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XVII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 19 giugno 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Viceministro per lo sviluppo economico, con delega alle comunicazioni, Antonio Catricalà, per gli aspetti di competenza della Commissione (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Galan Giancarlo , Presidente ... 3 
Catricalà Antonio , Viceministro per lo sviluppo economico, con delega alle comunicazioni ... 3 
Galan Giancarlo , Presidente ... 7 
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 7 
Lainati Giorgio (PdL)  ... 9 
Orfini Matteo (PD)  ... 10 
Galan Giancarlo , Presidente ... 12 
Giordano Giancarlo (SEL)  ... 12 
Santerini Milena (SCPI)  ... 13 
Galan Giancarlo , Presidente ... 14 
Palmieri Antonio (PdL)  ... 14 
Galan Giancarlo , Presidente ... 14 
Gallo Luigi (M5S)  ... 14 
Palmieri Antonio (PdL)  ... 15 
Bossa Luisa (PD)  ... 15 
Pes Caterina (PD)  ... 16 
Zampa Sandra (PD)  ... 16 
Galan Giancarlo , Presidente ... 17 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Viceministro per lo sviluppo economico, con delega alle comunicazioni, Antonio Catricalà ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GALAN

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Viceministro per lo sviluppo economico, con delega alle comunicazioni, Antonio Catricalà, per gli aspetti di competenza della Commissione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Viceministro per lo sviluppo economico, con delega alle comunicazioni, Antonio Catricalà, per gli aspetti di competenza della Commissione, che saluto e ringrazio per la presenza odierna.
  Do la parola al Viceministro professor Antonio Catricalà.

