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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VII Camera e 7a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 23 maggio 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro per i beni e le attività culturali, Massimo Bray, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 
Marcucci Andrea , Presidente della 7 Commissione del Senato della Repubblica ... 3 
Bray Massimo , Ministro per i beni e le attività culturali ... 4 
Galan Giancarlo , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VII COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GALAN

  La seduta comincia alle 13,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per i beni e le attività culturali, Massimo Bray, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro per i beni e le attività culturali, Massimo Bray, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
  Credo che sia doveroso, ma anche piacevole, rivolgere un ringraziamento al signor Ministro, che oggi ci concede la sua presenza per un atto formale, ma al tempo stesso anche essenziale, ossia la comunicazione al Parlamento delle linee programmatiche del suo dicastero.
  Avendolo preceduto in questo compito, mi taccio immediatamente; so quanto sia difficile e anche quanto possa essere sgradevole che un predecessore indirizzi considerazioni a un suo successore. Ho trovato sgradevoli in questi anni alcune situazioni e, quindi, non voglio ripetere quell'errore.
  Vorrei trasmettere, però, al Ministro un solo messaggio. Assicuro al Ministro che trova in me, e certamente anche nel mio collega Marcucci, due alleati e spero di poter estendere questo concetto anche alle Commissione riunite.
  Il Ministro difende e difenderà – io lo aiuterò e penso che tutti lo aiuteremo – la cultura. Lui lo farà in Consiglio dei ministri e noi in Parlamento. Questo è lo spirito con cui io avvio, da oggi, una collaborazione vera, in nome della cultura. È ovvio che ci si potrà anche dividere su molte questioni e su molti rimedi, ma lo spirito con cui io inizio questo mandato è proprio questo.
  Gli auguri che rivolgo al Ministro, al termine di questa mia brevissima introduzione, sono auguri sinceri e appassionati, proprio per quello che c’è stato in passato. Spero di poter interpretare anche il sentimento di tutti voi.
  Con ciò ho concluso il mio compito e, prima di dare la parola al Ministro Bray, do il benvenuto al Presidente dell'analoga Commissione istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport del Senato. Do il benvenuto a lui, come lo do a tutti i componenti del Senato che hanno avuto la cortesia di recarsi in queste nostre stanze per la prima, e anche più importante, delle audizioni che le nostre Commissioni hanno in programma.

  ANDREA MARCUCCI, Presidente della 7 Commissione del Senato della Repubblica. Grazie, Presidente. Anche da parte mia do il benvenuto al signor Ministro e lo ringrazio per la sua presenza.
  L'idea di tenere quest'audizione in seduta congiunta è nata dalle nostre esperienze e dalla volontà, da una parte, di Pag. 4essere il più possibile coordinati – forse un errore commesso in passato è stato quello che le Commissioni di Camera e Senato non riuscissero a essere sufficientemente coordinate nella battaglia della difesa della cultura – e, dall'altra, anche di permettere al Ministro di massimizzare il suo tempo, visto che gli impegni sono moltissimi. Sia con il Ministro per i beni e le attività culturali, sia con la signora Ministra Carrozza abbiamo deciso di procedere, in questa occasione alla Camera e la volta successiva al Senato, in maniera congiunta.
  Per fornire uno schema di come intendiamo procedere, aggiungo che oggi sentiremo il signor Ministro e poi rinvieremo la seduta, che – ne abbiamo appena avuto notizia – proseguirà alla data fissata del prossimo 20 giugno, alle 13,30. Purtroppo, gli impegni e anche le altre audizioni che abbiamo come Commissioni ci hanno portato un po’ avanti anche rispetto agli impegni del signor Ministro. Alle 13,30 del 20 giugno terremo, dunque, un dibattito, che si svolgerà nell'arco di due ore. I tempi saranno ripartiti tra i gruppi in maniera proporzionale. A conclusione del dibattito stesso il signor Ministro replicherà. Ipotizziamo di chiudere la seduta prima delle 15, anche perché a quell'ora il signor Ministro ha un altro impegno.
  Questo è lo schema che ci saremmo fissati, in accordo col Presidente Galan e con il Ministro, e che darei per acquisito.
  Detto questo, ringrazio tutti. Credo che questo sia un buon modo di procedere e confermo anch'io l'assoluta disponibilità, peraltro dimostrata anche nella precedente legislatura – sia dalla Commissione VII della Camera dei deputati sia dalla Commissione 7 del Senato – a lavorare a supporto della cultura del nostro Paese. Non sempre, in passato, questo è stato colto come un valore aggiunto. Ringraziando ancora il Ministro Bray per la sua presenza, esprimo l'augurio che la collaborazione che nasce oggi abbia questo presupposto e questa forza politica da far valere.

  MASSIMO BRAY, Ministro per i beni e le attività culturali. Buongiorno a tutti. Ringrazio il Presidente Galan e il Presidente Marcucci. Ho organizzato il mio intervento con una relazione, che vi leggerò, sulle linee programmatiche dell'azione del nostro Ministero.
  Vorrei premettere, però, poche parole, che stamattina ho «segnato» appena arrivato al Ministero. Il mio impegno nel Ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC) sarà incentrato sulla consapevolezza del ruolo centrale che la cultura deve avere nel nostro Paese, ruolo che intendo ribadire in tutti i luoghi e le sedi e con tutti gli interlocutori con cui sin dall'inizio ho avuto il piacere di interagire. Mi sembra che ci sia un diffuso apprezzamento verso il nostro Ministero e verso il nostro lavoro. Non so quanto la consapevolezza sia realmente conseguente a questi buoni intenti.
  L'impegno sarà anche rivolto alla razionalizzazione delle risorse e al reperimento di nuovi fondi per restituire ai beni culturali la dignità e il ruolo centrale che essi meritano. Non ci potrà più essere, mi auguro, un caso Pompei. Se leggo i dati sulle risorse che abbiamo per la manutenzione – depositerò, oltre alla relazione, anche un documento su questi dati e sui tagli effettuati in questi ultimi anni – capisco, però, che ne potrebbe succedere uno al giorno di questi casi. Fatto ancora più grave è che i fondi per quelle che sono definite le urgenze renderebbero difficile qualunque intervento d'urgenza.
  Dobbiamo sicuramente aumentare la nostra capacità di utilizzare i fondi europei e questa sarà un'occasione per imparare a fare sistema, problema che in questi giorni mi sembra centrale nell'amministrazione del nostro Paese.
  Ho annunciato, di concerto con il Presidente del Consiglio Enrico Letta, la volontà di organizzare una «due giorni» in concomitanza con il Festival del cinema di Venezia, affinché tutti gli operatori del settore si confrontino su che cosa ci aspetta nel futuro, a partire dalla ricerca di una soluzione contro la pirateria e dai rapporti con i più grandi fruitori di contenuti Pag. 5digitali a livello mondiale. Durante la mia visita a Cannes ho avuto modo di cogliere, avendo di fronte un Ministro e un Paese che presentava i suoi risultati rispetto al cinema, proprio questa capacità di fare sistema.
  Tra le priorità che ho promosso in queste prime settimane c’è stata la convinta adesione – ne avrete letto – alla cosiddetta «eccezione culturale», che abbiamo firmato, con molti ministri, nel primo mio Consiglio dei ministri della cultura a Bruxelles, venerdì scorso, e che oggi mi sembra abbia avuto un ottimo riscontro a livello europeo.
  La seconda priorità sarà la tutela del suolo e del paesaggio, che affronteremo sin da domani in Consiglio dei ministri, a cui ho dedicato un intero paragrafo della relazione che vi consegnerò.
  Vorrei che tutte queste proposte seguissero un metodo di lavoro – da parte mia sarà così – che spero sarà condiviso, che consiste nel condividerle e realizzarle di concerto con il Parlamento e con le Commissioni parlamentari, perno della democrazia del nostro Paese. Vorrei realmente che le due Commissioni fossero al mio fianco nel definire le priorità, mettere a punto gli obiettivi e condividere le forme migliori per realizzare il programma di lavoro.
  Vi do adesso lettura della relazione che ho preparato. La premessa è rivolta a quella che io ho definito la cultura come bene comune e come diritto.
  La tutela, lo sviluppo e la diffusione dei beni, delle attività e dei valori della cultura si collocano necessariamente al centro degli obiettivi di crescita civile, sociale ed economica del nostro Paese.
