono un termine ordinatorio (sessanta giorni) entro cui deve essere presentata la proposta di legge. La regione Campania prevede la procedura d'urgenza per l'inizio della procedura legislativa. La normativa delle regioni Calabria e Puglia si limita a prevedere che la proposta di legge venga esaminata dal Consiglio regionale, previo parere (nella sola regione Puglia) della Commissione consiliare competente.
        Nelle regioni Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia e Toscana, invece, l'esito favorevole del referendum si inserisce nel procedimento legislativo già avviato e sospeso in attesa dell'esito referendario: così il Consiglio regionale dovrà deliberare definitivamente entro 60 giorni in Emilia Romagna e Lazio ed entro quarantacinque giorni in Lombardia; nella regione Toscana, infine, nel caso in cui il Consiglio regionale non deliberi a seguito del risultato favorevole del referendum, sono fatti salvi gli effetti del referendum già svolto e la proposta di legge è riassunta di diritto nella legislatura successiva e assegnata alla commissione competente entro trenta giorni dalla data di insediamento del nuovo Consiglio regionale.
        Nella maggioranza delle leggi regionali, inoltre, l'esito del referendum sulle modifiche territoriali è considerato in riferimento al totale della popolazione interessata.
        In riferimento all'esito del referendum su alcune tipologie di modifiche territoriali quali la modifica delle circoscrizioni comunali e la istituzione di un nuovo comune a seguito di distacco di una frazione o porzione di territorio, nella normativa delle regioni Campania, Emilia Romagna, Lazio e Friuli-Venezia Giulia viene specificato che i risultati devono essere considerati distintamente per ciascuna porzione di territorio interessato e in alcuni casi viene specificato che il quesito si considera approvato se i cittadini interessati si sono espressi favorevolmente in tutte le porzioni di territorio interessate (Emilia Romagna e Sicilia).
        Solo alcune leggi regionali, quali in particolare quelle delle regioni Liguria, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia contengono norme specifiche sull'esito del referendum sulla istituzione di un nuovo comune a seguito di fusione. Le norme regionali stabiliscono che il quesito oggetto della consultazione referendaria è accolto:Pag. 23
            quando in ciascuno dei comuni interessati abbia partecipato almeno il 30 per cento degli aventi diritto al voto e la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi in ciascuno degli stessi sia a favore della proposta (regione Liguria);
            in caso di conseguimento, in ogni comune interessato, della maggioranza dei voti validi favorevolmente espressi (Lombardia).

        La legge della regione Friuli-Venezia Giulia, infine, richiede esplicitamente la maggioranza dei voti a favore del quesito referendario, solo nel comune in cui il Consiglio comunale abbia espresso parere contrario all'iniziativa. Nella maggioranza delle leggi regionali non ci sono disposizioni sulle conseguenze all'esito contrario della proposta referendaria. Solo le regioni Basilicata e Molise stabiliscono un divieto di svolgere il referendum sullo stesso quesito per un periodo di tempo rispettivamente di 5 e 3 anni; mentre nella regione Trentino-Alto Adige è prevista l'adozione di una deliberazione formale di rigetto da parte del Consiglio regionale. Le regioni Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Umbria, invece, stabiliscono esplicitamente che l'esito contrario non preclude la facoltà di presentare comunque una proposta di legge nel senso della proposta bocciata al referendum.
        In allegato è riportata una selezione delle suddette leggi regionali con particolare riguardo alle norme che stabiliscono o meno un quorum di partecipazione al voto da parte degli aventi diritto e alla disciplina della relazione tra l'esito del referendum e il procedimento legislativo (vedi allegato n.  4).

6.  La legislazione regionale in materia di gestione in forma associata delle funzioni comunali.

        Giova altresì ricordare che alla legge regionale (vedi allegato n. 5) spetta l'individuazione, previa concertazione con i comuni, della dimensione territoriale ottimale per la gestione associata nonché la definizione e l'introduzione di forme di incentivazione della gestione in forma associata delle funzioni comunali.
        Al contempo, nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano la gestione associata delle funzioni comunali è stata variamente disciplinata in base alla competenza primaria alle stesse attribuita in materia di ordinamento degli enti locali.

7. La Relazione della Corte dei Conti del 22 febbraio 2016.

        Giova ricordare come nell'ultima Relazione della Corte dei Conti – Sezione autonomie (22 febbraio 2016 – Doc XLVI, n.  5) su «La gestione finanziaria degli enti locali» si evidenzia come:
            maggiore è il numero delle funzioni e dei servizi effettivamente associati, minore è il rischio che le unioni di comuni si risolvano in una diseconomica e poco efficiente duplicazione di gestioni;Pag. 24
            con riguardo alle spese correnti sotto il profilo degli impegni, per il campione di unioni di comuni selezionato dalla Corte dei conti, si è registrato un incremento della spesa corrente nel 2014, rispetto al 2013, pari a 40,4 milioni di euro (+9 per cento), mentre per i singoli comuni che appartengono alle unioni del campione si è registrato un decremento della spesa corrente di 76,6 milioni di euro (rispetto al 2013: –3 per cento);
            la distinzione dei comuni appartenenti alle unioni in base alla popolazione consente di evidenziare che quelli con meno di 5.000 abitanti hanno ridotto gli impegni correnti del 1,3 per cento, mentre quelli con più di 5.000 abitanti registrano una riduzione di circa il 4 per cento. Tale andamento, seppur nei limiti dei dati disponibili da parte della Corte e utilizzabili per l'analisi, sembra evidenziare quel risparmio tendenziale avuto di mira dal legislatore. Da un lato, infatti, si riscontra un aumento della spesa corrente delle unioni correlato all'incremento delle funzioni fondamentali che vengono associate; dall'altro i comuni associati diminuiscono la loro spesa corrente complessiva, poiché, delegando le funzioni, riducono, fino ad azzerarli, i correlati impegni correnti. Tuttavia, l'azzeramento della spesa per le funzioni associate imposto dalla legge (articolo 14, comma 29, del decreto-legge n.  78 del 2010) non si è verificato per tutti i comuni interessati: tale circostanza non ha consentito una riduzione complessiva degli impegni di maggior consistenza;
            emerge un incremento di spesa corrente delle unioni di comuni nel biennio 2013-2014 che riguarda, in particolare, le funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, quelle relative alla istruzione pubblica, al settore sociale, al settore sportivo/ricreativo e alla cultura e ai beni culturali. In contrazione risulta, invece, la spesa per le funzioni di polizia locale, nel campo dello sviluppo economico e nei servizi produttivi. Parallelamente, i comuni associati in unioni fanno registrare una lieve riduzione della spesa corrente totale: in particolar modo i comuni con meno di 5.000 abitanti, destinatari dell'obbligo giuridico di gestire in forma associata le funzioni fondamentali, evidenziano riduzioni di spesa solo per alcune funzioni (giustizia e cultura), sebbene l'esercizio associato comporti obbligatoriamente l'azzeramento della gestione di tali funzioni da parte dei singoli comuni associati.

        Nel dettaglio, infatti, solo alcuni comuni del campione utilizzato dalla Corte dei conti nella propria analisi risultano aver realizzato una spesa pari a zero, in termini di impegni in conto competenza, per alcune funzioni. In particolare, le funzioni maggiormente delegate, per l'esercizio 2014, sono: la funzione di polizia locale per il 19 per cento dei comuni esaminati, la funzione nel campo dello sviluppo economico per il 34 per cento, nel campo turistico per il 47 per cento, le funzioni relative a servizi produttivi per il 63 per cento e le funzioni relative alla cultura ed ai beni culturali per il 74 per cento. Le altre funzioni, in particolare quelle relative all'istruzione pubblica, alla amministrazione di gestione e di controllo, alla viabilità e dei trasporti, al settore sociale, nonché le funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente, risultano avere importi valorizzati e sembra, quindi, che Pag. 25ne perduri la gestione anche da parte dei singoli comuni associati nelle unioni.
        Nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome la gestione obbligatoria delle funzioni attraverso le Unioni di comuni è stata variamente disciplinata secondo la competenza primaria ad esse attribuita in materia di ordinamento degli enti locali, in qualche caso stabilendo termini diversi per il definitivo completamento del processo da quello previsto dal legislatore statale (normativamente fissato al 31 dicembre 2014 dalla citata legge n.  56 del 2014 e poi ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2015 dal decreto-legge n.  192 del 2014 e al 31 dicembre 2016 dal decreto-legge n.  210 del 2015).
        La Regione Friuli-Venezia Giulia, con legge regionale n.  26 del 2014, ha previsto l'istituzione su tutto il territorio regionale di Unioni di comuni, denominate «Unioni territoriali intercomunali (UTI)», attraverso un procedimento che vede coinvolti tutti i 216 Comuni e il cui termine di operatività obbligatoria, già fissato al 31 dicembre 2015, è stato differito di 120 giorni. Analogamente, nella Provincia autonoma di Trento, dove sono state costituite le sole due Unioni di comuni della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol (entrambe per scelta volontaria e non per obbligo di legge), si è stabilito che tutte le gestioni associate obbligatorie devono essere avviate entro il 1o gennaio 2017. In altri casi non è stato previsto l'obbligo di costituzione: le 36 Unioni di comuni della Sardegna si sono tutte costituite a seguito di autonoma decisione degli enti interessati; per quanto riguarda la Provincia autonoma di Bolzano, è previsto soltanto l'obbligo di stipulare convenzioni tra comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti per la gestione congiunta di servizi in almeno due settori. La Regione Valle d'Aosta ha introdotto la nuova disciplina dell'esercizio associato di funzioni e servizi comunali con la legge regionale 5 agosto 2014, n.  6, abolendo le Comunità montane ed istituendo le otto «Unités des Communes valdotaines» (nelle quali si sono associati tutti i comuni valdostani tranne Aosta) per l'esercizio obbligatorio delle funzioni indicate nell'articolo 16 della stessa legge.

8. Conclusioni.

I principali elementi emersi nel corso dell'indagine conoscitiva.

        Come ricordato, il processo di fusione di due o più comuni contigui è disciplinato dagli articoli 15 e 16 del citato Testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo n.  267 del 2000. Tali disposizioni fanno riferimento agli articoli 117 e 133 della Costituzione e dispongono che spetta esclusivamente alle Regioni modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni e istituirne di nuovi mediante fusione. L'obbligo per il legislatore regionale è quello, previsto dal primo comma dell'articolo 133 della Costituzione, di «sentire le popolazioni interessate» al processo di modifica territoriale mediante lo strumento del referendum consultivo. La fusione fra comuni continua ad essere un'opportunità per le amministrazioni per ottimizzare i costi e garantire un'offerta di servizi omogenea e qualificata ai cittadini. Pag. 26
        Dalle audizioni è emerso con chiarezza che le recenti modifiche normative dell'assetto territoriale del Paese (dalla trasformazione delle Province in enti di secondo livello con la legge n.  56 del 2014, alla legge delega n.  124 del 2015 sulla riforma della pubblica amministrazione e alla riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, che sarà sottoposta al referendum previsto dall'articolo 138 della Costituzione), rafforzano la centralità che il livello di governo comunale assume all'interno del nostro ordinamento. Il comune, oltre ad essere il primo livello di governo eletto che incontrano i cittadini e le imprese, è quello chiamato a svolgere funzioni e ad erogare servizi essenziali per la vita della comunità e del suo sviluppo. Ne consegue che l'efficiente/inefficiente organizzazione della «macchina comunale» si riflette sul territorio di riferimento, sulla qualità della vita delle persone e – in più ampia scala – sulla capacità produttiva dell'intero Paese. La stessa Autorità garante della concorrenza e del mercato ha evidenziato come il pluralismo istituzionale esasperato e la mancanza di raccordo tra i diversi enti costituiscano un ostacolo alla programmazione ad esempio delle infrastrutture e al funzionamento del mercato. Da questa premessa deriva l'opportunità se non la necessità di rafforzare la capacità delle amministrazioni comunali nel gestire la complessità amministrativa e gestionale, promuovendo processi di gestione associata delle funzioni comunali o di fusioni tra comuni.
        L'esperienza di razionalizzazione nella gestione associata delle funzioni comunali avviata con il decreto-legge n.  78 del 2010 e rafforzata con l'approvazione della legge n.  56 del 2014, pur non avendo raggiunto l'obiettivo prefissato di organizzare in unione tutti i 5.585 comuni inferiori o uguali a 5000 abitanti, è da valutare positivamente per il processo di riordino istituzionale che ha avviato. Va infatti considerato che l'esperienza delle unioni fino al 2009 riguardava pochissimi comuni in Italia; al 4 ottobre 2016, conta invece l'istituzione di 536 unioni di comuni relative a 3.105 comuni, di cui 1.004 comuni con popolazione inferiore ai 1000 abitanti. Un dato significativo che ha comportato, se affrontiamo il tema della riduzione dei costi su scala nazionale e in una prospettiva diacronica, miglioramenti sul fronte della efficienza nella erogazione dei servizi e delle economie di spesa, anche se in diversi casi è ancora evidente l'adesione all'obbligo normativo in termini formali con una moltiplicazione degli uffici anziché con una sostanziale razionalizzazione degli stessi per una reale gestione associata delle funzioni.
        Nel quadro di riepilogo sottostante sono riportati i più rilevanti dati relativi alle unioni e alle fusioni di comuni.

Da 8100 comuni al 1o gennaio 2009 si è passati a 7.998 comuni alla data del 4 ottobre 2016 a seguito di fusioni.
Dei 7.998 comuni, 5.585 hanno una popolazione inferiore o uguale a 5000 abitanti. Di questi ultimi, 1.960 comuni sono inferiori o uguali ai 1.000 abitanti e 3.625 comuni con popolazione tra 1.000 e 5.000 abitanti.Pag. 27
Alla data del 4 ottobre 2016 risultano istituite 536 Unioni che coinvolgono 3.105 comuni su 7.998.
Delle 536 unioni, 296 (relative a un totale di 1976 comuni) comprendono 1.004 comuni con popolazione inferiore a 1000 abitanti per un totale di 3.722.694 abitanti e 59.591 kmq.
I 3.105 comuni che hanno deciso di organizzarsi in unioni di comuni coinvolgono una popolazione di 11.926.815 su un totale di 60.665.551 abitanti (dati Istat al 1/1/2016) e interessano una superficie di 111.042 Kmq su 302.073 Kmq totali.
Negli ultimi tre anni sono nati 60 nuovi comuni per fusione con la conseguente soppressione di 149 comuni.
Di questi 60 nuovi comuni:
24 sono nati nel 2014 con la soppressione di 57 comuni;
7 sono nati nel 2015 con la soppressione di 17 comuni;
29 sono nati nel 2016, di cui due per incorporazione, per un totale di 75 comuni soppressi.
2 fusioni già approvate con legge regionale dalla Toscana prevedono la nascita di 2 nuovi comuni (Abetone Cutigliano e San Marcello Piteglio) a partire dal 2017 a seguito della soppressione di 4 comuni.
Una fusione è stata approvata con referendum positivo il 25 maggio 2014 e l'esito è stato proclamato formalmente dalla regione Abruzzo, ma non è ancora stata emanata la legge regionale di istituzione del nuovo comune. La fusione prevede la nascita di un nuovo comune (Nuova Pescara, 194.118 abitanti) e la soppressione di 3 comuni.

Aspetti problematici.

        Nel corso dell'indagine sono emerse una serie di criticità sulle quali sarebbe opportuno intervenire per migliorare la disciplina attualmente vigente, in particolare in relazione ai seguenti aspetti:
            questione dell'obbligatorietà o volontarietà della gestione associata di funzioni attraverso unione dei comuni. Si tratta di realizzare il corretto bilanciamento tra i principi di obbligatorietà e volontarietà nella disciplina delle unioni. In forza del primo principio il processo di razionalizzazione della gestione associata delle funzioni è stato avviato, superando le resistenze degli enti interessati che sono stati indotti altresì a una riflessione sulla necessità di mettere in sinergia risorse umane e finanziarie. Il secondo garantisce che i processi di cui si discute siano attivati dal basso (in una logica bottom up e non top down) e siano maggiormente rispondenti alle plurali esigenze dei territori ma con il rischio che si blocchi il processo se non adeguatamente motivato e sostenuto;
            esigenza di individuare e ampliare i criteri per definire l'ambito territoriale ottimale attraverso l'integrazione del criterio demografico quale principio cardine della unione/fusione, tenendo altresì conto dei collegamenti infrastrutturali e trasportistici di vallata, degli ambiti distrettuali di collaborazione già esistenti – quali ad esempio su politiche Pag. 28socio-sanitarie o scolastiche, oltre a quelli di gestione dei servizi pubblici d'ambito – nonché delle caratteristiche morfologiche del territorio o dei bacini produttivi e di lavoro comuni;
            necessità di semplificare il sistema normativo e garantire la stabilità delle norme. Si tratta di razionalizzare le procedure attualmente previste per unioni e fusioni, che devono essere semplificate, anche al fine di favorirne l'utilizzo, unitamente alla necessità che gli incentivi ordinamentali ed economici attualmente associati a dette procedure siano stabili nel tempo e non vengano meno in corso d'opera; vi è inoltre la necessità di semplificare i vincoli normativi, finanziari e gestionali esistenti, a partire da quelli in materia di personale e di bilancio e di valutare gli effetti dell'introduzione delle normative sul pareggio di bilancio, in particolare per gli investimenti;
            necessità di chiarire i ruoli di regia e governance del processo di unione e fusione tra i tre attori coinvolti: Stato, Regioni, Città metropolitana e provincia o in futuro Area vasta attraverso l'attenta definizione del compito delle Regioni nell'ambito dei processi in esame, alla luce sia del diverso grado di protagonismo che queste ultime hanno assunto negli anni in materia di riordino istituzionale, sia della sentenza n.  50 del 2015 della Corte costituzionale che ha collocato la materia della unione di comuni fra le competenze legislative esclusive dello Stato;
            necessità di sostenere e accompagnare il processo decisionale ed attuativo delle unioni e delle fusioni dei comuni, investendo sulle competenze tecniche necessarie per dare attuazione alle medesime unioni e fusioni.

