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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (VII Camera e 7a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Giovedì 28 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Galan Giancarlo , Presidente ... 2 

Seguito dell'audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Galan Giancarlo , Presidente ... 2 
Bray Massimo (PD) , Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ... 2 
Galan Giancarlo , Presidente ... 13 
Rampi Roberto (PD)  ... 13 
Malisani Gianna (PD)  ... 13 
Santerini Milena (SCpI)  ... 14 
Montevecchi Michela  ... 15 
Malpezzi Simona Flavia (PD)  ... 16 
Galan Giancarlo , Presidente ... 16 
Bray Massimo (PD) , Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ... 16 
Galan Giancarlo , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VII COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GALAN

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, onorevole Massimo Bray, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
  Comunico che è stato deciso che, essendo passato molto tempo dall'ultima seduta dedicata a questa audizione, sarebbe stato un po’ fuori luogo proseguire con gli interventi programmati. Di conseguenza – è una novità anche per il ministro – diamo immediatamente la parola al Ministro Bray, che ci dirà quello che ritiene di dirci, in particolar modo – pensiamo noi – quello che è avvenuto in questo periodo. Resterà poi lo spazio per alcuni interventi, che abbiamo deciso di limitare a coloro che ne avevano diritto.
  Do la parola al Ministro Bray.

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Buongiorno a tutti. Grazie, presidente, e grazie a tutti voi per darmi l'opportunità di condividere questo momento di riflessione e confronto su alcuni temi principali del mio lavoro. Come ho detto nel nostro primo incontro, esso vuole fortemente avvalersi della collaborazione delle Commissioni e di tutte le riflessioni da condividere, per fare in modo che diventino parte integrante di un programma di lavoro rivolto alla valorizzazione del nostro patrimonio storico-artistico.
  Molti temi sono stati affrontati nelle sedute dell'11 luglio e del 6 agosto scorsi, quando alcuni di voi mi hanno rivolto delle domande rispetto alle linee programmatiche presentate il 23 maggio 2013. Da allora è trascorso molto tempo e ci sono state molte novità, tra cui principalmente, grazie al lavoro di tutti, l'approvazione del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, un provvedimento che mi auguro possa costituire un primo importante strumento operativo per affrontare – nella forma più sistematica possibile – le grandi questioni del mondo della cultura.
  È proprio con riferimento diretto a queste novità normative che ho avuto modo di fornire in tempi più recenti, il 19 novembre scorso, nell'ambito di un'informativa innanzi alla Commissione 7 del Senato, alcune prime risposte alle domande che mi avete rivolto, con specifico riferimento – entro subito nei temi – alla nomina del direttore generale del Grande progetto Pompei e del Commissario straordinario per le fondazioni lirico-sinfoniche. Ritengo utile iniziare il mio intervento Pag. 3partendo proprio da queste due questioni, perché mi sembrano di attualità, rivestono un'importanza principale e mi sembra che su di esse si sia concentrata un'attenzione particolare e si siano prospettate alcune corrette richieste di approfondimento.
  Riguardo alla nomina del direttore generale del Grande progetto Pompei e del suo vicario, ritengo che la previsione dell'apposito parere delle Commissioni parlamentari costituisca un elemento importante di condivisione istituzionale. Ancora più importante, perché più delicato e complesso, sarà il compito che queste persone saranno chiamate a svolgere. Ritengo, a tal proposito, indispensabile che i criteri di nomina siano improntati alla massima trasparenza e alle capacità professionali di chi sarà chiamato a impegnarsi in questi due incarichi, nell'occasione, ormai molto prossima, della scelta che con il Presidente del Consiglio dei ministri andremo a fare. Questo fermo restando che ci sono alcuni requisiti imprescindibili previsti dalla legge, circa l'appartenenza di tali soggetti ai ruoli dello Stato e, quindi, non solo al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, circa la comprovata competenza ed esperienza, nonché in ordine all'assenza di condanne passate in giudicato per reati contro la pubblica amministrazione.
  Il criterio della trasparenza – ci tengo a dirlo – dovrà naturalmente essere adottato anche per la scelta dei cinque esperti che dovranno coadiuvare il direttore generale di Pompei, così come, del resto, nell'individuazione dei funzionari, anche dirigenti, che potranno essere chiamati in comando per costituire la struttura di lavoro in quella che io ritengo una delle sfide più importanti che il Paese ha di fronte.
  Trasparenza e pubblicità dei criteri di scelta si dovranno tradurre, come del resto previsto dalla legge, nella pronta pubblicazione dei curricula sul sito istituzionale dell'amministrazione. Ciò significa che la selezione sarà effettuata con grandissima attenzione alle capacità professionali. Io ritengo che il nostro impegno su Pompei debba prevedere realmente, una volta per tutte, la soluzione di alcuni problemi e il rispetto dei nostri doveri di tutela e valorizzazione di uno dei luoghi più importanti non solo nel nostro Paese, ma di tutto il mondo.
  Tutta l'attività della nuova struttura che metteremo in piedi farà tesoro dei risultati positivi dell'esperienza acquisita dal Comitato per la legalità, che è presente e che abbiamo sempre voluto tenere in vita, coordinato dal prefetto Guida, per la repressione dei tentativi di infiltrazione di organizzazioni mafiose, in merito alla trasparenza nei differenti bandi che sono già stati messi in atto. Questa esperienza sarà sicuramente adottata come parametro di riferimento e come criterio di guida e di orientamento delle future scelte del gruppo di lavoro.
  In definitiva, l'obiettivo che ci poniamo, che mi rendo conto essere ambizioso e impegnativo, è quello di coniugare l'efficienza della struttura con l'assoluto rispetto dell'area archeologica, al fine di onorare gli impegni che tutto il Paese ha assunto nei confronti dell'Unione europea, ma soprattutto di mettere in sicurezza il sito archeologico. In questo senso desidero condividere con voi questi progetti e questi impegni che, di volta in volta, saranno adottati e che avrò piacere di portare alla vostra attenzione, consapevole che le scelte, i risultati e gli obiettivi che ci porremo su Pompei sono questioni che non possono riguardare solo il ministro, ma anche tutti voi, che rappresentate il nostro Paese.
  Venendo all'altra questione pure richiamata alla mia attenzione, relativa al Commissario per le fondazioni lirico-sinfoniche, posso fornire le più ampie assicurazioni circa la professionalità e la competenza della persona che ho individuato, l'ingegner Pier Francesco Pinelli, per questo delicato compito di risanamento economico-finanziario di enti che versano, cito, «in condizioni di criticità».
  Le ragioni di questa mia scelta risiedono proprio negli obiettivi con cui eravamo chiamati a orientarci nella scelta, e trovano la loro spiegazione esattamente Pag. 4nel testo della legge, che disegna i compiti che la figura dovrà affrontare. L'articolo 11, comma 3 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, demanda al Commissario i compiti che attengono alla tecnica e alla professionalità di gestione aziendale e di risanamento dei bilanci di quelle aziende che si troveranno in una situazione di crisi.
  La norma prevede che le fondazioni in difficoltà debbano presentare piani di rinegoziazione e ristrutturazione del debito finalizzati al raggiungimento dell'equilibrio strutturale di bilancio sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario. Il piano, si aggiunge, deve, altresì, prevedere l'individuazione di soluzioni idonee a riportare la fondazione, entro i tre esercizi finanziari successivi, grazie alla definizione di un piano industriale, nelle condizioni di attivo patrimoniale, o almeno di equilibrio del conto economico.
  Per questo motivo i compiti del Commissario non riguardano, dunque, l'attività scientifica e artistica delle fondazioni, ma si concentrano, come dice la legge, nel supporto e nel confronto sulla predisposizione e sull'esame dei piani di risanamento economico-finanziario e nella definizione di piani industriali elaborati dalle singole fondazioni interessate dal percorso di risanamento.
  È per tale ragione che ho inteso scegliere un esperto nella redazione, gestione e verifica di piani di rilancio industriale. L'ingegner Pinelli nella sua attività presenta un curriculum di alto profilo, che pone in evidenza le doti e le qualità di gestione economico-finanziaria, qualità che rispondono esattamente a quelle richieste dalla legge.
  Vorrei precisare che oggi l'ingegner Pinelli non ha rapporti come presidente, né riveste altre funzioni nella società in cui ha lavorato e nella quale ha svolto incarichi di responsabilità. Certamente il Commissario vanta una grande e consolidata esperienza di gestione di grandi imprese, di risanamento industriale e di nascita di start-up e si è occupato, come partner di uno dei principali gruppi di consulenza internazionale, Bain & Company, proprio di riorganizzazione di società operanti nel settore della cultura, seguendo, in particolare, la progettazione e la realizzazione di strumenti per l'implementazione di piattaforme digitali.
  Il primo passo che l'ingegner Pinelli ha compiuto, in questi primi giorni, è stato quello di convocare tutti i sovrintendenti e le rappresentanze sindacali. Il Commissario ha ottenuto l'approvazione dell'ANFOLS, l'Associazione nazionale delle fondazioni liriche e sinfoniche, e dei sovrintendenti – io ho partecipato personalmente all'incontro – e ha fissato per domani un incontro con le rappresentanze sindacali.