  Del resto, è ormai acquisita la convinzione secondo cui la cultura costituisce un bene comune di straordinaria ricchezza e complessità, che in tutte le sue diverse manifestazioni deve essere protetto e potenziato. La cultura non è soltanto uno degli interessi pubblici essenziali tutelato dalla Costituzione e dai trattati internazionali, ma rappresenta anche l'oggetto di un insieme di diritti fondamentali del cittadino, della persona e delle formazioni sociali: il diritto di accesso al sistema della produzione culturale; il diritto alla più ampia fruizione di tutti i beni culturali, dei prodotti delle attività culturali.
  Le linee programmatiche del Ministero sono definite partendo da queste premesse. Occorre, però, compiere passi ulteriori, aumentando gli sforzi per affrontare con coraggio e convinzione le difficili sfide che il Ministero ha di fronte.
  Le nuove politiche per la cultura italiana dovranno muoversi nel contesto europeo in modo convinto, sottolineando con fermezza alcuni punti essenziali, incentrati proprio sulla peculiarità dei valori culturali. Questi impongono di assegnare all'Italia il ruolo di capofila nell'espressione di posizioni coerenti con questa impostazione in seno alle Istituzioni dell'Unione europea.
  Una primissima manifestazione, come ho detto, è stata quella di partecipare alla firma e alla condivisione del principio dell'eccezione culturale. Nell'elaborazione delle regole di libero scambio fra Europa e Paesi terzi, quali gli Stati Uniti, i prodotti della cultura non possono essere disciplinati come «merci comuni», ma vanno considerati nella loro esatta natura di espressione di «valori».
  Non è un cambiamento da poco, secondo me. Il ruolo attivo e dinamico della cultura italiana deve essere chiaramente riproposto nel contesto mondiale, nel momento in cui le trasformazioni dello scenario globale avvenute a cavallo del secondo e del terzo millennio non possono che accrescere la necessità di potenziare gli scambi culturali e di promuovere la conoscenza dell'immagine italiana nelle diverse aree geografiche.
  In questa prospettiva devono essere sviluppati alcuni progetti di cooperazione, che il Ministero aveva avviato e che vanno portati a termine, relativi al restauro di alcuni siti culturali in Giordania, Israele, Palestina, Iraq, Iran, Libia e Tunisia. Sarà una delle priorità del mio Ministero.
  Gli indirizzi programmatici devono tener conto anche dei princìpi di sussidiarietà verticale e orizzontale.Pag. 6
  Va osservato, infatti, che i risultati più rilevanti nel campo della tutela della formazione dei beni e delle attività culturali possono essere realizzati efficacemente solo attraverso un pieno e responsabile coordinamento con le politiche regionali e con le funzioni svolte dagli enti locali.
  Gli ambiti di svolgimento di questa cooperazione verticale sono diversificati e utilizzano strumenti molteplici. In ogni caso, è indispensabile individuare, allargandone lo spazio operativo, quelle che sono le forme virtuose di coordinamento. La presenza di più attori pubblici nel campo della cultura deve essere occasione di accrescimento dell'efficacia complessiva delle azioni istituzionali e mai causa di conflittualità, come in passato è successo.
  In quest'ambito credo sia necessario rafforzare il coordinamento con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per lo svolgimento di azioni congiunte con le regioni e con le Istituzioni europee. Anche l'importanza e, in alcuni casi, l'insostituibilità dei soggetti privati nell'attuazione delle politiche per la cultura deve essere, però, regolamentata e accompagnata da azioni concrete di lavoro insieme, ma che sia un lavoro controllato.
  Il mondo delle associazioni nazionali e locali attive nel campo dei beni e delle attività culturali è particolarmente ampio e ha contribuito in modo straordinario alla diffusione dei valori condivisi di tutela e valorizzazione dei beni culturali.
  Non solo, anche i contributi offerti individualmente da soggetti privati impegnati nel campo della cultura hanno consentito spesso la realizzazione di iniziative culturali che il settore pubblico da solo non avrebbe potuto attivare.
  Occorre certamente proseguire su questa strada, individuando ulteriori forme di sinergia tra pubblico e privato, senza sovrapposizione di ruoli e senza supplenze, facendo convergere le forze e gli interessi di diversi soggetti verso obiettivi determinati.
  In ogni caso, nella giusta prospettiva della trasparenza e della partecipazione dell'amministrazione e dei processi decisionali di maggiore spessore, vanno ampliate le occasioni di ascolto e di confronto dei soggetti privati, specie di quelli portatori di interessi collettivi e diffusi. Il ricorso a modalità di azione partecipate e il più possibile condivise con i cittadini, le categorie e i portatori di interesse potrà, infatti, auspicabilmente contribuire a ricostruire un clima di fiducia della collettività nei confronti delle Istituzioni.
  È in questa cornice di riferimento che si collocano più specificamente quelli che saranno i punti principali di questo Ministero.
  Il primo progetto è il grande progetto Pompei, un'opportunità da tradurre in risultati concreti. Le notizie di cronaca degli ultimi anni, nel riportare numerosi episodi di cedimenti e danni alle domus di Pompei, hanno richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica sulla necessità di interventi urgenti per la tutela del sito archeologico.
  Una prima risposta all'emergenza è stata data con l'emanazione del decreto legge n. 34 del 2011, che ha previsto l'adozione di un programma straordinario di interventi, alla cui realizzazione è stato destinato un importante finanziamento dell'Unione europea.
  Qualunque visitatore dell'area archeologica può, peraltro, rilevare immediatamente come, nonostante l'evidente sforzo operato dall'amministrazione per mettere celermente in cantiere i lavori più urgenti, molto, anzi moltissimo rimane da fare. A distanza di due anni dal decreto-legge la piena e completa attuazione di quel progetto rappresenta, quindi, una priorità per il nostro Paese e verrebbe da dire, a mio avviso, per la comunità mondiale. In favore di questo obiettivo occorre, pertanto, promuovere l'impegno condiviso di tutti gli attori istituzionali coinvolti.
  Ho parlato subito con il Ministro Trigilia, con il quale metteremo in piedi un gruppo di lavoro per cercare di portare a termine nel più breve tempo possibile gli impegni e le opportunità che ci vengono affidati.
  Il secondo punto riguarda la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e il rafforzamento e il miglioramento del Pag. 7Codice dei beni culturali e del paesaggio. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale costituiscono, infatti, una delle missioni fondamentali del Ministero, identificandone la stessa ragione d'essere.
  È necessario, in primo luogo, dare ulteriore impulso e sostegno agli interventi di attuazione e di miglioramento del Codice dei beni culturali e del paesaggio, verificandone con attenzione la concreta applicazione nel corso degli ultimi anni. Il Codice costituisce indubbiamente un approdo importantissimo della legislazione, perché ha saputo definire efficaci livelli di protezione dei beni culturali e paesaggistici e della loro valorizzazione.
  Tutti gli strumenti di tutela vanno difesi e rafforzati. Occorre semplificare alcune procedure eccessivamente burocratiche, scarsamente idonee a realizzare concreti obiettivi di tutela degli interessi culturali.
  Occorre ricordare, al riguardo, che il Codice, entrato in vigore nel 2004, è stato oggetto di correttivi nel 2006 e nel 2008. A distanza di cinque anni dall'ultimo intervento legislativo la prassi applicativa ha dimostrato l'esigenza della definitiva messa a punto del testo normativo.
  Per fare un solo esempio, richiede una profonda revisione la normativa sui monumenti nazionali, che trae la propria origine storica dalle vicende successive all'incameramento dei beni della Santa Sede da parte del Regno d'Italia. La scarsa chiarezza del quadro su questo punto è all'origine, purtroppo, di situazioni di mancanza di adeguato controllo, che hanno causato, di recente, fatti gravissimi, per fare un solo esempio gli avvenimenti della Biblioteca dei Girolamini.
  Sarà presto attivato un apposito gruppo di lavoro incaricato di analizzare i profili di concreta criticità della normativa in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali, formulando puntuali proposte di modifica del Codice, che il ministro avrà tutto il piacere e l'interesse di condividere con voi. In tal modo, sarà possibile rimuovere incongruità e colmare lacune emerse nelle prassi applicative di una disciplina complessivamente condivisa e generalmente apprezzata dai cittadini.
  Il terzo punto sarà la fiscalità di vantaggio per i beni e le attività culturali, uno strumento per il rilancio dell'economia e per la crescita del Paese.
  Raccogliendo i proficui contributi emersi dal dibattito sviluppatosi negli ultimi anni tra le forze politiche e gli attori sociali, deve essere rilanciata con forza la questione della fiscalità di vantaggio per i beni e le attività culturali.