Possibili soluzioni e prospettive

        Alla luce di quanto emerso nel corso dell'indagine conoscitiva nonché degli aspetti problematici rilevati nel paragrafo precedente, nel ribadire la centralità degli enti locali nell'ordinamento istituzionale nazionale, anche a seguito della recente riforma costituzionale sottoposta a referendum confermativo, quali soggetti direttamente eletti dai cittadini, erogatori di servizi e funzioni primarie per la vita di cittadini e imprese, e importanti motori di sviluppo locale, si prospettano le seguenti possibili soluzioni e prospettive:
            1) è necessario realizzare una buona governance per favorire lo sviluppo locale senza la creazione di frammentazioni e sovrapposizioni. È necessario definire i diversi ruoli di regia ed impulso nei processi di fusione ed unione dei comuni. Alla luce della sentenza della Corte costituzionale n.  50 del 2015 e della riforma costituzionale sottoposta a referendum confermativo, che stabiliscono che il compito di legiferare in materia di riordino istituzionale degli enti locali e delle loro forme associative è di competenza esclusiva dello Stato, nondimeno si ritiene opportuno garantire un coinvolgimento dal basso degli amministratori locali nella programmazione e pianificazione delle fusioni e delle unioni nell'ambito della città metropolitana e futura area vasta e chiarire il ruolo delle regioni in considerazione della possibilità di queste ultime di Pag. 29attribuire funzioni aggiuntive, di prevedere incentivi economici propri e riconoscere particolari agevolazioni in fase di definizione del patto verticale.
            2) va ribadita la necessità che i comuni si organizzino per gestire funzioni e servizi secondo standard predefiniti mettendo in comune risorse umane e finanziarie in ottemperanza al principio di uguaglianza tra cittadini e ai principi di adeguatezza, di proporzionalità, di sussidiarietà, di efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, a prescindere dal criterio demografico, e tenendo conto degli ambiti ottimali di collaborazione politica già eventualmente definiti (vedi i già richiamati distretti socio sanitari, collegamenti di vallata, infrastrutture, collegamenti per servizi o lavoro). Andrà valutato se tutti i comuni debbano organizzarsi in unioni ad eccezione, eventualmente, dei comuni capoluogo di provincia ovvero possano organizzarsi secondo una combinazione di modelli organizzativi più flessibili alle esigenze territoriali a condizione che raggiungano standard predefiniti minimi sul territorio nazionale nell'erogazione di servizi e funzioni. Va prestata particolare attenzione alla definizione di modalità di governance capaci di garantire governabilità all'interno delle costituende unioni di comuni. Per agevolare il funzionamento delle gestioni associate di funzioni, bisogna prevedere specifiche misure di semplificazione e di flessibilità di carattere organizzativo soprattutto in materia di gestione del personale;
            3) devono essere favorite le fusioni tra comuni con norme ordinamentali e finanziarie di favore, facendo attenzione a non indurre o incentivare fusioni «innaturali» ovvero finalizzate a superare le difficoltà economiche e di gestione del personale, ma non realmente rispondenti alle esigenze di mobilità e organizzazione dei servizi ai cittadini. Va prestata particolare attenzione normativa al fenomeno emergente delle fusioni per incorporazione, previsto dall'articolo 1, comma 130, della legge n.  56 del 2014, prestando attenzione anche a tutelare adeguatamente la rappresentanza delle comunità locali nel rispetto delle singole identità delle comunità locali di cui i comuni originali sono espressione;
            4) dopo la cancellazione della TASI (Tributo sui servizi indivisibili) sulla prima casa, misura positiva per i cittadini, è importante ripensare a come restituire ai comuni autonomia fiscale, in modo da collegare l'elezione diretta dei sindaci e la conseguente responsabilità politica sull'attuazione del programma di mandato per obiettivi e risultati, alla possibilità e capacità di programmare e usare correttamente risorse finanziarie ed umane. Occorre inoltre definire indicatori di valutazione utili a misurare la qualità, la quantità e l'efficacia della gestione associata al fine di ripartite gli incentivi economici non a pioggia ma in modo differenziato alle Unioni che rispondono ad obiettivi reali di razionalizzazione e semplificazione dell'azione amministrativa nonché del grado reale di gestione associata raggiunto. La ripartizione degli incentivi economici sulla base di un giudizio sulla qualità dell'Unione attraverso indicatori misurabili intende costituire una leva ulteriore per motivare i comuni verso una adesione sostanziale e non formale agli obiettivi di razionalizzazione ed efficientamento degli uffici pubblici;
            5) è necessario riordinare la normativa di settore in una logica di semplificazione, coordinamento e stabilità delle norme di riferimento Pag. 30anche attraverso la compilazione di un nuovo testo unico degli enti locali e la definizione di norme quadro nazionali che chiariscano ruolo e funzioni dei diversi soggetti istituzionali e livelli di coordinamento amministrativo previsti nel Testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo n.  267 del 2000, nella legge n.  56 del 2014 nonché di quanto previsto dalla riforma costituzionale, qualora confermata dal referendum popolare, che abroga le province come enti di rilievo costituzionale ed introduce le aree vaste. Gli amministratori che avviano processi decisionali di fusione tra comuni contermini, impegnati anche a superare resistenze identitarie, devono poter fare particolare affidamento sulla semplificazione e sulla razionalizzazione dei vincoli gestionali e finanziari esistenti, sulla chiarezza e stabilità delle norme, sulla base delle quali si fanno considerazioni di carattere finanziario ed ordinamentale e si chiamano i cittadini ad esprimersi per il superamento dei confini comunali al fine di investire sul futuro della comunità alla luce anche dei vantaggi organizzativi ed economici che si ritiene di poter acquisire nel medio-lungo periodo dal processo di fusione. Occorre valutare l'opportunità che lo Stato e le regioni promuovano percorsi di formazione e supporto anche tecnico giuridico a favore di amministratori e funzionari al fine di accompagnare processi decisionali consapevoli sulla base anche di studi di fattibilità economico-gestionali. Bisogna prevedere un maggior coinvolgimento dei comuni nella definizione degli ambiti ottimali e nella programmazione pluriennale di unioni e fusioni in sede di città metropolitana o area vasta. È necessario prevedere forme di monitoraggio puntuale sullo stato di attuazione delle norme e dei processi di unione e fusione per meglio predisporre azioni tempestive e mirate di supporto e di accompagnamento;
            6) si rende infine opportuna una riflessione sulle norme del Testo unico degli enti locali in materia di status degli amministratori locali nell'ambito dell'evoluzione normativa più recente, al fine di verificare se le stesse garantiscono pari trattamento tra amministratori lavoratori dipendenti ed autonomi, al fine di non creare le condizioni per una discriminazione di fatto nell'accesso alle cariche pubbliche. La complessità sociale, economica e normativa del nostro tempo chiede sempre più a sindaci ed assessori comunali di dedicare all'amministrazione molto del proprio tempo lavoro, se non la totalità del tempo. Per questo va verificato se le norme vigenti non determinino disparità di accesso alle cariche pubbliche a seguito delle diverse previsioni normative in merito all'assenza dal lavoro per lo svolgimento dei compiti amministrativi ed eventuali coperture previdenziali ed assistenziali in sostituzione del datore di lavoro o a favore di lavoratori autonomi. Va inoltre verificato se le previsioni normative che richiedono maggiore sinergia e coordinamento tra amministratori comunali all'interno degli enti di secondo livello, come le unioni di comuni, le città metropolitane e le province, siano sufficientemente garantite dalle disposizioni attualmente previste dal Testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo n, 267 del 2000, quali, ad esempio, quelle sui permessi retribuiti per la partecipazione alle seduta dell'organo.

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ALLEGATI

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ALLEGATO N.  3

Fusione di Comuni e altre variazioni amministrative.

        Le variazioni amministrative degli enti territoriali italiani degli ultimi anni. I nuovi comuni, costituiti da fusione o scorporo di zone di territorio e le più recenti variazioni dei confini provinciali.
        Negli ultimi anni è aumentato il numero delle fusioni di comuni con il fine di ridurre i costi, rendere più efficiente la macchina amministrativa e rispondere meglio alle esigenze dei cittadini. Al 1/1/2009 i Comuni italiani erano 8100 al 1/7/2016 sono 7998.

Nuovi Comuni istituiti nel 2016

        2016 – Nel 2016 ci sono state 29 fusioni di comuni, di cui due per incorporazione, mediante la soppressione di 75 comuni in cinque regioni: Emilia-Romagna (4), Lombardia (2), Piemonte (3), Trentino-Alto Adige (18) e Veneto (2). L'Italia passata a 7.998 comuni.

Nuovi Comuni istituiti nel 2015

        2015 – Nel 2015 sono stati istituiti 7 nuovi comuni nelle seguenti regioni: Friuli-Venezia Giulia (1), Lombardia (2), Toscana (1) e Trentino-Alto Adige (3). L'Italia passa a 8.045 comuni.

Nuovi Comuni istituiti nel 2014

        2014 – Nel 2014 sono stati istituiti 24 nuovi comuni nelle seguenti regioni: Emilia-Romagna (4), Friuli-Venezia Giulia (1), Lombardia (9), Marche (2), Toscana (7) e Veneto (1). L'Italia passa a 8.057 comuni.

Gravedona ed Uniti (CO)

        11/02/2011 – Si chiama Gravedona ed Uniti il nuovo comune della Lombardia costituito dalla fusione di Gravedona, Germasino e Consiglio di Rumo, tre comuni in provincia di Como. L'Italia passa a 8.092 comuni.

Estratto il 04/10/2016 da: http://www.tuttitalia.it/variazioni-amministrative/Pag. 38
        Le fusioni fra comuni continuano ad essere un'opportunità per le amministrazioni per ottimizzare i costi ed i servizi ai cittadini.

        Nella tabella 1 in basso sono elencati i comuni formalmente istituiti per fusione nel 2016.

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ALLEGATO N. 4

SELEZIONE DELLE LEGGI REGIONALI IN MATERIA DI REFERENDUM PER LA FUSIONE DI COMUNI

Abruzzo

        L.R. 19 dicembre 2007 n.  44 Disciplina del referendum abrogativo, consultivo e dell'iniziativa legislativa (modificata con L.R. 9/2008 e da ultimo L.R. 55/2012); Capo IV – Referendum consultivo ai sensi dell'articolo 133, comma secondo della Costituzione e dell'articolo 78, comma 1 dello Statuto (artt. 25-30).

Art. 30.
Esito del referendum e adempimenti conseguenti.

        1. La proposta soggetta a referendum consultivo è approvata, indipendentemente dal numero di elettori che ha partecipato, e se la risposta affermativa raggiunge la maggioranza dei voti validamente espressi.
        2. Se l'esito è favorevole, entro sessanta giorni dalla proclamazione dei risultati del referendum consultivo, il Presidente della Regione propone al Consiglio regionale un disegno di legge sull'oggetto del quesito sottoposto a referendum.
        3. Se l'esito è negativo, entro sessanta giorni dalla proclamazione dei risultati del referendum consultivo, il Presidente della Regione ha facoltà di proporre al Consiglio regionale un disegno di legge sull'oggetto del quesito sottoposto a referendum. L'esito negativo non preclude l'esercizio dell'iniziativa legislativa ai sensi dell'articolo 31 dello Statuto.

        3-bis. L'istituzione di un nuovo Comune mediante fusione di più Comuni contigui avviene previa acquisizione dei pareri dei Consigli comunali interessati che si pronunciano in merito ai disegni di legge di cui ai commi 2 e 3.
        3-ter. In caso di scadenza naturale o anticipata della legislatura, sono fatti salvi gli effetti del referendum già svolto e il nuovo Presidente della Regione esercita l'iniziativa legislativa sull'oggetto del quesito sottoposto a referendum, ai sensi dei commi 2 e 3, non oltre novanta giorni dalla data di insediamento del nuovo Consiglio regionale.

Basilicata

        L.R. 26 luglio 1993, n.  42 Norme in materia di modificazione territoriale, fusione ed istituzione di nuovi Comuni (modificata da ultimo dalla L.R. 23 novembre 2012, n.  23).

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Art. 5.
Erezione di una frazione in Comune autonomo.

        1. Possono essere eretti in Comune autonomo una o più frazioni territorialmente contigue con una popolazione non inferiore a 10.000 abitanti, che dispongano di mezzi sufficienti per provvedere ai pubblici servizi e siano dislocate in aree fortemente decentrate rispetto al Capoluogo del Comune a cui appartengono, purché la parte residua del Comune, da cui le frazioni si distaccano, conservi anch'essa una popolazione non inferiore a 10.000 abitanti e disponga di mezzi sufficienti per provvedere ai pubblici servizi.
        2. L'iniziativa della legge regionale per l'erogazione in Comune autonomo spetta ai soggetti indicati all'articolo 40 dello Statuto regionale.

Art. 6.
Procedimento per l'erezione in comune autonomo di una frazione.

        1. A seguito della presentazione di una proposta di legge, in uno dei modi indicati dall'ultimo comma del precedente articolo 5, la Giunta regionale, sentito il parere del Consiglio Comunale dal quale la frazione viene distaccata, raccoglie i pareri tecnici in ordine alla effettiva disponibilità dei mezzi sufficienti per provvedere ai pubblici servizi da parte della frazione che si intende ereggere a Comune autonomo.
        2. Espletate le formalità indicate nel precedente comma, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, delibera la effettuazione del referendum consultivo, al fine di assicurare la partecipazione dei cittadini interessati. Le procedure, i termini, le modalità di attuazione del referendum consultivo sono determinati con apposito regolamento da emanarsi entro 60 giorni dalla entrata in vigore della presente legge.
        3. [Abrogato]
        4. [Abrogato]
        5. Partecipano al referendum consultivo tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune o dei Comuni interessati per la elezione della Camera dei deputati.
        6. Il referendum consultivo è valido se vi partecipa la maggioranza assoluta degli elettori.

Art. 7.
Aggregazioni di frazioni. Modificazione dei confini comunali.

        1. Nel caso di proposta di legge, che prevede il distacco di una frazione da un Comune per essere aggregata ad un altro Comune o la modificazione dei confini comunali, devono essere acquisiti i pareri dei Comuni interessati sotto forma di deliberazione dei rispettivi Consigli comunali.
        2. [Abrogato]Pag. 45
        3. Il referendum si svolge secondo le modalità previste dal precedente articolo 6.

Art. 8.
Fusione di uno o più comuni.

        1. Due o più Comuni territorialmente contigui, con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, possono fondersi tra di loro in un unico Comune o con Comuni di popolazione superiore.
        2. Le deliberazioni di proposta di fusione di uno o più Comuni, approvati dai rispettivi Consigli comunali, a maggioranza assoluta, rese esecutive, devono essere trasmesse al Presidente della Giunta regionale entro 30 giorni dalla data della adozione che ne verifica la rispondenza al programma regionale previsto dall'articolo 3.
        3. Le deliberazioni di cui al comma precedente devono contenere l'elenco dei Comuni che intendono fondersi in un unico Comune, la delimitazione cartografica dei confini, la denominazione che dovrà assumere il nuovo Comune, nonché le forme di partecipazione e di decentramento che si intendono conferire alle Comunità di origine.
        4. Il referendum consultivo si svolge secondo le modalità previste dal precedente articolo 6.

Art. 9.
Procedimento legislativo.

        1. La proposta per la modifica delle Circoscrizioni comunali sottoposte a referendum è valida e potrà avere corso se corrispondente alla volontà espressa dalla maggioranza assoluta dei votanti. In caso contrario si avrà per decaduta e non potrà essere riproposta prima che siano trascorsi cinque anni dalla data della proclamazione dei risultati.
        2. La legge regionale istitutiva del nuovo comune ne stabilisce i confini e la denominazione nonché l'eventuale inserimento nelle Comunità montane previa verifica dei requisiti previsti dalla legge.
        3. In caso di incorporazione, aggregazione e fusione ne determina i confini.
        4. La legge istitutiva regionale stabilisce le modalità per la definizione dei rapporti patrimoniali o comunque relativi ai Comuni di nuova istituzione o agli altri casi di cui all'articolo 2 della presente legge.

Calabria

        L.R. 5 aprile 1983, n.  13, Norme di attuazione dello statuto per l'iniziativa legislativa popolare e per i referendum; Art. 40 Referendum consultivo obbligatorio sulla istituzione di nuovi Comuni e sui mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali (modificato dall'articolo 1, L.R. 30 maggio 2012, n.  17).

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Art. 40.
Referendum consultivo obbligatorio sulla istituzione di nuovi Comuni e sui mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali.

        1. Prima di procedere all'approvazione di ogni progetto di legge che comporti l'istituzione di nuovi Comuni ovvero mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali, il Consiglio regionale delibera l'effettuazione del referendum consultivo obbligatorio.
        2. Il referendum di cui al comma 1 non trova applicazione nei casi di delimitazione di confini tra due o più Comuni non facilmente riconoscibili o, comunque, incerti.
        3. La deliberazione del Consiglio regionale indica il quesito da sottoporre a votazione con riferimento agli estremi della relativa proposta di legge.
        4. Al referendum consultivo sono chiamati:
            a) nel caso di istituzione di nuovi Comuni, tutti gli elettori residenti nei Comuni interessati dalla variazione territoriale;
            b) nel caso di modificazione della denominazione dei comune, tutti gli elettori residenti nel comune interessato;
            c) nel caso di modificazione delle circoscrizioni comunali, tutti gli elettori residenti nei Comuni interessati dalla modificazione territoriale. Il Consiglio regionale, nella delibera di cui al comma 1, può, con decisione motivata, escludere dalla consultazione referendaria le popolazioni che non presentano un interesse qualificato alla variazione territoriale: per le caratteristiche dei gruppi residenti sul territorio dei Comuni interessati, della dotazione infrastrutturale e delle funzioni territoriali, nonché per i casi di eccentricità dei luoghi rispetto al capoluogo e, quindi, di caratterizzazione distintiva dei relativi gruppi.

Art. 41.
Decreto di indizione del referendum consultivo.

        Il presidente della Giunta regionale sentita la Giunta, indice il referendum consultivo con proprio decreto da emanarsi entro dieci giorni dalla esecutività delle deliberazioni del Consiglio regionale di cui agli articoli 39 e 40 fissando la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa tra il 60o e il 90o giorno successivo alla pubblicazione del decreto stesso nel Bollettino Ufficiale della Regione.

Art. 42.
Norme applicabili al referendum consultivo.

        Per lo svolgimento dei referendum consultivi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 29, 31, 32, 33, 34 e 36.
Qualora il referendum consultivo interessi solo una parte della popolazione della regione, vengono costituiti uffici provinciali per il Pag. 47referendum soltanto nelle province i cui elettori siano, in tutto o in parte, chiamati a votare. Non si applicano, limitatamente al referendum facoltativo, le disposizioni degli articoli 27 e 28.

        [...]

Art. 44.
Proclamazione dei risultati del referendum e loro pubblicazione.

        1. Salve le ipotesi indicate al successivo comma 2, s'intende che il parere popolare su quanto sottoposto a referendum sia favorevole qualora abbia partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e la maggioranza dei voti validamente espressi sia a favore della proposta.
        2. Nelle ipotesi di referendum consultivo obbligatorio disciplinate dall'articolo 40, la proposta referendaria si intende accolta nel caso in cui la maggioranza dei voti complessivi dell'intero bacino elettorale validamente espressi sia favorevole alla medesima, anche qualora non abbia partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto.
        3. Il Presidente della Giunta regionale, non appena ricevuto il verbale di proclamazione del risultato della votazione da parte dell'ufficio regionale per il referendum, dispone la pubblicazione dei risultati nel Bollettino Ufficiale della Regione.

