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XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 1 di Giovedì 6 giugno 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 

Audizione del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, sulle tematiche relative all'operatività dell'Agenzia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 3 
Magistro Luigi , Vicedirettore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 10 
Capezzone Daniele , Presidente ... 12 
Pelillo Michele (PD)  ... 12 
Petrini Paolo (PD)  ... 12 
Gutgeld Itzhak Yoram (PD)  ... 13 
Ruocco Carla (M5S)  ... 13 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 13 
Ginato Federico (PD)  ... 13 
Pesco Daniele (M5S)  ... 13 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 14 
Carbone Ernesto (PD)  ... 14 
Capezzone Daniele , Presidente ... 14 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 14 
Capezzone Daniele , Presidente ... 16 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 16 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 17 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 17 
Capezzone Daniele , Presidente ... 18 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DANIELE CAPEZZONE

  La seduta comincia alle 12.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, sulle tematiche relative all'operatività dell'Agenzia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, dottor Giuseppe Peleggi, che saluto insieme agli altri rappresentanti dell'Agenzia, l'ingegner De Santis, il dottor Magistro, il dottor Aronica e il consigliere Volpe.
  Do, quindi, la parola al Direttore Peleggi per lo svolgimento della sua relazione.

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Signor Presidente, saluto tutti i presenti e vi ringrazio dell'ospitalità. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha assunto questo nome a partire dal 1 dicembre 2012, in applicazione della legge 7 agosto 2012, n. 135, che ha previsto l'incorporazione dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato nell'Agenzia delle dogane. La fase di incorporazione e di fusione tra le due strutture è tuttora in atto e in continuo divenire, e presenta innovazioni positive, ma anche punti di criticità abbastanza forti, che in seguito illustrerò più compiutamente. Faccio questa breve premessa per spiegare il motivo per cui procederemo con una illustrazione che riguarderà le due aree che attualmente compongono la nuova Agenzia: da una parte, il ramo delle dogane e, dall'altra, quello dei monopoli.
  Iniziando dalla prima, ricordo che l'Agenzia delle dogane è nata nel 2001 e svolge tutte le attività di controllo, accertamento e verifica relative alla circolazione delle merci ed alla fiscalità interna connessa agli scambi internazionali. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli garantisce, nel complesso, entrate erariali dell'ordine di 75 miliardi di euro, di cui 53 relativi al comparto doganale e 22 derivanti dalle attività dell'area monopoli.
  Per quanto riguarda l'area dogane, essa ha il controllo degli scambi internazionali e della legittimità della circolazione delle merci in arrivo e in uscita, da e verso i Paesi extracomunitari. Oltre a questo svolge le attività extratributarie che riguardano la prevenzione e il contrasto di illeciti di varia natura quali la contraffazione, la violazione delle norme in materia sanitaria o di sicurezza, il traffico di armi, il contrabbando di stupefacenti o di beni del patrimonio culturale, il traffico illecito di rifiuti, nonché il traffico illecito di specie di animali e vegetali minacciate di estinzione, protette dalla Convenzione di Washington.
  La missione dell'autorità doganale è altamente complessa, perché il lavoro di Pag. 4interdizione, verifica e controllo, al di là della parte tributaria, deve essere eseguito in tempo reale. Il controllo in tempo reale apre alcune questioni, in quanto deve essere effettuato al momento del passaggio alla linea di frontiera, quindi negli spazi doganali, in ambito portuale e aeroportuale. Questo significa che le attività di controllo devono lasciare scorrere il flusso del commercio in modo adeguato, ma al contempo riuscire a selezionare in modo efficiente ed efficace i carichi da controllare.
  Occorre tenere presente che la nostra attività di controllo è in continua comparazione con le attività di controllo e con il livello di intervento delle altre dogane a livello internazionale, soprattutto in ambito comunitario. Ricordo spesso che noi siamo uno dei 27 portieri del «palazzo Unione europea». Gli altri 26 servizi doganali svolgono il proprio lavoro secondo le regole dettate dal Codice doganale comunitario, ma a tutt'oggi non esiste una piena armonizzazione in merito alle sanzioni o al comportamento relativo al livello di analisi dei rischi dei diversi doganali.
  Può accadere, pertanto, che la dogana disattenta attragga un maggior flusso di traffico commerciale, con la conseguente possibilità di favorire la crescita del bacino portuale, il che pone ulteriori problemi. Infatti, tale atteggiamento innanzitutto finisce per attrarre commerci illeciti e pone problemi ancora più seri, laddove sono ancora sviluppati il settore produttivo secondario e la manifattura. Inoltre, laddove vi è entrata di merci sottocosto, in quanto sottofatturate o addirittura contraffatte, si pone anche un problema di caduta del livello industriale e, conseguentemente, del livello occupazionale di quel Paese, e non si dà ritorno agli investimenti che sono incorporati nel prodotto originario delle nostre imprese.
  Quindi, in questo senso, l'analisi accurata e selettiva dei rischi e una buona attività di controllo contribuiscono a non mettere in atto quel protezionismo industriale che in passato era affidato alla dogana, ma costruiscono, invece, una rete di protezione per la sana imprenditoria nazionale e comunitaria. È evidente che le sensibilità dei diversi Paesi comunitari rispetto a simili problematiche sono difformi: vi sono Paesi che hanno una vocazione storica più ampia e più robusta per la commercializzazione di prodotti e Paesi che, viceversa, hanno una tradizione industriale molto più sviluppata, per cui sono molto più forti sul piano manifatturiero o hanno molti brand da tutelare che richiedono, quindi, un'attenzione più forte.
  A livello comunitario il dibattito sui livelli di attenzione è molto approfondito e si sviluppa lungo ampie direttrici. Si pensi, ad esempio, alla questione della tutela del made in. Vi sono Paesi le cui industrie multinazionali sono più sensibili al made by che al made in, perché la loro forza sta nel nome del brand e non nella localizzazione. Diverso è invece un Paese, come il nostro, dove la tutela del made in è più sentita, perché collegata a prodotti forse più tradizionali e non legati all'ambito tecnologico. Per fare un esempio, la Philips è più sensibile al made by, ma la camicia italiana è la camicia italiana, e non quella sammarinese o tedesca. Abbiamo, quindi, settori di produzione in cui lo stile, il design e quant'altro marcano in modo profondo il vantaggio comparativo con gli altri prodotti e le sensibilità dei Paesi comunitari sono diverse.
  In tema di made in esistono anche problemi nazionali. Nella relazione che abbiamo consegnato troverete l'evoluzione della normativa sulla tutela del made in Italy, un problema aperto e molto interessante, che lascio sullo sfondo di questa audizione, poiché non riguarda esclusivamente la Commissione Finanze. Peraltro, su questo aspetto vi è un problema anche in fase di controlli, visto che la normativa vigente in Italia consente di scavalcare il controllo doganale sulla fallace indicazione rispetto all'origine, novazione sulla quale abbiamo espresso il nostro parere contrario.
  Tuttavia, in attesa di una normativa armonizzata a livello europeo, vorrei segnalare che forse sul made in sarebbe stato preferibile tornare alla legislazione Pag. 5precedente che, anche considerando gli effetti dei nostri controlli, ci consentiva di effettuare controlli sull'accesso di queste merci al momento di ingresso nella Comunità, in particolare nelle frontiere italiane, mentre oggi il rincorrere quelle merci nei depositi interni diventa molto più problematico. Dico questo solo per far capire quale sia l'ampiezza dell'impatto della legislazione sul comportamento e sull'attività che svolgiamo in merito ai controlli compiuti dalle dogane.
  Oggi l'area dogane comprende poco più di 9 mila dipendenti. Nell'ultimo decennio abbiamo ridotto di circa 3 mila unità la nostra compagine. Le funzioni operative sono svolte da 80 uffici delle dogane e da 175 sezioni operative, quindi, nel complesso, vi sono 255 uffici territoriali, cui si aggiungono 15 laboratori chimici, che attestano la qualità e classificano le varie merci.
  I nostri laboratori sono specializzati nell'analisi di tutte le merci che possono entrare nel Paese, in alcuni settori in modo molto specifico, e sono tra i migliori laboratori d'Europa. Hanno la certificazione europea per 500 determinazioni analitiche (ovvero le procedure chimiche necessarie all'analisi di ciascun tipo di prodotto) ed hanno, infine, la certificazione europea di rete di laboratorio. Negli ultimi anni abbiamo rilanciato l'attività dei laboratori, aprendola anche al settore privato, ed il servizio può essere reso anche al singolo cittadino. Questo è uno dei settori che abbiamo sviluppato nell'ambito delle dogane.
  Come sapete, l'area dogane era già stata interessata da una riforma organizzativa voluta dal Ministro Brunetta. Anche in quel caso avevamo proceduto con tagli profondi, fatti, però, a titolo di esempio e «per simpatia». Mi spiego: il bilancio dell'Agenzia delle dogane è finanziato dalla Commissione europea, che prevede un ritorno nel bilancio dello Stato pari a un quarto dei dazi percepiti nel Paese. Abbiamo, quindi, normalmente tra i 550 e i 600 milioni di euro l'anno che rientrano nel bilancio dello Stato per l'attività di «portiere», ovvero di controllo doganale che svolgiamo. Questa somma coincide, più o meno, con i costi dell'Agenzia. Sicuramente copre tutti i costi del personale; forse restano fuori 10-20 milioni di euro, ossia l'investimento che realizziamo ogni anno per la manutenzione, le innovazioni e la gestione del sistema telematico.
