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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 10 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Delrio Graziano , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 
Gibiino Vincenzo  ... 8 
Causi Marco (PD)  ... 9 
Broglia Claudio  ... 10 
De Menech Roger (PD)  ... 10 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 11 
Cappelletti Enrico  ... 12 
Biasotti Sandro (FI-PdL)  ... 12 
Piepoli Gaetano (PI)  ... 12 
Zanoni Magda Angela  ... 13 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14 
Delrio Graziano , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 14 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio su attuazione e prospettive del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale.
  Si tratta della prima audizione della Commissione. L'occasione è particolarmente significativa, in ragione della specifica delega del Ministro, che tra l'altro è delegato a presiedere la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, ovvero la cabina di regia dell'attuazione della legge n. 42 del 2009 e in generale dell'articolo 119 della Costituzione.
  Do la parola al Ministro Graziano Delrio e lo ringrazio per aver trovato questo spazio tra i numerosi impegni del momento.

  GRAZIANO DELRIO, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Presidente, sono io che ringrazio voi dell'invito, che spero sia l'inizio di un lavoro comune, poiché credo che il nostro Paese abbia bisogno di riprendere in mano in maniera molto decisa l'attuazione del federalismo, che è una delle grandi risorse di questo Paese e non un problema, come purtroppo è stato vissuto e presentato, anche recentemente. Io credo invece che sia una grande risorsa per il nostro Paese, perché rappresenta la possibile attuazione di un binomio tra autonomia e responsabilità, di cui la nostra pubblica amministrazione ha massimo bisogno.
  Come la Commissione sa, la legge delega sul federalismo fiscale ha avuto attuazione attraverso numerosi decreti legislativi, dal federalismo demaniale all'ordinamento di Roma Capitale, fino alla determinazione dei costi e fabbisogni standard, tutte cose che voi conoscete bene e che peraltro sono illustrate nella relazione semestrale della Commissione del gennaio 2013. Credo che lo abbiamo analizzato a suo tempo.
  Da un punto di vista generale, anche per motivi di tempo e per lasciare spazio per la discussione, a me preme soffermarmi su alcune questioni che mi pare abbiano subìto un'accelerazione in questo periodo e su altre questioni che invece rimangono aperte e su cui mi pare opportuno esprimere l'opinione del Ministero, relativamente al fatto che tra le deleghe che noi abbiamo esiste anche quella per l'attuazione del federalismo. Nella mia delega c’è esplicitamente l'attuazione del federalismo.
  In primo luogo, vi voglio aggiornare sul tema dei costi e fabbisogni standard. Come sapete, il lavoro di determinazione dei Pag. 4fabbisogni standard nell'ambito della COPAFF ha già raggiunto importanti risultati. Oltre alle prime due note metodologiche (la polizia locale per i comuni e i servizi al lavoro per le province), che abbiamo già approvato lo scorso anno e pubblicato il 5 aprile 2013 nella Gazzetta Ufficiale, sono state approvate dalla COPAFF, e in via preliminare nel Consiglio dei Ministri, anche le note relative alle funzioni generali di amministrazione e controllo sia delle province che dei comuni.
  Questo è un elemento molto importante. Come sapete, nelle province l'amministrazione e controllo vale più di 2 miliardi di euro, di cui circa 900 milioni riguardano il personale. Credo che questa funzione sia molto importante, anche perché dall'analisi che abbiamo fatto con SOSE appare che è proprio su questa funzione che si scaricano, in termini generali, gli elementi di maggiore inefficienza. Ciò significa che è proprio sulla funzione generale di amministrazione e controllo che si possono ottenere i maggiori risparmi e i maggiori efficientamenti di spesa.
  Questo è uno degli elementi su cui insiste anche il nostro disegno di legge. Noi riteniamo che la riduzione di funzioni a carico dell'area vasta (in questo caso provinciale) possa essere accompagnata, se seguita in maniera seria, da una notevole riduzione di funzioni generali di amministrazione e controllo, con una conseguente compressione dei costi.
  Il 20 giugno 2013 sono state approvate in COPAFF le note relative alle altre due funzioni delle province (istruzione e gestione del territorio), che in questi giorni saranno approvate dal Consiglio dei ministri.
