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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VIII e X)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Venerdì 21 giugno 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Realacci Ermete , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, nell'ambito dell'esame in sede referente del disegno di legge C.1139, di conversione del decreto-legge n.61 del 2013, recante Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Realacci Ermete , Presidente ... 3 
Orlando Andrea , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 4 
Realacci Ermete , Presidente ... 14 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 15 
Pelillo Michele (PD)  ... 15 
Realacci Ermete , Presidente ... 16 
Bratti Alessandro (PD)  ... 16 
Benamati Gianluca (PD)  ... 17 
Zaratti Filiberto (SEL)  ... 18 
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 19 
Realacci Ermete , Presidente ... 20 
Mannino Claudia (M5S)  ... 20 
Realacci Ermete , Presidente ... 20 
Mannino Claudia (M5S)  ... 20 
Abrignani Ignazio (PdL)  ... 20 
Dallai Luigi (PD)  ... 21 
Realacci Ermete , Presidente ... 21 
Dallai Luigi (PD)  ... 21 
Latronico Cosimo (PdL)  ... 21 
Realacci Ermete , Presidente ... 22 
Orlando Andrea , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 22 
Realacci Ermete , Presidente ... 28

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VIII COMMISSIONE ERMETE REALACCI

  La seduta comincia alle 16.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, nell'ambito dell'esame in sede referente del disegno di legge C. 1139, di conversione del decreto-legge n. 61 del 2013, recante Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, nell'ambito dell'esame in sede referente del disegno di legge C. 1139, di conversione del decreto-legge n. 61 del 2013, recante Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale.
  Saluto il vicepresidente Abrignani e, soprattutto, il ministro, che ringrazio anche perché, in seguito ai cambiamenti del calendario dei lavori dell'Assemblea, l'audizione prevista ieri è stata spostata a oggi.
  Come sapete, l'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, ha convenuto che lunedì 24 giugno prossimo concluderemo tutte le audizioni previste, mentre il Ministro per lo sviluppo economico ha assicurato che parteciperà alla seduta delle Commissioni dedicata alla discussione generale sul provvedimento o a quella dedicata all'esame degli emendamenti. In particolare, nella giornata di lunedì prossimo concentreremo le audizioni dei rappresentanti dei sindacati (CGIL, CISL, UIL, UGL, FIOM-CGIL e UILM-UIL), delle istituzioni territoriali (regione Puglia, provincia di Taranto e comune di Taranto), delle associazioni ambientaliste (Greenpeace, Legambiente e WWF), del Garante per l'autorizzazione integrata ambientale per l'ILVA di Taranto, della ASL di Taranto, del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti e dell'Associazione medici per l'ambiente (ISDE).
  So che il Ministro Orlando ha preparato una relazione che è in corso di riproduzione e che, appena pronta, sarà distribuita a tutti i colleghi. Approfitto, nel dare la parola al Ministro, sicuro di interpretare il punto di vista dei deputati della VIII Commissione, ma immagino anche dei deputati della X, per chiedere di nuovo al Ministro, richiamando la risoluzione che avevamo approvato all'unanimità in VIII Commissione, una sua possibile battuta sull'avvenimento di oggi.
  Sapete che una scossa di terremoto ha colpito larga parte d'Italia. L'epicentro è stato localizzato in Garfagnana, ma ha colpito in realtà tutta l'Italia centrale ed è stata avvertita fino alla Lombardia. Ciò Pag. 4che ci sta molto a cuore, dal punto di vista della sicurezza dei cittadini e anche del rilancio dell'economia, e di un certo tipo di economia, è che quella misura del 65 per cento di credito di imposta per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici sia non solo stabilizzata, ma sicuramente anche estesa, subito, agli interventi di consolidamento antisismico degli edifici.
  Su questo, il Ministro aveva già espresso degli impegni. Sapete che c’è un provvedimento, il cosiddetto «decreto-legge del fare», che è attualmente in discussione al Senato, nel quale si può intervenire e non vorremmo che lasciasse le due Camere senza che ci siano dei miglioramenti, tra cui questo dell'estensione del 65 per cento è il principale.

  ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Buon pomeriggio. Questo del presidente Realacci mi pare un richiamo drammaticamente attuale, visto quanto è avvenuto oggi. Alla questione della sicurezza rispetto al rischio sismico presto la massima attenzione. Oltretutto, l'epicentro dell'ultimo terremoto è a pochi chilometri dalla mia città natale.
  A prescindere, però, appunto dalla contingenza, credo che sia assolutamente auspicabile che, in un provvedimento come quello attualmente all'esame del Senato, adottato cercando di reperire le risorse con molta fatica, naturalmente in sede di conversione si riesca a raggiungere questo obiettivo. Ritengo che si offrirebbe una risposta importante e strutturale a uno dei temi che, purtroppo, è risultato più drammatico della storia del nostro Paese, appunto quello degli effetti sismici e della mancata prevenzione, soprattutto degli effetti sismici nell'individuazione della tipologia edilizia e nella realizzazione di edifici sicuri. Credo, dunque, che questo richiamo del presidente sia assolutamente da accogliere positivamente. Ci sarà un impegno da parte del Governo affinché questa lacuna normativa possa essere colmata.
  Venendo al tema specifico dell'audizione di oggi, avverto che sarà distribuita una relazione nella quale saranno contenuti anche alcuni dati di carattere tecnico, che però vi risparmierò nella relazione che intendo illustrarvi. Vorrei partire, innanzitutto, da un inquadramento di carattere politico.
  L'Ilva di Taranto significa molte cose, come 50 anni di storia industriale del nostro Paese, un pezzo significativo di quello che un tempo avremmo chiamato la questione meridionale e significa anche affrontare uno dei nodi più delicati del nostro sviluppo. La questione tardivamente affrontata della sostenibilità ambientale e la tutela del supremo diritto alla salute e a una migliore qualità di vita non possono essere contrapposte o, peggio, negate in nome della sostenibilità sociale, della tutela del reddito e di un lavoro produttivo.
  L'una e l'altra devono essere siano al centro dell'interesse generale e di un modello di sviluppo da ridefinire e rilanciare dopo una drammatica crisi in cui ci siamo avvitati da un quinquennio e che rende più acute e cogenti le emergenze che siamo chiamati oggi a fronteggiare, a Taranto come altrove.
  Non è questa la sede per riassumere la storia dell'Ilva, ma è forse bene ricordare un po’ di cosa stiamo parlando, anche considerando le varie interpretazioni e riproduzioni della storia abbastanza vaghe anche nel corso della vicenda di questi mesi.
  Quando, nel 1961, Taranto fu scelta per ospitare il quarto e più grande polo siderurgico italiano, la società pubblica Italsider rappresentava una realtà eccezionale non solo nel panorama italiano, ma anche europeo. Per un ventennio lo stabilimento, ai confini del quale cresceva un'area a sempre più alta densità industriale, fu protagonista di un forte sviluppo produttivo, tuttavia completamente insensibile, per mancanza di un quadro normativo di riferimento, ma soprattutto di una coscienza collettiva, alle questioni legate all'ambiente e all'inquinamento. In seguito, venne la crisi del settore siderurgico e nel Pag. 51988 Italsider cambiò denominazione in ILVA Spa, che fu acquistata, solo nel 1995, dal Gruppo Riva.
  In questa lunga storia, il tema ambiente, non solo per responsabilità dell'impresa, ma anche del Governo e della cosa pubblica più in generale, è comparso soltanto nell'ultimo quinquennio. Ora tuttavia, è diventato drammaticamente protagonista.
  Troppo a lungo il quadro di regolazione ambientale è stato assente e solo nel 2009, con il protocollo di intesa siglato a Palazzo Chigi tra tutti gli attori coinvolti a livello nazionale, regionale e locale, che fece seguito alla legge regionale del 2008 sui limiti di emissioni in aria di sostanze inquinanti, ha iniziato a trovare un riferimento per la realizzazione di interventi strutturali volti ad assicurare la compatibilità ambientale delle lavorazioni.
  Da allora, è iniziato un percorso fin qui non soddisfacente, come vedremo, per assicurare a lavoratori e cittadini la garanzia dei diritti fondamentali alla salute e all'ambiente, risolvendo la contrapposizione drammatica tra lavoro, salute e ambiente, che ha sempre caratterizzato la storia di in quest'importantissimo insediamento industriale.
  Questo percorso ha avuto forse il suo punto più alto nei provvedimenti di autorizzazione integrata ambientale (a.i.a.) emanati nel 2011 e nel 2012, con i quali è stato definito un quadro di misure precise, le prescrizioni dell'a.i.a. appunto, in grado di rendere effettivamente la lavorazione e la produzione nello stabilimento compatibili con la normativa ambientale e, più in concreto, sostenibile, posto che non credo possa negarsi la situazione di grave compromissione ambientale e i relativi riflessi sulla salute dei cittadini di Taranto.
  Si trattava di un programma di risanamento rigoroso e ambizioso, ben 93 prescrizioni in 36 mesi, per un volume di interventi che, a livello approssimativo, possono essere stimati in circa 3,5 miliardi di euro in tre anni, che però ha avuto attuazione assai parziale, come ho puntualmente contestato sin dall'inizio della mia attività al Dicastero dell'ambiente.
  Siamo così arrivati alla decisione del Governo di commissariare l'azienda con il provvedimento normativo del 4 giugno scorso. La misura, da alcuni giudicata drastica, del commissariamento si è resa necessaria non solo per le inadempienze della proprietà, ma anche a seguito degli interventi della magistratura.
  Tali interventi hanno sicuramente creato problemi al futuro produttivo dello stabilimento. Essi possono anche non essere esenti da osservazioni critiche, tuttavia hanno avuto il merito, con l'esercizio dell'azione penale, di porre il tema del pieno rispetto della legge e di squarciare un velo di reticenza e di complicità di cui – diciamolo – anche la classe politica si è resa spesso protagonista, costringendo tutti a un'assunzione di responsabilità individuale e collettiva a un tempo.
  Consentitemi di soffermarmi su alcuni passaggi fondamentali prima di arrivare al decreto-legge del 4 giugno scorso. Le prime iniziative per il miglioramento delle prestazioni ambientali dello stabilimento Ilva di Taranto intraprese dal Ministero dell'ambiente risalgono al 2005. Il lavoro in sede tecnica si conclude con la definizione di un protocollo di intesa nel dicembre 2006. A seguito di quel protocollo, la società ILVA nel marzo 2007 presentò istanza per il rilascio dell'a.i.a. al Ministero dell'ambiente nonché alla regione Puglia.
  I ministeri interessati, gli enti territoriali, le agenzie ambientali e i principali operatori industriali dell'area sottoscrissero nell'aprile 2008 un accordo di programma per l'area industriale di Taranto e Statte, poi integrato nel febbraio 2009, finalizzato all'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo, le politiche del territorio e la strategia aziendali.
  Nel 2008, in considerazione di alcuni episodi di inquinamento da diossina riscontrati nel territorio, intervenne l'emanazione della legge regionale n. 44 del 2008, che tra l'altro fissò nel territorio pugliese i limiti di emissione particolarmente rigorosi per tali inquinanti. Conseguentemente, Pag. 6l'a.i.a. dovette trovare il modo di garantire la piena coerenza con tale disposizione prevedendo la realizzazione di specifici sistemi di trattamento per l'abbattimento delle emissioni di diossina e fissando le condizioni per la realizzazione di sistemi di campionamento o monitoraggio in continuo di tali inquinanti.
  Il 4 agosto 2011 si giunse all'emanazione da parte del Ministero dell'ambiente dell'autorizzazione integrata ambientale per le attività produttive gestite dall'ILVA a Taranto. Il provvedimento di a.i.a., stante le complessità dell'impianto, è un documento di 1.162 pagine, di cui oltre 300 relative ai limiti di emissione, i requisiti d'esercizio, le misure attuative o specifiche di monitoraggio. L'ILVA ha proposto ricorso avverso il provvedimento di a.i.a. presso il TAR di Lecce, che si è espresse a riguardo il 9 marzo 2012, disponendo la sospensione di alcune prescrizioni accessorie all'a.i.a..
  Qui voglio richiamare solo incidentalmente un tema che esula dalle competenze di queste Commissioni e anche dalle mie, ma questa è l'ennesima vicenda che pone il tema della drammaticità dell'obiettivo del coordinamento dell'attività delle giurisdizioni. Spesso, infatti, sullo stesso tema i pronunciamenti delle diverse magistrature hanno segni non conformi.
  Alla sospensiva ha fatto seguito la sentenza del medesimo TAR dell'11 luglio 2012, con cui è stato disposto l'accoglimento parziale del ricorso. Inoltre, alcuni aspetti dell'a.i.a., in parte superati dal successivo decreto di riesame, sono stati oggetto di ricorso straordinario al Capo dello Stato da parte del WWF, per il quale si è ancora in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato sulla base della relazione istruttoria del Ministero dell'ambiente, che si è espresso per il rigetto del ricorso.
  Esclusi i casi delle prescrizioni oggetto di ricorso già citati, l'ILVA ha avviato l'attuazione delle prescrizioni dell'a.i.a.. Secondo il calendario stabilito, l'ente di controllo non ha a riguardo segnalato particolari inottemperanze durante il primo anno di monitoraggio.
  Il 2 febbraio 2012, il procuratore della Repubblica di Taranto ha reso noto che gli elementi acquisitivi nell'ambito di un procedimento penale in corso a carico dei vertici dell'ILVA erano allarmanti e meritavano l'attenzione dei soggetti titolari di specifici poteri di intervento in materia di tutela dell'ambiente e della salute.
  In particolare, ha posto all'attenzione delle amministrazioni due perizie tecniche di parte non contestate dall'ILVA e consolidatesi quale prova d'indagine: una relativa ad aspetti epidemiologici; l'altra ad aspetti chimico-ambientali. In seguito, il 25 luglio 2012, sulla base di tali elementi, il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro senza facoltà d'uso delle aree a caldo dello stabilimento, prevedendo che le attività necessarie all'esecuzione dell'ordinanza fossero gestite da custodi giudiziari.
  L'intervento della magistratura, come ho già detto, pur impattando sull'attività produttiva di ILVA, ha segnalato le criticità in materia ambientale di uno stabilimento che per troppo tempo ha concepito il concetto di innovazione con esclusivo riferimento ai processi di carattere produttivo. Eppure, non si può dire, come pure è stato detto un po’ superficialmente, che tutto sia stato delegato alla magistratura. In quelle stesse settimane, vi è stata una fitta sequenza di provvedimenti amministrativi ai vari livelli di governo, di cui ricordo brevemente la cronologia.
  Il 5 marzo 2012 il presidente della regione Puglia ha richiesto il riesame dell'a.i.a. a causa degli esiti del monitoraggio ambientale di alcuni inquinanti (benzopirene) proveniente dalle cokerie ILVA.
  L'8 marzo 2012 la Commissione europea ha emanato le conclusioni sulle best available technologies (BAT) per il settore siderurgico, imponendo il relativo adeguamento degli impianti entro il 2016 ai sensi della nuova direttiva che disciplina la materia.
  Il 9 marzo 2012, esaminati tali elementi, il ministero ha avviato il riesame Pag. 7dell'a.i.a.. Per accelerare i lavori della commissione istruttoria in relazione alla specifica criticità dell'impianto, il Ministro dell'ambiente ha impegnato l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) per potenziare il supporto tecnico operativo alla commissione e, inoltre, ha costituito uno specifico gruppo di lavoro costituito da esperti indicati dalle amministrazioni interessate di supporto tecnico scientifico alla Commissione istruttoria in relazione al riesame dell'a.i.a. dell'ILVA. La commissione, da parte sua, ha garantito una specifica e autonoma struttura di coordinamento per l'istruttoria a ILVA e ha svolto una gran parte dei lavori a Taranto per consentire riscontri diretti sul sito.
  Il 26 ottobre 2012 è stato emanato un primo stralcio del provvedimento di riesame relativo alle produzioni a caldo e alla gestione dei parchi minerari. Il decreto del 26 ottobre 2012 integra le determinazioni già contenute nel provvedimento di a.i.a. del 4 agosto 2011. Esso, tenendo anche conto del provvedimento della magistratura, specifica un insieme di misure per: adeguare, negli stretti tempi tecnici, lo stabilimento siderurgico al documento di conclusioni sulle BAT relative al settore siderurgico, di cui alla decisione della Commissione europea 2012 n. 135, anticipando la tempistica fissata a livello europeo per il 2016; recepire in maniera puntuale quanto previsto dal piano di risanamento della qualità dell'aria adottato dalla regione Puglia; recepire le rettifiche al provvedimento di a.i.a. indicate dalla sentenza del TAR di Lecce.
  Il decreto di riesame del 26 ottobre 2012 costituisce, pertanto, un primo stralcio del complessivo riesame dall'a.i.a.. È, quindi, previsto che, con successivi provvedimenti di riesame, saranno disciplinati: le discariche interne; la gestione dei materiali, sottoprodotti e rifiuti inclusi, e la gestione delle acque; le restanti aree d'attività dello stabilimento non considerate nonché il sistema di gestione ambientale e la gestione energetica.
  Inoltre, il decreto del 26 ottobre 2012 ha previsto che, oltre i casi espressamente previsti dalla norma, si provvederà a un nuovo riesame, su istanza della regione Puglia, a seguito della definizione del documento per la valutazione del danno sanitario ai sensi della legge regionale 24 luglio 2012, n. 21; a seguito della presentazione da parte dell'ILVA Spa, entro 2 mesi dal rilascio del provvedimento di riesame dell'a.i.a., del progetto di filtri a maniche e camino E312 Agglomerato; a seguito della presentazione da parte di ILVA Spa, entro 6 mesi dal rilascio del provvedimento di riesame dell'a.i.a., del progetto per la realizzazione della completa copertura dei parchi minerari. Tale ultimo progetto, nonostante la scadenza del termine, non è ancora stato validamente presentato dall'ILVA.
  L'allegato tecnico del provvedimento di riesame del 26 ottobre 2012 (parere istruttorio) specifica 94 punti che contengono prescrizioni di tipo sia impiantistico sia gestionale nonché richieste di piani e progetti. Il decreto, quindi, fissa una tempistica serrata per l'attuazione degli interventi finalizzata a conseguire gli adeguamenti alle nuove BAT, migliori tecnologie disponibili di riferimento indicate a livello comunitario, ben prima dei tempi fissati a livello comunitario, cioè il marzo 2016.
  Il decreto, inoltre, fissa una disciplina di autocontrolli e verifiche da parte di ISPRA molto più rigorosa di quella generalmente prevista per gli altri impianti soggetti ad a.i.a.. In particolare, sono previsti rapporti trimestrali anziché annuali da parte del gestore, ispezioni con periodicità parimenti trimestrali da parte dell'autorità di controllo ISPRA e valutazioni, sempre su base trimestrale, sullo stato di attuazione delle prescrizioni da parte di ISPRA e del gruppo istruttore della commissione a.i.a. – IPPC.
  Si noti che l'a.i.a. in generale non sviluppa specifiche valutazioni in merito agli aspetti sanitari, ma al riguardo recepisce le determinazioni delle autorità competenti, così come avviene per altre materie, quali la sicurezza dei lavoratori o la protezione dal rischio di incidente rilevante.Pag. 8
  Nel caso specifico del decreto di riesame del 26 ottobre 2012, le determinazioni in materia sanitaria richiamate sono state le seguenti. In premessa, si riconosce: la necessità di sviluppare, contestualmente all'attuazione dell'a.i.a., un apposito piano di monitoraggio sanitario nell'area di Taranto da realizzare a cura e a spese delle amministrazioni preposte alla tutela della salute e dell'ambiente; che potrà essere richiesto dalla regione Puglia il riesame del provvedimento a seguito della definizione del documento per la valutazione del danno sanitari ai sensi della legge regionale 24 luglio 2012, la cui definizione era stata prevista entro gennaio 2013. Al riguardo, va chiarito che a oggi, nonostante i termini fissati siano ampiamente scaduti, non risulta che l'ARPA abbia predisposto alcun rapporto né che la regione Puglia lo abbia approvato né tantomeno che abbia proposto l'apertura di un procedimento di riesame su tale base.
  Il decreto ILVA del Governo Monti del 3 dicembre 2012 (decreto-legge n. 207 del 2012), riconoscendo l'incompatibilità dei provvedimenti cautelari adottati dalla magistratura con la possibilità di esercire l'impianto e di dare attuazione all'a.i.a., ha disciplinato le modalità con cui può essere consentito l'esercizio temporaneo fino a 36 mesi degli stabilimenti produttivi di interesse nazionale, quale l'ILVA di Taranto, fino a completa attuazione dei provvedimenti di riesame dell'a.i.a..
  Il citato decreto-legge ha introdotto, come sapete, molte novità: la nomina di un garante per l'attuazione del riesame dell'a.i.a. che, avvalendosi di ISPRA, acquisisce dalle amministrazioni i dati sullo stato di attuazione dell'a.i.a. segnalando le criticità e proponendo le misure da adottare; l'introduzione di un'aggiunta alle già previste sanzioni penali e misure correttive e ulteriori e pesanti sanzioni amministrative in caso di inottemperanza del provvedimento di riesame dell'a.i.a., che possono arrivare al 10 per cento del fatturato dell'azienda; un rapporto trimestrale al Parlamento da parte del Ministro dell'ambiente in merito allo stato di attuazione delle condizioni dell'a.i.a.; la predisposizione, da parte di ASL e ARPA, di un rapporto annuale di valutazione del danno sanitario sulla base dei criteri metodologici emanati dal Ministro della salute e da quello dell'ambiente, che è in corso di registrazione. Finalità di tale supporto è aggiornare il Parlamento sulla situazione sanitaria del sito.
  Nell'aprile 2013, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 85 del 2013, ha confermato la legittimità del decreto-legge n. 207 del 2012 in esito alla richiesta di pronuncia pervenuta da parte della magistratura di Taranto. Tale sentenza fissa un principio importante, ovvero che è necessario un continuo e vicendevole bilanciamento tra i princìpi e i diritti fondamentali senza pretese di assolutezza per nessuno di essi.
  Pertanto, attraverso la legge, è lecito stabilire i criteri per la più adeguata contemperazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, come il diritto alla salute, il diritto all'esercizio di libera impresa e il diritto al lavoro ove siano rispettate tali disposizioni. Non è, dunque, facoltà del potere giudiziario sindacare sulla prevalenza di uno di tali diritti su gli altri.
  Successivamente, l'autorità giudiziaria di Taranto ha adottato ulteriori provvedimenti: un'ordinanza di sequestro del Gruppo Riva per 8 miliardi di euro finalizzata a garantire la copertura dei previsti interventi per il risanamento ambientale e l'attuazione dell'a.i.a. in ragione della normativa di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001, che regola la responsabilità delle persone giuridiche; un altro provvedimento che rimetteva all'ILVA Spa la facoltà d'uso degli impianti, ma che contestualmente conferma il ruolo dei custodi giudiziari che, con il supporto nucleo operativo ecologico dei Carabinieri (NOE), dovranno vigilare sul puntuale e rigoroso rispetto dell'a.i.a. anche riferito ai tempi di attuazione, risolvendosi conseguentemente di vietare nuovamente la facoltà d'uso ove siano riscontrate le violazioni.
  Autonomamente dai provvedimenti della magistratura, il mio ministero in fase precedente agli stessi aveva avviato una Pag. 9serie di consultazioni con i soggetti coinvolti nelle problematiche relative all'attuazione dell'a.i.a., regione Puglia, provincia e comune di Taranto, garante, associazioni ambientaliste e associazioni sindacali. Da tali consultazioni erano emerse criticità che mi avevano indotto a chiedere immediatamente specifiche relazioni alla competente direzione generale e all'ISPRA quale organo di controllo.
  Il rapporto di ISPRA, che si svolgeva, in attuazione del decreto di riesame dell'a.i.a. del 26 ottobre 2012, in data 27 gennaio 2013 e in data 27 aprile 2013, ha trasmesso le relazioni trimestrali sullo stato degli adempimenti relative, rispettivamente, al primo e al secondo trimestre di vigenza del provvedimento. L'esame di tale rapporto nonché gli esiti delle ispezioni condotte presso lo stesso stabilimento e le istruttorie sulla documentazione presentate da ILVA in attuazione dell'a.i.a. hanno reso evidenti ritardi nell'attuazione delle prescrizioni e altre specifiche violazioni.
  In particolare, con riferimento al primo trimestre, ISPRA ha accertato e notificato, con nota del 17 maggio 2013, la violazione di una serie di prescrizioni del decreto di riesame dell'a.i.a.. Nel testo che è stato consegnato alle Commissioni tali violazioni sono elencate in modo puntuale.
  Tali violazioni sono state oggetto di segnalazione all'autorità giudiziaria, di adozione di misure correttive da parte della competente direzione generale del Ministero dell'ambiente, di diffide su proposta ISPRA e di segnalazione al prefetto per la comminazione delle previste sanzioni amministrative.
  Con riferimento al secondo trimestre, a seguito dell'ispezione condotta dal 28 maggio 2013 da ISPRA, sono state accertate ulteriori violazioni delle prescrizioni in base agli elementi acquisiti da parte della commissione a.i.a.-IPPC e da ISPRA. Anche la direzione generale del Ministero dell'ambiente ha segnalato a ISPRA la necessità di contestare a ILVA Spa inadempienze nell'attuazione di alcune prescrizioni. Richiamo sempre il testo consegnato alle Commissioni per l'elenco di tali violazioni.
  Per tutte le violazioni segnalate in corso, da parte di ISPRA la contestazione per l'irrogazione della sanzione e da parte del ministero in qualità di autorità competente la diffida prevista dalla legge per l'adempimento di alcune prescrizioni, la commissione a.i.a. non ha riscontrato elementi sufficienti a proseguire i lavori istruttori, ritenendo pertanto non adempiute le suddette prescrizioni.
  Sulla base di quanto comunicato dalla commissione a.i.a., la direzione generale del ministero ha, pertanto, chiuso con esito negativo il procedimento amministrativo di verifica dell'adeguatezza della documentazione presentata in attuazione dell'a.i.a.. In conclusione, in totale, durante i 6 mesi monitorati di vigenza del provvedimento di riesame dell'a.i.a., risultano contestate violazioni a ILVA Spa per 20 prescrizioni su 94.
  Tale evidenza è, peraltro, l'ultima conferma dell'atteggiamento sostanzialmente elusivo dei proprio obblighi che la società Ilva ha assunto nei mesi passati omettendo di porre in essere le iniziative più importanti, come quelle relative alla progettazione esecutiva della copertura dei parchi minerari e del dry quenching per gli attori della cokeria, accumulando ritardi anche in relazione ai tempi di copertura dei nastri proposti dalla stessa azienda, manifestando difficoltà e resistenza a fornire la collaborazione in ordine alla documentazione tecnica da produrre per dare compiuta attuazione ad alcune prescrizioni.