  L'utile dell'Agenzia risiede nel fatto che, parallelamente all'attività doganale, gestiamo le accise sui prodotti naturali soggetti a questa imposta, quindi garantiamo altri 35 miliardi di tributi allo Stato, con un'attività totalmente finanziata dalla Commissione europea attraverso la componente doganale. Questo potrebbe essere considerato, pertanto, l'utile in termini di attività. Nonostante ciò, anche se il bilancio si autofinanzia attraverso il sistema comunitario, abbiamo subìto la nostra parte di tagli, in alcuni casi anche molto severi, e sono emerse evidenti criticità.
  Peraltro, l'onorevole Oliaro, che vedo qui presente, conosce bene il porto di Genova e sa quante discussioni siano in corso per l'estensione ventiquattro ore su ventiquattro non dell'operatività del sistema doganale, che già lo è, ma del controllo fisico notturno nei porti. È evidente che si pone un problema, per una struttura che perde 300-400 persone l'anno a causa di pensionamenti, che non sono reintegrate da giovani, in ordine all'allungamento dell'orario previsto dalla normativa comunitaria (che è compresa tra le 8 e le 18) fino a coprire le ventiquattro ore in termini fisici, con una turnazione di notte per attrarre più traffici e fare i controlli notturni in porto.
  Non avere un ricambio generazionale, né una compensazione piena dei pensionamenti, fa sorgere un serio problema, fermo restando che saremmo pronti a fare il controllo ventiquattro ore su ventiquattro nei maggiori porti italiani e forse, in alcuni casi, sarebbe anche un fattore necessario per la competitività del Paese. Comunque, le criticità portuali restano, perché c’è, per esempio, il problema del facchinaggio notturno, dello spostamento macchine, dei gruisti e così via, in quanto il blocco notturno di un porto non riguarda solo la dogana.Pag. 6
  In compenso, il nostro sistema telematico doganale è il primo d'Europa. La nostra è l'unica dogana comunitaria che possiede un sistema integrato che consente un'analisi dei rischi connessa alla dichiarazione doganale presentata. Questo aspetto è stato evidenziato anche l'anno scorso, quando è stata introdotta la nuova normativa di sicurezza a livello comunitario. All'epoca eravamo, infatti, l'unica dogana a gestire il sistema di controllo di sicurezza integrato con il controllo doganale e con la presentazione interamente telematica della dichiarazione doganale. Oggi in dogana meno dell'1 per cento del materiale è presentato con dichiarazioni cartacee e si tratta, peraltro, di una parte naturale, poiché riguarda gli arrivi extracomunitari via pacco postale verso i singoli cittadini. Tutto il resto viaggia, invece, sul canale telematico.
  Nel 95,8 per cento dei casi i tempi di sdoganamento sono compresi tra i 15 secondi e i 2 minuti. In pratica, nel momento in cui arrivano le dichiarazioni doganali, circa il 96 per cento di esse sono analizzate telematicamente e, se non presentano elementi di rischio, vengono lavorate entro 2 minuti. Questa attività sta emergendo in modo sempre più trasparente man mano che le analisi legate allo sportello unico doganale progrediscono. Infatti, con l'estensione dello sportello unico doganale sarà sempre più evidente l'identificazione dei «colli di bottiglia» rispetto allo sdoganamento delle merci in entrata e in uscita.
  Fino a pochi mesi fa, dietro ai tempi di sdoganamento si nascondevano molte altre attività che nulla avevano a che fare con il controllo doganale. In alcune situazioni qualcuno lamentava che il proprio container, arrivato magari da sei giorni, fosse tenuto fermo dalla dogana, ma non era la dogana che teneva fermo il container: il problema è che, finché non arriva la dichiarazione doganale, la dogana non può sdoganare. Simili tempi di attesa non erano, quindi, dovuti alla dogana, ma ad altri fattori come il controllo sanitario, che magari tenevano fermo il carico per tre giorni.
  Oggi l'integrazione dei sistemi mette in evidenza quali sono i tempi ed il sistema attuale reagisce con un controllo che, mediamente, su tutte le dichiarazioni, le quali sono 15,5 milioni, impiega i tempi sopra indicati, per cui circa il 96 per cento della merce è sdoganata entro 2 minuti. Sulla restante parte vi è un 2 per cento di controllo fisico e un 3 per cento di controllo documentale. Questa attività di controllo è perfettamente in linea con quella di altre dogane, ma – come potrete vedere dalla relazione – i livelli di attività in termini di sequestri effettuati sono molto più elevati da noi e questo non perché abbiamo i porti dei pirati rispetto agli altri del Mar del Nord, o a quelli spagnoli o a quelli greci, ma semplicemente perché abbiamo un sistema di analisi dei rischi un po’ più efficace, essendo costruito, in termini di processo, all'interno del sistema telematico.
  Altre attività che svolgiamo con il nostro sistema telematico riguardano le dichiarazioni IVA intracomunitarie, che sono più di 45 milioni e completamente telematizzate, e 1,7 milioni di dichiarazioni accise, rispetto alle quali il sistema telematico è in via di completamento. Tutto questo ha dato una forte spinta ai nostri imprenditori ed ha in molti casi agevolato le esportazioni.
  Inoltre, sono state intraprese altre attività, come la certificazione degli operatori economici autorizzati, per cui l'impresa che si sia assoggettata su base volontaria ad un audit doganale di impresa può ottenere una serie di benefici, tra cui una riduzione, fino al 90 per cento, dei controlli cui potrebbe essere soggetta perché appartenente ad un determinato settore e che quindi presenta una certa probabilità di rischio.
  Tutte queste procedure consentono di allentare la fase di controllo laddove sappiamo a priori qual è il percorso virtuoso di una data merce e conosciamo i precedenti del soggetto esportatore o importatore. In tal modo si costruisce un bacino di informazioni, che ci può garantire circa l'affidabilità doganale del soggetto che effettua l'operazione di importazione o Pag. 7esportazione. Tutto questo serve perché, rispetto a una platea di 500 mila imprese che svolgono attività di commercio internazionale, riuscire a distinguere lo sconosciuto, il nuovo, quindi il potenziale frodatore, dagli operatori abituali e corretti, ci è particolarmente utile a livello di sistema.
  Sono applicati ulteriori parametri, di tipo soggettivo, derivanti dalla storia, dalle segnalazioni interne o di polizia giudiziaria o dalla necessità di tenere sotto controllo un particolare settore per l'emergere di ipotesi nuove, o anche semplicemente perché si stanno facendo dei «carotaggi» per capire se esistono nuove attività fraudolente non ancora conosciute. Allo stesso modo può accadere che profili soggettivi vengano inseriti sulla base di segnalazioni di altre dogane, comunitarie e non, dipendentemente dal tipo di traffico sul quale cerchiamo di intervenire. Per esempio, se riceviamo un messaggio da una dogana statunitense su ipotesi di traffico di sostanze legate a un problema di antiproliferazione, è evidente che in quel caso vengono inseriti profili ad hoc.
  Oggi il sistema comprende circa 7 mila profili, che richiedono una manutenzione continua. Non esiste una discriminazione territoriale, nel senso che il profilo non dipende dal fatto che riteniamo un certo porto più pericoloso dell'altro. Tuttavia, i livelli di controllo saranno più alti laddove vi siano maggiori probabilità legate all'origine delle merci che arrivano in porto, quindi è rilevante anche la composizione degli arrivi o delle partenze.
  In altri casi si svolgono campagne precise. Per esempio, se riceviamo un input dal Ministero dell'agricoltura per la tutela dell'olio extravergine d'oliva in esportazione, deve essere fatta una campagna di controlli sull'olio in uscita, attraverso l'utilizzo dei nostri laboratori chimici e di quelli della sanità. In molti casi, pertanto, l'innesco arriva anche da altre amministrazioni, per cui vi possono essere controlli atti a tutelare il prodotto italiano e il consumatore. Per esempio, se scoppia il caso aviaria, è importantissimo avere un sistema telematico che in 40 secondi di tempo può disporre il blocco, configurando un profilo sul sistema, per cui il minuto successivo in tutti i porti italiani si fermano gli arrivi di pollame. In pratica, da quel momento, il sistema blocca gli arrivi su tutte le frontiere italiane. Questo costituisce, dunque, un buon margine di sicurezza.
  Peraltro, come mostrano i casi di cronaca, le problematiche sanitarie provengono anche da altri Paesi comunitari. Potrei ricordare le mozzarelle blu tedesche e così via. In casi simili esistono, fortunatamente, la mappatura e la copertura territoriale del nostro sistema sanitario che, a quanto pare, in molti casi sono più efficienti di quelle dei Länder. Il nostro percorso di controllo rispetto alla salute del cittadino è fortemente integrato con il sistema sanitario. Inoltre, nell'ambito dello sportello unico che stiamo sviluppando per accelerare ulteriormente l'attività, stiamo lavorando con il Ministero della salute per eliminare ulteriori passaggi cartacei.
  Per esempio, l'interoperabilità consentirà di non presentare – come si faceva in Italia e come si fa ancora in altri Paesi europei – quei 4,5 milioni di documenti cartacei relativi alla non presenza di pelliccia di cane o gatto nei prodotti tessili. Si trattava di un obbligo abnorme. Per presentare questo certificato, che veniva rilasciato dal Ministero della sanità, l'operatore era costretto a presentarsi in dogana, mentre oggi questo certificato arriva direttamente nel sistema doganale dall'autorità sanitaria, che viene preallertata, e su richiesta dell'operatore che tratta quel tipo di merce. È evidente che questa modifica procedurale comporta, da una parte, forti risparmi anche per l'azienda, che non dovrà più presentarsi in dogana e, dall'altra, la sicurezza che il certificato presentato non è falsificato, in quanto proviene direttamente da un'altra amministrazione.
  Si pensi se questo sistema fosse applicato a tutti i 72 certificati che possono essere richiesti in dogana, ossia al caso dell'operazione più complicata che esiste in dogana. Infatti, in linea teorica possono essere richiesti 72 certificati, che riguardano 18 enti di appartenenza diversi e Pag. 8vanno dal Ministero degli interni al Ministero del commercio con l'estero, al Ministero dell'ambiente e al Ministero dei beni culturali. Entro l'anno completeremo il processo – come abbiamo già fatto nei due porti di Ravenna e Civitavecchia – in tutti i porti nazionali e gli aeroporti, dopodiché l'interoperabilità con gli altri enti ci consentirà di non far spostare le persone, facendo viaggiare solo le informazioni in modo più rapido.