  ANTONIO CATRICALÀ, Viceministro per lo sviluppo economico, con delega alle comunicazioni. Onorevole presidente, signori deputati, ringrazio lei e la Commissione per avermi consentito di essere oggi qui presente per illustrare gli intendimenti del Governo su un settore importantissimo come quello dell'audiovisivo.
  Mi accompagnano – tengo a presentarli – il dottor Montersoli e l'avvocato Selli, che sono due collaboratori del mio Dipartimento.
  Chiedo di poter riassumere la relazione che è stata depositata. Per rendere meno noiosa la mia presentazione, intendo innanzitutto rivendicare la competenza tipica di quello che è stato il Ministero delle comunicazioni e, oggi, è il Dipartimento per le comunicazioni del Ministero dello sviluppo economico, in tema di audiovisivo; ciò in collaborazione, naturalmente, con altri ministeri, perché le competenze sono spesso connesse, ma è evidente che laddove ci sono contenuti, laddove si fa cultura, occorre un mezzo trasmissivo della cultura e dell'informazione, che appartiene per competenza storica al Ministero delle comunicazioni.
  È per questo che il Dipartimento per le comunicazioni ha svolto autonomamente una forte e decisa difesa dell'eccezione culturale nel Trattato transatlantico sul commercio, una difesa che ha avuto un esito per il momento positivo. Chi si occupa di audiovisivo, chi si occupa di cultura europea e italiana non può, però, abbassare la guardia, perché siamo in presenza di forti spinte tese a rimettere in discussione – in una fase eventualmente successiva del negoziato – questa esclusione dell'eccezione culturale dalle trattative.
  Ho molto apprezzato chi nel Governo si è battuto perché ci fossero delle red lines non superabili per la nostra eccezione culturale, ho però ritenuto sempre insufficiente il fatto che ci fossero delle linee che comunque entrassero in negoziazione, e che entrasse in un mandato per un contratto successivo l'eccezione culturale europea, perché ci troviamo con un mercato Pag. 4dell'audiovisivo che già vede i nostri competitor statunitensi con un 50 per cento di penetrazione nel mercato europeo e un 60 per cento di penetrazione nel mercato italiano.
  Si tratta di grandi colossi economici, normalmente definiti over the top, quindi entità di eccellenza dal punto di vista economico, che però in Europa non investono per la produzione dell'audiovisivo, non occupano persone e pagano le tasse laddove è più conveniente, nella stessa Europa. Niente di illegale, niente di illegittimo, perché questo è il mercato; però quel mercato ha oggi delle regole che proteggono chi invece investe, perché chi investe in produzione è poi soggetto a una serie di limitazioni – tutela dei minori, tutela delle minoranze, pluralismo – e occupa molte persone e investe.
  Questo significa che noi non siamo per fermare il progresso – ci mancherebbe – anzi sentirete nel prosieguo della mia relazione che il Dipartimento è per la contaminazione televisione/informatica, ma siamo per il rispetto di regole uguali per tutti. Chi viene in Italia deve quindi sottostare alle regole italiane, chi lavora in Europa deve sottostare alle regole europee. Questo garantisce una difesa dell'eccezione culturale ed evita che qualcuno possa godere di privilegi laddove, invece, la nostra produzione è assoggettata a regole estremamente rigide.
  La difesa dell'eccezione culturale non può essere confusa con un protezionismo del nostro cinema d'autore – chi lo sostiene è sulla strada sbagliata – mentre questa è la difesa della nostra identità, la difesa della nostra cultura.
  Del resto, mettere in trattativa un argomento così delicato, laddove non abbiamo niente da guadagnare sui mercati stranieri e abbiamo moltissimo da perdere sui mercati nazionali, significherebbe scambiare le certezze oggi esistenti con possibili opportunità, laddove non siamo sicuri che queste red lines saranno effettivamente realizzate e che con la lentezza dei meccanismi europei e nazionali si possa fare quella procedura di concertazione tra tutti i Paesi europei – direttiva, Parlamento europeo e poi Parlamenti nazionali – per introdurre limiti a chi oggi ne incontra davvero pochi, anche in materia di privacy, come leggiamo quotidianamente sui giornali.
  Quello che noi dobbiamo fare per il nostro audiovisivo è riuscire a studiare e immaginare agevolazioni di tipo fiscale e a spalmare i contributi in maniera più selettiva, però anche depurandoli di molti oneri fiscali. Sui contributi che abbiamo dato ad alcune televisioni, ad esempio, oggi si chiede di pagare immediatamente – tutto in blocco – il prezzo di un'imposta, mentre potremmo riuscire a spalmarlo nei cinque anni dell'esercizio. Dobbiamo avere queste certezze per evitare che ci sia una caduta della quantità della produzione e, di conseguenza, dell'occupazione, ma soprattutto della qualità.
  Per farlo, una via sicura consiste anche nel combattere l'evasione del canone RAI. Oggi abbiamo un'evasione particolarmente rilevante e dobbiamo riuscire a pagare magari meno, ma pagare tutti. Questo significa che dobbiamo anche avere la capacità e la forza di imporre alcuni pagamenti su chi lavora semplicemente su Internet. Intendo dire che vogliamo un Internet dei diritti, un Internet di tutti i diritti, anche del diritto d'autore, perché non è ragionevole ritenere che chi produce idee e le mette nero su bianco possa poi vedere sostanzialmente riprodotti quelle idee o quegli articoli su Internet al di fuori del proprio sito, con pubblicità che va a favore di chi è semplicemente un motore di ricerca e non si qualifica come produttore televisivo o giornalista e non è quindi soggetto a quelle regole.
  Anche qui servirà una regolamentazione, di cui sto parlando con il sottosegretario delegato all'editoria, perché insieme dovremo avere un atteggiamento che possa corrispondere a una recente – ma ce n’è anche una risalente – segnalazione dell'Antitrust, che vuole che questo settore della riproduzione di articoli di giornali, di quotidiani e settimanali su Internet venga meglio regolamentato per garantire una migliore tutela dei diritti d'autore.Pag. 5
  Diversa da questo discorso è, invece, la tutela dalla pirateria informatica. Qui non è tanto una questione di Governo: da quello che ho potuto apprendere in questo mese e mezzo di immersione – o re-immersione in un settore che una volta conoscevo bene, ma che ha una capacità di crescita e di innovazione tale da spiazzare chiunque non corra dietro alle innovazioni – ho scoperto, con piacere, che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sta lavorando sul tema, e sta per emanare un regolamento.
  Credo che il Governo possa appoggiare questa iniziativa nella misura in cui, come sembra, preveda certamente un'efficace difesa del copyright, ma senza mai aggredire l'utente, senza colpire chi fa uno scambio peer to peer, ma mirando solamente alle grandi violazioni, ai grandi supermercati di prodotti che non pagano diritti d'autore, naturalmente con tutte le garanzie necessarie, quindi senza alcuna violazione della libertà di espressione e di altri diritti costituzionali che trovano, oggi, in Internet possibilità di massima espansione, quindi con una difesa che sia adeguata, proporzionata e non eccessiva.
  In questo caso siamo quindi per la contaminazione dei mezzi televisivi e di trasmissione in generale. Noi crediamo nella convergenza tra i vari mezzi che oggi si sta realizzando, crediamo in una televisione ibrida, che possa avere in sé tutti gli effetti interattivi dell'informatica e tutto l'accrescimento che può derivare dalla computerizzazione del mezzo televisivo stesso.
  Ricordiamo a noi stessi che oggi la televisione è il mezzo che entra con maggiore facilità nelle case di tutti gli italiani ed è ancora in grado di interessare, visti gli share, gran parte degli italiani con produzioni di qualità che possono avere – oggi più di ieri – grandi opportunità, perché il sistema trasmissivo è migliorato dal punto di vista tecnologico e le frequenze – che sono sempre un bene scarso – non sono così scarse come in passato.
  Con riferimento alla RAI, parliamo di una grande azienda che ha per legge, fino al 2016, la concessione del servizio pubblico, un'azienda che, in passato, ha dato grandi benefici all'Italia. Ricordo di aver letto che la RAI, più della scuola, ha portato la lingua italiana nelle case degli italiani, perché si imparava a parlare l'italiano soprattutto sentendo il telegiornale o addirittura Carosello.
  Stiamo parlando di un'azienda che ha grandissime ricchezze e potenzialità, quindi, quando si ipotizza un paragone con la Grecia stiamo parlando di fantascienza, in quanto siamo fuori da queste possibilità e lo saremo anche negli anni a venire, anche quando sarà scaduta la concessione.
  Questo non significa che non dobbiamo prendere atto della realtà normativa: c’è una disposizione di legge che dice che il concessionario del servizio scade nel suo diritto concesso il 6 maggio 2016, e questa è una realtà di cui bisogna prendere atto.
  Abbiamo quindi elaborato un'idea con il Ministro Zanonato, sentendoci anche con i vertici della RAI, anche se naturalmente poi le idee vanno perfezionate, le consultazioni migliorate ed è un lavoro in progress, ma non si può fare nelle camere segrete di un Ministero: deve esserci sempre un confronto parlamentare.
  Abbiamo un contratto di servizio che è già scaduto; io l'ho trovato già confezionato e devo dire, presidente, che chi mi ha preceduto ha fatto un ottimo lavoro. Intendiamoci, potremmo firmare subito il contratto di servizio e nessuno potrebbe accusarci di aver sbagliato qualcosa, però c’è un nuovo Governo, il contratto è scaduto, e con il Ministro Zanonato e i miei collaboratori abbiamo pensato di prenderci un mese di tempo.
  Questo mese deve servire a due cose: innanzitutto a migliorare il testo, a renderlo più leggibile e più chiaro, perché ci si lamenta che non ci sia possibilità di controllo dell'esecuzione – da parte del concessionario del servizio pubblico – di tutti gli obblighi che assume con il contratto di servizio. In effetti, se lo leggete, gli obblighi sono tanti e talmente generici – quasi tutte clausole generali – che alla fine è difficile per qualsiasi controllore, anche uno accorto come l'Autorità per le Pag. 6garanzie nelle comunicazioni, dire che cosa è stato fatto e cosa è rimasto inadempiuto. Dobbiamo quindi semplificarlo, renderlo più leggibile.
  In secondo luogo, il contratto di servizio è un atto dovuto e lo dobbiamo rinnovare, però, siccome è l'ultimo contratto di servizio prima del 2016, in cui c’è la scadenza della concessione e la convenzione scade prima, dovrete pensare cosa fare in Parlamento, perché c’è una scadenza di tre anni prima.
  Nel 2014 bisognerà, forse, fare una proroga della convenzione e, probabilmente, servirà un intervento del Parlamento forse legislativo – speriamo di no, ma penso che alla fine serva addirittura l'atto supremo – per cui abbiamo questa opportunità: fare una piccola sperimentazione, consultando alcune categorie, per esempio le forze sociali e i consumatori, realizzando una cosa limitata nello spazio e nel tempo. Si tratterebbe quindi di 20-25 giorni di consultazioni on line, per sapere cosa ne pensi una parte qualificata della società civile di come abbiamo impostato il contratto che sottoscriveremo con la RAI. Naturalmente, dovremo avere un accordo di massima anche con la RAI, perché è vero che talvolta è la società che fa la parte leonina nei confronti del concessionario, come avviene in tanti servizi pubblici, e qui la parte leonina la faremmo noi che stiamo modificando il contratto, ma – in ogni caso – servono due volontà per concludere una negoziazione di questo tipo.
  Vedremo se riusciremo a fare questa consultazione, a interpretare i dati. Intanto ci alleniamo su una diversa, più grande e più lunga consultazione che vorremmo fare quando avremo una visione non ancora definita, ma di grande profilo, di cosa dovrà accadere dopo il 2016, verificando come la società civile interpreti il servizio pubblico televisivo e che limiti voglia imporgli. Facciamolo quindi con una consultazione come quella realizzata in Gran Bretagna per il Royal Charter Act che, però, è una legge, anche se comunque la nostra concessione ha il suo peso, perché passa per la Commissione parlamentare di vigilanza e anche il contratto di servizio passa per la Commissione parlamentare di vigilanza, quindi, sono atti che impegnano anche il Parlamento. Diamo al Parlamento una visione chiara anche di quale sia il sentire comune della società civile. Questa non è una posizione isolata: sono posizioni che si avvertono, sono la traduzione di un comune sentire. Ho qui molti documenti: sui diritti in Internet secondo quanto sottolineato dalla Commissaria europea Neelie Kroes, come riportato a pagina 6 del testo distribuito, e vi ho portato le linee-guida dell'AGCOM su cosa si deve intendere per servizio pubblico radiotelevisivo (le trovate virgolettate a pagina 8 e 9 del documento depositato).
  Si tratta di mettere nero su bianco un sentimento molto diffuso non solo delle élite culturali, non solo dei cento autori. Mediobanca ha pubblicato uno studio in cui si valuta – dal punto di vista economico – l'eventuale privatizzazione della RAI: sono cose di cui si discute molto, però se ne deve discutere nel momento giusto, nelle sedi opportune, dopo aver fatto una consultazione più vasta possibile. Dobbiamo interpellare la società civile su questo.
  Una grande ricchezza nazionale è l'emittenza locale, che in Italia ha la caratteristica di essere territorialmente molto diffusa, molto vivace, che è una ricchezza dal punto di vista non solo informativo, ma anche culturale, territoriale e altro. Dobbiamo quindi continuare con la contribuzione, ma cambiare sicuramente – perché ormai queste decisioni sono in via di definitiva conclusione – alcuni criteri di assegnazione dei contributi. Questo regolamento che ho trovato aveva dei punti da cambiare, lo stiamo cambiando, stiamo interpellando tutti i diretti interessati.
  Vorremmo incentivare la produzione, cioè quelle emittenti locali che occupano giornalisti, riconoscendo maggiori punteggi basati non tanto sul fatturato dell'azienda, quanto sul numero e sulla qualità degli occupati. Questo servirà a una migliore utilizzazione delle risorse.Pag. 7
  Un'altra nostra grande ricchezza è la radiofonia. Come italiani siamo i padri fondatori della radio, che rappresenta una realtà attuale, industriale, commerciale molto importante. La radiofonia è una struttura viva e vegeta, e naturalmente proprio questa, che è così diffusa, non può restare fuori dalla digitalizzazione. C’è stato un inizio di sperimentazione in Trentino-Alto Adige e speriamo di poter proseguire e giungere a una digitalizzazione totale di questo strumento.
  C’è un problema di tutela dei minori, e sapete che esiste un Comitato di attuazione del codice di regolamentazione convenzionale TV e minori che è inoperante, perché nel precedente Governo non ci si è accordati sul nome del presidente. Sono cose non gravi, però adesso il Comitato deve essere operante, ne ho già parlato con il Ministro Zanonato, e per quanto riguarda la legge – da regolamentare la disciplina è diventata legislativa, perché c’è stato, se ricordo bene, il passaggio dall'autoregolamentazione alla legge con il Ministro Gasparri – bisognerà trovare, in accordo con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, un presidente da nominare.
  Penso che non ci saranno difficoltà e che questo Comitato sarà varato a breve, ma non è solo questo il punto essenziale per la tutela dei minori. Pensiamo a quanto sia difficile riuscire ad avere operazioni di vero e proprio tutoraggio dei minori quando si trovano di fronte a un computer ed entrano nel mondo di Internet. Ecco perché la mia relazione cita anche i dati, purtroppo molto allarmanti, che derivano da uno studio realizzato dalla Fondazione Ugo Bordoni, dati allarmanti che rendono sempre più necessari efficaci meccanismi di autoregolamentazione.
  A pagina 13 del documento depositato trovate che la nostra idea è quella di promuovere codici di condotta che esprimano obblighi reciproci per tutti gli attori del sistema; di assicurare il potenziamento delle funzioni di parental control ampliandolo alla rete Internet attraverso tecniche efficaci di valutazione e di filtraggio; di sviluppare liste di siti autorizzati e vietati, in modo da cercare un campo d'azione sicuro per il minore. Dobbiamo lavorarci.
  A questo si aggiunga il potenziamento dei numeri verdi come sistemi di ascolto e di consulenza sui livelli di rischio. Naturalmente contiamo soprattutto sull'autoregolamentazione da parte dell'offerta.
  Ho svolto sommariamente i temi della relazione anche per lasciare ampio spazio al dibattito e per ricevere da voi suggestioni, osservazioni, critiche e correzioni, per condurre al meglio un'azione che vuole fare dello spettro radiotelevisivo un sistema più semplice, più forte e più pulito e dell'audiovisivo una vera ricchezza in termini non solo economici, ma anche culturali per il Paese e per l'Europa.