  Credo che un elemento sintomatico di questa volontà elusiva fosse anche rappresentato dalla mancata strutturazione di una vera e propria articolazione funzionale per gestire all'interno dell'azienda l'insieme dei provvedimenti.
  Prendendo atto di tale situazione, lo stesso Garante per l'attuazione del provvedimento di riesame dell'a.i.a. ha riconosciuto che l'amministrazione ha espletato tutte le azioni ordinarie previste, prospettando quale possibile soluzione della situazione un commissariamento straordinario dell'azienda in relazione alla contestazione delle gravi conseguenze che la posizione assunta dai dirigenti e quadri Pag. 10può comportare, motivata peraltro dall'inidoneità del modello organizzativo di prevenzione dei reati ambientali di cui l'impresa si è dotata.
  Sottolineo che la richiesta del garante non attivava il percorso pur contenuto nell'ambito del citato decreto legislativo n. 231 del 2001, che prevedeva un non precisato commissariamento, ma chiedeva al Governo, invece, l'individuazione di una figura ex novo.
  Anche sulla base di tale evidenza, è stato emanato il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, che ha disposto il commissariamento straordinario di ILVA Spa, i cui organi, in particolare, sono stati surrogati in base alla norma per un periodo di 12 mesi prorogabile e, inoltre, l'ILVA Spa è stata resa completamente indipendente dalla controllante società Riva.
  Un commissariamento di nomina governativa, infatti, provvede alla gestione dell'azienda finalizzata prioritariamente a superare le criticità che sono state causa del provvedimento di commissariamento. A tal fine, un comitato formato da tre esperti di nomina ministeriale provvede a redigere un piano di misure per il superamento delle citate criticità sulla base del quale il commissario predispone il piano industriale. Nello svolgimento della sua funzione, il commissario, il dottor Bondi, è stato affiancato da un subcommissario, che il Ministro dell'ambiente ha individuato nella figura di Edo Ronchi, con un ruolo esplicitamente rivolta all'ambientalizzazione a cui, contestualmente all'esigenza della produzione e del rispetto delle regole, l'azienda deve prestare la massima attenzione.
  Edo Ronchi è, a mio avviso, espressione di un ambientalismo che ha saputo affrontare le sfide del governo e avrà il compito anche di seguire, in particolare, i lavori del comitato dei tre esperti che sarà nominato prossimamente e che è incaricato di contribuire a formulare il piano ambientale, che, pertanto, non può essere considerato come esterno alle dinamiche aziendali.
  Si tratta di una scelta fatta per dare credibilità a quel percorso di risanamento prevista dal decreto e per costruire un rapporto più forte con la città e le sue istanze. Quest'ultimo tema non può essere sottovalutato. Ritengo, infatti, che vada studiata al più presto una procedura di comunicazione ai cittadini di Taranto del procedere del monitoraggio ambientale a mano a mano che si attuano le prescrizioni a.i.a. e di ISPRA e ARPA.
  Per quanto attiene lo stralcio relativo alle discariche interne alla gestione di rifiuti e acque, i lavori della commissione a.i.a.-IPPC sono ancora in corso stante la difficoltà da parte di ILVA di fornire i necessari chiarimenti tecnici. Al riguardo, risulta critica la circostanza per cui la nuova discarica di rifiuti non pericolosi potrebbe essere stata realizzata non conformemente con il progetto approvato con il decreto di VIA regionale.
  Ulteriori criticità riguardano gli interventi di ripristino ambientale operati da ILVA nell'a.i.a., le modalità di autorizzazione della nuova discarica di rifiuti pericolosi e le attuali modalità di esercizio dell'esaurienda discarica di rifiuti non pericolosi. In merito, è stato predisposto un approfondimento tecnico da parte di ISPRA.
  Inoltre, la medesima discarica, in data 4 marzo 2013, è stata oggetto di un'ordinanza di demolizione da parte del sindaco di Statte in quanto ritenuta opera abusiva ed è stato, conseguentemente, disposto il ripristino dei luoghi entro 90 giorni. Avverso tale provvedimento è pendente un ricorso da parte di ILVA presso il TAR.
  ILVA sta, inoltre, provvedendo, solo ora e con difficoltà, a far pervenire la documentazione tecnica integrativa relativa all'aggiornamento dei piani di gestione delle nuove discariche, alla gestione delle acque e alla gestione dei rifiuti alla luce delle osservazioni formulate in merito dal gruppo istruttore.
  Il coinvolgimento della regione, quale autorità competente in materia di verifica e ottemperanza della VIA, pare suggerire che solo attraverso un accordo istituzionale con tale ente territoriale sarà possibile definire il provvedimento di a.i.a. in tempi ragionevoli.Pag. 11
  Pare il caso di segnalare, al riguardo, che per l'a.i.a. dello stabilimento ILVA di Taranto la Commissione europea ha avviato due distinte procedure pilot di acquisizione di informazioni in vista dell'avvio di possibili procedure di infrazione. Nessuna di tali procedure, peraltro, ha condotto la Commissione a contestare possibili infrazioni.
  Infine, si segnala come la sia pur non completa attuazione dell'a.i.a. abbia comunque comportato un sensibile miglioramento delle qualità dell'aria nei quartieri abitati limitrofi allo stabilimento, dovuto, per la verità, anche al fatto che la capacità produttiva è stata fortemente ridimensionata e che, quindi, una parte degli impianti non è utilizzata. Le recenti rilevazione di ARPA Puglia nel quartiere Tamburi, ad esempio, indicano livelli di benzo(a)pirene ben al di sotto non solo di quelli che avevano determinato la richiesta di riesame, ma anche delle soglie fissate di quelli rilevati anche in altre zone di Taranto.
  Fin qui mi sono limitato a descrivere, essenzialmente, le problematicità connesse al processo produttivo di ILVA. Vorrei aggiungere un elemento di contesto che assume, per il tema ambientale, un'importanza decisiva. Oltretutto, Taranto non è solo l'acciaio, poiché la questione dell'ambientalizzazione e delle bonifiche riguarda l'intera area industriale.
  Come sapete, il sito di interesse nazionale è stato perimetrato con un decreto del Ministero dell'ambiente il 10 gennaio del 2000. Tra le aree private a terra, assume una grande rilevanza, ovviamente, l'area dello stabilimento ILVA, che si estende per una superficie di 10 chilometri quadrati. Lo stato della contaminazione riscontrata nelle diverse matrici ambientali ha aspetti allarmanti. La qualità dei terreni delle acque superficiali e delle acque profonde è compromessa dalla presenza di sostanze inquinanti per valori sensibilmente superiori ai livelli tollerabili e, in qualche caso, persino abnormi.
  Il procedimento di bonifica dell'area ha subìto una battuta d'arresto intollerabile a seguito della richiesta di rimodulazione degli obiettivi di bonifica avanzata dalle aziende ILVA e SANAC. Le prescrizioni formulate dalla Conferenza dei servizi sull'analisi di rischio e la richiesta di attuazione di interventi di messa in sicurezza di emergenza sono stati contestati dalle aziende, che hanno proposto ricorsi al TAR sui verbali della Conferenza.
  Tra le sospensive dei provvedimenti e i procedimenti giudiziari tuttora in corso, le bonifiche non procedono e questo rappresenta un altro elemento di criticità che vorrei continuare a segnalare perché una parte delle bonifiche non si realizzano sulla base di interventi dell'autorità giudiziaria amministrativa.
  Gli unici interventi sulle matrici ambientali risultate contaminate eseguite da ILVA hanno riguardato la messa in sicurezza di emergenza dei suoli in alcune aree funzionali all'esercizio degli impianti, mentre gli interventi di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell'area di Taranto riconducibili alla responsabilità dell'ILVA sono previsti nel protocollo di intesa sottoscritto tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i ministeri interessati, la regione Puglia, il comune di Taranto e la provincia di Taranto, oltre al commissario straordinario del porto di Taranto. Per l'attuazione dei suddetti interventi, solo parzialmente finanziati, è stato nominato nell'agosto 2012 un commissario straordinario. Con il protocollo di intesa, si è provveduto, tra l'altro, a una ricognizione sullo stato di attuazione degli interventi e alla relativa verifica della copertura finanziaria.
  Gli interventi di messa in sicurezza e bonifica previsti dal protocollo di intesa riconducibili alle attività dell'ILVA rimangono pertanto impellenti: la bonifica e messa in sicurezza permanente dei sedimenti contaminati da PCB nel Mar Piccolo (l'intervento che è finanziato dal Fondo sviluppo e coesione per un importo di 21 milioni di euro si riferisce ad una contaminazione riconducibile all'attività di ILVA, ma non soltanto – pesante è la corresponsabilità dell'attività dell'arsenale militare che, nel corso del tempo, ha Pag. 12utilizzato il Mar Piccolo come discarica -); la messa in sicurezza e bonifica della falda superficiale SIN di Taranto (l'intervento che dovrà avere una copertura finanziaria a carico dello Stato per un importo di 50 milioni di euro si riferisce ad una contaminazione direttamente riconducibile all'attività dell'ILVA); la messa in sicurezza e bonifica dei suoli contaminati nel quartiere Tamburi. Su tutto questo, il ministero, per la propria parte di competenza, vigilerà con lo scrupolo necessario a garantire tempi certi e contro ogni ulteriore dilazione.
  Nel pieno rispetto del principio di indipendenza dei poteri e, in particolare, per il rispetto dell'autonomia del lavoro di questa Commissione, non voglio soffermarmi ulteriormente sul dettaglio delle ragioni che hanno portato alle previsioni normative del decreto-legge che ora il Parlamento discute in vista della sua conversione in legge. Tuttavia, c’è un punto sollevato anche in quest'Aula su cui mi permetto di fornire qualche elemento di chiarimento. Esso riguarda il rapporto tra lo strumento del commissariamento, il diritto di proprietà e il libero esercizio delle facoltà ad esso connesse.
  L'articolo 1 del decreto-legge n. 61 del 2013 ha previsto una nuova figura di commissariamento delle imprese in presenza di imprese di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti per l'ambiente e la salute. Nessuno degli strumenti previgenti riusciva ad assicurare l'adeguamento ambientale di stabilimenti industriali in continuità con lo svolgimento dell'attività produttiva. Insisto molto sul tema della continuità, che individua una specificità per cui altre forme di sanzione non sono funzionali a raggiungere gli obiettivi previsti dall'a.i.a..
  La disciplina vigente per il caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'a.i.a. contempla, infatti, solo misure sanzionatorie (diffida, sospensione dell'attività, revoca dell'autorizzazione ambientale) che prescindono dall'esigenza di assicurare la continuità aziendale.
  Nel decreto-legge n. 207 del 2012, si è tentato di colmare questa lacuna con una regola di carattere generale per gli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, prevedendo che, in caso di assoluta necessità di salvaguardia dell'occupazione e della produzione, il Ministro dell'ambiente possa autorizzare, in sede di riesame dell'autorizzazione ambientale, la prosecuzione dell'attività produttiva per un lasso temporale non superiore a 36 mesi, a condizione che siano adempiute le prescrizioni contenute nell'autorizzazione.
  Tuttavia, questa previsione mancava di adeguate garanzie. Da un lato, ha previsto, in termini generali, sanzioni amministrative pecuniarie in aggiunta a quelle generali già indicate e contenute nel Codice dell'ambiente; dall'alto, con riferimento specifico all'ILVA, ha previsto che il garante preposto alla vigilanza sull'attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale segnali al Presidente del Consiglio dei ministri le criticità riscontrate e propone «le idonee misure ivi comprese e l'eventuale adozione di provvedimenti di amministrazione straordinaria anche in considerazione degli articoli 41 e 43 della Costituzione».
  Ma i provvedimenti di amministrazione straordinaria sono, tuttavia, genericamente menzionati dal decreto-legge. Si deve, pertanto, presumere che si faccia riferimento a istituti normativi vigenti, e dunque all'amministrazione straordinaria delle imprese in crisi di cui alla legge Prodi (legge n. 95 del 1979) e all'amministrazione straordinaria di cui alla cosiddetta legge Marzano (legge n. 39 del 2004). In entrambi i casi, si presuppone lo stato di insolvenza dell'impresa che nel caso di ILVA Spa non risulta, invece, accertato. In ogni caso, il commissariamento avviene in una prospettiva esclusivamente industriale, che non tiene conto dei profili di adeguamento ambientale.
  È evidente, allora, che, nel caso dell'ILVA, la via del commissariamento a legislazione vigente non era praticabile e non sarebbe stato idonea agli scopi perseguìti sia per la mancanza di uno stato di Pag. 13insolvenza accertato sia per l'inidoneità a conseguire l'adeguamento degli impianti alle prescrizioni ambientali.
  Il presupposto giuridico, a cui peraltro si fa esplicito riferimento nel decreto-legge n. 207 del 2012, dei provvedimenti di amministrazione straordinaria nei confronti dell'ILVA sono gli articoli 41 e 43 della Costituzione. L'articolo 41, nel sancire la libertà dell'iniziativa economica privata, contestualmente delimita tale libertà affermando che tale iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. A sua volta, l'articolo 43 della Costituzione consente alla legge statale di procedere alla nazionalizzazione delle imprese ove esse si riferiscano ai servizi pubblici essenziali o a fonti di energie o a situazioni di monopolio o abbiano carattere di preminente interesse generale.
  Il difetto del decreto-legge n. 207 del 2012 è di aver previsto, a fronte dell'inosservanza delle prescrizioni dell'a.i.a., da un lato, sanzioni pecuniarie e, dall'altro, l'amministrazione straordinaria dell'impresa, misure entrambe inidonee a conseguire l'obiettivo dell'adeguamento ambientale.
  In tale contesto normativo generale e speciale, l'articolo 1 del decreto-legge n. 61 opta per la soluzione di un nuovo tipo di commissariamento sui generis, ancorato a precisi presupposti di rilevante gravità, in una logica e in una prospettiva che non vuole essere punitiva per l'impresa inosservante dell'a.i.a. – per questo ci sono le sanzioni – e delle altre prescrizioni ambientali e non vuole arrivare alla chiusura dell'impresa o alla sua nazionalizzazione o espropriazione, ma mira al risanamento ambientale dell'impresa con contestuale prosecuzione dell'attività produttiva e salvaguardia dell'occupazione nel pieno rispetto delle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 85 del 2013.
  Consentitemi di concludere tornando brevemente su alcune questioni di carattere generale, che non solo si pongono e si porranno del dibattito parlamentare, ma anche nella maturazione del giudizio dell'opinione pubblica sul nostro operato. Si tratta di questioni che hanno a che fare anche e soprattutto con la prospettiva di una realtà che non rappresenta, in questo caso, una singola azienda o un singolo processo produttivo, ma che, per il suo valore persino simbolico, diventa il luogo in cui si declinano problemi generali che hanno a che fare con il nostro sviluppo e con il nostro modo di stare insieme come comunità nazionale.
  I provvedimenti normativi, infatti, per quanto perfettibili e pur se scritti bene dal punto di vista tecnico giuridico, da soli non bastano a risolvere questo tipo di questioni, e in particolare un problema dell'entità dell'ILVA. Occorre far seguire al momento normativo iniziative concrete che diano il senso e la misura dei progressi dell'attività svolta, ovvero stigmatizzare e rispondere ai ritardi in un quadro di leale collaborazione tra i poteri dello Stato e delle istituzioni a tutti i livelli e in un contesto in cui la discussione pubblica sia fino in fondo consapevole e responsabile.
  Allora deve essere chiaro e condiviso come primo punto che l'a.i.a., così come è stata declinata nelle sue prescrizioni, è in grado, se attuata completamente e nel rispetto della tempistica indicata, di assicurare compiutamente la tutela dell'ambiente, ovvero di rendere compatibile, o meglio sostenibile, il processo produttivo dell'ILVA con l'ambiente, ponendo quello stabilimento industriale in linea con le migliori esperienze europee.
  Va da sé in questa sede un mio impegno anche attraverso l'individuazione di apposite misure amministrative affinché i controlli sino a ora effettuati dall'ISPRA in collaborazione con ARPA Puglia continuino per tutto il tempo necessario, eventualmente intensificandoli con le necessarie risorse umane e strumentali, per garantire terzietà, continuità, qualità e trasparenza dei controlli e, più in generale, di tutta l'attività che si svolge presso l'ILVA.
  Vi è una seconda questione su cui bisogna sgombrare il campo da dubbi ed equivoci che riguarda l'assetto normativo e Pag. 14la governance della situazione, che adesso vede coinvolti più soggetti a livelli istituzionali e, in particolare, ha visto l'istituzione recente delle figure del garante e del commissario affiancato a un subcommissario.
  Pure in questa occasione istituzionale vorrei chiarire che si tratta di due figure, garante e commissario, distinte ma complementari, che operano una all'esterno e una all'interno dell'azienda con l'intento comune di sviluppare tutte le azioni necessarie al piano di risanamento ambientale, visto appunto nelle due prospettive, interna ed esterna. In altre parole, non abbiamo creato doppioni o poltrone, come pure è stato detto, ma solo opportunamente il migliore assetto di governo per assicurare il conseguimento degli obiettivi prefissati nell'a.i.a..
  È anche chiaro che, con il tempo, Governo e Parlamento saranno chiamati a una riflessione più approfondita su come coordinare queste funzioni. La leale collaborazione di tutti i soggetti e gli operatori coinvolti è il primo passo indispensabile per affrontare con qualche efficacia il problema.
  In questo senso, anche per definire un quadro complessivo e sinergico delle attività di tutti i livelli coinvolti, convocherò un vertice nella prima settimana di luglio a Roma, al quale parteciperanno tutte le istituzioni coinvolte sotto il profilo ambientale proprio al fine di mettere intorno a un tavolo senza commistione di ruoli coloro che nel periodo che abbiamo davanti, sino al completamento delle prescrizione a.i.a., avranno il compito di curarne l'attuazione.
  Concludo davvero nella consapevolezza che sull'emergenza ILVA di Taranto il sentiero è stato tracciato e ora, nel pieno rispetto dell'operato della magistratura, il nostro obiettivo comune deve essere quello di non consentire dilazioni pericolose sia per la salute sia per il lavoro.
  Salute e lavoro vanno insieme perché negli ultimi anni è accaduto qualcosa di veramente scandaloso. Abbiamo assistito a una rappresentazione drammatica, ma da rigettare alla radice, di un conflitto insanabile che non può e non deve esserci, tra salute e lavoro, tra cittadini che devono vivere in un ambiente salubre e lavoratori della fabbrica, una contrapposizione che ha caratterizzato la lunga storia dello stabilimento di Taranto, ma che ora non può e non deve più esistere.
  A nessuno può essere consentito di porre in contrasto la tutela occupazionale con il diritto alla salute e all'ambiente non solo per la banale ma assai pregnante osservazione che i lavoratori sono i primi cittadini quell'area, i primi cioè che subiscono i danni dell'inquinamento, ma anche perché un Paese moderno e civile non può essere messo di fronte a un conflitto del genere. L'a.i.a. è stata emanata non con lo scopo di chiudere l'ILVA, ma di assicurare il rispetto delle normative ambientali e, come detto, di rendere la produzione ambientalmente sostenibile.
  Dall'altra parte, vorrei, però, che noi tutti fossimo consapevoli del fatto che assicurare un futuro all'acciaieria costituisce sì il tentativo di rispondere a una manifesta emergenza sociale, ma anche l'unico modo per assicurare un percorso di risanamento e di bonifica. In un contesto di fermo della produzione o di chiusura dell'azienda, questa sarebbe rimessa esclusivamente al pubblico, come è avvenuto in altre realtà. In sintesi, anche le bonifiche sono legate alla prosecuzione della produzione.
  Poi c’è una scommessa più grande, ma alla quale non si può rinunciare: l'avvio di quel processo forse tardivo, ma ormai sancito, per la bonifica e la riqualificazione delle aree industriali, per l'ambientalizzazione e l'innovazione degli impianti, al fine di rendere sostenibile, come altrove, anche produzioni più pesanti come l'acciaio.
  Questa è l'unica strada perseguibile nello scenario meridionale dei poli industriali in crisi per evitare disastri ambientali e scongiurare il pericolo più grande dell'abbandono e della dimenticanza.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro Orlando per la relazione di grandissimo interesse.Pag. 15
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALBERTO ZOLEZZI. Saluto e ringrazio il ministro. Lei, ministro, ha parlato giustamente dell'ente ARPA Puglia, già presente nel corso della manifestazione di queste problematiche. Sa che in Lombardia, per la misurazione della qualità dell'aria, è stata aggiunta, per un certo periodo, la valutazione di una commissione europea, che ha verificato la qualità dell'aria, peraltro dimostrando risultati molto peggiori rispetto a quelli di ARPA Lombardia. Il suggerimento è, quindi, per una situazione così particolare, almeno per un tempo relativamente breve, quello di provare ad aggiungere anche la valutazione di un ente non coinvolto nel disastro a cui ci troviamo di fronte.
  Purtroppo, si parla appunto – bisogna ricordarlo in queste audizioni – di decine di decessi aggiuntivi per la qualità dell'aria negativa, assolutamente dimostrati dai vari studi Clean air for Europe e simili. Questo, chiaramente, a livello sociale ha un impatto importante, per cui ci permettiamo, come Movimento 5 Stelle, di suggerire di avere tra gli esperti che saranno nominati anche qualcuno legato e in qualche modo condiviso con la realtà sociale e locale.
  Tra le audizioni che gentilmente il presidente Realacci ci ha consentito di avere lunedì, ce ne saranno di varie associazioni che sicuramente esprimono anche competenze importanti, da Medici per l'ambiente a ingegneri e così via.
  Il nostro è un suggerimento forte. Siamo, infatti, molto critici sul mantenimento dell'area a caldo. Tuttavia, con un percorso anche più condiviso con la popolazione, magari anche valutando le esperienze estere di bonifica, forse si riuscirà non solo a far accettare l'iniziativa a livello politico, ma anche a livello sociale, cosa che non sempre viene valutata adeguatamente.