  Credo che questo sia un obiettivo fondamentale per i nostri porti e per la possibilità di accogliere nuovi traffici in modo moderno. Il ragionamento è particolarmente importante in un Paese in cui i porti sono adatti alle crociere e meno al traffico mercantile. Abbiamo la fortuna di avere città che sono pezzi di storia, che nessun altro Paese ha, ma il loro sviluppo portuale è molto difficoltoso. Per esempio, è stato difficile costruire un retroporto a Genova e, alla fine, il retroporto di Genova è Rivalta Scrivia, che si trova in Piemonte. Invece a Shenzhen, in Cina, un villaggio di pescatori di una landa desolata è diventato il terzo porto cinese, con 120 gru per sbarcare i container – Genova, che è il nostro porto più grande, ne ha 18, tanto per darvi l'idea delle dimensioni – e un retroporto con milioni di container, per costruire il quale hanno spianato una montagna.
  Noi non possiamo fare questo, per fortuna. Dobbiamo, però, trovare tutti gli accorgimenti tecnologici per allungare le banchine, dobbiamo usare le banchine virtuali e fare in modo che, nell'ambito della merce che arriva in porto, tutto ciò che non richiede visita doganale o sanitaria sia immediatamente spedito all'interno del Paese. Questo significa regolarizzare tutto, tracciare il traffico autostradale e, ad esempio, evitare le code sull'autostrada di Genova, ma anche all'uscita del porto di Napoli. Significa dunque molto in termini di riduzione dei costi e di congestione. Dobbiamo escogitare un sistema per attrarre traffici e lavorarli in modo più efficiente, senza mai abbassare la guardia sulle problematiche legate alla sicurezza dei prodotti che entrano nella Comunità europea.
  Questo lavoro deve essere condotto anche a livello europeo, quando ci sarà il semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, con apposite proposte – rafforzando l'armonizzazione doganale sotto tutti gli aspetti e pretendendo che anche altri Paesi svolgano l'azione di guardia con un livello alto come il nostro, non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi, prestando un'attenzione maggiore. Non è un bene che vi sia un Paese con un unico grosso porto che attrae grandi quantità di merci sapendo che esse danneggeranno solo parzialmente la propria popolazione, in quanto saranno distribuite in tutta Europa. Mi riferisco, ad esempio, alle calzature per bambini che contengono cromo esavalente e piombo e ad altre scottanti problematiche.
  Negli ultimi dieci anni di attività antifrode abbiamo rilevato che, in molti casi, la merce di questo tipo entra con un livello sottofatturato. Uno dei criteri che usiamo è il livello di fatturazione al chilogrammo per determinati prodotti. Nella relazione che ho presentato vi è un grafico illuminante, a pagina 11, che riguarda il settore tessile cinese, ovvero gli indumenti di origine cinese arrivati in Italia. Partendo dal valore al chilo, che nel 2003 era di 5 euro, il grafico evidenzia che oggi in Italia si sdogana il tessile cinese a 22,48 euro.
  Parallelamente, molte quantità hanno cambiato destinazione, tuttavia non credo che abbiamo impoverito alcuni porti, quanto piuttosto che abbiamo eliminato il traffico non lecito. Un chilogrammo di t-shirt comprende 4 capi, quindi non possono essere sdoganate a 2 euro al chilo. Infatti, dalle rilevazioni che abbiamo fatto, attraverso un rapporto con le industrie e con le associazioni tessili italiane che conoscono i valori della produzione in Cina, abbiamo stabilito che non è quello il valore di un chilogrammo di tessile. Ciò significa anche che queste merci considerano la dogana l'unico momento fiscale che incontreranno, dopodiché andranno a Pag. 9fare concorrenza sleale nei mercatini, spiazzando i produttori comunitari. In più, presumibilmente, si tratta di merce che viaggia con un livello alto di contraffazione, cosa che abbiamo, peraltro, riscontrato. In molti casi, inoltre, è colorata con tinture che contengono piombo e cromo esavalente, con livelli anche 3 o 4 volte superiori a quelli indicativi comunitari.
  Dico questo perché, mentre, negli ultimi anni, in Italia sulle contraffazioni abbiamo sviluppato norme molto severe (il reato di contraffazione è attenzionato a livello di Direzione nazionale antimafia e si potrebbe dire che manca solo la pena di morte), a livello di sicurezza del prodotto non esistono parametri stabiliti dalla legge nazionale, quindi il parametro che usiamo per sequestrare migliaia di scarpette per bambini o altri prodotti è quello previsto dalla normativa tedesca, che stabilisce quanto cromo esavalente o piombo sono ammessi nella tintura delle calzature. Si tratta di materie cancerogene. Lascio, quindi, sul tappeto un'altra considerazione che va in parallelo con quella sul made in. Infatti, se ragioniamo delle calzature per bambini, dobbiamo considerare che uno dei distretti forti delle calzature infantili era quello marchigiano, che dobbiamo tutelare anche in questo modo. Occorre dunque tutelare i bambini dall'indossare calzature nocive, ma anche la nostra produzione di qualità e la nostra occupazione nazionale.
  Questa attività di connessione con le autorità portuali e con le associazioni imprenditoriali per la tutela dei prodotti – come vedete nella relazione abbiamo fatto un memorandum d'intesa sulla tutela dalla contraffazione e sulle indicazioni fallaci con 38 associazioni industriali, da Assogiocattoli, a Confindustria a Confapi e alle varie derivazioni – è supportata e sviluppata attraverso una forte attività internazionale. Infatti, negli ultimi sei anni abbiamo ottenuto l'assegnazione di 37 gemellaggi a livello comunitario. Si tratta di gare comunitarie che riguardano, in molti casi, progetti doganali di assistenza ad altri Paesi. Siamo la dogana più rapida nella costruzione di progetti e gemellaggi rispetto alle altre dogane comunitarie, cosa che ci ha consentito di ottenere un compenso di 35 milioni di euro in questi anni e quindi di sviluppare attività di congiunzione amministrativa con queste dogane.
  Al momento vi sono alcuni gemellaggi ancora aperti, tra i quali quello con la dogana libica, dal 7 febbraio dell'anno scorso. Peraltro, è stato molto importante collegarci immediatamente con la nuova dogana libica perché, come sapete, c'era un problema rispetto alla possibilità di ricominciare ad avere l'afflusso in importazione di petrolio e gas. Ciò dimostra che l'attività dell'Agenzia delle dogane deve essere anche quella di riprendere immediatamente i contatti in alcuni contesti per rendere possibile il rinnovamento delle importazioni e delle esportazioni.
  In questo ambito stiamo svolgendo una forte attività con i Paesi del nord del Mediterraneo in generale. Infatti, i Paesi del Maghreb (Marocco, Egitto e così via) sono in crescita e devono essere oggetto di attenzione come potenziali partner commerciali dei nostri porti. Un'altra parte di attività molto incisiva è, invece, svolta nei Balcani. Sia in quella zona, sia nei Paesi del Nordafrica che si affacciano sul Mediterraneo abbiamo avviato un gruppo di lavoro, di cui siamo capofila per rapporti a tutto tondo, che riguarda, nei Paesi balcanici, il contrasto a traffici di sigarette e armi o alla contraffazione, oppure il sostegno, nel caso della dogana libica, alla ricostruzione dell'analisi dei rischi e la gestione della frontiera doganale, nello specifico nella zona di Tripoli, intorno al porto e all'aeroporto. Una parte del nostro personale è, quindi, impegnato in questi progetti.
  Queste attività sono finanziate dalla Commissione europea, avendo noi vinto un'apposita gara. L'attività è svolta anche in altri ambiti, per esempio in Moldova per il controllo della Transnistria rispetto al porto di Odessa. Ci sono, dunque, diversi fronti aperti. Come ho già detto, attualmente abbiamo personale in Libano che sta collaborando con la dogana libanese e si sta aprendo un nuovo punto di Pag. 10contatto con la dogana turca. Infatti, dopo il terzo gemellaggio, i turchi hanno chiesto la nostra collaborazione, sempre sotto l'egida del Ministero degli affari esteri e della Commissione europea, per il controllo della frontiera di Kilis con quella che forse sarà la nuova Siria. Manderemo, quindi, nostro personale che, insieme a quello della dogana turca, gestirà la frontiera in previsione dell'istituzione di un punto di passaggio che potrebbe diventare tristemente frequentato.
  In sostanza, abbiamo una ragnatela di ulteriori attività che riguardano il fronte internazionale, sicché questa amministrazione deve confrontarsi necessariamente e quotidianamente con le altre dogane. In alcuni casi la ripresa dei rapporti commerciali implica una notevole velocità di accordo con l'altra dogana, come nel caso libico, con la quale anche la dogana francese era interessata a ricostruire un rapporto. In casi simili arrivare prima significa riprendere per primi i rapporti commerciali con un Paese ed anche questa è un'attività che la dogana deve necessariamente svolgere, cosa che stiamo facendo in modo vivace.
  Nei Balcani stiamo curando per la prima volta uno scambio di informazioni tra la Serbia e il Kosovo. La Commissione europea ci ha garantito il finanziamento dell'attività di raccordo tra i due Paesi proprio perché era l'unico tavolo in cui essi si parlavano in modo aperto. Abbiamo concluso questo accordo un mese fa a Roma. Ho fatto io da garante tra le dogane dei due Paesi e lo scambio di dati avverrà con strumentazioni italiane. Questo è considerato un forte passo in avanti e di distensione in un'area in cui un Paese non riconosce l'altro. In quel contesto, arrivare a uno scambio di dati significa almeno riconoscere che esiste una frontiera, quindi ciascuno dei due sta riconoscendo un assetto che si tende a stabilizzare, ma non si tratta di un'area semplice. In molti casi, dunque, la dogana deve svolgere anche questi compiti, naturalmente in collegamento con il Ministero degli affari esteri e quant'altro.
  Nella relazione troverete alcuni cenni anche su tutte le attività antifrode svolte in rapporto con la Direzione nazionale antimafia e con le altre di forze di polizia. Terminerei, quindi, la parte sulle dogane e lascerei al Vicedirettore Magistro l'illustrazione dei profili relativi ai Monopoli, se non altro perché è entrato qualche mese prima di me in questa attività. Per quanto mi riguarda, dal 1 gennaio ho compiuto lo sforzo di occuparmi dell'organizzazione dei Monopoli, più che della loro attività diretta, della quale, ovviamente, sono comunque responsabile, ma l'impegno maggiore è stato quello di assorbire l'impatto della fusione, scongiurando effetti devastanti sull'una e sull'altra Agenzia.