Art. 45.
Adempimenti del Consiglio regionale successivi al referendum.

        Il Consiglio regionale deve deliberare relativamente al progetto di legge o di provvedimento sottoposto a referendum consultivo entro sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dei risultati del referendum.

Campania

        L.R. 30 aprile 1975, n.  25 Referendum popolare (e successive modificazioni) Capo III – Procedimento per il referendum popolare relativo alla istituzione di nuovi Comuni, la modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni dei Comuni (artt. 25-31).

Art. 25.

        Per il referendum popolare previsto all'articolo 1, comma unico, n.  2, per la istituzione di nuovi Comuni, la modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni dei Comuni si applicano le norme contenute negli articoli 11, 12, 13, 14 e 15 della presente legge.
        Partecipano al referendum tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune o dei Comuni interessati, nonché i cittadini che, Pag. 48benché non iscritti nelle liste elettorali dei Comuni della regione, siano muniti di una delle sentenze di cui all'articolo 45 del T.U. 20 marzo 1967, n.  223.

[...]

Art. 29.

        1. Entro 40 giorni dalla data del decreto che indice il referendum è costituito presso il rispettivo Tribunale del capoluogo di provincia e per la Provincia di Caserta, presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, l'Ufficio centrale provinciale per il referendum composto nei modi previsti dall'articolo 8 della legge 17 febbraio 1968, n.  108, comma primo e secondo. Nel caso di Comuni compresi in più circoscrizioni l'Ufficio centrale provinciale ha sede presso il Tribunale designato dal Presidente della Corte di appello.
        2. Sulla base dei verbali di scrutinio trasmessi da tutti gli uffici elettorali di Sezione, l'Ufficio centrale provinciale procede, in pubblica adunanza, all'accertamento della partecipazione alla votazione dando atto del numero degli elettori iscritti nelle Sezioni e di quelli che hanno votato, nonché dei risultati del referendum dopo aver provveduto al riesame dei voti contestati e provvisoriamente non assegnati. Indi procede alla somma dei voti favorevoli e dei voti validi contrari ed alla conseguente proclamazione dei risultati del referendum.
        3. Il referendum è valido qualsiasi sia la percentuale dei votanti interessati alla consultazione referendaria.
        4. Nel caso di istituzione di nuovo Comune, i dati di cui al comma secondo devono essere computati anche distintamente per le sezioni elettorali comprese nel territorio proposto per l'autonomia e quelle comprese nel restante territorio; e nel caso di modifica di circoscrizioni egualmente i dati devono essere computati anche distintamente per ciascuno dei Comuni interessati.
        5. Di tutte le operazioni è redatto verbale in tre esemplari, dei quali uno resta depositato presso la Cancelleria del Tribunale, unitamente ai verbali di votazione e di scrutinio degli uffici e sezioni e ai documenti annessi; uno viene inviato alla Presidenza del Consiglio regionale, e uno viene trasmesso, per mezzo di corriere speciale, al Presidente della Giunta regionale. Copie dei verbali sono altresì rimesse ai Sindaci dei Comuni interessati.
        6. I delegati hanno la facoltà di prendere cognizione e di fare copia, anche per mezzo di un loro incaricato, dell'esemplare del verbale depositato presso la Cancelleria del Tribunale.

Art. 30.

      Pubblicato il risultato ai sensi del successivo articolo 34, si dà inizio al procedimento legislativo, con la procedura d'urgenza, secondo le norme dello Statuto e del Regolamento interno del Consiglio regionale.

Pag. 49

Art. 31.

        Il risultato del referendum per la istituzione di nuovi Comuni viene pubblicato, con provvedimento del Presidente della Giunta regionale, entro dieci giorni dalla proclamazione, sul Bollettino degli Atti ufficiali della Regione.
        Dopo di che ha inizio il procedimento legislativo per la costituzione del nuovo Comune. Se la proposta di legge viene respinta dal Consiglio regionale, se ne dà notizia sul Bollettino degli Atti ufficiali della Regione conformemente al precedente comma.

Emilia-Romagna

        L.R. 8 luglio 1996 n.  24 (e successive modificazioni), Norme in materia di riordino territoriale e di sostegno alle Unioni e alle fusioni di Comuni TITOLO III – Procedimento legislativo per la modificazione delle circoscrizioni e denominazioni comunali e per l'istituzione di nuovi comuni; artt. 8-14 (modificati da ultimo dall'articolo 76, della L.R. 30 luglio 2015, n.  13).

Art. 8.
Iniziativa.

        1. L'iniziativa legislativa per l'istituzione di nuovi Comuni e per il mutamento delle circoscrizioni e denominazioni comunali è esercitata, nelle forme previste dalla legge regionale:
            a) dai cittadini e dai Consigli provinciali e comunali, ai sensi dell'articolo 18 dello Statuto regionale;
            b) dalla Giunta regionale e dagli altri soggetti abilitati ai sensi dell'articolo 50 dello Statuto regionale.

        2. Indipendentemente dall'adozione dell'iniziativa legislativa popolare i Consigli comunali, con deliberazione adottata con le stesse modalità e procedure previste dall'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) possono presentare istanza alla Giunta regionale affinché promuova la relativa procedura).
        3. Analoga istanza può essere proposta anche dalla maggioranza degli elettori residenti nei singoli comuni interessati. In tale ipotesi, le firme degli elettori richiedenti devono essere autenticate ai sensi delle vigenti norme regionali in materia di iniziativa popolare.
        4. Entro sessanta giorni, nei casi previsti dai commi 2 e 3 del presente articolo, la Giunta regionale verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti formali della richiesta e, qualora deliberi di dar corso alla medesima, presenta al Consiglio regionale il corrispondente progetto di legge.
        5. La relazione di accompagnamento al progetto di legge deve indicare la sussistenza dei presupposti previsti dall'articolo 3. Qualora Pag. 50il progetto venga presentato in esecuzione del programma regionale di riordino territoriale, la relazione deve indicare la conformità alle indicazioni contenute nel programma stesso. La relazione deve contenere altresì le opportune indicazioni di natura demografica, socio-economica patrimoniale e finanziaria relative agli Enti locali coinvolti.
        6. La relazione di accompagnamento al progetto di legge deve altresì contenere la descrizione dei confini del comune da istituire o dei comuni comunque interessati a modificazioni e le relative rappresentazioni cartografiche. La relazione al progetto di istituzione di un nuovo Comune deve essere motivata con specifico riguardo alla obiettiva sussistenza di condizioni finanziarie sufficienti a provvedere all'esercizio delle funzioni istituzionali e all'organizzazione e gestione dei servizi pubblici comunali.
        7. Ai fini di quanto previsto al comma 5 dell'articolo 11, nel caso in cui la presentazione del progetto di iniziativa comunale sia stata preceduta da referendum consultivo comunale, al progetto deve essere allegata anche una dichiarazione ufficiale attestante i risultati delle consultazioni effettuate.

        [...]

Art. 10.
Pareri degli Enti locali.

        1. I progetti di legge presentati all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale sono trasmessi, entro otto giorni, ai Comuni interessati per l'espressione di un parere di merito.
        2. Il parere non è richiesto ai Comuni che abbiano assunto l'iniziativa legislativa o ai Comuni che abbiano proposto l'istanza di cui al comma 2 dell'articolo 8.
        3. I pareri debbono essere resi al Consiglio regionale entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione del progetto di legge; decorso tale termine si prescinde dal parere.
        4. Decorso il termine previsto dal comma 3, la Commissione consiliare competente, in sede referente, esamina il progetto di legge ed i pareri pervenuti e li trasmette, con una propria relazione, al Consiglio regionale, entro 15 giorni.

Art. 11.
Consultazione delle popolazioni interessate.

        1. Il Consiglio regionale, fermo restando quanto previsto ai commi 3, 4 e 5, dispone obbligatoriamente il referendum consultivo sui progetti di legge per la modifica delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali, nelle seguenti ipotesi:
            a) quando la proposta di modifica sia conforme al programma di riordino territoriale; Pag. 51
            b) quando, su un progetto di legge di iniziativa popolare, siano state raccolte tante firme di elettori che rappresentino:
            1) la maggioranza della popolazione interessata, qualora la suddetta popolazione interessata risulti inferiore ai 5.000 elettori;
            2) il 30%(percento) della popolazione interessata, qualora la suddetta popolazione interessata risulti superiore a 5.000 elettori e fino a 10.000 elettori, e comunque almeno 2.500 firme;
            3) il 25%(percento) della popolazione interessata, qualora la suddetta popolazione interessata risulti superiore a 10.000 elettori e fino a 20.000 elettori, e comunque almeno 3.000 firme;
            4) il 15%(percento) della popolazione interessata, qualora la suddetta popolazione interessata superi i 20.000 elettori, e comunque almeno 5.000 firme.

        1-bis. Qualora non ricorra alcuna delle condizioni di cui al comma 1, il Consiglio regionale esamina il testo licenziato dalla Commissione, anche sulla base degli elementi contenuti nella relazione al progetto di legge e dei pareri espressi dagli enti locali interessati, e, prima della votazione finale, delibera se procedere o meno all'indizione del referendum).
        1-ter. Qualora il Consiglio regionale deliberi la non indizione del referendum, il progetto si intende definitivamente non approvato.
        2. Ai fini delle consultazioni previste dall'articolo 133, secondo comma della Costituzione, per popolazione interessata si intende:
            a) tutti gli elettori dei Comuni interessati, nel caso di fusione o aggregazione di più Comuni o di modifica della denominazione;
            b) tutti gli elettori del Comune di origine nel caso di distacco, finalizzato alla istituzione di un nuovo Comune o all'aggregazione ad altro Comune, di una porzione di territorio che rappresenti almeno il trenta per cento della popolazione o il dieci per cento del territorio del comune di origine;
            c) i soli elettori residenti nel territorio oggetto di modificazione negli altri casi.

        2-bis. Fra gli elettori dei Comuni interessati sono inclusi i residenti che siano cittadini di uno dei Paesi appartenenti all'Unione europea, che votano ai sensi del decreto legislativo 12 aprile 1996, n.  197 (Attuazione della direttiva 94/80/CE concernente le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali per i cittadini dell'Unione europea che risiedono in uno Stato membro di cui non hanno cittadinanza).
        3. Nel caso in cui i residenti aventi diritto al voto ai sensi della legislazione vigente siano in numero inferiore a cinquanta, il Consiglio regionale può stabilire che le consultazioni avvengano mediante convocazione, presso la sede del Comune interessato, degli elettori ai quali devono comunque essere assicurate adeguate garanzie circa la segretezza del voto.
        4. Qualora il mutamento della circoscrizione interessi porzioni di territorio prive di residenti non si procede all'indizione del referendum. Pag. 52
        5. Non si procede all'indizione del referendum consultivo regionale qualora l'iniziativa legislativa di uno o più Consigli comunali dia atto di essere stata preceduta, nell'anno precedente, da referendum consultivi comunali che abbiano consentito di esprimersi, sulla stessa proposta di legge presentata al Consiglio regionale, tutte le popolazioni interessate, così come individuate dalla presente legge.

Art. 12.
Procedure per lo svolgimento del referendum consultivo regionale.

        1. Il Consiglio regionale, qualora deliberi l'indizione del referendum, definisce il quesito da sottoporre alla consultazione popolare con riferimento al progetto di legge esaminato, nonché l'ambito territoriale entro il quale gli elettori sono chiamati a votare.
        2. Il referendum consultivo è indetto con decreto del Presidente della Regione da emanarsi entro dieci giorni dalla deliberazione del Consiglio regionale.
        3. Il decreto contiene il testo integrale del quesito sottoposto a referendum consultivo e la fissazione della data di convocazione degli elettori, scelta in una domenica compresa tra il sessantesimo e il novantesimo giorno successivo a quello di emanazione del decreto stesso. Qualora il decreto sia emesso dopo il 1o aprile, il periodo utile per la convocazione degli elettori decorre dal successivo 15 settembre.
        4. Ogni attività ed operazione relativa al referendum è sospesa:
            a) nei quattro mesi che precedono la scadenza dell'Assemblea legislativa regionale e nei tre mesi successivi alla elezione della nuova Assemblea;
            b) nel periodo intercorrente tra la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali e i sei mesi successivi all'elezione del nuovo Consiglio regionale, in caso di anticipato scioglimento del Consiglio.

        5. Nel caso che, nel periodo intercorrente fra la emanazione del decreto e la data fissata per la convocazione degli elettori, siano indette elezioni politiche o elezioni amministrative che riguardino la popolazione dei Comuni interessati al referendum consultivo, il Presidente della Giunta regionale può disporre il rinvio di sei mesi dalla data fissata o, previa intesa con il Ministero dell'Interno, che la consultazione sia effettuata, con le modalità indicate nei precedenti commi, contestualmente allo svolgimento delle altre operazioni elettorali. Allo stesso modo può procedersi se siano indetti referendum nazionali, o referendum abrogativi regionali ai sensi della normativa regionale vigente in materia di referendum abrogativi. Si procede comunque al rinvio quando siano indette elezioni per il rinnovo del Consiglio dei Comuni interessati.
        6. Presso il Tribunale del capoluogo di provincia nella cui circoscrizione si trovano il Comune o i Comuni interessati al referendum consultivo è costituito, entro il ventesimo giorno antecedente a quello fissato per la votazione, l'ufficio centrale per il referendum, la cui composizione e le cui funzioni sono disciplinate Pag. 53dalla normativa regionale vigente in materia di referendum abrogativo riferita all'ufficio provinciale per il referendum. Compete inoltre all'ufficio centrale per il referendum la proclamazione dei risultati del referendum.
        7. I risultati del referendum sulla variazione delle circoscrizioni comunali sono indicati sia nel loro risultato complessivo, sia sulla base degli esiti distinti per ciascuna parte del territorio diversamente interessata.
        8. Il Presidente della Giunta regionale, ricevuto dall'ufficio centrale per il referendum il verbale contenente i risultati del referendum, ne dispone la pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione e lo invia al Presidente del Consiglio .
        9. Per quanto non diversamente disciplinato dalla presente legge, ai referendum consultivi si applica, in quanto compatibile, la normativa regionale vigente in materia di referendum consultivo ed il referendum è valido indipendentemente dal numero degli aventi diritto al voto che vi hanno partecipato. Ogni riferimento effettuato da tale normativa indistintamente a tutti i Comuni, organi ed uffici elettorali, deve intendersi riferito, ai fini della presente legge, ai soli Comuni, organi ed uffici effettivamente interessati alle consultazioni.
        9-bis. Nell'ipotesi di istituzione di nuovo comune mediante scorporo di una porzione di territorio o distacco di frazione da un preesistente comune, il referendum consultivo è valido se alla votazione partecipa, distintamente, la maggioranza degli aventi diritto al voto sia del territorio oggetto di scorporo o distacco, sia del restante territorio del comune d'origine.
        10. Le spese per lo svolgimento del referendum consultivo regionale sono a carico della Regione. Esse sono anticipate dai Comuni e rimborsate dalla Regione sulla base di criteri e modalità stabiliti con decreto del Presidente della Giunta regionale da emanarsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
        10-bis. Nel caso di espletamento di referendum consultivo territoriale per una fusione di Comuni le prerogative spettanti ai sensi dell'articolo 29, commi 2 e 3, della legge regionale 22 novembre 1999, n.  34 (Testo unico in materia di iniziativa popolare, referendum e istruttoria pubblica) ai partiti e gruppi politici rappresentati in Assemblea legislativa regionale, spettano anche ai partiti e gruppi politici rappresentati nei Consigli dei Comuni interessati alla fusione. Spettano inoltre ai partiti e gruppi politici rappresentati nell'Assemblea legislativa regionale e nei Consigli dei Comuni interessati, limitatamente al territorio in cui sono rappresentati, le facoltà riconosciute dall'articolo 52 della legge 25 maggio 1970, n.  352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo) ai partiti rappresentati in Parlamento.

        [...]

Art. 13.
Approvazione della legge e deliberazione definitiva.

        1. Qualora, ricorrendo le condizioni previste dai commi 4 e 5 dell'articolo 11, non si debba procedere a referendum consultivo Pag. 54regionale, il Consiglio delibera in modo definitivo sul progetto di legge. Nel caso previsto dal comma 3 dell'articolo 11 il Consiglio delibera entro sessanta giorni dalla data di comunicazione ufficiale dei risultati delle consultazioni.
        2. In caso di svolgimento del referendum, la votazione finale da parte del Consiglio sul progetto di legge resta sospesa sino alla pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione dei risultati del referendum. Il Consiglio regionale delibera definitivamente sul progetto di legge entro i successivi sessanta giorni.
        3. A seguito dell'approvazione da parte del Consiglio regionale della legge istitutiva di nuovi Comuni o per il mutamento delle circoscrizioni e denominazioni comunali, la Regione provvede secondo i criteri e le modalità stabilite dal decreto del Presidente previsto dal comma 10 dell'articolo 12 al rimborso ai Comuni delle spese per lo svolgimento del referendum consultivo comunale.

Friuli-Venezia Giulia

        L.R. 7 marzo 2003, n.  5. Art. 12 dello Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Norme relative alla richiesta, indizione e svolgimento dei referendum abrogativo, propositivo e consultivo e all'iniziativa popolare delle leggi regionali (modificata dalla L.R. 18 luglio 2014, n.  14). Capo III – Referendum consultivi in materia di circoscrizioni comunali e provinciali (artt. 17-20).

Art. 17.
Disciplina del referendum consultivo in materia di circoscrizioni comunali.

        1. L'istituzione di nuovi comuni, anche mediante fusione di più comuni contigui, nonché la modificazione delle circoscrizioni o delle denominazioni comunali è stabilita, ai sensi dell'articolo 7, primo comma, n.  3), dello Statuto, con legge regionale, sentite le popolazioni interessate mediante il referendum consultivo disciplinato dal presente articolo.
        2. [Nel caso in cui l'istituzione di un nuovo Comune avvenga mediante fusione di più comuni contigui, la deliberazione di cui al comma 5 è preceduta dall'acquisizione dei pareri dei Consigli comunali interessati] Abrogato.
        3. Le modificazioni delle circoscrizioni comunali e l'istituzione di nuovi comuni devono rispettare i seguenti presupposti:
            a) possono riguardare esclusivamente territori contigui di comuni;
            b) le modificazioni devono rispondere ad esigenze di organizzazione e gestione dei servizi e delle funzioni amministrative e individuare àmbiti territoriali che, per ampiezza, entità demografica e attività produttive, consentano un equilibrato sviluppo economico, sociale e culturale del territorio; Pag. 55
            c) non possono essere istituiti comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, né possono essere disposte modificazioni delle circoscrizioni comunali che producano l'effetto di portare uno o più comuni ad avere popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, salvo i casi di fusione dei comuni.