  Tre sono le ragioni e, nel contempo, le linee di indirizzo di questa scelta. La prima è favorire un partenariato pubblico-privato, anche istituzionalizzato in fondazioni, che sia dinamico, reale e vitale. Torneremo anche nei prossimi incontri che avremo sul problema generale delle fondazioni.
  La seconda è assegnare una maggiore considerazione, nell'ambito della prossima riforma del regime fiscale degli immobili, dell'assoluta particolarità delle posizioni delle dimore storiche, in modo da aiutare i privati proprietari di beni culturali a tenere in piedi questi beni, garantendone la manutenzione necessaria per la loro conservazione.
  La terza è sostenere il mecenatismo per aiutare lo Stato e gli enti pubblici a fare manutenzione programmata ai restauri, da Pompei alla prevenzione del rischio sismico, fino al recupero e restauro di importanti monumenti che rischiano di crollare.
  Il principio del vantaggio fiscale per le attività di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, nonché per il sostegno delle attività culturali è attualmente presente nella legislazione tributaria. Si può fare riferimento, in particolar modo, alle ipotesi di detrazioni dall'imposta per le persone fisiche, e di deduzione dell'imponibile, per le persone giuridiche, delle spese per il restauro di beni vincolati previsti dal Testo unico delle imposte sui redditi, nonché alla recente disposizione che prevede l'abbattimento del 50 per cento della base imponibile dell'IMU per i fabbricati di interesse storico e artistico.Pag. 8
  Anche nel disegno di legge delega per il riordino del sistema fiscale approvato dal precedente Governo era prevista una menzione di «eccezione culturale», ossia della necessità di tenere nel debito conto il tema della fiscalità di vantaggio per i beni e le attività culturali. Questa proposta deve essere mantenuta, con la precisazione di ulteriori e più precise indicazioni e proposte operative, che mi permetto di sottoporvi.
  Occorre introdurre misure forti e chiare: l'IVA agevolata per il restauro dei beni culturali; la riforma del regime delle detrazioni e delle deduzioni fiscali dell'imposta sui redditi, pensando magari al modello francese, che prevede la più incisiva misura di detraibilità del 60 per cento dall'imposta dovuta dei versamenti effettuati in favore di opere o di organismi operanti nel campo della cultura; la riforma del regime IMU – ovviamente nel contesto generale della revisione del sistema impositivo della casa – per gli immobili sottoposti a vincolo storico e artistico, come forma di alleggerimento fiscale a vantaggio di proprietari di immobili vincolati.
  Queste proposte in termini di vantaggio fiscale per i beni e le attività culturali non serviranno solo a garantire la conservazione e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale, ma anche a favorire la ripresa economica di un settore, quello del restauro, cui oggi si affacciano con interesse tanti giovani in cerca di occupazione. A questo proposito, sarà impegno del Ministero e mio personale procedere al più presto a quelli che saranno i decreti attuativi rispetto alla legge che riguarda i restauratori.
  Il quarto punto riguarda i musei e gli altri luoghi della cultura e la destinazione dei proventi dei biglietti.
  È assolutamente prioritario che, con il vostro aiuto, si riesca a realizzare un intervento normativo finalizzato a modificare le disposizioni attualmente in vigore, in virtù delle quali gli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso dei musei, dalla concessione di servizi al pubblico – come libreria, caffetteria, audioguide e simili – e dai canoni dovuti per la riproduzione dei beni culturali statali vengono introitati al bilancio dello Stato e riassegnati, ma solo in minima parte, al Ministero per i beni e le attività culturali.
  Se è già colpevole il fatto che il nostro Paese finanzi in misura nettamente insufficiente la cultura, io trovo intollerabile che vengano sottratti al Ministero i proventi derivanti direttamente dagli introiti sull'utilizzo dei propri beni.
  Il quinto punto è il patrimonio dei beni architettonici e monumentali, con il potenziamento del sistema informativo per la valorizzazione di una ricchezza come quella che conserviamo.
  In questi anni il Ministero si è concentrato sull'obiettivo di una sempre più ampia conoscenza del patrimonio architettonico attraverso un'intensa attività diretta all'incremento dei provvedimenti di verifica dell'interesse storico-artistico dei beni pubblici.
  Dal 2005, data di istituzione del sistema informativo «beni tutelati» a oggi, sono stati verificati 10.905 beni.
  Questo lavoro ha certamente agevolato le iniziative previste dalle recenti leggi di bilancio relative alla razionalizzazione e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico attraverso idonei piani di dismissione, con indiscutibili vantaggi per la finanza pubblica, ma ha anche perseguito un'approfondita conoscenza dei beni stessi.
  Occorre assolutamente continuare quest'attività, implementando le funzionalità del sistema informativo, in modo da assicurare l'accesso a tutti gli operatori e favorire con la conoscenza preventiva condotte da parte dei soggetti proprietari.
  Il sesto punto riguarda il patrimonio monumentale e il rischio sismico, la prevenzione e i progetti di restauro nelle aree dell'Abruzzo e dell'Emilia.
  Tra gli impegni prioritari del Ministero vi è senz'altro quello di affrontare il tema della prevenzione del rischio sismico, tema sempre di grande attualità, come purtroppo hanno dimostrato i recenti eventi dell'Abruzzo e dell'Emilia. Su questo fronte occorre potenziare e affinare le Pag. 9sinergie che si sono già costituite tra Ministero, Protezione civile e Consiglio superiore dei lavori pubblici, attraverso la definizione di metodologie adeguate alla protezione dei beni culturali, puntando soprattutto sulla prevenzione.
  Mi piacerebbe che anche nel nostro Paese si adottasse una prassi che esiste in molti Paesi, che si chiama proprio cultura della sicurezza, che normalmente viene promossa dal Ministero per i beni culturali e dal Ministero della pubblica istruzione, come capitolo di consapevolezza che inizia dalle scuole. Nel nostro Paese non c’è mai stata e mi piacerebbe che ci fosse.
  Non si può sottacere, d'altra parte, il fatto che negli ultimi anni si è avuta una progressiva diminuzione delle opere di manutenzione programmata degli edifici, in base ai numeri che vi ho detto e che vi fornirò in una relazione allegata a questo mio primo programma di lavoro.
  Questo fatto ha profondamente inciso sullo stato di conservazione del patrimonio architettonico, rendendolo ancora più esposto alle calamità naturali, soprattutto per gli eventi sismici. Il dato diffuso dalla Direzione regionale dell'Emilia di circa 1.500 edifici danneggiati, monumenti di interesse culturale, fra cui moltissime chiese, è un dato significativo e di grande gravità. Ieri ho incontrato tutti i direttori regionali e da tutti ho colto questo grido d'allarme, che voglio condividere con voi per individuare le migliori soluzioni.
  Il settimo punto riguarda i valori culturali specifici dei centri storici, ossia la tutela e la valorizzazione dei centri storici delle città, che devono essere proseguite e sviluppate secondo quanto è stato avviato con la direttiva del 10 ottobre del 2012. Questa iniziativa andrebbe arricchita, a mio avviso, con una collaborazione forte con l'ANCI e con le regioni, per verificare la possibilità di trovare nuove soluzioni normative al problema della progressiva espulsione dai centri storici delle botteghe tradizionali, che pure ne costituiscono un aspetto caratterizzante e meritevole di tutela.
  È necessario, se condividete questo punto, mettere al centro della nostra attenzione il problema che le città riprendano a svolgere il ruolo di capitali della cultura del nostro Paese, come è stato in epoche storiche.
  L'ottavo punto riguarderà l'aggiornamento della disciplina sulla circolazione dei beni culturali al di fuori del territorio nazionale. È un tema importante e delicato, sul quale è necessario intervenire e che oggi presenta una disciplina lacunosa e datata, risalente ad alcune circolari del 1974. Ma anche la direttiva del gennaio 2008 esige, però, un affinamento. Appare necessario prevedere l'apertura di un tavolo di confronto per esaminare sia i criteri vigenti per le valutazioni in caso di prestito sia i criteri per il rilascio o il diniego degli attestati di libera circolazione.
  Occorre, inoltre, implementare l'utilizzo dei sistemi informativi oggi operanti, sia per i prestiti per le mostre sia per gli Uffici di esportazione.
  Il nono punto riguarda l'arte e l'architettura contemporanee, la qualità dell'architettura e del paesaggio.