  Nel proseguire il mio intervento desidero fornirvi ora un quadro riassuntivo sullo stato dell'arte dell’iter di adozione degli altri atti e dei provvedimenti attuativi del decreto-legge n. 91 del 2013.
  Circa la previsione dell'articolo 2, relativamente alla catalogazione e digitalizzazione del patrimonio statale informo che il bando per la selezione di 500 giovani è stato predisposto dagli uffici competenti e che si stanno approntando le ultime rifiniture, al fine di poter rispettare il termine previsto dalla legge per l'indizione della procedura concorsuale pubblica.
  Circa la previsione dell'articolo 3, relativamente alla riassegnazione al Ministero dei proventi derivanti dalla vendita dei biglietti, sono stati già presi contatti con il Ministero dell'economia e delle finanze per la predisposizione di tutti gli adempimenti necessari all'emanazione del decreto di riassegnazione.
  Circa la previsione all'articolo 4, che prevede la definizione di protocolli di intesa tra la SIAE e il Ministero, è prevista una riunione con i soggetti interessati il prossimo 9 dicembre, al fine di poter addivenire in tempi brevi alla stipula di protocolli di intesa che contemplino l'esigenza del diritto d'autore con quella della divulgazione delle opere letterarie all'interno dei musei, degli archivi e delle biblioteche.
  Circa l'articolo 4, comma 4-quater, che prevede l'integrazione di 1,3 milioni di Pag. 5euro per l'anno 2013 del contributo a favore di istituti culturali già inseriti nella tabella triennale 2012-2014, in data 8 novembre 2013 ho firmato il decreto di concessione del predetto contributo.
  Circa l'articolo 4-bis, che introduce disposizioni per il decoro di aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico, sono in corso di elaborazione, da parte della competente direzione generale, le istruzioni applicative. Si tratta, infatti, voglio ribadirlo, di una norma che non fa scattare, di per sé, alcun divieto automatico, ma che implica l'invio di indicazioni operative alle strutture territoriali, in tema di commercio ambulante nei pressi dei monumenti. L'applicazione in concreto della norma è subordinata a provvedimenti che dovranno essere adottati da parte delle direzioni regionali e delle competenti soprintendenze.
  Circa l'articolo 5, comma 3-bis, che prevede l'autorizzazione di spesa di un milione di euro per l'anno 2013 a favore della tutela dei beni culturali che presentano gravi rischi di deterioramento e di celebrazioni di particolari ricorrenze, sulla base del parere da voi espresso il 22 novembre scorso, è in corso l'individuazione degli interventi per l'anno 2014, attività svolta con il coordinamento del Segretariato generale del Ministero.
  In merito all'articolo 6, comma 3, per la definizione delle modalità di concessione dei beni immobili statali da destinare a studi per giovani artisti, informo che è stata già predisposta una bozza di decreto e che in data 25 novembre scorso sono state sentite le associazioni di categoria interessate per un loro coinvolgimento nei progetti.
  Riguardo all'articolo 7, comma 6, relativamente alla previsione di un credito di imposta per opere prime o seconde a favore di imprese produttrici di fonogrammi o videogrammi musicali, è stata predisposta una bozza di decreto che è stata sottoposta alle varie associazioni di categoria in data 31 ottobre 2013. Non appena saranno acquisite tutte le valutazioni, tale bozza sarà inviata al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dello sviluppo economico per l'acquisizione dei prescritti pareri.
  Circa l'articolo 8, commi 4 e 9, che prevede la stabilizzazione del tax credit cinema e l'estensione del tax credit ai produttori indipendenti di opere audiovisive, nonché l'istituzione di un tavolo tecnico-operativo di supporto al programma della Commissione europea denominato «Europa creativa», informo che un apposito gruppo di lavoro sta redigendo tutti i decreti anche con il necessario confronto che è stato avviato con le categorie. Contemporaneamente, sono in corso contatti tra il mio Ministero e la Commissione europea per la notifica e la successiva autorizzazione, tenendo conto del fatto che in data 16 novembre 2013 è entrata in vigore la nuova comunicazione della Commissione europea sugli aiuti di Stato a favore del cinema e delle altre opere audiovisive. Relativamente all'istituzione del tavolo tecnico di supporto per il programma «Europa creativa 2014-2020», il decreto ministeriale istitutivo è in fase di avanzata predisposizione.
  In merito a quanto previsto dall'articolo 9, commi 1 e 4, relativamente alla determinazione di nuovi criteri per l'erogazione e la liquidazione dei contributi allo spettacolo dal vivo, informo che è in corso la stesura del decreto ministeriale e che saranno sentite le categorie interessate il 4 e il 5 dicembre.
  Riguardo all'articolo 12, comma 1, relativo alla definizione di modalità di acquisizione delle donazioni di modico valore destinate ai beni e alle attività culturali, informo che sono state avviate riunioni al Ministero per avanzare una proposta di decreto al gruppo di lavoro istituito col MEF.
  Ritengo ora opportuno dedicare qualche riflessione alla questione della riorganizzazione del Ministero, in base alla legge sulla spending review, che so essere un tema seguito dalle Commissioni con grande interesse.
  Sin dal mio insediamento ho ritenuto di interpretare l'obbligo imposto dalla spending review, provando a creare una Pag. 6struttura organizzativa del Ministero come un'occasione per migliorare e semplificare l'architettura complessiva dell'amministrazione, cercando di renderla più funzionale ai differenti compiti cui siamo chiamati a rispondere. Lo scopo è stato quello di mettere in condizione gli uffici di operare più rapidamente ed efficacemente, soddisfacendo la domanda diffusa di una maggiore celerità nella conclusione dei procedimenti e di un grado sempre maggiore di responsabilità nei compiti principali di tutela e valorizzazione.
  La riscrittura del regolamento di riorganizzazione del Ministero è in corso, sulla base delle indicazioni pervenute dalla Commissione presieduta dal professor Marco D'Alberti, che ha svolto audizioni e approfondimenti tecnico-giuridici, suggerendo le linee portanti dell'intervento.
  Vorrei anticipare in questa sede solo tre punti, a mio avviso essenziali, della futura riforma, che mi sembrano particolarmente qualificanti.
  Il primo riguarderà l'organizzazione dell'amministrazione centrale, perché è emersa una certa difficoltà della struttura nel mettere a fuoco gli obiettivi, gli strumenti e il tempo per il loro raggiungimento e nella capacità di monitorare la successiva azione da parte dei diversi uffici. È mio intendimento, così come la Commissione ha suggerito, istituire un'apposita unità – la cui compiuta definizione è tuttora in corso di elaborazione – che avrà proprio il compito di fornire supporto nelle attività di pianificazione del lavoro, nonché di misurare, anche sulla base delle risultanze di un meccanismo di controllo di gestione, l'impatto complessivo dell'azione amministrativa in rapporto agli obiettivi che saranno assegnati, proponendo le necessarie azioni correttive in tutti i momenti in cui si riterrà di doverle adottare.
  Sempre con riferimento al ruolo e alle funzioni dell'amministrazione centrale è mia intenzione rafforzare gli strumenti di coordinamento e di azione delle direzioni generali, per intervenire a risolvere con immediatezza eventuali situazioni critiche a livello sia centrale, sia periferico.
  Un altro punto che considero centrale per il raggiungimento di questi obiettivi attiene al ripristino della piena autonomia tecnico-scientifica delle soprintendenze, con la volontà di superare ogni sovrapposizione nell'esercizio dei compiti di tutela da parte dei direttori regionali. Questi ultimi svolgeranno un ruolo fondamentale di coordinamento fra gli uffici periferici nei casi di attività che coinvolgano le competenze di più soprintendenze, manterranno il ruolo di interlocutori unici nei confronti delle autonomie territoriali, stipuleranno accordi di valorizzazione con le stesse amministrazioni regionali e locali e svolgeranno, inoltre, attività di «centro di servizi» in favore degli uffici del Ministero dislocati sul territorio, anche mediante un rafforzamento dei compiti e degli strumenti loro assegnati per l'esercizio delle funzioni di stazione appaltante. In quest'ottica stiamo valutando come integrare alcune competenze legate al turismo che dovranno essere utilizzate proprio dalle direzioni regionali per valorizzare e meglio salvaguardare il nostro patrimonio culturale e per esercitare il dovuto lavoro di coordinamento con gli enti locali.
  È evidente che la riduzione degli uffici di livello dirigenziale generale, imposta dalla spending review, sarà operata anche realizzando accorpamenti tra le direzioni regionali, in modo da assicurare una certa omogeneità dimensionale di questi uffici e realizzare una gestione più efficiente.