  PRESIDENTE. Un sincero ringraziamento al Vice Ministro Antonio Catricalà che ci ha esposto a braccio il suo intervento. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal Vice Ministro Antonio Catricalà (vedi allegato).
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIUSEPPE BRESCIA. All'inizio ho sentito dire che chi investe in Italia deve rispettare le regole italiane, chi investe in Europa quelle europee, e mi chiedo se l'Italia sia in Europa o altrove. Auspichiamo infatti che le politiche siano comuni.
  Lei evidenziava l'esigenza di combattere l'evasione del canone, però noi proponiamo di abbassare di gran lunga il costo del canone per gli italiani, anche perché la diffusione della pubblicità sulle reti pubbliche è tale da non giustificare questa tassa, quindi bisognerebbe da un lato diminuire il canone e dall'altro eliminare la pubblicità dalla televisione pubblica.
  Per quanto riguarda Internet e i diritti d'autore, ho sentito fare affermazioni che sono di un anacronismo spaventoso, anche perché, come lei ha detto, Internet ha una capacità di crescita tale da spiazzare tutti. Pag. 8Ritengo quindi che qualsiasi provvedimento si intenda adottare in tal senso sarà superato sicuramente dalla rete, che rimarrà sempre più veloce e più libera di qualsiasi tappo o «manetta» pensiate di metterle.
  Il conflitto di interesse non è stato per nulla trattato rispetto alle televisioni private nei confronti del potere politico, e mi chiedo come mai sia assente dalla sua relazione.
  Con riferimento al confronto dei parlamentari sulla RAI spero che con «confronto» si intenda il vero significato di questa parola e non che ci arriverà un decreto governativo che dovremo votare, come sta succedendo in questo momento in Aula.
  Entrando nel merito della questione, vorrei soffermarmi sulla questione RAI, che all'interno dello scenario attuale – che vede l'avvento della digitalizzazione nel sistema televisivo italiano – gioca una partita difficile per almeno due motivi. Il primo è che la RAI si trova nella difficile posizione di dovere da un lato – e prima di tutto – garantire una funzione di servizio pubblico a tutto tondo ai cittadini italiani e, dall'altro, di dover competere da un punto di vista commerciale, quindi di vendita degli spazi pubblicitari con le dirette concorrenti e con i nuovi player del mercato.
  Il secondo motivo è che la partita della RAI si gioca non soltanto all'esterno, ma anche all'interno dell'azienda, visto che il processo di digitalizzazione ha portato a un'inevitabile frammentazione degli ascolti e, in particolare, a una migrazione dei telespettatori dalle vecchie reti generaliste alle nuove reti minigeneraliste e tematiche.
  Tale migrazione è anche una migrazione di contenuti spesso di alta qualità, che dalle tre reti principali passano alle nuove reti native digitali, migrazione che, anche se comprensibile a livello sia editoriale sia commerciale, spesso si traduce in un impoverimento dei palinsesti dei tre canali principali.
  In merito sosteniamo che è necessario realizzare un progetto editoriale serio e di lunga durata, indipendente dagli alti e bassi della politica, che permetta di ridistribuire i target di inserimento dei contenuti nelle nuove reti, senza per questo indebolire i primi tre canali, che sono ancora capaci di attirare la stragrande maggioranza dell’audience televisiva.
  Il Movimento 5 Stelle è pienamente consapevole delle suddette questioni e delle attività svolte dall'azienda, ma abbiamo il dovere di garantire ai cittadini italiani un servizio che assicuri al tempo stesso la possibilità di informarsi, di istruirsi, di accrescere le proprie competenze in tutti i campi di maggiore interesse e – ultimo, ma non ultimo – che possa assolvere alla funzione di intrattenimento.
  Attualmente nella RAI manca quasi completamente una seria programmazione per bambini e ragazzi. A questo proposito, solleviamo una prima questione, chiedendo come sia possibile che sulle tre reti principali sia assente questa programmazione. Lo dice anche l'ultimo documento di Corporate Reputation della RAI, secondo il quale l'informazione sui temi sociali, i programmi culturali e i programmi per ragazzi e bambini, oltre che fiction e film, sono i generi televisivi che il pubblico ritiene più adatti all'assolvimento della funzione di servizio pubblico.
  All'interno del contratto di servizio viene esplicitamente specificato che le reti generaliste terrestri (Rai 1, Rai 2, Rai 3) «riserveranno, tra le ore 6 e le ore 24, non meno del 70 per cento della programmazione annuale ai generi indicati nel successivo comma 2 e la terza rete non meno dell'80 per cento. Tale programmazione, nel rispetto più rigoroso possibile degli orari di trasmissione, deve essere diffusa in modo equilibrato in tutti i periodi dell'anno, in tutte le fasce orarie (...) e in tutte le reti televisive». Il documento prosegue poi con altri generi predeterminati nel servizio pubblico, l'informazione e l'approfondimento generale, programmi e rubriche di servizio.
  Nonostante ciò, quel 70 per cento (80 per cento per la terza rete) sono stati dedicati solo in minima parte ai programmi per i minori. È lecito a questo punto sollevare un ulteriore spunto di Pag. 9riflessione: nel contratto di servizio 2013-2015 è necessario non solo specificare delle quote generiche da destinare sommariamente a tutti i generi predeterminati di servizio pubblico, ma garantire che vi sia quantomeno una quota per ogni singolo genere.
  Rai 2 dovrebbe essere il canale dedicato al target dei giovani, ma basta dare un'occhiata alle rilevazioni Auditel per accorgersi che i contenuti veicolati dal secondo canale faticano a decollare nella fascia under 30. Si potrebbe, ad esempio, aumentare il numero di eventi in piazza, che aiuterebbero da un punto di vista non solo editoriale, ma anche di percezione di un brand più giovane e più vicino alla gente e al mondo dei ragazzi.
  Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma aggiungo una questione che sta a cuore a tutti noi, perché abbiamo appena ratificato la Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere. Riteniamo che, nei contenuti, la RAI dovrebbe distinguersi e fare opposizione a quella televisione urlata che è propria delle reti private, proponendo una televisione di contenuti, che rispetti maggiormente la figura della donna.
  Si potrebbe parlare di pluralismo, del rapporto tra la RAI e gli stranieri in questo Paese, del rapporto tra RAI e tecnologia, ma purtroppo non c’è tempo a disposizione. L'unica promessa che il Movimento 5 Stelle può fare è che – attraverso la presidenza della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi – cercherà di cambiare questo sistema che, ad oggi, presenta molte criticità.