  Una particolare attenzione dovrà essere assicurata, pensando a una vera e propria strategia per il settore del mondo contemporaneo, alla natura e alla specificità degli obiettivi e delle azioni da raggiungere, che devono richiedere una crescente attenzione alla ricerca della qualità e dell'innovazione creativa, in collegamento con l'operato delle diverse realtà nazionali, regionali e internazionali.
  Apro una parentesi. Molte regioni hanno fatto moltissimo in questo campo. Sono esempi da valorizzare, che il Ministero guarda con molta attenzione.
  Il principale strumento operativo di cui ci si avvale per il potenziamento del patrimonio contemporaneo, come sapete, è il Piano dell'arte contemporanea introdotto dalla legge n. 29 del 2001, finalizzato all'acquisizione e all'arricchimento di collezioni esistenti, nonché a favorire la committenza di opere, a promuovere concorsi e premi e la conoscenza del settore.
  Un'ulteriore linea guida del Ministero è quella rivolta alla qualità dell'architettura del paesaggio attraverso una pluralità di Pag. 10attività dirette a favorire la crescita di una cultura che si estende anche al contemporaneo.
  In quest'ottica, a mio avviso, è indispensabile riprendere e approfondire il tema della qualità architettonica, sul quale nelle precedenti legislature si sono già presentati importanti disegni di legge che costituiscono una prima traccia utile lungo la quale sviluppare il ragionamento e il confronto.
  Rileggendo questi progetti, mi sono accorto che la qualità dell'architettura non può che legarsi strettamente, come credo sia evidente, al tema della riqualificazione di tutto il tessuto urbano e soprattutto delle periferie di tante città italiane. Solo un profondo cambiamento nel modo di pensare, progettare e, dunque, realizzare nuovi interventi che ponga al centro la qualità del costruire può consentire il ridisegno di tante aree oggi degradate o, nella migliore delle ipotesi, amorfe e insignificanti, che avviliscono i nostri centri urbani e sono concausa di disagio sociale.
  Il Ministero non è contrario alle nuove costruzioni, ma alle nuove costruzioni «vecchie», ossia a un modo di costruire che sembra rimasto agli anni Settanta, all'idea antiquata di una certa imprenditoria del mattone che pensa ancora alla logica dell'edilizia di espansione e che non pone, come ho detto, al centro quella che deve essere davvero una qualità della vita, anche e non solo attraverso l'architettura.
  Per realizzare questo cambio di passo credo sia necessario puntare sulla qualità del progetto architettonico, premiando i giovani architetti e incentivando la ricerca, i concorsi di progettazione e tutti gli strumenti capaci di promuovere e sostenere la creatività, la cultura e la novità del progettare.
  Va poi valutata con il massimo approfondimento la possibilità di introdurre modifiche giuridiche idonee a migliorare l'azione per la salvaguardia del patrimonio di architettura contemporanea, oggi sostanzialmente escluso dal Codice di settore e tutelato solo in base alla legge sul diritto d'autore, ciò che rende di fatto impossibile una vera ed efficace azione di tutela.
  Il punto successivo riguarda la tutela del paesaggio, il ruolo della pianificazione territoriale e il rapporto con le regioni.
  Nell'ottica di una politica seria, coerente ed efficace di governo del territorio, capace di coniugare intelligentemente e oculatamente le istanze dello sviluppo e della tutela, la pianificazione paesaggistica si pone da sempre come impegno prioritario e strategico delle attività del Ministero. Le finalità che il Codice delinea a carico della pianificazione paesaggistica sono del tutto in linea con la Convenzione europea del paesaggio e prevedono una complessa ricognizione di diverse centinaia di provvedimenti di tutela, dei quali vengono verificate, congiuntamente con le regioni, le perimetrazioni e messi a punto i criteri di gestione. Si tratta di un'operazione particolarmente significativa in termini di certezza del diritto e di chiarezza procedurale, giacché finalizzata a mettere a disposizione del cittadino e degli operatori economici un quadro chiaro e incontrovertibile degli ambiti territoriali di valenza paesaggistica.
  Al momento i tavoli di co-pianificazione sono particolarmente attivi con le regioni Calabria, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto.
  Si deve proseguire nell'attività di co-pianificazione sia per la conclusione dei lavori delle regioni sopra segnalate e l'approvazione del Piano, sia per l'attivazione e l'incentivazione della partecipazione nei confronti di quelle regioni oggi in fase di stallo.
  Non è scritto nella relazione, ma pensavo di proporre al Consiglio dei ministri l'approvazione di un tempo entro il quale arrivare all'approvazione di tutti i piani regionali. Ciò era stato già tentato dal sottosegretario Galasso nel 1984 e mi sembra una proposta giusta e corretta per lavorare meglio insieme alle regioni e soprattutto per finalizzarla alla tutela del paesaggio.
  Passando alla tutela del paesaggio e alle energie rinnovabili, un tema molto importante e delicato è quello relativo allo Pag. 11sviluppo delle energie rinnovabili, per le complesse implicazioni di carattere paesaggistico.
  Nell'attuale quadro normativo si registra l'assenza di una chiara regolamentazione del settore, insieme alla mancanza di adeguati indirizzi di programmazione e di valutazione della collocazione delle infrastrutture su scala vasta. Da ciò consegue che si assiste alla disseminazione di impianti sul territorio senza idonei e coordinati criteri di localizzazione.
  Appare urgente, allora, un'iniziativa anche legislativa da parte del Ministero, ripartendo dall'attività già svolta nell'ambito del gruppo di studio a suo tempo promosso dall'ufficio legislativo del Ministero e cogliendo le opportunità insite nella recente attivazione presso il Ministero dello sviluppo economico dell'Osservatorio per le energie rinnovabili.
  Il punto successivo riguarda la salvaguardia del paesaggio attraverso il contenimento del consumo del suolo.
  Per rafforzare ulteriormente la tutela del paesaggio risulta particolarmente utile l'introduzione di una disciplina legislativa per il contenimento del consumo del suolo e per favorire il prioritario riuso del suolo già edificato, secondo un modello già sperimentato con ottimi risultati in altri Paesi europei.
  È sotto gli occhi di tutti il degrado delle nostre periferie urbane, dove ai capannoni industriali dismessi, alle aree agricole, trasformati in depositi di materiale a cielo aperto, vanno aggiungendosi continuamente nuovi centri commerciali e nuovi piccoli agglomerati urbani, completamente scollegati dalla parte rimanente delle città.
  Il fenomeno del consumo incontrollato di suolo agricolo ha ormai assunto in Italia soglie allarmanti. Se l'attuale andamento non dovesse essere immediatamente arrestato, ci ritroveremmo in pochi anni ad aver definitivamente e irreparabilmente compromesso il nostro territorio.
  Ciò genera una serie di aspetti sui quali la nostra società, che purtroppo vede ancora in un certo modo di fare edilizia l'unico motore dell'economia, non ha ancora riflettuto abbastanza. Primi fra tutti sono la definitiva perdita di aree agricole pregiate e l'irreparabile compromissione del nostro paesaggio agrario, che è elemento caratterizzante del nostro territorio, della nostra identità e della nostra cultura.
  Tutto ciò senza contare che la «dispersione urbana», producendo centri abitati privi di servizi e centri commerciali in aree non antropizzate, genera di per sé situazioni di disagio abitativo e determina nel medio periodo l'ulteriore consumo di suolo per dotare quelle stesse aree delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria di cui sono prive.
  Al riguardo, va segnalata la risoluzione adottata, nella precedente legislatura, dalla 13 Commissione del Senato, che impegnava il Governo «ad attivarsi, in collegamento con il Parlamento e con le regioni, per la predisposizione di nuove norme di indirizzo in materia urbanistica, che assumano pienamente l'obiettivo di limitare il consumo di suolo libero anche attraverso l'individuazione di obiettivi quantitativi da perseguire nel corso del tempo e l'introduzione di un sistema bilanciato di incentivi e disincentivi fiscali...».
  Mi è, altresì, noto il disegno di legge presentato dal Governo nella scorsa legislatura volto alla tutela e alla valorizzazione delle aree agricole. Quell'esperienza dovrebbe essere utilmente ripresa e approfondita mediante l'elaborazione di un nuovo atto di iniziativa legislativa, con l'obiettivo di affinare gli strumenti giuridici allora ipotizzati, per pervenire alla riduzione del consumo del suolo, mettendo in primo piano, accanto alla salvaguardia degli usi agricoli del suolo, la finalità di tutela e valorizzazione del paesaggio agrario, quale elemento qualificante e identitario delle forme del territorio italiano.