  LUIGI MAGISTRO, Vicedirettore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Buongiorno anche da parte mia. Come ha accennato il Direttore Peleggi, l'area monopoli è nata all'indomani dell'incorporazione, il 1 dicembre scorso, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato nell'Agenzia delle dogane, con la creazione di un'unica entità, che è, appunto, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli.
  L'incorporazione è stata un'occasione importante per procedere ad una riorganizzazione dell'anima monopoli della nuova Agenzia. Si è colta, quindi, questa occasione per avviare una riorganizzazione che, a stretto giro, proprio all'indomani dell'incorporazione, ha già riguardato le strutture centrali dell'area monopoli. In estrema sintesi, la riorganizzazione è consistita soprattutto in un forte potenziamento dell'attività di governance in materia di controlli per quanto riguarda i comparti dell'area monopoli e della parte normativa – soprattutto quella che attiene alla regolazione che, come vedremo, è uno dei compiti più importanti di questa area in materia di giochi – e per quanto riguarda anche il supporto legale.
  L'area monopoli si occupa di due temi, ahimè, scottanti. Il Direttore Peleggi ricordava come, egli da qualche mese, e io da qualche tempo in più, siamo entrati in contatto con due comparti molto delicati e particolari, che richiedono davvero una Pag. 11presenza forte e impegnata dello Stato, perché su di essi emerge una serie di problematiche che immagino tutti voi ben conosciate, sia per cultura generale, sia per quanto molto spesso viene recentemente messo in risalto a livello mediatico. Mi riferisco, ovviamente, al mondo del tabacco e a quello dei giochi. Si potrebbe dire che, tolti altri vizi, i principali sono quelli che siamo chiamati ad amministrare noi, con un compito di particolare responsabilità e secondo le regole del nostro ordinamento giuridico.
  In sintesi, amministrare i tabacchi da parte dell'area monopoli significa occuparsi, in primo luogo, delle entrate fiscali collegate alla vendita dei tabacchi lavorati (sigarette, sigari, trinciati e via dicendo). Questo è un profilo molto rilevante nella gamma delle entrate erariali, perché tra accisa e IVA, che gravano sui tabacchi lavorati, registriamo entrate dell'ordine dei 14-15 miliardi di euro. Come ben comprenderete, si tratta di una voce rilevante nel panorama complessivo delle entrate fiscali del nostro Paese. L'area monopoli si occupa, dunque, di garantire il regolare introito di questa importante voce di tributi, rappresentati, per l'appunto, dall'accisa e dall'IVA sui tabacchi lavorati.
  Sempre in materia di tabacchi vi è un'altra funzione molto importante, ovvero la garanzia della sicurezza di un prodotto che ha le particolarità che tutti conosciamo, anche in termini di nocività. L'area monopoli garantisce che i prodotti rispondano a determinate regole igieniche e di confezionamento ed inoltre assicura che, attraverso analisi effettuate da un laboratorio che si trova presso la stessa area monopoli, venga esplicitato, come previsto dalla normativa, sulle confezioni di questi prodotti il contenuto di alcune sostanze, ed in particolare il grado di nocività.
  Pertanto, vengono svolte delle analisi e si garantisce che su ciò che viene venduto siano indicate esattamente le componenti, tra cui anche ovviamente quelle dannose, presenti in questo tipo di prodotti. Tra l'altro, attraverso un'attività di controllo – andando a reperire nelle rivendite i prodotti in questione – si fanno ulteriori analisi anche per assicurarsi che tutto ciò che circola in commercio risponda alle analisi che sono state preventivamente effettuate.
  Il terzo profilo rilevante in materia di tabacchi – qui viene in gioco il monopolio di Stato – è la distribuzione al dettaglio. Oggi nel nostro Paese esiste un monopolio di Stato per quanto riguarda la vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati, quindi lo Stato concede a dei rivenditori (ai tabaccai che tutti conosciamo e ad altre tipologie di rivendite particolari) concessioni e autorizzazioni per la vendita di questi prodotti. Sottolineo, anche in questo caso, l'importanza di un circuito controllato. Vi sono oltre 58 mila punti vendita proprio a garanzia della regolarità della commercializzazione di questi prodotti, che hanno le particolarità prima citate. Questo è il mondo dei tabacchi.
  Passiamo ora al mondo dei giochi. Il secondo importante comparto di cui si occupa l'area monopoli è quello dei giochi, perché in questa materia il monopolio statale è a tutto tondo. Nel nostro Paese è vietato esercitare attività di gioco che presuppongano vincite in danaro o altri tipi di premi, se non a favore dello Stato. Pertanto, solo lo Stato può esercitare questa attività. La logica sottostante all'istituzione del monopolio di Stato in materia di giochi è quella di assicurare, in un altro comparto delicatissimo quale quello del gioco con vincita, un presidio istituzionale a garanzia di chi gioca ed anche dell'impossibilità, per interessi criminali, di infiltrarsi in un settore che, dal punto di vista della fede pubblica, ha il risalto che tutti ben comprendiamo.
  Nel comparto dei giochi, dunque, come viene esercitato questo monopolio ? Ci sono giochi per i quali lo Stato mantiene il monopolio e quindi esercita il gioco, ma dà in gestione, attraverso una formula concessoria, la parte materiale di erogazione dello stesso. Il tipico esempio è il Lotto, in cui il banco è lo Stato e dunque il rischio sottostante ad ogni esercizio di gioco rispetto al pagamento delle vincite che dovessero derivare ricade sullo Stato, Pag. 12con la conseguenza che, se qualcuno sbanca, ossia vi è una grandissima vincita, questa deve essere pagata dallo Stato. Dico questo per far comprendere la peculiarità rispetto ad altre situazioni.
  Lo stesso accade per il Superenalotto. Vi sono poi altri giochi per i quali, a suo tempo, è stata fatta la scelta del modello concessorio, quindi non è lo Stato che assume il rischio e che esercita il gioco, bensì è compito dei concessionari. Per fare gli esempi più conosciuti, si tratta degli apparecchi di intrattenimento, altrimenti conosciuti come slot machine, del Bingo, delle scommesse, delle forme di gioco on-line e così via.
  Di recente, come già ho accennato, il mondo del gioco è stato oggetto di una notevolissima attenzione per diversi motivi, in quanto negli ultimi anni ha vissuto effettivamente un momento di espansione, anche per scelte ben precise, a livello normativo, di allargamento del cosiddetto «portafoglio» dei giochi. Una decina di anni fa esistevano solo i giochi che possiamo definire tradizionali e che ho citato prima, come il Lotto e il Superenalotto, che troviamo in tutto il mondo ed appartengono, per l'appunto, alla tradizione. A fronte di poche tipologie di giochi, circa una dozzina di anni fa, è stato intrapreso un allargamento che – vi risparmio i vari passaggi – oggi ha portato a coprire una gamma vastissima di tipologie, tanto che, tolti i giochi che presuppongono un'interazione diretta e fisica tra giocatori, come il poker o altri giochi di carte giocati fisicamente tra persone, mi sentirei di dire che il portafoglio dei giochi esistenti nel nostro Paese è veramente uno dei più vasti e completi a livello internazionale.
  È chiaro che questa espansione ha portato una serie di problematiche nel comune sentire, anche perché è diventato un business di rilevante portata. Da questo punto di vista, vorrei citare alcuni dati in modo molto sintetico: nell'ultimo triennio c’è stato un incremento di raccolta molto ingente di diversi miliardi di euro, ma, al tempo stesso, una spesa che complessivamente si assesta intorno ai 17 miliardi. Questa è una panoramica generale. Resto a vostra disposizione per rispondere ad eventuali domande più specifiche.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Direttore Peleggi e il Vicedirettore Magistro anche per il carattere illustrativo di queste introduzioni. Peraltro, avremo modo di rivederci molto presto, perché torneremo sulla materia quando affronteremo il progetto di legge recante la riforma del sistema fiscale e dovremo affrontare la macroquestione del regime binario o meno.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MICHELE PELILLO. Ho apprezzato molto le relazioni. Vorrei porre due domande secche. In primo luogo, vorrei sapere, a sette mesi di distanza, quale significato sta assumendo la fusione dei comparti delle dogane e dei monopoli. Stiamo risparmiando, visto che questo fu uno dei motivi che spinse il legislatore a proporre questa fusione ? La prima domanda, dunque, è se l'obiettivo di spending review è stato colto e se la macchina amministrativa è più efficiente dopo l'accorpamento.
  La seconda è un po’ più specifica. Mi incuriosisce, infatti, conoscere un dettaglio: ho capito molto bene che il livello dei controlli all'interno dei Paesi dell'Unione europea non è uniforme, quindi si tende a renderli più omogenei, ma all'interno del nostro Paese lo standard è omogeneo, oppure ci sono porti in cui i controlli sono maggiori ed altri in cui sono effettuati in modo diverso ?

