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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

XI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 15 maggio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Damiano Cesare , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, sulle linee programmatiche del suo Dicastero, per le parti di competenza (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Damiano Cesare , Presidente ... 3 
Giovannini Enrico , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 3 
Damiano Cesare , Presidente ... 8 
Bellanova Teresa (PD)  ... 8 
Pizzolante Sergio (PdL)  ... 10 
Rizzetto Walter (M5S)  ... 11 
Airaudo Giorgio (SEL)  ... 12 
Tinagli Irene (SCPI)  ... 12 
Fedriga Massimiliano (LNA)  ... 13 
Gebhard Renate (Misto-Min.Ling.)  ... 14 
Polverini Renata (PdL)  ... 14 
Ciprini Tiziana (M5S)  ... 16 
Di Salvo Titti (SEL)  ... 16 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 16 
Gnecchi Marialuisa (PD)  ... 17 
Baldelli Simone (PdL)  ... 17 
Albanella Luisella (PD)  ... 17 
Damiano Cesare , Presidente ... 18 
Giovannini Enrico , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 18 
Damiano Cesare , Presidente ... 21

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CESARE DAMIANO

  La seduta comincia alle 15,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, sulle linee programmatiche del suo Dicastero, per le parti di competenza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, sulle linee programmatiche del suo Dicastero, per le parti di competenza.
  Mi scuso con gli onorevoli che debbono ancora passare le «forche caudine» della rilevazione della loro presenza, ma sono obbligato a cominciare in considerazione dei tempi ristretti. Vorrei cogliere l'occasione per segnalare – a nome, credo, di tutti i parlamentari – il disagio causato da questa procedura che mi auguro possa essere esaminata in modo tale da superare questo modello di certificazione.
  Ringrazio il Ministro per la sua presenza.
  Ricordo ai colleghi che, come concordato unanimemente nella riunione dell'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, svoltasi ieri, la Presidenza stessa ha provveduto ad articolare gli interventi relativi all'audizione del Ministro contingentando i tempi dedicati alla formulazione delle osservazioni e dei quesiti da parte dei deputati, assegnando a ciascun gruppo un tempo proporzionale alla propria consistenza numerica in Commissione. Vi prego, pertanto, di osservare tale regola e vi informo che dovremmo concludere i nostri lavori intorno alle 16,40 perché successivamente il Ministro ha un impegno con il Presidente del Consiglio.
  Ringrazio nuovamente il Ministro per la sua presenza e gli do la parola per la relazione introduttiva.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Grazie, signor Presidente, e buongiorno a tutti. Questa è per me un'occasione molto importante, non solo per illustrare alcune linee su cui il Ministero conta di muoversi e si sta muovendo, in particolare sui temi del lavoro, ma anche e soprattutto per ascoltare quelli che la Commissione ritiene siano i temi più urgenti da affrontare, laddove la mia introduzione non li trattasse direttamente. Da questo punto di vista, farò un'introduzione relativamente rapida, cogliendo i punti chiave, per poi ascoltare le vostre osservazioni.
  La prima informazione che vorrei dare, dopo aver partecipato all'incontro con i giornalisti, è che non possiedo un account Twitter; poiché sembra che qualcuno abbia «twittato» a mio nome qualcosa di particolarmente forte, comunico di non avere un account Twitter al momento e non credo che lo avrò in futuro.
  In primo luogo, ritengo sia importante chiarire che il problema occupazionale, il Pag. 4problema della disoccupazione, della sottoccupazione e dell'inoccupazione ha dimensioni estremamente ampie, che difficilmente, se non in modo assolutamente irrealistico, si può pensare di affrontare attraverso interventi sul mercato del lavoro per via legislativa. In altri termini, abbiamo circa 3 milioni di disoccupati, secondo le definizioni internazionali, e 3 milioni di persone che non sono classificate come disoccupati, ma che sono scoraggiate, ai margini del mercato e così via, per un totale di circa 6 milioni di persone che fanno parte della sottoutilizzazione della capacità del capitale umano disponibile nel nostro Paese.
  È chiaro che un riassorbimento di questa ampia platea non può che avvenire attraverso una crescita economica che sia sostenibile, inclusiva e che copra le diverse parti del nostro territorio nazionale. Solo questo può prosciugare, in prospettiva, questa ampia platea di persone.
  In secondo luogo, è chiaro che nell'ambito dell'Unione europea, ma più in generale nell'ambito del funzionamento di un'economia globalizzata, questo problema non è risolvibile da un solo Paese, ma richiede una politica europea coerente.
  Vediamo quanto sta accadendo anche in termini di movimento di persone all'interno dell'Unione europea, dai Paesi che crescono di meno verso i Paesi che crescono di più; se questo è semplicemente un travaso tra Paesi, è chiaro che non si andrà molto lontano. Questo fa sì che l'intera Europa debba avere, attraverso una serie di politiche appropriate, non solo un ruolo più ampio in termini economici all'interno del mondo, ma anche una prospettiva coerente di politiche del continente.
  Il terzo punto che vorrei sottolineare è che le condizioni interne di funzionamento dei mercati, dei prodotti, dei fattori della produzione e così via, sono fondamentali per avere un'economia resiliente, cioè capace di reagire a shock esterni, in modo tale da non determinare fenomeni – come quelli che, purtroppo, il nostro Paese affronta non da oggi – di disoccupazione di lungo periodo e di inattività. Ricordiamo che ci sono 2,1 milioni di NEET (Not in Education, Employment or Training) cioè di giovani che non studiano, non lavorano e non sono in training, e questo ci dà un'ulteriore idea del capitale umano che stiamo sprecando.
  La dimensione di questi problemi ci fa capire che la crescita è indispensabile, che l'Europa è indispensabile e che le condizioni interne sono assolutamente necessarie per sfruttare quelli che, in un linguaggio velico, ho definito tutti i possibili refoli di vento che in questo momento potrebbero aiutare la nostra economia a crescere maggiormente.
  Vorrei anche sottolineare che la forte eterogeneità del nostro sistema produttivo – tra grandi e piccole imprese, imprese attive sui mercati internazionali che stanno andando abbastanza bene, mentre quelle sui mercati interni sono molto più in difficoltà – ci fa capire quanto sia variegata la condizione del nostro sistema produttivo stesso. Pertanto, se vogliamo sfruttare tutte queste opportunità, abbiamo bisogno di più strumenti, perché non è un solo strumento che consente di soddisfare tutte le esigenze.
  Il Presidente del Consiglio ha sottolineato diversi punti nel suo discorso alle Camere, sul quale il Governo ha ricevuto la fiducia. «La prima priorità del Governo è la questione del lavoro», cito semplicemente. Il Presidente ha citato il tema della «vulnerabilità individuale che rischia di diventare rabbia»; inoltre, «senza crescita e senza coesione l'Italia è perduta».
  Come punti specifici, il Presidente ha citato: riduzione delle tasse sul lavoro, in particolare su quello stabile e sui neo-assunti; defiscalizzazione per assunzioni di giovani e persone a basso reddito; semplificazione e rafforzamento dell'apprendistato; modifiche alla legge n. 92 del 2012, la riforma del mercato del lavoro; stimolo all'imprenditoria giovanile; fare di più per l'occupazione femminile; affrontare le due emergenze del rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga e della tutela dei lavoratori esodati o salvaguardati, a seconda del punto di vista dal quale si guarda il problema; superamento del precariato Pag. 5nella pubblica amministrazione; riduzione della burocrazia e fisco amico.
  Ci sono, poi, alcune tematiche di carattere sociale su cui non entro, almeno in questa sede, essendo di competenza della Commissione affari sociali.
  Mi soffermerò, invece, su due punti che riguardano questa Commissione: la revisione delle regole per il pensionamento (cito sempre il discorso del Presidente del Consiglio), ovvero la flessibilizzazione con penalizzazione possibile, e la staffetta generazionale per l'assunzione dei giovani. Questi sono i punti citati nel discorso del Presidente del Consiglio sui quali stiamo lavorando intensamente, in particolare su due dimensioni, europea e nazionale.
  Cito l'obiettivo di sviluppare entro il mese di giugno – in occasione del Consiglio europeo che si terrà a fine giugno – un pacchetto complesso e articolato, che riguarda sia la dimensione europea sia la dimensione nazionale, per l'occupazione giovanile. Sappiamo che a livello europeo le politiche vanno recentemente sotto il nome di Youth Guarantee; mi riferisco cioè all'idea che entro alcuni mesi dall'uscita dal sistema formativo sia offerta ai giovani la possibilità di ricevere formazione, di lavorare o di avere altri strumenti. Si tratta però solo di una parte delle politiche dell'occupazione e abbiamo bisogno di fare ben di più.
  Per questo, stiamo lavorando, con l'aiuto dell'OCSE, sulle buone pratiche internazionali per la costruzione di un pacchetto che identifichi possibili quantificazioni delle azioni rispetto alle quali ottenere, in sede europea, se non la cosiddetta Golden Rule (cioè l'esclusione di queste spese dal conteggio del deficit ai fini della procedura dei deficit eccessivi), almeno una considerazione in sede di interpretazione dei risultati, proprio perché questo deve essere uno sforzo comune da parte di tutti i Paesi.
  Tuttavia, stiamo lavorando soprattutto sulla dimensione nazionale, studiando possibili revisioni della legge n. 92 del 2012 che riguardano il tempo determinato, l'apprendistato e così via, in modo tale da superare alcune delle rigidità che sono emerse nella sua applicazione.
  A questo proposito avrete visto i dati pubblicati ieri dall'ISFOL – non si tratta del rapporto sul monitoraggio della riforma, ma una parte dell'informazione – che mostrano come il mercato del lavoro sembrerebbe in fase di ricomposizione dopo l'avvio della riforma. In particolare, dopo una prima fase, il numero di contratti a tempo determinato è in aumento, mentre si stanno riducendo i contratti a lavoro intermittente e altri tipi di contratti in cui il lavoratore è meno tutelato; questo era uno dei risultati attesi della riforma. Anche l'apprendistato sta leggermente riprendendo, dopo un periodo di forte arresto.