  Segnalo che tra i punti che considero particolarmente importanti vi è il potenziamento dell'autonomia scientifica e gestionale degli archivi. Quest'obiettivo sarà realizzato anche rafforzando il collegamento diretto degli archivi di Stato e delle soprintendenze archivistiche rispetto alla direzione generale di riferimento. Ritengo che questo possa consentire di valorizzare pienamente un settore di attività del Ministero che forse non è stato tenuto nella dovuta attenzione e la cui importanza deve, invece, essere pienamente riconosciuta, anche per le enormi potenzialità che i nostri archivi pubblici presentano e presenteranno per la diffusione della conoscenza della storia e della civiltà del Pag. 7nostro Paese e per i compiti di front office che avranno sempre di più nei confronti dei dati sensibili delle amministrazioni.
  In quest'ottica anticipo che stiamo individuando la soluzione per valorizzare, anche dal punto di vista economico, le professionalità che dirigono alcuni grandi musei italiani. È, infatti, fondamentale riconoscere il giusto ruolo a fronte delle numerose responsabilità che alcuni di questi responsabili sono chiamati ad assolvere.
  Colgo, infine, l'occasione per proporvi qualche punto di riflessione sempre in tema di riorganizzazione.
  Il Ministero ha perso negli ultimi cinque anni non solo risorse economiche, come sappiamo e abbiamo condiviso, ma anche molte risorse umane e grandi professionalità. Si tratta di un dato, a mio avviso, allarmante, soprattutto se si pensa che, rispetto a quanto previsto dalla pianta organica del Ministero, mancano all'appello 600 persone. Senza le persone, senza la loro competenza e la loro professionalità, non si può rilanciare, come tutti vogliamo, la cultura nel nostro Paese.
  In questa direzione qualcosa è previsto nel decreto-legge «Valore cultura». Mi riferisco alle misure urgenti per l'avvio del programma straordinario di inventariazione e digitalizzazione del patrimonio culturale italiano e per l'attuazione del progetto «Cinquecento giovani per la cultura». Con tale disposizione attuiamo un programma straordinario per la prosecuzione e lo sviluppo dell'inventariazione, catalogazione e digitalizzazione del nostro patrimonio, anche allo scopo di incrementare la pubblica fruizione del patrimonio stesso. A tal fine, è prevista la costituzione di un apposito fondo, con dotazione pari a 12 milioni di euro per l'anno 2014, nello stato di previsione del Ministero, alimentato anche con eventuali finanziamenti europei. Al termine del percorso formativo e della collaborazione nell'attività che andranno a svolgere, i laureati che abbiano conseguito un giudizio favorevole, secondo le modalità definite con decreto ministeriale, saranno immessi nei ruoli del Ministero con il corrispondente profilo professionale.
  Ritengo che dovremmo muoverci in questa direzione, perché questo ci consentirà di ripensare l'organizzazione del Ministero. Mi piacerebbe, prima di Natale, portare in Consiglio dei ministri uno schema di decreto del Presidente del Consiglio che consenta un riordino della struttura amministrativa, della struttura di gabinetto, introducendo un sistema di controllo della pianificazione, come ho prima illustrato.
  Vorrei, infine, riferire circa alcune tematiche emerse nel corso dei nostri precedenti incontri. Nelle sedute dell'11 luglio e del 6 agosto scorsi sono emerse numerose questioni che io ritengo possano essere riconducibili a cinque tematiche principali: Pompei; l'uso dei fondi pubblici per lo spettacolo; la fiscalità di vantaggio; la tutela paesaggistica; la tutela del patrimonio culturale intangibile. Molte delle tematiche affrontate in quella sede hanno, come ho detto, trovato una prima risposta nel citato decreto «Valore cultura».
  Quanto a Pompei, come ho avuto occasione di riferire, ho inteso simbolicamente intitolare «Valore cultura» il decreto dell'agosto scorso, proprio per sottolineare la scelta della prospettiva con la quale è stato inquadrato e disciplinato l'argomento. Il decreto dimostra il coraggio di un approccio ampio di insieme, allargato a considerare tutte le problematiche che il Ministero si trova ad affrontare, dal patrimonio culturale alle attività culturali, dalla gestione dei musei, dei palazzi e delle aree archeologiche all'apporto dei privati alla tutela ed alla valorizzazione, problematiche direi «a regime», alle quali si affiancano le emergenze che quotidianamente dobbiamo affrontare.
  Si tratta di emergenze legate a circostanze e a fattori sociali ed economici contingenti, come la situazione dello spettacolo dal vivo, dei teatri, delle fondazioni lirico-sinfoniche, o le necessarie risposte che dovremo fornire all'intera filiera dell'industria cinematografica. Le abbiamo Pag. 8sviluppate in un contesto unico, declinando di volta in volta il decreto, proprio come valore di tutela, di rispetto, di crescita economica e di sviluppo.
  Riprendendo i temi trattati nella parte introduttiva, con riferimento alla questione Pompei, vorrei rassicurare il senatore Bocchino che il primo articolo del decreto-legge, per garantire la tempistica del Grande progetto Pompei, istituisce un'unità specifica, «Grande Pompei», affidata alla responsabilità di un team di progetto coordinato da un direttore, con il compito di definire e approvare gli elaborati progettuali degli interventi di recupero e restauro propedeutici alla pronta attuazione del Grande progetto Pompei. Tale unità assumerà le funzioni di stazione appaltante e gestirà le procedure di gara dirette all'affidamento dei lavori e all'appalto dei servizi, per una corretta, efficace e trasparente gestione del servizio di pubblica fruizione e valorizzazione del sito archeologico. La struttura, inoltre, fornirà supporto organizzativo e amministrativo alle attività di tutela e di valorizzazione che resteranno e si rafforzeranno nella competenza della soprintendenza. A questo proposito, credo di aver già fornito elementi rassicuranti a tutti i componenti di queste Commissioni, circa i criteri di nomina dei responsabili del Grande progetto Pompei.
  Vorrei, inoltre, rispondere alle osservazioni dell'onorevole Di Lello, dicendo che non è intenzione mia, né, tanto meno, dell'amministrazione che rappresento, realizzare per Pompei un progetto «megalomane», per usare la sua definizione, quanto quello, certamente molto impegnativo, di cercare di creare insieme le condizioni più idonee per far sì che sulle molte criticità di Pompei possano intervenire figure professionali di comprovata esperienza e competenza e che possano farlo con immediatezza e senza ulteriori perdite di tempo.
  Non c’è dubbio che si tratti di un progetto complesso e difficile, ma io credo che far bene e dare risposte certe alle attese che vengono non solo, giustamente, dai nostri cittadini e da tutte le rappresentanze, dalle associazioni agli enti locali – ma anche da molti Paesi europei con cui ho avuto il piacere di confrontarmi anche sul tema di Pompei – sarà sicuramente una delle sfide a cui tutto il Paese sarà chiamato. Da un lato, si tratterà di fornire una risposta e dimostrare la capacità che noi abbiamo di tutela di una grande area archeologica. Dall'altro, sarà una sfida per il Mezzogiorno riuscire ad avviare un processo virtuoso di rilancio e di riqualificazione dei territori circostanti l'area archeologica e, nello stesso tempo, la dimostrazione di un primo grande progetto di turismo consapevole, in grado di valorizzare il nostro patrimonio.
  Quanto alla delicata questione delle fondazioni lirico-sinfoniche, riagganciandomi a quanto da me detto nella prima parte dell'intervento e con riferimento ad alcuni profili che investono il personale, vorrei fornire rassicurazioni all'onorevole Valente, il quale manifestava i timori che dietro i princìpi di razionalizzazione delle risorse possano nascondersi misure che sottraggono le giuste e necessarie tutele ai lavoratori. Anche a tal proposito, posso confermare quanto già riferito alla 7 Commissione del Senato nel corso dell'audizione del 19 novembre scorso, allorché ho affermato che sarebbe stata mia cura discutere il profilo del Commissario straordinario per le fondazioni e la sua attività con i responsabili delle stesse e le rappresentanze degli operatori del settore. Ritengo che questo confronto sia utile per definire insieme i criteri ispiratori dei piani di risanamento necessari.
  Voglio ricordare a tutti la difficilissima situazione di crisi economico-finanziaria che abbiamo individuato in tutte le fondazioni lirico-sinfoniche che saranno oggetto del necessario intervento e, nello stesso momento, far presente che il decreto «Valore cultura» prevede, invece, forme di riconoscimento per le fondazioni che hanno operato bene e che continueranno a farlo.
  Nell'incontro di ieri ho rassicurato i sovrintendenti che seguirò in prima persona questo lavoro, perché sono convinto che questo sia un mondo importante per Pag. 9la cultura italiana. Questi piani non hanno alcuno scopo punitivo nei confronti di chi ha lavorato in questi anni con passione. Si curano, anzi di tutelare questa parte così importante della cultura italiana. Questo lavoro sarà fatto per garantire un futuro alle fondazioni.
  Una seconda questione posta in primo luogo dall'onorevole Orfini, e rappresentata anche dal presidente senatore Marcucci, attiene alla revisione delle regole vigenti in materia di contributi pubblici per la cultura. È un tema importante. Nel corso dell'audizione del 23 maggio scorso io avevo evidenziato la necessità di ripensare i criteri di assegnazione dei contributi statali. Il sistema vigente dello spettacolo, pur avendo il merito di consentire eccellenti iniziative, che non avrebbero probabilmente visto la luce senza questi contributi, si è rivelato – è un'opinione personale, ma sono pronto a discuterne – negli anni, non adeguato, e non sempre trasparente.
