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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 3 di Martedì 15 aprile 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan (attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2014, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Boccia Francesco , Presidente ... 2 
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 2 
Boccia Francesco , Presidente ... 6 
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 8 
Boccia Francesco , Presidente ... 8 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 8 
Boccia Francesco , Presidente ... 8 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 8 
Boccia Francesco , Presidente ... 8 
Fassina Stefano (PD)  ... 8 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 10 
Boccia Francesco , Presidente ... 10 
Ferrara Mario  ... 10 
Tremonti Giulio  ... 11 
Cariello Francesco (M5S)  ... 12 
Marcon Giulio (SEL)  ... 13 
Boccia Francesco , Presidente ... 15 
Guidesi Guido (LNA)  ... 15 
Bonfrisco Anna Cinzia  ... 16 
Mazziotti Di Celso Andrea (SCpI)  ... 17 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 17 
Boccia Francesco , Presidente ... 19 
Misiani Antonio (PD)  ... 19 
Boccia Francesco , Presidente ... 21 
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 21 
Misiani Antonio (PD)  ... 23 
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 23 
Boccia Francesco , Presidente ... 23 
Padoan Pier Carlo , Ministro dell'economia e delle finanze ... 23 
Boccia Francesco , Presidente ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FRANCESCO BOCCIA

  La seduta comincia alle 20.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva in differita sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2014, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, del Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan.
  Ringrazio ancora il Ministro Padoan per la sua partecipazione alla seduta odierna e gli cedo la parola per lo svolgimento della sua relazione.

  PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie presidente, per questa opportunità di illustrare per grandi linee il Documento di economia e finanza (DEF) 2014, che rappresenta il documento programmatico per eccellenza del Paese presentato dal Governo.
  I princìpi base su cui il DEF 2014 è costruito sono essenzialmente tre: in primo luogo, le misure necessarie per dare supporto nel breve periodo alla ripresa economica, che è finalmente arrivata ma è ancora fragile e quindi, a nostro avviso, in questa fase deve essere sostenuta attraverso interventi quali, tra l'altro, gli sgravi fiscali e il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione; in secondo luogo, far riacquistare competitività e sostenere la crescita dell'economia attraverso misure di carattere strutturale quali, tra le altre, la riduzione del cuneo fiscale, la semplificazione, le misure relative al mercato del lavoro; in terzo luogo, il rafforzamento ulteriore della disciplina dei conti pubblici, che è strumentale alla sostenibilità del processo di crescita e all'abbattimento del costo del debito.
  Permettetemi di percorrere – spero rapidamente – i punti essenziali del DEF 2014, cominciando dall'agenda strutturale e poi, in una seconda fase, considerando il quadro macroeconomico ed il profilo di riaggiustamento della finanza pubblica. Tutte queste misure sono dettagliate nel Documento e ciascuna misura viene associata a delle scadenze, a un cronoprogramma che indica quando le misure stesse saranno attivate e completate.
  Permettetemi, però, di ricordare i principali capitoli della politica di riforma. Vorrei cominciare con le riforme relative all'ammodernamento delle istituzioni. Questo non lo dico semplicemente perché sono nell'agenda del Governo e di fronte al Parlamento, ma perché queste misure – la riforma della legge elettorale, il superamento del bicameralismo perfetto e la Pag. 3riforma del Titolo V della Costituzione – sono nella fattispecie italiana esempi di misure che, come riporta anche l'ampia evidenza internazionale, avranno un impatto estremamente positivo sul funzionamento del sistema e sulla credibilità della politica economica, oltre a ridurre, in alcuni casi, i costi diretti dell'amministrazione pubblica.
  Passando ad altre misure ricorderei gli interventi sulla fiscalità, che riguardano la revisione della fiscalità a favore delle famiglie e delle imprese, aspetti che saranno oggetto delle misure specifiche che il Governo adotterà nei prossimi giorni. Nel campo della fiscalità ricordo altresì l'attuazione della delega fiscale, un intervento di natura strutturale da cui ci si aspetta un deciso miglioramento dell'equità, della trasparenza e dell'efficienza del sistema di imposizione e, di conseguenza, un abbattimento dei suoi costi.
  Per quanto riguarda sempre le misure strutturali, ricordo la revisione della spesa – la cosiddetta spending review – consistente in una serie di misure ad ampio spettro che hanno il duplice scopo di ottenere risorse attraverso tagli di natura permanente per finanziare in modo permanente tagli all'imposizione fiscale, ma anche l'ambizione di modificare i meccanismi di spesa e quindi, via via che le misure andranno a regime, modificare il modo in cui la pubblica amministrazione fornisce i servizi essenziali ai cittadini.
  Da queste misure ci si attende un'intensità crescente di risparmi, che dovrebbero attestarsi a 4,5 miliardi di euro per il 2014 e giungere fino a 17 miliardi nell'anno successivo e fino a 32 miliardi nel 2016. Le misure ricomprese nell'elenco della revisione della spesa sono numerose: alcune avranno un effetto immediato, altre un effetto più diluito nel tempo ma non per questo meno importante.
  C’è un lungo elenco, da cui cito semplicemente, a titolo di esempio, alcune voci: i trasferimenti alle imprese, le retribuzioni della dirigenza pubblica, la sanità, i costi della politica e, con misure che saranno attivate più avanti nel corso dell'estate, la presenza territoriale dello Stato, il coordinamento delle forze di polizia, la digitalizzazione della pubblica amministrazione.
  Accanto a ciò, come altro elemento di natura strutturale volto al duplice scopo di facilitare il risanamento della finanza pubblica tramite un abbattimento del debito e di aumentare l'efficienza delle imprese partecipate, ricordo un ampio programma di privatizzazioni che il Governo ha avviato e che intende accelerare attraverso la valorizzazione e la dismissione di alcune società sotto il controllo statale, nonché di parte del patrimonio immobiliare.
  Altre misure di natura strutturale riguardano il finanziamento dell'economia e il miglioramento dell'ambiente imprenditoriale, attraverso l'aumento della semplificazione e dell'accesso al credito, anche mediante il potenziamento e l'ampliamento dello strumento della garanzia pubblica e degli interventi nell'ambito del Fondo centrale di garanzia.
  Ricordo poi che un impatto significativo, in questo senso, è atteso provenire dalle misure del piano «Destinazione Italia», finalizzato a rendere il Paese più attraente per gli investitori e a migliorare le condizioni di impresa per tutti gli operatori.
  Recentemente il Governo ha intensificato la sua attenzione sul tema del credito. In tale contesto, abbiamo avviato la missione «Finanza per la crescita» in accordo e in collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico, per potenziare, semplificare e rafforzare le modalità di finanziamento delle imprese, soprattutto delle piccole e medie imprese.
  Questo tema sarà peraltro posto al centro dell'agenda che il Governo presenterà in sede di Unione europea quando ne assumerà la presidenza a partire da luglio, in ciò avvalendosi anche di una maggiore attenzione a livello della stessa Unione europea rispetto ai temi del finanziamento. Al riguardo, qualche giorno fa c’è stata una comunicazione della Commissione europea all'ECOFIN di Atene.
  Sempre nell'elenco delle misure di riforma cito semplicemente per memoria, perché ne siete già ampiamente a conoscenza, Pag. 4le misure relative al mercato del lavoro, che dovranno migliorare la semplicità del mercato stesso, razionalizzare i meccanismi di assunzione e le forme contrattuali, rendere più efficiente e rinnovare il sistema degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro.
  Sempre in relazione a questo tema, ricordo il piano italiano di attuazione della «Garanzia Giovani», che rappresenta un'occasione per rilanciare il mercato del lavoro nel segmento giovanile. Rammento, inoltre, la riforma della pubblica amministrazione, che è condizione essenziale non solo per migliorare la trasparenza e la fornitura dei servizi ma anche per rendere più efficaci altre misure di riforma strutturale.
  Di nuovo, l'evidenza internazionale ci dice che, se è condizione necessaria varare buone leggi, leggi semplici, regole semplici per migliorare il funzionamento dell'economia, almeno altrettanto importante è che queste regole e queste leggi siano applicate e implementate. Ciò richiede, tra l'altro, una pubblica amministrazione più trasparente ed efficiente.
  Da questo punto di vista, è essenziale anche il contributo di un'altra linea di azione, relativa alla riforma del settore della giustizia, che è stata già avviata e che, di nuovo, può generare, una volta portata a termine, benefici veramente sostanziali in termini di PIL accresciuto, oltre che come facilitatore delle riforme già avviate.
  Ricordo ancora, sempre in questo elenco, l'investimento in istruzione, università e ricerca, che evidentemente rappresentano strumenti essenziali per potenziare la capacità di crescita. In particolare, da questo punto di vista ricordo anche il programma di edilizia scolastica che il Governo ha recentemente identificato come una delle sue priorità.
  Questo insieme di riforme e di misure strutturali avrà, a nostro avviso, un impatto permanente importante sulla capacità di crescita del Paese.
  Prudenzialmente noi stimiamo che il maggior PIL derivante da queste misure dovrebbe essere di 0,3 punti percentuali già nel 2014 e raggiungere gradualmente nel 2018 i 2,25 punti percentuali in più. Possono sembrare numeri modesti ma non lo sono, se si pensa all'esiguità dei valori relativi alla crescita potenziale dell'Italia ormai da un paio di decenni. Anche questi modesti incrementi sono importanti e, ciò che più conta, sono di natura permanente, cioè si ha uno spostamento verso l'alto della capacità di crescita del Paese.
  Cito questo aspetto perché il legame fra misure strutturali e crescita del Paese è un tema importante per l'Italia e riteniamo altrettanto importante per l'Europa, che deve finalmente, in modo deciso e non semplicemente declamatorio, porre al centro della sua riflessione le politiche per la crescita, di cui le misure strutturali costituiscono la parte centrale. Questo rappresenta un ulteriore elemento dell'agenda che il Governo intende proporre ai Paesi membri dell'Unione europea quando ne assumerà la presidenza.
  Veniamo adesso ad una breve panoramica delle prospettive dell'economia italiana che, vi ricordo, è appena uscita da un lungo e intenso periodo di recessione. C’è stata una caduta cumulata del PIL pari a circa 9 punti percentuali dall'inizio della crisi, apertasi nel 2007, al 2013; si tratta di un caso di recessione profonda che naturalmente non investe solo l'Italia, sebbene nel nostro caso sia particolarmente rilevante, e che quindi dà un'idea dei danni e dei costi strutturali che la crisi ha arrecato al Paese.
  Stiamo uscendo da questa fase recessiva e il PIL è tornato in territorio positivo già alla fine dell'anno precedente. La nostra previsione di crescita per l'anno in corso è in misura pari allo 0,8 per cento, un valore più basso rispetto a quello precedentemente proposto, che peraltro è in linea con le previsioni dei principali organismi internazionali e del consenso generale.
  In ogni caso, ritengo opportuno avere un atteggiamento prudenziale sulle stime del PIL, anche se non sarei sorpreso se i risultati dovessero poi manifestarsi migliori di quanto previsto adesso, ma questo viene semplicemente lasciato come prospettiva Pag. 5e la misura della stima sulla base della quale si valuta il comportamento dell'anno rimane quella citata. Ci aspettiamo in ogni caso che la ripresa prenderà tono ancora maggiore a partire già dall'anno prossimo, per il quale stimiamo una crescita pari all'1,3 per cento.
  Ciò semplicemente per ribadire che l'anno in corso è evidentemente un anno di svolta, in cui non solo la crescita ritorna ad essere positiva ma si prefigura anche un insieme di politiche economiche attente sia al sostenimento della spinta ciclica, che rimane positiva ma debole, sia al miglioramento strutturale, in modo tale che si realizzi un'interazione virtuosa fra il comportamento ciclico e le misure strutturali.
  Dico questo non tanto perché ciò discende da quanto ho appena detto ma perché sappiamo che le misure di carattere strutturale, a parità di altre condizioni, sono più efficaci in una fase moderatamente espansiva del ciclo. Questo significa che ci troviamo in una condizione importante, favorevole, ma proprio per questa ragione è indispensabile che sia sfruttata al meglio.
  Questo mi porta allo stato dei conti pubblici. Nel 2013 l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è rimasto sostanzialmente invariato e si è attestato al 3 per cento del PIL. Era pari al 3,7 nel 2011 e al 4,5 nel 2010. Ciò a testimonianza di un riequilibrio dei conti pubblici che ha prodotto risultati significativi malgrado l'economia si trovasse in una fase ciclica negativa.
  L'anno passato questo processo di riequilibrio ha contribuito a interrompere la crescita della spesa per interessi, circostanza che è anche stata facilitata dal venir meno di molte delle tensioni sistemiche e specifiche sul mercato dei titoli del debito pubblico, di cui anche il nostro Paese ha particolarmente beneficiato, visto l'elevato livello di debito e quindi di fabbisogno necessario per il suo servizio. A mio giudizio, questo testimonia – ma credo sia difficile negarlo – che la credibilità accresciuta del Paese e l'impegno sul tema delle politiche, sia strutturali che di bilancio, vengono riconosciuti dai mercati, e questo si traduce poi in benefici evidenti.
  Questa azione ha permesso di mantenere l'anno passato un avanzo primario pari al 2,2 per cento del PIL. Attiro la vostra attenzione sul fatto che l'Italia e la Germania sono gli unici Paesi che in questi anni hanno registrato ampi avanzi primari. Naturalmente, ciò che distingue il nostro Paese dalla Germania è, tra l'altro, l'elevato debito pubblico, che anche nel caso tedesco è elevato per quanto non della stessa dimensione.
  Venendo alla situazione attuale, il DEF indica l'indebitamento netto nel 2014 al 2,6 per cento del PIL. Noto anche che, sulla base dei nuovi dati di consuntivo, per il 2013 il debito pubblico è prossimo al 132,6 per cento del PIL ed è previsto aumentare ulteriormente fino a raggiungere il 134,9 per cento nel 2014.
  Questo andamento è giustificabile sulla base di alcuni elementi che è importante ricordare, tra cui innanzitutto il contributo importante che il nostro Paese ha dato al finanziamento degli strumenti di gestione della crisi dell'Unione economica e monetaria. È, inoltre, una conseguenza del processo di rimborso dei debiti della pubblica amministrazione, misura peraltro in linea con le richieste dell'Unione europea, e riflette – cosa particolarmente importante per un Paese a crescita negativa – il poco soddisfacente andamento anche della crescita nominale.
  Non solo, infatti, l'Italia ha avuto una crescita reale negativa ma l'andamento dei prezzi è molto contenuto. Tutto ciò determina una crescita nominale molto bassa e questo non agevola l'abbattimento del debito. Colgo l'occasione per ribadire che naturalmente la strategia maestra per l'abbattimento del debito rimane quella del sostegno alla crescita, fermo restando che ciò deve avvenire in un contesto di finanza pubblica sostenibile.
  Vengo quindi alla programmazione di bilancio e, anzitutto, al contesto nel quale questa avviene. Il Governo ritiene che sussistano le condizioni eccezionali che, alla luce dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, consentono uno scostamento Pag. 6temporaneo dagli obiettivi programmatici. Coerentemente con tale convinzione, nel DEF di quest'anno la programmazione di bilancio prevede una deviazione temporanea per il 2014 dal percorso di avvicinamento verso il pareggio di bilancio in termini strutturali, ossia verso l'obiettivo di medio periodo.
  Il Governo si impegna a ridurre il saldo strutturale di 0,2 punti percentuali di PIL, in luogo degli 0,5 punti percentuali richiesti dal Patto di stabilità e crescita.
  Il Governo in questo contesto intende operare in maniera decisa e responsabile, utilizzando gli strumenti disponibili per accelerare la fragile ripresa che è in atto e, tra le altre misure, provvedendo a un sollecito pagamento nel corso del 2014 dei debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche. Data la natura straordinaria dell'intervento per l'accelerazione dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni, non si determineranno effetti permanenti sugli altri saldi di bilancio pubblico.
  Come accennavo in precedenza, il Governo si impegna inoltre ad approvare un ambizioso piano di riforme strutturali e di tagli di spesa, intende cioè perseguire politiche strutturali che sono azioni coerenti con i margini di flessibilità concessi dalla normativa nazionale recentemente approvata, in coerenza con i trattati europei.
  Il Governo si impegna anche a rispettare il piano di rientro verso gli obiettivi programmatici coincidenti con il quadro di finanza pubblica delineato dal DEF, che prevede il pieno raggiungimento dell'obiettivo di medio periodo nel 2016 e il suo sostanziale raggiungimento già a partire dall'anno prossimo.
  Nel 2015 il disavanzo strutturale ricomincerebbe quindi a diminuire di 0,5 punti percentuali grazie a misure di bilancio aggiuntive, finanziate da riduzioni di spesa, che incideranno sull'avanzo primario per un ammontare stimato pari a circa 0,3 punti percentuali di PIL annui nel 2015 e nel 2016, da reperire sul fronte della spesa. Il pareggio di bilancio, una volta conseguito, sarebbe così mantenuto lungo tutto l'orizzonte di programmazione sino al 2018.
  Il rapporto tra debito pubblico e PIL inizierà a scendere nel 2015, anno nel quale è atteso collocarsi al 133,3 per cento. Nell'anno finale di previsione considerato dal DEF, il rapporto fra debito pubblico e PIL è previsto attestarsi al 120,5 per cento. Secondo le proiezioni contenute nel DEF, quindi, la regola del debito sarebbe rispettata nello scenario programmatico grazie al pieno raggiungimento dell'obiettivo di medio termine e prevedendo un piano di privatizzazioni dal quale sono attesi proventi pari a circa 0,7 punti percentuali del PIL nel periodo 2014-2017.
  Prima di concludere ricordo che, come ho già accennato, il Governo intende avviare un nuovo intervento sui debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche, che non si limiterà solo al pagamento dei debiti commerciali ma comprenderà misure di carattere strutturale per abbreviare, in misura riteniamo definitiva, i tempi di pagamento, in linea con le regole europee, dando quindi luogo a effetti positivi di riduzione degli ostacoli al funzionamento del sistema dei pagamenti e con ovvi benefici per il comportamento delle imprese.
  Mi fermerei qui, ricordando che il messaggio di questo Documento è il messaggio di una politica che presenta vari aspetti, che sono: aspetti di sostegno nel breve periodo, aspetti di riforma strutturale e aspetti di continuazione del risanamento della finanza pubblica. Questi aspetti, però, devono essere visti come elementi di una strategia unica e la loro efficacia discende proprio dal fatto che si sostengono a vicenda. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Padoan. Ricordo ai colleghi che, così come concordato in Ufficio di presidenza congiunto, d'intesa con il presidente Azzollini, raccogliamo un intervento per gruppo parlamentare e poi, se avremo ancora disponibilità di tempo, faremo alcune integrazioni.Pag. 7
  Intanto, per provare a fare una sintesi di alcune valutazioni emerse nel corso di queste audizioni, signor Ministro, le pongo a nome delle presidenze un tema connesso alle modalità secondo cui i due rami del Parlamento affronteranno procedure che sperimentiamo insieme per la prima volta.
  Come è noto, dal 1o gennaio 2014 è entrata in vigore la legge n. 243 del 2012, recante disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione. Ricordo che la citata legge, in attuazione del principio del pareggio di bilancio, introdotto dalla riforma costituzionale del 2012, definisce puntualmente, in coerenza con la disciplina europea, le modalità per il conseguimento dell'equilibrio di bilancio cui deve attenersi la manovra di finanza pubblica, a partire dai documenti di programmazione.
  In particolare, la legge n. 243 ha stabilito che l'equilibrio di bilancio si considera conseguito quando il saldo strutturale ossia la differenza tra le entrate e le spese complessive delle amministrazioni pubbliche – corretta per gli effetti del ciclo economico e per quelli delle misure una tantum e temporanee – risulta almeno pari, nel medio termine, al pareggio di bilancio in termini strutturali, ovvero rispetta il percorso di avvicinamento a tale obiettivo.
  Analogamente sono fissate modalità di definizione del rapporto tra ammontare del debito e prodotto interno lordo, rapporto che deve essere costantemente ridotto nel lungo periodo fino a raggiungere l'obiettivo fissato in sede europea pari al 60 per cento del prodotto interno lordo.
  Inoltre la legge n. 243, all'articolo 6, consente di discostarsi temporaneamente dall'obiettivo di medio termine in presenza di «eventi eccezionali», quali periodi di grave recessione economica, anche relativi all'area dell'euro o all'intera Unione europea, nonché in presenza di eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie e le gravi calamità naturali.
  Peraltro, in tali casi il Governo, sentita la Commissione europea, su propria richiesta può essere autorizzato dalle Camere, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, a modificare in senso peggiorativo gli obiettivi di bilancio e a definire il piano di rientro rispetto all'obiettivo programmatico precedentemente fissato.
  Con il capitolo III del Programma di stabilità del DEF 2014, il Governo ha presentato la relazione prevista dal citato articolo 6 della legge n. 243, mediante la quale si chiede alle Camere l'autorizzazione a discostarsi dagli obiettivi programmatici, impegnandosi a ritornare sull'obiettivo di medio periodo entro l'orizzonte temporale del DEF, ovvero nel 2016, così come appena ricordato dal Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso un apposito piano di rientro che coincide con il profilo programmatico delineato nel Documento stesso.
  Tale circostanza appare suscettibile di determinare inevitabili conseguenze sul piano procedurale, giacché lo scostamento previsto dalla citata relazione, che è parte integrante del DEF, dovrà essere autorizzato con maggioranza qualificata diversa da quella prevista per la deliberazione del DEF dai regolamenti parlamentari, in particolare dagli articoli 118-bis del Regolamento della Camera e 125-bis del Regolamento del Senato.
  Al fine di rispondere a tale esigenza, la discussione in Assemblea, pur avvenendo in relazione a un unico documento, il DEF 2014, dovrebbe concludersi con l'approvazione di due distinti atti di indirizzo: il primo di autorizzazione allo scostamento degli obiettivi programmatici, da votare a maggioranza assoluta, il secondo, concernente il DEF nel suo complesso, da votare a maggioranza semplice, ai sensi delle citate norme regolamentari, sulla base degli esiti della precedente deliberazione.
  A tal proposito chiedo come prima domanda al Ministro Padoan, cui ne seguiranno altre, facendo sintesi del dibattito svoltosi in queste due giornate di audizioni, se il passaggio che fa riferimento alla necessità di aver sentito la Commissione europea e di adottare la deliberazione secondo le procedure cui Pag. 8abbiamo fatto riferimento sia stato oggetto di valutazione approfondita da parte del Governo.

  PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie presidente, su questo punto specifico la Commissione europea ha recepito il Documento immediatamente dopo che è stato reso pubblico.
  Ho avuto occasione di scambiare una prima valutazione riguardo al DEF con il commissario attualmente supplente per quanto riguarda le questioni finanziarie, il Commissario Kallas che prende il posto del Commissario Rehn, nel mio viaggio a Washington, in occasione degli incontri del G20 e del Fondo monetario internazionale, presente anche il direttore generale di ECOFIN, Marco Buti.
  Sono seguiti ulteriori contatti telefonici e di altro tipo, che coinvolgono i servizi della Commissione europea e quelli del Ministero, è stata inviata una lettera, una notifica formale alla direzione generale ECOFIN riguardo al tema appena sollevato, che quindi informa la Commissione europea di questa procedura che prevede, appunto, che la Commissione medesima venga sentita.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROCCO PALESE. Vorrei fare un richiamo formale, presidente.

  PRESIDENTE. Onorevole Palese, abbiamo i gruppi iscritti a parlare. Quando toccherà al suo gruppo, potrà porre le questioni.

  ROCCO PALESE. Vorrei fare un richiamo formale su quello che lei ha da ultimo chiesto al Ministro Padoan, che ci ha informato dei contatti con la Commissione europea. Abbiamo qualcosa di scritto ?

  PRESIDENTE. Il Ministro Padoan ha già risposto che ci sono contatti e procedure attivate e in corso. Onorevole Palese, quando arriverà il suo turno porrà il quesito in maniera puntuale al Ministro. Se non è stato chiaro, il Ministro ribadirà il concetto.
  Do la parola all'onorevole Fassina.

  STEFANO FASSINA. Ringrazio il Ministro Padoan per l'illustrazione e ringrazio anche la struttura del Ministero dell'economia e delle finanze che, anche in questo caso, ha predisposto documenti eccellenti per la qualità e la quantità di informazioni che forniscono.
  Premetto che spero che lo scenario tratteggiato nel DEF si realizzi nei termini previsti, tuttavia mi permetto di fare qualche osservazione, che, dati i limiti di tempo, spero non appaia brutale o irrispettosa della qualità del difficile lavoro che è stato svolto in un arco di tempo breve e con vincoli assai rilevanti.
  A me pare che al punto in cui siamo – questo riferimento vale non solo per noi, ma in generale per l'eurozona – sarebbe utile compiere una valutazione dell'efficacia della rotta di politica economica che viene perseguita dall'inizio della crisi, una linea che per brevità definisco «mercantilista», cioè finalizzata a ottenere crescita attraverso le esportazioni.
  Il Ministro ha detto che bisogna rimettere al centro la crescita, ma la crescita è stata sempre proposta come obiettivo della politica economica di questi anni; il punto è come cerchiamo di raggiungere la crescita, ma in questi anni nessuno ha considerato e proposto politiche ostili alla crescita.
  Credo che, dopo cinque o sei anni di aggiustamenti di bilancio, di politiche e di attenzione alle cosiddette riforme strutturali, andrebbe riconosciuto come i risultati siano diametralmente opposti a quelli che venivano indicati.
  Non solo vi sono stati un enorme aumento della disoccupazione e una persistente contrazione dell'economia reale, tanto che la stessa Banca centrale europea è arrivata a riconoscere rischi di deflazione, ma il debito pubblico nell'eurozona è aumentato in media di 30 punti percentuali, Pag. 9dal 65 per cento del 2007 al 95 per cento dell'anno scorso, e anche quest'anno continua ad aumentare.
  Sarebbe utile che i Governi nazionali valutassero, sulla base non di schemi astratti o di teorie ma dei risultati raggiunti, la plausibilità di questo sentiero sul quale continua a muoversi anche questo DEF, che insiste sugli aggiustamenti di bilancio, le riforme strutturali e una crescita affidata alle esportazioni.
  Ormai è quasi universalmente condivisa l'analisi secondo cui il problema di fondo verte sul lato della domanda. Non che non vi siano problemi sul lato dell'offerta, noi ne abbiamo certamente e non intendo ridimensionare la necessità di riforme che intervengano su questo punto, ma è ormai opinione largamente condivisa che la priorità per la crescita sia sul lato della domanda, sull'innalzamento della domanda effettiva in un contesto in cui temo che i miglioramenti che cerchiamo di rappresentare sul lato dei conti pubblici siano tali fino a un certo punto.
  Il PIL potenziale è risultato, infatti, fortemente deteriorato tanto nell'eurozona quanto nel caso dell'Italia. È un deterioramento che insieme allo scenario di bassa inflazione rende molto più rischiosa la sostenibilità del debito pubblico.
  Nello scenario tratteggiato nel DEF alcuni punti andrebbero, a mio avviso, chiariti. È difficile riconoscere la coerenza tra un deflatore del PIL che torna a livelli ordinari, tassi di interesse reali storicamente molto bassi e un PIL che va verso il 2 per cento. Si mettono insieme livelli di variabili che sono tipici di una situazione di stagnazione con una crescita del PIL che è invece intensa.
  Venendo alle misure della ripresa, credo che andrebbe riconosciuto esplicitamente che, come evidenzia anche una tabella contenuta nel Programma nazionale di riforma, gli sgravi fiscali quando sono finanziati da tagli di spesa – e cito lavori seri e scientifici del Fondo monetario internazionale e di altri istituti – hanno in generale un effetto recessivo, non un effetto espansivo. Al più, se proprio vogliamo essere ottimisti, possono avere un effetto neutro ma attribuirgli effetti espansivi, quando siano finanziati da tagli di spesa e in un contesto di stagnazione e di credit crunch, è veramente eroico.
  Anche gli effetti delle riforme strutturali sono, a mio avviso, enormemente sopravvalutati nel quadro in cui ci troviamo, in un contesto in cui il DEF 2014 prevede invece un'ulteriore riduzione degli investimenti pubblici di circa il 12 per cento nel periodo di riferimento.
  Venendo ai tagli di spesa pubblica, nel secondo tomo del DEF una tabella mostra come negli ultimi anni ci sia stata una riduzione di spese per il personale del 4 per cento in termini nominali, più o meno pari a quella della spesa in beni e investimenti, in uno scenario tendenziale dove la spesa primaria diminuisce di circa 3 punti percentuali di PIL.
  Come nell'audizione di questa mattina ha riconosciuto anche la Banca d'Italia, in questo quadro si dovrebbero innestare ulteriori tagli di spesa per oltre 20 miliardi di euro per il 2015 e oltre 30 miliardi per il 2016 solo per finanziare l'IRPEF, per tener conto di quanto già previsto nella legge di stabilità che, come è noto, ha già inclusi, sebbene non specificati, interventi di spending review e per correggere l'indebitamento, come da obiettivi programmatici.
  Senza contare che in questo quadro, che è a legislazione vigente, mancano le risorse per le politiche obbligatorie. Penso alla cassa integrazione in deroga, al 5 per mille, al finanziamento della non autosufficienza, a quell'elenco noto che vale almeno 4-5 miliardi di euro ogni anno, in uno scenario che esclude, da un lato, rinnovi contrattuali del pubblico impiego o l'allentamento del blocco delle assunzioni, dall'altro, misure per affrontare il drammatico problema degli esodati nonché un allargamento e un potenziamento degli ammortizzatori sociali, come previsto dal disegno di legge delega in discussione al Senato.
  Mi chiedo quindi come possano essere attuati interventi così pesanti rispetto ad uno scenario che già presenta livelli di contrazione della spesa primaria corrente Pag. 10significativi e previsti a legislazione vigente, senza ridimensionare in modo significativo la spesa sociale e il welfare.
  A me pare che sarebbe utile incominciare a tratteggiare, a immaginare, a valutare un'alternativa di politica economica, che ovviamente stia dentro il quadro dei vincoli che abbiamo. Data la drammaticità della situazione che abbiamo di fronte in termini di economia reale, di deperimento di capitale fisico e umano e di riflessi sul PIL potenziale, mi chiedo se non sia opportuno utilizzare lo spazio sotto al 3 per cento per finanziare investimenti produttivi e misure una tantum, quali quelle in materia, ad esempio, di contrasto alla povertà.
  Io temo – spero davvero di essere clamorosamente smentito, ma purtroppo i dati degli ultimi cinque anni hanno sempre smentito le previsioni che sono state fatte ogni primavera – che noi ci ritroveremo con un PIL che sarà diverso e più basso delle previsioni, con un'occupazione che non migliorerà e con un debito pubblico che continuerà a crescere o che, nel migliore dei casi, sarà stabilizzato.
  Infine, pongo una domanda specifica riguardo ai pagamenti della pubblica amministrazione. Nella Nota di aggiornamento predisposta lo scorso settembre, nel debito tendenziale erano inclusi circa 47 miliardi di euro di pagamenti. Vorrei capire se nel debito previsto nel DEF continuino a essere inclusi questi 47 miliardi; se i 13 miliardi di cui c’è indicazione nel DEF siano aggiuntivi; come sia possibile nel giro di pochi mesi riuscire a spendere i 23-24 miliardi dello stock in precedenza allocato più i 13 miliardi; e che fine faranno i pagamenti arretrati in conto capitale, dato che non mi pare che nell'indebitamento vi sia un riflesso del pagamento di questi debiti in conto capitale.
  Sarebbe utile – e concludo – se possibile nella giornata di domani, prima dell'esame in Assemblea, avere un prospetto che, come quello della Nota di aggiornamento, distinguesse nel debito pubblico il netto del contributo dato ai vari fondi salva-Stati e il netto dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, in modo da avere un quadro più chiaro nella rappresentazione di quanto avviene.