  Teniamo presente che alla fine del 2012 si è registrato il peggiore trimestre da molto tempo a questa parte dal punto di vista occupazionale; mentre fino a settembre, nonostante la caduta della produzione, l'occupazione era riuscita ad arginare i danni, anche grazie al sistema degli ammortizzatori, i mesi di ottobre, novembre, dicembre e i successivi hanno visto uno smottamento dei livelli occupazionali, come se le imprese in un primo momento avessero tentato di resistere per mantenere i livelli occupazionali, ma poi ci sia stata una riduzione occupazionale a causa dei problemi di finanziamento o di altri problemi.
  I dati degli ultimi mesi mostrano una leggera stabilizzazione sia del tasso di disoccupazione sia dei livelli occupazionali. C’è stata, quindi, una pausa in questo fenomeno, ma i dati diffusi oggi dall'ISTAT sul primo trimestre 2013 mostrano un meno 0,5 del PIL su base congiunturale. Sono dati particolarmente gravi, che ci confermano che il nostro sistema economico non solo non è fuori dalla recessione, ma segna ancora tassi di riduzione della produzione consistenti.
  Al di là del tema della riforma della legge n. 92 del 2012, c’è la questione chiave dei servizi all'impiego. Vorrei essere estremamente chiaro: se anche noi avessimo grandi risorse da investire su questo Pag. 6tema, nel momento in cui i giovani escono dall'istruzione per entrare nel mercato del lavoro o persone di tutte le età escono da una condizione di occupazione per essere reimpiegate, vi è una debolezza strutturale di questo sistema tale da metterci nella condizione di avere una palla al piede. Questo non è un problema facilmente risolvibile, anche perché riguarda anche le regioni e sappiamo quanto siano variegate le situazioni nelle diverse regioni.
  La delega per il riordino dei servizi all'impiego contenuta nella legge n. 92 del 2012 è scaduta e noi contiamo di riproporla per procedere rapidamente a una riforma dei servizi all'impiego. In questo senso, considerati anche i problemi delle strutture pubbliche, dovremo capire quali siano le forme più adatte per coinvolgere anche il settore privato in questo sforzo, perché siamo molto indietro.
  Stiamo pensando a possibili sistemi di agevolazioni fiscali e contributive per nuove assunzioni di giovani, anche se, in un momento nel quale la domanda langue, c’è un'ampia capacità produttiva inutilizzata, la cassa integrazione è molto estesa e così via, non è detto che questi incentivi producano immediati effetti occupazionali, perché non ci sono tante imprese nella prospettiva dell'aumento occupazionale. Tuttavia sappiamo, per l'eterogeneità di cui parlavo prima, che alcune imprese sono in questa prospettiva e questo è un esempio per tentare di avere strumenti differenziati.
  Rispetto al tema della staffetta anziani-giovani, di cui molto si parla, alcune regioni, come la Lombardia e l'Emilia-Romagna, la stanno sperimentando. Si tratta di una procedura costosa, da un punto di vista, perché richiede l'intervento dello Stato almeno per la copertura di una parte dei contributi. Inoltre, una misura di questo tipo, a fronte di imprese che vogliono ridurre l’input di lavoro, non risolve il problema, però forse potrebbe risolverlo per altre imprese.
  C’è un altro tema che vorrei sottolineare, che spiega perché il Presidente del Consiglio, nella prima uscita pubblica, è andato all'Expo di Milano. Sono profondamente convinto che l'Expo sia un'opportunità straordinaria, non tanto nei suoi sei mesi di vita, quanto nella fase preparatoria. Questo è un momento nel quale intere filiere collegate all'attività dell'Expo devono rinnovarsi per essere pronte a cogliere il momento in cui l'Expo farà arrivare in Italia centinaia di milioni di persone, ma soprattutto proietterà la luce del mondo sul nostro Paese. Si tratta, quindi, di un'opportunità che non dobbiamo dimenticare, anche dal punto di vista delle imprese che hanno assunto – nel cosiddetto «programma B20», ovvero «Business G20» – impegni importanti, nei prossimi anni, nei confronti della disoccupazione giovanile.
  Il tema dell'alternanza scuola-lavoro anche per gli universitari, sul modello tedesco e austriaco, è un altro esempio di argomenti sui quali ci stiamo concentrando, in queste settimane, per costruire un pacchetto che speriamo di mettere insieme, per fine giugno, non solo per le politiche europee, ma soprattutto per le politiche nazionali.
  Vi sono altri due temi che vorrei ricordare: il tema della conciliazione vita-lavoro, che non riguarda naturalmente solo le donne e che comprende i temi del telelavoro, del part time e così via, che possono aiutare molte famiglie a gestire meglio gli impegni familiari e attivare risorse che oggi sono messe da parte; il tema della rappresentanza, che cito rapidamente. Le parti sociali stanno discutendo di questo ultimo tema e il Governo in questo momento è ansioso di vedere l'esito di questa discussione; quindi, per il momento, lasciamo alle parti sociali il compito di definire l'argomento e poi vedremo cosa spetta al Governo e al Parlamento una volta che – speriamo – sia stato raggiunto un accordo tra le parti sociali.
  Per quanto concerne gli interventi immediati per la tutela, cito la cassa integrazione in deroga (e in generale gli ammortizzatori sociali in deroga) e la salvaguardia. In ambedue i casi abbiamo due problemi: la quantificazione e la copertura. I problemi si pongono in modo Pag. 7diverso tra i salvaguardati e gli assistiti dal sistema della cassa integrazione e, in generale, dagli ammortizzatori in deroga, però in ambedue i casi abbiamo la difficoltà di riuscire a capire esattamente di quale platea stiamo parlando e di programmare interventi risolutivi per le platee che devono essere protette.
  Dobbiamo sapere, ad esempio, che il tema della cassa integrazione in deroga – a cui si è aggiunta la mobilità in deroga, cioè posizioni che riguardano lavori che non ci sono più – se esteso indefinitamente sfocia nella questione del reddito minimo di inserimento, che però è cosa diversa dagli ammortizzatori del lavoro, su cui tornerò tra un attimo. Dico questo per far capire che esiste un continuum tra i diversi strumenti e le diverse posizioni. Questo si applica in parte anche ai cosiddetti «salvaguardati» o «esodati» su cui l'INPS sta concludendo una dettagliata ricognizione, al di là degli aspetti quantitativi, per capire le diverse platee di cui stiamo parlando.
  Ad esempio, sappiamo che, in occasione del primo decreto, diverse migliaia di persone hanno fatto domanda all'INPS, ritenendosi esodati, per essere salvaguardati. Attraverso un'analisi estremamente attenta, anche di coloro i quali non avevano queste caratteristiche, è emersa una situazione molto variegata: un quarantenne che ha perso il lavoro ha scritto dicendo di essere un esodato, ma naturalmente non lo è, essendo invece una persona in estrema difficoltà di cui bisogna farsi carico. Intendo dire che la platea dei cosiddetti «esodati» in senso stretto, anche a seguito del dibattito della pubblica opinione sull'argomento, va definita esattamente.
  Per ciò che riguarda i salvaguardati, sappiamo che la salvaguardia potrà operare su alcuni soggetti, ma ce ne sono altri che, pur non rientrando nemmeno tra i salvaguardati, né oggi né domani, potrebbero rientrare tra i salvaguardandi. Questo è il tema complesso della transizione verso il nuovo sistema pensionistico, che però si allunga nel tempo, sia come dimensione di vita delle persone sia come urgenza. Pur non avendo il tema la drammaticità di ciò di cui ho parlato prima, bisogna riuscire a capire ugualmente come questo percorso può essere discusso e risolto.
  Cito rapidamente anche il tema della sicurezza sul lavoro, rispetto al quale, dai dati INAIL, emerge una tendenza favorevole negli ultimi anni, che non può tuttavia essere considerata soddisfacente. La riduzione del numero di morti, che pure è un risultato importante, non può essere considerata soddisfacente. Bisogna fare di più, non solo come parte pubblica; bisogna riuscire a far capire a tutti i datori di lavoro che non possono esserci scorciatoie su questo tema, neanche in nome di una difficoltà economica, pur comprensibile, da parte delle imprese. Abbassare la guardia sulla sicurezza, anche in momenti di crisi di un'impresa, non è una risposta accettabile.
  Dobbiamo migliorare l'aspetto dell'efficienza e dell'efficacia del ministero e degli enti vigilati. Ricordo che abbiamo la delega scaduta sulla partecipazione dei lavoratori, altro tema inserito nella legge n. 92 del 2012.
  Infine, vorrei sottolineare il tema dell'iniziativa del welfare amico, analoga a quella del fisco amico, di cui si parla. Conto di dare una delega specifica a un sottosegretario per aiutare la semplificazione di queste materie.
  Dall'ultima rilevazione svolta dall'ISTAT per conto del Governo precedente in merito al peso degli adempimenti fiscali e contributivi si evince che gli adempimenti che riguardano lavoro e previdenza pesano per circa 5 miliardi di euro sulle imprese. Faremo quello che si potrà fare, però chiarisco che pensare di ridurre gli adempimenti puramente formali è giusto, ma spesso quello che per qualcuno è formale in realtà è sostanziale, in particolare sui temi della sicurezza. Vogliamo quindi impegnarci seriamente sull'argomento, ma con l'attenzione dovuta.
  Infine, riguardo al tema dell'informazione, della comunicazione e del monitoraggio, intendiamo perseguire due obiettivi fondamentali. Il primo riguarda il miglioramento dell'informazione statistica esistente Pag. 8e lo sviluppo di nuove basi dati per consentire al Paese di capire meglio cosa sta succedendo, non solo sul mercato del lavoro, ma anche sulle politiche sociali. Conto di investire molto su questo aspetto, un po’ per la mia formazione professionale, ma soprattutto per la necessità che questo Paese ha di informazioni affidabili, che possono venire dal ministero, dall'INPS, dall'INAIL e così via.
  Il secondo obiettivo è quello del monitoraggio delle politiche, che non è fatto soltanto di statistiche, ma comprende molti più aspetti. A questo riguardo intendo costituire un gruppo di lavoro permanente tra gli enti che producono i dati e un comitato scientifico che sia la spina nel fianco di questo gruppo, per produrre informazioni attendibili e di qualità e fare di questo monitoraggio un'occasione di scambio con le parti sociali, per avere sempre più un dibattito pubblico basato su dati condivisi e solidi, salvo poi dividersi sulle ricette per risolvere i problemi.
  Il monitoraggio vale anche per le tutele e le politiche sociali, tema sul quale siamo terribilmente indietro per ciò che concerne tutti gli aspetti della loro efficacia.
  Signor Presidente, mi fermerei qui. Penso di essermi attenuto al tempo che mi è stato assegnato. Sono a disposizione per rispondere alle eventuali osservazioni.