        4. Le modificazioni delle denominazioni comunali possono essere disposte ove ricorrano motivate esigenze toponomastiche, storiche, culturali o turistiche, o nelle ipotesi di mutamento delle circoscrizioni comunali. In nessun caso la nuova denominazione può riferirsi a persone viventi o decedute da meno di cinquanta anni. Con le forme e le procedure previste per la modificazione della denominazione del Comune, è possibile aggiungere una seconda denominazione in lingua friulana, slovena, tedesca o di altre minoranze linguistiche tutelate dalla legge.
        5. L'iniziativa per l'istituzione di nuovi Comuni e per la modificazione delle circoscrizioni o delle denominazioni comunali è esercitata:
            a) dai titolari dell'iniziativa legislativa;
            b) dai Consigli comunali che rappresentano le popolazioni interessate;
            c) da almeno il 20 per cento degli elettori dei Comuni interessati. Nel caso di fusione di Comuni, l'iniziativa è esercitata da almeno il 15 per cento degli elettori di ciascuno dei Comuni interessati. Dal computo sono esclusi gli elettori iscritti nell'anagrafe degli elettori residenti all'estero.
        6. L'iniziativa di cui al comma 5 tiene conto dei presupposti generali indicati ai commi 3 e 4 e deve contenere:
            a) la denominazione del nuovo Comune di cui si propone l'istituzione oppure la nuova denominazione del Comune;
            b) la planimetria del territorio ricompreso nella circoscrizione del nuovo Comune o dei territori di cui si propone la modificazione delle circoscrizioni;
            c) nel caso di fusione di comuni, la localizzazione della sede del capoluogo del nuovo Comune derivante dalla fusione.

        7. L'iniziativa dei soggetti titolari dell'iniziativa legislativa è esercitata mediante la presentazione al Consiglio regionale di un apposito progetto di legge redatto in articoli.
        8. L'iniziativa esercitata dai soggetti di cui al comma 5, lettera b), è presentata agli uffici dell'Amministrazione regionale i quali ne verificano i requisiti entro trenta giorni.
        8-bis. Nel caso previsto dal comma 5, lettera c), l'iniziativa è presentata dai promotori di cui al comma 8-ter, con le modalità previste dall'articolo 5, comma 1, ultimo periodo, e comma 8, agli uffici dell'Amministrazione regionale i quali ne verificano i requisiti entro trenta giorni. Qualora l'iniziativa abbia i requisiti richiesti, la raccolta e l'autenticazione delle firme avviene su moduli vidimati dagli uffici dell'Amministrazione regionale, con le modalità ed entro i Pag. 56termini previsti dagli articoli 8 e 9. I moduli contenenti le firme sono presentati agli uffici dell'Amministrazione regionale, i quali svolgono le operazioni di computo e controllo delle firme entro sessanta giorni (8).
        8-ter. L'iniziativa prevista dal comma 8-bis è presentata, per ciascuno dei Comuni interessati, da un numero di promotori iscritti nelle liste elettorali degli stessi Comuni non inferiore a:
            a) 20 nei Comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti;
            b) 30 nei Comuni con popolazione da 1.001 a 5.000 abitanti;
            c) 50 nei Comuni con popolazione da 5.001 a 10.000 abitanti;
            d) 70 nei Comuni con popolazione da 10.001 a 30.000 abitanti;
            e) 100 nei Comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti (9).

        8-quater. Entro cinque giorni dalla presentazione del progetto di legge, nel caso di cui al comma 7, o della presentazione dei moduli contenenti le firme degli elettori, nel caso di cui al comma 8-bis, gli uffici rispettivamente del Consiglio regionale o dell'Amministrazione regionale chiedono ai Consigli comunali interessati l'espressione del parere sull'iniziativa. Il parere dei Consigli comunali deve pervenire agli uffici entro cinquanta giorni dal ricevimento della richiesta; decorso tale periodo, si prescinde dal parere).
        8-quinquies. Scaduti i termini previsti dai commi 8 e 8-bis, i relativi atti sono trasmessi dal Presidente della Regione al Presidente del Consiglio regionale.
        8-sexies. Il referendum è deliberato dal Consiglio regionale, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati.
        9. La deliberazione del Consiglio regionale indica il quesito da sottoporre a votazione; con la stessa deliberazione è individuato, secondo i criteri di cui al comma 10, il territorio ove risiedono gli elettori chiamati alla consultazione.
        10. Al referendum partecipano:
            a) nel caso di elevazione in Comune autonomo di una o più frazioni o porzioni di territorio di uno o più comuni, sia gli elettori delle frazioni o porzioni di territorio, sia gli elettori delle rimanenti parti di territorio del Comune o dei comuni da cui si propone il distacco;
            b) nel caso di passaggio di frazioni o porzioni di territorio da uno ad altro Comune, sia gli elettori del territorio del Comune da cui si propone il distacco, sia gli elettori del Comune cui si chiede l'aggregazione;
            c) nel caso di fusione tra due o più comuni, gli elettori di tutti i comuni coinvolti nella fusione;
            d) nel caso di modificazione della denominazione del Comune, tutti gli elettori del Comune interessato.

Pag. 57

        11. Nei casi di cui alle lettere a) e b) del comma 10, l'orientamento espresso dalla popolazione residente nelle frazioni o porzioni di territorio comunale deve avere autonoma evidenza nella proclamazione del risultato del referendum.
        12. Con la deliberazione di cui al comma 9, nel caso di cui alla lettera a) del comma 10, il Consiglio regionale può limitare la partecipazione al referendum alla sola popolazione residente nelle frazioni o porzioni di territorio che intendono costituirsi in Comune autonomo, qualora tale parte del territorio comunale abbia un'incidenza poco rilevante, per dimensioni territoriali o demografiche, per la conformazione del territorio, per la presenza di infrastrutture o funzioni territoriali di particolare rilievo, sui comuni da cui si propone il distacco.
        13. Con la deliberazione di cui al comma 9, nel caso di cui alla lettera b) del comma 10, il Consiglio regionale può limitare la partecipazione al referendum alla sola popolazione residente nella frazione o porzione di territorio del Comune da cui si chiede il distacco sulla base della valutazione dei medesimi elementi di fatto indicati al comma 12, ferma restando in ogni caso la partecipazione al referendum degli elettori del Comune cui si chiede l'aggregazione.
        14. Il Presidente della Regione indice, con proprio decreto, il referendum consultivo, in seguito alla trasmissione della deliberazione consiliare di cui al comma 9 da parte della Presidenza del Consiglio regionale. La consultazione popolare si tiene nel giorno di domenica di un qualunque mese dell'anno (13).

Art. 17-bis.
Proposte di aggregazione comunale nel territorio in cui è tradizionalmente presente la minoranza slovena.

        1. Qualora la proposta di fusione coinvolga Comuni che rientrano nel territorio in cui è tradizionalmente presente la minoranza slovena, definito in base all'articolo 4 della legge 23 febbraio 2001, n.  38 (Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia), il Consiglio regionale, prima di adottare la deliberazione di cui all'articolo 17, comma 9, acquisisce il parere del Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena di cui all'articolo 3 della legge 38/2001, che si esprime entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, si prescinde dal parere.

        [...]

Art. 18-bis.
Istituzione di nuovi Comuni mediante fusione di Comuni appartenenti a Province diverse.

        1. L'istituzione di nuovi Comuni mediante fusione di più Comuni appartenenti a Province diverse è stabilita, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 9/1997, con legge regionale, su iniziativa dei Comuni interessati e sentite le popolazioni interessate mediante il referendum consultivo disciplinato dal presente articolo. Pag. 58
        2. L'iniziativa è esercitata dai Consigli comunali dei Comuni interessati alla fusione, che sono chiamati a deliberare favorevolmente a maggioranza assoluta, e deve rispettare i presupposti indicati dagli articoli 17, comma 3, e 18, commi 3 e 4, della presente legge.
        3. Le deliberazioni adottate dai Consigli comunali ai sensi del comma 2 devono contenere, oltre alle indicazioni di cui all'articolo 17, comma 6, l'indicazione della Provincia di appartenenza del nuovo Comune e la definizione delle conseguenti variazioni dei territori provinciali.
        4. Le deliberazioni dei Consigli comunali sono depositate presso la Segreteria generale del Consiglio regionale entro quindici giorni dalla loro esecutività, per permettere la verifica della regolarità dell'iniziativa da parte dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale. Tale verifica è effettuata entro trenta giorni dal termine ultimo per il deposito delle deliberazioni dei Consigli comunali.
        5. Entro sessanta giorni dalla verifica della regolarità dell'iniziativa, l'Ufficio di Presidenza acquisisce i pareri dei Consigli provinciali delle Province interessate e sottopone al Consiglio regionale la proposta di deliberazione del referendum. La deliberazione indica il quesito da sottoporre a referendum, che deve contenere anche l'indicazione della Provincia di appartenenza del nuovo Comune.
        6. Al referendum partecipano gli elettori dei Comuni interessati alla fusione.
        7. Trovano applicazione i commi 9 e 10 dell'articolo 18.

Art. 19.
Esito del referendum e adempimenti conseguenti.

        1. Il quesito sottoposto ai referendum di cui agli articoli 17 e 18 è approvato quando la risposta affermativa ha raggiunto la maggioranza dei voti validamente espressi. Nel caso di fusione tra due o più Comuni, qualora il Consiglio comunale abbia espresso parere contrario all'iniziativa, per l'approvazione del quesito sottoposto a referendum è necessario altresì che in quel Comune la risposta affermativa raggiunga la maggioranza dei voti validamente espressi.
        2. Entro sessanta giorni dalla proclamazione dei risultati del referendum consultivo, se l'esito è favorevole, la Giunta regionale è tenuta a presentare al Consiglio regionale un disegno di legge sull'oggetto del quesito sottoposto a referendum. Resta fermo il diritto di iniziativa legislativa dei consiglieri regionali e degli altri soggetti legittimati.
        3. L'esito negativo del referendum non preclude l'esercizio dell'iniziativa legislativa di cui al comma 2.

Lazio

        L.R. 8 aprile 1980 n.  19 Norme sul referendum consultivo per l'istituzione di nuovi comuni, e modificazione delle circoscrizioni e denominazioni comunali, in attuazione dell'articolo 133, secondo comma, della Costituzione (modificata da ultimo dalla L.R. 28 aprile 2004 n.  5).

Pag. 59

Art. 1.

        Il Consiglio regionale, prima di procedere all'approvazione di proposte di legge che comportino l'istituzione della Regione di nuovo comune per distacco di una o più frazione o borgate o per fusione di due o più comuni, nonché l'aggregazione di uno o più comuni ad altro contermine ovvero la modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali, delibera che sia indetto referendum consultivo delle popolazioni interessate.
Per popolazioni interessate si intendono:
            a) nel caso di istituzione di nuovi comuni: gli elettori della frazione o delle frazioni che devono essere erette in comune autonomo (2);
            b) nel caso di fusione di comuni contermini: gli elettori dei comuni interessati;
            c) nel caso di incorporazione di un comune in un altro contermine: gli elettori dei comuni interessati;
            d) nel caso di distacco di una parte del territorio da un comune con aggregazione ad un comune contermine: gli elettori del territorio da distaccare (3);
            e) nel caso di ampliamento del territorio di un comune nel quale viene incorporata parte del territorio contermine di altro comune: gli elettori insistenti sul territorio oggetto di trasferimento, ovvero gli elettori del comune da spogliare qualora sul territorio da trasferire non insistano elettori (4);
            f) nel caso di permuta del territorio fra due o più comuni contermini, quando manca l'accordo dei comuni interessati: gli elettori dei territori oggetto di permuta;
            g) nel caso di mutamento di denominazione comunale: gli elettori del comune interessato).

        Non è richiesto referendum quando si tratti di termini o locuzioni aggiuntive alla denominazione principale del comune ed il consiglio comunale interessato ne faccia richiesta con la maggioranza dei due terzi dei consiglieri assegnati.
        Il Consiglio regionale delibera l'effettuazione del referendum consultivo prima di passare all'esame degli articoli delle proposte di legge di cui al primo comma. La discussione sulla proposta di legge riprenderà quando saranno acquisiti i risultati del referendum stesso.
        La deliberazione del Consiglio regionale indica il quesito da sottoporre alla consultazione popolare nonché l'ambito territoriale entro il quale gli elettori sono chiamati a votare.
        Il Presidente del Consiglio regionale comunica immediatamente al Presidente della Giunta la deliberazione del Consiglio di cui al comma precedente.

Pag. 60

Art. 2.

        Il referendum consultivo è indetto con decreto del Presidente della Giunta regionale da emanarsi entro dieci giorni dall'esecutività della deliberazione consiliare di cui al precedente articolo 1.
        Nel decreto del Presidente della Giunta regionale è riportato integralmente il testo della proposta di legge sottoposta a referendum consultivo ed è fissata la data di convocazione degli elettori, scelta in una domenica compresa tra il sessantesimo ed il centoventesimo giorno successivo a quello di emanazione del decreto stesso, fatto salvo quanto previsto al terzo comma dell'articolo 6.
        Quando il referendum è indetto nell'anno di scadenza del Consiglio regionale, la convocazione degli elettori non può avvenire nei sei mesi che precedono la data di elezione del Consiglio, né prima che siano trascorsi sei mesi dalla stessa data.
        Il decreto di indizione del referendum consultivo è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione entro dieci giorni dalla emanazione ed è notificato entro lo stesso termine al Commissario del Governo, al presidente della corte d'appello di Roma, al presidente della commissione mandamentale o delle commissioni mandamentali interessate, nonché al sindaco del comune o dei comuni interessati.
        Il sindaco o i sindaci interessati provvedono a dare notizia agli elettori dell'indizione del referendum consultivo mediante appositi manifesti affissi quarantacinque giorni prima della data fissata per la votazione, indicando il giorno ed il luogo di convocazione e riportando per esteso il testo della proposta di legge oggetto del referendum.

        [...]

Art. 7.

        [...]

        Il quesito sottoposto a referendum è dichiarato accolto qualora la maggioranza dei voti validamente espressi sia favorevole ad esso.
        Delle operazioni dell'ufficio centrale circoscrizionale per il referendum è redatto verbale in quattro esemplari, uno dei quali è depositato presso la cancelleria del tribunale, unitamente ai verbali e agli altri atti relativi trasmessi dagli uffici di sezione. Gli altri esemplari sono trasmessi, rispettivamente, al Presidente del Consiglio regionale, al Presidente della Giunta regionale ed al Commissario del Governo.

Art. 8.

        Nel caso in cui la deliberazione del Consiglio regionale relativa all'indizione del referendum abbia previsto che le popolazioni interessate alla consultazione debbano essere sentite separatamente sullo stesso quesito, l'ufficio centrale circoscrizionale per il referendum provvede con distinte procedure e con distinti verbali alle operazioni indicate nell'articolo precedente.

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Art. 9.

        Il Presidente della Giunta regionale, non appena ricevuto il verbale o i verbali di cui agli articoli 8 e 9, dispone la pubblicazione dei risultati del referendum consultivo nel Bollettino Ufficiale della Regione.

Art. 10.

        Il Consiglio regionale delibera relativamente alla proposta di legge sottoposta a referendum entro sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dei risultati del referendum stesso.

Liguria

        L.R. 28 novembre 1977, n.  44 Norme di attuazione dello Statuto sull'iniziativa e sui referendum popolari (modificata da ultimo dalla L.R. 29-11-2013 n.  38) Capo II – Referendum consultivi (artt. 37-43)

Art. 38.
Referendum consultivo obbligatorio sull'istituzione di nuovi Comuni e sui mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali.

        Prima di procedere all'approvazione di ogni progetto di legge che comporti l'istituzione di nuovi Comuni ovvero mutamenti delle circoscrizioni o delle denominazioni comunali, il Consiglio regionale delibera l'effettuazione del referendum consultivo obbligatorio previsto dall'articolo 11, ultimo comma dello Statuto.
        Il referendum non viene effettuato per le mere determinazioni di confine tra Comuni previste dall'articolo 32, 1o comma, del T.U. della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n.  383.
        La deliberazione del Consiglio regionale deve indicare il quesito da sottoporre a votazione con riferimento agli estremi della relativa proposta di legge.
        Hanno diritto al voto le popolazioni di tutti i Comuni direttamente interessati alle istituzioni, mutamenti, denominazioni di cui al 1o comma.
        Il referendum consultivo per la costituzione in Comune o in comuni autonomi di una o più frazioni, borgate o parte di territorio di uno stesso Comune o di comuni distinti ovvero per le modificazioni delle circoscrizioni comunali può riguardare la sola popolazione del territorio oggetto del trasferimento qualora il Consiglio regionale rilevi la sussistenza di entrambe le seguenti condizioni:
            a) la popolazione o il territorio che è oggetto di trasferimento risulti inferiore rispettivamente al 30 per cento della popolazione o al 10 per cento del territorio del Comune di origine o di quello di destinazione;Pag. 62
            b) l'area non abbia un'incidenza rilevante sugli interessi del Comune cedente e della relativa popolazione complessiva.

        Le norme di cui al precedente comma non operano per i comuni con popolazione inferiore ai cinquemila abitanti.

Art. 39.
Decreto di indizione del referendum consultivo.

        Il Presidente della Giunta regionale, sentita la Giunta, indice il referendum consultivo con proprio decreto da emanarsi entro dieci giorni dall'esecutività delle deliberazioni del Consiglio regionale di cui agli artt. 37 e 38, fissando la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa tra il sessantesimo e il novantesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto stesso nel Bollettino Ufficiale della Regione.

Art. 40.
Norme applicabili ai referendum consultivi.

        Per lo svolgimento dei referendum consultivi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli artt. 27, 29, 30, 31, 32, 34.
        Qualora il referendum consultivo interessi solo una parte della popolazione della Regione, vengono costituiti Uffici provinciali per il referendum soltanto nelle province i cui elettori siano, in tutto o in parte, chiamati a votare.
        Non si applicano, limitatamente al referendum facoltativo, le disposizioni degli artt. 25 e 26.

        [...]

Art. 42.
Proclamazione dei risultati del referendum e loro pubblicazione.

        1. Si intende che il parere popolare su quanto sottoposto a referendum sia favorevole qualora abbia partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e la maggioranza dei voti validamente espressi sia a favore della proposta.
        2. Nei referendum consultivi obbligatori per l'istituzione di nuovi comuni, per la fusione fra comuni e per mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali il quesito sottoposto a referendum è dichiarato accolto quando in ciascuno dei comuni interessati abbia partecipato almeno il 30 per cento degli aventi diritto al voto e la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi in ciascuno degli stessi sia a favore della proposta.
        3. Il Presidente della Giunta regionale, non appena ricevuto il verbale di proclamazione del risultato della votazione da parte dell'Ufficio regionale per il referendum, dispone la pubblicazione dei risultati nel Bollettino Ufficiale della Regione.