  GIORGIO LAINATI. Essendo stato, nella scorsa legislatura, il vicepresidente vicario della Commissione di vigilanza sulla RAI mi fa piacere, Vice Ministro Catricalà, ringraziarla per il contributo importante che lei ha portato e per tranquillizzare i colleghi del Movimento 5 Stelle che l'attuale maggioranza di Governo si muoverà in un asse ovviamente opposto a quello da loro appena illustrato.
  L'immagine del servizio pubblico che l'onorevole Brescia ha delineato, a nome del Movimento 5 Stelle, è infatti radicalmente opposta a quello che immagino io e – spero – immagina anche il Partito Democratico.
  Nella scorsa legislatura, la Commissione di vigilanza ha analizzato e votato pareri a un contratto di servizio, e così era successo anche nelle precedenti legislature. La questione centrale che è stata sollevata dall'onorevole Brescia, ma che è stata ricordata in altra forma dal Vice Ministro allo sviluppo economico, è la questione del ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo, dell'essere più servizio pubblico e meno concorrente delle televisioni private.
  Credo che, al di là delle continue polemiche relative al conflitto di interessi, vada ricordato che la cosiddetta legge Gasparri che esiste da circa dieci anni ha comunque creato una vivibilità di questo sistema. So che voi avete una visione radicalmente opposta, ma non si può neppure pensare di risolvere il problema del ruolo del servizio pubblico scegliendo la via della privatizzazione.
  Voglio ricordare a tutti noi che l'unica forza politica che ha tentato un'avventura in questo senso, nella seconda parte della scorsa legislatura, è stata quella creata, nel 2010, dall'onorevole Fini, ossia il Gruppo Futuro e Libertà per l'Italia, che, tra le poche proposte di legge che ha presentato nella seconda parte della scorsa legislatura, ha avanzato, a firma dei deputati Bocchino e Della Vedova, la proposta di radicale privatizzazione del servizio pubblico, proposta che è finita negli archivi di Montecitorio insieme al partito che la proponeva.
  Come lei, signor Vice Ministro e i colleghi sanno, la Commissione di vigilanza è chiamata a dare un parere non vincolante al contratto di servizio che ci sarà presentato nei mesi a venire. La sua relazione fornisce comunque degli orientamenti molto chiari e – lo dico come rappresentante della maggioranza che, con convinzione, sostiene questo Governo – non posso che apprezzare il lavoro svolto.Pag. 10
  Mi fa piacere che il rappresentante del Movimento 5 Stelle abbia toccato l'argomento del canone, perché, come molti di voi sanno, questo è stato al centro dell'azione sia del Governo Berlusconi sia del Governo Prodi. In particolare, poiché l'argomento mi sta molto a cuore, non parlerei di un'esenzione generalizzata perché, se è vero che da una parte dobbiamo recuperare l'evasione del canone, dobbiamo anche evidenziare come molti anziani, con pensioni minime di 5-600 euro, trovino giustamente molto oneroso il pagamento del canone RAI.
  Le chiederei quindi, Vice Ministro, di intervenire con determinazione nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, perché – con la prossima legge di stabilità – si possano riconfermare scelte che sia il Ministro Padoa-Schioppa sia il Ministro Tremonti avevano fatto per cercare di allargare la fascia di esenzione agli ultrasettantacinquenni con redditi bassi, perché sappiamo che costoro hanno nella televisione l'unico momento di compagnia ed è giusto che non siano costretti a pagare una cifra così elevata.
  Per quanto riguarda il recupero del canone, lei sa che da molti anni il rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze nel Consiglio di amministrazione della RAI ha proposto, sia con il Ministro Tremonti, sia con il Ministro Padoa-Schioppa, l'unico modo per recuperare dichiaratamente questo canone, ovvero di abbinare il canone alla bolletta elettrica.
  Si tratta di una scelta che nessun Governo negli ultimi otto anni ha voluto fare, perché va a incidere su un terreno sociale molto disagiato, soprattutto in alcune aree del Paese e, adesso, ancora di più. Non dico quindi che questa sia la strada che dobbiamo percorrere, ma il problema va affrontato, magari anche pensando a una riduzione dei costi del servizio pubblico per quanto riguarda alcune star, ancora convinte che, se non venissero pagate dalla RAI, lo sarebbero di più dalla concorrenza, cosa ormai non più vera.
  Ci sono ancora dei margini di azione e, sicuramente, continueremo a parlarne con attenzione.