  PAOLO PETRINI. Ieri il Ministro Zanonato, nell'audizione dinnanzi alle Commissioni Attività produttive di Camera e Senato, ha rilanciato il tema del commercio con l'estero, visto che le esportazioni sono l'unica leva su cui possiamo contare in questo momento. Siccome le nostre esportazioni che hanno maggior appeal all'estero sono proprio quelle più soggette ai fenomeni di contraffazione – visto che, Pag. 13di fatto, vendiamo la nostra differenza – vi è un dibattito, oramai addirittura archeologico, con l'Unione europea di cui non veniamo ancora a capo.
  Come ricordava il Direttore, sono migliorati molto i controlli. Tuttavia, vi sono diverse associazioni, in particolare agricole, oltre che artigianali, che manifestano molto di frequente l'esigenza di intervenire con norme di carattere nazionale che, nel frattempo, rendano maggiormente efficace l'azione dell'Agenzia delle dogane e di tutti gli attori che sono coinvolti in questo tipo di controlli. La mia domanda è: pensa che vi sia uno spazio normativo nazionale ancora da esplorare – naturalmente oltre alla maggiore efficacia in termini di operatività – che possa consentirci di combattere meglio il fenomeno della contraffazione ?

  ITZHAK YORAM GUTGELD. Vorrei porle un paio di domande che riguardano il tema dell'evasione, che è stato anche oggetto di alcuni rilievi generali da parte della Corte dei conti, non riguardanti necessariamente la vostra organizzazione. Dalla relazione che ci avete consegnato vedo che in questi anni si è registrato un aumento dell'accertato. Avrei, quindi, due domande specifiche: quanto di questo accertato viene effettivamente incassato ? Questo aspetto mi interessa, perché ho visto nei dati della Corte dei conti che, in realtà, solo una parte piccola viene poi riscossa. Inoltre, mi sembra interessante che abbiate ridotto il numero di controlli, aumentando, però, molto la rimuneratività per controllo, ma vorrei capire qual è la strategia e se vi sia una logica dietro tutto questo.