  Il capitolo successivo è dedicato al Colosseo, alla Domus Aurea e all'Appia Antica, con un rinnovato impegno in favore della tutela e della valorizzazione del patrimonio archeologico.
  Il patrimonio archeologico rappresenta uno dei più importanti fattori di unicità del nostro territorio, della nostra cultura e Pag. 12della nostra identità. La conservazione di questa inestimabile ricchezza, soprattutto al fine di tramandarla alle future generazioni, richiede un impegno assiduo e costante, che non può soffrire di interruzioni a causa di questioni burocratiche o di carenza di fondi, pena il rischio di perdite non più rimediabili.
  Sono, quindi, fondamentali un rinnovato impulso e una celere conclusione delle iniziative già in corso, come quelle concernenti il restauro del Colosseo, nonché il potenziamento delle attività di tutela e di valorizzazione di altri importanti beni archeologici, quali la Domus Aurea e la via Appia Antica, anche ricorrendo all'apporto finanziario di soggetti privati.
  Al riguardo, il Ministero ha recentemente varato le norme tecniche e le linee guida per le sponsorizzazioni dei beni culturali, con le quali è stato dettato un quadro chiaro delle regole applicabili. Si tratta, adesso, di valersi opportunamente di questo strumento ed eventualmente anche di migliorarlo sulla base dell'esperienza applicativa, in modo da avviare in tempi brevi nuove iniziative di collaborazione fra soggetti pubblici e privati in favore della piena tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico.
  Mi permetto di aggiungere che sto pensando anche alla formazione di un gruppo di lavoro che studi le forme migliori di rapporto tra pubblico e privato nei confronti dei beni culturali, chiamando intorno a un tavolo esperti che forniscano al Ministro un testo di lavoro da proporre, in seguito, alle Commissioni e al Parlamento.
  Il quattordicesimo punto riguarda l'archeologia e l'attuazione della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico.
  Sempre con riguardo all'archeologia va rapidamente proposto il disegno di legge per l'autorizzazione alla ratifica per l'esecuzione della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, aperto alla firma a La Valletta il 16 gennaio 1992. È noto a tutti gli operatori del settore il colpevole ritardo dell'Italia, che, pur caratterizzata da un patrimonio archeologico unico al mondo e pur essendo fra gli Stati primi firmatari di questa Convenzione, non ha poi, per oltre vent'anni, provveduto alla ratifica del trattato, collocandosi oggi tra i pochi rimanenti Paesi che non hanno ancora reso operativo l'accordo sul proprio territorio. È assolutamente prioritario colmare questa grave lacuna del nostro ordinamento.
  Il quindicesimo punto riguarda la tutela rafforzata dei beni culturali, il controllo della circolazione dei beni archeologici e la riforma dei reati contro il patrimonio culturale.
  Un settore che richiede una particolare attenzione è quello dell'attività di controllo della circolazione dei beni archeologici a livello internazionale. Il traffico illegale di queste opere, come sapete, rappresenta un business significativo da parte della criminalità organizzata e colpisce l'Italia e altri Paesi del Mediterraneo particolarmente ricchi di opere apprezzate dal mercato antiquario. In particolare, il patrimonio archeologico è il settore maggiormente a rischio di distruzione e dispersione a causa del fenomeno degli scavi clandestini.
  Negli ultimi anni è stata potenziata dal MIBAC una forte sinergia fra le istituzioni preposte a vario titolo all'attività di prevenzione e di contrasto del traffico illegale dei beni culturali. Intendo, dunque, favorire la presenza di rappresentanti dell'Italia nei tavoli internazionali che trattano tematiche connesse alla tutela e al controllo della circolazione dei beni culturali negli organismi di riferimento.
  In questo contesto, la Direzione generale per le antichità, in stretta collaborazione con le sovrintendenze periferiche e con il Comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, è impegnata in una costante opera di verifica sul materiale archeologico segnalato in case d'asta o alle frontiere, anche quando non sia di provenienza italiana.
  In quest'ottica va promossa un'iniziativa legislativa finalizzata al conferimento di una delega al Governo per la riforma della disciplina dei reati contro il patrimonio culturale. L'inasprimento del trattamento sanzionatorio di queste fattispecie penali risponde all'esigenza di valorizzare Pag. 13la particolare oggettività giuridica dei fatti di reato, che, oltre a ledere la proprietà pubblica o individuale dei beni, offendono il patrimonio culturale e, quindi, l'interesse primario a esso inerente, consegnatoci dall'articolo 9 della nostra lungimirante Costituzione.
  D'altra parte, l'inasprimento delle pene è funzionale alle necessità, sempre più drammaticamente segnalata dal Comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, di disporre di strumenti processuali e investigativi più incisivi rispetto a quelli attualmente utilizzati dalla magistratura e dalle Forze dell'ordine.
  Un intervento legislativo di questo segno – ritengo – risponderebbe a un'esigenza largamente condivisa, che ha dato vita, nella scorsa legislatura, alla promozione di un disegno di legge di delega d'iniziativa governativa. Quel testo, poi rielaborato e migliorato dalla Commissione giustizia, costituisce sicuramente un buon punto di partenza per riprendere e condurre celermente a termine l'iniziativa legislativa. Al riguardo, emerge una significativa condivisione su tale priorità anche da parte di un cospicuo numero di senatori della presente legislatura, poiché un disegno di legge sul medesimo argomento è stato recentemente presentato dal senatore Giro e vede tra i propri firmatari numerosi senatori della 7 Commissione del Senato.
  Il punto successivo riguarda la valorizzazione del patrimonio culturale, una migliore fruizione dei luoghi della cultura e una gestione efficace dei servizi accessori.
  In tema di valorizzazione gli obiettivi che richiedono di essere perseguiti sono il miglioramento dell'accessibilità ai musei, non sempre assicurata a tutte le fasce di utenti e con orari di apertura spesso penalizzanti; una qualità dei servizi dei musei che sia adeguata agli standard internazionali; il rinnovo delle concessioni dei servizi al pubblico nei musei, ampiamente scadute e che, a causa di contenziosi insorti rispetto alle procedure di gara avviate nel 2010, non è stato possibile, dopo tre anni, rinnovare.
  Occorre incrementare e migliorare il materiale informativo e gli apparati illustrativi nei musei, spesso realizzati solo in italiano. È necessario favorire una maggiore integrazione fra i luoghi della cultura, statali e non statali, presenti nelle stesse città, anche mediante la promozione degli itinerari culturali non inseriti nei principali circuiti turistici. Infine, è necessario stimolare e favorire una maggiore attenzione delle giovani generazioni per il patrimonio culturale.
  Per queste finalità sarà presto costituito un gruppo di studio cui sarà demandato il compito di approfondire le forme e le modalità più efficaci per il dispiegarsi del rapporto di cui ho detto prima tra soggetti pubblici e privati nella gestione delle attività di valorizzazione, in modo da individuare soluzioni che consentano di coniugare le esigenze della migliore fruizione pubblica degli istituti e dei luoghi della cultura con la sostenibilità economica delle gestioni e la valorizzazione della progettualità degli operatori economici. Sul piano normativo è necessario impegnarsi per il miglioramento della fruizioni dei siti culturali attualmente non aperti al pubblico, o non adeguatamente valorizzati. I dati in possesso del Ministero indicano che numerosi siti culturali statali sono attualmente non visitabili, o sono aperti solo in determinati giorni e orari. In questi luoghi della cultura, è quasi inutile aggiungerlo, sono del tutto carenti i servizi in favore del pubblico, dalle audioguide alle librerie, ai servizi di ristorazione. Si tratta di un fenomeno molto grave, perché la mancata fruizione dei beni rappresenta un impoverimento per la collettività, un impoverimento innanzitutto culturale, ma anche economico, se si considerano le opportunità di lavoro che potrebbero derivare dall'apertura di quei siti e l'indotto che potrebbe esserne generato.
  Peraltro, l'attuale situazione dei conti pubblici non consente di ipotizzare l'effettuazione di assunzioni del gran numero di unità di personale, soprattutto di custodia, che sarebbe necessario a tal fine.
  La via percorribile potrebbe, pertanto, essere quella di consentire la concessione Pag. 14dei siti, sulla base di un progetto di restauro e di valorizzazione condiviso dall'amministrazione, a soggetti privati, sulla base di procedure selettive di evidenza pubblica per un periodo di tempo determinato. Ove, poi, la gestione imprenditoriale dei luoghi della cultura interessati dovesse risultare non profittevole, potrebbe ipotizzarsi la concessione a soggetti non lucrativi, che sarebbero in grado di assicurare almeno l'apertura al pubblico.