  MICHELE PELILLO. Devo rivolgere davvero i miei complimenti al ministro per la relazione. Non sono complimenti di maniera, ma di chi conosce la questione in modo profondo. Sono, dunque, in grado di esprimere vero compiacimento perché la sua relazione preziosa è un documento che fotografa e mette a fuoco la realtà, soprattutto quella degli ultimi tempi, con tutti i diversi intrecci che si sono susseguiti.
  Ministro, pensavamo che con la legge n. 231 del 2012 di conversione del decreto-legge n. 207 del 2012, non solo avessimo imboccato la strada giusta, ma che la salita fosse finita, che cominciasse un percorso meno ripido. È arrivata, invece, la doccia fredda dell'inadempienza da parte della proprietà, la quale aveva promesso mari e monti sugli adempimenti dell'a.i.a. incardinati nella legge n. 231 del 2012 ma, grazie anche all'articolazione con cui era stata immaginata e poi approvata (mi riferisco, per esempio, all'intervento dell'ISPRA e a quello del garante), abbiamo scoperto che effettivamente, nonostante tutti i proclami, ancora c'era difficoltà nel rispettare tutte le prescrizioni.
  Siamo perciò arrivati al decreto-legge n. 61 del 2013 che è stato una necessità. Esprimo, ancora prima dell'inizio delle discussioni che avverranno in queste Commissioni e poi in Aula, il mio apprezzamento per la sua impostazione. A me sembra che l'impalcatura non solo logica ma anche giuridica del decreto-legge sia assolutamente da condividere. È chiaro che si tratta di un provvedimento giuridicamente forte, ma questa è una vicenda straordinariamente complessa, quindi aveva necessità di un intervento di questo tipo.
  Credo, ministro, che questo provvedimento, che ovviamente va letto insieme alle due precedenti leggi, la 171 (di conversione del decreto-legge n. 129 del 2012) e la 231 (di conversione del decreto-legge n. 207 del 2012), possa metterci nella condizione non solo di riprendere il percorso interrotto per le ragioni che ho detto, ma anche per assicurare – questo è un punto molto importante – piena esigibilità delle leggi n. 171 e n. 231.Pag. 16
  La legge n. 171 del 2012, che lei ha richiamato, è la legge che riguarda le bonifiche all'esterno dell'azienda. Per quella, ci sono già stati degli stanziamenti, benché siano poca cosa dal punto di vista quantitativo: dobbiamo, allora, operare in modo che tali stanziamenti siano spendibili e possiamo così intervenire con le risorse già disponibili sulle emergenze più puntuali, più acute nel territorio. Sotto questo profilo però, esiste un problema di patto di stabilità. Oggi abbiamo approvato, nel decreto-legge n. 43 su Piombino, il comma 7 dell'articolo 1, che prevede proprio una deroga al patto di stabilità per gli investimenti su ambiente e infrastrutture. Dobbiamo arricchire il decreto-legge n. 61 proprio della medesima disposizione, e quindi mettere in condizione davvero la legge n. 171, approvata l'estate scorsa, di esprimere efficacemente i propri obiettivi.
  Sulla legge n. 231 del 2012, un'altra questione fu considerata che lei ha solo sfiorato nella sua relazione, che però effettivamente è ugualmente importante: l'emergenza sanitaria. La legge n. 231 se ne occupa e anche a questo proposito ritengo che questo decreto-legge possa aiutare. In quel caso, si ravvisò una grande efficacia nell'applicazione di una norma inserita nella legge n. 231 che, in sede di conversione del decreto-legge n. 61, dobbiamo provare a rafforzare.
  Un punto vorrei porre alla sua attenzione. L'altro giorno, ho ascoltato con grande attenzione e interesse l'audizione del commissario Bondi e io le porrò due questioni assolutamente importanti dal punto di vista dell'efficacia che potrà avere l'azione del commissario.
  Oggi lei ha riportato, nella sua relazione, la cifra ipotetica per l'ambientalizzazione della fabbrica, che io conoscevo, di circa 3,5 miliardi di euro. Le rappresento che il commissario Bondi l'altro giorno e in forma ufficiale ha parlato di un importo complessivo di 1,8 miliardi, una cifra molto inferiore a quella che oggi ci ha riportato e che io giudico la più congrua. Sono rimasto molto stupito nell'apprendere l'altro giorno che, da 3-3,5, eravamo scesi a 1,8 miliardi di euro. Ovviamente, sarei ben contento se ci servissero meno risorse per ovvie ragioni, ma questo è un punto che va chiarito immediatamente.
  Un'altra questione importante dobbiamo far presente al commissario Bondi, il quale, tra le diverse difficoltà che ci ha preannunciato, anche per quello che ha già verificato nelle scorse settimane, ha fatto riferimento a quelle di rapporto con alcune amministrazioni per ottenere autorizzazioni indispensabili a intervenire nell'ambito delle prescrizioni dell'a.i.a.. Le sarei grato se chiedesse al commissario di essere molto più preciso, più puntuale. Non ci servono considerazioni generali, ma sapere se esistono ancora dei punti specifici di contrasto e di difficoltà. Dobbiamo conoscerli perché dobbiamo necessariamente superarli.