  Su questo argomento abbiamo un problema con i comuni, che hanno chiesto di avere a disposizione tutte le funzioni fondamentali, prima di dare l'assenso alle funzioni generali di amministrazione e controllo. Infatti, come sapete, purtroppo i fabbisogni standard vengono visti come lo strumento con cui si possono fare i tagli, più che il federalismo. Forse è stato il Governo a «indurre al sospetto» gli amministratori, i quali temono che si usino le funzioni fondamentali più che altro per fare dei tagli, invece che per attuare in maniera corretta il federalismo.
  Crediamo che questa difficoltà si possa superare. È quindi ipotizzabile che entro la fine dell'anno (cioè entro dicembre) tutto il processo sia a disposizione. Noi abbiamo insistito molto affinché questo avvenisse. Il lavoro di COPAFF è stato molto serio e ci teniamo costantemente in contatto.
  È opportuno precisare che la legge di stabilità per il 2014 prevede che il 10 per cento dell'importo attribuito ai comuni interessati dal Fondo di solidarietà comunale venga ripartito sulla base dei fabbisogni standard. Ovviamente è una misura simbolica, però è un inizio di lavoro, che tende a dare un primo, anche se non definitivo, riconoscimento del criterio.
  Ovviamente il tema dei fabbisogni standard porta con sé anche un altro lavoro che io ho stimolato a fare in tempi molto rapidi e che richiederà sicuramente qualche mese: il calcolo della capacità fiscale dei territori. Ovviamente non si può attuare una perequazione senza avere insieme fabbisogni standard e capacità fiscale. Solo in questo modo la perequazione può avvenire in maniera equa, trasparente e positiva. Questo è quanto riguarda i fabbisogni standard di comuni e province.
  Recentissimamente, come avrete forse visto delle agenzie di stampa, abbiamo anche completato il lavoro all'interno della Conferenza delle regioni e con essa, per ratificare l'individuazione delle tre regioni benchmark per quanto riguarda i costi standard in sanità. Questa ratifica, che è stata fatta in Conferenza Stato-Regioni il 5 dicembre, servirà in parte per il riparto del Patto per la salute del 2013, e sarà a regime nel 2014.
  Le tre regioni benchmark sono Umbria, Emilia-Romagna e Veneto. Va detto, a onor del vero, che vi sono almeno altre tre regioni (io credo che siano molte di più) che hanno comunque un ottimo equilibrio tra qualità dei servizi e spesa. Noi, come sapete, ne avevamo individuate cinque. Pag. 5C'erano anche Marche e Lombardia, che avevano gli stessi indici, anzi in alcuni casi addirittura migliori. C’è stato l'accordo tra le regioni per sceglierne solo tre, perché la legge prevedeva così. Comunque, stiamo parlando di cinque regioni importanti e di milioni di cittadini italiani serviti in maniera efficace ed efficiente dalla sanità, con costi e livelli di assistenza paragonabili a quelli europei, a dimostrazione che non è il federalismo in sé che determina inefficienza, ma è l'applicazione del federalismo, o casomai la capacità di efficientare la propria spesa.
  Io ripeto spesso che non sono solo le leggi che danno buoni risultati, ma anche il monitoraggio, la valutazione dei risultati e lo stimolo. Ricordo che quando io ero presidente della Commissione sanità dell'Emilia-Romagna, le Marche erano una regione in deficit e non organizzata. Grazie ai contatti che avevamo tra di noi, presero alcune idee che avevamo avuto noi a suo tempo (nel 2002-2003) e in pochi anni sono diventate una regione altamente efficiente, facendo un'unica ASL di 1,5 milioni di abitanti ed eliminando funzioni generali di amministrazione e controllo duplicate nelle varie ASL. Questa è la dimostrazione che con una buona applicazione e una capacità di seguire i processi, e non solo di annunciarli, c’è la possibilità di utilizzare il federalismo in maniera virtuosa.
  Sono entrati in vigore anche i costi standard in sanità. Voglio parlare anche del contesto politico in cui avviene questa scelta. Questa scelta avviene certamente per un lavoro tecnico che è proseguito in questo anno in maniera molto più intensa, ma si è giunti a questa conclusione anche perché politicamente le regioni hanno ricevuto, da parte mia, del Ministro della salute e del Ministro dell'economia, la garanzia che non sarebbero stati effettuati tagli ulteriori al comparto sanitario.
  Credo seriamente nell'affermazione che ho fatto prima: il federalismo si può attuare, ma non in presenza di tagli costanti alle risorse degli enti locali e delle regioni, altrimenti diventa molto complicato.