  Nel decreto «Valore cultura» sono contenute alcune disposizioni che rappresentano un primo importante passo per la riforma strutturale dello spettacolo. Si prevede, infatti, che i fondi non siano più assegnati, come oggi, a pioggia, sulla base di un criterio storico imperniato su quote acquisite, ma che debbano essere distribuiti in relazione alle attività effettivamente svolte e rendicontate. In tal modo, io ritengo, si potrà, da un lato, premiare coloro che sanno realizzare e rendicontare le attività, rispettando gli obblighi assunti e pianificati, anche quelli previdenziali, e, dall'altro, fornire certezza finanziaria al settore dello spettacolo, per consentire di mantenere il livello qualitativo eccellente che esprimono le nostre fondazioni. Si tratta di modificare in tal modo non solo il criterio di riparto dei fondi, ma anche l'approccio da parte degli operatori del settore rispetto alla domanda di contributi e, quindi, alla programmazione economico-finanziaria delle attività dell'ente. I contributi pubblici non possono essere un diritto acquisito e certo, ma dovranno essere il frutto di un confronto reale, trasparente e virtuoso con la qualità del lavoro che si è fatto, nel rispetto di alcune norme e di alcuni criteri, che prevederemo e che renderemo pubblici per l'assegnazione delle risorse.
  Condivido, infine, la riflessione del presidente Marcucci, il quale auspica una maggior attribuzione di risorse del FUS in favore del settore della musica dal vivo, nonché un incoraggiamento per le manifestazioni che si svolgono in locali diversi da quelli istituzionali. Per questo obiettivo, che è realmente prioritario, io credo che dobbiamo continuare a lavorare insieme. Chiedo il vostro sostegno per riuscire a realizzarlo in tempi brevi.
  Una terza questione emersa nel corso della discussione che abbiamo tenuto l'11 luglio scorso attiene a quali siano le forme per ampliare e semplificare le disposizioni relative alla cosiddetta fiscalità di vantaggio per i beni e le attività culturali. Le proposte che ho ricevuto sono state numerose e tutte interessanti. Ho richiesto ai competenti uffici del Ministero di svolgere un utile approfondimento per poterle tradurre in una proposta al collega Ministro Saccomanni, con cui ho già avuto un incontro, informandolo che presto riceverà questa nostra proposta.
  È chiaro, infatti, che un'organica trattazione della questione non potrà che essere affrontata unitamente al Ministero dell'economia e delle finanze. Qualche primo passo, tuttavia, può essere ritrovato a sua volta nel decreto «Valore cultura». Basandoci soprattutto sulle vostre proposte, siamo riusciti a inserire nel decreto una norma che semplifica le donazioni da parte dei privati in favore della cultura, fino a 10.000 euro. Secondo la nuova norma, queste donazioni saranno effettuate senza oneri amministrativi a carico del privato, con la garanzia della destinazione indicata dal donatore e con la piena pubblicità delle donazioni ricevute e del loro impiego successivo.
  Si tratta di una prima azione che deve poterne consentire altre, come quelle giustamente indicate dai senatori Giro e Bocchino e dall'onorevole Piccoli Nardelli. Mi preme, proprio in relazione alle loro osservazioni, sottolineare come nel decreto-Pag. 10legge siano stati stanziati 90 milioni di euro per il tax credit per il cinema, come era stato, credo da tutti noi, auspicato, e introdotto un tax credit per 5 milioni di euro sulla musica, per far fronte alla crisi del mercato musicale e promuovere giovani artisti e compositori emergenti.
  In generale, condivido il vostro richiamo alla necessità di puntare su un sistema di fiscalità di vantaggio, sistema che fu ricordato dal presidente Galan nelle prime parole che hanno accolto una mia relazione, qui di fronte a voi. Credo che questo possa davvero favorire il rilancio della cultura nel Paese. È un tema su cui molti ministri si sono impegnati.
  A me piacerebbe riuscire a raggiungere questo obiettivo con il vostro aiuto. Nessun risanamento può essere accettato dalla collettività se non si è in grado, però, di accompagnare il rigore con una proposta di un'immagine condivisa della gestione e della tutela dei beni culturali nel nostro Paese e di una società futura che creda davvero nel valore della cultura e nelle scelte politiche conseguenti a questa consapevolezza.
  Per costruire una tale immagine, che comporta, ritengo, una forte scelta politica, non possiamo che tornare alle nostre radici, alla nostra storia, alla nostra civiltà, che abbiamo costruito nei secoli e che costituiscono il nostro maggiore orgoglio e insieme il più prezioso dei valori che ci portiamo dietro. L'attuale congiuntura economica non solo non costituisce un ostacolo, ma deve rappresentare, a mio avviso, un'opportunità storica per proporre con forza il tema di una rinnovata fiscalità di vantaggio, proprio per raggiungere questo obiettivo.
  Tre sono le ragioni e, nel contempo, le linee di indirizzo di questa scelta, a mio avviso necessaria, nella direzione di più efficaci agevolazioni fiscali per il mondo della cultura.
  La prima è quella di favorire un partenariato pubblico-privato, anche istituzionalizzato in fondazioni più dinamiche e vitali basate sul maggior appeal delle iniziative da intraprendere, derivanti dal vantaggio fiscale che incoraggi l'investimento di risorse nella cultura. Questo dovrà avvenire con regole chiare, come ho detto più volte, e con l'idea, condivisa da parte dei privati, che le risorse saranno investite nella tutela e nella valorizzazione del nostro patrimonio artistico, secondo una lettura virtuosa e per migliorare il servizio di fruizione pubblica e di valorizzazione.
  La seconda maggiore considerazione, nell'ambito della prossima riforma del regime fiscale degli immobili, è l'assoluta particolarità della posizione delle dimore storiche, in modo da aiutare quei proprietari di beni culturali immobili a tenere in piedi alcuni tra i beni più importanti del nostro Paese e a garantirne la manutenzione necessaria per la conservazione. Abbiamo molti ritardi su questo fronte. Anche su questo punto ho sollecitato un intervento del Ministero dell'economia e delle finanze, perché ritengo che sia un'azione importante di tutela del nostro patrimonio.
  La terza azione sarà relativa al sostegno al mecenatismo, per aiutare lo Stato e gli enti pubblici a fare manutenzione programmata e restauri, e al principio del vantaggio fiscale per le attività di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, nonché al sostegno alle attività culturali, che è già attualmente presente nella legislazione tributaria. Mi riferisco, in particolar modo, alle ipotesi di detrazione dell'imposta, per le persone fisiche, e di deduzione dell'imponibile, per le persone giuridiche con fini di impresa, delle spese per il restauro di beni vincolati e delle erogazioni liberali, previste dal Testo unico delle imposte sui redditi, nonché alla recente disposizione che prevede l'abbattimento del 50 per cento della base imponibile dell'IMU per i fabbricati di interesse storico o artistico.
  Nella stessa legge delega per il riordino del sistema fiscale, approvata dal precedente Governo, c’è una menzione espressa dell'eccezione culturale, ossia della necessità di tenere nel debito conto il tema della fiscalità di vantaggio per i beni e per le attività culturali. È in tale prospettiva che vorrei formulare alcune indicazioni e proposte operative, dall'IVA agevolata per il Pag. 11restauro dei beni culturali alla riforma del regime delle detrazioni e delle deduzioni fiscali dall'imposta sui redditi, pensando magari al modello francese – esso prevede la ben più incisiva misura della detraibilità del 60 per cento dall'imposta dovuta dei versamenti effettuati dalle imprese in favore di opere e di organismi operanti nel campo della cultura – passando per una riforma del regime IMU per gli immobili sottoposti a vincolo storico e artistico.
  Queste proposte in tema di vantaggio fiscale per i beni e le attività culturali non servono solo a garantire la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale, ma, anche, io ritengo, a favorire proprio la ripresa economica di un settore, quello del restauro, a cui, oggi, si affacciano con interesse moltissimi giovani in cerca di occupazione.
  Sul tema delicato della salvaguardia del nostro patrimonio archeologico l'onorevole Costantino solleva alcuni interessanti spunti di riflessione che vorrei condividere.
  Con particolare riferimento alla ratifica della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, aperta alla firma a La Valletta il 16 gennaio 1992, vorrei rassicurare l'onorevole che i miei uffici hanno già provveduto l'11 novembre scorso a inoltrare uno schema di disegno di legge al Ministero degli affari esteri, in previsione di una prossima iscrizione all'ordine del giorno per l'esame del Consiglio dei ministri. La procedura è stata attivata, ritenendo molto giusta l'osservazione che ci è giunta dall'onorevole.