  ROCCO PALESE. Signor presidente, chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Onorevole Palese, le ricordo che siamo in audizione. Poiché tutti i gruppi hanno il loro tempo a disposizione, noi dobbiamo consentire al Ministro dell'economia e delle finanze di raccogliere tutti i dubbi legittimi e poi di rispondere. Non siamo né in discussione generale, cosa che faremo domani, né nella valutazione connessa alla risoluzione. Siamo in audizione, ragion per cui non c’è alcuna questione legata all'ordine dei lavori.
  Ci siamo già dati l'ordine dei lavori e ora siamo in audizione. I gruppi hanno tutto il tempo che vogliono. Se nessuno si fa prendere dalla frenesia di intervenire, arriverà il tempo di tutti e si interverrà esattamente così come abbiamo stabilito in Ufficio di presidenza.

  MARIO FERRARA. Presidente Boccia, ho sentito il Ministro dire che intende avvalersi delle prerogative che vengono assegnate al Governo ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012. In particolare, lui stesso ha citato quanto disposto al comma 3 del predetto articolo.
  In ordine a quanto disposto al comma 3 è intervenuta una specifica e puntuale domanda rivolta dal presidente Boccia a nome dei presidenti delle Commissioni bilancio di Camera e Senato, concernente l'espressione «sentita la Commissione europea». Prima di ritornare su tale ultimo aspetto vorrei chiedere al Ministro se nella comunicazione per essere autorizzato dal Parlamento indicherà la misura, la durata e anche, come specificatamente richiamato dalla disposizione di cui al citato comma 3, le finalità alle quali destinare le risorse disponibili. Io ho sentito il Governo parlare di una finalità unica e specifica, che è il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni.Pag. 11
  Dico questo perché ho inteso che la velocità con la quale si sta operando la trattazione del DEF in Parlamento non ha precedenti nella storia delle Camere, se non quello registrato durante il Governo Monti. In quel caso, però, la maggioranza era una maggioranza ecumenica e comunque la trattazione è stata fatta in due fasi. La prima aveva portato all'approvazione del DEF e la seconda, anche se il perfezionamento della legge n. 243 non era ancora intervenuto, era stata attivata dopo il «sentito» della Commissione europea e, quindi, attraverso una successiva comunicazione.
  Ella stessa, Ministro, non ha parlato di altro, se non dei debiti della pubblica amministrazione, mentre il Governo sta inducendo a una trattazione in cui il dibattito – per citare una magnifica battuta esemplificativa fatta oggi dal presidente Azzollini – si sta facendo in modo liofilizzato. Noi abbiamo inteso in Conferenza dei capigruppo presso il Senato che la liofilizzazione è necessaria a poter, tra martedì e mercoledì della settimana prossima, deliberare in Consiglio dei ministri un decreto che utilizzi, diversamente da quanto qui dichiarato dal Governo, dei fondi resi disponibili dall'attivazione della procedura di cui all'articolo 6.
  Vorrei che questo possa essere chiarito al Parlamento, in aggiunta a un altro chiarimento. Signor Ministro, ella ha risposto puntualmente a una puntuale domanda del presidente Boccia. Il presidente Boccia le ha domandato se la Commissione europea fosse stata sentita. Ella ha informato il Parlamento che la Commissione, a sua volta, è stata informata. Dal Governo noi non abbiamo notizia oggi sul significato che il Governo attribuisce alla parola «sentita».
  Le dico questo perché, qualora noi giovedì dovessimo trattare una comunicazione di cui è stato dato avviso, ma che ancora non è stata predisposta nell'ordine dei lavori del Senato e della Camera, tratteremmo una comunicazione senza un'osservanza costituzionalmente prevista dalla legge n. 243 del 2012.

  GIULIO TREMONTI. Se c’è una sede nella quale la forma è sostanza, questa è la sede del Parlamento. Io farò un intervento di carattere formale e, per il principio di identità, anche un intervento di carattere sostanziale.
  Per quanto mi risulta, il documento oggetto della discussione in questa sede è il Documento di economia e finanza 2014. Si tratta di un documento regolato dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  Quest'ultima al titolo III, articolo 7, comma 2, lettera a), prevede testualmente che tra gli strumenti della programmazione figura il Documento di economia e finanza (DEF), da presentare alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno per le conseguenti deliberazioni parlamentari.
  Al comma 3 della medesima disposizione è stabilito che i documenti di cui al citato comma 2, lettere a), b), c), d) – e noi stiamo ora parlando della lettera a) – sono presentati alle Camere su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.
  Agli atti non risulta alcuna documentazione relativa alla proposta da parte del Ministro dell'economia e delle finanze. Come è tradizione per altri documenti, la firma è congiunta su proposta, ma comunque appaiono le due firme, tanto la firma del Presidente del Consiglio quanto la firma del Ministro dell'economia e delle finanze. Agli atti noi abbiamo il Documento, un imponente volume, credo in distribuzione. A pagina 5 c’è la lettera confidenziale inviata dal Presidente del Consiglio dei ministri: «Gentile presidente, onorevole dottoressa Laura Boldrini [...]. Un caro saluto. Matteo Renzi». Il documento non contiene, dunque, alcuna firma indicativa della presenza o dell'attività del Ministro dell'economia e delle finanze, tanto in sede parlamentare quanto in sede più generale.
  Sono avvenute, apprendo adesso, comunicazioni alla Commissione europea. Il punto che inviterei a definire è: a quale titolo ? È sempre in tempo a firmarlo adesso. Io credo che un'autentica in tempo reale sarebbe estremamente gradita, ma a quale titolo viene a parlarci di un Documento che lei a norma di legge avrebbe Pag. 12dovuto in un qualche modo proporre o firmare e che non ha né proposto né firmato ?

  FRANCESCO CARIELLO. Grazie presidente, voglio portare all'attenzione di queste Commissioni e del Ministro un passaggio di questo Documento che va a completare le informazioni che il Ministro ci ha riferito.
  Le possibilità sono due: o la richiesta alla Commissione europea è avvenuta a posteriori, oppure questo Documento è stato rivisto mentre si sentiva la Commissione. È scritto, infatti, a pagina 59 del DEF che «il posticipo al 2016 del conseguimento dell'obiettivo di medio periodo non configura una violazione dei Regolamenti europei e appare in linea con quanto previsto dalla normativa nazionale».
  Se questo era già scritto all'atto di adozione del Documento di economia e finanza 2014, quale motivo vi ha portato a sentire la Commissione europea, o meglio, cosa si aspetta dalla Commissione europea ? Soprattutto, quello che arriverà il Parlamento lo deve conoscere, come già è stato richiesto. Questa è una domanda di tipo formale. Poi vorrei porre delle questioni di merito.
  Il Ministro ha parlato di un aumento del debito nel 2013-2014 che è stato causato fondamentalmente dai contributi ai meccanismi di stabilità e al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Ricordo benissimo che nella Nota di aggiornamento del DEF si faceva riferimento anche a un incremento del gettito fiscale dovuto proprio a questi pagamenti.
  Oggi in audizione la Corte dei conti ha smentito categoricamente il vantaggio in termini di gettito di questi pagamenti. Mi chiedo dunque: come è possibile che, invece, nelle vostre previsioni per il 2015 ci sia, come anche lei ha appena detto, grazie all'ulteriore pagamento dei debiti residui della pubblica amministrazione, un abbassamento del debito totale al 133,3 per cento rispetto al 134,9 di quest'anno ? Questo è il ragionamento. L'audizione della Corte dei conti chiarisce esattamente che le previsioni sul maggior gettito sono completamente errate e non si sono verificate come tali.
  L'altra questione che voglio porre è relativa alla spending review. È chiaro che la spending review – è scritto a chiare lettere ovunque in questo Documento – costituisce la risorsa fondamentale di questo documento programmatico. Queste risorse, quindi, non prevedono ulteriori investimenti per il Paese.
  Poiché sempre la Commissione europea ha bloccato una clausola di investimenti proprio in virtù dello stato di avanzamento della spending review, c’è la possibilità di riaprire quegli investimenti e di riottenerli, visto che ad oggi la spending review è un po’ più chiara ?
  Rifaccio poi la stessa domanda che ho posto in audizione al dottor Cottarelli, riguardante le coperture degli sgravi fiscali che si stanno per approvare con i decreti che giungeranno in Parlamento nelle prossime settimane. Si è annunciato da più parti che esse deriveranno da tagli e, quindi, da processi di spending review. Noi ci chiediamo quali siano, nonché attraverso quali misure e con quali reali coperture si garantirà questo vantaggio, ormai annunciato, di 80 euro sull'IRPEF.
  L'ultima domanda riguarda gli obiettivi della spending review. Sempre a Cottarelli abbiamo rivolto questa domanda. Ormai si parla di tagli alla spesa piuttosto che di revisione della spesa. Io ricordo benissimo il documento che il Parlamento ha fornito al Ministero dell'economia e delle finanze e allo stesso commissario Cottarelli, che parlava di due tipologie di obiettivi, di tipo quantitativo e di tipo qualitativo. I tagli di cui si parla e i numeri che si continuano a prospettare non sono altro che obiettivi di tipo quantitativo derivanti da semplici tagli alla spesa.
  La domanda che ho posto a Cottarelli, e che rinvio a lei per la risposta, è la seguente: in che termini qualitativamente vogliamo rivedere la spesa pubblica di questo Paese ? Sono stati definiti dei parametri, degli indicatori che identificano un miglioramento qualitativo della spesa, un efficientamento della spesa pubblica ? Pag. 13Se ci sono, quali sono e in che modo misureremo l'avanzamento del lavoro del commissario Cottarelli ?
  Infine, visto che lei ha citato l'edilizia scolastica come unico passaggio che preveda degli investimenti dal lato della spesa, vorrei fornire un suggerimento. Con la legge di stabilità per il 2014 abbiamo approvato una revisione delle finalità nell'utilizzo dell'8 per mille, aggiungendo anche la possibilità di utilizzare quei fondi per l'ammodernamento degli edifici scolastici.
  Il regolamento, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, merita una revisione ma, stando agli atti presenti sul sito del Governo, non è ancora stato rivisto. Noi ci chiediamo, in virtù di quell'articolo 6, se sia possibile, dato che è concessa facoltà al Presidente del Consiglio di poter utilizzare in maniera eccezionale tutti i fondi per una sola finalità o per finalità diverse, utilizzare per quest'anno tali fondi e divulgare questa notizia pubblicamente, affinché i contribuenti quest'anno, sottoscrivendo la sezione «Stato», possano realmente destinare tutta la capienza di quel fondo all'obiettivo di ristrutturazione dell'edilizia scolastica. Spero di ottenere delle risposte in merito.