  CARLA RUOCCO. Vorrei fare una domanda al dottor Magistro. Come vedrebbe il superamento dei concessionari come intermediari nel gioco da slot machine ? Le macchinette, infatti, potrebbero essere collegate direttamente con il server Sogei. Questo ottimizzerebbe anche i ricavi per lo Stato ? Inoltre, in termini di evasione fiscale, potrebbe essere una maggiore garanzia ?

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Vista l'espansione del mercato delle sigarette elettroniche, vorrei sapere se l'Agenzia ha già una stima riguardante il mancato gettito derivante dall'utilizzo dei filtri con nicotina utilizzati per le esig. Inoltre, vorrei sapere se esistono calcoli riguardanti le future proiezioni di mancato gettito, visto che questo mercato è fortemente in espansione e che la tassazione applicata su tali prodotti è uguale a quella di qualsiasi prodotto commerciale, quindi estremamente inferiore rispetto a quella prevista per le normali sigarette di tabacco.

  FEDERICO GINATO. Vorrei rivolgere una domanda al dottor Magistro sugli ultimi dati che emergono dal Bollettino delle entrate tributarie, nel quale si evince che le entrate derivanti dai giochi stanno calando in maniera preoccupante, nonostante l'espansione delle giocate. Nel mese di marzo 2013 sui tabacchi si è registrata una riduzione del 5 per cento, sui proventi del Lotto una riduzione dell'1,4, sui proventi delle attività di gioco un calo del 39 per cento e sugli apparecchi e congegni di gioco un calo del 50 per cento. Vorrei capire le ragioni di questo calo.

  DANIELE PESCO. Vorrei fare una domanda riguardo alle dogane. Il Direttore dell'Agenzia ci ha dato alcuni consigli per tutelare il made in Italy. In particolare, ha proposto di migliorare la richiesta di requisiti per i prodotti in ingresso e di cercare di modificare la normativa comunitaria che ci impedisce di fare – se ho capito bene – i controlli all'interno della dogana. Ecco, le chiederei di specificare meglio questi aspetti, che non mi sono molto chiari. Inoltre, le chiedo se ha altri suggerimenti per contrastare i fenomeni che danneggiano il nostro made in Italy.
  Invece, per quanto riguarda i monopoli, vorrei chiedere perché viene svolto il controllo anche da parte della SIAE sulle slot machine. Siamo d'accordo che su questo tipo di gioco il controllo debba essere efficace e puntuale, ma ci chiediamo perché sia proprio la SIAE ad essere coinvolta, visto che i Carabinieri, la Guardia di Pag. 14finanza, la Polizia locale e la Polizia di Stato hanno già il compito di vigilare.

  GIOVANNI PAGLIA. Vorrei fare una domanda al Direttore dell'Agenzia delle dogane. Prima ha accennato al fatto che le attuali regole sull'assunzione di personale penalizzerebbero l'operatività dell'ente. Le chiedo, quindi, se è in grado di quantificare, anche in termini di maggiori servizi resi, di quanto potrebbe migliorare la funzionalità del servizio di dogana qualora il personale fosse adeguato dal punto di vista quantitativo.
  La seconda domanda riguarda l'integrazione tra dogane e monopoli. In particolare, vorrei sapere se, sotto il profilo della dotazione organica, si siano riscontrati miglioramenti e possibilità di effettiva riorganizzazione o se, invece, l'accorpamento sia stato ininfluente.

  ERNESTO CARBONE. Innanzitutto vi ringrazio per la vostra disponibilità. Vorrei porre una domanda riguardo all'Agenzia delle dogane. Lei, Direttore, ha usato una bellissima frase quando ha detto che siamo una delle 27 porte d'Europa. Dai dati che ci ha fornito si evince che funzioniamo abbastanza bene. Vorrei quindi sapere se ci sono, quotidianamente, azioni di coordinamento con le restanti 26 porte d'Europa, soprattutto nel settore che conosco meglio, ossia quello dell'agroalimentare e dell'agricoltura, nel quale vi sono ingressi non controllati di prodotti da Paesi terzi che creano numerosi problemi alla nostra agricoltura di qualità.

  PRESIDENTE. Vorrei porre una breve domanda sull'area monopoli, in particolare riguardo al tabacco e soprattutto ai giochi. Dopo un decennio in cui abbiamo avuto, tra luci e ombre, un incremento positivo dell'area della legalità e della legalizzazione, e una restrizione di quella dell'illegalità e della clandestinità, vi chiedo quali segnali avete, soprattutto in relazione all'ultimo biennio, in merito alla riespansione degli spazi di illegalità. Inoltre, vorrei sapere quanto un uso male accorto della leva fiscale possa favorire la parte sbagliata.