  Le moderne tecnologie, Internet, i social network e la tendenza a una circolazione sempre più veloce delle informazioni e dei contenuti, prodotti oggi in modo diffuso, da soggetti non professionali, costituiscono fattori di crescita culturale, sociale ed economica e, soprattutto, di democrazia e non possono non spingere verso l'aggiornamento anche dell'attuale disciplina in materia di riproduzione dei beni culturali. La normativa vigente, infatti, prevede che, per riprodurre l'immagine di un bene culturale appartenente allo Stato, a una regione o a un comune, sia sempre necessaria un'apposita autorizzazione e che sia, inoltre, ordinariamente dovuto un canone. La regola vale sia nel caso di riproduzione – per così dire – «dal vivo» del bene, sia ove si tratti di riproduzione di un'immagine già esistente, per esempio nel caso in cui si pubblichi una fotografia già esistente di un opera d'arte sulla propria pagina di Facebook. Non solo, ma l'autorizzazione è rilasciata a titolo gratuito solo in caso di riproduzione «per uso personale o per motivi di studio», senza che possa ritenersi del tutto chiaro se tale sia, per esempio, la pubblicazione della foto su un blog o su un social network.
  Si tratta, con tutta evidenza, di una normativa che richiede di essere chiarita e messa al passo con i tempi, soprattutto ove si consideri che a un tale astratto rigore nel perseguire la pubblicazione di foto di beni culturali su Internet da parte di privati cittadini non si associa, purtroppo, altrettanta capacità di trarre occasioni di introito in favore dell'Erario e, quindi, della collettività dalle autorizzazioni commerciali dell'immagine dei beni culturali pubblici. Anche su taluni aspetti, pertanto, è necessario e urgente un intervento normativo.
  Il punto successivo riguarda la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale attraverso le nuove tecnologie.
  Le nuove tecnologie possono e devono fornire un contributo importante per la valorizzazione del patrimonio culturale, favorendone la conoscenza e migliorandone la pubblica fruizione. In questo senso assumono certamente rilievo prioritario la promozione e il costante aggiornamento di applicazioni tecnologiche finalizzate a comunicare e a rendere fruibile il patrimonio culturale del Paese.
  Attraverso un sistema mirato di azioni da parte del Ministero, in stretta collaborazione con l'Agenzia per l'Italia digitale, è possibile e necessario individuare e sperimentare soluzioni innovative nel campo della comunicazione digitale, in particolare attraverso i social network, in modo da mettere a disposizione di un pubblico sempre più vasto, con modalità semplici e accessibili, l'enorme quantità di informazioni e di contenuti relativi al patrimonio culturale oggi in possesso del Ministero.
  Passando alla valorizzazione del patrimonio culturale quale fattore di sviluppo territoriale, va segnalata in questo senso, fra le azioni di prioritaria importanza che il Ministero è chiamato ad attuare nell'immediato, la realizzazione del Programma operativo interregionale «Grandi attrattori naturali, culturali e del turismo», previsto nell'ambito dell'Asse I «Valorizzazione e integrazione del patrimonio culturale» nelle regioni dell'Obiettivo convergenza, ossia Campania, Calabria, Puglia e Sicilia.
  Al riguardo, si rende necessaria la stipulazione di accordi di programma con le regioni e l'adozione di bandi di gara per i progetti programmati entro il 2013.
  Per la stessa finalità di valorizzazione del patrimonio culturale quale fattore dello sviluppo territoriale occorre rafforzare la collaborazione con il Ministro per la coesione territoriale; ciò, in particolare, allo scopo di realizzare quattro o cinque progetti pilota di sviluppo territoriale imperniati Pag. 15su risorse culturali emergenti e diffuse, attraverso azioni sistemiche volte a sollecitare una domanda qualificata di «territori culturali integrati».
  Il diciannovesimo punto riguarda gli archivi e la conservazione delle memorie digitali. Gli archivi di Stato, spesso percepiti come strutture antiquate che operano in favore di una ristretta cerchia di studiosi, sono oggi candidati a costituire strutture di eccellenza e all'avanguardia in considerazione del ruolo fondamentale che essi sono chiamati ad assumere rispetto alla conservazione delle memorie digitali.
  Occorre ricordare che lo sforzo sempre maggiore della pubblica amministrazione nei confronti della dematerializzazione di documenti e della digitalizzazione del patrimonio documentario già esistente pone oggi nuove sfide, poiché si rende necessario studiare e applicare strumenti, regole e prassi completamente nuovi, in grado di assicurare il perdurare nel tempo e la fruibilità a lungo termine dei documenti digitali, nonostante l'inevitabile obsolescenza delle tecnologie impiegate per produrli, riprodurli e conservarli.
  Assume, quindi, importanza strategica per il Ministero, nell'ambito del quale già oggi operano esperti di indiscussa professionalità nel settore dell'archivistica digitale, partecipare all'elaborazione e all'adozione di regole per la conservazione a lungo termine dei documenti digitali e dei relativi archivi, contribuendo all'iniziativa già avviata da parte dell'Agenzia per l'Italia digitale.
  In questa prospettiva è necessario operare in accordo con il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di attuare iniziative volte a rafforzare il ruolo degli istituti archivistici nei confronti degli archivi correnti delle pubbliche amministrazioni, nonché di quelli nativi digitali, secondo quanto previsto dal Codice dell'amministrazione digitale.
  Sul piano normativo va, invece, evidenziata l'opportunità, allo scopo di favorire la pubblica fruizione del patrimonio archivistico, di abrogare la norma che oggi esclude la consultazione di tutti i documenti, anche non riservati, che siano stati versati agli archivi di Stato anticipatamente rispetto al termine ordinario dei quarant'anni dalla conclusione delle pratiche.
  Il capitolo successivo riguarda le biblioteche, gli studi culturali e il diritto d'autore.
  Va avviata la riforma dei princìpi e dei criteri che regolano il finanziamento delle istituzioni culturali, sulla base di una riflessione coniugata con i rappresentanti delle istituzioni stesse, al fine di abbandonare la logica assistenziale dei finanziamenti a pioggia.
  Occorre favorire, invece, un sistema inclusivo che sostenga la capacità delle istituzioni di fare rete e che valorizzi in particolare quegli enti che siano in grado di dimostrare l'utilizzazione intensiva delle nuove tecnologie e l'erogazione di servizi avanzati, con particolare riferimento al prestito di documenti in digitale, al collegamento a banche dati, alla presenza su web con siti leggibili e regolarmente aggiornati.
  Appare necessario avviare una riflessione sull'opportunità dell'allineamento del valore dell'IVA per l’e-book e per le pubblicazioni in formato elettronico, attualmente al 21 per cento, a quello previsto per la pubblicazione in formato cartaceo, che è al 4 per cento. Come sapete, questo è uno dei temi di maggiore attenzione anche da parte dell'Associazione italiana degli editori.
  Inoltre, in materia di diritto d'autore occorre prendere in considerazione la necessità di un intervento di normazione primaria per la tutela del format, non espressamente menzionato dalla legge sul diritto d'autore, la cui protezione è oggetto di decisioni giurisprudenziali non univoche.
  Venendo alla cultura e allo spettacolo dal vivo, per quanto attiene al settore dello spettacolo dal vivo è noto che l'intervento statale attraverso il Fondo unico per lo spettacolo vive un momento critico in relazione alla più generale condizione di difficoltà di bilancio dello Stato. Il Fondo unico ha visto costantemente diminuire il Pag. 16proprio valore in termini reali. Dal 2001, anno in cui si attestava intorno ai 530 milioni di euro, si è ridotto costantemente, fino ad arrivare quest'anno a 390 milioni di euro.
  Tra gli obiettivi prioritari non può, dunque, non annoverarsi quello del reperimento di risorse aggiuntive pubbliche, anche eventualmente a mezzo di incentivi fiscali. Questa richiesta non può andare disgiunta da una forte proposta di riforma finalizzata a conferire maggiore efficacia ed efficienza al sistema.
  Nel nostro prossimo incontro vorrei sottoporvi la cifra minima per evitare di non riuscire più ad aiutare le opere prime del cinema italiano che, attualmente, con i fondi di cui il Ministero dispone, sarebbero completamente bloccate.