  Condividendo, inoltre, la preoccupazione manifestata sempre dall'onorevole circa l'eccessiva debolezza del nostro sistema di sanzioni penali per i reati commessi contro il patrimonio archeologico, desidero comunicarvi che i miei uffici hanno predisposto una bozza di disegno di legge delega, che abbiamo inviato per condivisione al Ministero della giustizia e ai Ministeri della difesa e dell'interno, finalizzato a una riforma organica dell'intero sistema sanzionatorio per i reati contro il patrimonio culturale, introducendo nuove figure di reato e inasprendo le pene per le fattispecie criminose già previste dal codice penale e dalla normativa di settore. Intenderei, una volta ricevute le risposte, portarlo all'esame del Consiglio dei ministri, perché ritengo che si tratti di un disegno di legge che riprende l'impianto fondamentale di quello che era stato approfondito nella scorsa legislatura, innanzi al Senato, laddove, nella Commissione giustizia, relatore il senatore Casson, era stato proposto un testo unificato sul quale mi sembra fosse stata raggiunta un'ampia condivisione tra tutti i Gruppi parlamentari.
  La tutela del patrimonio culturale passa anche attraverso la tutela del paesaggio, come giustamente è stato osservato nel corso delle precedenti sedute in molti dei vostri interventi. Segnalo su questo tema l'importante disegno di legge a tutela dei suoli agricoli e inedificati, che ho proposto insieme ai colleghi dell'agricoltura e dell'ambiente e che mira proprio a portare l'Italia allo stesso livello di sensibilità e di attenzione su questi temi, che caratterizzano positivamente i più avanzati Paesi europei, come la Germania e la Gran Bretagna. Il disegno di legge governativo ha da poco ricevuto il parere favorevole della Conferenza unificata e sta tornando all'esame definitivo del Governo, per essere poi portato alle decisioni del Parlamento, dove spero potrà ricevere il vostro contributo propositivo e migliorativo. È questa la strada, ritengo, per riconciliarci con il paesaggio, con l'ambiente, con la natura e con quell'immenso patrimonio culturale che, come è stato da voi giustamente sottolineato, è essenziale per la coesistenza dell'uomo, della creatività e del rispetto dell'ambiente.
  L'Italia ha un enorme patrimonio culturale, che è fatto anche di tradizioni, pratiche, ritualità, lingue, dialetti e feste che si sono tramandati negli anni, di generazione in generazione. Questo patrimonio culturale intangibile trova oggi, nel Codice dei beni culturali, una tutela solo dal punto di vista materiale, come mi ero permesso di ricordare nel corso della seduta del 23 maggio. Eppure, io ritengo che si tratti di un patrimonio unico nel Pag. 12suo genere, che rappresenta forse una parte essenziale dell'identità delle comunità nazionali, della nostra comunità, e mostra la nostra ricchezza nelle tradizioni culturali essenziali per la nostra vita civile.
  Come evidenziato giustamente dalla senatrice Giannini, il concetto di patrimonio culturale immateriale è «rivoluzionario» – sono sue le parole – perché impone un ripensamento del concetto stesso di cultura, che non deve essere legato soltanto a un oggetto fisicamente definito, ma composto da elementi propri dell'identità di un popolo. A questo proposito, penso proprio alla lingua italiana, di cui, come giustamente la senatrice ci ha ricordato, c’è fame nel mondo e che è uno degli elementi che costituiscono il nostro DNA.
  Sotto questo profilo voglio essere molto chiaro, tornando a quanto detto nel corso della mia audizione. In primo luogo, bisognerà migliorare il Codice dei beni culturali, così da assicurare la massima tutela anche alle tradizioni orali e alle altre espressioni culturali immateriali. L'Italia si è impegnata a fare questo ratificando, come è noto, la Convenzione dell'UNESCO sul patrimonio culturale intangibile e riuscendo a fare iscrivere nella prestigiosa lista istituita dalla Convenzione tradizioni orali importanti per il nostro Paese, come quella del teatro dei pupi siciliani e del canto a tenore sardo. Il Ministero dovrà proseguire su questa strada realizzando, mi auguro, come ho dichiarato nel corso dell'audizione, una «Biennale delle culture popolari» e proseguendo nella ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale.
  In secondo luogo, ribadisco il massimo impegno del Ministero proprio nell'ambito dei negoziati connessi sia alla Convenzione UNESCO sul patrimonio culturale intangibile, sia a quella sulle diversità culturali. Ne è prova il lavoro svolto dai competenti uffici del Ministero per candidare nella lista dell'UNESCO la rete delle grandi macchine a spalla italiane, ovvero alcune feste religiose tipiche della tradizione italiana, come i Gigli di Nola, la Varia di Palmi, la Macchina di Santa Rosa di Viterbo e i Candelieri di Sassari. La prossima settimana questo ricco patrimonio culturale potrebbe essere iscritto nella lista del patrimonio culturale intangibile dell'UNESCO, aggiungendosi agli altri quattro elementi già iscritti.
  In quest'ambito senza dubbio il Ministero dovrà rafforzare la collaborazione con altri ministeri competenti – penso all'ambiente e alle politiche agricole – così da valorizzare ancor di più il complesso di valori che si nasconde spesso dietro a beni culturali divenuti nel tempo invisibili al mercato, ma non alla storia delle nostre comunità.
  In terzo luogo, il Ministero avvierà, come ho accennato nel corso dell'audizione, d'intesa con le regioni, un programma sperimentale di promozione di itinerari culturali integrati, basati su un tipo di approccio che gli economisti definiscono «sistemico vitale». In altri termini, è finito il tempo di pensare al bene culturale materiale a sé stante, come monumento scollegato al contesto in cui vive. È necessario, all'opposto, inserire quel monumento nel contesto in cui è collocato, valorizzandolo non solo in quanto tale, ma anche in quanto parte di un percorso di visita che si basa proprio sulle tradizioni culturali, storiche, artistiche, letterarie ed enogastronomiche di una comunità in cui tale bene si trova.
  Questo impone un ripensamento del modo stesso di organizzare il turismo culturale, un turismo consapevole, capace di integrare il bene materiale agli elementi immateriali, così da definire veri e propri percorsi conoscitivi. Stiamo lavorando, in questa direzione, a un provvedimento d'urgenza che potenzi il turismo nei siti UNESCO e che consenta di realizzare, come avviene in altri Paesi europei, iniziative vitali per il nostro patrimonio.
  Di questo ricco patrimonio di culture, fanno parte senz'altro anche le botteghe storiche, con i loro antichi mestieri, che si tramandano di generazione in generazione. Al riguardo, concordo con quanto detto dall'onorevole Valente: le botteghe storiche sono testimonianze autentiche della vita e dei tessuti cittadini e di quelle tradizioni lavorative artigianali che con il Pag. 13tempo sono destinate a scomparire, e per questo motivo vanno rivitalizzate e sostenute con tutti i mezzi a nostra disposizione.
  A tal proposito, tengo a ricordare come nel decreto «Valore cultura» sia presente una norma, l'articolo 2-bis, che riconosce a queste antiche botteghe forme di promozione e salvaguardia con auspicabili ricadute positive, come giustamente ha sottolineato l'onorevole, anche in termini di occupazione.
  Concludo ringraziando il presidente Galan e tutti voi qui presenti per l'attenzione che mi avete voluto dedicare ed esprimo la mia più totale disponibilità per ulteriori incontri, nel corso dei quali vorrei proseguire un confronto che io ritengo utile – quanto necessario – per verificare lo stato di attuazione di tutti i progetti, le iniziative e gli adempimenti che sono stati adottati, ripeto, con reale interesse e consapevolezza, grazie proprio ai vostri contributi. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Ci sarà la richiesta di ulteriori incontri, che è già stata avanzata.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROBERTO RAMPI. Buongiorno e grazie, signor Ministro. Abbiamo ascoltato con grande attenzione soprattutto i dettagli sui decreti attuativi. Noi non finiremo mai di dire che abbiamo apprezzato, in maniera significativa, la svolta che il decreto-legge «Valore cultura» ha rappresentato. Tale provvedimento legislativo ha generato moltissime aspettative in un settore sicuramente strategico e fondamentale per lo sviluppo del Paese. Sarà determinante capire, dal modo in cui verranno attuati questi decreti, se davvero riusciremo a essere all'altezza di queste aspettative.
  Ho percepito più volte, in questa relazione, le paure e le preoccupazioni sollevate, ma credo che con le paure e le preoccupazioni non si vada lontano. Ritengo che si vada lontano quando si ha l'ambizione di credere di poter fare cose importanti per questo Paese.
  Per questo motivo, vorrei sottolinearle due appuntamenti a cui so che lei sta lavorando. Uno è quello del cosiddetto semestre europeo e l'altro è quello di Expo 2015. Credo che questi due passaggi saranno fondamentali per il nostro Paese e che sarà molto importante quanto saremo capaci, dal punto di vista culturale, di cogliere questi due momenti.