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Inizio dalla questione più semplice. In merito allo standard dei controlli, nel nostro sistema, che seleziona controllo automatizzato, controllo fisico, controllo scanner e controllo documentale, non esiste una variabile territorio, cioè non consideriamo più rischioso il porto di Gioia Tauro rispetto a quello di Napoli, Genova o La Spezia. È vero però che, se il sistema ha la capacità di apprendere, sulla base della frequenza delle violazioni accertate anche da altri Paesi, se alcuni fattori precisi legati a un certo carico (l'origine, il valore, la provenienza, la destinazione della merce e così via) danno una probabilità più elevata di rischio di frode, e se i carichi a maggior rischio si concentrano in un certo porto, il risultato sarà che quel porto avrà un livello di controllo leggermente superiore. Questo mi pare evidente.
  Cito un esempio fra tutti: se cerchiamo la droga, nello specifico la cocaina, è evidente che il porto che ha più carichi diretti provenienti dal Sud America sarà più controllato rispetto agli altri per il settore droga. Il sistema lavora utilizzando tutti i parametri insieme, quindi seleziona i vari settori di controllo. Detto questo, non esiste una variabile che distorce il traffico, aiutando un particolare porto italiano. Questo, peraltro, non ci sarebbe consentito. A ogni modo, mi auguro che possiate venire in visita presso l'Agenzia per vedere come opera il sistema in tempo reale.
  Riguardo, invece, alla fusione, mi ero già espresso nella scorsa legislatura presso la Commissione Finanze, durante un'audizione svoltasi proprio con riferimento alla norma che l'ha prevista. Ebbene, come dissi allora, la fusione non è a costo zero. Oggi è a costo zero perché continuiamo a mantenere due aree distinte, ossia un'area dogane e un'area monopoli.
  Inoltre, storicamente, il personale delle dogane guadagna leggermente di più del personale delle altre agenzie. Ciò è dovuto a vari motivi, uno dei quali forse risiede nel fatto che esso è maggiormente legato al controllo in tempo reale e al passaggio di Pag. 15valori in tempo reale, ragion per cui veniva compensato con un emolumento in più. Un altro motivo può essere che l'attività di controllo è svolta all'esterno, quindi vi è un'attività al porto da svolgere anche nei giorni di pioggia e così via. Esiste, dunque, un sistema di strutturazione e di retribuzione che ha portato il personale doganale a guadagnare qualcosa in più.
  Oggi ci troviamo, quindi, a realizzare una fusione con 2.400 persone che guadagnano di meno e 9 mila che guadagnano qualcosa in più. Tuttavia, le graduatorie, le classificazioni e l'organizzazione statale sono le stesse e i livelli sono i medesimi, il che significa che non possiamo organizzare una stessa funzione-attività personale che ha retribuzioni diverse, pur avendo compiuto, di fronte allo Stato, lo stesso percorso, attraverso il superamento di un concorso pubblico e così via. Questo è un grosso vincolo che abbiamo rispetto alla fusione.
  Tutta l'attività in questi sette mesi si è svolta su un altro fronte, molto complesso. In sostanza, è stata smantellata un'azienda autonoma, che era tale perché svolgeva, storicamente, un'attività anche produttiva, ovvero la manifattura di tabacco, mentre oggi la manifattura è solo un piccolo residuo, consistente principalmente nella gestione dei depositi.
  Per fare un esempio, per quanto riguarda il gioco del lotto, il fatto di essere un'azienda autonoma comportava che avesse un bilancio autonomo, distinto e parallelo rispetto al bilancio dello Stato, anche per evitare il rischio che l'estrazione, al gioco del Lotto, del numero 47 sulla ruota di Cagliari sbancasse il Lotto stesso, rendendo necessaria una copertura direttamente da parte del bilancio dello Stato. L'azienda aveva dunque un fondo e un sistema propri. Oggi, per ovviare a questo problema, abbiamo dovuto costruire diverse contabilità speciali, cioè studiare immediatamente un nuovo sistema contabile che non sospendesse l'attività, né l'introito, e garantisse le entrate dovute allo Stato senza fermare le macchine. Devo dire che è stato un lavoraccio in termini di contabilità pubblica.
  Oggi tutto è stato travasato in un bilancio civilistico, che è un bilancio da agenzia. Stiamo procedendo con un bilancio unificato dell'area dogane e dell'area monopoli, nel senso che i capitoli di bilancio di un'azienda autonoma sono stati ricostruiti nell'ambito del bilancio di un ente pubblico non economico. Oltre a questo, stiamo ristrutturando tutta l'organizzazione interna, è stato costituito un ufficio legale e contenzioso, diretto dal consigliere Volpe, nonché un ufficio accertamenti. Lo ripeto: stiamo ristrutturando il comparto.
  Il primo limite di questa fusione è la questione del differenziale retributivo per cui, se oggi, a freddo, dovessimo fare il travaso immediato, il costo sarebbe quello che ho dichiarato l'anno scorso, cioè circa 10 milioni di euro all'anno. Questo significherebbe garantire a tutti i dipendenti dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la medesima retribuzione mensile, a parità di livello e funzioni. Questo è il costo. È evidente, però, che oggi è difficile fare questa operazione.
  Oltretutto, a monte, dovremmo decidere cosa vogliamo e quale dimensione vogliamo avere. Il mio pregiudizio potrebbe essere di impostare la parte monopoli esattamente come un'agenzia. Tuttavia, è proprio così che vogliamo procedere ? Occorre, forse, lottare contro questo pregiudizio, perché non possiamo costruire una struttura a matrioska, a prescindere dal tipo di attività che svolge. Dobbiamo prima comprendere – insieme spero, perché non posso capirlo da solo, né deciderlo – quale sarà l'attività che ci si aspetta dal regolatore di quel settore.
  Per esempio, se deve essere un’authority di regolazione, forse 2.400 persone sono troppe e può darsi che ne bastino 500, strutturate con un forte ufficio legale e un ufficio studi. Questo, però, sarebbe un altro meccanismo. Pertanto, dobbiamo prima ripensare il settore per capire quale debba essere la dimensione della struttura, dopodiché si può lavorare. Tutto quello Pag. 16che siamo riusciti a fare fino ad oggi ha sicuramente snellito l'operatività e forse portato vantaggi in termini di risparmi, tuttavia occorre prendere una decisione a breve termine.
  Come si può vedere nel programma presentato, anche in relazione ai tagli, perderemo sei posizioni dirigenziali di vertice nei prossimi due anni, di cui una entro l'anno per il settore monopoli nell'area organizzazione e personale. Ecco, sguarnire quell'area significa molto. Dove collocare quelle persone ? Come utilizzarle ?

  PRESIDENTE. Le chiedo, se è possibile, di essere più breve.