  PRESIDENTE. Oggi abbiamo una discreta quantità di tempo a disposizione, ma non significa che dobbiamo sequestrare il ministro, quindi inviterei i colleghi a interventi più brevi.

  ALESSANDRO BRATTI. Proverò a essere veloce rivolgendo solo domande e riservandomi, nella discussione generale che avremo come Commissioni sul decreto-legge n. 61, di esprimere le mie valutazioni rispetto al contenuto dello stesso decreto e a una serie di questioni relative all'ILVA.
  Anch'io ringrazio il ministro. Sicuramente, la relazione è stata approfondita ed esaustiva e mi permetto di dire che se questo atteggiamento fosse stato assunto qualche anno fa, forse oggi saremmo in altre condizioni.
  Nel decreto – vorrei una conferma, anche se mi pare abbastanza chiaro – intravedo un'anomalia, che avrete sicuramente verificato. Il piano industriale che mette a punto il commissario, di fatto, costituisce un piano di riesame dell'autorizzazione ambientale integrata.
  In secondo luogo, ritengo, e mi fa piacere che l'abbia sottolineato, fondamentale il tema dell'informazione alla popolazione, di fatto a oggi anche un obbligo di legge, ma è evidente che, se posto in Pag. 17essere con le modalità tecnocratiche o tecnicistiche, la popolazione avrà qualche difficoltà.
  Se si pubblicano tutti monitoraggi al dettaglio, così come sono eseguiti i controlli, è vero che formalmente esplica la funzione di informazione consentendo la lettura dei dati, ma in buona sostanza non si fa chiarezza. Serve quindi un ragionamento sulle modalità moderne e più condivise con la popolazione riguardo all'informazione alla cittadinanza, fermo restando che, personalmente, sono contrario che, allo svolgimento delle attività di organi istituzionali, siano chiamati organismi, cittadini, industriali o associazioni, che non sono l'istituzione. Esistono delle istituzioni: se non funzionano bene, le si faccia funzionare. Mi riferisco, naturalmente, ad ARPA e a ISPRA.
  A questo proposito, le chiedo se non ritenga necessario anche accompagnare o aiutare a portare avanti provvedimenti legislativi che davvero istituiscano in questo Paese un sistema di controlli ambientali degno di questo nome.
  Lei ha illustrato, inoltre, ed è emerso anche dalla discussione col commissario Bondi, il tema dell'impedimento delle bonifiche dovuto in parte al sequestro disposto dalla magistratura. Sorvolando sulla facoltà d'uso degli impianti, già fonte di polemica negli scorsi provvedimenti, faccio presente che in altre parti del Paese, in situazioni altrettanto gravi, in caso di bonifiche – l'ho chiesto anche al commissario – è possibile ricevere dalla magistratura l'autorizzazione, pure in un'area sequestrata, a provvedere perché trattasi di interventi di miglioramento ambientale: questa strada è stata perseguita nel caso dell'Ilva ?
  L'ultima questione è riferita al tema benzo(a)pirene, che un po’ è stato il punto che ha consentito di aprire il riesame dell'a.i.a.. Ritiene, lei o i suoi uffici sulla base di dati tecnici, che questo calo di concentrazione effettivo del benzo(a)pirene sia dovuto alla prescrizione legata alla quantità di produzione dell'acciaio o a migliorie di tecnologie specifiche ?
  A mio avviso, è dovuto a una delle prescrizioni di riduzione della quantità della produzione di acciaio, ma se i suoi uffici riuscissero a farci pervenire dei dati, anche non subito, per la nostra discussione sarebbe importante.

  GIANLUCA BENAMATI. Anch'io ringrazio, e non in maniera formale questa volta, il ministro perché questa relazione è estremamente ampia e articolata e ci dà conto non solo del passato, ma anche dell'azione coerente che questo Governo ha messo in essere per cercare di risolvere una questione che deve vederci alla fine, come sottolineava il Ministro Orlando, salvaguardare una grande capacità produttiva nel rispetto dell'ambiente e della salute dei cittadini.
  Alcuni colleghi sono già intervenuti su temi che avrei voluto toccare, ma particolarmente significativa è la questione dei costi veri di quest'operazione. Mi limiterò a sottoporle poche osservazioni emerse nel ciclo di audizioni che stiamo svolgendo, che peraltro si stanno dimostrando di un qualche interesse proprio per la conversione del decreto-legge n. 61 del 2013.
  Lei ha introdotto la prima questione parlando, appunto, della genesi dell'a.i.a., della sua revisione e di come si sia arrivati a quest'autorizzazione integrata ambientale su cui nelle audizioni scorse abbiamo avuto, in termini di emissioni, anche dall'ARPA locale, un giudizio positivo. Essa tiene conto, infatti, anche di sviluppi tecnologici che saranno applicati nel resto degli impianti europei solo tra qualche anno. La sua applicazione è, dunque, legata alla messa in campo di tecnologie di frontiera tra le più avanzate, condividendo l'opinione che, come ho sentito dalle diverse agenzie, ISPRA e ARPA regionale, i risultati in termini di emissioni saranno assolutamente positivi, se ricordo il numero e non vorrei sbagliare, addirittura quasi un dimezzamento rispetto ai limiti di legge.
  Un altro tema, però, riguarda la valutazione del danno sanitario, dell'impatto sulla popolazione. Nel corso dell'audizione dell'ARPA regionale, ovviamente – ho Pag. 18colto anche nella sua ampia relazione un richiamo a questo – si sono richiamati gli studi di valutazione del danno sanitario come non ancora completati. Oggi qui riceviamo – ho trovato oggi testé notizia proprio nei documenti della Commissione – una valutazione del danno sanitario dello stabilimento ILVA credo a cura dell'ARPA Puglia.
  In questo senso, signor ministro, direi che, in quanto sensibile, il tema della valutazione del danno sanitario tra il Ministero e l'agenzia locale deve trovare una qualche congruità di valutazioni. Diversamente, rischiamo di parlare lingue diverse su un tema che, invece, sarà fondamentale nel confronto con la pubblica opinione.
  Il secondo tema che pongo è quello dell'uso dello strumento del commissariamento, che giudichiamo particolarmente idoneo in questo caso perché ha consentito, come lei ben evidenziava, in analogia ai grandi impianti industriali di valenza strategica per il Paese, una salvaguardia di quel patrimonio industriale nel tentativo di compiere le azioni ambientali estremamente necessarie a tutela dei cittadini.
  Lei ha voluto anche richiamare, nella sua analogia, l'altro strumento di commissariamento previsti dalla normativa nazionale, la legge Prodi e la legge Marzano, strumenti di commissariamento di grandi complessi industriali di cui è articolata, nella legge, la condizione di dimensione e produzione per la quale si verifichino alcune situazioni da codice civile. In quel caso, la legge prevede chiaramente quali sono i momenti di intervento.
  Anche in questo caso, signor ministro, chi le parla e anche il gruppo PD siamo profondamente convinti della saggezza di questa scelta. Come abbiamo avuto modo di riflettere in audizione, infatti, altri stabilimenti non di queste dimensioni avrebbero subìto la sorte della chiusura.
  Tuttavia, è legittimo che sia richiesta una riflessione su una migliore definizione, in questo momento o in un altro provvedimento, dei criteri che possono produrre anche il commissariamento, vedremo se, in corso di conversione del procedimento o in sede successiva. In ogni caso, questo è un tema che assolutamente credo abbia una dignità proprio perché si basa su un principio costituzionale, ma è bene che siano chiare e concrete le indicazioni di quando questo meccanismo può essere applicato nel dettaglio.