  PRESIDENTE. Naturalmente non abbiamo assegnato un tempo al Ministro, il quale ha voluto autoregolarsi. Ringrazio il signor Ministro per questa relazione puntuale, apprezzabile, che – lo dico a nome di tutti – coglie in modo efficace la drammaticità del momento per quanto riguarda gli aspetti sociali.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  TERESA BELLANOVA. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro per l'attenzione posta nella sua comunicazione. Siamo alla prima presentazione, quindi credo che avremo in seguito altri appuntamenti, magari più di merito, poiché servirà a noi onorevoli ma sarà utile anche al suo lavoro avere un confronto con i componenti di questa Commissione, al di là del percorso meramente legislativo.
  Signor Ministro, avendo seguito con attenzione il suo intervento ho notato che più volte lei ha affermato che il problema non è facilmente risolvibile e ovviamente siamo d'accordo. Infatti, questo Governo, che non attiene ai processi che avevano attivato le varie forze politiche, è un Governo di servizio per il Paese, legato alla difficoltà della situazione in cui ci troviamo. Noi, come Partito Democratico, abbiamo voluto farci carico di questa difficoltà, insieme alle altre forze.
  È anche vero, come lei dice, che il problema non è risolvibile solo attraverso le politiche del mercato del lavoro e che per dare risposte alle emergenze di questo Paese è necessario misurarsi con un modello di sviluppo eco-sociosostenibile – e su questo dovranno essere capaci questo Governo e queste forze politiche – che sappia dare delle prospettive a chi oggi ne avverte una totale mancanza.
  È evidente che nella difficoltà che lei richiamava la priorità è costituita dall'emergenza lavoro e che questa situazione – lo riscontriamo tutti – sta cambiando il carattere del nostro popolo. Non ci troviamo di fronte solo a una crisi congiunturale, e quindi alla difficoltà momentanea di trovare lavoro, ma siamo di fronte a una società che sempre più sta diventando triste, perché le persone che per tanto tempo vivono sulla propria pelle la sofferenza di non trovare un lavoro sono poste di fronte a una situazione drammatica con la quale noi – e in particolare noi, come Partito Democratico, nel momento in cui abbiamo dato il sostegno alla nascita di questo Governo – ci dobbiamo misurare.
  Di solito, quando due persone si presentano, dopo aver declinato le proprie generalità formulano la domanda: «che cosa fai ?». E sono troppe, signor Ministro, le persone che sono costrette a rispondere che non fanno niente. Penso ai ragazzi e alle ragazze, in modo particolare nel Mezzogiorno; penso ai cinquantenni che erano impiegati nelle industrie manifatturiere e hanno perso il lavoro. La risposta di chi Pag. 9ammette di non fare nulla rappresenta la cancellazione della propria identità, che è naturalmente più grave della perdita del posto di lavoro in termini di garanzia economica.
  Oggi dunque siamo posti di fronte a un'emergenza ancora superiore (se è possibile immaginarne una) alla perdita del posto di lavoro e abbiamo il dovere – e lei insieme a noi, perché la sosterremo nel percorso di lavoro che oggi ci ha illustrato – di provare a restituire identità alle persone. Quindi, abbiamo bisogno di saper costruire opportunità di lavoro. Ne discuteremo anche con gli altri ministeri.
  Nei suoi riguardi, in considerazione delle sue competenze, saremo assillanti. A nome del Partito Democratico, le dico che avrà tutta la nostra disponibilità, ma le dico anche che saremo puntigliosi sul programma che ci ha illustrato oggi e sui punti che le chiederemo di ritornare ad approfondire nel corso di questo viaggio che faremo insieme.
  Per quanto riguarda le competenze del suo ministero, credo che sia necessaria una maggiore puntualizzazione sul piano dell'occupazione giovanile. Tutti abbiamo il dovere di uscire fuori dagli slogan e da un approccio ideologico – lo dico anche alla mia parte politica – per costruire insieme un percorso, studiare, lavorare insieme e capire come dare una speranza a chi oggi non ne ha.
  Quel 38 per cento – non richiamo nello specifico i numeri perché farei un torto alla sua intelligenza, vista la sua provenienza e la sua competenza – di ragazzi e di ragazze spesso plurilaureati che continuano a non avere un lavoro, quel 50 per cento e passa di ragazzi tra i 16 e 24 anni che, in particolare nel Sud, non studiano e non lavorano, hanno bisogno non di manifesti ideologici, ma di sapere in che modo le istituzioni e questo Parlamento stiano iniziando a dare loro una speranza.
  Con lei vogliamo approfondire molto più nel merito il tema dell'occupazione giovanile. Una società come la nostra registra uno dei suoi capolavori in termini di fallimento: nel Sud solo il 27 per cento delle donne lavora e nel resto d'Italia la percentuale è comunque molto al di sotto di quella stabilita dall'agenda di Lisbona, scaduta da lungo tempo. Come costruiamo, a partire dai prossimi provvedimenti, la possibilità di tornare ad accedere al mercato del lavoro ?
  Con uno dei Governi di centrosinistra avevamo messo in piedi uno strumento che, a dire il vero, aveva dato dei risultati positivi, prevedendo ad esempio l'abbattimento dell'IRAP in modo differenziato tra il Nord e il Sud, perché diverse sono le condizioni di occupabilità. Può essere questo uno strumento da utilizzare ? Certamente non è con il sostegno che si crea occupazione, però se il sostegno è finalizzato magari in direzione di quelle imprese che combattono per non licenziare la propria manodopera e se quindi riusciamo a dare loro un segnale, si potrebbe ottenere qualche risultato.
  Venendo al tema degli ammortizzatori sociali, ci sono alcuni aspetti che non mi sono chiari; sicuramente sarà un mio limite, ma spero che lei li chiarisca nella replica. Noi non vogliamo prolungare l'assistenzialismo, ma nemmeno girarci dall'altra parte. Siamo nella fase in cui è maggiore la ricaduta della crisi sulle persone; credo che oggi abbiamo il picco del numero di persone che sono al di fuori del processo produttivo e di quelle che hanno consumato i normali ammortizzatori sociali. Il Governo che l'ha preceduta si è voluto intestardire sulla riduzione degli ammortizzatori sociali con ASPI (assicurazione sociale per l'impiego), mini-ASPI e quant'altro. Noi avevamo chiesto una deroga per allungare il periodo, perché nel momento in cui le persone non possono rientrare nel mondo del lavoro e finiscono gli ammortizzatori sociali diventa difficile mantenerli in un contesto di «ordinaria amministrazione».
  A tal proposito, vorrei formularle una domanda precisa. Si possono studiare le platee, ma già sappiamo che ad oggi ci sono tra i tra i 500 mila e i 700 mila lavoratori e lavoratrici che hanno finito tutti gli ammortizzatori sociali ordinari e che una gran parte di questi risiede in sei regioni – del Nord e del Sud – che da Pag. 10alcune settimane hanno bloccato il pagamento della cassa integrazione, mentre altre regioni lo stanno bloccando e altre non hanno risorse per arrivare alla fine di questo mese. Abbiamo detto che sono necessari 1,5 miliardi. Quale copertura assicura il ministero alle regioni per i prossimi mesi ? Abbiamo bisogno di agire subito, poiché ci sono persone che già da mesi non hanno alcun sussidio.
  La seconda questione riguarda le imprese: per quelle che non esistono più entrano in gioco la mobilità e altri strumenti, ma quelle che hanno ancora personale in carica e fanno ricorso alla cassa integrazione in deroga non sono più quelle al di sotto dei 15 dipendenti, bensì abbondantemente al di sopra di questa soglia, e hanno consumato cassa integrazione ordinaria, straordinaria e mobilità. Se facciamo confluire queste imprese nel filone della cassa in deroga è evidente che la platea si amplia. Dobbiamo dunque decidere: o le facciamo confluire nella cassa in deroga oppure interveniamo sulla mobilità e allunghiamo l'ASPI, ridotta con la riforma Fornero, riportandola al periodo precedente.
  Voglio richiamare sinteticamente – i tempi sono stretti e comunque avremo altre occasioni di confronto – due punti che lei ha citato nel suo intervento. Il primo riguarda i servizi per l'impiego: la delega è scaduta e, se ho ben capito, lei ha affermato che sarà prorogata. Voglio dirle solamente che noi siamo affezionati al fatto che ci sia un servizio per l'impiego pubblico in questo Paese.
  La seconda questione riguarda informazione, partecipazione e consultazione dei lavoratori. Anche questa è una delega scaduta e vorrei che su questo lei mettesse l'impegno necessario perché è un tema sul quale tutti vogliamo misurarci.
  Sulla questione della sicurezza sul posto di lavoro, mi permetto di dire che non sono d'accordo con la sua relazione perché, se è vero che la tendenza è positiva e che c’è stata una riduzione degli incidenti sul luogo di lavoro, dobbiamo anche sottolineare che, essendo chiusi la metà dei distretti industriali e avendo grandi e piccole imprese ridotto la propria forza occupata, è normale che si registri una riduzione degli incidenti sul lavoro. Dunque, non dobbiamo abbassare la guardia, perché è un tema di grande importanza.
  Infine, cito solo un titolo, perché su questo argomento avremo modo di lavorare nelle prossime settimane. Signor Ministro, una parte di quegli incidenti sul lavoro che oggi non si registrano in Italia forse si registra oggi a Dacca, dove un grande palazzo dove lavoravano oltre 3.000 dipendenti è crollato e 1.261 persone hanno perso la vita. Quell'impresa lavorava per grandi marchi italiani, non per quelli che non possono reggere la crisi e che vendono gli abiti a 5 euro nei mercati rionali, ma per quelli che attraverso il made in Italy vendono i loro capi a centinaia di migliaia di euro.
  Vorrei che nel suo programma di lavoro lei ponesse un po’ di attenzione anche alle delocalizzazioni da costo delle nostre imprese.