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Riguardo ai maggiori diritti accertati siamo a 1,7 miliardi di euro. Nell'anno, l'incassato corrisponde normalmente alla metà, ma deriva dall'accertamento compiuto negli anni precedenti. Come sapete, c’è una scalettatura. Normalmente, in materia di accise, l'incasso è molto più vicino all'accertato perché è un settore in cui subito si applicano norme penali, quindi non c’è possibilità di pagare subito, alleggerire il carico o contrattare delle sanzioni. Non ci possono essere ravvedimenti. È un settore molto rigido e le procedure sono armonizzate a livello comunitario, dunque si accerta e si incassa.
  Tra l'altro, nei contenziosi tributari abbiamo la più forte percentuale di esiti positivi a vantaggio dell'amministrazione. Siamo su livelli ormai ottimi, intorno all'82 per cento, e la stessa relazione della Corte dei Conti certifica questa situazione. Devo dire, infatti, che l'Agenzia è ben strutturata in fase di contenzioso. Quindi, il miglioramento che c’è stato negli ultimi anni, grazie al quale in tre anni siamo passati da 1 a 1,7 miliardi di accertato complessivo, è reale. Tuttavia, è anche vero che l'area di frode sta aumentando, in via generale, evidentemente anche per effetto della crisi. Mi sembra, in questo senso, di aver fornito una risposta.
  In ordine alla domanda, formulata dall'onorevole Carbone, sull'agricoltura e sul settore controlli, il lavoro che stiamo svolgendo – come affermato anche da Coldiretti, Confagricoltura ed altri – è molto importante e riguarda la tutela dei nostri migliori prodotti nei due sensi. Per esempio, due mesi fa ho cominciato a costruire un «corridoio verde» con la Russia, con la quale stiamo discutendo dei vincoli all'entrata per i nostri prodotti alcolici, che sono normalmente osteggiati da un certo atteggiamento della dogana russa. Stiamo, quindi, concludendo questo accordo e, poiché è un settore in crescita in quel Paese, lavoriamo per questo.
  Sul pomodoro Sammarzano nella relazione abbiamo indicato le attività che abbiamo messo in atto. Fortissima è anche l'attività che stiamo conducendo a tutela dell'olio, atteso che esistono questioni abbastanza evidenti di «nazionalvestizione» di prodotto estero, quindi lavoriamo con le associazioni del settore per cercare di tutelare uno dei pochi settori che non ha delocalizzato (e che, peraltro, non potrebbe farlo perché il fattore produttivo è legato alla terra). In questo senso si potrebbe dire che è un settore che cerchiamo di «coccolare», pur senza trascurare gli altri.
  Sappiamo pure che il dibattito sul made in Italy – come mi chiedeva, se non sbaglio, l'onorevole Paglia – è legato anche alla questione della delocalizzazione. Se un imprenditore decide di assumere un operaio aggiuntivo, ma desidera che lavori 18 ore al giorno e fruisca di tre giorni di ferie all'anno, probabilmente sposterà la sua fabbrica in Cina. Sta, però, di fatto esportando illegalità nel mondo del lavoro da un luogo all'altro. Non ce l'ho con i delocalizzatori, ma è evidente che la fase della delocalizzazione spinta ha impoverito questo Paese. La caduta del reddito e quella occupazionale, in molti casi, non derivano solo da una crisi finanziaria, ma anche da precise scelte di smantellamento della struttura manifatturiera.
  Nel comparto esistono delle regole. L'Organizzazione mondiale del lavoro dice che non si dovrebbe delocalizzare laddove c’è un differenziale di retribuzione superiore al 30 per cento rispetto alla casa Pag. 17madre. È chiaro, però, che le organizzazioni internazionali non sono riuscite a mettere in evidenza il fenomeno. Credo che nei Paesi europei, per mantenere la produzione, il reddito, e sostenere il consumo, occorra un ritorno dell'industrializzazione, quindi una rilocalizzazione. Speriamo che la fase di ricerca della schiavitù sia finita.
  A ogni modo, la situazione è molto complessa, anche perché è complicata dal fatto che sono cambiate l'egemonia economica rispetto al mondo produttivo e la mappatura del mondo rispetto ai Paesi che forniscono materie prime (Russia e Brasile), quelli che producono (la macchina produttiva della Cina), quelli che fanno innovazione tecnologica (Stati Uniti e Germania) e quelli che, invece, sembrano destinati a essere consumatori puri, ma non si capisce, però, con quale forza reddituale.
  Infatti, se guardiamo i dati delle importazioni, quest'anno è la prima volta che l'IVA all'importazione scende. Fino ad ora, stando ai dati contenuti nel Bollettino economico che avete citato e che è stato pubblicato ieri, i dati relativi agli anni scorsi mostrano che l'IVA all'importazione andava molto meglio di quella interna. Invece adesso le importazioni sono scese, non abbiamo domanda e quest'anno la campagna estiva non è partita. Nei nostri porti riusciamo a reggere negli arrivi solo perché continuiamo ad attrarre un po’ di container dagli altri. Genova è andata bene, Gioia Tauro è in rilancio, i nostri porti stanno andando meglio perché stiamo «rubacchiando» un po’ di traffico ad altri porti di altri Paesi, ma le importazioni destinate in Italia, come i semilavorati, che poi da noi diventano prodotti più belli, stanno calando.
  Rispondo all'onorevole Villarosa riguardo alla sigaretta elettronica. Lei dà per scontato che la sigaretta elettronica possa essere classificata come un prodotto da fumo e non come un prodotto medicinale. In realtà, l'affermazione del Ministero della salute dell'altro ieri lascia dei margini. Infatti, c’è ancora chi dice che la sigaretta elettronica fa meno male di quella normale, quindi svolge una funzione positiva. Dall'altra parte, c’è chi risponde che la sigaretta elettronica è uno strumento che induce al fumo ed attiva la voglia di fumare.
  Sul tema è in corso un dibattito comunitario. Sui prodotti da fumo le imposte sono armonizzate. In questo caso, dovremmo muoverci con un'imposta non armonizzata. Ci stiamo pensando. Il Governo sta valutando e la questione è in fase di studio, ma deve essere studiata bene. Esistono diverse tipologie di accise. In quel caso, la tassazione è legata al quantitativo di tabacco che va in combustione. In questo caso, bisognerà capire come commisurarla. Sicuramente, occorre una regolarizzazione del settore. Non possiamo vendere ricariche – come dice il Consiglio superiore di sanità – in cui non c’è il tappo salvavita per i minori, non ci sono le avvertenze, non si capisce che tipo di prodotto è, né da dove arrivi e senza il tracciamento. Occorre lavorare su diversi punti per regolarizzare quel settore. È, lo ripeto, un dibattito aperto, non solo in Italia, ma anche in molti Paesi comunitari. Per esempio, la Finlandia ha fatto delle scelte, mentre la Francia altre.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. La mia domanda, però, era diversa e riguardava il gettito tributario, cioè se vi eravate resi conto di una mancanza, a quanto ammontava e se avete fatto proiezioni per il futuro. Infatti, è vero che la sigaretta elettronica serve anche per smettere di fumare, ma viene venduta in farmacia; quando, invece, viene venduta per strada, nei negozi che vendono esclusivamente sigarette elettroniche, costituisce un sostituto del fumo. Dico questo perché ho avuto un'esperienza diretta in questo settore.

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Mi fa piacere che lei abbia risolto il quesito, nel senso che mi dice che dipende da dove viene venduto il prodotto. Tuttavia, in realtà, il prodotto è uno. Qualcuno può rispondere anche che la sigaretta elettronica Pag. 18è come un phon per i capelli, quindi non si capisce il motivo per cui dovrebbe essere tassata. Sulla ricarica, invece, possiamo discutere, perché normalmente le accise sono applicate a prodotti che producono qualcosa, come gli alcolici o il tabacco e che sono nocivi per la salute.
  Potrei obiettare che la maggiore spesa sanitaria prevista per un fumatore come me potrebbe essere compensata con la minore pensione che mi verrà data perché, fumando, morirò prima, ma sono tutte congetture economiche.
  Il ragionamento non è assurdo, perché può reggere dal punto di vista economico, tuttavia resta il fatto che dobbiamo attendere che si esprima il Ministero della salute per capire se esista un criterio legato ai danni alla salute e che implichi la possibilità di introdurre una accisa. Altrimenti, si potrebbe ragionare in altro modo e decidere semplicemente di tassare quel prodotto, indipendentemente dalla decisione sui divieti, Sicuramente, però, la tassazione non può essere legata al luogo in cui viene venduto il prodotto. In altri termini, non lo possiamo tassare se è venduto nei negozietti piuttosto che in farmacia. La differenza è, viceversa, enorme nel caso in cui diventi un medicinale. In quel caso avremmo, infatti, anche l'applicazione dell'IVA da medicinale e quindi non più al 21 per cento. Le differenze, come si vede, sono tante e dobbiamo capire cosa stanno facendo l'Unione europea e gli altri Paesi, nonché se esista una relazione solida rispetto ai danni che produce la sigaretta elettronica.
  In generale, ci siamo accorti che è sceso il reddito disponibile ed è sceso il consumo di sigarette, il quale, però, non è necessariamente sostituito dalla sigaretta elettronica. Negli ultimi mesi è aumentato, inoltre, l'utilizzo del tabacco trinciato e delle sigarette sfuse, quindi troverete più gente che si confeziona a mano le sigarette perché costa meno che comprare un pacchetto intero di sigarette. In definitiva, vi sono tanti nuovi fenomeni. La caduta del tabacco non dipende, però, necessariamente dalla sigaretta elettronica. Peraltro, come i tabacchi, sono crollati anche gli alcolici e molti altri prodotti che non siano il pane.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Direttore Peleggi e il Vicedirettore Magistro per questa prima relazione con la promessa di vederci molto presto, perché le questioni sul tappeto sono numerose. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.40.

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