  Peraltro, grazie anche a questa presa di posizione del Governo, che per la prima volta non ha attuato tagli, crediamo che sarà possibile concludere in maniera efficace il nuovo Patto per la salute che, come sapete, è bloccato da più di due anni.
  Sull'armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali è stato fatto un monitoraggio quest'anno e ne è stata disposta la definitiva entrata in vigore per il 2015. La sperimentazione è già avviata. Abbiamo ottenuto dal Ministero dell'economia che vi fosse una flessibilità maggiore rispetto al Patto di stabilità per gli enti territoriali che si impegnano in maniera virtuosa a sperimentare l'armonizzazione dei propri bilanci.
  Inoltre, il 10 ottobre 2013 abbiamo finalmente ottenuto un importante obiettivo: abbiamo convocato la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Come sapete, questo è lo strumento principale di coordinamento all'interno di ordinamenti federali. La Conferenza avrebbe dovuto essere convocata entro il luglio del 2011, ma evidentemente era rimasta lettera morta, come tante volte è stato denunciato anche in questa Commissione.
  Il primo obiettivo che si pone la Conferenza per il coordinamento della finanza pubblica è compiere un'istruttoria sull'effettiva entità, sul riparto dei tagli effettivamente effettuati (non annunciati) all'interno dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, su base quadriennale, in maniera da avere degli criteri più oggettivi di ripartizione delle manovre di finanza pubblica rispetto a quanto è avvenuto negli ultimi anni.
  Sul federalismo demaniale, che, come sapete, è rimasto a lungo arenato, abbiamo attivato, insieme al Ministero dell'economia, in particolare al sottosegretario Baretta, una collaborazione molto stretta e costante con l'Agenzia del demanio. Come sapete, il decreto legislativo n. 85 del 2010 era rimasto praticamente bloccato. Con il decreto del Fare (decreto-legge n. 69 del 2013) abbiamo ripreso questo percorso in maniera, a mio avviso, più incisiva. Abbiamo attivato una procedura molto semplice Pag. 6di richiesta dei beni. Ovviamente, Presidente, io sono a disposizione per portarvi tutte le risultanze di ognuno di questi temi che sto annunciando, in maniera più dettagliata e approfondita.
  Proprio l'altro ieri abbiamo fatto il punto con il dottor Scalera, direttore dell'Agenzia del demanio, e con il Ministero dell'economia. Abbiamo ricevuto quasi 10.000 richieste di beni in meno di due mesi, a dimostrazione che anche in questo campo si può operare. La procedura è molto semplice: i comuni hanno un codice, col quale possono accedere alla banca dati, che fa comparire, per ogni codice, i beni disponibili di proprietà dello Stato. Il comune individua il bene, manda una procedura di interesse e gli viene risposto se, oltre a quello individuato, può aggiungere altri beni che lui conosce essere sul territorio. Gli viene risposto relativamente alla prima istruttoria, poi ci sono i sopralluoghi e quindi comincia l'iter.
  Su quasi 10.000 domande arrivate, ne abbiamo già istruite più di 1.000 e solamente 200 sono state giudicate incongrue per vari motivi: o perché si trattava di demanio marittimo, o perché vi erano immobili non a disposizione, eccetera.
  Lo stesso percorso è stato avviato in maniera molto decisa con i beni militari, cioè con i beni di proprietà della Difesa, per i quali si hanno un po’ di difficoltà in più, per vari motivi. Comunque, il dialogo col Ministero della difesa è stato molto intenso e molto importante, con una grande disponibilità da parte del Ministro Mauro a proseguire in questo senso.
  Devo dire che finalmente arrivano buone notizie dal federalismo demaniale. Chiaramente vedremo quante situazioni si concretizzeranno, però credo che sia una questione abbastanza importante.
  Sul federalismo demaniale, come voi sapete, abbiamo anche un problema (che peraltro è in discussione con la legge di stabilità 2014) che riguarda la valorizzazione delle spiagge. Abbiamo in gestione statale tassi di abusivismo molto alti e abbiamo in riscossione dei canoni molto bassi. Ciò significa che lo Stato ci sta rimettendo dalla gestione delle spiagge. Dobbiamo essere molto chiari. Io credo che per chi amministra sia utile dire come stanno realmente le cose. Un chilometro di spiaggia balneabile rende 108.000 euro in Veneto e 8.000 euro in Calabria, quindi qualche problemino lo abbiamo. Bisognerà pensare a come valorizzare davvero il demanio marittimo, con una gestione dei canoni più regolare. Dovremmo fare un passo in avanti anche su questo.