  SERGIO PIZZOLANTE. Signor Ministro, noi siamo assolutamente d'accordo con lei quando dice che i 3 milioni di disoccupati e i 3 milioni di non occupati, dramma di questo Paese, rappresentano un problema che non si risolve per legge, e tanto meno per decreto. È un problema che va affrontato promuovendo la crescita e spingendo, come ha detto lei, ogni refolo di vento in questa funzione della crescita. Però è anche vero che se per legge non si crea lavoro, per legge si può distruggerlo. Una cattiva legge, o meglio una legge non buona, può distruggere lavoro.
  Per esempio, la legge Fornero, per tutta la parte che riguarda la flessibilità in entrata, ha sicuramente distrutto lavoro in questo Paese. Io vivo in una città di mare, a Rimini, e mi ricordo il dramma degli imprenditori dopo la prima versione della legge Fornero. Mi dicevano che con quella legge riuscivano ad assumere le persone a Pasqua e poi non le potevano più riassumere per la stagione estiva. In seguito la legge è stata corretta, ma solo leggermente. Allo stesso modo, sul lavoro a chiamata, noi abbiamo distrutto molti contratti di Pag. 11lavoro intermittente con quella legge. Lei ha detto che questo potrebbe avere un significato di mercato positivo, ma io penso che non sia questo il caso, perché i contratti in meno sul lavoro a chiamata, che è uno strumento fondamentale per l'economia dei servizi, del turismo e del commercio, sono dovuti al fatto che lo strumento normativo attuale non si può di fatto utilizzare. È per questo motivo che diminuiscono.
  Noi pensiamo che tutta la parte sulla flessibilità in entrata della legge Fornero debba essere ampiamente modificata, perché proprio in un momento di crisi bisogna rendere facile per gli imprenditori assumere.
  Voglio assolutamente sottolineare che per noi è di fondamentale importanza procedere sulla detassazione del lavoro a tempo indeterminato per i giovani, che lei ha citato. Lei sa che questo è un punto politico fondamentale per il nostro gruppo, ma anche gli altri gruppi che sostengono il Governo non hanno idee dissimili e su questo noi crediamo che si debba formare un canale preferenziale che diventi per il Governo una priorità assoluta. Infatti, è vero che non sono molte le aziende in grado di assumere, ma siccome ci sono ancora aziende che ci riescono, bisogna facilitare loro il compito.
  Riguardo alla questione delle pensioni, siamo d'accordo sul concetto di flessibilità in uscita e sulla staffetta generazionale. Per gli esodati occorre, come lei ha detto, ridefinire le platee.

  WALTER RIZZETTO. Signor Ministro, grazie per la sua disponibilità. Noi l'abbiamo seguita con attenzione in questo suo discorso d'esordio presso questa Commissione. Ci sono delle cose assolutamente condivisibili che lei ha detto.
  Quando lei parla di un'assoluta necessità dell'incremento dell'occupazione giovanile, noi ricordiamo però che non sono soltanto i giovani che hanno perso il lavoro ad oggi in Italia e non sono soltanto i giovani che effettivamente ne hanno bisogno. Anzi, probabilmente – non vorrei essere frainteso mentre dico questo – chi ha più bisogno di lavoro sono coloro che hanno 50-55 anni, e che, ad esempio, hanno già stipulato dei mutui o hanno dei figli che studiano. Anche a queste persone noi dovremmo rivolgere un occhio di assoluto riguardo.
  Rispetto al lavoro giovanile, voglio chiudere questo argomento ricordando che nel Documento di economia e finanza si tratta di tre aspetti inerenti alla crisi del lavoro e si parla della poca internazionalizzazione delle nostre aziende, nonché di uno scarso livello di preparazione rispetto allo stesso capitale umano. Mi ha fatto piacere leggere che durante il suo intervento ieri al Senato lei ha parlato di formazione da portare avanti assieme alle Regioni.
  C’è poi anche il problema del costo del lavoro, che mi sembra assolutamente lapalissiano. Molti colleghi l'hanno già ricordato: abbiamo un costo del lavoro assai alto in Italia, e se vogliamo dare una mano alle nostre aziende dovremo comunque cercare di abbassarlo.
  Inoltre, lei sa che il reddito di cittadinanza è un tema su cui il Movimento 5 Stelle si è battuto e si è informato. Stiamo chiedendo anche delle sponde rispetto ad altri Paesi, dove esiste già un una forma simile di reddito di cittadinanza. Ricordo il Belgio, il Lussemburgo, la Norvegia, i Paesi Bassi e la Gran Bretagna, dove esiste già qualcosa di simile.
  Il reddito di cittadinanza sicuramente non dovrà essere qualcosa di universale, ma dovrà essere percepito, per lo meno in un primo momento, da categorie che sono assolutamente in difficoltà. Noi ci batteremo rispetto a questo punto, affinché, tra l'altro, non esista più il ricatto occupazionale, nel senso che i giovani e i meno giovani dovrebbero tornare a fare il lavoro per cui sono preparati e che sanno fare, piuttosto che accettare a qualsiasi costo tutti i lavori.
  Sono d'accordo con lei quando parla di lavoro nero e quindi di lotta all'evasione fiscale. Nonostante gli sforzi che durante l'ultimo Governo hanno fatto la Guardia di finanza piuttosto che le istituzioni per cercare un'emersione rispetto al lavoro nero, ricordo che, secondo una fonte Eurispes, Pag. 12il lavoro nero conta quasi per il 35 per cento del PIL. Sono quasi quindici manovre finanziarie. Questo è un rapporto Eurispes che abbiamo letto stamattina. Sui numeri si può sicuramente valutare.
  Chiudo dicendo che siamo d'accordo con la flessibilità, a patto che non vengano effettivamente penalizzati coloro che rispetto a questa flessibilità dovranno magari percepire molto meno di un'eventuale pensione, andando in pensione prima.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Ministro, innanzitutto sarebbe utile se lei potesse dirci con una parola definitiva se ci sono le risorse per rifinanziare la cassa integrazione in deroga. Visto che la cassa integrazione in deroga, per come è la situazione nel nostro Paese, che anche lei ha descritto, ci serve a guadagnare tempo, è evidente che questo tempo va utilizzato anche per trovare uno strumento di assistenza. Credo invece che per le grandi aziende bisogna trovare un modo di prorogare le casse tradizionali esistenti, visto che la cassa in deroga, come è già stato detto, in alcuni casi è usata per dimensioni d'azienda in modo improprio.
  Penso che voi dovreste valutare di sospendere l'ASPI, perché non è adatta a questa fase e a questo ciclo della crisi. Credo anche che lei ci debba dire se esistono le risorse per mantenere il finanziamento dei contratti di solidarietà e se c’è la volontà del Governo di renderli più flessibile sia per le imprese, in termini di modello di orario orizzontale e verticale, sia per i lavoratori, anche rendendoli costosi quanto la cassa integrazione. Bisogna, abbassandone il costo, rifinanziare i contratti di solidarietà, in modo che questo strumento si estenda, perché mantiene un rapporto con il lavoro e non isola le persone nel ghetto della ricattabilità e della solitudine.
  A proposito degli esodati, lei ci ha detto che dobbiamo ancora individuare i numeri, ma vorremmo capire se ci sono le risorse per una soluzione definitiva, visto che tutti pensiamo che in questo caso è stato rotto un patto tra lo Stato e quei cittadini.
  Mi chiedo se state pensando anche a interventi pubblici diretti a generare attività che diano direttamente lavoro. Mi riferisco alla tutela del territorio e al patrimonio pubblico.
  Come ultima considerazione, credo che la rappresentanza non possa essere delegata esclusivamente alle parti sociali, perché vi sono imprese non piccole di questo Paese che sono fuori da quegli accordi che fanno le parti sociali. Ne cito una a caso: la FIAT.