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Art. 43.
Adempimenti del Consiglio regionale successivi al referendum.

        Il Consiglio regionale deve deliberare relativamente al progetto di legge o di provvedimento sottoposto a referendum consultivo entro sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dei risultati del referendum.

Lombardia

        L.R. 15 dicembre 2006 n.  29 Testo unico delle leggi regionali in materia di circoscrizioni comunali e provinciali. CAPO III Disposizioni procedurali; in particolare, articolo 9-bis Referendum consultivo per l'incorporazione di uno o più comuni in un comune contiguo (modificato da ultimo dall'articolo 1 della L.R. 26 maggio 2016, n.  14).

Art. 4.
Istituzione di nuovi comuni

        1. L'istituzione di nuovi comuni può aver luogo a seguito:
            a) della fusione di due o più comuni contigui;
            b) della istituzione, in uno o più comuni, di una o più borgate del comune o di più comuni, quando le condizioni dei luoghi non lo sconsiglino e sempreché il nuovo comune non abbia popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o la costituzione del nuovo comune non comporti, come conseguenza, che altri comuni scendano al di sotto di tale limite;
            c) di scorporo da aree d'intensa urbanizzazione site nell'area metropolitana di Milano, ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali).

        [...]

Art. 7.
Iniziativa legislativa

        1. L'iniziativa legislativa per l'istituzione di nuovi comuni, per il mutamento delle circoscrizioni e delle denominazioni di quelli esistenti, è esercitata nelle forme previste dallo Statuto della Regione.
        2. Ai fini della presente legge, per le proposte di iniziativa popolare si applicano le disposizioni della legge regionale 2 ottobre 1971, n.  1 (Norme sull'iniziativa popolare per la formazione di leggi ed altri atti della regione).
        3. Indipendentemente dall'adozione dell'iniziativa popolare, i consigli comunali, con deliberazione assunta a maggioranza dei consiglieri assegnati, o la maggioranza degli elettori residenti nei Pag. 64comuni, nelle frazioni o borgate, interessati all'adozione di uno dei provvedimenti previsti dagli articoli precedenti, possono presentare richiesta al Presidente della Giunta regionale per la promozione della relativa procedura e per la presentazione del progetto di legge, previa verifica dei requisiti formali della richiesta; le firme degli elettori richiedenti devono essere autenticate ai sensi delle vigenti norme regionali in materia di iniziativa popolare.
        3.1. Nel caso di incorporazione di comuni, i comuni interessati effettuano il referendum consultivo di cui all'articolo 1, comma 130, quinto periodo, della legge 7 aprile 2014, n.  56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), prima che i relativi consigli comunali deliberino la richiesta di avvio della procedura per la presentazione del progetto di legge di cui al comma 3 (5).
        3-bis. La richiesta dei consigli comunali o della maggioranza degli elettori residenti nei comuni, nelle frazioni o borgate di cui al comma 3 è presentata al Presidente della Giunta regionale entro e non oltre il 1o gennaio di ogni anno.
        4. A seguito della verifica dei requisiti formali da parte della Giunta regionale, il Presidente della Regione trasmette il progetto di legge al Presidente del Consiglio regionale entro il 1o aprile.
        4-bis. In caso di richiesta di avvio della procedura di cui al comma 3.1, le delibere dei consigli comunali interessati attestano, ai fini della verifica dei requisiti formali da parte della Giunta regionale, l'effettuazione del referendum secondo le norme dei rispettivi statuti e regolamenti e nel rispetto dell'articolo 133, secondo comma, della Costituzione, ne riportano gli esiti e indicano l'eventuale sussistenza di contenzioso sulla regolarità delle operazioni referendarie o anche sui risultati della votazione. I comuni interessati allegano alla richiesta i verbali di proclamazione dei risultati della consultazione referendaria, nonché ogni altra documentazione utile ai fini della deliberazione del Consiglio regionale relativa alla possibile assunzione del referendum ai sensi dell'articolo 9-bis.
        5. Ciascun progetto di legge è accompagnato da una relazione che pone in evidenza le esigenze di più razionale assetto del territorio, di carattere economico e finanziario e di organizzazione e gestione dei servizi che lo giustifichino.

Art. 8.
Pareri

        1. I progetti di legge per la istituzione di nuovi comuni o per il mutamento delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali, presentati all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, sono trasmessi, per la formulazione del parere di merito con deliberazione assunta a maggioranza dei consiglieri assegnati, ai consigli comunali interessati che non si siano già espressi a norma dell'articolo 7, comma 3; la trasmissione dei progetti di legge di iniziativa popolare è effettuata successivamente alla dichiarazione di ammissibilità degli stessi da parte dell'Ufficio di Presidenza a norma degli articoli 9 e 12 della L.R. n.  1/1971. Pag. 65
        2. I progetti di legge sono altresì trasmessi al consiglio provinciale territorialmente competente, nonché, qualora si tratti di un comune montano, all'assemblea della comunità montana nel cui ambito territoriale lo stesso ha sede, per la formulazione del rispettivo parere di merito.
        3. I pareri di cui ai commi 1 e 2 debbono essere resi al Consiglio regionale entro il termine di trenta giorni dalla ricezione del progetto di legge; decorso tale termine si intendono favorevoli.

Art. 9.
Referendum consultivo.

        1. [Abrogato].
        2. L'effettuazione del referendum, ai fini di quanto previsto dall'articolo 133 della Costituzione è deliberata dal Consiglio regionale, su proposta della commissione consiliare competente, entro il 15 maggio di ogni anno, successivamente alla trasmissione dei progetti di legge per i pareri di cui all'articolo 8.
        3. La consultazione referendaria deve riguardare l'intera popolazione dei comuni interessati da modifiche territoriali salvo che, per le caratteristiche dei gruppi presenti sul territorio degli stessi, dei luoghi, delle infrastrutture e delle funzioni territoriali, nonché per la limitata entità della popolazione o del territorio, rispetto al totale, si possano escludere dalla consultazione le popolazioni che non presentino un interesse diretto e qualificato alla variazione territoriale.
        4. I risultati del referendum sono valutati sulla base sia del risultato complessivo sia degli esiti distinti per ciascuna parte del territorio diversamente interessata.
        4-bis. La votazione si intende favorevole in caso di conseguimento, in ogni comune interessato, della maggioranza dei voti validi favorevolmente espressi.
        5. Qualora i residenti aventi diritto al voto ai sensi dell'articolo 26 della legge regionale 28 aprile 1983, n.  34 (Nuove norme sul referendum abrogativo della regione Lombardia – Abrogazione L.R. 31 luglio 1973, n.  26 e successive modificazioni) siano in numero non superiore a cinquanta alla data di presentazione del progetto di legge, il Consiglio regionale può deliberare di effettuare la consultazione della popolazione interessata secondo modalità semplificate, in deroga alle previsioni del comma 9, volte al contenimento della spesa pubblica e nel rispetto dei diritti di segretezza e libertà del voto.
        5-bis. La data di effettuazione della consultazione di cui al comma 5, in ogni caso successiva al decorso dei termini di cui all'articolo 8, è fissata con decreto del Presidente della Giunta regionale, sentito il comune o i comuni interessati. La consultazione si svolge presso la sede del comune o dei comuni interessati; a tal fine gli uffici comunali preposti, in aula aperta al pubblico:
            a) procedono allo spoglio dei voti;
            b) computano i voti favorevoli e contrari alla proposta;
            c) redigono e trasmettono al Presidente della Giunta regionale e al Presidente del Consiglio regionale i verbali di scrutinio e di Pag. 66proclamazione dei risultati entro dieci giorni dalla data di svolgimento della consultazione.

        5-ter. Il Presidente della Giunta regionale, non appena ricevuti i verbali di cui al comma 5-bis, lettera c), ne dispone con decreto la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione. I pareri di cui all'articolo 8 e i risultati della consultazione di cui al comma 5 sono trasmessi, a cura del Presidente del Consiglio regionale, alla competente commissione consiliare per l'ulteriore corso del procedimento legislativo.

        [...]

Art. 9-bis.
Referendum consultivo per l'incorporazione di uno o più comuni in un comune contiguo.

        1. A seguito della presentazione del progetto di legge conseguente alla verifica di cui all'articolo 7, comma 4-bis, il Consiglio regionale delibera, su proposta della commissione consiliare competente, in merito alla possibilità di assumere, in luogo dell'effettuazione del referendum consultivo di cui all'articolo 9 anche con le modalità di cui all'articolo 26-bis della L.R. 34/1983, i referendum già effettuati dai comuni interessati, anche al fine del contenimento della spesa pubblica. In caso di assunzione dei referendum effettuati dai comuni interessati, il Consiglio regionale delibera la non effettuazione del referendum di cui all'articolo 9, fatta salva l'applicazione, ai fini della valutazione dei risultati dei referendum assunti, dei commi 4 e 4-bis del medesimo articolo.
        2. Le spese dei referendum consultivi comunali di cui all'articolo 7, comma 4-bis, sono rimborsate dalla Regione, qualora il Consiglio regionale deliberi di assumerli in luogo del referendum di cui all'articolo 9, nei limiti della disponibilità di bilancio e secondo criteri e modalità stabiliti dalla Giunta regionale.
        3. Il referendum di cui all'articolo 7, comma 4-bis, si svolge con le modalità previste dal regolamento comunale, fermo restando quanto segue:
            a) l'indizione è effettuata con deliberazione dei consigli comunali interessati;
            b) gli uffici preposti sovraintendono alle operazioni elettorali e, in aula aperta al pubblico, procedono allo spoglio dei voti, computano i voti favorevoli e contrari alla proposta, redigono i verbali di scrutinio e di proclamazione dei risultati entro dieci giorni dalla data di svolgimento della consultazione;
            c) il modulo per l'espressione della volontà degli aventi diritto, che riporta il quesito da sottoporre alla consultazione popolare e le risposte per la scelta da parte dell'elettore, il modello del verbale di scrutinio e di proclamazione dei risultati, le modalità di convocazione Pag. 67degli elettori ed eventuali ulteriori indicazioni operative sono stabiliti con decreto del dirigente regionale competente in materia di enti locali.

        4. La delibera del Consiglio regionale di assunzione dei referendum consultivi comunali è pubblicata, unitamente ai verbali di proclamazione dei risultati della consultazione, nel Bollettino ufficiale della Regione.
        4-bis. In caso di referendum per la contestuale incorporazione di due o più comuni in un comune ad essi contermine, le schede per la votazione referendaria devono essere redatte secondo il modello di cui al paragrafo 1 dell'allegato B bis.
        4-ter. In caso di indizione di referendum consultivo comunale per l'incorporazione di uno o più comuni in un comune contiguo, il cui esito favorevole possa rendere altri comuni contermini al comune incorporante, in quest'ultimo e nei comuni ad esso potenzialmente contermini può essere indetto, nella stessa data, ulteriore referendum consultivo comunale ai fini dell'incorporazione degli stessi comuni nel comune incorporante. Le schede per la votazione referendaria devono essere redatte secondo il modello di cui al paragrafo 2 dell'allegato B bis.
        4-quater. Le disposizioni legislative per l'incorporazione di comuni non contermini che hanno effettuato il referendum consultivo comunale ai sensi del comma 4-ter acquistano efficacia a seguito dell'entrata in vigore delle norme che, prevedendo l'incorporazione di uno o più comuni in comune contiguo, rendono contermini a quest'ultimo i comuni inizialmente non contigui di cui al comma 4-ter.

Art. 10.
Adempimenti per il procedimento legislativo

        1. Il Presidente della Giunta regionale, non appena ricevuto il verbale trasmesso dall'ufficio centrale per il referendum ai sensi della L.R. 34/1983, comunica i risultati del referendum regionale consultivo di cui all'articolo 9 e ne dispone la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione con decreto.
        2. Il Presidente del Consiglio regionale trasmette i pareri di cui all'articolo 8 e i risultati del referendum di cui all'articolo 9 alla competente commissione consiliare per l'ulteriore corso del procedimento legislativo; il Consiglio regionale delibera, di norma, entro quarantacinque giorni dal ricevimento del verbale dell'ufficio centrale per il referendum, e comunque in modo da consentire, in caso di approvazione, l'entrata in vigore della legge di fusione il 1o gennaio dell'anno successivo.
        2-bis. La tempistica di cui all'articolo 7, commi 3-bis e 4, e all'articolo 9, commi 2 e 7, non si applica alle domande di incorporazione di uno o più comuni in un comune contiguo di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 5.

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Marche

        L.R. 5 aprile 1980, n.  18, Norme sui referendum previsti dallo statuto (modificata da ultimo dalla L.R. 29-7-2013 n.  22); in particolare articoli 20 e 21.

Art. 20.

        1. Il Consiglio regionale, prima di procedere all'emanazione di provvedimenti di sua competenza, può deliberare lo svolgimento di referendum consultivi delle popolazioni interessate ai provvedimenti.
        2. La deliberazione del Consiglio regionale deve indicare il quesito e gli elettori interessati.
        3. Sono in ogni caso sottoposte a referendum consultivo delle popolazioni interessate le proposte di legge concernenti l'istituzione di nuovi comuni e i mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali.
        4. Il Presidente della Giunta regionale indice con decreto il referendum consultivo entro sei mesi dalla trasmissione della deliberazione consiliare, indicata al secondo comma, da parte dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale. Il referendum è effettuato non oltre centoventi giorni dalla data del decreto di indizione.

Art. 21.

        Per lo svolgimento delle operazioni relative al referendum, di cui all'articolo precedente, si applicano le norme di cui agli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16, in quanto compatibili.
        Il presidente della Giunta, non appena ricevuto il verbale delle operazioni elettorali trasmesso dal segretario dell'ufficio centrale regionale, ordina la pubblicazione dei risultati del referendum nel Bollettino Ufficiale della Regione.

        L.R. 16 gennaio 1995, n.  10, Norme sul riordinamento territoriale dei Comuni e delle Province nella Regione Marche.

Art. 10.
Referendum consultivo.

        1. Il Consiglio regionale, dopo che la commissione consiliare si sia espressa sulla proposta di legge di cui all'articolo 8, delibera sulla indizione del referendum consultivo sulla proposta di legge.
        2. Il Presidente della Giunta regionale fissa con proprio decreto la data di effettuazione del referendum, in seguito alla trasmissione della deliberazione consiliare di cui al comma 1, secondo le modalità e i termini di cui al comma 4 dell'articolo 20 della L.R. 5 aprile 1980, n.  18.
        3. [Abrogato].
        4. Il referendum consultivo sulla proposta di legge per l'istituzione di nuovi Comuni, mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni Pag. 69comunali è valido indipendentemente dal numero degli aventi diritto al voto che vi hanno partecipato.
        4-bis. Il referendum di cui al presente articolo non si effettua nei casi previsti all'articolo 8-bis.

Molise

        L.R. 12 maggio 1975 n.  35 Norme generali sulle circoscrizioni comunali e disciplina dei referendum consultivi previsti dallo Statuto (modificata da ultimo dall'articolo 21 della L.R. 4 maggio 2016, n.  4).

Art. 1.

        Per l'istituzione di nuovi comuni, la fusione di comuni già esistenti compresi nella stessa provincia, la modificazione delle circoscrizioni comunali e delle loro denominazioni, l'istituzione di isole amministrative, si adempie all'obbligo di sentire le popolazioni interessate previsto dal secondo comma dell'articolo 133 della Costituzione e dall'articolo 16, comma 2, lettera g) dello Statuto, seguendo le disposizioni della presente legge che determina anche requisiti, limitazioni e condizioni.

Art. 2.

        1. Quando sia stata presentata una proposta di legge concernente uno degli oggetti di cui all'articolo 1, la medesima, previo esame della Commissione consiliare competente sulla sussistenza dei requisiti e delle condizioni richiesti dalla presente legge e, per quanto in essa non previsto ed in quanto applicabili, dalle norme di legge statale, è iscritta all'ordine del giorno del Consiglio regionale per la deliberazione sull'effettuazione del referendum.
        2. La consultazione referendaria deve riguardare l'intera popolazione dei comuni interessati da modifiche territoriali salvo che, per le caratteristiche dei gruppi presenti sul territorio degli stessi, dei luoghi, delle infrastrutture e delle funzioni territoriali, nonché per la limitata entità della popolazione o del territorio rispetto al totale, si possano escludere dalla consultazione le popolazioni che non presentino un interesse diretto e qualificato alla variazione territoriale. La limitata ammissione alla consultazione referendaria è motivata, caso per caso, nella deliberazione consiliare di cui al comma 1.
        3. Qualora i residenti aventi diritto al voto siano in numero non superiore al cinque per cento rispetto al totale della popolazione del Comune, il Consiglio regionale, se ne ravvisa la necessità, delibera di effettuare la consultazione della popolazione interessata secondo la modalità semplificata ai sensi dell'articolo 22-bis, volta anche al contenimento della spesa pubblica e nel rispetto dei diritti di segretezza e libertà del voto.
        4. La deliberazione che dispone la effettuazione del referendum deve contenere la formulazione precisa del quesito o dei quesiti da sottoporre alla votazione popolare.

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Art. 3.

        Alle proposte di legge aventi per oggetto la istituzione di nuovi comuni, il distacco di una frazione o di una borgata da un comune per aggregarla ad altro contermine, l'istituzione di isole amministrative, il trasferimento di abitati, o qualsiasi altra modificazione delle circoscrizioni comunali, dev'essere allegata una carta topografica in cui sia tracciato il relativo confine, con la specificazione planimetrica su carta in scala 1:10.000 dei conseguenti termini, nonché con la specificazione della denominazione dei nuovi confini.
        Quando si tratti di istituzione di un nuovo comune, dev'essere altresì allegato uno schema di bilancio che rifletta la situazione patrimoniale e finanziaria ad istituzione avvenuta del nuovo ente.

        [...]

Art. 14.

        Il numero degli aventi diritto al voto è quello risultante dalle liste elettorali del Comune o dei Comuni partecipanti al referendum.
        Quando alla votazione ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto, il quesito sottoposto a referendum è proclamato accolto se il numero dei voti affermativi è superiore a quello dei voti negativi, nel caso contrario è proclamato respinto.
        Qualora al referendum non partecipi la maggioranza degli aventi diritto, l'obbligo della consultazione delle popolazioni interessate si intende assolto.
        Di tutte le operazioni è redatto dal Segretario dell'ufficio centrale apposito verbale in quattro esemplari, di cui uno è depositato nella Cancelleria del Tribunale o, rispettivamente, della Sezione di Corte di Appello, con tutti gli allegati trasmessi dagli uffici di sezione e quelli dell'ufficio centrale, gli altri tre sono trasmessi rispettivamente ai Presidenti del Consiglio e della Giunta Regionale ed al Commissario di Governo.