  FILIBERTO ZARATTI. Ringrazio il ministro per la relazione corposa e che, comunque, rimette in fila una serie di questioni e di problemi. Anch'io mi riservo, ovviamente, di intervenire al momento della discussione del decreto-legge n. 61, ma vorrei sollevare due questioni che mi sembrano importanti.
  Una riguarda il tema del rapporto con i cittadini di Taranto, che giustamente anche il ministro ha sollevato. A tal proposito, penso che non ci si possa limitare unicamente alla questione della comunicazione, che pure rimane importante, ma che debba essere sviluppata anche quella della partecipazione dei cittadini con la stessa capacità innovativa con cui, giustamente, il Governo è intervenuto a interpretare, come ha ricordato lo stesso ministro, un tipo di commissariamento sui generis. Dovremmo trovare cioè una formula innovativa che permetta realmente una maggiore partecipazione dei cittadini.
  A tal proposito, ritengo che uno dei punti cruciali potrebbe essere rappresentato dalla questione dei tre esperti di nomina ministeriale. Uno di questi potrebbe essere concordato con le associazioni dei cittadini maggiormente rappresentative di Taranto, ovviamente scelto con caratteristiche di professionalità tra docenti universitari o persone particolarmente preparate.
  Quella del nostro gruppo non è che una proposta, ma se il ministro intendesse accoglierla, credo che sarebbe assolutamente positivo.
  Lei ha, inoltre, accennato alla questione dei ricorsi al TAR, che sostanzialmente creano sospensive e provvedimenti che bloccano le bonifiche in corso. Vorrei suggerire che ILVA potrebbe anche ritirare i ricorsi al TAR ora che abbiamo il commissario. Questo ci potrebbe a uno sbocco della situazione che potrebbe accelerare Pag. 19le bonifiche. Tutte le competenze di direzione amministrativa dell'azienda sono, infatti, ora in capo al commissario. Un'iniziativa da parte del ministro in questa direzione potrebbe facilitare un'accelerazione sulle bonifiche in corso.

  DIEGO DE LORENZIS. Ringrazio anch'io il ministro per l'audizione di quest'oggi. Desidero sottolineare che alcuni interventi che ci hanno preceduto sono condivisibili e rappresentano anche nostre perplessità, in particolare quelle che riguardano, per esempio, una parte dell'articolato per cui il piano aziendale ha l'effetto di modificare l'a.i.a..
  Sollevando un'altra questione, se non sbaglio sempre in quest'Aula e nel corso dell'audizione dal presidente dell'ARPA Puglia, si sarebbe chiesto al Governo e al ministro competente un maggior coordinamento degli enti e delle agenzie preposte, ma anche uno stanziamento di risorse umane ed economiche che fosse congruo agli incarichi, appunto, di questa agenzia.
  Un'ulteriore perplessità sollevata nelle scorse audizioni è data, appunto, forse da una confusione che si è generata tra il sequestro con facoltà d'uso da parte del gip e un sequestro per gli incidenti avvenuti con la tromba d'aria. Stando a quanto è stato riferito, questi non consentono di avviare alcuni interventi per le bonifiche all'interno dello stabilimento. Si è anche sollevato il dubbio sul fatto che alcuni enti locali hanno difficoltà per procedere in tal senso.
  Inoltre, con riferimento a quanto anche lei ha dichiarato sulla riduzione della concentrazione degli inquinanti delle emissioni registrata e sul fatto che questo, in qualche modo, sia dovuto ai miglioramenti dovuti alle prescrizioni a.i.a. e, in seguito, alla riduzione della produzione, ovviamente non c’è ancora certezza di quale sia la causa preponderante.
  A tal proposito, secondo la valutazione sanitaria dell'ARPA, a compimento dell'a.i.a., il rischio di contrarre patologie tumorali è dimezzato. Il dottor Assennato ha dichiarato anche che questo rischio diventa irrilevante qualora la produzione sia ridotta di un ulteriore milione di tonnellate di acciaio. Vorrei chiedere il parere al ministro su questo aspetto.
  Ancora, altri dati esposti nel documento, tra l'altro anche abbastanza dettagliato rispetto ad altri, che il ministro ha fatto pervenire oggi a questa Commissione, in qualche modo sollevano alcune domande più specifiche. Il ministro ha, giustamente, ricordato che Taranto non è solo l'ILVA e, proprio in merito a questo, vorrei porre delle domande un po’ più specifiche.
  A Taranto abbiamo la raffineria dell'ENI, il cementificio dalla Cementir, tre inceneritori, l'ILVA, numerose discariche di rifiuti speciali e non e anche di rifiuti pericolosi: vorrei capire se non sarebbe il caso di una moratoria per impedire a tutti i nuovi impianti soggetti a normativa a.i.a. e a tutti gli impianti in fase di rinnovo di impedire che continuino a inquinare il territorio di Taranto.
  Il Mar Ionio, inoltre, è ricco di biodiversità. Si individuano spesso dei delfini al largo di quest'insenatura e adesso sono state inoltrate al ministero diverse richieste per la ricerca di idrocarburi. Visto che il territorio è fortemente compromesso, vorrei sapere se sia possibile dare un esito negativo vista la concentrazione di questi stabilimenti.
  Un'altra azione dipende dal Ministero dell'ambiente e ne approfitto vista la presenza del ministro in quest'Aula. Il Ministero dell'ambiente ha rilasciato parere favorevole nella VIA al parco eolico che si tiene nel Mar Grande, in realtà non un impianto off-shore ma near-shore perché è a 100 metri dalla costa, laddove comune, provincia e regione, quindi tutti enti locali, e la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici hanno dato parere negativo. Vorrei capire la ratio di un'ulteriore concentrazione di tutti questi impianti in un'area già così fortemente critica.
  Vengo ad altre due domande, poi mi taccio. In audizione, il dottor Bondi ha riferito che lo slopping e altre emissioni nuvolose sono, in qualche modo, da condurre alla sabbia subsahariana. Siamo Pag. 20rimasti un po’ perplessi da quest'affermazione e vorremmo capire come sia possibile nominare un commissario che faccia queste dichiarazioni. Allo stesso modo, il dottor Bondi ha affermato che non è necessario coprire i parchi minerari: cosa pensa di queste valutazioni ?
  Venendo alla parte forse un po’ più propositiva, qualcuno ha affermato che è facile fare i patrioti in Italia quando la salute ce la rimettono i cittadini di Taranto. Vorremmo capire se sia possibile avere certezza delle risorse economiche che, appunto, il gruppo Riva deve al territorio di Taranto.
  Sarebbe possibile stornare le tasse che il gruppo deve allo Stato e trasferirle in apposito fondo solo per la bonifica ? L'attuabilità, ovviamente, è da verificare, ma vorremmo capire se in linea di massima esista un parere su questo, cioè sulla possibilità di destinare quanto la famiglia Riva versa in fiscalità in via prioritaria agli interventi previsti nell'area.

  PRESIDENTE. Molti dei temi posti dovranno essere sicuramente affrontati in sede di emendamenti perché alcune questioni sono aperte. Penso, in particolare, a quella delle modalità di modifica dell'a.i.a., a quella, presente anche nella relazione del ministro, della certezza, dell'autorevolezza e dell'affidabilità dei controlli, che vale per l'ILVA, ma anche più in generale.
  Dall'audizione di ISPRA e ARPA, infatti, sono emerse, sostanzialmente, debolezze di questo sistema, che rende difficile non solo affrontare ILVA, ma tante questioni, inclusa la partita delle semplificazione. Se, infatti, andiamo a semplificazioni con un sistema dei controlli debole, qualcosa non funziona.

  CLAUDIA MANNINO. Sarò velocissima. Visto che da più parti è stata sollevata la questione del rischio di incostituzionalità di questo decreto, vorrei chiedere innanzitutto, se non sia il caso di pensare, invece, a un legge-provvedimento, come ci è stato suggerito anche nel corso di precedenti audizioni, proprio in modo da affrontare il problema di ILVA non solo in termini di impianto, ma anche di territorio, legato quindi alla città di Taranto.
  Inoltre, riallacciandomi anche alle osservazioni poste prima di me, vorrei affrontare la questione dell'accessibilità ai dati veri. Poco fa, il collega parlava di quante risorse sono destinate per investimenti e per le bonifiche; lei parlava di violazioni dell'a.i.a..
  Nelle audizioni ci è stato detto che le violazioni erano 11, lei parla di 20 su 93.

  PRESIDENTE. Erano 11 in una prima ispezione e 9 nell'altra.

  CLAUDIA MANNINO. Era stato, però, precisato che non erano da sommare perché alcune delle 11 erano ripetute nelle 9. Serve una chiarezza dei dati.
  Infine, il limite che molti riscontriamo in questo decreto è che non ci sono osservazioni, che sicuramente ci saranno richieste con le audizioni delle parti civili, in termini di cure per coloro che stanno subendo la presenza di ILVA a Taranto, i cittadini e chi già soffre.
  In tal senso, chiedo se, oltre ad ARPA e a ISPRA, l'Istituto superiore della sanità si esprimerà in tal senso dando degli indirizzi per i cittadini ?

  IGNAZIO ABRIGNANI. Ringrazio anch'io il ministro dell'intervento e anche della dotta relazione, abbastanza esaustiva in ogni aspetto, peraltro, fondamentalmente, tutta questa vicenda nasce dal concetto di una contrapposizione assurda tra diritto alla salute e diritto al lavoro.
  Io penso che, in questo provvedimento, dovremmo tentare di far comprendere che arriveremo con efficacia a fare in modo che a Taranto si continuerà a lavorare senza che la gente possa pensare che facciamo ammalare nessuno. Questo rappresenterebbe il successo di questo provvedimento e di questa prospettiva, che si continui a lavorare senza che ci sia il sospetto, il retropensiero che stiamo facendo ammalare qualcuno. Questo è l'augurio.
  Cambiando prospettiva, a un certo punto il ministro ha affrontato il concetto Pag. 21del diritto di proprietà. Ritengo questo non solo un aspetto importante, ma sul quale riflettere. Noi sappiamo che in Italia il diritto alla proprietà è un diritto soggettivo, non un interesse legittimo, pure se limitato dalla funzione sociale che la nostra Costituzione ha dato.
  Nella sua relazione, che richiama la legge, il ministro ha parlato di amministrazione straordinaria e mi sembra lo abbia ricordato anche qualche altro mio collega, ma sappiamo tutti che la fattispecie precisa dell'amministrazione straordinaria deve avere delle caratteristiche, tra cui principale è l'insolvenza, come il ministro giustamente ricordava.
  Oggi parliamo degli articoli 41 e 42 della Costituzione perché il 207 del 2012 fa riferimento a questo, ma questo basta a tutelare i nostri giuristi, i nostri cittadini, direi anche i nostri investitori, per cui, in questo Paese, senza voler parlare di esproprio, si riesce comunque a limitare il diritto di proprietà per un periodo lungo a fronte di novità giuridiche che si susseguono: in questo caso, cosa si risponde sulla tutela del diritto di proprietà ?
  La seconda è un'osservazione, alla quale può anche non rispondere. In questo provvedimento, si è andati verso una scelta tecnica. Obiettivamente, Bondi può piacere o meno, qualcuno può dire che c'era già, per cui ci si chiede perché sia stato nominato, ma nel vostro decreto mettete il commissario, il vicecommissario e tre esperti.
  Il commissario è sicuramente un tecnico, i tre esperti per definizione saranno dei tecnici, almeno questo è l'augurio, come vicecommissario mi sembra che lei abbia dato l'indicazione per la nomina dell'ex Ministro Ronchi: al di là dell'opportunità di questa nomina e ricordando che in questo Governo dovrebbe essere presente la concertazione, nel momento in cui si procede alla conversione del decreto, laddove il Parlamento potrebbe anche togliere la figura del subcommissario, che tipo di ragionamento giace dietro questa che mi pare sia stata una sua scelta per nominarlo ?

  LUIGI DALLAI. Interverrò molto velocemente. In un intervento che mi ha preceduto si richiamava anche l'esistenza di aree da bonificare anche in zone esterne a quella commissariata, sulle quali evidentemente pende, sostanzialmente, il problema del vincolo del patto di stabilità per dare attuazione alla bonifica.
  Quest'aspetto, evidentemente, esula anche dal singolo problema del caso dell'ILVA. Vorrei chiedere al ministro un'attenzione particolare perché andiamo a valutare e, possibilmente, ad approvare quello che sarà un decreto di sistema per le aree bonificabili, se non bonificate: si potrebbe ricorrere ai vincoli del patto di stabilità come possibili parametri per valutare altre zone da bonificare, per cui il patto di stabilità risulta essere l'aspetto vincolante ?

  PRESIDENTE. Sta chiedendo se si può liberare dal patto di stabilità anche altre zone.

  LUIGI DALLAI. Se il problema è solo il patto di stabilità, è evidente che diventa semplicemente un aspetto di copertura finanziaria. Se, invece, utilizziamo il patto di stabilità dando per assunto che quelle sono zone su cui dobbiamo effettuare l'opera di bonifica, il patto diventerebbe semplicemente un fattore di sostanziale deroga a quanto dovremmo porre in essere.
  Chiederei al ministro di pensare a una formulazione, all'interno del decreto, per cui il patto di stabilità possa essere derogato laddove non ci siano aggravi finanziari per lo Stato, laddove cioè ci siano già fondi disponibili grazie ai quali queste aree possano essere già messe in bonifica, per le quali quindi non si debba trovare una copertura finanziaria, ma semplicemente una copertura delle quote di spesa.