  IRENE TINAGLI. Signor Presidente, vorrei soltanto ricordare due temi, soprattutto sulla questione dell'occupazione giovanile. Confesso che sono un po’ preoccupata dai continui richiami a ritornare al sistema precedente, ad aumentare una flessibilità in entrata, ad abolire anche l'ASPI, che alla fine è stato l'unico sistema di ammortizzatori sociali per i primi anni nel mercato del lavoro.
  Chiaramente gli irrigidimenti della legge Fornero hanno spaventato le aziende, che non vedono la possibilità di flessibilità oltre i primi anni. Quindi noi, alla fine, non abbiamo saputo risolvere abbastanza bene questa dualità del mercato. Semplicemente, segnalo la proposta di legge che il senatore Ichino ha depositato al Senato, e che io e altri deputati di Scelta Civica abbiamo depositato alla Camera, in cui si prevede una forma di contratto sperimentale che non toglie delle tutele a chi entra nel mercato del lavoro, ma propone una soluzione nuova alle aziende. Questa proposta non toglie niente a chi ha già contratti in essere, e quindi è già nel mercato del lavoro, ma da uno strumento alle aziende per assumere nuove persone, senza necessariamente farle ripiombare nei sistemi precari, frustranti e anche un po’ umilianti in cui eravamo fino a poco tempo fa.
  L'altro tema che vorrei affrontare riguarda i servizi all'impiego. Questo secondo me è un tema molto rilevante. Giustamente noi ci preoccupiamo degli ammortizzatori, di come riuscire a tenere legati i lavoratori in qualche forma. Tuttavia, come ci ha ricordato lei prima, ci Pag. 13sono milioni di persone che questo contratto di lavoro, questo legame con un'azienda non ce l'hanno neanche finto. Queste persone hanno bisogno di essere formate in qualche modo e di entrare nel mercato del lavoro.
  Questi servizi non funzionano, ma saranno importanti e fondamentali per qualsiasi tipo di iniziativa che noi vogliamo intraprendere. La youth guarantee, per esempio, di cui parliamo molto, non funzionerà se noi non partiamo da lì. Tant’è vero che noi avevamo già una legge che prevedeva la fornitura di servizi di questo genere per tutti i giovani che uscivano dalla formazione o dal mercato del lavoro. Mi sembra che fosse la legge n. 181 del 2000, che non è mai stata applicata, perché questi servizi non funzionano.
  Per quanto riguarda il reddito minimo, io penso, più che al reddito minimo di cittadinanza, a un reddito minimo di inserimento, cioè a un supporto condizionato alla volontà di entrare nel mercato del lavoro. Ricordo che su questo l'Italia ha già fatto molte sperimentazioni in moltissime città e non hanno funzionato bene, perché non funzionano questi servizi. Questa secondo me dovrebbe essere una priorità su cui ragionare, coinvolgendo anche altri ministeri, perché mi rendo conto che questo chiama in causa non solo il suo dicastero, ma anche le regioni e le province. Si potrebbero coinvolgere anche le università. Come qualcuno ha ricordato, questo tema comincia a coinvolgere anche molti giovani laureati, in maniera maggiore, e su questo fronte forse si potrebbe provare a fare qualcosa insieme con le università. Questo ci consentirebbe di avere un contatto più immediato e diretto con i giovani che escono dall'università, prima ancora che si trovino soli nel mercato del lavoro.
  Si è parlato molto della questione del cuneo fiscale sui giovani. Le agevolazioni per l'assunzione dei giovani può essere una soluzione, ma hanno due limiti. In primo luogo, delle esperienze precedenti, anche negli Stati Uniti, non hanno mostrato grandissima efficacia. In secondo luogo, come notava anche lei, se le aziende nostrane non hanno grande bisogno, c’è poco da fare. Una possibilità invece sarebbe quella di provare a attrarre investimenti esteri, con il Ministero dello sviluppo economico, e fare una sorta di accordi per chi vuole venire a investire in Italia, collaborando con le università e lavorando con i giovani. Per loro si potrebbe pensare a delle forme speciali di agevolazioni, di sburocratizzazione, o qualcosa di questo genere.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Ministro, se permette, inizierei dissociandomi dalla sua tesi per quanto riguarda un parziale successo della riforma Fornero per il cambiamento dei tipi di contratto che le aziende stipulano con il lavoratore.
  Le dico questo perché se un tipo di contratto è stato penalizzato e un altro è stato molto penalizzato – scusi il gioco di parole –, se uno scende di dieci e l'altro di cinquanta, è ovvio che la proporzione cambia, ma ciò non vuol dire che si sia spostata l'attenzione sui contratti a tempo determinato e indeterminato rispetto a quegli atipici.
  Infatti i dati ci dimostrano che tutti i tipi di contratti, a seguito del crollo dell'occupazione, che chiaramente non è da imputarsi direttamente alla riforma Fornaio, sono scesi in termini di valore assoluto.
  Ministro, la invito ad avere il coraggio di riscrivere la riforma del lavoro, anziché correggerla, perché la riforma Fornero fa acqua su tutti i fronti. In primo luogo, ha aumentato il costo del lavoro per tutti quei contratti che non sono a tempo indeterminato; ha aumentato i costi della contribuzione per i liberi professionisti e per le partite IVA. Magari proprio quei giovani che vogliono mettere su un'attività in proprio sfruttando le proprie professionalità si vedono penalizzati dalla riforma Fornero. Inoltre, la riforma ha diminuito i tempi degli ammortizzatori sociali.
  Condivido molto quello che ha detto lei: non esiste nessuna riforma del lavoro, neanche la migliore del mondo, che risolva realmente il problema dell'occupazione. Se Pag. 14non ripartono la produzione e l'impresa, non serve alcun tipo di riforma del lavoro. Le dico ciò perché in questo momento, forse facendo del populismo, e dicendo che tutti, o quasi tutti devono avere un reddito, anche chi non lavora, si rischia di distogliere risorse dalla detassazione dell'impresa e magari anche dalla decontribuzione.
  Esprimendo la posizione della Lega, che è il partito che rappresento, la invito a seguire questo elemento: la politica si deve prendere carico di creare occupazione e non di fare assistenzialismo. È chiaro che l'obiettivo è molto più difficile, a parità di risorse, che comunque per tutti è difficile reperire. A tal fine, le voglio soltanto ricordare che il nostro Stato non confina con Cina o India, ma con Paesi come l'Austria e la Slovenia, dove la pressione fiscale complessiva che sopporta un'azienda è la metà rispetto a quella che sopportano le nostre imprese (68 per cento in Italia, 34 per cento in Slovenia, 50 per cento in Austria). Questo significa che un'impresa per delocalizzare non deve arrivare in Cina, ma le basta spostarsi di un chilometro nella mia città, che è Trieste.
  Credo che dobbiamo occuparci seriamente di questi temi. Mi perdoni Presidente, concludo velocemente su esodati e cassa integrazione in deroga. Per quanto riguarda gli esodati, è assolutamente necessario rivedere la riforma Fornero sulle pensioni. Le dico questo e chiudo, perché la mia impressione, e chiedo a lei conferma, è che nel breve periodo una riforma delle pensioni così pesante e con uno scalone così ampio, fino a sei anni e mezzo o sette, rischia di essere più onerosa nel breve periodo rispetto ai risparmi che produce. Infatti in tutti i Paesi europei tutte le riforme sono state fatte in modo graduale. Non è che tutti sono pazzi o sono più buoni della Fornero. Semplicemente, numeri alla mano, si è visto che nel breve periodo questo è più costoso. Ovviamente, ciò è vero se si vuole salvaguardare tutte le situazioni emergenziali, e mi auguro che a nessuno sia neanche passato per l'anticamera del cervello di non intervenire in questi casi.
  A proposito della cassa interrogazione in deroga, le chiedo una cosa che le è già stata giustamente domandata: dove si trovano i soldi ? Ministro, oggi ho sentito ottimi indirizzi da parte sua, non supportati neanche lontanamente da una possibile strada per individuare le coperture. Mi auguro che adesso mi smentirà.

  RENATE GEBHARD. Prima di tutto mi vorrei scusare per il ritardo; purtroppo sono rimasta bloccata in un'altra riunione, ma vi ringrazio per la possibilità di intervenire.
  Signor Ministro, mi permetta, proprio in occasione del giorno internazionale della famiglia, di far riferimento al lavoro femminile e di far presente che le ultime riforme del sistema pensionistico hanno innalzato l'età pensionabile per le donne, equiparandola, come sappiamo tutti, a quella degli uomini. Questo, a mio parere, è avvenuto senza tener conto che la donna porta ancora su di sé il carico maggiore della gestione familiare, che riguarda principalmente la cura dei figli, ma non solo.
  Tutti i Governi degli ultimi anni hanno sollevato il problema di rivedere la regolamentazione in materia di lavoro femminile, in modo da soddisfare al meglio l'esigenza di conciliare il lavoro con la vita familiare. Al riguardo, però, a mio parere non è stata adeguatamente rivista la materia dei congedi parentali e, in più, in generale, la normativa in materia di occupazione femminile volta al riconoscimento di vantaggi retributivi e pensionistici o meglio al riconoscimento dei periodi di educazione e di cura.
  Per questo mi permetto di chiedere al Ministro di procedere a una revisione generale del testo unico sui congedi parentali, di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, nell'ottica di favorire maggiormente l'occupazione femminile e riconciliare meglio le esigenze di lavoro con la vita familiare.