  Il punto successivo riguarda il completamento della riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche. Le quattordici fondazioni sono state interessate, come sapete, dall'avvio della riforma del settore, iniziata con il decreto-legge n. 64 del 2010. Il quadro normativo vigente applicabile alle fondazioni lirico-sinfoniche è, infatti, assai articolato, componendosi di un insieme frastagliato di norme che già di per sé rende difficile l'operatività degli enti.
  A tal proposito, è in corso di esame – nella fase di richiesta di parere del Consiglio di Stato – uno schema di regolamento di riforma approvato in primo esame dal precedente Governo nello scorso mese di dicembre. Questa proposta tende a rendere più efficiente l'organizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche e a definirne la nuova struttura ordinamentale. Prevede, in particolare, l'ampliamento dell'autonomia statutaria, al fine di consentire alle fondazioni di dotarsi di una struttura organizzativa più rispondente ai propri bisogni. Gli obiettivi prioritari perseguiti da questo schema di riforma sono la razionalizzazione dei costi di gestione, anche attraverso l'introduzione di un unico livello di contrattazione aziendale; l'elaborazione di nuovi criteri e percentuali di ripartizione del contributo a favore delle fondazioni lirico-sinfoniche, al fine di incentivare un aumento dell'offerta al pubblico di spettacoli con contenimento dei costi di gestione; l'introduzione di adeguate semplificazioni normative.
  Vedremo insieme in uno dei prossimi incontri anche la situazione delle fondazioni di questo settore, che, come sapete, sono quasi tutte in una situazione di crisi finanziaria. Spero di riuscire a fornirvi nel prossimo incontro un quadro chiaro di tutte le singole situazioni, per discutere insieme possibili soluzioni che mi preoccupano particolarmente.
  Il prossimo punto riguarda l'assegnazione dei contributi per lo spettacolo, verso la definizione di nuove procedure semplici e trasparenti.
  Un altro settore di intervento riguarda la ridefinizione dei decreti ministeriali che dettano i criteri di assegnazione dei contributi alle attività musicali, teatrali, di danza, circensi e dello spettacolo viaggiante. Si tratta di atti risalenti al 2007, che richiedono un opportuno e necessario aggiornamento.
  La Direzione generale per lo spettacolo dal vivo ha già avviato un proficuo colloquio con le categorie interessate, nell'intento di raccogliere esigenze operative e di semplificare le modalità di assegnazione dei contributi. Il fine perseguito da questa riforma è quello del rilancio della centralità dello spettacolo dal vivo per l'innovazione della cultura italiana, anche mediante il reperimento di fondi pubblici e privati, la ottimizzazione delle risorse e l'individuazione di criteri per l'assegnazione nel rispetto del principio della trasparenza; l'introduzione di idonee semplificazioni normative, la chiarificazione sull'adeguamento al settore dello spettacolo dal vivo degli adempimenti in tema di trasparenza e di monitoraggio dei conti pubblici.
  Un altro tema importante sul quale sarebbe utile un approfondimento in questa sede parlamentare riguarda l'assoggettamento degli enti lirici e teatrali alle norme della spending review, il che è spesso avvenuto in base a una critica e discutibile collocazione di tali enti all'interno dell'elenco ISTAT, con effetti inconciliabili con l'ambito produttivo di riferimento. Pag. 17Tale scelta dell'amministrazione finanziaria ha generato un diffuso contenzioso e ha obbligato molti enti a riversare all'Erario parte delle risorse assegnate.
  Inoltre, con riferimento al settore dello spettacolo dal vivo, è necessario dare spazio e riconoscimento adeguato anche alle forme espressive musicali diverse rispetto alla musica lirica e sinfonica.
  Il punto successivo è un intervento che io auspico da tempo, quello di definire in Italia una «Biennale della cultura popolare», un impegno a favore del patrimonio culturale immateriale.
  È noto che le espressioni di identità culturale collettiva sono oggetto di due Convenzioni UNESCO recepite dall'Italia: quella del 3 novembre 2003 per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e quella del 20 ottobre 2005 per la protezione e la promozione delle diversità culturali.
  Tuttavia, sino a oggi, il nostro Paese non ha dedicato una particolare attenzione ai beni culturali immateriali, limitandosi a proteggere – attraverso la disciplina di tutela del Codice dei beni culturali e del paesaggio – le testimonianze materiali legate alle espressioni dell'identità culturale collettiva, ossia gli oggetti che costituiscono lo strumento e l'oggetto del manifestarsi di queste espressioni.
  Aggiungo che, anche in questo caso, alcune regioni hanno anticipato alcuni elementi che, secondo me, andrebbero introdotti e di cui sarà mio dovere informarvi.
  È, quindi, evidente la necessità di un maggiore impegno in questo ambito, anzitutto dando spazio e visibilità all'espressione delle identità culturali in quanto tali e non soltanto in relazione alle cose con cui e su cui si esplicano.
  In questo senso, un'iniziativa certamente da varare è l'inaugurazione di una Biennale della cultura popolare che rappresenti un'occasione di rappresentazione, sperimentazione, studio e divulgazione della cultura immateriale quale fondamentale fattore identitario e, al contempo, di crescita culturale della collettività.
  Questo è, ovviamente, un problema che riguarda anche il rapporto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, perché, come sapete, l'Italia ha una grandissima tradizione di ricerca su questi temi. Valga per tutti il lavoro fatto da De Martino. È un settore che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione, perché ritengo che possa essere davvero un'unicità del nostro patrimonio culturale da valorizzare e su cui provare a fare sistema.
  Il punto successivo riguarda il cinema e la necessità di nuovi interventi ordinamentali.
  L'attuale situazione del cinema italiano, con riferimento a tutte le componenti artistiche, tecniche e imprenditoriali, richiede, sotto l'aspetto del rapporto con lo Stato e in particolare del MIBAC, una serie di interventi immediati di tipo ordinamentale e di tipo economico-finanziario.
  Al riguardo, è necessario promuovere il coinvolgimento, accanto alla Direzione generale per il cinema del Ministero, anche di esperti e operatori del settore. In merito, ho indetto quelli che non si dovranno chiamare – così mi hanno detto, perché non porta bene – gli Stati generali del cinema. Si tratta di un momento di riflessione sui problemi del cinema italiano, in modo da favorire il contributo di idee e di soluzioni che possano effettivamente rilanciare sia l'industria cinematografica, sia la fruizione pubblica delle opere cinematografiche.
  Credo molto in questo progetto, perché ritengo che realmente il cinema sia stato patrimonio e strumento per far conoscere l'identità culturale italiana. Abbiamo un po’ perso questo ruolo e questa potenza e io credo che sia giusto riflettere e trovare tutte le modalità per arrivare a ridare forza a questo settore. Vi sono, pertanto, una serie di iniziative la cui necessità e urgenza sono già evidenti e universalmente condivise.
  Si rende necessario, innanzitutto, il rinnovo del tax credit per il triennio 2014-2016. Come sapete, la scadenza è prevista al 31 dicembre 2013 e si rende necessaria una proroga. Ad avviso di chi vi parla, sarebbe necessario togliere una scadenza, Pag. 18perché è impensabile che, ogni volta che c’è una scadenza, chi vuole fare cinema debba rinunciare. Se uno straniero arriva in Italia nel mese di maggio e chiede al Ministro la possibilità di girare un film, il Ministro gli deve rispondere che il tax credit si completa il 31 dicembre del 2013.
  L'urgenza è legata al fatto che quella cinematografica, soprattutto con riferimento alle produzioni internazionali interessate a girare in Italia, è un'attività con cicli di programmazione lunghi, che, pertanto, necessita di avere con sufficiente anticipo un quadro certo delle risorse e delle opportunità a disposizione per operare sul mercato.
  È, inoltre, indispensabile un intervento straordinario per favorire la digitalizzazione degli schermi delle piccole e piccolissime sale cinematografiche. È un intervento urgentissimo, in quanto, a partire dal 1 gennaio 2014, la diffusione delle copie dei film in sala diverrà, a causa della fine della produzione di pellicola su scala mondiale, solo digitale. Ciò significa che circa mille sale, il 25-30 per cento del parco italiano, che non hanno le risorse finanziarie sufficienti per gli interventi tecnici potrebbero venire tagliate fuori dal mercato, con grande danno per la diffusione del cinema, in particolare d'autore, soprattutto nei piccoli centri del Paese.