  MATTEO ORFINI. Ho apprezzato la sua relazione, signor Vice Ministro, e soprattutto la scelta di partire dall'industria dell'audiovisivo, che, come ha ricordato, vive un momento drammatico. Non è l'unica industria in difficoltà in questo Paese, però è una di quelle che sta maggiormente soffrendo la crisi.
  Credo che abbia fatto bene a richiamare l'esigenza di un'alleanza tra gli operatori del settore, laddove le divisioni hanno frenato la forza del comparto in questi anni.
  In una fase così difficile il Governo e la politica sono chiamati a fare la loro parte, partendo dalla ricerca di misure che sostengano un'industria così importante per il nostro Paese. La precondizione era la difesa dell'eccezione culturale, battaglia non vinta fino in fondo, ma io ho molto apprezzato la posizione che il Governo ha assunto e credo che essere riusciti in questo primo, importante passaggio significhi aver creato la precondizione per poter fare altro.
  Ha fatto anche bene a richiamare l'importanza degli incentivi fiscali in questo ambito, per non lasciare le imprese abbandonate a se stesse. Mi chiedo e le chiedo, se possibile, di avere un chiarimento su quanto si è appreso in questi giorni in merito all'eventuale taglio che sarebbe previsto nel cosiddetto «decreto del fare» sugli incentivi che già ci sono, cioè sul tax credit e il tax shelter per il cinema, che sarebbero in una condizione così delicata.
  Oltre a rappresentare un fatto grave, questo entrerebbe in evidente contraddizione con ciò che lei ha dichiarato qui e soprattutto con l'impegno più volte ribadito dal Presidente del Consiglio di non sottrarre risorse a un settore così importante.
  Credo che la sfida più grande sia quella di trovare i modi per ampliare gli investimenti in questo settore, cosa complicata in una fase di recessione del Paese. Ritengo Pag. 11che da questo punto di vista vada affrontato il tema del rapporto con il mondo delle telecomunicazioni, con gli aggregatori, con il web, cercando di trovare anche qualche soluzione più innovativa di quelle di cui si è discusso fino a questo momento.
  Il meccanismo classico di cui si è discusso è o il prelievo di scopo, ipotesi che il Ministro Bray ha riproposto in audizione in questa sede, o una sorta di contrattazione alla francese, che arriva a far pagare una tantum un prezzo, entrambe ipotesi serie che hanno una loro dignità sistemica.
  Forse potremmo fare uno sforzo e immaginare qualcosa di più innovativo. Penso, ad esempio, a ragionare su una definizione di un obbligo di investimento in questo settore, qualcosa di simile a quello che c’è per la RAI e per Mediaset sulla produzione di film e fiction italiane recenti che, ovviamente, sia disegnato sulle specificità dei singoli soggetti, aiuti a produrre un dato nuovo – cioè un vero pluralismo produttivo in questo Paese – e, soprattutto, porti risorse nuove in questo comparto.
  È molto difficile immaginare una norma del genere, però, se ci prendiamo il tempo necessario per redigerla e affrontiamo la questione senza partire da posizioni ideologiche, forse, riusciamo a trovare un'idea più innovativa, più utile e, forse, anche meno conflittuale nei confronti dei soggetti a cui chiediamo di investire nel settore.
  Nelle priorità dell'agenda del Governo deve essere inserita anche un'attenzione particolare per i lavoratori del settore, che vivono una fase molto complicata, come quelli di tutto il Paese. Penso che si debba utilizzare la prima occasione possibile per agire contro il drammatico fenomeno delle delocalizzazioni produttive.
  È vero che alcuni soggetti come la RAI hanno supplito a questo problema con la promozione di un protocollo con gli operatori del settore, però credo che sarebbe difficile spiegare che non siamo riusciti a risolvere questa questione, anche perché non ci vuole nulla, non si deve spendere un euro, ma basta inserire la nazionalità italiana anche per l'audiovisivo, come per il cinema e, magari, cambiare i criteri con cui quella nazionalità viene riconosciuta, legandola non solo al cast, ma anche al numero di giornate lavorate sul suolo nazionale. Questo avrebbe anche l'utilità di produrre maggior gettito per lo Stato, perché, se si produce in questo Paese, si pagano le tasse e i contributi in questo Paese, quindi, alla fine, ne guadagneremmo. Credo che questa sia tra le tante cose la più urgente e anche la più semplice da fare subito, alla prima occasione legislativa che si può presentare nell'attività del Governo e del Parlamento.
  Per quanto riguarda la RAI, siamo di fronte all'esigenza di qualcosa di complessivo. Già nella passata legislatura abbiamo proposto una riforma della governance della RAI di cui vorremmo ridiscutere in questa legislatura, in quanto è un tema non risolto e c’è l'esigenza di rompere un rapporto perverso che permane da anni tra la politica e l'azienda, che non può essere risolto privatizzando quest'ultima, scelta che sarebbe sbagliata e, persino, pericolosa per la qualità dell'informazione e della democrazia di questo Paese. Si può però affrontare il tema con una riforma della governance e con una ridefinizione complessiva degli strumenti di vigilanza, che si occupino non solo della RAI, ma dell'intero settore.
  Naturalmente, ho apprezzato la scelta di prendersi del tempo per discutere più approfonditamente il contratto di servizio, cosa che ritengo decisiva anche per quanto ho detto in precedenza, in quanto alcune linee di indirizzo possono e devono avere un effetto propulsivo su un'industria come quella dell'audiovisivo, ma anche sull'industria della musica e, in generale, sulla produzione di contenuti in questo Paese.
  È evidente che, se la RAI assume queste come priorità – e lo può fare nel rapporto con il Governo e il Parlamento per mezzo del contratto di servizio – potremo fare un importante passo avanti.
  Ritengo, inoltre, che il tema del recupero dell'evasione del canone sia dirimente: anch'io non voglio sposare preventivamente Pag. 12questa o quella soluzione, ma l'inserimento in bolletta dello stesso è una di quelle misure di cui si è discusso maggiormente in questi anni. Può essere quella o possono essere altre le soluzioni, però anche qui, forse, è giunto il momento di affrontare e di risolvere definitivamente il problema, perché in una situazione così difficile per tutti, far pagare un po’ meno – ma pagare tutti – non solo aiuta la RAI a essere più forte, ma dà anche al Paese un segnale di equità di cui forse l'Italia ha bisogno.

  PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che, se riuscissimo a contenere nel tempo rimasto a disposizione tutti i rimanenti interventi, il Vice Ministro potrebbe dedicare la prossima seduta esclusivamente alle risposte.
  Do la parola agli ulteriori deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIANCARLO GIORDANO. Questa è un'occasione molto utile che vorrei interpretare come la prosecuzione del ragionamento che abbiamo svolto nella scorsa audizione del sottosegretario Legnini sull'editoria e sulla qualità della democrazia in questo Paese.
  Credo che alcuni passaggi della sua relazione testimonino una certezza da parte del Governo, che lei ha rappresentato: ci troviamo di fronte a un asset strategico per il Paese, che quindi va trattato per quello che è, ovvero un settore che ha a che fare con la qualità della vita dei cittadini.
  Non condivido quanto sostenuto nella relazione in merito alla digitalizzazione del settore televisivo ossia che sia stato un passo avanti, perché soprattutto a livello locale – c’è un accenno particolarmente attento alla produzione audiovisiva locale – seppur nel tentativo di aprire il sistema a una competizione vera, questo settore si è ridotto a un «mercatino delle pulci», fatto di piccole e piccolissime aziende.
  Condivido lo spunto del deputato Orfini in merito al problema di chi lavora in queste aziende, della qualità del lavoro e delle condizioni lavorative con cui si riesce a fare professione. Io non ho salutato la digitalizzazione come una grande riforma del sistema radiotelevisivo, non per il mezzo, ma per il modo. È chiaro che tutte le questioni che riguardano l'emancipazione degli strumenti hanno bisogno di un tempo di adattamento per trovare un equilibrio, ma non mi pare che siamo di fronte a un'evoluzione positiva del sistema in termini strumentali, non stiamo offrendo un servizio migliore.
  Vorrei restare nel cuore del problema, perché sono sicuramente importanti la tutela dei minori, la dinamica competitiva tra i vari strumenti che ormai si muovono su questo terreno, ma per me è fondamentale capire quale sia la volontà del Governo – e francamente non l'ho compreso al di là di qualche certezza, che pure ho sentito nel corso del dibattito – in particolare per quanto concerne la più grande azienda culturale del Paese.
  Se ho compreso bene, gli obiettivi sarebbero migliorare il contratto con la RAI soprattutto nella parte relativa agli obblighi (non si dice esattamente quali, mentre sarebbe il caso di conoscerli); mi pare che si vada verso una forma di semplificazione, però vorrei comprenderne meglio i contenuti. Mi sorprende, poi, che si vada verso una sorta di consultazione, sia pure preventiva, della società civile. Essendo un uomo semplice, in genere mi consulto su un'idea, ma qui non l'ho colta: la mia semplicità tradisce la mia incapacità di comprendere.
  Siccome, però, si tratta questa materia come se fossimo in un Paese normale – mentre non credo che lo siamo su questo tema – vorrei qualche certezza in più, perché le consultazioni si possono fare in tanti modi e, in genere, il mio carattere mi induce a non fidarmi, per cui vorrei capire quale sia la volontà del Governo e che risposte si cerchino, perché per come siamo messi in Italia alcune risposte si potrebbero costruire invece che ricercare.
  Credo che sia necessario esprimere parole chiare sulla volontà del Governo rispetto alla privatizzazione del sistema radiotelevisivo, prima di avviare la consultazione, Pag. 13e che un Governo serio come quello che lei rappresenta possa esprimere preventivamente la propria idea e, poi, sottoporsi anche a un confronto rispetto al modello televisivo: una, due o tre reti ancora, due reti, una rete regionale; un'idea di servizio televisivo che possa registrare poi anche il sentire comune.
  Noi, però, siamo in una sede in cui dovremmo rappresentare il sentire comune di questo Paese, che potrebbe consistere nell'auspicare una televisione migliore che la sera non ti faccia addormentare e ti offra qualche contenuto e qualche spazio di democrazia in più.
  Non c’è – e forse è giusto che non ci sia – alcun cenno a Mediaset, laddove in questo Paese si parla sempre di RAI e poco di Mediaset, e non c’è alcun cenno perché parlare di Mediaset qui significherebbe – lo dico ai colleghi del «fu centrosinistra» – parlare ovviamente di conflitto di interessi. Siccome io continuo a pensare che la suggestione che c'eravamo dati nel nostro percorso politico insieme sia ancora una volontà e una vostra convinzione politica, con i colleghi del PD e delle altre forze politiche vigileremo affinché il servizio pubblico non sia oggetto di un sabotaggio, perché tutti i settori pubblici strategici vanno in questa direzione se non si è chiari negli intendimenti.
  Per questo motivo chiedevo e chiedo al rappresentante del Governo quali siano le intenzioni per la convenzione e quali per la concessione, e quale soprattutto l'idea di fondo del servizio pubblico radiotelevisivo. Non vorrei mai che, come dicevo in premessa, si aprisse una consultazione che, invece di cercare le risposte, le costruisca, e, siccome le risposte in questo settore hanno a che fare con la qualità democratica della vita dei cittadini, maggiore è la chiarezza e migliore sarà il risultato.

  MILENA SANTERINI. In ossequio alla richiesta del presidente di essere brevi, vorrei portare la sua attenzione su pochi punti, ringraziandola per la relazione.
  In particolare, la ringrazio per avere ribadito come il sistema delle comunicazioni sia interconnesso e non si possa considerare l'aspetto televisivo distinto dall'audiovisivo. Come Gruppo Scelta Civica per l'Italia vorremmo soltanto portare la sua attenzione su alcuni punti. Il primo è l'eccezione culturale di cui abbiamo parlato anche con il Ministro Bray, in quanto credo che tutti condividiamo l'idea che la difesa dell'eccezione culturale non sia una forma di protezionismo esasperato o mascherato, ma che per affermarla occorra introdurre delle misure opportune. Non basta infatti difendere l'eccezione culturale costituita dal piccolo – ma di grande qualità – mercato europeo, quindi evidenzio l'aspetto della traduzione in inglese dei prodotti culturali audiovisivi, perché quello che farà sì che l'eccezione culturale possa effettivamente manifestarsi non come una forma di difesa dei piccoli, che verranno prima o poi schiacciati dai grandi colossi, sarà la possibilità di misurarsi alla pari e fare in modo che la stessa qualità europea possa circolare ed essere rispettata e conosciuta nel resto del mondo, anche di fronte ai grandi colossi del settore.
  Il secondo aspetto concreto sul quale vorrei portare la sua attenzione è il rinnovo del contratto di servizio pubblico della RAI. Probabilmente è già stato realizzato – o comunque auspichiamo che lo sia – un tavolo di confronto con la Federazione italiana editori giornali (FIEG) e con le forze sociali. Ci chiediamo se già esista o se per una questione così delicata sia opportuno aprirlo.
  Ho veramente apprezzato la sua attenzione alla tutela dei minori, ma ci risulta che il Comitato media e minori sia fermo da un anno e manchi la nomina proprio del membro espresso dal Ministero dello sviluppo economico. A nome delle associazioni familiari chiediamo che venga sbloccata questa situazione, che ovviamente ha creato un vuoto lungo un anno.
  L'ultimo aspetto che vorrei sottolineare è il problema del divario digitale. In Italia abbiamo un nuovo tipo di analfabetismo che non è più soltanto quello della lettura, ma è quello del digitale. Ci chiediamo se – come probabilmente già ci si è indirizzati ma con troppa cautela – la RAI stessa Pag. 14possa essere messa al servizio di un'alfabetizzazione digitale e se a questo divario digitale di natura strutturale – ma anche di tipo economico e culturale – si possa sopperire con un investimento maggiore da parte del servizio pubblico.