  In particolare, per Expo 2015 io credo – e lo abbiamo anche detto in un ordine del giorno che è stato approvato da questa Camera e che lei ha accolto favorevolmente – che quella sarà un'occasione fondamentale. Sarebbe importante che il Ministero riuscisse a stanziare delle risorse, anche contenute, che permettano a tutte le regioni di presentare progetti, sul piano culturale, per Expo 2015, in particolare rivolti al mondo della cultura emergente, ai nuovi talenti, al vivaio della cultura italiana nel campo del teatro e della musica. A loro noi dobbiamo guardare con grandissima attenzione.
  Vengo alla seconda sottolineatura. Noi abbiamo iniziato un lavoro rispetto al quale so di toccare una sua sensibilità: le chiedo un importante supporto per rivedere le normative dei lavoratori del mondo della cultura e dello spettacolo. Sono professionisti che hanno un'attività di lavoro molto particolare e che hanno trovato, finalmente, una nuova attenzione nel lavoro che si sta facendo. Bisogna intervenire a sostegno della loro attività come lavoratori e come professionisti e della loro tutela rispetto all'aspetto del welfare e non solo. Credo che questo sia un impegno che dovrebbe essere trasversale ai diversi ministeri e che la sua sensibilità in materia sarà veramente preziosa.

  GIANNA MALISANI. Buongiorno, Ministro. Sarò forse un po’ noiosa, ma devo essere anche brevissima. Mi scuso, quindi, se taglio con l'accetta i problemi che vorrei affrontare. Chiedo quindi subito alla sua sensibilità se sia possibile tenere una riunione specifica sulla riforma del Ministero, che mi sta particolarmente a cuore e che Pag. 14prevede temi talmente vasti e importanti che forse, oggi, non si riescono ad affrontare nei tempi a disposizione.
  Io ho letto le considerazioni della Commissione e ho sentito quello che lei ha oggi detto. In parte tutto ciò mi fa molto piacere, perché questo Ministero, che è un Ministero giovane, ha varato nel corso della sua storia breve provvedimenti importantissimi per questo Paese. Ultimamente, però, come lei ha ricordato, questo Ministero ha rischiato, e rischia tutt'oggi, di andare verso un affossamento.
  Io punto sempre il dito sulle strutture periferiche, che hanno visto e vedono, tuttora, alcune professionalità molto importanti per questo Paese, anche per la loro missione, che lei continua a sottolineare, dal punto di vista economico, storico e strutturale. In questi anni, c’è stata veramente un'emorragia significativa di personale, come, peraltro, lei ha sottolineato, nonché un invecchiamento molto forte delle strutture: le strutture periferiche sono al collasso.
  Le linee indirizzate dai lavori della Commissione che lei ha indetto sono molto importanti e vanno nel senso giusto: occorre creare una struttura agile anche a livello centrale. La struttura attuale dovrebbe essere veramente cambiata. Si sente, a livello periferico, una struttura che non consente un lavoro come quello che dovrebbe essere svolto a livello territoriale. Credo che occorra una svolta, una grande riforma nella direzione che lei ha accennato.
  Le chiederei, inoltre, anche una presa di posizione rispetto alle strutture periferiche e soprattutto alle esperienze regionali. Le esperienze regionali non funzionano. Per esempio, prendo il caso del Friuli-Venezia Giulia. Non so se la situazione sia analoga da altre parti. Le strutture locali sono state costituite con personale delle altre soprintendenze. Non c’è stato un incremento di personale. Le soprintendenze territoriali sono state depauperate per formare soprintendenze regionali che poi non funzionano.
  Se lei, come ho capito, tende ad attribuire funzioni importanti di stazione appaltante alle strutture regionali, le riferisco che stiamo andando di nuovo verso un’impasse rispetto al sistema lavorativo. A me piacerebbe avere un confronto su questi temi, perché credo che le soprintendenze territoriali vadano valorizzate.
  Una riflessione che mi piacerebbe fare con lei riguarda il fatto che dobbiamo andare verso strutture con soprintendenze miste. Questa divisione «stanca», accademica di competenze potrebbe essere uno dei temi che lei può affrontare con coraggio. Le faccio solo l'esempio delle indagini, importantissime, «pre-lavori» di restauro, che possono essere archeologiche, pittoriche o architettoniche. C’è bisogno di strumenti e di competenze miste. Noi proveniamo da soprintendenze miste. Occorre ricostituire o costituire strutture agili sul territorio, che abbiano tutte le competenze. Non è possibile avere ancora strutture che addirittura si combattono a livello territoriale; questo, però, succede.
  Inoltre, rispetto sempre alle linee che lei ha esposto, lei ha parlato, tante volte, di sinergie con le strutture territoriali. Come esistono tavoli per i piani paesaggistici, io la inviterei ad istituire anche tavoli a livello territoriale con strutture regionali, ma anche comunali. Per tutta la battaglia che dobbiamo fare sulla tutela del territorio, dei beni e del paesaggio, infatti, credo che sia necessaria la sinergia anche con i comuni. Per esempio, le commissioni edilizie sono strumenti importantissimi, che, peraltro, in Italia sono cadute in disuso. Tutte queste strutture che stanno a fianco dello Stato, nell'aiuto alla tutela del territorio, sono elementi su cui una riforma potrebbe effettivamente puntare.
  Io le chiederei poi un intervento anche sul rapporto con le università. Noi abbiamo strutture ministeriali molto chiuse e autoreferenziali. Le cose devono assolutamente cambiare per avere un'efficacia sul territorio. Le chiedo soltanto se possiamo avere un confronto su questo tema.

  MILENA SANTERINI. Grazie, Ministro, della dettagliata esposizione. Capiamo che il numero di decreti previsto nella legge Pag. 15citata è ingente. Sono sicuramente più di dieci. C’è un lavoro in fieri su cui le chiediamo di avere eventualmente un ulteriore confronto.
  Molto è stato detto e, quindi, mi fermo su alcuni punti, mi dispiace se poco di sistema. Avevo pensato il discorso di sistema per le precedenti occasioni, ma è ormai superato. Affronto, quindi, alcuni punti molto semplici.
  Sulla fiscalità di vantaggio noi condividiamo totalmente il suo indirizzo al livello di tutti i beni culturali, senza, però, arrivare a modelli probabilmente non del tutto oggi fattibili. Sosteniamo tutto ciò che va in direzione di sgravi, perché lo sgravio manda il messaggio al cittadino, agli enti e alle imprese che quello che si fa per la cultura è a vantaggio di tutti ed è anche uno strumento di partecipazione.
  Un altro punto su cui vorrei concentrare l'attenzione riguarda gli archivi. Noi ci aspetteremmo – non oggi, ma magari in futuro – un ragionamento su una razionalizzazione, anche dei costi. Ci risulta che molti archivi siano, per esempio, in sedi in affitto. Ci sono sprechi e ci sono, allo stesso tempo, risorse mancanti. Esiste un problema di formazione degli operatori e di scarsa trasmissione del know-how, nonché un problema di giovani. Su questo, quando c’è tempo, vorremmo attirare l'attenzione.
  Come secondo punto, lei ha sempre parlato di eccezione culturale per quanto riguarda il mercato internazionale. Uso questa metafora per dire che nella legge abbiamo previsto alcuni giustissimi limiti, di cui lei ha parlato oggi, agli sprechi, alla mala gestione e al mal funzionamento, in particolare delle fondazioni liriche.
  Abbiamo, però, puntato l'attenzione, con ordini del giorno, anche su alcune lodevoli eccezioni. Si tratta dei soliti Piccolo Teatro e La Scala di Milano, su cui avevamo chiesto un'attenzione che andava in direzione non tanto di un'eccezione nel senso di esentare tali strutture dai doveri comuni, quanto di tener conto di una loro virtuosità precedente o addirittura, come nel caso La Scala, di una possibilità di convogliare maggiormente i contributi dei privati. Vorrei chiedere a che punto siamo.
  Passo all'ultimo argomento. Si è parlato, e io sono molto d'accordo con la collega Malisani, di sinergie, di tavoli e di apertura. Quello che le chiediamo, nella razionalizzazione del Ministero, è una fluidificazione dei processi. Io ho molti interlocutori a Milano che mi dicono: «Siamo portatori di una cultura del progetto». La chiamano così. Essi mi chiedono: «Chi sono i nostri interlocutori al Ministero ?» Non gliel'ho saputo dire. Ho risposto che avrei sentito il Ministro e che glieli avrei indicati. Si tratta di operatori culturali che lavorano nell'esposizione, a Palazzo Reale, nell'aspetto della formazione, nella digitalizzazione del patrimonio culturale, anche a fini turistici.
  Le chiediamo di concepire, al di là dei compartimenti molto rigidi dell'amministrazione statale, alcuni tavoli di consultazione e di coinvolgimento dei rappresentanti di una cultura immateriale che, in questo caso, è la cultura del progetto.

  MICHELA MONTEVECCHI. Spendo solo due minuti per commentare la prima parte dell'intervento del Ministro in merito alla nomina del Commissario straordinario delle fondazioni. Io sono rimasta piuttosto delusa da questa nomina, per tutta una serie di ragioni.