Art. 15.

        Ricevuto il verbale di cui all'articolo che precede, il Presidente del Consiglio lo trasmette, unitamente alla proposta di legge in relazione alla quale è stato effettuato il referendum, alla commissione competente.
        La proposta di legge segue, sia in commissione che in assemblea, la procedura prevista dal regolamento interno del Consiglio per le proposte di legge.

Art. 16.

        Se il referendum ha avuto esito negativo, non può farsi luogo a nuovo referendum sullo stesso oggetto prima del decorso di tre anni.

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Piemonte

        L.R. 16 gennaio 1973 n.  4 – Iniziativa popolare e degli Enti locali e referendum abrogativo e consultivo (e successive modificazioni) TITOLO III Referendum consultivo per l'istituzione nel territorio della Regione, di nuovi Comuni per la modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali, previsto dall'articolo 133, comma secondo, della Costituzione (artt. 33- 38).

Art. 33.

        1. Il referendum consultivo per l'istituzione di nuovi comuni, la modificazione delle circoscrizioni e denominazioni comunali, di cui all'articolo 133, comma 2, della Costituzione, è deliberato dal Consiglio regionale su iniziativa dei soggetti di cui all'articolo 44 dello Statuto ed in conformità alla legge regionale 2 dicembre 1992, n.  51 (Disposizioni in materia di circoscrizioni comunali, unione e fusione di Comuni, circoscrizioni provinciali).
        2. La deliberazione del Consiglio regionale favorevole all'effettuazione del referendum consultivo deve indicare il quesito da sottoporre a votazione, nonché i comuni o il comune in cui gli elettori sono chiamati a consultazione.
        3. Al referendum consultivo sono chiamati:
            a) nel caso di istituzione di nuovi comuni, tutti gli elettori residenti nei comuni interessati dalla variazione territoriale;
            b) nel caso di modificazione delle circoscrizioni comunali, tutti gli elettori residenti nel territorio dei comuni interessati dalla modificazione territoriale;
            c) nel caso di modificazione della denominazione del comune, tutti gli elettori residenti nel comune interessato.

        4. Nel caso di cui al comma 3, lettera a), con la deliberazione di cui al comma 2, il Consiglio regionale può limitare il referendum alla sola popolazione residente nella parte di territorio che intende costituirsi in comune autonomo, qualora tale parte di territorio abbia una caratterizzazione distintiva, nonché manchi di infrastrutture o di funzioni territoriali di particolare rilievo.
        5. Nel caso di cui al comma 3, lettera b), con la deliberazione di cui al comma 2, il Consiglio regionale può limitare il referendum alla sola popolazione residente nella parte di territorio del comune da cui si chiede il distacco sulla base della valutazione dei medesimi elementi di fatto indicati al comma 4.
        6. Nel caso in cui la richiesta di istituzione di nuovi comuni o di modificazione delle circoscrizioni comunali è presentata dai consigli comunali, gli stessi adottano, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, apposite deliberazioni, adeguatamente motivate con riferimento agli elementi di fatto di cui al comma 4. Il referendum consultivo viene svolto nella parte di territorio individuata nelle deliberazioni stesse e coinvolge la popolazione ivi residente. Pag. 72
        La deliberazione del Consiglio regionale favorevole all'effettuazione del referendum consultivo, deve indicare il quesito da sottoporre a votazione, nonché i Comuni o il Comune in cui gli elettori sono chiamati a consultazione.
        Il referendum consultivo può anche essere limitato a parti di territorio comunale e, in tal caso, la deliberazione del Consiglio regionale delimita l'ambito territoriale entro il quale viene indetto il referendum.».

Art. 33-bis.

        Non è richiesto il referendum per le determinazioni ed eventuali rettifiche di confine tra Comuni per mancanza di delimitazione naturale o per obiettiva incertezza nonché per le rettifiche di confine tra Comuni per ragioni topografiche, quando tutti i Consigli comunali interessati ne fanno domanda e ne fissano d'accordo le condizioni.
        Non è altresì richiesto il referendum, quando si tratta di termini o locuzioni aggiuntive alla denominazione principale del Comune ed il Consiglio comunale interessato ne fa richiesta con la maggioranza dei due terzi dei Consiglieri assegnati al Comune.

Art. 34.

        Il referendum consultivo è indetto con decreto del Presidente della Giunta che fissa la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno, oppure in una domenica compresa tra il 1o ottobre ed il 15 novembre a seconda che la deliberazione del Consiglio regionale favorevole all'effettuazione del referendum consultivo sia divenuta esecutiva entro il 31 gennaio od entro il 31 luglio.
        Il decreto del Presidente della Giunta deve essere emanato tra il 70o e il 50o giorno precedente la data fissata per la votazione relativa al referendum consultivo e deve essere notificato al Commissario del Governo, al Presidente della Corte di Appello di Torino ed al Presidente del Tribunale di cui al successivo articolo 36, comma primo, nonché comunicato ai Sindaci o al Sindaco dei Comuni o del Comune ed ai Presidenti o al Presidente delle Commissioni mandamentali o della Commissione mandamentale interessati.
        Il Sindaco o i Sindaci interessati provvedono a dare notizia agli elettori della votazione per il referendum consultivo mediante appositi manifesti che devono essere affissi 45 giorni prima della data stabilita per le votazioni stesse.

Art. 34-bis.
Deroghe di termini per cause di forza maggiore.

        1. Nel caso in cui, per sopravvenute cause di forza maggiore, non possa farsi luogo alla consultazione per la data fissata nel decreto di cui al comma 1 dell'articolo 34, il Presidente della Giunta regionale ne dispone il rinvio con proprio decreto, anche in deroga alle date previste da tale disposizione, nel rispetto della tempistica degli adempimenti preelettorali previsti dalla normativa vigente.

Pag. 73

Art. 35.

        Per il procedimento elettorale relativo al referendum consultivo, si osservano le norme di cui agli artt. 22, 23, 24, 25 e 26 della presente legge, in quanto applicabili.

Art. 36.

        1. Entro 40 giorni dalla data del decreto che indice il referendum consultivo è costituito, presso il Tribunale del capoluogo di Provincia nella cui circoscrizione si trovano i Comuni o il Comune o la parte di essi, in cui sono convocati gli elettori, l'Ufficio centrale circoscrizionale per il referendum, composto nei modi previsti dall'articolo 8 della legge 17 febbraio 1968, n.  108, comma primo e secondo.
        2. L'Ufficio centrale circoscrizionale per il referendum, appena pervenuti i verbali dagli Uffici di Sezione dei Comuni o del Comune in cui si è effettuata la votazione ed i relativi allegati, procede, in pubblica adunanza, all'accertamento della somma dei voti validi favorevoli e dei voti validi contrari al quesito sottoposto a votazione ed alla conseguente proclamazione dei risultati del referendum consultivo, dopo aver provveduto al riesame dei voti contestati e provvisoriamente non assegnati.
        3. Il quesito sottoposto a referendum consultivo è dichiarato accolto quando la somma dei voti validi affermativi al quesito sia maggiore rispetto alla somma dei voti validi negativi espressi dagli elettori votanti nei comuni o nel comune o nell'ambito territoriale, in cui il referendum consultivo è stato indetto; altrimenti è dichiarato respinto.
        3-bis. Nelle fattispecie previste all'articolo 33, commi 4, 5 e 6, l'accertamento di cui al comma 2, si effettua sulla base della partecipazione alla votazione della maggioranza degli aventi diritto. In tal caso il quesito sottoposto a referendum è dichiarato accolto quando la somma dei voti validi affermativi al quesito non è inferiore alla maggioranza dei voti validamente espressi dagli elettori, iscritti nelle liste per le elezioni regionali, votanti nella parte di territorio in cui il referendum consultivo è stato indetto; altrimenti è dichiarato respinto.
        4. Il segretario dell'Ufficio centrale circoscrizionale per il referendum redige il verbale delle operazioni in tre esemplari.
        5. Un esemplare è depositato presso la cancelleria del Tribunale, unitamente ai verbali ed agli atti relativi, trasmessi agli Uffici di Sezione.
        6. I rimanenti esemplari sono trasmessi rispettivamente al Presidente della Giunta regionale e al Commissario del Governo.

        [...]

Art. 38.

        Entro 60 giorni dalla proclamazione dei risultati del referendum consultivo, se l'esito è stato favorevole, il Presidente della Giunta Pag. 74propone al Consiglio regionale di procedere all'esame del disegno di legge inerente il quesito sottoposto a referendum.
        Entro lo stesso termine, se l'esito è stato negativo il Presidente della Giunta ha facoltà di proporre egualmente al Consiglio regionale di procedere all'esame del disegno di legge inerente il quesito sottoposto a referendum.

Puglia

        L.R. 20 dicembre 1973, n.  27, Norme sul referendum abrogativo e consultivo. (e successive modificazioni); in particolare articoli da 21 a 26.

Art. 21.

        Sono sottoposti a referendum consultivo delle popolazioni interessate i progetti di legge concernenti le istituzioni di nuovi comuni e i mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali.
        Il Consiglio regionale, prima di procedere all'esame di ogni progetto di legge di cui al comma precedente, delibera la effettuazione del referendum consultivo previa acquisizione degli accertamenti richiesti in via preliminare alla competente Commissione consiliare.
        La deliberazione del Consiglio deve precisare esattamente il quesito da sottoporre a referendum e indicare le popolazioni interessate da chiamare a consultazione.
        Per popolazioni interessate si intendono:
        Istituzioni di nuovi comuni:
            a) nel caso di istituzione di nuovi comuni: gli elettori della frazione o delle frazioni che devono essere erette in comune autonomo;
            b) nel caso di fusione di comuni contermini: gli elettori dei comuni interessati;

        Mutamento di circoscrizione comunale:
            c) nel caso di incorporazione di un Comune in un altro contermine: gli elettori del comune da incorporare;
            d) nel caso di distacco di una parte del territorio comunale da un Comune con aggregazione ad un Comune contermine: gli elettori del territorio da distaccare;
            e) nel caso di ampliamento del territorio di un Comune al quale viene incorporata parte del territorio contermine di un altro Comune: gli elettori insistenti sul territorio oggetto di trasferimento ovvero gli elettori del Comune da spogliare qualora sul territorio da trasferire non insistano elettori;
            f) nel caso di permuta del territorio fra due o più Comuni contermini: gli elettori dei territori oggetto di permuta; Pag. 75
Mutamenti di denominazione comunale:
            g) nel caso di mutamento di denominazione comunale; gli elettori del Comune interessato.

Art. 22.

        1. Il Presidente della Giunta regionale indice con decreto il referendum consultivo in seguito alla trasmissione della delibera consiliare da parte del Presidente del Consiglio regionale.

        [...]

Art. 26.

        Il Presidente della Giunta regionale, non appena ricevuto il verbale di cui all'ultimo comma dell'articolo 23, ordina la pubblicazione dei risultati sul Bollettino Ufficiale della Regione.

        L.R. 1o agosto 2014, n.  34, Disciplina dell'esercizio associato delle funzioni comunali.

Art. 6.
Fusione di Comuni.

        1. Ai sensi dell'articolo 4 della legge regionale 20 dicembre 1973, n.  26 (Norme in materia di circoscrizioni comunali), i Comuni possono essere riuniti tra loro e uno o più comuni possono essere aggregati a un altro comune, quando i rispettivi consigli comunali ne facciano domanda e ne fissino in accordo tra loro le condizioni; la Regione, prima di adottare il relativo provvedimento costitutivo ha l'obbligo di sentire le popolazioni interessate mediante consultazione elettorale.
        2. Ai sensi del comma 2 dell'articolo 133 della Costituzione, la Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare la propria circoscrizione e denominazioni.
        3. Ai sensi del comma 1 dell'articolo 15 del D.Lgs. 267/2000, la Regione può modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni sentite le popolazioni interessate, nelle forme previste dalla legge regionale.
        4. Su richiesta dei comuni interessati alla fusione, che può avvenire anche per incorporazione, deliberata dai rispettivi consigli comunali, la Giunta regionale presenta un disegno di legge per l'istituzione del nuovo comune.
        5. Il progetto di legge regionale deve comprendere opportunamente:
            a) la descrizione dei confini dell'istituendo comune e di tutti i comuni interessati;
            b) la cartografia in scala 1:10.000, o superiore, relativa ai suddetti confini; Pag. 76
            c) le indicazioni di natura demografica e socio-economica relative sia alla nuova realtà territoriale che agli enti locali coinvolti, nonché del loro stato patrimoniale a supporto dell'istituzione di un nuovo comune;
            d) gli elementi finanziari significativi tratti dall'ultimo bilancio preventivo e consuntivo approvato dai comuni interessati;
            e) una proposta di riorganizzazione e gestione dei servizi sul territorio interessato, che ne evidenzi i vantaggi;
            f) le deliberazioni dei consigli comunali.

        6. La Commissione consiliare regionale competente, constatata la completezza e correttezza della documentazione di cui al comma 5, esprime il proprio parere in merito all'indizione del referendum consultivo, ovvero in merito alla possibilità di assumere i referendum eventualmente già effettuati dai comuni interessati ai sensi del D.Lgs. 267/2000, secondo le norme dei rispettivi statuti e regolamenti e rispondenti al dettato dell'articolo 133, ultimo comma, della Costituzione.
        7. Il parere della commissione consiliare regionale è quindi trasmesso al Consiglio regionale per il suo esame finalizzato all'indizione del referendum, ovvero della presa d'atto della deliberazione, ovvero della delibera che fa propri i risultati dei referendum effettuati dai comuni.
        8. Acquisiti i risultati del referendum, la commissione consiliare regionale, entro sessanta giorni dalla data di proclamazione dei risultati del referendum, esprime il proprio parere in merito al progetto di legge e lo invia al Consiglio regionale.
        9. Il comune di nuova istituzione o il comune la cui circoscrizione risulta ampliata subentra nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi che attengono al territorio e alle popolazioni sottratte al comune o ai comuni di origine.
        10. Al comune di nuova istituzione vanno trasferite le risorse strumentali, finanziare e umane da parte dei comuni originari, ferme restando, per il personale, le posizioni economiche e giuridiche già acquisite.

Sardegna

        L.R. 30-10-1986 n.  58 Norme per l'istituzione di nuovi comuni, per la modifica delle circoscrizioni comunali e della denominazione dei comuni e delle frazioni (come modificata da ultimo dalla L.R. 4 febbraio 2016, n.  2)

Art. 4.
Iniziativa.

        L'iniziativa per i procedimenti di cui al presente titolo può essere assunta: dalla Giunta regionale, da un quinto dei Consiglieri regionali; dal Comune o da uno dei comuni interessati mediante deliberazione Pag. 77del consiglio comunale; da un quinto degli elettori residenti nella frazione o territorio che si chiede di erigere in comune autonomo o di trasferire ad altro comune, ovvero nel comune che si chiede di aggregare ad altro contermine o in uno dei comuni che si chiede di fondere.
        Quando l'iniziativa è assunta dagli elettori, le firme della relativa istanza devono essere autenticate da un notaio, cancelliere, segretario comunale o altro funzionario incaricato dal sindaco secondo le modalità previste dal secondo, terzo e quarto comma dell'articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n.  15.
        In ogni caso, il sindaco o il segretario del comune interessato devono certificare che i firmatari dell'istanza rappresentano almeno un quinto degli elettori.

        [...]

Art. 8.
Commissione paritetica.

        L'Assessore regionale competente in materia di Enti locali, accertata la sussistenza dei requisiti di cui ai precedenti articoli e che non ostino i divieti di cui al successivo articolo 13 sottopone il progetto di delimitazione territoriale all'esame di una commissione composta da rappresentanti dei comuni e delle frazioni e da lui nominata con proprio decreto (3).
        I consigli comunali designano i propri rappresentanti in numero di tre per ogni comune, in modo da assicurare la rappresentanza della minoranza consiliare.
        Qualora il comune sia retto da un commissario, questi designa i tre rappresentanti del comune scegliendoli tra i componenti del disciolto consiglio nel rispetto dei rapporti di forza in esso esistente tra i diversi gruppi politici.
        In ogni caso la relativa deliberazione deve essere adottata entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta dell'Assessore regionale su indicazione dei promotori contenuta nell'istanza.
        La commissione, nella sua prima riunione, da fissarsi nel decreto assessoriale di nomina, elegge, nel suo seno, il presidente ed il segretario.
        La commissione, entro novanta giorni dalla data della sua nomina, deve deliberare sul progetto presentato.
        Qualora il termine decorra senza che la commissione giunga ad una deliberazione valida, l'Assessore regionale provvede d'ufficio alla redazione del progetto.
        I verbali delle sedute della commissione, che delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti, devono essere inviati all'Assessorato competente in materia di Enti locali, a cura del segretario, entro cinque giorni dalla data di ogni seduta.
        Quando l'iniziativa sia stata assunta in modo concorde da tutti i comuni interessati non è necessaria la nomina della commissione paritetica e l'Assessore procede direttamente alla trasmissione della richiesta al Consiglio regionale.

Pag. 78

Art. 9.
Parere del Comune.

        L'Assessore regionale invia il progetto approvato dalla commissione paritetica o predisposto d'ufficio al comune o ai comuni interessati che non abbiano assunto l'iniziativa perché esprimano con deliberazione consiliare il proprio motivato parere entro centoventi giorni.
        Trascorso inutilmente tale termine, il parere si ha per favorevole.
        Il progetto deve essere pubblicato all'albo pretorio per la durata di quindici giorni consecutivi. Qualsiasi elettore ha facoltà di farvi opposizione.
        Decorsi i termini di cui sopra, il Sindaco restituisce all'Assessorato il progetto munito dell'attestazione dell'avvenuta pubblicazione unitamente alla deliberazione di cui al primo comma del presente articolo, se è stata adottata.

Art. 10.
Deliberazione del Consiglio regionale.

        Entro sessanta giorni dall'acquisizione dei pareri di cui al precedente articolo la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente in materia di Enti locali, presenta al Consiglio regionale una documentata relazione sulla richiesta.
        Il Consiglio regionale può a maggioranza semplice respingere l'istanza, ovvero deliberare di dar luogo alla consultazione mediante referendum esteso a tutti gli elettori residenti nelle frazioni o nei comuni interessati, sulla base della proposta di delimitazione deliberata dalla Commissione paritetica o predisposta d'ufficio.

        [...]

Art. 22.
Modalità della consultazione popolare.