  PRESIDENTE. Purtroppo sono costretto a limitare i tempi, perché abbiamo ancora diversi interventi.

  ANTONIO PALMIERI. Intervengo sull'ordine dei lavori: siccome chi parla prima poi finisce per svantaggiare chi arriva dopo, vorrei chiedere al Vice Ministro di concederci ancora mezz'ora di tempo la prossima volta per completare gli interventi, qualora non riuscissimo a farlo oggi, perché o diamo un tempo di partenza uguale per tutti, altrimenti chi tardi arriva male alloggia, ma non per colpa sua.

  PRESIDENTE. Mi pare giusto, tutto sommato. Speravo che tutte le questioni fossero sollevate oggi e che la prossima seduta fosse dedicata soltanto alla replica del Vice Ministro, ma non sentitevi comunque limitati e ognuno dica tutto quello che vuole.

  LUIGI GALLO. Apprezziamo l'impegno del Vice Ministro Catricalà nel combattere alcuni fenomeni di elusione fiscale sul tema dei colossi di Internet, perché spesso ci si accanisce sui piccoli, lasciando fuggire i cosiddetti pesci grossi.
  Come evidenziato dal deputato Brescia, alcune posizioni oramai sono anacronistiche: si continuano ad adottare vincoli, regole, a perseguire la criminalizzazione di comportamenti ormai diffusi tra i cittadini – in quanto considerati normali – e non si tenta mai di capire come possiamo intervenire in una società ormai cambiata, cercando di non fermarne lo sviluppo tecnologico e commerciale, e nemmeno il diritto dei cittadini di godere di una pluralità di informazione a cui far riferimento.
  Il problema grave è infatti rappresentato dall'informazione, tema cardine che riguarda i fondamenti della democrazia, della sopravvivenza collettiva, ma anche individuale. Se non c’è una corretta informazione, se sono pochi gli attori che fanno informazione, non possiamo considerarci in una società libera, capace di intervenire con coscienza sui processi democratici.
  Come Movimento 5 Stelle siamo favorevoli al ridimensionamento del settore pubblico, evitando però di svuotarlo, prima, di contenuti validi e quindi di dequalificarlo. Manca un'adeguata legge antitrust che eviti posizioni dominanti che già esistono.
  La nostra visione vede appartenere ogni canale televisivo ad un azionariato diffuso, in cui il proprietario controlli al massimo il 10 per cento del canale televisivo. Quando i canali televisivi saranno finalmente in mano ai cittadini, avremo una pluralità e libertà dell'informazione, avremo finalmente tanti punti di vista come accade, ad esempio, sulla rete, per cui i cittadini possono valutare chi è più credibile e chi meno, individuare dove costruirsi responsabilmente l'informazione.
  È questo il lavoro che va fatto anche sulle infrastrutture di rete, avendo anche letto quanto affermato presso la Commissione trasporti nella relazione sulle telecomunicazioni, in quanto dobbiamo garantire nel modo più semplice l'accesso di tutti i cittadini alla rete stessa, per avere un collegamento diretto con chi fa informazione. Viviamo nel web 2.0, che significa che ognuno è attore: il cittadino non è più passivo, ma si costruisce l'informazione perché è un terminale diretto con la realtà e costruisce l'informazione anche attraverso i propri video, le proprie foto, le proprie narrazioni sul web.
  In questo tipo di trasformazione della società tante visioni finora sostenute di organizzazione dell'informazione vanno ribaltate, a favore di questa necessaria pluralità e dell'esigenza di porre fine a quest'epoca in cui nell'informazione esiste il duopolio Mediaset RAI e, al più, La7.
  Se quindi mettessimo in vendita le reti RAI, potrebbero partecipare all'asta solo Pag. 15soggetti già forti, con un ulteriore peggioramento della pluralità di informazione in Italia.
  Chiediamo quindi, anche al Vice Ministro Catricalà, una risposta rispetto alla proposta avanzata dal Movimento 5 Stelle dell'approvazione di una legge sull'azionariato diffuso per il controllo delle singole reti televisive.

  ANTONIO PALMIERI. Ringrazio il presidente e il Vice Ministro Catricalà. Parliamo di Internet ponendo alcune questioni. La prima riguarda il tema della banda larga, quindi quel tipo di divario. Probabilmente, in Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni lei ha già relazionato su questo, però sarebbe opportuno sapere a che punto sia il Piano nazionale sulla banda larga, che poi porta con sé tutti i grandi temi sulle reti di nuova generazione, quindi, con il riferimento a Telecom e qui mi fermo.
  Il secondo punto riguarda i decreti attuativi dell'Agenda digitale che abbiamo creato nella scorsa legislatura. Quando ci siamo incrociati al convegno di chiusura del Forum sulla pubblica amministrazione, nel suo intervento ha parlato di un decreto già pronto sulle micro trincee e i micro scavi, però ancora tale provvedimento non si vede.
  Accanto a questo, ho già preparato un'interrogazione sul tema del credito di imposta per le piattaforme italiane che distribuiscono contenuti digitali sembrerebbe con le risorse già stanziate, ma non si capisce che fine abbia fatto tale iniziativa.
  Terzo punto: contratto di servizio RAI. Nella nostra proposta di legge, del Popolo della libertà, del 2011 – a prima firma mia – si impegnava la RAI a usare tutte le proprie derivazioni, sia quelle on line sia i canali digitali sia quelli generalisti, per fare un'opera di alfabetizzazione verso il digitale. C'era proprio un articolo con questa disposizione, ma il passato Governo non ha ritenuto di farla sua. Credo che riproporremo l'emendamento al cosiddetto «decreto del fare» quando lo vedremo, però penso che possa essere un buon suggerimento per lei.
  Il Codice di autoregolamentazione è legge, anche perché all'epoca Forza Italia e Lega Nord – ai tempi della legge Gasparri – hanno voluto che diventasse legge con la relatrice Bianchi Clerici, quindi anch'io mi unisco all'invito a fare in fretta – e bene – per nominare chi manca.
  Con riferimento al diritto d'autore, a quanto capisco, il Governo aspetta l'AGCOM e non intende fare interventi propri in questo settore. Abbiamo chiesto di audire il presidente Cardani in Commissione e speriamo che questo avvenga il prima possibile, perché vorremmo capire come intenda porsi il Governo rispetto all'operato di AGCOM e alle polemiche nate sia on line sia offline in merito all'azione per ora solo ipotizzata da parte della stessa Autorità.
  Su minori e Internet, che considero una lodevole iniziativa, suggerirei una ricognizione dell'esistente, cioè di quelle iniziative di tipo sussidiario che già mirano a tutelare l'approccio dei minori rispetto alla rete, dai più famosi «telefoni azzurri» a iniziative di filtri per la navigazione on line, che magari fanno un'azione di nicchia, la quale però potrebbe essere utilmente messa a fattor comune, senza inventare situazioni che già esistono e funzionano. Su questo sicuramente devono essere coinvolti i grandi player, che devono pagare tasse e garantire compensi adeguati, ma sono sicuramente attori protagonisti, fermo restando che la famiglia – in primo luogo – ha una responsabilità che non possiamo certo sopprimere o scavalcare.