  COSIMO LATRONICO. Ringrazio il ministro per la relazione non solo piena di significativi elementi di valutazione, ma molto chiara anche nella sua durezza.
  Naturalmente, siamo in un luogo in cui le responsabilità si condividono, come si Pag. 22condivide che il Governo opportunamente dica che l'ILVA ha assunto negli ultimi mesi – o negli ultimi anni, debbo dedurre – sostanzialmente un comportamento elusivo dei propri obblighi, omettendo di porre in essere iniziative importanti, omettendo di fornire la collaborazione in ordine a documentazioni tecniche.
  Sono sicuro queste parole siano state scritte a ragione, chiaramente anche per giustificare quello che è stato fatto, quindi anche l'eccezionalità del provvedimento. La situazione, da persona che vive in quel territorio, è sinceramente allarmante. Allo stesso modo, mi pongo una domanda, che non è cattiva: chi erano gli amministratori di quel tempo ? Io sono convinto che sulla via di Damasco ci sia sempre la possibilità della conversione.
  Aggiungo anche, ciò che mi preoccupa non poco, che lo stato della contaminazione riscontrata nelle diverse matrici ambientali presenta aspetti allarmanti. Al di là di quanto è successo, la situazione attuale è allarmante, con un territorio inquinato, che naturalmente continua a disseminare il proprio condizionamento negativo.
  Se questo condizionamento negativo sulla salute delle persone è stato stimato – qui non vedo riferimenti – ora in questo nuovo regime di governance commissariale immaginato dal decreto, in che misura si sono stimate le risorse finanziarie per portare a termine quegli investimenti che prima non erano stati realizzati ? Con quante e quali risorse finanziarie si pensa di provvedere ?

  PRESIDENTE. Ringraziandolo per la puntualità della relazione e anche perché di venerdì pomeriggio ci ha consentito di disporre del tempo necessario per il pieno espletamento delle domande, cedo la parola al Ministro Orlando per la replica.

  ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Chiedo scusa in anticipo se non risponderò puntualmente, ma cercherò di affrontare i capitoli delle questioni poste.
  Comincerò dal tema della limitazione della proprietà privata, cioè, in altri termini, dal tema della costituzionalità – pare che il profilo di costituzionalità più frequentemente eccepito sia in ordine a questo aspetto – e dalla ragione per cui non è stata assunta una legge-provvedimento. La Corte costituzionale ha redatto delle leggi-provvedimento, ma non può farsene impiego reiterato in più occasioni e ha, oltretutto, reiteratamente ricordato che il legislatore non può procedere con leggi-provvedimento perché i provvedimenti competono all'Esecutivo e al legislatore competono fattispecie caratterizzate da un carattere generale e astratto.
  Devo aggiungere che sarei stato comunque contrario a una legge-provvedimento perché quello che emerge a Taranto è un tema in ogni caso con una valenza di carattere più generale. Su quanto vada estesa questa generalità credo sia giusto discutere e confrontarci, ma non credo che si possa limitare il tema di un intervento a limitazione della proprietà esclusivamente partendo dalla vicenda Taranto.
  Se è vero, infatti, che la nostra Costituzione tutela la proprietà privata, è altrettanto vero, come ci ricorda la Corte costituzionale, che tutela anche altri beni fondamentali di rilevanza cruciale per l'impalcatura costituzionale. Il più importante è la persona.
  Da questo punto di vista, l'idea di un contemperamento tra esigenze diverse è già all'interno del nostro testo costituzionale, che non afferma un diritto, certo un diritto soggettivo, ma non privo di limitazioni esterne, un diritto soggettivo che deve essere contemperato con altre esigenze. La nostra vita è piena di limiti all'esercizio della proprietà privata. La normativa vi pone una serie di limitazioni puntuali.
  A me preoccupa un po’ un'ideologizzazione dell'affermazione del concetto di proprietà privata. Voglio anche ragionare su come si può tener conto di alcune questioni sollevate, ma sono preoccupato per una ragione di carattere politico.
  Il Decreto «Salva Taranto», poi battezzato «Salva ILVA», è stato accompagnato da un dibattito sui rapporti tra i poteri, se dovesse esserci la preponderanza Pag. 23del potere legislativo/esecutivo o di quello giudiziario, adesso finito in uno stallo oggettivo.
  Non vorrei che la seconda tappa fosse affrontata contrapponendo un'idea di proprietà privata a un'idea, invece, di ruolo centrale del pubblico, cioè che riproponessimo un'altra discussione di carattere ideologico e che questa ci porti nuovamente a un altro stallo.
  In questo momento, stiamo conducendo un ragionamento su come si possa limitare l'esercizio della proprietà privata in funzione del raggiungimento di un obiettivo di carattere generale senza procedere a forme di esproprio o di sostituzione del soggetto proprietario come la nazionalizzazione. Questo è l'esercizio che dobbiamo provare a fare.
  Non è un tema che riguarda soltanto Taranto, ma di carattere più generale. Tuttavia, mi sembra molto fondato il fatto che si debba circoscrivere molto bene la platea degli eventuali soggetti interessati e, contemporaneamente, precisare i presupposti per cui si può procedere in questa direzione.
  È stato necessario individuare una nuova figura perché il nostro ordinamento giuridico ne prevedeva soltanto che intervenivano a tutela dei creditori, ma non a tutela dei cittadini, che in qualche modo subiscono le conseguenze di un'attività di impresa che non rispetta la normativa ambientale.
  Naturalmente, sulla gravità di questi presupposti di violazione, sulla griglia utilizzata si tratta di lavorare e di fare in modo che, siccome appunto questa normativa può avere anche un impatto più generale, non possa in qualche modo e in assoluto prestarsi a forme di arbitrio o di utilizzo improprio.
  Ritengo che questo sia un lavoro che questa Commissione e il Parlamento possono fare, evitando però, come ribadisco, il rischio di una contrapposizione astratta tra tutela della proprietà privata e ipotesi di Stato imprenditore o di forme di esproprio, che credo che siano più funzionali a soddisfare esigenze di carattere propagandistico che non ad affrontare un tema concreto come quello con il quale dobbiamo misurarci in questo passaggio.
  Abbiamo cercato, appunto, di proporre una figura di commissario che tenesse conto della ricerca di questo punto di equilibrio nel modo in cui è stato ideato. Se il Parlamento farà meglio, non ci sarà, da questo punto di vista, alcun tipo di obiezione da parte del Governo. Invito, però, tutti a riflettere sul fatto che si è un po’ rimosso il ragionamento che si interviene in una situazione in cui, se non fosse intervenuto il Governo, il custode giudiziario avrebbe nominato i nuovi organi che sarebbero stati chiamati a gestire l'impresa ILVA. Questa mi pare una questione non trascurabile.
  Per quanto riguarda il tema di carattere più generale, ci troviamo di fronte a una specificità. In altri casi, la proprietà privata è limitata sospendendo l'attività di impresa. Al proprietario di una pizzeria con una canna fumaria fuori norma il sindaco manda i vigili e fa chiudere l'attività finché non sia in regola. È una limitazione alla proprietà privata. A un certo punto, l'attività d'impresa trova un vincolo esterno, che risiede nel fatto che bisogna adeguarsi a una normativa esistente.
  Uno strumento di questo genere non è utilizzabile in un'impresa come quella di ILVA. Se, infatti, pensiamo di chiudere e far mettere a posto gli impianti e ripartire, quando si ripartirà ci sarà un danno irreparabile per l'impresa, quindi anche per il valore patrimoniale, che è un elemento che riguarda direttamente la proprietà, ma naturalmente un danno molto forte dal punto di vista occupazionale.
  Aggiungo che va, a mio avviso, adeguatamente tenuta in considerazione un danno anche in ordine all'obiettivo del risanamento ambientale. Non è vero, infatti, che, se domani l'ILVA chiude, procediamo al risanamento. In questo, mi collego a un'altra questione emersa, cioè quella delle risorse.
  Quella che si sta tentando è la scommessa di far tornare l'ILVA a una capacità produttiva adeguandosi progressivamente Pag. 24alla normativa che consenta di produrre ricchezza, da utilizzare a sua volta per l'opera di bonifica.
  Purtroppo, nel nostro Paese, quando grandi stabilimenti industriali hanno abbandonato il contesto in cui agivano, l'onere è rimasto a carico dello Stato, che non è riuscito a realizzare quel tipo di bonifica. Se domani l'ILVA chiudesse, non solo i 12-14-40.000 lavoratori – anche sulle cifre si è giocato molto – andrebbero a casa, comunque tanti, ma ci sarebbe soprattutto un danno ambientale per far fronte al quale sarebbero necessarie forse complessivamente un paio di finanziarie immaginando a lungo termine una capacità di intervento. Spesso sono citate altre realtà, come la Ruhr, ma bisognerebbe anche sapere quanto hanno speso e di quali capacità disponeva lo Stato per intervenire su situazioni che possono avere una qualche forma di analogia con quella di cui stiamo discutendo.
  O troviamo le risorse attraverso tutto il prosieguo di un'attività di impresa o sarà molto difficile che riusciamo a realizzare l'insieme degli interventi previsti, in parte legati alla gestione, in parte, appunto, all'eliminazione di un danno che si è prodotto precedentemente. Penso questo punto vada tenuto in adeguata considerazione, anche quando si contrappone la prosecuzione dell'attività al risanamento.
  Spesso, un po’ schematicamente, si parla di chiudere dei questi, ma dobbiamo sapere che in questo modo diminuiscono l'occupazione, la capacità produttiva e anche la possibilità di produrre ricchezza. Quest'azienda ne ha prodotta tanta nel corso del tempo. Non parliamo di un'azienda non competitiva o che non ha saputo conquistare quote di mercato, ma che ha prodotto utili significativi, se è vero, com’è vero, che il patrimonio per lo meno virtuale che è stato sequestrato ha le dimensioni richiamate.
  In relazione alla quantificazione delle risorse, se il valore fondamentale è la tutela dell'ambiente e della salute, costi 5, 10 o 100, dobbiamo imporci quell'obiettivo, non possiamo chiedere sconti per costi eccessivi. La quantificazione deve avvenire alla luce del piano di risanamento ambientale che sarà previsto.
  Diverse sono le valutazioni rispetto ai costi per l'attuazione dell'a.i.a.. I parchi minerali si possano coprire in tanti modi. Si può chiamare l'archistar o anche semplicemente intervenire attraverso forme più contenute. Si sono dette cose molto diverse, ma che saranno comunque tutte precisate a mano a mano che i tre esperti, in collaborazione con i commissari, definiranno concretamente le modalità di intervento e a mano a mano che si saranno delineati i due strumenti che il decreto individua, cioè il piano industriale e quello di risanamento ambientale.
  Sulla questione del rapporto con la magistratura, credo che a ispirare il decreto ci sia il concetto fondamentale della ricerca di una leale collaborazione. Farei notare che l'intervento ultimo di sequestro non parte dagli stessi presupposti di quello precedente.
  Quello precedente nasceva dalla contestazione del fatto che il prodotto finito costituiva il prodotto del reato. In questo caso, si ispira a un'altra ratio: secondo la legge 231 del 2001, nel momento in cui si contesta un danno, si hanno gli strumenti anche per sequestrare l'ammontare complessivo necessario a riparare quel danno quando in giudicato sarà dimostrato che quel danno esiste.
  Con l'intervento del legislatore e la proposta di decreto, sostanzialmente, siccome quelle sequestrate sono somme finalizzate comunque al risarcimento di quel danno e gli interventi previsti nell'a.i.a. vanno esattamente in questa direzione, si chiede di riprendere immediatamente le somme e utilizzarle per avviare una riduzione del danno, che l'autorità giudiziaria alla fine quantificherà nel suo insieme. Non esiste, dunque, una contrapposizione di finalità tra i due provvedimenti.
  Si tenta di rimettere in capo all'amministrazione una funzione di limitazioni e, a mano a mano, di risarcimento e riparazione del danno provocato attraverso l'utilizzo delle somme al fine di realizzare Pag. 25gli obiettivi di bonifica e, contemporaneamente, di adeguamento alla normativa ambientale.
  Naturalmente, questo criterio di leale collaborazione non può arrivare a pregiudicare l'attività di indagine o a compromettere delle forme di sequestro che, oggettivamente, sono finalizzate, invece, all'altro scopo dell'accertamento di una verità di carattere giudiziario. Bisogna sapere, quindi, fino a che punto ci si può spingere per non incorrere in una sovrapposizione delle funzioni tra i poteri, che credo vada in tutti i modi evitata.
  Diverso è il tema che attiene alla questione degli interventi della magistratura amministrativa, che spesso eccepiscono dei vizi di carattere formale rispetto alle procedure messe in atto per l'intervento.
  La bocciatura di una parte della prima a.i.a. andava in questa direzione, ma credo che questo tema non sia risolvibile nell'ambito di questo decreto, ma riguardi più in generale, come segnalavo nella relazione, quello del coordinamento tra le attività delle diverse magistratura, in particolare il fatto che il nostro impianto costituzionale non preveda un'unità della giurisdizione. Questo presenta dei vantaggi, ma anche dei limiti che via via si riscontrano.
  Quanto ai rapporti con la città e la partecipazione, io sono un riformista ma, dove si è determinato un collasso democratico e un blackout dal punto di vista comunicativo, mi accontenterei di ripristinare una corretta informazione. Esistono poi tutte le sedi affinché, per diritti lesi, ogni cittadino può tutelarsi. L'idea, però, di passare da una situazione da capitalismo dell'Ottocento alla cogestione mi sembra, francamente, un po’ esagerata. È un obiettivo che nella mia gioventù ho coltivato, ma che oggi non penso si possa realizzare a Taranto.
  Sono convinto che, se, in questo momento, si riuscirà a costruire già un buon grado di trasparenza e di informazione, saremo riusciti a fare un significativo passo avanti. Quello è un elemento di blackout complessivo tra il dentro e il fuori, tra ciò che avveniva, il modo in cui erano limitati alcuni diritti dentro e come questa limitazione si ripercuoteva sull'esterno. Penso che oggi, se saremo realisti, un obiettivo significativo possa essere colto spiegando cosa sta succedendo. Lo ritengo un compito fondamentale.
  La scelta è caduta su Ronchi perché credo che esista anche l'esigenza di un po’ di «sensibilità politica» nella gestione di questo percorso, che non vuol dire lottizzazione partitica. Credo che Ronchi avrebbe fatto volentieri a meno di quest'incarico. Non so quanti si sarebbero messi a correre per assumere quel tipo di incarico.
  Voglio dire che dobbiamo dare l'idea di un progressivo miglioramento della situazione, magari anche concependo il modo in cui sono messi in fila i diversi interventi. Vedo 20 contestazioni, ma che siano 20, 9 o 11, il nostro non è un problema di carattere burocratico in questo momento, ma di carattere sostanziale. Le prescrizioni potevano essere anche tutte adempiute, ma se se ne fossero saltate 4 o 5, che sono sostanziali e fanno la differenza, o almeno la percezione immediata di un salto di qualità della vita dei tarantini, comunque il percorso immaginato nella legge n. 231 del 2012 non avrebbe funzionato fino a quel punto.
  Non si è adempiuto a prescrizioni che riguardavano la questione della movimentazione dei minerali, ma quella è la questione fondamentale in questo momento. A 6 mesi dal momento in cui è stato avviato questo percorso, non abbiamo ancora un'ipotesi di progetto su come si vuole gestire quest'enorme massa di minerali, che spesso col vento sono dispersi nella città. Questo non è un problema soltanto formale di violazione, ma anche di carattere politico, di difficoltà di gestire e di percepire anche la rilevanza delle diverse prescrizioni in ordine alla ricostruzione di un rapporto con la città.
  Non solo è rilevante, naturalmente, questo aspetto perché è quello che impatta nell'immediato nella percezione in modo più forte sulla vita dei tarantini, ma anche Pag. 26perché, dal punto vista quantitativo, era l'intervento finanziariamente più corposo previsto nell'insieme dell'a.i.a..
  Provo a spiegarmi con un ragionamento paradossale: se fossero state rispettate 5 o 6 prescrizioni, saremmo stati fuori dalla procedura; ci sarebbe stato davvero, però, il segnale di una volontà della proprietà di intervenire significativamente sulla permanenza e sull'innovazione degli impianti ? Saremmo dovuti intervenire in tutti i casi, ma non avremmo potuto contestare il fatto che ci si trova comunque, di fronte a una proprietà che stava facendo sul serio.
  Nel momento in cui si elude il problema che ha provocato il maggior attrito con la città e che rappresenta, dal punto di vista dei costi, l'intervento più significativo, se ne può desumere – questo ha fatto la magistratura, avendo anche qualche altro riscontro rispetto ai flussi finanziari, e non sta a noi valutare quest'aspetto, una volontà sostanzialmente finalizzata a sottrarsi alle responsabilità.
  È, dunque, anche necessaria una lettura di questi fenomeni. A Bondi non dobbiamo chiedere di decriptare i dati, per la quale operazione esistono i soggetti direttamente e istituzionalmente competenti, ma di attuare un piano che il Ministero dell'ambiente definirà in collaborazione con il Ministero dello sviluppo e di rispettare le prescrizioni. Esistono altri soggetti per tutte le valutazioni che attengono alla qualità dell'aria, alla qualità delle acque.
  Non credo, però, che a Bondi possa, invece, essere rimproverato, come è stata fatto, che abbia sostenuto che non fossero più necessarie le coperture. Io non l'ho letto e immagino che una dichiarazione del genere avrebbe suscitato più clamore, ma non ho avuto riscontro in questo senso.
  In ogni caso, anche se l'avesse dichiarato, siccome fa legge ciò che è scritto nell'a.i.a., è abbastanza irrilevante che eventualmente lo abbia detto. Credo che noi dobbiamo attenerci al dato che costituisce il principio di realtà, in questo caso l'a.i.a. e i piani che saranno elaborati dal ministero con il supporto dei tre esperti.
  Se arriveranno suggerimenti utili sui nomi, li accoglierò tutti, ma devono essere esperti e figure effettivamente funzionali alla realizzazione di un percorso ambientale e, allo stesso tempo, industriale. Servono persone che sappiano di emissioni, ma anche di siderurgia. Non può accadere che uno di questi faccia un tentativo in una direzione e un altro gli dia le bacchettate sulle mani. In questo modo, non si andrà da nessuna parte e non si realizzerà nessun piano, non si produrrà nessun tipo il salto di qualità dal punto di vista dell'impiantistica.
  Abbiamo bisogno di un'integrazione di competenze, di persone che sappiano anche esattamente come si fa andare avanti un'impresa e quali sono le problematiche di intervento su un'impresa come quella. Come ho provato a spiegare, infatti, fare andare avanti un'impresa, gestirla in un modo o in un altro e, contemporaneamente, procedere al risanamento e alla limitazione delle emissioni nocive è tutt'uno, non tre cose diverse. Non parliamo di tre soggetti che tra di loro devono tenersi a vicenda. Abbiamo bisogno di tre pezzi che concorrano complessivamente a realizzare il processo che ho provato a descrivere.
  Ho citato l'epoca in cui l'ILVA è stata costruita, una grande opportunità di sviluppo, ma molte delle acquisizioni scientifiche sono state successive, e quindi quella che era soltanto ricchezza si è trasformata anche in un simbolo di pericolo e di morte nel corso del tempo. Su questo punto ho cominciato a lavorare immediatamente e servono senz'altro segnali di buona volontà da parte di un questo e di ogni Governo a una popolazione, che però va ricordato che ha scoperto solo progressivamente lo stato di gravità in cui viveva.
  Per la popolazione tarantina, il miglior segno – credo che in questo senso abbia agito anche il Governo precedente – di buona volontà per riassumere una credibilità da parte delle istituzioni è, a mio avviso, quello di garantire che gli interventi Pag. 27di risanamento complessi siano realizzati anche fuori dall'ILVA con le risorse che sono state destinate.
  Non ho ben compreso il ragionamento sul patto di stabilità. Pur essendo stato in Commissione bilancio, non ho mai avuto una grandissima dimestichezza col suo funzionamento, ma non credo che si possa svincolare dal patto di stabilità una somma semplicemente per il fatto che è già stata fatta stanziata. Stiamo, però, lavorando per fare in modo che, in rapporto con la regione Puglia, gli stanziamenti previsti non trovino un ostacolo nel patto di stabilità.
  Stiamo lavorando anche perché il percorso possa essere accelerato grazie alla revisione delle schede CIPE che erano già state predisposte. Pur avendo stanziamenti su ciascuna di quelle schede, si tratta di interventi talvolta obsoleti rispetto alle attività di disinquinamento. Per il Mar Piccolo, ad esempio, era prevista soltanto l'ipotesi di un intervento di dragaggio, che in effetti rimuove gli inquinanti, ma contemporaneamente può anche rischiare di creare un impatto sulle acque, che poi permane per molto tempo.
  Stiamo valutando anche, in concorso con altri soggetti, quali possano essere tipi di intervento, di asportazione di materiale e contestualmente di bonifica. Come forse sapete, esistono, sull'argomento, scuole diverse, ma su questo e altri fronti stiamo procedendo a un adeguamento delle schede che erano già state a suo tempo predisposte.
  Credo veramente – lo dico senza elementi retorici – che il Parlamento possa contribuire a migliorare il testo che abbiamo prodotto. Peraltro, è stato sollecitato anche da una contingenza e da un'urgenza in quel caso oggettiva.
  Ho spiegato perché non è possibile una legge-provvedimento, ma abbiamo un altro paletto: bisogna fare attenzione a che, nel rendere troppo rigidi i criteri che costituiscono presupposto all'intervento di commissariamento o a costruire una griglia troppo stretta, non vengano meno i presupposti di intervento del decreto in essere.
  Se, infatti, eliminiamo quei presupposti, quel decreto rischia di cadere strada facendo. Ci si deve muovere tra questi due corni: da un lato, l'impossibilità di fare una legge-provvedimento, dall'altro, stare attenti a non smontare i presupposti che sono stati previsti dal Governo. Se si va oltre un certo segno, e cioè venendo meno i presupposti, rischia di venir meno anche l'efficacia del decreto stesso.
  Muovendosi tra questi due poli, sarà importante tutto il lavoro di affinamento che si può realizzare e che può contribuire a individuare un istituto giuridico che nel futuro possa consentire, a fronte di gravissime condizioni, di specificità dell'impresa, di intervenire per garantire i cittadini e la prosecuzione della produzione. Queste devono essere le due finalità.
  In quest'ottica, bisogna evitare qualunque tipo di esercizio ideologico. Si tratta di raggiungere un bene giuridico, che dovrebbe essere ampiamente condiviso: fare in modo che un'impresa fuori dalle norme ambientali ci rientri, ma non in modo traumatico, cioè non attraverso un'interruzione dell'attività stessa o un fermo, che rischiano di essere, da questo punto di vista, irreversibili.
  Se riusciremo a raggiungere quest'obiettivo, credo che avremo fatto un salto di qualità importante che, senza ledere la proprietà privata, è in grado anche di fornire indicazioni nel contesto europeo. Da questo punto di vista, infatti, forse, proprio perché dobbiamo colmare una ritardo molto grave, siamo anche in grado di introdurre uno strumento che ancora la normativa europea non ha elaborato.
  Quest'ultima, infatti, funziona, come ho spiegato, introducendo una serie di interventi, come la sanzione, che può arrivare anche a quote talmente alte da uccidere l'impresa stessa, o l'interruzione dell'attività, ma non prevede un percorso di accompagnamento.
  Ho provato, anche un po’ forzando il ragionamento, a parlare di qualcosa che vagamente vi assomiglia, ossia del blind trust. Naturalmente, quello nasce su un intervento di carattere volontario, ma la Pag. 28somiglianza è data dal o che perché alla fine del percorso, se tutto va bene, la proprietà rientra nella sua pienezza e non c’è una forma in cui un soggetto sia sostituito a un altro.
  Non è questo, infatti, il nostro scopo. Nostro scopo è, appunto, provare a contemperare questo insieme di obiettivi e di valori fondamentali, come ci ha chiesto di fare la Corte costituzionale.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Orlando. Credo che sia una discussione utilissima, forse più importante di quella che abbiamo avuto in Aula oggi, perché coglie dei nodi fondamentali.
  Sono sicuro che i temi che sono stati posti da molti colleghi possano trovare una risposta. Dobbiamo essere bravi nell'ambito del percorso che costruiremo con le Commissioni di modifica di questo provvedimento.

  La seduta termina alle 18.05.