  RENATA POLVERINI. Ringrazio il Ministro per aver risposto con immediatezza Pag. 15alla richiesta di audizione del nostro Presidente, anche se i tempi chiaramente non ci lasciano approfondire i tanti argomenti che in un momento di crisi invece avremmo il dovere di approfondire al meglio insieme a lei.
  Mi limiterò a farle qualche domanda, avendo ovviamente apprezzato tutti gli interventi che si sono succeduti fino ad ora. Vorrei partire dalla riforma Fornero, e vorrei che lei, anche in questa sede, ci esplicitasse il suo pensiero e cosa intende fare, in particolare rispetto alla questione dell'apprendistato e al contratto a tempo determinato. Credo che questi due strumenti, al di là dei dati che lei oggi ci ha fatto osservare, abbiano mostrato tutto il limite della riforma stessa. Su questo vorrei ascoltare in maniera più chiara e specifica che cosa intende fare.
  Sempre parlando dell'ex Ministro Fornero, mi piacerebbe capire – e mi ricollego all'ultimo intervento – che cosa intende fare sulla questione, ancora più complessa, della riforma previdenziale. Anche io sono convinta che questa riforma, che mi auguro possa dare dei risultati in una prospettiva di lungo termine, in realtà, ad oggi ha appesantito le casse dello Stato. È sotto gli occhi di tutti la questione degli esodati con i quali noi ci troviamo a confrontarci quotidianamente e ai quali non sappiamo dare una risposta.
  Ho apprezzato che lei oggi ci abbia comunque confortato del fatto che ci sono istituti che stanno in qualche modo guardando nel complesso le entità del problema, però, a mio modesto avviso, è evidente che il problema è molto ampio e su questo vorrei avere qualche dettaglio in più.
  Vorrei anche capire qual è la sua posizione rispetto al blocco dei contratti della pubblica amministrazione. Credo che questo sia un altro problema che di qui a breve ci troveremo sul tavolo.
  Vorrei fare anche una breve osservazione sul sistema degli ammortizzatori sociali. Concordo con quanto è stato detto. Ho ascoltato anche io molti lavoratori in difficoltà perché alcune regioni hanno bloccato di fatto il pagamento ormai da qualche settimana. Ripeto ciò che ho detto qualche giorno fa in questa sede: in realtà, molte regioni hanno utilizzato lo strumento della cassa in deroga e della mobilità in deroga per mettere in campo una sorta di reddito di inserimento o di reddito di cittadinanza (chiamiamolo come vogliamo). A questo punto mi domando se, per evitare il moltiplicarsi di queste situazioni, è opportuno che le regioni concorrano.
  Lo abbiamo fatto fino all'anno scorso con il Fondo sociale europeo. Vediamo se nel proseguo possiamo evitare che lo strumento venga distorto, anche perché a me risulta che da parte dell'Unione europea c’è un'attenzione sull'utilizzo di questo strumento.
  Ripropongo anche io la domanda già fatta: che cosa intende fare sull'ASPI ? C’è dal suo punto di vista la necessità di bloccarla, almeno in questo periodo ?
  Concludo con due questioni. Premetto che io apprezzo la sua storia di statistico. Vorrei capire in quale categoria lei colloca il lavoro nero e il lavoro sommerso, che è un tema importante nel nostro Paese. Mi piacerebbe capire dove li colloca ai fini statistici, per provare a fare un ragionamento. Per quanto riguarda la legge n. 626 del 1994 – non è un caso che la citi proprio insieme al lavoro sommerso, perché questo è un problema sempre molto collegato – io ho ascoltato l'intervento precedente in cui si affermava che la diminuzione dei dati, purtroppo, è chiaramente legata alla diminuzione di occupazione, in particolare in quei settori, come quello dell'edilizia, dove si concentra una gran parte di questi incidenti.
  Concludo soltanto con una nota al femminile, riguardante il telelavoro. Siccome lei lo ha citato insieme al part time, io dico di stare molto attenti a questa norma, perché tira fuori le donne dal contesto sociale del lavoro. Io lo apprezzo, ma solo in alcuni momenti della vita familiare e lavorativa delle donne. Non può essere uno strumento che viene utilizzato Pag. 16sempre, perché altrimenti rischiamo di far uscire le donne dal contesto sociale lavorativo.

  TIZIANA CIPRINI. Il 31 luglio 2013 è prevista la scadenza dei contratti dei precari della pubblica amministrazione (Co.Co.Co., consulenti prorogati da anni, contratti a termine, interinali), sia degli enti pubblici che delle società controllate. La scadenza non è più derogabile.
  Ricordiamo anche che stanno per scadere le graduatorie di concorsi pubblici con persone che sono in attesa di essere assunte. Per i limiti di finanza pubblica i costi per i contratti flessibili non possono essere più del 50 per cento di quelli del 2009. Chiediamo al Ministro come intende gestire nell'immediato la situazione, che a partire dal prossimo mese di luglio potrebbe portare al licenziamento di circa 100 mila lavoratori, e se nelle intenzioni del Governo nel lungo termine c’è la volontà di considerare il periodo di lavoro con contratto a termine negli eventuali futuri concorsi.

  TITTI DI SALVO. Ringrazio il signor Ministro. Mi scuso se non posso commentare di più il suo intervento, ma ho due minuti, e quindi, come lei capirà, vado subito al punto. Condivido molte delle cose dette, in particolare l'intervento dell'onorevole Airaudo.
  In primo luogo, lei ha parlato più volte, anche in occasioni precedenti, di mettere mano alla legge Fornero sulle pensioni. Penso che questo sia giusto. Vorrei proporle di partire dal presupposto che non tutti i lavori sono uguali, e quindi bisognerebbe forse immaginare età diverse per lavori diversi. Sono anche d'accordo con quanto detto dall'onorevole Gebhard. Mi chiedo se veramente si possa immaginare in un sistema contributivo di poter penalizzare le pensioni a seconda dell'età ? Il sistema contributivo è un sistema che, in quanto tale, mette in relazione la misura delle pensioni con l'età, con i coefficienti di trasformazione e con i contributi accantonati. Quindi francamente non capisco, ma magari può spiegarmelo lei. Questo è in contraddizione con il sistema contributivo.
  La seconda domanda ha il titolo «dimissioni in bianco», che non riguarda solo le donne. Secondo i nostri dati, la riforma Fornero non ha in nessun modo ridotto il fenomeno. Mi chiedo quindi se ha dei dati a questo proposito.
  La terza questione riguarda i precari della pubblica amministrazione. Le è stato chiesto se e dove sono le risorse per rifinanziare la cassa in deroga. Chiedo se nel decreto sia anche previsto il rinnovo dei contratti dei precari della pubblica amministrazione, che sono in scadenza a luglio, come è già stato ricordato.
  Mi associo alla domanda dell'onorevole Polverini: anch'io vorrei sapere cosa pensa del blocco dei contratti nel pubblico impiego.

  CLAUDIO COMINARDI. Buongiorno a tutti. Chiedo scusa per la semplicità del linguaggio, ma per ora il burocratese non mi si confà. Ho sentito parlare il Ministro del problema degli esodati, di disoccupazione giovanile e di disoccupazione femminile.
  Per quanto riguarda gli esodati, in primo luogo, vorrei sapere se è a conoscenza di questa categoria, se così si può definire, di esuberati, cioè tutti quelli che non vengono considerati nelle salvaguardie, ma sono le stesse persone che hanno subìto gli effetti della riforma Fornero. Se si vuole salvaguardare solo una parte, bisogna tenere in considerazione che si crea un discrimine. Dal nostro punto di vista, per evitare ciò e per evitare anche problemi di coesione sociale, sicuramente non si può lavorare in questo senso.
  Sulla disoccupazione giovanile, ci rendiamo conto che è assurdo che non sia stato fatto alcun calcolo, o almeno noi non ne siamo al corrente, sull'incidenza della riforma Fornero, nella sua parte previdenziale che riguarda l'allungamento dell'età pensionabile, nei confronti della disoccupazione giovanile. Infatti, in questo modo, il ricambio generazionale è limitato.
  Per quanto riguarda la disoccupazione femminile, crediamo che questa sia causata Pag. 17anche da contratti senza garanzie. Pensiamo alla questione del parto e così via.
  Tuttavia mi chiedo: riusciamo a uscire da questi schemi, da una società dicotomica che vuole dividere in categorie, e immaginare un mercato del lavoro che sia veramente inclusivo ? «Lavorare tutti, lavorare meno» è solo uno slogan, oppure ci vogliamo credere ? Vogliamo rispondere a questa economia basata sul profitto, che noi chiamiamo «crescita» ? Questa crescita non è sicuramente quella dell'uomo, ma probabilmente è solo legata a un discorso di tipo economico e non tiene in considerazione la persona.
  Siccome lei parla di crescita indispensabile, vorrei capire che cosa intende per crescita sostenibile, visto che, secondo una legge fisica della natura, in un sistema finito di risorse, la crescita all'infinito è impossibile. Vorrei una riflessione in questo senso.