  GIULIO MARCON. Ringrazio il Ministro per la sua esposizione e i tecnici del Ministero dell'economia e delle finanze per l'eccellente lavoro che ci hanno proposto. Dirò poche cose, anche perché sono d'accordo sostanzialmente con le valutazioni che ha fatto l'onorevole Fassina. Risparmio, quindi, del tempo, perché su molte delle valutazioni che lui ha espresso non ho niente da aggiungere.
  Mi dispiace che non ci sia più il senatore Tremonti, ma io credo che questo Documento di economia e finanza abbia molti tratti di continuità con quelli che faceva il senatore Tremonti. Sarebbe interessante un confronto sull'impostazione delle scelte in materia di spesa pubblica e di linee direttrici degli obiettivi di sviluppo e di crescita che il nostro Paese si è dato in questi anni. Capiremmo anche come questa continuità, purtroppo, derivi dalla coerenza – termine che qui intendo non in un'accezione positiva, bensì negativa – con le politiche europee di austerità, le quali hanno dimostrato tutta la loro fallacia e, io direi, anche il proprio fallimento, visto che, come ricordava l'onorevole Fassina, c’è stato un incremento in media di 30 punti percentuali del debito pubblico nei Paesi europei.
  Il nostro Paese è passato da un livello pari al 103-104 per cento del 2007 fino a circa il 135 per cento di quest'anno. Abbiamo sotto gli occhi un aumento in Europa dei disoccupati nella misura di 27 milioni, una decrescita del PIL in molti Paesi e lei ricordava giustamente i 9 punti di PIL in meno dall'inizio della crisi ad oggi nel nostro Paese.
  Questa è una linea che il collega Fassina definiva mercantilista e che io direi piuttosto legata al dogma dell'austerità, che non ci sta facendo uscire dalla crisi ma ci sta facendo permanere in una situazione di depressione prolungata, per dirla alla Krugman, rispetto alle condizioni dei fondamentali della nostra economia.
  Io credo che in questo DEF non ci sia una politica della domanda né un vero piano di investimenti pubblici, i quali nel giro di vent'anni si sono dimezzati. Credo che quello che ha affermato la CGIL nel corso dell'audizione di ieri presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato sia giusto. Questo Documento di economia e finanza è privo di un disegno organico per lo sviluppo del nostro Paese e ripropone gli assiomi delle politiche – non so come altro definirle – liberiste, di austerità e di contenimento della spesa che abbiamo sopportato in questi anni, ovvero la precarizzazione del mercato del lavoro, la politica di privatizzazioni, la riduzione della spesa pubblica e della spesa sociale e, come sostenuto dalla CGIL, una riduzione del ruolo e dell'intervento pubblico. Sono tutti assiomi che sono alla base di una linea di politica economica che non ci ha portato fuori dalla crisi ma ci ha fatto sprofondare in una crisi sempre più pesante.Pag. 14
  Il fatto che non ci sia una politica della domanda e che non si usi un maggiore coraggio per rimettere in discussione i dogmi della politica europea ci induce ad esprimere un giudizio negativo sull'impostazione di questo Documento di economia e finanza. Anche noi condividiamo che forse, pur rimanendo nei vincoli, che noi comunque contestiamo e che vorremmo superare, si sarebbe potuto avere maggiore coraggio nell'utilizzare quello 0,4 per cento, dal 2,6 al 3 per cento, nel rapporto deficit/PIL che ci avrebbe permesso di fare maggiori investimenti e di utilizzare queste risorse aggiuntive per una politica di sostegno alla domanda.
  D'altronde, che non ci sia quest'attenzione a una vera politica della domanda lo si vede dal provvedimento sul lavoro, che voi inserite come uno degli elementi fondamentali. Si continua a pensare che si crei lavoro sul lato dell'offerta mentre è sul lato della domanda che bisognerebbe spingere molto di più. Si pensa che, flessibilizzando ancora di più il mercato del lavoro, precarizzandolo e rendendo alle imprese la vita più facile rispetto alla possibilità di licenziare, di assumere o di dimettere i lavoratori, si crei un numero maggiore di posti di lavoro.
  La prova fattuale è quella di questi anni. Nonostante le innumerevoli forme di lavoro atipico e precario, non abbiamo avuto più posti di lavoro; semmai ne abbiamo avuti un maggior numero ma di precari e meno tutelati.
  Passo alle domande. Il giudizio avremo poi modo di svolgerlo nel dibattito in Aula e nel corso delle dichiarazioni di voto. Abbiamo tutto lo spazio per esprimere le nostre valutazioni. Io le ho espresse in pochi secondi perché già erano state espresse precedentemente.
  La prima domanda riguarda le stime. Io ritengo che ci sia una sovrastima rispetto, per esempio, all'impatto di alcune misure sul PIL. Parlo del lavoro e faccio solo questo esempio: premesso che la riforma deve ancora entrare pienamente in vigore, voi prevedete un impatto positivo sul PIL per quest'anno dello 0,2 per cento, per il prossimo anno dello 0,3, per il 2016 dello 0,4, per il 2017 dello 0,5, infine per il 2018 dello 0,8.
  L'ISTAT questa mattina ha fatto una valutazione che ha accompagnato le vostre valutazioni al DEF sull'impatto di queste misure sul PIL. Abbiamo chiesto all'ISTAT come mai non avesse tuttavia fatto una valutazione su questa misura specifica. L'ISTAT ci ha risposto – era presente il suo presidente – che non è in grado di farla, cioè che non ci sono le condizioni sufficienti per poter fare una stima dell'impatto sul PIL della riforma del mercato del lavoro.
  A chi dobbiamo credere ? Dobbiamo credere all'ISTAT, che dice che non è possibile fare una stima attendibile, o dobbiamo credere alle stime che fate voi ? Non ci saranno forse un eccessivo ottimismo e una valutazione un po’ spregiudicata rispetto all'aspettativa di crescita del PIL che si presuppone e si prevede nel DEF ?
  Il secondo punto è un punto che lei non ha citato e sul quale, per esempio, il Servizio studi della Camera ripone molta enfasi. Nelle prime due pagine è citata due o tre volte la Strategia Europa 2020, che è uno degli assi portanti del Programma nazionale di riforma. Al riguardo, noi siamo, come lei sa, molto deficitari, perché rispetto ai target previsti siamo molto indietro. Nella Strategia Europa 2020 si prevedono investimenti nella ricerca per un valore pari al 3 per cento, mentre noi siamo all'1,5. Si prevede nel campo della lotta all'abbandono scolastico un risultato pari al 10 per cento, mentre noi siamo al 17. Potrei fare tanti altri esempi.
  Poiché questo non è solamente un problema di maggiore benessere o di maggiore equità rispetto ad alcune misure, ma è un problema anche di competitività del nostro sistema, mi chiedo se non ci sia una disattenzione nel DEF – ed anche nella valutazione che il Governo fa circa la necessità di raggiungere questi obiettivi – sugli strumenti necessari per venire incontro a quello che l'Europa ci chiede.
  Ciò soprattutto in un momento in cui noi ci accingiamo a gestire la presidenza Pag. 15del semestre europeo e in cui, quindi, forse dovremmo essere inattaccabili rispetto a obiettivi così importanti, che in questo caso non riguardano la spesa pubblica, il debito o il rapporto deficit/PIL, ma dai quali dipendono piuttosto la crescita e la competitività del nostro sistema.
  L'ultimo punto è un dettaglio che riguarda le affermazioni fatte dall'onorevole Cariello, che peraltro condivido. C’è un problema sull'8 per mille. È un dettaglio, ma glielo voglio sottoporre, poiché è una vicenda che ci trasciniamo da molto tempo.
  Il problema vero è che l'8 per mille viene utilizzato al 99,5 per cento per coprire altri provvedimenti. I fondi dell'8 per mille sono stati utilizzati nei mesi precedenti per coprire il «decreto del fare», quello sugli ecobonus, nonché il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. I fondi sono utilizzati per finalità diverse da quelle previste dall'8 per mille.
  Quando noi abbiamo posto il problema – l'onorevole Fassina era viceministro – il Governo di allora si impegnò a ripristinare i fondi con la legge di stabilità, cosa che non è avvenuta. Parliamo di circa 167 milioni di euro. Lei si impegnerà con la prossima legge di stabilità a ripristinare i fondi che sono stati utilizzati per altre finalità ? Magari potremmo utilizzarli per l'edilizia scolastica o anche per le altre finalità che l'8 per mille prevede.

  PRESIDENTE. Devo chiedere ai colleghi di contenere i loro interventi entro i cinque minuti. Grazie.

  GUIDO GUIDESI. Ministro, francamente noi ci aspettavamo un po’ di più, un'analisi un po’ più approfondita delle cifre e dei conti. Lei ci ha ribadito qual è il programma di governo, che già avevamo sentito dal Presidente del Consiglio. Con meno enfasi, ma l'avevamo già ascoltato. Io avrei tantissime domande, gliene faccio alcune nello specifico.
  Alcune settimane fa il Governatore della Banca d'Italia ha detto che, per essere in grado di rispondere ai vincoli del Fiscal Compact, il prodotto interno lordo di questo Paese deve girare intorno a un minimo del 3 per cento. La prima domanda che le faccio è: poiché dalle sue stime non si arriva a un 3 per cento, come farà questo Paese a sostenere i vincoli del Fiscal Compact ?
  Da circa un mese sentiamo tanto parlare di privatizzazioni e di come verranno utilizzate le risorse derivanti dalle privatizzazioni, ma noi non sappiamo al momento cosa voi abbiate intenzione di privatizzare, anche perché per quantificare quanto potete utilizzare dobbiamo anche sapere che cosa abbiate intenzione di vendere. Le faccio, quindi, una domanda specifica sulle privatizzazioni.
  All'interno del DEF ci sono due dati. Uno dice che, in relazione alla domanda interna, i consumi aumenteranno. C’è una previsione positiva sull'aumento dei consumi, ma c’è anche una previsione negativa rispetto all'occupazione, per cui ci sarà un aumento della disoccupazione.
  Le chiedo se queste due cose possano stare insieme perché, dal nostro punto di vista, non sono compatibili. O meglio, le chiediamo come faccia lei a dire che aumenteranno i consumi interni, se poi il potenziale all'interno del circuito economico del Paese diminuirà in funzione di un maggior numero di disoccupati, i quali ovviamente non avranno le risorse disponibili per provvedere all'aumento dei consumi interni.
  Quando lei parla di misure strutturali, inserisce anche quella misura che io non ho visto da lei firmata, ma che ho visto su una slide del Presidente del Consiglio, cioè i famosi 80 euro a cittadino ma solo per alcuni ? Questa sarà una misura strutturale o sarà una misura una tantum ?
  Servono 4,5 miliardi, ce lo siamo già detti. Sono 4,5 miliardi che lei trova attraverso la spending review: ci dica dove li trova all'interno di quell'elenco della spending review che ieri il commissario Cottarelli è venuto in questa sede a ribadirci e a ripresentarci.
  Le chiedo, inoltre, se la questione del credito, la tanto criticata e discussa questione dei limiti del credito da parte delle Pag. 16banche rispetto sia alle aziende, sia alle giovani coppie, voi abbiate intenzione di risolverla solo ed esclusivamente con un rinnovo di liquidità al Fondo centrale di garanzia, scelta già compiuta dal precedente Governo ma che non ci sembra abbia portato i risultati sperati. Forse ci sarebbe da fare qualcos'altro nel rapporto con gli istituti di credito.
  Oggi esce un'agenzia che riporta alcuni dati relativi al gettito delle entrate che, rispetto alle stime dei primi due mesi, sono decisamente più bassi. Le chiedo per quale motivo, dal suo punto di vista, il gettito non rispecchia le stime e se ciò determinerà un fabbisogno ulteriore rispetto a quello che voi avete stimato all'interno del DEF.
  Passo all'ultima domanda. Lei ha spiegato nei dettagli – ci ha pensato anche il presidente Boccia – qual è il rapporto all'interno di una riformulazione strutturale delle stime e nella corrispondenza che c’è con l'Unione europea. In sostanza, voi dite: rivediamo in questo momento i vincoli del Patto di stabilità per una questione di emergenza. Abbiamo sentito quali possono essere i motivi e qual è l’iter.
  Le chiedo se voi abbiate intenzione di fare la stessa cosa rispetto al Patto di stabilità interno con gli enti locali, perché nel rapporto che c’è tra Unione europea e Stato nazionale lei si può identificare negli enti locali, ed è lo stesso atteggiamento che lei pretende dall'Unione europea.