  In questo momento sono anche molto sorpresa, perché il Ministro ha subito «messo le mani avanti», dicendo che questa nomina è frutto di un'osservazione pedissequa di quanto contenuto nel comma 3, dell'articolo 11, del decreto-legge n. 91 del 2013, che riguarda le fondazioni lirico-sinfoniche. Tale comma imponeva la nomina di un esperto in valutazione di bilanci, nonché di risanamento e di ristrutturazione dei debiti.
  A me, però, risulta che il predetto comma 3 sia stato emendato e che, quindi, la norma contenga anche la seguente frase. Si richiede un «commissario straordinario del Governo che abbia comprovata esperienza di risanamento nel settore artistico-culturale».Pag. 16
  Io mi sono «scapicollata» su Internet per cercare un curriculum che evidenziasse nel dettaglio le capacità che lei ha elogiato nell'ingegner Pinelli, riconducibili a quanto contenuto nella norma. Ho trovato curricula dettagliatissimi sulle sue esperienze di ingegnere idraulico presso diverse società petrolifere, ma ho trovato sempre e solo la solita frase vaga, rimbalzata in tutti i siti, su consulenze in campo culturale a enti pubblici e imprese. L'unico dettaglio è che si è occupato, come lei ha riferito, di piattaforme digitali.
  Il sovraccarico da lavoro probabilmente fa sì che tutti noi si possa avere problemi di concentrazione e di memoria, ma io le vorrei ricordare che all'informativa del 19 novembre scorso lei disse, e poi lo ribadì anche in replica: «il candidato non dovrà essere solo esperto in azioni di risanamento di situazioni di crisi, ma possedere anche una precisa sensibilità verso il settore culturale».
  A questo io, in replica, le risposi che avrebbe dovuto avere non solo sensibilità, ma anche una profonda conoscenza del settore nel quale si troverà a operare. Provocatoriamente, aggiunsi che, se veramente ci fosse stato bisogno di questo Commissario straordinario, cosa che mi pare che nel mondo delle fondazioni lirico-sinfoniche non sia stata accertata, avremmo potuto semplicemente delegare tali operazioni a una brava società di revisione. Glielo dissi in modo provocatorio, perché sapevo benissimo che non poteva essere così.
  Perché lei oggi viene qui e ci ricorda il comma di una norma, peraltro in modo impreciso, e mette le mani avanti ? È una domanda che io le pongo. Lei avrà tutto il tempo di rispondermi.
  In un'ottica di massima trasparenza, andrebbe anche precisato che l'ingegner Pinelli, dal 31 ottobre 2013, ricopre, a titolo gratuito, un incarico di consulenza all'interno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Se trasparenza deve essere, che trasparenza sia.
  Io le chiedo, per cortesia, di voler fornire un curriculum dettagliato delle competenze, non solo in ambito culturale, ma anche nel settore lirico-sinfonico di questa persona. Lei mi deve provare che questa persona ha tutte le capacità per ricoprire questo ruolo.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Sono terrorizzata.

  PRESIDENTE. Non prenda paura, onorevole Malpezzi. Abbiamo passato momenti peggiori.
  Do ora la parola al Ministro Bray per la replica.

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Non c’è terrore, anche perché dei valori culturali del nostro Paese, nel Cinquecento, uno dei più noti era la tolleranza. L'abbiamo esportata in tutto il mondo. Anche quando si bruciavano i libri nel nostro Paese questi si sono sempre stampati. Venezia era famosa. Per questo credo che il confronto sia solo utile.
  Io ho detto testualmente che «la norma prevede che le fondazioni in difficoltà debbano presentare piani di rinegoziazione e ristrutturazione del debito finalizzati al raggiungimento dell'equilibrio strutturale di bilancio sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario. Il piano deve, altresì, prevedere l'individuazione di soluzioni idonee a riportare la fondazione, entro i tre esercizi finanziari successivi, grazie alla definizione di un piano industriale, nelle condizioni di attivo patrimoniale».
  Il compito del Commissario non riguarda le attività. Non ho parlato delle attività in cui è competente, ma dei compiti che dovrà svolgere. Essi si dovranno concentrare «nel supporto e nel confronto sulla predisposizione e sull'esame dei piani di risanamento economico-finanziario e nella definizione di piani industriali elaborati dalle singole fondazioni interessate dal percorso di risanamento». È nel testo.
  Se questo che ho detto è vero, mi piacerebbe ricordare – non ho posizioni precostituite – che, quando noi abbiamo iniziato il percorso, una delle accuse che ho sentito – anche in Parlamento – era Pag. 17che l'intera norma fosse stata messa in piedi per una o due fondazioni che rischiavano di chiudere. Quando riceveremo, a giorni, l'indicazione delle fondazioni che richiederanno l'utilizzo del fondo e il supporto nella definizione di un piano industriale che le riporti al pareggio, vedremo che le fondazioni non erano una o due, come mi fu rimproverato, ma forse molte di più.
  Credo, quindi, che la concentrazione che dobbiamo rivolgere al tema sia quella di cercare di salvaguardare queste realtà. Che cosa intendo per «salvaguardare queste realtà» ? Il meccanismo di governance delle fondazioni, che credo conosciate bene, affida a un sovrintendente, non a un commissario – ci si esprime male, se si pensa che l'attività storico-artistica sia arrivata a un commissario; si tratta di un sovrintendente, i commissari intervengono solo nei momenti di grave crisi – la programmazione artistica. I suoi compiti di governance potranno poi essere affiancati da un direttore artistico.
  Il problema che noi abbiamo nella storia di queste fondazioni non è storico-artistico, ma gestionale. Poiché io ritengo di avere 23 anni di esperienza nella gestione di un istituto culturale, so che non basta fare buoni programmi scientifici o artistici, ma occorre anche la buona gestione. La buona gestione, per un signore che si è formato in una scuola come Bain & Company, che in Italia ha lavorato soprattutto nel riordino di luoghi di cultura, è un profilo sufficiente ad affrontare l'impegno che ha di fronte.
  Aver lavorato nel passaggio da un mondo non digitale a un mondo digitale è servito, per esempio, a creare le situazioni di sistema in rete, come si chiamano per chiunque di noi sappia che cosa è stato il passaggio al digitale. Si tratta di uno dei punti più fragili delle fondazioni lirico-sinfoniche, che non riescono a fare sistema delle loro esperienze artistiche.
  Da molti anni esiste l'idea di creare una piattaforma condivisa, come nelle più grandi istituzioni lirico-sinfoniche europee, che noi non possediamo. Sui siti sono presenti anche i dati di produttività dell'introduzione di una piattaforma digitale. Basti guardare il sito dei Berliner Philharmoniker o di altre fondazioni. Se si fa una ricerca del genere, si possono capire i motivi per cui le scelte sono ricadute su un profilo e non su un altro.
  Io non credo che abbiamo bisogno di affiancare capacità storico-artistiche. Abbiamo bisogno di definire insieme dei piani gestionali. I piani gestionali hanno bisogno di una sensibilità, ma anche di tutti gli strumenti per essere definiti.
  Sicuramente è molto giusto il fatto che, in una situazione così difficile, che mi auguro non si dimostri peggiore di quella che abbiamo analizzato all'inizio, si compiano scelte di questo genere. In questi ultimi giorni, come avrete letto, la discussione ha coinvolto anche una struttura importante come il Teatro dell'Opera di Roma. Noi abbiamo voluto tenere separato il problema dalla direzione artistica, affidata a uno dei più grandi interpreti della musica attuale, impegnandoci, invece, nella definizione del nuovo consiglio d'amministrazione. Sottolineo questo fatto perché la scelta che ho deciso di compiere è quella non di ricorrere sempre ai commissariamenti, ma di ripristinare gli organi, come le norme prevedono per qualunque fondazione di natura privata, come oggi sono queste fondazioni, e di far valutare i bilanci agli organi preposti alla gestione.
  Credo che siano stati giustamente sottolineati i meccanismi di riconoscimento per le fondazioni virtuose. Nel decreto «Valore cultura» è previsto un riconoscimento del 5 per cento del FUS, proprio per le fondazioni che dimostrano un rispetto dei piani gestionali. Mi sembra il minimo riconoscimento per chi ha saputo e sa ben gestire questo settore tanto importante.
  È ovvio che questo si potrebbe e si potrà fare, io ne sono certo, potendo contare su risorse maggiori, che andremo a individuare e, spero, a indirizzare all'intero sistema. Proprio per la passione con cui sto dedicando le mie attenzioni al settore delle fondazioni lirico-sinfoniche io ritengo che uno dei punti su cui dovremo Pag. 18molto lavorare sia proprio la capacità di fare sistema. Fare sistema significa, per esempio, pianificare sin dall'inizio – da un punto di vista artistico – le forme migliori di coproduzione: queste avranno sicuramente ricadute gestionali, migliorando la produttività di ogni singola fondazione.