  È parimenti necessario e urgente che il Ministero per i beni e le attività culturali promuova, in accordo con il Ministero degli affari esteri, azioni in ambito europeo al fine di escludere il settore audiovisivo dal Transatlantic trade and investment partnership agreement tra l'Unione europea e gli Stati Uniti, in modo, così, da evitare che l'industria culturale cinematografica e l'intero settore audiovisivo europeo possano essere progressivamente marginalizzati dalle grandi compagnie statunitensi.
  Fra gli interventi di medio periodo si rendono necessari l'allargamento del campo d'azione del Ministero dal mero settore cinematografico a tutto il settore delle produzioni audiovisive, come, per esempio, i film e le serie per le televisioni e per il web; il riordino del comparto audiovisivo mediante un intervento normativo che chiarisca gli ambiti di competenza dello Stato rispetto a quelli delle regioni e degli altri enti territoriali; il potenziamento della lotta alla pirateria, in particolare a quella digitale; l'approfondimento del tema dei rapporti fra cinema e televisione, anche al fine di valutare la necessità di un intervento normativo finalizzato a favorire la nascita di produttori indipendenti; l'elaborazione di una nuova disciplina della revisione cinematografica incardinata sulla tutela dei minori; la razionalizzazione del sistema normativo e amministrativo concernente l'autorizzazione per l'apertura di nuove sale cinematografiche; il miglioramento dell'utilizzo delle risorse comunitarie a favore del settore cinematografico; l'introduzione di un nuovo meccanismo di finanziamento degli strumenti di intervento nel settore cinematografico e audiovisivo, in particolare valutando la possibilità di introdurre un sistema di prelievo sulla filiera che alimenti i fondi destinati a sostenere la produzione cinematografica e audiovisiva e che includa fra i soggetti da considerare, oltre alla sala e alla televisione, anche la Telecom e gli aggregatori di contenuti in Internet; la messa a punto di una strategia per incentivare ed esaltare le sinergie fra cinema/audiovisivo e turismo, nell'ottica della promozione dell'immagine dell'Italia attraverso il cinema italiano e soprattutto attraverso il cinema internazionale girato in Italia.
  Il punto successivo è un tema delicato e riguarda l'organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, il riferimento al recupero di efficienza delle strutture e dei processi e il ripristino degli organismi collegiali soppressi a seguito della spending review.
  Come sapete, i comitati tecnici del MIBAC erano sette e sono scaduti ad aprile 2012. Il loro rinnovo è stato impedito definitivamente, nonostante le reiterate richieste nel frattempo avanzate al Ministero dell'economia e delle finanze, dall'articolo 12 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012. Tale Pag. 19disposizione non consente al Ministro di poter contare su una delle forme, a mio avviso, più importanti per un lavoro collegiale, ossia sui comitati tecnici.
  Fra le priorità vi è poi il ripristino della piena funzionalità degli organismi collegiali di altissimo profilo scientifico del Ministero. Alcuni di essi, come ho detto, come i comitati tecnico-scientifici, sono cessati a seguito dell'entrata in vigore della spending review, mentre il prestigioso e autorevolissimo Consiglio superiore per i beni culturali si trova a operare in una composizione incompleta, in quanto i presidenti dei soppressi comitati dovrebbero farne parte quali membri di diritto.
  Inoltre, il regime introdotto dal decreto legge prevede che in ogni caso gli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni siano tutti, indistintamente, soppressi alla prossima scadenza, con assegnazione delle relative competenze agli uffici di amministrazione presso cui operano.
  Come immaginate, c’è grande preoccupazione all'interno del Ministero, perché ciò significherebbe trasferire sulle direzioni e sugli uffici competenti competenze scientifiche e, a mio avviso, sarebbe molto grave se ciò dovesse avvenire.
  Si tratta di un regime troppo rigido e cieco, perché l'operatività di questi organi è indispensabile, considerato che essi sono chiamati per legge a esprimere pareri obbligatori. In assenza del ripristino degli organismi cessati, l'amministrazione si vedrebbe verosimilmente costretta a ricorrere a consulenti esterni, con aggravio dei costi per la collettività e garanzie di professionalità e di indipendenza certamente non maggiori.
  Questo tema riveste, pertanto, un'importanza particolare per il settore dello spettacolo dal vivo. Infatti, ove gli organismi operanti in quest'ambito dovessero cessare definitivamente alla data di scadenza, la Direzione generale del Ministero si troverebbe a dover esercitare tutte le relative competenze. Io sono seriamente preoccupato per questo problema, che mi permetto di sottoporvi.
  Ciò comporterebbe, in alcuni casi, la devoluzione all'amministrazione di attività caratterizzate da notevole discrezionalità tecnica, che uffici di per sé amministrativi non hanno finora mai svolto, con notevole rischio, fra l'altro, di un aumento del contenzioso in materia di assegnazione di contributi a decorrere dal prossimo anno, dal 2014, anche a discapito dei princìpi di trasparenza e di terzietà che hanno ispirato le ultime riforme in materia di pubblica amministrazione.
  Anche con riferimento alla Commissione per la revisione cinematografica non è seriamente ipotizzabile la devoluzione delle competenze alla Direzione generale per il cinema, a meno di non dotare quest'ultima delle risorse necessarie per avvalersi di specialisti e di esperti in grado di valutare tecnicamente l'idoneità delle opere cinematografiche alla visione da parte dei minori.
  Come vi ho detto precedentemente, il Ministro è fortemente contrario a dover ricorrere all'uso di professionalità esterne solo perché non riusciamo a impedire la decadenza dei comitati che devono svolgere questo mestiere.
  Passiamo alla riorganizzazione del Ministero a seguito della riduzione della dotazione organica. Sapete che l'attuazione delle disposizioni della spending review ha determinato anche per il Ministero per i beni e le attività culturali la riduzione della dotazione organica, passata da 21.232 a 19.132 unità. Nell'ambito di tale complessiva riduzione si segnala, inoltre, che i posti di funzione dirigenziale generale sono passati da 29 a 23 e i posti di funzione dirigenziale non generale da 194 a 162.
  Come sapete, la riorganizzazione poteva partire nel mese di febbraio, ma non è stata avviata. Credo che abbiamo di fronte quasi tre mesi per attuarla. Il Ministero intende attuarla e non demandarla ad altri organi di governo e, quindi, si rende necessaria un'accurata ridefinizione dell'assetto organizzativo del Ministero in funzione dei tagli già apportati alla dotazione organica.Pag. 20
  In questa prospettiva nominerò un apposito gruppo di lavoro che procederà a indicare le proposte per un efficace assetto strutturale degli uffici, anche mediante la modernizzazione dei procedimenti e dei flussi informativi e amministrativi. È indispensabile, infatti, che l'elevata professionalità delle risorse umane del Ministero possa esplicarsi con piena funzionalità secondo moduli operativi agili e veloci.
  Vorrei concludere, se i presidenti me lo consentono, illustrando il metodo di lavoro che fino a oggi ho provato ad adottare. Ho molto coinvolto tutte le direzioni e le risorse del Ministero, perché credo che un vero cambio di passo, come vi ho detto all'inizio, che intenda mettere al centro dell'attenzione e della consapevolezza del nostro Paese la cultura non possa essere compiuto senza gli operatori che ogni giorno lavorano, secondo me, con grande capacità e con ottima professionalità all'interno di tutte le sedi del Ministero.
  Trovo importante che tutti loro siano coinvolti e, quindi, ho chiesto a ognuno di loro di farmi un quadro dei problemi in incontri collettivi che abbiamo tenuto. Ho ascoltato le priorità da parte di ognuno di loro. Ho steso questo documento tenendo conto dei loro suggerimenti e di quelle che, dal punto di vista di coloro che ogni giorno operano sui beni culturali, sono le priorità da mettere in campo. Credo che sia giusto aver scelto questo metodo, nel rispetto delle loro competenze.
  Con lo stesso metodo, se siete d'accordo, vorrei procedere con le due Commissioni, provando a rappresentare ogni volta i problemi, le urgenze e le priorità del Ministero e individuando insieme a voi le soluzioni.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringraziamo noi il signor Ministro per il tempo che ci ha dedicato oggi e per quello che ci dedicherà il 20 giugno, alle 13,30, salvo cambiamenti dell'ultimo momento, in cui ci sarà un ampio spazio dedicato al dibattito, cui seguirà la replica del signor Ministro.
  Ringrazio ancora il Ministro e anche tutti voi per aver partecipato a questa interessante seduta.
  Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta e dichiaro conclusa la seduta odierna.

  La seduta termina alle 14,50.