  ANNA CINZIA BONFRISCO. Signor Ministro, cercherò di essere molto rapida perché ormai la qualità e il contenuto delle domande che le vengono rivolte sono davvero ampi e vasti. Dalle audizioni svolte in questi due giorni, alcune particolarmente significative, noi cogliamo delle criticità preoccupanti.
  È stata già citata la Corte dei conti, che forse ha svolto nella sua relazione l'analisi più approfondita. Aggiungo, all'ultima riflessione fatta dal collega che mi ha preceduto, un altro dei rilievi mossi dalla Corte dei conti al DEF riguardo, per esempio, l'andamento della spesa in conto capitale. Questo consolida una tendenza già in atto da diversi anni e sembra segnalare l'inefficacia delle misure contenute nel decreto di sblocco dei pagamenti arretrati delle amministrazioni pubbliche, che hanno attribuito alle amministrazioni locali spazi finanziari.
  L'insuccesso riguarda soprattutto le amministrazioni locali, per le quali nella Nota di aggiornamento del DEF si prefigurava, a seguito di tali maggiori margini esclusi dal Patto di stabilità, un aumento della spesa di oltre 4 miliardi rispetto al 2012.
  Vorrei, però, ricordare la parte forse più preoccupante, più critica, che riguarda l'analisi sulla spending review e le attese dalla spending review che ha esposto questa mattina la Banca d'Italia.
  Banca d'Italia ci dice espressamente che gli effetti della spending review non saranno sufficienti a coprire gli effetti finanziari del decreto sulla riduzione dell'IRPEF, quello che tutti chiamiamo degli 80 euro, che il Governo si appresta ad approvare. Questo è significativamente preoccupante.
  Aggiungo a ciò un'ulteriore riflessione, che vorrei sottoporre alla sua attenzione, riguardo gli incassi dalle accise, stimati nel DEF a 1.416 milioni di euro ma che non tengono in sufficiente considerazione il trend negativo dei consumi già stimato, per esempio, solo per quanto riguarda i prodotti petroliferi, come la benzina, in un meno 2 per cento per il primo trimestre rispetto al primo trimestre del 2013. Si prevede già oggi, quindi, una riduzione di quel gettito di almeno 150 milioni di euro. Sono stime, affatto recenti, di Assopetroli.
  Torno all'analisi della Corte dei conti che altri colleghi hanno ripreso. Cosa ci dice sulle previsioni forse un po’ troppo ottimistiche o sovrastimate, per esempio quelle dell'aumento dei consumi in una situazione come quella attuale ormai vicina alla deflazione, e soprattutto con una disoccupazione prevista in crescita ? Come potrebbero mai aumentare i consumi nel nostro Paese ?
  L'insieme di questi fattori e di molte altre stime che altri hanno ricordato – l'intervento dell'onorevole Fassina credo Pag. 17sia stato il più illuminante di tutti – ci fa giudicare negativamente questo DEF e chiederle invece, a gran voce, di poter meglio puntualizzare e precisare al Parlamento quantificazioni che a noi sembrano errate e incoerenti, soprattutto sui saldi finali di finanza pubblica nel loro complesso.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Sarò rapidissimo, perché i temi sono stati toccati quasi tutti. Ho una domanda che avevo posto già ieri al dottor Cottarelli e che ha a che vedere con gli enti locali.
  Nel DEF tutto ciò che riguarda le società partecipate dagli enti locali è trattato in relazione a interventi di revisione della spesa, mentre non se ne parla minimamente nel paragrafo successivo, che tratta di privatizzazioni. Sembrerebbe, quindi, che esse vengano sostanzialmente considerate soltanto a questi fini.
  Per un altro verso, in relazione al patrimonio immobiliare si parla della necessità di attuazione immediata del federalismo demaniale e del trasferimento degli immobili non utilizzati dallo Stato agli enti locali.
  Volevo domandare se si tratta di una scelta e se la scelta del Governo sia quella di non prendere in considerazione strumenti di privatizzazione delle società degli enti locali che non svolgano servizi pubblici locali, perché quelle sono escluse anche dalla spending review, come riferimento. Non se ne parla per le privatizzazioni, ma c’è un enorme numero di partecipazioni in società che svolgono attività che col servizio pubblico non hanno niente a che vedere, anche se magari hanno qualche valore. Lo stesso vale per gli immobili.
  Non ritiene il Governo che l'attuazione del federalismo demaniale vada in un senso opposto rispetto alla necessità di dismettere questi immobili, perché questo richiede un passaggio ulteriore che, di fatto, rallenta la dismissione degli immobili oggi dello Stato, i quali devono passare agli enti locali, essere valorizzati dal punto di vista urbanistico e poi dismessi ? È una scelta precisa quella di ridurre, rimandare o al momento limitare le dismissioni delle società partecipate e del patrimonio immobiliare non utilizzato ?
  Questo sembrerebbe un po’ in contrasto col fatto che l'entità delle privatizzazioni sia comunque considerata sfidante – si dice che sarà difficile fare tutte queste dismissioni del patrimonio statale – ma c’è un'enorme quantità di patrimonio negli enti locali che sembrerebbe un po’ ignorata dal percorso di dismissione e privatizzazione.

  ROCCO PALESE. Ringrazio il Ministro per l'audizione, ma anche il presidente Boccia per aver introdotto questa seduta richiamando norme precise e perentorie.
  Non sono per nulla tranquillo, né soddisfatto delle assicurazioni che il Ministro ha fornito in riferimento al parere da parte della Commissione europea in merito a quanto si chiede in deroga, ossia di poter differire il pareggio di bilancio attraverso, in sostanza, un'autoprocedura di infrazione e di rientro: cioè noi sforiamo per poi rientrare, perché di questo si tratta.
  Dal punto di vista formale noi presenteremo alla Camera, in Aula, un'iniziativa. Ci deve essere infatti qualche documento, qualche cosa ce la dovrete fornire rispetto a questo adempimento previsto dalla norma. Già di per sé, la circostanza che in prima attuazione di una norma noi ce ne andiamo subito sull'eccezione è un fatto di una gravità inaudita. Se pensiamo che l'Europa possa essere flessibile con noi, io la vedo dura se iniziamo in questa maniera. Questa situazione, dal punto di vista formale, va dunque risolta. Nel merito, la norma è infatti molto precisa.
  Io mi riferisco essenzialmente a poche questioni, tra cui il problema delle entrate e delle coperture. C’è una verifica sulla situazione delle entrate, che già sono in diminuzione, in riferimento a quanto previsto dalla vigente legge di stabilità ? In materia, c’è una serie enorme di norme di salvaguardia che scatterebbero. Non solo c’è l'impressione rispetto alla stima ma Pag. 18anche su questo c’è la spending review, che dovrebbe essere fatta e di cui non abbiamo notizia.
  L'altro elemento riguarda le coperture per gli sgravi fiscali. Noi abbiamo avuto ufficialmente in audizione, con documenti scritti, la consegna, come Parlamento, delle preoccupazioni da parte della Banca d'Italia e anche della Corte dei conti – quest'ultima in maniera un po’ più criptata, ma la sostanza non cambia – sul fatto che, in riferimento agli sgravi fiscali, ci sia un problema di quantizzazione delle stime, nel senso che c'era solo una speranza che si potessero verificare.
  L'altro problema è che si tratta comunque di risorse una tantum. Si parla delle plusvalenze sulla situazione delle banche e dell'aumento del gettito IVA rispetto ai pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, su cui c’è da stendere un velo pietoso. Si è fatto poco o niente, nonostante le ripetute sollecitazioni da parte nostra e di tanti colleghi. Sia le plusvalenze sia l'aumento del gettito IVA rispetto ai pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione sono risorse una tantum, per non parlare poi della situazione della spending review.
  Noi vorremmo capire veramente se il Governo abbia intenzione di procedere oppure se dobbiamo assistere a continue conferenze stampa e audizioni dappertutto da parte del commissario, il quale comunque ha predisposto un menù e una serie enorme di voci e di enti su cui intervenire, ma di cui non si ha notizia.
  Peraltro, esiste anche un doppio problema. Uno concerne la veridicità della quantizzazione delle risorse che dovrebbero comportare un risparmio. Un conto sono le stime, un conto è quello che si riesce a realizzare. L'altro, peggio ancora, riguarda gli effetti dal punto di vista temporale. Da quando ? Già non si sa che cosa né si sa quando e poi, una volta stabilito, non si sa neanche da quando le misure inizieranno a produrre un abbattimento della spesa.
  Questi sono motivi di grandissima preoccupazione perché noi stiamo andando verso una nuova mega-procedura di infrazione, se continuiamo così, se permane l'incertezza sulle entrate previste dalla vigente legge di stabilità e sulla situazione di quello che si prevede.
  Come ulteriore elemento, sarebbe interessante comprendere quale sia l'idea del Governo rispetto ad alcune certezze che, invece, ci sono. Dal punto di vista delle risorse disponibili, ritengo che siano una certezza le risorse disponibili per il periodo 2014-2020 relativamente ai fondi strutturali. Abbiamo, però, un grande problema: ci sono regioni che, pur mantenendo i livelli di spesa, a un certo punto sono costrette a bloccare la spesa dei fondi strutturali per il problema del Patto di stabilità. Non mi sembra che ci sia traccia di un intervento convinto, che il Governo dovrebbe fare nei confronti della Commissione europea per cercare di nettizzare queste risorse.
  Le faccio un esempio, Ministro. Lei ha fatto opportunamente, a mio avviso – questo glielo riconosco – un cenno al problema della «Garanzia Giovani», che comunque dovrebbe dare qualche speranza. In quel caso si utilizzano fondi strutturali ma, se noi non consentiamo alle regioni di spenderli, anche con la misura che lei ha elencato in riferimento all'aumento di occasioni di lavoro e di occupazione, non riusciremo ad avere alcun tipo di beneficio.
  C’è anche il problema delle riforme. È un programma, su questo non c’è dubbio. Lei le elenca; sono un auspicio. Se noi riteniamo, però, che la possibilità di fare le riforme possa incidere in via diretta, io su questo sarei cauto. Non siamo nemmeno tanto sicuri che queste riforme del Titolo V della Costituzione e del bicameralismo vadano in porto. Io mi accontenterei che soprattutto la parte della modifica del Titolo V venisse portata a termine, intanto per mettere in sicurezza la soppressione delle province, perché la norma che è stata fatta sicuramente sarà dichiarata anticostituzionale e non avremo risolto assolutamente niente. Occorre la modifica della Costituzione.
  Inoltre sappiamo perfettamente, ed è patrimonio di tutti, degli addetti ai lavori Pag. 19e della stragrande maggioranza dei cittadini, che la modifica del Titolo V è, invece, un'emergenza almeno pari, se non superiore, a quella del bicameralismo, soprattutto per la situazione della finanza pubblica.
  Il Titolo V – è inutile che giriamo attorno al problema – ha fatto più danno alle casse pubbliche delle due guerre mondiali messe insieme. Se non modifichiamo il Titolo V ed enunciamo soltanto questa riforma inserendola in un disegno di legge, in un pasticcio incredibile, insieme alla riforma del Senato, che non verrà fatta mai, commettiamo un grave errore di proiezione rispetto al programma.
  Non possiamo non tenere conto di questo. Dobbiamo dirci in maniera chiara le cose. Abbiamo messo la riforma più urgente – su cui tutti siamo d'accordo e su cui bisognerebbe impiegare sì e no tre mesi, la seconda lettura della modifica del Titolo V, che è un disastro, e che potremmo fare in un secondo, perché siamo tutti d'accordo – nel libro generale, insieme a quella del Senato. Se non verrà stralciata, non sarà mai fatta e saranno vanificati tutti i benefici inseriti nel piano.
  Il nostro giudizio, mi spiace, rimane quindi molto negativo.