  Ci sono moltissime cose da fare. Sicuramente occorre sedersi intorno a un tavolo e discutere, per esempio, sulle azioni di marketing presenti oggi in pochissime delle 14 fondazioni. Anche questo si può realizzare, se si lavora in maniera comparativa, come abbiamo iniziato a fare. Non abbiamo fatto tutto, ma qualche piccolo passo è stato fatto. Almeno tre fondazioni europee hanno tratto vantaggi tra il 17 e il 32 per cento dalle azioni di marketing. In tutte le fondazioni europee queste sono affidate alla struttura gestionale, che certamente deve avere tutte le forme di rispetto verso l'attività artistica, ma anche conoscere gli strumenti con cui lavora.
  È giusto, come è stato osservato, che un grande impegno deve essere rivolto a due importanti appuntamenti, il semestre europeo ed Expo 2015. Noi stiamo cercando di fare molto nell'incontrare, per esempio, tutti i ministri della cultura di molti Paesi europei, per cercare di creare una piattaforma che sottolinei a livello europeo il valore della cultura.
  Se posso permettermi, io credo che il nostro Paese non abbia un problema di consapevolezza di alcuni individui, di alcuni responsabili della cosa pubblica. Con il presidente Galan, molti anni fa, abbiamo realizzato un'opera pressoché irrealizzabile in tutte le altre parti del mondo: era una storia di Venezia in 22 volumi, che studiava tutte le caratteristiche di una città che ha costituito uno dei grandi miti europei. Questo è stato possibile grazie a un ottimo lavoro di sistema tra un'istituzione culturale, una regione e alcune persone che hanno creduto in un progetto, lo ripeto, irrealizzabile. Voglio ricordare che le grandi opere sulle grandi città e sulle grandi civiltà si sono fatte solo in Italia.
  Lo preciso perché non bisogna pensare solo agli aspetti negativi del nostro Paese. Quello è stato un impegno finanziario enorme, ma a cui si è fatto fronte avendo anche buoni ritorni commerciali, segno evidente che, a volte, se si getta il cuore oltre l'ostacolo, le persone sono molto più sensibili al valore dei contenuti e alla buona gestione del denaro pubblico, laddove esso è indirizzato verso attività ricche di contenuti.
  Expo 2015 è una grande opportunità, è vero. Io sono preoccupato per tutto quello che c’è da fare. Si tratta forse del banco di prova più evidente in cui misureremo le nostre capacità di avvicinare il turismo alla cultura. È un lavoro da fare con le regioni. Alcuni provvedimenti che possano facilitare questo evento saranno presenti anche nel decreto sul turismo, che col Presidente del Consiglio vogliamo mettere a punto per i primi di gennaio prossimo. Sarà un decreto che terrà conto della necessità di fare in modo che i molti milioni – ci auguriamo – di turisti che arrivano in Italia possano conoscere il nostro Paese attraverso percorsi di significato, che consentano di valorizzare il nostro patrimonio.
  Sono molto d'accordo sul fatto che dobbiamo rivolgere le attenzioni verso le normative che riguardino il lavoro di chi opera nel mondo della cultura. In merito, mi riallaccio anche ad alcune osservazioni su tutto quello che c’è da fare all'interno del Ministero.
  La situazione, anche in questo caso, non è molto incoraggiante. Mi sembra di aver già ricordato che, oggi, noi possiamo contare su meno di un euro per la formazione di ogni singola risorsa impegnata nel Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Questo è sicuramente un gravissimo limite, in un periodo che fa della formazione continua uno degli asset principali per vincere alcune scommesse importanti.
  Riguardo alla riorganizzazione, sono ben contento di confrontarmi su alcune scelte. Credo che molte di tali scelte vadano nella direzione che è stata indicata, quella di superare la conflittualità che si è creata spesso tra le direzioni regionali e le soprintendenze. Non credo che potremo Pag. 19trasferire tutte le responsabilità alle soprintendenze. Ritengo sia giusto ricondurre tutti i compiti di tutela presso le sovrintendenze e non dividere le responsabilità, com’è stato sino a oggi. Ciò consentirà sicuramente una gestione più ordinata, ma, lo ripeto, sono ben contento di potermi confrontare sulle scelte.
  È stato osservato che ci sono moltissime risorse, persone, professionalità e associazioni in grado di lavorare con una cultura del progetto, ma che non sanno a chi fare riferimento. Anche confrontandomi, con curiosità, con altri ministri e ministeri, ho scoperto che questo è un problema di tutto il Paese. La revisione dei procedimenti di amministrazione dello Stato aspetta, credo, da vent'anni di essere fronteggiata. Io mi dedico, nel mio piccolo, al mio Ministero. Qualcuno dice che faccio quasi più il direttore generale che il ministro, stando moltissime ore al giorno a cercare di capire, come farebbe un bravo gestore, quali sono i punti di debolezza o i punti in cui si ferma una procedura.
  Quello che posso dire è che si tratta di procedure che hanno troppi anni e che, spesso, non c’è un principio della responsabilità legato alla cultura del progetto e a chiare procedure. Sarebbe molto bello poter mettere a posto tutto questo, ma so che sarebbe una forma di presunzione. Si lavora per approssimazioni successive, in base a una pianificazione attenta delle attività da svolgere.
  Uno dei problemi che non mi sembra, storicamente, si fosse mai evidenziato in questo Ministero è la quantità di emergenze che stiamo fronteggiando. Credo siano qualche decina al giorno quelle che ci vengono segnalate. È una questione importante, segno di una grande sensibilità. Il nostro Ministero, però, a differenza del Ministero inglese, non ha un ufficio di front, per esempio, come qualunque gestore insegnerebbe ad avere per poter pianificare le risposte. Stiamo provando a pensare se ci possa essere un ufficio in grado di pianificare i differenti progetti e di seguirne l'avanzamento.
  Queste novità aiuterebbero moltissimo, ma il grado di innovazione del Paese ha anni di ritardo. Io mi posso prendere tutte le responsabilità addosso, ma ho discusso di questo con il responsabile dell'Agenda digitale e con il nuovo responsabile della spending review. Il Paese ha molti anni di ritardo nei confronti di intere parti del nostro continente e di tutto il mondo, i cui criteri e i tempi di innovazione, oggi, voglio ricordarlo, sono semestrali, non hanno venti anni di ritardo.
  Di questo paghiamo, ovviamente, tutte le conseguenze. Una qualunque società efficiente avrebbe un sistema capace di controllare il ciclo attivo e il ciclo passivo, con un tableau de bord che consenta di controllare l'avanzamento di un progetto in maniera quotidiana o settimanale.
  In tutti i ministeri è difficile potere attuare questo processo, non chiedetemi perché, anche se esistono strumenti facilmente adottabili. Io vorrei fare qualche passo avanti per il mio Ministero. Questo comporta, però, molta formazione sugli strumenti dell'informatica e, quindi, ancora una volta, risorse. Spero che le richieste che ho rappresentato vengano accolte.
  Sono giustissime le sottolineature del cambio di prospettiva di questo Ministero, il quale si deve collocare in una forma dialettica soprattutto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Con il Ministro Maria Chiara Carrozza questi scambi sono quotidiani. Una delle prime novità che mi piacerebbe mettere in campo è una scuola di specializzazione proprio per la tutela del patrimonio. Ne esistono in quasi tutti i Paesi europei, ma non da noi. Abbiamo già definito un progetto, che è all'attenzione della Ministra. Potrebbe essere una scuola che, dopo il ciclo universitario, garantisca gli strumenti per poter poi accedere nell'amministrazione dello Stato.
  Analogamente, è molto giusto attivare i tavoli con i comuni, soprattutto se vogliamo ben svolgere i compiti che ci sono chiesti dalla sinergia tra le attività legate al dicastero del turismo e quelle della cultura. Si sta cercando di fare tutto ciò con un piano di lavoro che io definisco per linee parallele di lavoro. Una linea consiste Pag. 20nel fronteggiare le emergenze, una nel pianificare le azioni, una nell'attuare alcuni cambiamenti necessari e una nell'avvicinare le attività dei due ministeri, il che si è dimostrato assai complesso, tanto da richiedere quasi sei mesi perché si riuscisse ad attuarlo. Anche questo è segno di un'amministrazione dello Stato che richiede probabilmente di essere ripensata.
  Faremo tutto questo informando le Commissioni, perché credo sia giusto. Traggo soltanto vantaggio, da parte mia, dai continui suggerimenti, ma anche dalle giuste critiche. Spero che questo lavoro si possa fare in uno spirito costruttivo, com’è avvenuto sino a oggi, insieme.
  Torno a ringraziarvi per questo.

  PRESIDENTE. Io desidero, in conclusione, ringraziare il Ministro Bray a nome delle Commissioni per la disponibilità che ha dimostrato e, se mi è consentito, anche a nome personale, sia per aver ricordato un episodio piacevole ed elevato del nostro passato, sia per avermi inviato, con cortesia davvero inusitata, in anticipo, il curriculum dell'ingegner Pinelli, che ho trovato molto buono e, soprattutto, molto adatto al ruolo per il quale veniva designato.
  Cerco di rimediare in extremis a una mancanza, quella di non aver scusato pubblicamente il presidente Andrea Marcucci per la sua assenza. Lo faccio adesso, in quanto lo stesso mi aveva rappresentato la sua impossibilità a essere presente quest'oggi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.