        La consultazione popolare, quando vi si debba procedere, ha luogo con voto libero e segreto degli elettori iscritti nella lista elettorale del comune o dei comuni interessati ovvero, nei casi di cui al precedente articolo 11, commi primo e secondo, nelle liste sezionali delle frazioni.
        La consultazione non è valida se non vi partecipa almeno la metà degli elettori; la maggioranza si calcola in base ai voti validamente espressi.

        [...]

Art. 39.
Risultato della votazione.

        Il risultato della consultazione viene proclamato dal Presidente della Giunta regionale e sottoposto al Consiglio regionale dalla Giunta Pag. 79regionale su proposta dell'Assessore competente in materia di Enti locali per l'adozione della relativa legge.
        Qualora la richiesta consegua la maggioranza dei voti validamente espressi, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente in materia di Enti locali, presenta al Consiglio il relativo disegno di legge.

Sicilia

        L.R. 23 dicembre 2000 n.  30 Norme sull'ordinamento degli enti locali; artt. 8 e Variazioni territoriali e di denominazione dei comuni (modificato da ultimo dall'articolo 11, commi 144-145, della L.R. 26/2012) e articolo 9 Potere di iniziativa del procedimento di variazione.

Art. 8.
Variazioni territoriali e di denominazione dei comuni.

        1. Alle variazioni territoriali dei comuni si provvede con legge, previo referendum delle popolazioni interessate. Per variazioni dei territori comunali si intendono:
            a) l'istituzione di uno o più comuni a seguito dello scorporo di parti del territorio di uno o più comuni;
            b) l'incorporazione di uno o più comuni nell'ambito di altro comune;
            c) la fusione di due o più comuni in uno nuovo;
            d) l'aggregazione di parte del territorio e di popolazione di uno o più comuni ad altro Comune contermine.

        2. Le variazioni di denominazione dei comuni consistenti nel mutamento, parziale o totale, della precedente denominazione, sono anch'esse soggette a referendum sentita la popolazione dell'intero Comune.
        3. Per popolazioni interessate si intendono, nella loro interezza, le popolazioni del comune o dei comuni i cui territori devono subire modificazioni, o per l'istituzione di nuovi comuni, o per la fusione, o per l'incorporazione, o per cambio di denominazione o per il passaggio di parti di territorio e di popolazione da un Comune all'altro.
        4. Nelle ipotesi di istituzione di nuovi comuni o di aggregazioni di parte del territorio e di popolazione di uno o più comuni ad altro Comune contermine, la consultazione referendaria non va riferita all'intera popolazione residente nei comuni interessati alla variazione qualora a questa non possa riconoscersi un interesse qualificato per intervenire nel procedimento di variazione che riguarda parte del territorio rispetto al quale essa non abbia alcun diretto collegamento e la variazione di territorio e popolazione, rispetto al totale, risulti di limitata entità. Pag. 80
        5. In tale ipotesi le «popolazioni interessate» aventi diritto a prendere parte alla consultazione referendaria sono costituite esclusivamente dagli elettori residenti nei territori da trasferire risultanti dall'ultimo censimento ufficiale della popolazione.
        5-bis. Per le finalità di cui al comma 4, per interesse qualificato si intende quello riferito alle infrastrutture o alle funzioni di istituti territoriali essenziali per l'intera popolazione residente nei comuni interessati alla variazione territoriale.
        6. Non si fa luogo all'istituzione di nuovi comuni qualora la popolazione del nuovo Comune sia inferiore a 5.000 abitanti e la popolazione del Comune o dei comuni di origine rimanga inferiore ai 5.000 abitanti.
        6-bis. La superiore disposizione non si applica qualora in almeno due dei comuni di origine ed in quello istituendo la popolazione sia pari o superiore a 5.000 abitanti.
        7. In tutti i casi previsti dalla presente legge il referendum è valido solo se vota la metà più uno degli aventi diritto.
        7-bis. La consultazione referendaria è limitata agli abitanti residenti nel territorio del comune o dei comuni interessati alla costituzione di nuovo comune per scorporo di parti del territorio e di popolazione di altro o di altri comuni ovvero di aggregazione di parte del territorio e di popolazione di uno o più comuni a comune o comuni contermini, a condizione che la variazione di popolazione non sia superiore al 30 per cento della popolazione complessiva del comune.
        7-ter. Nei casi di istituzione di nuovi comuni in cui all'intera popolazione residente sia riconosciuto il diritto di voto, i risultati del referendum, ai fini del quorum strutturale, sono distintamente raccolti e valutati con riguardo all'ambito della frazione di cui si chiede il distacco e con riguardo al restante ambito comunale. In tal caso, il referendum è valido se vota la metà più uno degli aventi diritto in almeno uno dei due ambiti. Nel caso in cui in entrambi gli ambiti si raggiunge il quorum strutturale, il risultato valutabile è quello complessivo.
        8. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, e previa deliberazione della Giunta, emana apposito regolamento per disciplinare tempi, modalità e procedure della consultazione referendaria.

Art. 9.
Potere di iniziativa del procedimento di variazione.

        1. L'iniziativa dei procedimenti diretti alle variazioni territoriali spetta:
            a) alla Giunta regionale;
            b) al Comune o ai comuni interessati alla variazione con deliberazioni consiliari adottate con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri in carica; Pag. 81
            c) ad un terzo degli elettori iscritti nelle sezioni del Comune di cui si chiede il cambio di denominazione;
            d) ad un terzo degli elettori iscritti nelle sezioni di ciascuno dei comuni interessati nell'ipotesi di incorporazione e di fusione;
            e) ad un terzo degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune o di ciascuno dei comuni interessati negli altri casi di variazioni territoriali;
            f) nei casi ove la consultazione referendaria non vada riferita all'intera popolazione ma solo a coloro che hanno un diretto collegamento con il territorio di cui si chiede la variazione, l'iniziativa compete ad un terzo degli elettori residenti nei territori da trasferire.

Art. 10.
Procedimento istruttorio.

        1. Il progetto di variazione territoriale è corredato della seguente documentazione:
            a) relazione tecnica-illustrativa;
            b) quadro di unione dei fogli di mappa;
            c) cartografia dell'Istituto geografico militare;
            d) indicazione, su mappe catastali, dei nuovi confini;
            e) elenco delle particelle catastali.

        2. Il progetto è pubblicato per quindici giorni presso l'albo comunale e, nei successivi trenta giorni, ciascun cittadino può presentare osservazioni. Il consiglio comunale nei successivi sessanta giorni si pronuncia in merito, in difetto, previa diffida, provvede in via sostitutiva nei trenta giorni successivi l'Assessorato degli enti locali tramite commissario ad acta. Il progetto, unitamente alle osservazioni dei cittadini e del consiglio comunale, è trasmesso all'Assessorato regionale degli enti locali che, verificatane la legittimità, in contraddittorio con i comuni eventualmente controinteressati, autorizza la consultazione referendaria.

Toscana

        L.R. 23 novembre 2007 n.  62, Disciplina dei referendum regionali previsti dalla Costituzione e dallo Statuto (modificata da ultimo dalla L.R. 30/2013); TITOLO V – Referendum consultivo per l'istituzione di nuovi comuni, per la fusione di comuni esistenti o per la modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali, ai sensi dell'articolo 133, secondo comma, della costituzione (artt. 58-75)

Pag. 82

Art. 58.
Oggetto.

        1. L'istituzione di nuovi comuni, la fusione di comuni esistenti, la modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali è stabilita con legge regionale, sentite le popolazioni interessate mediante referendum consultivo, come disciplinato dal presente titolo.
        2. Non si svolge il referendum consultivo di cui al comma 1:
            a) per le rettifiche di confine fra comuni per mancanza di delimitazione naturale o per obiettiva incertezza nonché per ragioni topografiche, quando tutti i consigli comunali interessati ne facciano richiesta e ne fissino d'accordo le condizioni;
            b) per eventuali rettifiche di confini fra comuni in assenza di popolazione sul territorio interessato dalla rettifica, quando ne facciano richiesta i consigli comunali.

Art. 59.
Consultazione dei comuni.

        1. Entro trenta giorni dall'assegnazione della proposta di legge di cui all'articolo 58, comma 1, presentata ai sensi del regolamento interno del Consiglio regionale, la commissione consiliare competente, previa consultazione del comune o dei comuni interessati, predispone per il Consiglio regionale la proposta di deliberazione di svolgimento del referendum, ovvero esprime il parere referente contrario sulla proposta di legge.
        1-bis. Nel caso in cui la proposta di legge sia di iniziativa consiliare, la commissione richiede il parere sulla stessa agli organi comunali competenti, che lo esprimono entro trenta giorni dalla richiesta. A tal fine il termine di cui al comma 1, è prorogato del tempo strettamente necessario all'acquisizione dell'ultimo dei pareri. Decorso inutilmente il termine per l'espressione dei pareri, la commissione procede ugualmente agli adempimenti di cui al comma 1.
        2. La consultazione è rivolta:
            a) in caso di fusione di comuni, ai comuni oggetto della fusione;
            b) in caso di incorporazione di un comune in un altro già esistente, ai due comuni;
            c) in caso di modifica delle circoscrizioni, ai comuni interessati dalla modifica, anche a seguito di istituzione di nuovi comuni;
            d) in caso di modifica della denominazione, al comune interessato.

Art. 60.
Deliberazione di svolgimento del referendum.

        1. Il Consiglio regionale delibera lo svolgimento del referendum relativo alla proposta di legge, ovvero esprime il voto contrario sulla proposta di legge stessa. Pag. 83
        2. La deliberazione di cui al comma 1, contiene il quesito referendario relativo alla fusione oggetto della proposta di legge in discussione, gli eventuali ulteriori quesiti relativi alla fusione di un numero minore di comuni rispetto a quanto previsto dalla proposta di legge e individua il comune o i comuni o le frazioni i cui elettori sono chiamati a votare anche con riferimento agli ulteriori quesiti.
        3. Il Presidente del Consiglio regionale trasmette la deliberazione sullo svolgimento del referendum o, in caso di quesiti ulteriori, dei relativi referendum, al Presidente della Giunta regionale ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 62.

Art. 61.
Diritto di partecipazione.

        1. Hanno diritto a partecipare al referendum consultivo di cui al presente titolo i soggetti di cui all'articolo 45, così come individuati dai commi 2, 3, 4, 5, 6 del presente articolo.
        2. In caso di referendum per l'istituzione di nuovi comuni, partecipano alla votazione sia gli elettori della frazione o delle frazioni che intendono costituirsi in comune, sia gli elettori del comune o dei comuni da cui si propone il distacco.
        3. In caso di referendum per la fusione di comuni con istituzione di un nuovo comune risultante dalla fusione, partecipano alla votazione gli elettori dei comuni interessati.
        4. In caso di referendum per l'incorporazione di un comune in un altro già esistente, partecipano alla votazione gli elettori dei comuni interessati.
        5. In caso di referendum per il distacco di una parte del territorio comunale da un comune con aggregazione a un altro comune, partecipano alla votazione gli elettori dei comuni interessati.
        6. In caso di referendum per il mutamento di denominazione del comune, partecipano alla votazione gli elettori del comune.

Art. 62.
Indizione e svolgimento del referendum.

        1. Entro trenta giorni dal ricevimento della deliberazione del Consiglio regionale di cui all'articolo 60, comma 1, favorevole allo svolgimento del referendum, il Presidente della Giunta regionale indice, con proprio decreto, il referendum.

        [...]

Art. 67.
Esito del referendum.

        1. Il risultato del referendum è valido indipendentemente dal numero degli elettori che vi hanno partecipato.
        2. Il risultato del referendum è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione. Pag. 84
        3. Il Presidente del Consiglio regionale convoca il Consiglio regionale per le decisioni finali in ordine alla proposta di legge di cui all'articolo 58.
        4. La motivazione della legge di cui al comma 3 reca l'indicazione specifica del risultato della votazione dei singoli territori, evidenziando in modo distinto l'esito della consultazione della frazione o porzione di territorio direttamente interessata.
        4-bis. Nel caso in cui, successivamente allo svolgimento del referendum, il Consiglio regionale non assuma la decisione finale di cui al comma 3, sono fatti salvi gli effetti del referendum già svolto e la proposta di legge è riassunta di diritto nella legislatura successiva e assegnata alla commissione competente entro trenta giorni dalla data di insediamento del nuovo Consiglio regionale. La commissione esprime il parere referente sulla proposta di legge entro trenta giorni dall'assegnazione.

Trentino-Alto Adige

        L.R. 7-11-1950 n.  16 Sull'esercizio del referendum applicato alla costituzione di nuovi Comuni, a mutamenti delle circoscrizioni comunali, della denominazione o del capoluogo dei Comuni (modificata da ultimo dall'articolo 26, della L.R. 9 dicembre 2014, n.  11).

Art. 1.

        Le domande relative alla costituzione di borgate o frazioni in comuni autonomi; alla separazione di frazioni da un comune per essere aggregate ad un altro comune, al mutamento della denominazione o del capoluogo del comune ed alle rettifiche o variazioni delle circoscrizioni comunali o frazionali, inoltrate alla Giunta Regionale ed istruite a norma degli articoli 6, 7, 8 e 9 della legge regionale 21 ottobre 1963, n.  29 e successive modificazioni e degli articoli 8, 9, 10, 11, 12, e 14 del D.P.G.R. 30 aprile 1975, n.  5, devono venire sottoposte al voto delle popolazioni interessate, espresso mediante referendum, salvo il disposto dello articolo 2.
        Le domande sono presentate alla Giunta Provinciale, che le trasmetterà entro il termine perentorio di sessanta giorni alla Giunta Regionale, con un proprio motivato parere.

Art. 2.

        La Giunta regionale, accertata la regolarità delle domande e dell'istruttoria, eccettuato quanto previsto dai commi successivi, ordina la votazione per referendum, fissa la data della convocazione dei comizi e la formula sulla quale verrà fatta la votazione. La data di convocazione dei comizi viene stabilita d'intesa col Commissario del Governo per la Provincia interessata.
        Il Consiglio regionale può non far luogo a referendum se in base agli atti di istruttoria ritenga che la domanda di erezione in Comune autonomo di una frazione o la domanda di distacco di una frazione da un Comune con aggregazione ad altro contermine, non possono Pag. 85comunque essere accolte, perché vi osti la condizione dei luoghi o perché il nuovo Comune o i Comuni di cui viene modificata la circoscrizione territoriale non avrebbero sufficienti mezzi per provvedere alle funzioni determinate dalla legge per il Comune.
        Qualora i Consigli comunali la cui circoscrizione verrebbe variata abbiano manifestato il loro parere favorevole alla variazione di circoscrizione con la maggioranza dei tre quarti dei Consiglieri assegnati al Comune, il Consiglio regionale può deliberare, con la maggioranza dei tre quarti dei Consiglieri assegnati alla Regione, che al referendum partecipino soltanto gli elettori del Comune ove non si sia raggiunta la prescritta maggioranza qualificata, o gli elettori della frazione che abbia richiesto di essere eretta a Comune autonomo o di quella porzione di territorio che verrebbe trasferita dall'uno all'altro Comune.
        Può egualmente prescindersi dal referendum quando ricorrendo i requisiti di cui al comma precedente, si tratti di proposta di cambiamento di denominazione del Comune o di una variazione della circoscrizione territoriale del Comune che interessi il territorio nel quale non si trovano insediamenti umani permanenti.
        [...]

Art. 31.

        Ai fini della validità del referendum è necessaria la partecipazione al medesimo della maggioranza degli elettori del Comune o dei Comuni interessati, fatte salve le disposizioni contenute nel terzo comma dell'articolo 2 della presente legge sulla limitazione della consultazione per referendum.
        Nel caso di erezione di frazione in Comune autonomo o di distacco di frazione da un Comune con aggregazione ad altro Comune contermine, ai fini della validità del referendum è sufficiente la partecipazione al medesimo della maggioranza degli elettori della frazione che ha richiesto di essere eretta in Comune autonomo o, rispettivamente, degli elettori del territorio che verrebbe trasferito ad altro Comune.
        Nei comuni ove esistono più sezioni elettorali il primo plico dovrà essere consegnato al presidente della prima sezione, il quale ne disporrà il recapito alla Presidenza della Giunta Regionale, unitamente ai plichi di tutte le altre sezioni del comune.
        Il risultato della sezione viene proclamato dal Presidente e quello complessivo, ove esistano più sezioni, dal presidente della prima sezione, e viene partecipato al Sindaco del Comune per la pubblicazione all'albo comunale.

Art. 31-bis.

        Ai fini della validità del referendum è necessaria la partecipazione al medesimo, in ciascun comune interessato, di almeno il 40 per cento degli elettori, non computando tra questi i cittadini iscritti all'anagrafe degli italiani residenti all'estero, fatte salve le disposizioni contenute nel terzo comma dell'articolo 2 della presente legge sulla limitazione della consultazione per referendum. Pag. 86
        Il referendum si intende abbia dato esito negativo qualora per la formula sottoposta a votazione non sia stata raggiunta la percentuale di voti positivi di almeno il 50 per cento di quelli validamente espressi.
        Nel caso in cui siano state sottoposte a votazione più formule, il referendum si intende abbia dato esito negativo per la formula o per le formule che non abbiano raggiunto la percentuale di voti validi positivi di cui al comma precedente.

Art. 32.

        Entro trenta giorni dallo svolgimento della votazione per referendum la Giunta regionale trasmette al Consiglio regionale:
            nel caso in cui l'esito della votazione sia stato complessivamente favorevole alla domanda presentata ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, il relativo disegno di legge;
            nel caso in cui l'esito della votazione non sia stato complessivamente favorevole alla domanda presentata ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, una proposta di deliberazione contenente la reiezione della domanda.

Umbria

        L.R. 16 febbraio 2010 n.  14 (e successive modificazioni e integrazioni), Disciplina degli istituti di partecipazione alle funzioni delle istituzioni regionali (Iniziativa legislativa e referendaria, diritto di petizione e consultazione). Sezione IV – Referendum consultivo per l'istituzione di nuovi comuni, per la fusione di comuni esistenti o per la modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali, ai sensi dell'articolo 133, comma 2, della costituzione e dell'articolo 23, comma 4 dello Statuto (articoli 43-48).

Art. 43.
Deliberazione e indizione del referendum per l'istituzione di nuovi Comuni, i mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni.