  PRESIDENTE. Chiudiamo gli interventi con l'onorevole Misiani, che è anche il relatore sul DEF 2014.

  ANTONIO MISIANI. Grazie, presidente. Desidero ringraziare il Ministro Padoan per i contenuti dell'audizione ed esprimere apprezzamento per il Documento di economia e finanza, per il Programma di stabilità e per il Programma nazionale di riforma.
  Noi veniamo da anni in cui in queste aule abbiamo discusso e votato documenti di programmazione economico-finanziaria che erano fondati su previsioni del tutto ottimistiche, sganciate dalla realtà, e con una certa sconnessione tra i programmi di riequilibrio della finanza pubblica e i programmi di riforma.
  Questo Documento di economia e finanza segna invece, a mio giudizio, una svolta positiva perché le previsioni di crescita sono in linea con il consenso e con le previsioni della Commissione europea e delle istituzioni finanziarie internazionali, e lo stesso vale per le previsioni in materia di finanza pubblica. Anzi, credo che la previsione sul debito nel 2014 sia addirittura peggiore rispetto a quella dell’outlook del Fondo monetario internazionale reso noto pochi giorni fa.
  Il Programma nazionale di riforma (PNR) è il cuore di questo DEF, attorno al quale ruota tutto il resto. Il PNR non si limita a denunciare le riforme ma esplicita – anche questa è una novità positiva – un cronoprogramma preciso e impegnativo. Ritengo che questo sia un apprezzabile atto di trasparenza del Governo nei confronti del Parlamento e del Paese.
  Il DEF si colloca in una fase difficile, come veniva ricordato dal Ministro. Noi usciamo dalla crisi peggiore dal dopoguerra in condizioni critiche dal punto di vista economico e sociale. Ciò è sicuramente frutto della crisi globale che ha colpito tutte le economie avanzate, compresa la nostra. Hanno inciso sicuramente le politiche di austerità implementate, dal 2009 in avanti, simultaneamente in tutta l'Unione economica e monetaria. Su queste politiche è in atto, nei Governi, tra gli economisti e nelle istituzioni finanziarie internazionali, una riflessione critica.
  Credo che, però, sulla performance peggiore dell'Italia rispetto agli altri Paesi abbiano pesato nodi strutturali che questo Paese si trascina da vent'anni: le carenze del capitale umano, gli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo, il debito pubblico, l'evasione, la corruzione. C’è un elenco lungo e pesante di questioni che il Paese non ha affrontato per tempo, a differenza delle riforme che hanno saputo mettere in atto – cito, per esempio, il caso tedesco – Paesi che erano i malati d'Europa dieci anni fa e che oggi, invece, ne sono la locomotiva. Allora, un cambio di rotta delle politiche economiche a livello europeo è certamente auspicabile.
  Noi abbiamo recuperato in questi anni la credibilità necessaria per far sentire la nostra voce a Bruxelles. Sono assolutamente Pag. 20chiari gli intendimenti del Presidente del Consiglio e del Ministro Padoan per quanto riguarda un cambio di impostazione delle politiche economiche a livello europeo, però se le ragioni di fondo della cattiva performance dell'economia italiana in rapporto alle altre economie avanzate sono i problemi strutturali che ci trasciniamo, se questo è vero, considero allora quantomeno discutibile che venga individuata come chiave di volta della ripresa l'implementazione di politiche fiscali espansive per le quali non vedo grandi spazi nel nostro Paese, che continua a detenere il quarto debito pubblico al mondo. Questa è la realtà dell'Italia: un debito al 132,6 per cento del prodotto interno lordo.
  Condivido la linea prudente del Documento di economia e finanza dal punto di vista dei conti pubblici, perché siamo usciti da poco dalla procedura per disavanzi eccessivi che ci è costata manovre lacrime e sangue. Stiamo entrando in un sistema nuovo di regole definito dal Fiscal Compact: ci piaccia o non ci piaccia, con queste regole dobbiamo fare i conti. Abbiamo il debito ai livelli che sappiamo e rimaniamo osservati speciali da parte dei mercati e dei nostri partner europei.
  L'Italia – ultimo elemento, ma non in ordine di importanza – è alla vigilia dell'assunzione della presidenza del Consiglio dell'Unione europea. Il Governo chiederà al Parlamento, sentita la Commissione nei termini che ha opportunamente specificato il Ministro, l'autorizzazione ad uno scostamento temporaneo. Credo che le motivazioni per l'autorizzazione di questo scostamento siano fondate e condivisibili, per come le abbiamo lette nella relazione contenuta nel DEF.
  C’è una vera discontinuità in questo Documento, ed è sul versante delle riforme strutturali, da quelle istituzionali a quella fiscale. Ricordo che il taglio dell'IRPEF e dell'IRAP è la maggiore manovra di riduzione della pressione fiscale in questo Paese da molti anni a questa parte ed è giustamente concentrata sul lavoro dipendente a reddito medio-basso, che è la parte di questa società che ha sofferto di più le conseguenze della crisi. Basta consultare i dati della Banca d'Italia sulla povertà relativa per comprendere come sia cambiata in questi anni.
  Vi sono, inoltre, l'attuazione della delega fiscale e la spending review, la quale ultima ritengo essere non dico la madre di tutte le riforme, ma un pezzo importante della riforma della pubblica amministrazione: in questo senso essa va difatti considerata, e non soltanto come uno strumento per liberare spazi di manovra per la politica economica.
  È chiaro che il Parlamento sarà chiamato a discutere su tutti questi interventi e la qualità di alcuni di essi va migliorata. È in atto una discussione, ad esempio, sul decreto-legge in materia di riforma del lavoro. Bisogna prestare molta più attenzione rispetto al passato sulle modalità di attuazione di queste riforme perché la giungla di provvedimenti di secondo livello ha spesso ostacolato e rallentato l'attuazione di riforme che sono state in passato varate dal Parlamento. La sfida chiave, a mio modo di vedere, che noi dobbiamo raccogliere è questa, ed è del tutto condivisibile che il DEF scommetta molto sul Programma nazionale di riforma.
  Concludo con alcune domande che avevo posto anche nella relazione e che mi permetto ora di rivolgere al Ministro.
  In primo luogo, chiedo qualche parola di ulteriore specificazione sul percorso di riduzione del debito che, in relazione alla regola del debito prevista dal Fiscal Compact, rappresenta un punto di particolare delicatezza, come è emerso anche da una serie di audizioni a cui abbiamo assistito in queste ore.
  In secondo luogo, nel 2014 voi prevedete un tasso di disoccupazione al 12,8 e un output gap al 3,7. Ciò vuol dire, se non vado errato, che il tasso di disoccupazione non inflazionistico sarebbe fissato per il nostro Paese addirittura all'11 per cento. Vorrei chiedere al Ministro se non ritenga che questo livello del tasso di disoccupazione non inflazionistico sia straordinariamente alto. È chiaro che da questo discendono elementi fondamentali, quali le Pag. 21stime sul saldo di bilancio strutturale, per la definizione della politica di finanza pubblica nel nostro Paese.
  Un'ultima questione riguarda i numeri della spending review – ambiziosi, come abbiamo detto – che arrivano a 32 miliardi di euro a regime: essi sono aggiuntivi, sostitutivi o inclusivi degli obiettivi della spending review scontati nella legge di stabilità per il 2014 e nel decreto-legge n. 4 del 2014 ?
  Questa è una domanda che abbiamo posto già al commissario Cottarelli e sulla quale riteniamo opportuno acquisire un chiarimento definitivo da parte del Ministro.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Misiani. Do la parola al Ministro Padoan per la replica.

  PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Ringrazio tutti per le numerose domande e commenti, moltissimi dei quali molto utili. Proverò a rispondere alle vostre domande, che ho segnato con cura. Molte di esse si sovrappongono, quindi mi scuseranno gli onorevoli deputati e senatori se non mi rivolgerò direttamente a loro, ma spero di riuscire a coprire gli argomenti sollevati, almeno in parte.
  L'onorevole Fassina ha svolto un ragionamento molto ampio e ricco sulla crescita. Sarei molto tentato di prolungare la discussione; è un tema che mi appassiona, però tengo a sottolineare due punti. Il primo punto è che l'idea della crescita dell'Italia, che almeno personalmente ho, non è quella di una crescita esclusivamente export-led. La crescita delle esportazioni ha permesso all'Italia e ad altri Paesi di uscire dalla fase di recessione ma sarebbe una crescita effimera – e l'ho detto – se si fermasse qui. Il punto di svolta avverrà quando ci sarà una ripresa solida degli investimenti e quindi, per quella via, anche una ripresa solida dell'occupazione. Ciò richiede che ci sia una combinazione di miglioramento delle condizioni cicliche della domanda e miglioramento delle condizioni dal lato dell'offerta: questa è un'idea fondamentale del DEF.
  A questo proposito, non mi riconosco in una descrizione della crescita che sia unicamente guidata da fattori di offerta. Molte delle misure che il Governo descrive nel DEF si possono definire tranquillamente «di domanda». Ne cito due: l'intenzione di abbattere in modo significativo l'IRPEF, ossia l'imposta sul reddito delle persone fisiche, ha un effetto sul reddito disponibile – soprattutto quello delle famiglie a reddito più basso – che ovviamente determinerà un sostegno ai consumi anche se l'occupazione non cresce, e quindi produrrà un effetto redistributivo; il taglio del cuneo fiscale, che prevediamo di raggiungere ulteriormente con misure di riduzione dell'IRAP, avrà un effetto sugli investimenti e, di conseguenza, gli investimenti sia nel breve termine, sul piano della domanda, sia nel medio termine, sul piano dell'offerta, avranno un effetto positivo sulla crescita.
  Non credo che questo sia un programma basato unicamente sull'offerta, anche se aggiustamenti dal lato dell'offerta, cioè del reddito potenziale, sono quelli che l'evidenza di due decenni di crescita zero mi sembra ci dicano essere molto importanti. Ci dimentichiamo che l'Italia è entrata nella grande recessione con una situazione di assoluta, o quasi, stagnazione. Quindi i problemi del Paese sono molto precedenti a quelli che sono stati, peraltro, aggravati dalla crisi.
  L'onorevole Fassina mi ha rivolto anche una domanda specifica sui debiti, che spero di aver annotato in modo preciso. Il saldo netto da finanziare aumenta di 20 miliardi di euro, mentre i pagamenti della pubblica amministrazione ammontano a 13 miliardi. La differenza fra queste due cifre è spiegata dagli effetti attesi dalle operazioni di ristrutturazione del debito regionale assistite dallo Stato, che consentiranno alle regioni di modificare il profilo temporale degli oneri per il rimborso dei propri debiti.
  L'onorevole Ferrara è tornato sulla questione del rapporto con la Commissione europea nel momento in cui il Pag. 22Governo annuncia una deviazione temporanea dal sentiero di riaggiustamento. In primo luogo, ribadisco che abbiamo sentito con vari strumenti la Commissione europea e rafforzeremo il dialogo, che è continuo, con gli uffici della Commissione stessa. Per quanto riguarda le ragioni per le quali c’è uno scostamento, esse si giustificano sia con l'ulteriore pagamento dei debiti della pubblica amministrazione sia con l'implementazione di misure di natura strutturale che possono avere effetti di breve termine in termini di rallentamento della crescita.
  Dico al senatore Tremonti – se non sbaglio, non è più presente in quest'aula – che è vero che manca la mia firma nella lettera di accompagnamento. Peraltro, il mio nome compare in calce al documento, comunque chiedo scusa, si tratta di un errore materiale dovuto al fatto che è stata corretta la prima versione della lettera, dove compariva la mia firma. Sfortunatamente in quel momento ero in volo per raggiungere il Fondo monetario internazionale, quindi non ho potuto firmare, ma sarei ben felice di farlo sull'istante, se voi ritenete sia necessario.
  L'onorevole Cariello, se ho ben capito, chiede che cosa ci aspettiamo dalla Commissione europea in termini di valutazione. Intanto la Commissione europea farà tutte le sue valutazioni fra un po’ di tempo, e le farà in base ai suoi numeri, cioè ai numeri di stima che verranno predisposti dallo staff della Commissione europea. Mi aspetto, però, che vengano riconosciute sia le circostanze eccezionali sia la natura strutturale delle misure che il Governo sta implementando.
  Per quanto riguarda la questione relativa a dove risiede il vantaggio in termini di gettito dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni – mi riferisco alla valutazione della Corte dei conti richiamata, se non sbaglio, anche dalla senatrice Bonfrisco – prendo atto di questa osservazione e valuteremo con attenzione le stime della Corte dei conti. Naturalmente il Tesoro ha le sue stime e non tutte le stime sono identiche, per definizione; se non altro è sempre possibile un errore statistico, quindi cercheremo di capire fino a che punto nelle nostre proiezioni tralasciamo variabili fondamentali. Personalmente non credo che questo sia il caso.
  Sulla spending review sono state formulate molte domande. Vi chiedo un po’ di pazienza. Il Governo sta predisponendo misure dettagliate per ogni singolo intervento, sia dal punto di vista della riduzione del carico fiscale nelle sue forme sia in termini di quali misure di spending review saranno adottate. Questo provvedimento sarà tra breve all'esame del Consiglio dei ministri. Di nuovo, vi chiedo di pazientare perché torneremo ovviamente a discutere di quella misura tra poco.
  Quanto alla clausola sugli investimenti e alla domanda se si possa riaprire, rispondo che si può riaprire a condizione che sia rispettata la regola del debito. Quindi, bisogna innanzitutto garantire che ciò avvenga.
  Da questo punto di vista, mi ricollego a un ultimo punto, sul quale cui poi tornerò, che sollevava l'onorevole Misiani: qual è il profilo di aggiustamento del debito ? È un profilo che vede – come ho accennato – un inizio della discesa a partire dall'anno prossimo. Ribadisco che i fattori che determinano questo andamento sono tre: l'aggiustamento del saldo strutturale; la crescita, che prevediamo in aumento, e ribadisco che si tratta di crescita nominale, quindi il 3 per cento a cui si faceva riferimento in merito alle osservazioni accurate della Banca d'Italia riguarda la crescita nominale, cioè quella reale più l'inflazione, non la crescita reale, questo è quello che conta ai fini del debito; le privatizzazioni, che sono imputate nel DEF con un guadagno di 0,7 per cento per anno.
  Su questo argomento il Governo, come credo sia noto, ha già avviato, per quanto riguarda quest'anno, due privatizzazioni relative a ENAV e Poste; altre sono in cantiere e saranno, mi auguro, immesse con un ritmo costante.
  A questo proposito, l'onorevole Mazziotti Di Celso mi chiede se c’è una voluta omissione della questione della privatizzazione delle società municipalizzate e degli Pag. 23immobili degli enti locali. La risposta è: assolutamente no. Pensiamo che sia un'area molto importante e molto interessante, che richiede di aggredire il processo caso per caso. Nel caso del patrimonio immobiliare, richiede anche di valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico, allo scopo di ottenere al meglio i risultati delle privatizzazioni. Quindi, non è nel DEF, ma non perché non lo si ritenga importante, al contrario.
  In merito alla spending review avrete informazioni dettagliate sulle misure tra molto poco. Tali misure avranno sia un obiettivo quantitativo, in termini di risorse da ricavare, sia specifiche indicazioni di tipo qualitativo, ossia in che senso i processi di spesa e di gestione devono essere cambiati.
  Ribadisco che i risultati attesi dalle privatizzazioni sono in aggiunta ai numeri della spending review, come ha detto il commissario Cottarelli.

  ANTONIO MISIANI. I 32 miliardi di euro sono in aggiunta a quanto già scontato ?

  PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. No, chiedo scusa sto parlando dei 4,5 miliardi di euro.

  PRESIDENTE. È stato opportuno chiarire questo aspetto, in quanto è stato oggetto di ampie discussioni.

  PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie per la precisazione.
  Tornando alle domande, attraverso quali criteri facciamo la valutazione delle misure di riforma del mercato del lavoro ? Innanzitutto, è la Commissione europea a richiedere che ciò venga fatto, al fine di valutare il ragionamento relativo allo scostamento dal processo di aggiustamento.
  Ormai le istituzioni internazionali, come l'OCSE e il Fondo monetario, hanno messo a punto dei criteri di valutazione dell'impatto delle misure strutturali, quelle relative non solo al mercato del lavoro ma ad un'ampia gamma di interventi, che sono traducibili in termini di impatto sulla crescita, e questi sono stati verificati con l'esperienza passata. Sono naturalmente delle stime, ma a mio avviso sono stime attendibili che, tra l'altro, vengono adottate anche nell'ambito del G20 per valutare la performance dei Paesi e le misure che questi adottano per aggiustare la crescita.
  In riferimento alla Strategia Europa 2020, questa rappresenta sicuramente un elemento molto importante. Sarà al centro dell'agenda dell'Unione europea nel corso del semestre presieduto dall'Italia una valutazione, un riesame approfondito di questa Strategia, che contiene, a mio avviso, molte misure importanti per la crescita.
  Sull'8 per mille, la legge di stabilità ha destinato questa misura alla ristrutturazione, alla messa in sicurezza e all'adeguamento antisismico delle scuole. Per il futuro valuteremo, ma in questo momento non sono in grado di dare una risposta definitiva.
  Quanto alle misure relative al credito, non stiamo parlando solo del Fondo di garanzia, ma sarebbe un discorso lungo. Ho citato prima un'iniziativa appena avviata dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero dello sviluppo economico, anche con il contributo della Banca d'Italia, per cercare di razionalizzare, semplificare e raggruppare le diverse misure di facilitazione per l'accesso al credito delle piccole e medie imprese. Quindi, è intenzione del Governo rafforzare questo tipo di strumentazione.
  Il Patto di stabilità interno è sicuramente un meccanismo che può essere migliorato ed è intenzione del Governo studiarlo in modo più dettagliato, pur nel mantenimento degli obiettivi di fondo riguardanti la sostenibilità della finanza.
  Mi è stato fatto notare, a proposito dell'audizione della Banca d'Italia, il giudizio di quest'ultima sull'impatto della spending review. Da quello che mi risulta, il dottor Signorini, membro del direttorio, nella sua audizione ha sostenuto che per il 2015 il valore massimo previsto dai ricavi di spending review non sarebbe sufficiente a conseguire da solo obiettivi Pag. 24programmatici. Lo verificheremo. Comunque, gli obiettivi programmatici sono una cosa diversa dalla riduzione del cuneo fiscale, che è uno solo degli obiettivi. Quella, da quanto leggo sul testo dell'audizione, è la valutazione della Banca d'Italia.
  Infine, l'onorevole Misiani pone una questione apparentemente tecnica, ma in realtà drammatica, cioè il valore del NAIRU (non-accelerating inflation rate of unemployment), il tasso strutturale di disoccupazione. È vero, è molto alto. Naturalmente, c’è dibattito perché si tratta non di una misura osservata ma stimata. Al di là del fattore tecnico, ciò a mio avviso segnala la drammaticità del problema, però mi dice anche che per risolverlo occorrono azioni dal lato della crescita della domanda, ma anche azioni in materia di semplificazione del mercato del lavoro. Occorrono entrambi questi elementi, perché solo una ripresa della domanda a breve termine non potrebbe scalfire questa cifra impressionante.
  Dalla lettura delle mie note mi sembra di non aver tralasciato alcuna domanda, ma chiedo scusa in anticipo se l'ho fatto.

  PRESIDENTE. Mi pare abbia risposto in maniera esauriente a tutte le domande. Ringrazio ancora il Ministro Padoan e i colleghi delle Commissioni bilancio di Camera e Senato.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 22.35.