  MARIALUISA GNECCHI. Noi vorremmo che il Ministro Giovannini, proprio per la sua esperienza all'ISTAT, lavori veramente molto sull'individuazione delle platee, perché purtroppo è quello che abbiamo scontato fortemente, in particolare nell'ultimo anno. Riconosciamo che in Aula ha già sottolineato di aver chiesto all'INPS una compiuta istruttoria per tutti coloro che hanno perso il posto di lavoro e che si trovavano privi di occupazione all'entrata in vigore del decreto salva-Italia.
  Diamo quindi per scontato che il Ministro si sia reso conto che le attuali categorie delle salvaguardia non comprendono i licenziati. Vorremmo sapere cosa pensa in concreto rispetto a questo.
  Chiediamo che venga fatto veramente in tempi brevi il decreto di proroga della mobilità per il 2013. Mi riferisco al decreto di proroga per il periodo 2011-2012, ex legge Sacconi n. 122 del 2010. Chiediamo anche in modo esplicito che si apra un tavolo di verifica rispetto ai decreti interministeriali che hanno chiuso le platee previste dal decreto salva-Italia. L'unico decreto interministeriale su quale è stato chiesto il parere alle Commissioni di Camera e Senato è stato il terzo decreto in base alla legge di stabilità. Sui primi due noi non abbiamo potuto intervenire e quindi ci farebbe piacere far sapere al Ministro e confrontarci con lui sul fatto che c’è gente, già nel 2013, che non ha lavoro, non ha ammortizzatori sociali e non ha pensione, a causa delle chiusure e delle restrizioni attuate dai decreti interministeriali successivi al salva-Italia.

  SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, visti i tempi stretti, intervengo semplicemente per formulare un auspicio. Innanzitutto vorrei ringraziare il Ministro per la disponibilità che ci ha dato oggi, e ringraziare anche lei, Presidente, per l'occasione che ci ha dato e per aver permesso, con questi tempi, al Ministro di replicare in giornata, cosa che di solito non accade, perché le audizioni si protraggono per tanto tempo.
  La materia è molto vasta, giacché la competenza della Commissione XI riguarda il lavoro pubblico e quello privato. Nel caso specifico il Ministro Giovannini risponde per il lavoro privato. Avremo poi modo di porre le questioni sui dipendenti pubblici, a tempo determinato o meno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, che mi auguro accoglieremo presto.
  Il mio auspicio, Presidente, è che si abbiano altre occasioni, giacché la griglia di problematiche toccate sia dal Ministro sia dai colleghi che hanno posto le domande sono molto importanti, e ciascuna di esse meriterebbe un rilievo e un maggiore approfondimento. Mi auguro che questo question time allargato e molto produttivo che oggi ha avuto luogo possa continuare in un rapporto collaborativo tra Ministro e Commissione nei prossimi tempi.

  LUISELLA ALBANELLA. Signor Ministro, vorrei sapere se lei può intervenire riguardo ai tempi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le pratiche e i decreti che vengono emanati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla Pag. 18cassa integrazione straordinaria sono talmente lunghi che mettono in uno stato di disperazione i lavoratori.
  Il ministero ci ha comunicato che sono ancora in ritardo, o quanto meno in arretrato. Stanno ancora istruendo le pratiche relativamente ai mesi di dicembre e di gennaio. Mi piacerebbe sapere se lei può intervenire affinché i tempi diventino più celeri.

  PRESIDENTE. Grazie a tutti. Abbiamo concluso questa prima fase dell'audizione. Prima di ascoltare la replica del Ministro mi concedo pochi minuti per un'opinione personale.
  Raccogliendo l'opinione dell'onorevole Baldelli, sottolineo il fatto che noi abbiamo scelto di sentire la replica del Ministro oggi. Dati i tempi, e data l'importanza di questo rapporto, ci è sembrato opportuno, all'avvio della nostra discussione, non rimandare ad altra data. Credo che politicamente questo sia molto importante. Ne deriva il fatto che chiaramente, Ministro, noi le chiederemo altre audizioni, che saranno però organizzate su argomenti specifici, in modo tale che si possa sviluppare un'ampia e articolata discussione.
  Per quanto riguarda il merito, mi limito soltanto a formulare anch'io qualche domanda. In primo luogo, mi auguro che lei venerdì ci dia una buona notizia, cioè che ci sono i soldi per la cassa integrazione in deroga. Ho sentito parlare di intervento tampone e non vorrei che fosse un minitampone. Vorrei invece che si trattasse di un intervento soddisfacente, accompagnato da un monitoraggio che consenta di completare il fabbisogno per il 2013.
  Vorrei una precisazione sulle pensioni. Ho ascoltato da lei la sua intenzione di cambiare il sistema introducendo flessibilità. Lei sa che, già nella precedente legislatura, alcuni gruppi hanno presentato delle proposte di legge che vanno in questa direzione. Se io ho 35 anni di contributi e 62 anni di età, fino all'età di 70 anni, scelgo io il momento nel quale andare in pensione. È uno schema sul quale si può lavorare ?
  La seconda questione riguarda gli esodati. Anch'io confuto la tesi secondo la quale nel 2013 non abbiamo più problemi e non avremo problemi nel 2014. Questo non è vero. Se vogliamo migliorare la platea dei salvaguardati dobbiamo fare degli interventi normativi di correzione, e quindi rifinanziare il fondo che abbiamo istituito con l'ultima legge di stabilità.
  Sull'occupazione giovanile sono molto d'accordo con quello che ha detto l'onorevole Pizzolante. Bisogna intervenire sul cuneo fiscale. Ma questo vale anche per chi ha più di cinquant'anni e per chi esce dalla mobilità. C’è poi il tema delle donne, che sono un anello debole del mercato del lavoro.
  Sugli ammortizzatori sociali condivido un'idea che ho sentito, non ricordo da chi, che è quella di sospendere, se fosse possibile, fino al 2014 l'introduzione dell'assicurazione sociale per l'impiego, non per negare quel sistema, ma per considerarlo inopportuno in un momento di crisi come l'attuale. Infatti, la scelta di allontanare il momento della pensione e accorciare il tempo della protezione produce sicuramente persone senza reddito.
  Infine, le rivolgo una preghiera, signor Ministro: ci garantisca settimanalmente un question time in Commissione, utilizzando ovviamente i suoi sottosegretari.
  Penso che abbia un tempo importante per la replica, perché abbiamo fatto sicuramente delle domande impegnative.