  LUISA BOSSA. Ringrazio il Vice Ministro Catricalà per la sua relazione. Condivido interamente l'intervento del mio collega Orfini e, dunque, pongo una sola domanda che non è l'espressione di un rivendicazionismo – di maniera – sul genere femminile.
  La lettura veloce del testo che è stato distribuito, lo skimming o tecnica di lettura veloce, non ci ha permesso una Pag. 16riflessione approfondita e per questo mi scuso, ma ci è sembrato di non aver trovato nella relazione una posizione del suo Ministero in merito all'uso delle immagini delle donne.
  Sarebbe opportuno che il Ministero dello sviluppo economico invertisse una tendenza culturale – innanzitutto – e cominciasse a pensare, anche in accordo con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Dipartimento per l'informazione e l'editoria, a una controinformazione, attuando progetti che definisco «di ecologia della mente e del cuore». Pensiamoci, signor Viceministro, non per noi, ma per le giovani generazioni così esposte alla volgarità e alla bruttezza.

  CATERINA PES. Anch'io sarò velocissima, intervenendo semplicemente per aggiungere una riflessione sulla questione che riguarda la tutela dei minori a cui tengo molto.
  Saluto con piacere il fatto che il Vice Ministro abbia parlato di un prossimo rinnovo del Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione, che stavamo aspettando da tempo, un organismo importante che dovrebbe essere rafforzato nel suo potere laddove, come lei sa, interviene solo a posteriori. Numerosi organismi intervengono nel campo della tutela dei minori, dal Ministero per i beni e le attività culturali, per quanto riguarda il cinema, al Ministero dell'economia e delle finanze per quanto riguarda il Codice di applicazione per la tutela, organismi che non sempre riescono a coordinare il loro intervento. Abbiamo un grande problema per quanto riguarda le telecomunicazioni, a prescindere da quello che riguarda Internet che è addirittura un oceano: anche per quanto riguarda l'utilizzazione dei minori nei telegiornali ci troviamo di fronte a una Carta di Treviso, che è la carta di autoregolamentazione della stampa nei confronti dell'infanzia, che viene applicata a giorni alterni e comunque in maniera discrezionale.
  Il Parlamento affronterà tale tema al più presto, però vorrei che si ricordasse come questo campo richieda grande attenzione. Ultimamente abbiamo assistito a una serie di episodi molto gravi quali interviste ai bambini e le immagini del bambino trascinato via da scuola; ciò con il consenso dei genitori, i quali sono spesso pagati per autorizzare l'utilizzazione di tali video. Credo che la difesa del minore sia innanzitutto la difesa di un diritto di cittadinanza e che questa debba essere tutelata.

  SANDRA ZAMPA. Anch'io sono interessata alla questione dei minori, avendo lavorato intensamente nella passata legislatura a una lunga indagine conoscitiva di cui mi duole non vedere alcun riferimento nel suo intervento, così come al documento conclusivo che – tra l'altro – contiene una serie di suggerimenti e tiene conto del parere di una grande quantità di esperti interdisciplinari, laddove l'approccio al tema non può che essere interdisciplinare, dagli insegnanti agli psicologi e agli esperti di media. Credo che possa essere utile segnalarvi l'esistenza di questo documento.
  Lei ha fatto riferimento al Comitato di attuazione del codice di regolamentazione convenzionale TV e minori, ma il tema media e minori è molto più ampio, e io mi limito a farle una sorta di elenco, anche perché credo di avere pochissimo tempo a disposizione.
  Questo aspetto si dovrebbe concludere con la precisa richiesta di una vera riforma del sistema delle comunicazioni che riguarda questo argomento, affinché ci si possa concentrare su un unico organo che assuma le funzioni di controllo per la tutela delle norme che regolamentano l'intero mondo dei media con cui i minori vengono a contatto: dalla riservatezza – vi ha fatto cenno l'onorevole Pes – alla partecipazione dei minori a tutte le trasmissioni televisive, dove più che protagonisti sono oggetti; alla questione della messaggistica telefonica.
  Vorrei anche sapere che fine abbia fatto il decreto legislativo del 2010, che introduceva una deroga a una stringente direttiva europea in materia di film a Pag. 17carattere erotico o violenti, permettendo che venissero trasmessi durante la notte, questione sulla quale noi ci eravamo concentrati manifestando la nostra preoccupazione. Vorrei sapere se sia in previsione una revisione di quel decreto o se ciò sia già stato fatto.
  Vorrei chiederle infine perché non si cominci a lavorare con maggiore fantasia sulla promozione del rapporto tra media e minori. Non possiamo pensare di sbarrare le porte, perché questo è un mondo gigantesco che genitori e insegnanti non riescono a governare – in quanto non lo conoscono – mentre i nostri ragazzini, i cosiddetti «nativi digitali», con un minuto di gioco al telefonino arrivano ovunque.
  Mi chiedo quindi perché non cominciare a individuare forme premiali. Lei ha parlato del rinnovo del contratto per la televisione, ma anche dell'emittenza locale, per cui potremmo prevedere un premio per l'emittenza locale che realizzi qualcosa di particolarmente intelligente, utile o proficuo per i minori, cominciando ad affrontare il tema in termini non di chiusura, ma di promozione.
  Bisogna pensare anche a entrare nelle scuole per educare i ragazzi e illustrare ai minori i rischi che corrono in alcune situazioni. Concludo ricordandole come la Polizia postale segnali che le violazioni che sfociano, poi, in procedimenti giudiziari riguardanti Internet, Facebook, cyberbullismo – fenomeni ben noti a lei e ai colleghi – vedano coinvolto un numero straordinario di minori indagati, che si trovano con le loro famiglie a rispondere in tribunale di cose che non conoscono, ma che hanno risvolti pesanti anche per il loro futuro.
  Cito solo un ultimo esempio: negli Stati Uniti, al momento dell'assunzione, vengono ricostruite tutte le tracce lasciate su Internet, perciò, ad esempio, se a 14 anni pensando di essere divertente hai fotografato la bandiera del tuo Paese a cui stavi dando fuoco, si terrà conto di questo nel momento in cui – in seguito – una grande azienda vorrà assumerti. Credo che sia venuto il momento di informare i nostri ragazzi su cosa li attende.

  PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi per i loro interventi, e soprattutto il Vice Ministro Antonio Catricalà per la sua esauriente relazione. Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 16.05.

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