        1. Ai sensi dell'articolo 23, comma 4 dello Statuto, l'istituzione di nuovi comuni, anche mediante fusione di due o più comuni contigui, i mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali sono approvati con legge regionale, previo svolgimento del referendum consultivo delle popolazioni interessate, come disciplinato dalla presente sezione.
        2. Il referendum consultivo è deliberato dal Consiglio regionale, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, su proposta della Giunta o di un quinto dei Consiglieri regionali, previa acquisizione del parere di cui al comma 1 dell'articolo 45. La deliberazione del Consiglio regionale favorevole allo svolgimento del referendum consultivo è trasmessa al Presidente della Regione. Pag. 87
        3. L'istituzione di un nuovo Comune mediante fusione di più comuni contigui avviene previa acquisizione dei pareri dei Consigli comunali interessati.
        4. La Delib.C.R. favorevole allo svolgimento del referendum consultivo indica il quesito da sottoporre a votazione, nonché i territori ove risiedono gli elettori chiamati alla consultazione.
        5. Al referendum consultivo partecipano:
            a) nel caso di elevazione in Comune autonomo di una o più frazioni, sia gli elettori delle frazioni, sia gli elettori delle rimanenti parti del territorio del Comune o dei Comuni da cui si propone il distacco;
            b) nel caso di passaggio di frazioni da uno ad altro Comune, sia gli elettori del territorio del Comune da cui si propone il distacco, sia gli elettori del Comune cui si chiede l'aggregazione;
            c) nel caso di fusione tra due o più Comuni, gli elettori dei Comuni coinvolti nella fusione;
            d) nel caso di modificazione della denominazione del Comune, tutti gli elettori del Comune interessato.

Art. 44.
Limiti.

        1. I mutamenti delle circoscrizioni comunali e l'istituzione di nuovi comuni possono riguardare esclusivamente territori contigui di comuni.
        2. Non possono essere istituiti nuovi comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti, né possono essere disposte modificazioni delle circoscrizioni comunali che producono l'effetto di portare uno o più Comuni ad avere popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, salvo i casi di fusione dei Comuni.
        3. Non si svolge il referendum consultivo di cui all'articolo 43:
            a) per le rettifiche di confine fra comuni per mancanza di delimitazione naturale o per obiettiva incertezza nonché per ragioni topografiche, quando tutti i Consigli comunali interessati ne facciano richiesta e ne fissino d'accordo le condizioni;
            b) per eventuali rettifiche di confini fra comuni in assenza di popolazione sul territorio interessato dalla rettifica, quando ne facciano richiesta i Consigli comunali.

Art. 45.
Ammissibilità.

        1. La proposta della Giunta regionale o di un quinto dei Consiglieri regionali di indizione del referendum consultivo è trasmessa alla Commissione di garanzia statutaria che, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, esprime parere sull'ammissibilità entro trenta giorni dalla data di ricezione valutando il rispetto dei requisiti di cui agli articoli 43 e 44.

        [...]

Pag. 88

Art. 48.
Esito del referendum e adempimenti conseguenti.

        1. La proposta soggetta a referendum consultivo è approvata se alla votazione ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto e se la risposta affermativa raggiunge la maggioranza dei voti validamente espressi.
        2. Se l'esito è favorevole, entro sessanta giorni dalla proclamazione dei risultati del referendum consultivo, il Presidente della Regione propone al Consiglio regionale un disegno di legge sull'oggetto del quesito sottoposto a referendum.
        3. Se l'esito è negativo, entro sessanta giorni dalla proclamazione dei risultati del referendum consultivo, il Presidente della Regione ha facoltà di proporre al Consiglio regionale un disegno di legge sull'oggetto del quesito sottoposto a referendum. L'esito negativo non preclude l'esercizio dell'iniziativa legislativa ai sensi dell'articolo 35 dello Statuto.

Valle d'Aosta

        L.R. 25 giugno 2003, n.  19, Disciplina dell'iniziativa legislativa popolare, del referendum propositivo, abrogativo e consultivo, ai sensi dell'articolo 15, secondo comma, dello Statuto speciale (modificata con L.R. 14 marzo 2006, n.  5) Capo IV – Referendum consultivo ai sensi dell'articolo 42 dello Statuto speciale (istituzione di nuovi Comuni e modificazione delle loro circoscrizioni e denominazioni; artt. 41 – 44).

Art. 41.
Referendum per l'istituzione di nuovi Comuni e la modificazione delle loro circoscrizioni e denominazioni.

        1. L'istituzione di nuovi Comuni, anche mediante fusione di più Comuni contigui, nonché la modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali è stabilita con legge regionale, sentiti gli elettori dei Comuni interessati mediante il referendum consultivo disciplinato dal presente capo.

Art. 42.
Deliberazione e indizione del referendum.

        1. Il referendum è deliberato dal Consiglio della Valle, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, su iniziativa della Giunta regionale o di ciascun membro del Consiglio della Valle.
        2. La deliberazione del Consiglio della Valle contiene il quesito da sottoporre a referendum e individua, secondo i criteri di cui al comma 3, il territorio ove risiedono gli elettori chiamati alla consultazione. Pag. 89
        3. Al referendum partecipano:
            a) nel caso di elevazione in Comune autonomo di una o più frazioni, sia gli elettori delle frazioni sia gli elettori delle rimanenti parti del territorio del Comune o dei Comuni da cui si propone il distacco;
            b) nel caso di passaggio di frazioni da uno ad altro Comune, sia gli elettori del territorio del Comune da cui si propone il distacco, sia gli elettori del Comune cui si chiede l'aggregazione;
            c) nel caso di fusione tra due o più Comuni, gli elettori dei Comuni coinvolti nella fusione;
            d) nel caso di modificazione della denominazione del Comune, tutti gli elettori del Comune interessato.

        4. Il Presidente della Regione indice, con decreto, il referendum consultivo, entro dieci giorni dalla trasmissione della deliberazione consiliare di cui al comma 2 da parte del Presidente del Consiglio della Valle.

Art. 43.
Rinvio.

        1. Per lo svolgimento del referendum consultivo si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni per lo svolgimento del referendum abrogativo di cui al Capo II.

Art. 44.
Esito del referendum e adempimenti conseguenti.

        1. Il quesito sottoposto a referendum è approvato se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli elettori e se la risposta affermativa raggiunge la maggioranza dei voti validamente espressi.
        2. Entro sessanta giorni dalla proclamazione dei risultati del referendum consultivo, se l'esito è favorevole, il Presidente della Regione è tenuto a proporre al Consiglio della Valle un disegno di legge sull'oggetto del quesito sottoposto a referendum.

Veneto

        L.R. 12 gennaio 1973 n.  1, Norme sull'iniziativa popolare per le leggi ed i regolamenti regionali, sul referendum abrogativo e sui referendum consultivi regionali (e successive modificazioni)

Art. 24.

        Sono legittimati a richiedere il referendum consultivo di cui all'articolo 47 primo comma dello Statuto tutti i soggetti titolari della potestà di iniziativa legislativa nelle forme con le quali questa è Pag. 90ammessa, nonché ogni singolo Consiglio provinciale o comunale rappresentante le popolazioni interessate.
        La deliberazione del Consiglio regionale, che decide per l'effettuazione del referendum deve precisare il quesito da rivolgere agli elettori nonché l'ambito territoriale entro il quale viene indetto il referendum.
        Con lo stesso atto è dato mandato al Presidente della Giunta regionale di indire il referendum con proprio decreto, da emanarsi quarantacinque giorni prima della data fissata per la consultazione.

Art. 25.

        Le proposte di legge concernenti l'istituzione di nuovi Comuni e i mutamenti delle circoscrizioni o delle denominazioni comunali che il Consiglio ritenga meritevoli di accoglimento, sono sottoposte al referendum consultivo delle popolazioni interessate.
        La deliberazione adottata dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio, previo esame della proposta da parte della competente Commissione consiliare, e contenente le determinazioni indicate nel secondo comma dell'articolo 24, va trasmesso al Presidente della Giunta regionale, il quale provvede ad indire il referendum con proprio decreto, da emanarsi quarantacinque giorni prima della data fissata per la consultazione.

Art. 26.

        Per lo svolgimento delle operazioni relative al referendum di cui agli articoli 24 e 25 si applicano le norme previste agli articoli 15, commi 2-bis, 2-ter, 2-quater, 17, 18, 19 e 20 della presente legge.
        Dell'avvenuto svolgimento del referendum e dei risultati di esso deve essere fatta esplicita menzione nel provvedimento legislativo o amministrativo che il Consiglio regionale o la Giunta adotteranno in materia.

        L.R. 24 dicembre 1992 n.  25 Norme in materia di variazioni provinciali e comunali (e successive modificazioni); Capo II – Le variazioni comunali – Il procedimento.

Art. 2.
I diversi procedimenti legislativi.

        1. La variazione delle circoscrizioni o il mutamento delle denominazioni dei comuni all'interno di una provincia avviene con legge regionale, previo referendum consultivo e secondo i procedimenti previsti al capo II.
        2. La variazione delle circoscrizioni provinciali avviene per iniziativa dei comuni secondo la disciplina prevista al capo III della presente legge e a norma dell'articolo 16 della legge 8 giugno 1990, n.  142.

Pag. 91

Art. 3.
Le fattispecie possibili.

        1. La variazione delle circoscrizioni comunali può consistere:
            a) nella aggregazione ad altro di parte del territorio di uno o più comuni;
            b) nella istituzione di uno o più nuovi comuni a seguito dello scorporo di parti del territorio di uno o più comuni;
            c) nella incorporazione di uno o più comuni all'interno di altro Comune;
            d) nella fusione di due o più comuni in uno nuovo.

        2. Le variazioni di cui alle lettere c) e d) del comma 1 possono essere conseguenti al processo istituzionale avviato mediante l'unione di comuni.
        3. La variazione della denominazione dei comuni consiste nel mutamento, parziale o totale, della precedente denominazione.

Art. 4.
L'iniziativa legislativa.

        1. L'iniziativa legislativa per la variazione delle circoscrizioni comunali, di cui all'articolo 3, spetta ai soggetti di cui all'articolo 38 dello Statuto, anche in difformità dal programma regionale disciplinato alla sezione III del presente capo.
        2. Quando, ai fini della aggregazione di parte del territorio di un comune a favore di altro, l'iniziativa legislativa popolare non possa aver luogo per mancanza del numero legale delle sottoscrizioni, pur rappresentando le stesse almeno un quinto dei cittadini elettori del territorio da aggregare, il comune d'origine, previo accertamento del numero e della regolarità delle sottoscrizioni anche in conformità all'articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n.  15, è tenuto a far propria o a respingere la richiesta popolare entro sessanta giorni. Nel Primo caso, la richiesta è presentata alla Giunta regionale secondo le modalità previste al comma 3; nel secondo caso, il procedimento è interrotto.
        3. Quando uno o più comuni, anche nel loro insieme, non acquisiscano titolo all'esercizio del potere di iniziativa legislativa comunale, i relativi consigli possono presentare le loro richieste di variazione alla Giunta regionale, che, entro sessanta giorni, trasmette al Consiglio regionale il corrispondente disegno di legge o respinge la richiesta, dandone comunicazione motivata alla competente commissione consiliare.
        4. Nei casi di interruzione del procedimento di cui ai commi 2 e 3, l'iniziativa popolare o comunale non può essere rinnovata prima del decorso di tre anni.
        5. Per quanto concerne le circoscrizioni, la relazione illustrativa dei progetti di legge, di cui al presente articolo, se presentati in Pag. 92esecuzione del programma regionale, deve indicare tale conformità; negli altri casi, deve indicare la corrispondenza comunque esistente fra la variazione proposta e i criteri generali indicati all'articolo 12, motivando le ragioni di urgenza e/o di merito, di norma sopravvenute, che giustificano la difformità dalle indicazioni del programma regionale.
        6. Per quanto concerne la denominazione dei comuni, l'iniziativa legislativa spetta ai soggetti indicati dall'articolo 38 dello Statuto e, in caso di impossibilità per un comune ad esercitarla, si applicano le norme previste al comma 3; la reazione illustrativa dei progetti di legge deve indicare le ragioni toponomastiche, storiche, culturali, artistiche, sociali economiche che sono alla base della proposta.

Art. 5.
Il giudizio di meritevolezza.

        1. Quando il progetto di legge presentato al Consiglio regionale è conforme al programma regionale, la Giunta regionale delibera il referendum consultivo delle popolazioni interessate e il relativo quesito, previa individuazione delle popolazioni stesse ai sensi dell'articolo 6.
        2. In caso diverso, il provvedimento è deliberato dopo un preliminare giudizio di meritevolezza del Consiglio regionale ai fini dell'ulteriore prosecuzione del procedimento legislativo.
        3. Per il fine di cui al comma 2, la competente commissione consiliare deve acquisire il parere dei consigli comunali e provinciali interessati e svolgere ogni altro atto istruttorio, in base al quale formulare una relazione al Consiglio, affinché questo possa decidere circa l'esistenza dei requisiti formali e delle ragioni civiche e/o di opportunità storica, culturale, sociale, economica e/o di funzionalità istituzionale e di razionalizzazione dei servizi che sono a fondamento della variazione proposta, motivando specificatamente le ragioni di urgenza e/o di merito che giustifichino la difformità dalle indicazioni del programma.
        3-bis. Qualora i Consigli comunali e provinciali non esprimano il parere entro il termine di 90 giorni dal ricevimento della richiesta, si prescinde dallo stesso (5).
        4. Il voto negativo del Consiglio comporta gli effetti previsti dall'articolo 47 del regolamento del Consiglio regionale.
        5. In tema di mutamento delle denominazioni comunali, l'indizione del referendum consultivo è deliberata dalla Giunta regionale con le modalità di cui al comma 2. Si prescinde dal referendum, qualora la popolazione del comune interessato, si sia già espressa nell'anno precedente, sullo stesso quesito, secondo le modalità consultive stabilite dallo Statuto comunale.

Art. 6.
Procedure per l'individuazione delle popolazioni interessate al referendum.

        1. Quando si tratti della variazione delle circoscrizioni comunali, di cui alle lettere a), b), e c) dell'articolo 3, l'individuazione delle Pag. 93popolazioni interessate dalla consultazione referendaria, è deliberata dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale. La consultazione referendaria deve riguardare l'intera popolazione del Comune di origine e di quello di destinazione, salvo casi particolari da individuarsi anche con riferimento alla caratterizzazione distintiva dell'area interessata al mutamento territoriale, nonché alla mancanza di infrastrutture o di funzioni territoriali di particolare rilievo per l'insieme dell'ente locale.
        2. Quando si tratti della variazione delle circoscrizioni comunali per fusione di comuni ai sensi della lettera d) dell'articolo 3, il referendum deve in ogni caso riguardare l'intera popolazione dei comuni interessati.
        3. I risultati dei referendum sulla variazione delle circoscrizioni comunali sono valutati sia nel loro risultato complessivo sia sulla base degli esiti distinti per ciascuna parte del territorio diversamente interessata e nel caso di variazione delle circoscrizioni comunali per fusione di comuni ai sensi della lettera d) del comma 1 dell'articolo 3, anche sulla base della partecipazione alla consultazione referendaria.
        4. Il referendum consultivo per il mutamento di denominazione dei comuni, di cui all'articolo 3, comma 3, deve riguardare la popolazione dell'intero Comune.
        5. Ai referendum consultivi si applicano le norme della legge regionale 12 gennaio 1973, n.  1, «Norme sull'iniziativa popolare per le leggi ed i regolamenti regionali, sul referendum abrogativo e sui referendum consultivi regionali» e successive modificazioni, salvo quanto espressamente disposto dalla presente legge.
        5-bis. Quando si tratti della variazione delle circoscrizioni comunali per fusione di comuni ai sensi della lettera d) del comma 1 dell'articolo 3 o della variazione della denominazione dei comuni ai sensi dell'articolo 3, comma 3, indipendentemente dal numero degli elettori che ha partecipato, la proposta sottoposta a referendum è approvata se è stata raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

Art. 7.
Le delibere comunali.

        1. Le deliberazioni comunali di cui al presente capo, sia che consistano in un atto di iniziativa, di adesione o di rigetto, che in un parere sull'iniziativa legislativa di altri soggetti, sono assunte a maggioranza dei consiglieri assegnati.
        2. Esse sono pubblicate per quindici giorni all'albo pretorio, durante i quali gli elettori del comune possono depositare in segreteria eventuali osservazioni od opposizioni relativamente agli atti di iniziativa e di adesione, nonché ai pareri.
        3. Alla scadenza del termine, la delibera è inviata alla Giunta regionale unitamente alle osservazioni e alle opposizioni presentate, nonché alle eventuali controdeduzioni del comune.
        4. Analogamente a quanto previsto per le relazioni dei progetti di legge, le delibere comunali devono essere motivate, in riferimento ai diversi oggetti, sui punti espressamente previsti ai commi 5 e 6 dell'articolo 4.

Pag. 94

Art. 8.
Il provvedimento legislativo di variazione delle circoscrizioni.

        1. Con la legge regionale di variazione delle circoscrizioni comunali devono essere assicurate alle comunità di origine adeguate forme di decentramento degli uffici e/o dei servizi in base allo stato dei luoghi e alle esigenze delle popolazioni interessate.
        2. Possono altresì essere previste forme di partecipazione attraverso organismi di consultazione, quando le popolazioni aggregate presentino caratteristiche di identità collettiva e, ove ricorrano le condizioni di cui all'articolo 9, comma 1, può essere prevista, in alternativa, l'istituzione di municipi ai sensi dello stesso articolo 9 e dell'articolo 12 della legge 8 giugno 1990, n.  142.
        3. La legge regionale deve determinare in ogni caso l'ambito territoriale delle nuove circoscrizioni e stabilire le direttive di massima per la soluzione degli aspetti finanziari e patrimoniali connessi con la revisione circoscrizionale.

Pag. 95

ALLEGATO N. 5

Quadro delle principali leggi regionali in materia di gestione in forma associata delle funzioni comunali

ABRUZZO
Leggi regionali 1/2013; 143/1997.
BASILICATA
Leggi regionali 8/2014; 16/2012; 17/2011; 33/2010.
CALABRIA
Leggi regionali 43/2011; 15/2006.
CAMPANIA
Legge regionale 13/2008.
EMILIA-ROMAGNA
Leggi regionali 13/2015; 21/2012; 24/1996.
LAZIO
Legge regionale 26/2007 (articolo 24).
LIGURIA
Leggi regionali 1/2016 (articolo 11); 40/2014 (artt. 20 e 21); 7/2011; 12/1994.
LOMBARDIA
Leggi regionali 19/2008; 22/2011; 24/2014.
MARCHE
Leggi regionali 46/2013; 35/2013; 44/2012; 18/2008; 44/2012.
MOLISE
Legge regionale 1/2016.
PIEMONTE
Leggi regionali 3/2014; 11/2012.
PUGLIA
Leggi regionali 31/2015; 34/2014.
TOSCANA
Leggi regionali 65/2014 (artt. 23 e 24); 69/2011; 68/2011; 41/2005 (articolo 11).
UMBRIA
Leggi regionali 10/2015; 18/2003.
VENETO
Leggi regionali 40/2012; 18/2012.

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