  ENRICO GIOVANNINI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Grazie per tutte queste osservazioni, con cui ho riempito varie pagine. Le scorro, aggregando laddove possibile.
  Si parlava di essere assillanti. Vedete, io ho accettato l'invito del Presidente del Consiglio a svolgere questa attività veramente per spirito di servizio. Credo che i miei colleghi, nelle mie attività principali, mi abbiano dato abbastanza spesso dell'assillante. Quindi, questo non mi preoccupa.
  Visto che si è parlato molto di dati, forse sto perdendo tempo, ma vorrei ricordare che non è vero che il 38 per cento Pag. 19dei giovani è senza lavoro. Il 38 per cento dei giovani attivi sul mercato è senza lavoro, cioè circa il 10,6 per cento dei giovani è senza lavoro. Questa è una precisazione che ho cercato di fare con i giornalisti nel mio periodo all'ISTAT. È importante, perché stiamo parlando di numeri. Stiamo parlando di 635 mila giovani disoccupati. Questo è in termini assoluti quello di cui stiamo parlando.
  A proposito di dati, ricordo che più o meno 350 mila giovani escono ogni anno dalla scuola o dall'università. Questo vuol dire che ogni anno abbiamo una coorte altrettanto grande che si aggiunge. Ecco perché sono assolutamente d'accordo con chi ha detto che il vero problema è l'inoccupazione o la non attività.
  Vorrei ricordare che gli studi di economia comportamentale mostrano che normalmente eventi traumatici, anche positivi, quali un matrimonio, un divorzio, la nascita di un figlio o un incidente, hanno un effetto temporaneo sul livello di benessere o di felicità, mentre la perdita di un lavoro ha un effetto permanente. La preoccupazione che condivido, e che ho ripetuto tante volte come analista, è quella di avere una depressione di un'intera categoria di persone. Questo avrebbe un costo sociale elevatissimo, molto più elevato di quello di cui normalmente siamo abituati a parlare.
  Il tema degli ammortizzatori sociali in deroga è molto ampio. Tra poco avrò un incontro proprio per la discussione del decreto che il Consiglio dei ministri licenzierà venerdì e quindi naturalmente non posso dire nulla al riguardo. Però, facciamo attenzione: se pensiamo che il tema della gestione degli ammortizzatori sociali sia solo un problema monetario, sbagliamo gravemente. Come è stato ricordato da qualcuno, c’è un problema di uso di questo strumento, in particolare in alcune aree territoriali, e c’è un problema di monitoraggio della modalità di erogazione. Su questo siamo indietro.
  Dobbiamo riuscire a capire come, al di là del finanziamento, riusciamo a migliorare il sistema informativo di monitoraggio per evitare abusi e per capire, anche in questo caso, di quale platea stiamo parlando. Dobbiamo cioè capire se stiamo parlando di persone che sono ancora in qualche modo attaccate al lavoro, perché l'azienda è in crisi, ma non ha ancora chiuso, e quelle che invece hanno definitivamente perduto il legame con il lavoro.
  Questi sono due problemi che evidentemente vanno affrontati con strumenti molto diversi. Oggi abbiamo numeri molto vaghi sull'argomento e quindi spero che con questo decreto si possa mettere in campo molto rapidamente un sistema che ci faccia capire di cosa stiamo parlando, anche perché purtroppo il problema non si esaurirà tra qualche mese. Dobbiamo capire, al di là dell'emergenza, come transitare da questo sistema a un sistema più articolato.
  Passo ora al tema degli incidenti sul lavoro, che è stato ricordato. Certamente c’è stata una riduzione dell'occupazione, in particolare in alcuni settori, però l'evidenza ci dice anche che questo non è sufficiente a spiegare la riduzione del numero di incidenti. In ogni caso, su questo tema ho chiesto all'INAIL uno sforzo particolare, anche perché c’è un ritardo nella registrazione da un anno all'altro che può rendere i dati inerziali e quindi più difficilmente analizzabili.
  Affronto ora il tema della detassazione del lavoro a tempo indeterminato per i giovani, che è stato citato da più parti. Come ho già avuto modo di dire ieri in sede del Senato, noi abbiamo risorse estremamente limitate – questo lo sappiamo – in particolare adesso. Il Governo, che si è insediato da pochissimo, non può fare una nuova legge di stabilità a metà anno, anche se gli impegni che ha preso richiedono evidentemente un'importante opera di riallocazione di risorse.
  Il punto è stabilire in questo momento su cosa dobbiamo investire le risorse che abbiamo, non solo quelle del lavoro, ma anche quelle di altre fonti.
  La mia posizione, che ho già espresso più volte, ed è un'idea che sta maturando anche a livello europeo, è che il tema della disoccupazione, e della disoccupazione giovanile in particolare, deve essere «il» Pag. 20tema. Non dico questo perché sono il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ma perché questo può generare un cambiamento anche nelle aspettative e nell'attitudine di quelle famiglie che, pur non essendo state colpite duramente nel reddito, in questo momento, a causa dell'incertezza, non spendono e stanno risparmiando.
  Facciamo quindi attenzione a non commettere gli errori commessi nel passato. Potrei citare almeno tre casi in cui il Parlamento e il Governo hanno messo fondi sperando che questo stimolasse la ripresa, mentre questi fondi sono andati a confluire nel risparmio, e quindi hanno aiutato certamente la condizione di alcune famiglie, ma non hanno generato una ripresa economica.
  Credo che questa sia la ragione per cui il Governo è estremamente attento nella valutazione di dove allocare le scarse risorse. Certamente l'attenzione va anche ai cinquantenni.
  Devo poi spendere una parola sul reddito di cittadinanza o di inserimento. Vorrei segnalare l'avvio della sperimentazione sulla nuova social card, che ha elementi molto interessanti di questo tipo. Naturalmente è un esperimento limitato che verrà attuato nel corso dei prossimi mesi.
  Io ho dato incarico al Viceministro Guerra di approfondire tutti questi aspetti. Anche su questo dobbiamo capire di cosa stiamo parlando, perché forse c’è un po’ di confusione semantica.
  Vorrei dire anche una parola sul lavoro nero. La stima ufficiale dell'economia cosiddetta «non osservata» dell'ISTAT è intorno al 17-18 per cento. Qualsiasi dato che si discosti da questo, basato su metodologie che non sono certificate a livello europeo, per me non esiste. E devo dire che una serie di dati, che nel passato sono stati citati anche da fonti internazionali, sono state sistematicamente dismesse dalla comunità degli statistici internazionali perché non sono assolutamente basate su dati di fatto. Naturalmente tra il 17 e il 35 per cento c’è una certa differenza. Quindi è importante che ci riferiamo a dati omogenei.
  Vorrei ricordare a questo proposito che nel 2011 ho avuto l'occasione di presiedere la Commissione istituita dal Governo dell'epoca sul lavoro nero e sull'evasione fiscale, al termine della quale, tra le varie raccomandazioni che abbiamo fatto, e che poi in alcuni casi sono state riprese dalle legislazioni successive, c'era anche l'idea di restituire alle famiglie almeno una parte dei proventi della lotta all'evasione.
  Vorrei ricordare a questo proposito che non abbiamo una stima ufficiale dell'evasione in questo Paese e che, di conseguenza, calcoli basati su stime non ufficiali, qualora il Parlamento volesse avviare un meccanismo del genere, impedirebbero di fare queste cose. Questo elemento era contenuto nella delega fiscale che, come sapete, non è stata approvata. Questo lo dico perché il tema relativo al lavoro nero, al recupero di evasione e all'eventuale redistribuzione di questi fondi per finalità diverse richiede una stima ufficiale che oggi in questo Paese non abbiamo.
  Avete trattato moltissimi altri temi. Ne cito alcuni, senza voler dire con questo che sono più importanti di altri. Riguardo alla rappresentanza, sappiamo bene che ci sono alcuni settori, alcune aree e alcune imprese che non possono essere semplicemente coperte sulla base di un accordo tra le parti sociali, perché sono diversi. Non ho detto che noi escludiamo totalmente la possibilità di includerli in futuro, però prima vogliamo capire qual è l'accordo che si trova tra le parti sociali, per poi decidere eventualmente cosa fare.
  Non parlo degli interventi pubblici per generare lavoro direttamente, perché è un tema complessivo che, tra l'altro, non riguarda necessariamente il ministero di cui sono responsabile.
  Il tema della distribuzione del lavoro esistente, che coglie alcuni degli elementi che sono stati citati da diversi di voi, è un tema interessante e importante, in particolare rispetto alla necessità di ridurre al minimo, se non evitare, il distacco del lavoratore dalla comunità sul posto di lavoro, un elemento psicologico fondamentale che incide sul benessere delle persone, al di là della remunerazione del lavoro. Pag. 21Tuttavia, dobbiamo anche sapere che per molte famiglie, in realtà, anche a causa della bassissima crescita dei salari di questi ultimi 10-15 anni, esiste un problema di sopravvivenza sul salario totale che viene percepito dalla famiglia. È un tema estremamente interessante, che però deve tener presente la coerenza complessiva.
  È stato ricordato il tema dei servizi all'impiego. Se dovessi parlare sulla base di quello che ho visto finora, direi che questa è la principale debolezza del nostro sistema di supporto al mercato del lavoro. Devo dire che non è un problema che si risolve in settimane, e neanche in mesi. Dobbiamo saperlo. Come è stato giustamente detto, è vero che il lavoro non si crea per legge, ma si agevola oppure si toglie. Quella è una debolezza fortissima, che equivale a stare con una mano legata dietro, anche nel momento in cui dovesse ripartire la ripresa economica.
  Il tema del coinvolgimento delle università è già all'ordine del giorno. Anche su questo, naturalmente, si intreccia il tema della delega agli enti locali e anche la questione dell'autonomia universitaria, per cui non è possibile intervenire con una norma nazionale che affronti questi problemi.
  Certamente le risorse che abbiamo a disposizione devono essere concentrate sulla creazione di lavoro, ma d'altra parte sappiamo che in questa fase, come avete detto molti di voi, c’è anche il tema del supporto a chi il lavoro l'ha perduto. Credo che il bilanciamento tra questi due aspetti sia il tema politico di queste settimane e dei prossimi mesi, date le risorse contenute.
  Quando ho fatto riferimento al telelavoro, non parlavo certamente soltanto al femminile, ma mi riferivo al lavoro di cura, che non deve essere soltanto femminile. Ci mancherebbe altro !
  Lancio un'idea, che forse la Commissione può considerare. Il Parlamento fa delle sessioni speciali, con regole particolari. Non sto proponendo di fare una sessione sul lavoro, però credo che, attraverso un'organizzazione particolare dei lavori parlamentari, l'attenzione di tutti debba essere concentrata su questo tema. Io la presento come una proposta. Non mi rivolgo solo alla Commissione, naturalmente, ma all'intero Parlamento.
  La discussione sul PNR dovrebbe essere un momento di questo tipo, ma poi finisce, come negli ultimi anni, che si discute molto rapidamente. Per esempio, riprendere il Piano nazionale delle riforme per ciò che concerne tutto il tema del lavoro potrebbe essere un modo per far ripartire questa discussione.
  Termino, perché ormai i tempi sono molto stretti. Io non entro sul tema dei contratti nella pubblica amministrazione, perché non è di mia competenza. Devo dire però che, come ex manager pubblico, sono perfettamente a conoscenza delle problematiche e della necessità di affrontare queste questioni, insieme al tema del blocco della contrattazione. Mi fermo qui, visto che – lo ripeto – non è di mia competenza.
  Mi scuso se non riesco a rispondere a tutti quanti. L'ultima considerazione che vorrei fare è sulla richiesta del Presidente riguardo alla disponibilità a incontri settimanali, o comunque periodici. Sono certamente disponibile. È importante. Naturalmente, se lo riterrete opportuno, faremo degli incontri settimanali. Lascio la decisione non al buon cuore, ma all'attenzione della Commissione. Dico questo perché la complessità delle tematiche, da un certo punto di vista, rischia di obbligare il Governo a dare risposte molto interlocutorie. Per questo vi invito all'attenzione per dire che discuteremo quando ci sarà una possibilità di vero confronto. Altrimenti, rischiamo di dare risposte insoddisfacenti da una parte e dall'altra, e questo non è lo stile che io vorrei si stabilisse con il ministero di cui sono responsabile.

  PRESIDENTE. Prima di ringraziare il Ministro vorrei ricordare alla Commissione che nella giornata di domani, anticipato alle ore 14, ci sarà un incontro informale con i rappresentanti dei comitati degli esodati, esonerati, salvaguardati, Pag. 22prosecutori volontari, cessati, fondi speciali eccetera. Sarà quindi un appuntamento molto importante di approfondimento, sui cui contenuti, ovviamente, avremo poi modo di discutere col Ministro.
  Signor Ministro, vorrei ringraziarla per la presenza, per il suo intervento, per l'illustrazione programmatica e per le prime risposte. Prendiamo ovviamente per buona la sua intenzione di cooperare fortemente con la Commissione, anche con question time settimanali o periodici. Sono sicuro che la mole di lavoro che abbiamo e i temi molteplici che dobbiamo affrontare non ci faranno mancare l'occasione per dei confronti molto stringenti. Buon lavoro a nome di tutti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16,45.