  A dire il vero (a questo punto le buone notizie sono finite), io non ho ancora preso in mano completamente questa situazione e ammetto che il Governo non ha ancora preso un'iniziativa autorevole su questo tema. Questa è una delle cose su cui spero di poter fare un passo in avanti, visto che mi è stato affidato il compito di «coordinare» il gruppo di lavoro con il Ministero dell'economia.
  Cosa rimane da fare, in maniera molto seria, oltre al tema del demanio marittimo ? Secondo me, rimane molto da fare sul tema del trasporto pubblico locale. C’è stato un concordato in Conferenza unificata, dopo l'ultimo riparto che è stato effettuato, perché altrimenti non sarebbero arrivati i fondi in tempo. Come sapete, la situazione è al limite del collasso e quindi abbiamo veramente bisogno di fare un passo avanti su questo argomento.
  C’è stata una sentenza della Corte costituzionale che ha salvato il Fondo statale per il trasporto pubblico locale, nonostante questa sia una materia regionale, proprio perché manca l'attuazione del federalismo. La motivazione è stata esattamente questa: mancano i decreti di attuazione del decreto legislativo n. 68, perché non sono stati stabiliti i livelli essenziali delle prestazioni in questo settore.
  Abbiamo dedicato una seduta della Conferenza unificata appositamente a questo argomento e abbiamo manifestato, insieme alle regioni in particolare, la volontà di procedere per questo anno che arriverà non più al riparto sulla spesa storica, ma al riparto sulla base dei criteri di efficacia ed efficienza dei costi di servizio.
  Credo che questo sia uno degli obiettivi più importanti che ci dobbiamo dare in Pag. 7questo nuovo anno. Dopo aver affrontato il tema della sanità e il tema dei fabbisogni standard dei comuni e della loro capacità fiscale, bisognerà affrontare il tema del trasporto pubblico locale. Infatti, considero federalismo demaniale e sanità ormai avviati su una strada positiva.
  Ultimo, ma non per importanza, è il tema della reale introduzione di uno strumento fiscale autonomo per i comuni, cioè di un'imposta municipale vera, obiettivo che il Governo ha annunciato più volte. Si tratta di correggere l'IMU in maniera che diventi una vera imposta municipale.
  Questo percorso era già stato impostato dal precedente Governo, in collaborazione con l'ANCI, per arrivare progressivamente al superamento dei trasferimenti ai comuni. Come sapete, oggi i trasferimenti rappresentano una piccolissima parte del bilancio (praticamente sono stati azzerati). Vi è il Fondo di solidarietà che vale 6 miliardi e 700 milioni, ma che di fatto è alimentato in sostanza dalla fiscalità stessa.
  Secondo noi, è molto importante che la nuova aliquota fiscale abbia queste caratteristiche. Innanzitutto deve consentire una completa autonomia fiscale ai comuni. Io dico subito che, per esempio, sono abbastanza soddisfatto di come è formulata la service tax (o come verrà chiamata a regime), che prevede una completa manovrabilità delle aliquote sulla prima casa e una modulabilità delle aliquote.
  Sono abbastanza convinto che questo sarà uno strumento potenzialmente fruibile da parte dei comuni, ma sono altresì convinto che se vengono introdotti tetti e limitazioni il gettito fiscale non sarà adeguato a compensare il gettito IMU prima casa, come mi pare dimostrino in maniera inequivocabile le simulazioni fatte dal Ministero dell'economia.
  Io desidero trasmettere una preoccupazione: nel caso in cui nel 2014 il Parlamento approvasse una legge che fissa dei tetti, verrebbe a mancare quasi un miliardo di euro, oltre alle centinaia di milioni di euro che mancheranno per le detrazioni e le deduzioni che erano state introdotte con l'IMU precedente.
  Bisogna fornire finalmente ai comuni uno strumento di autonomia fiscale, che però, come tutti gli strumenti di autonomia fiscale, deve essere manovrabile e adattabile alle situazioni locali. Secondo me, di questo non bisogna avere paura, perché i cittadini che sono sottoposti a una grande pressione fiscale senza avere servizi giudicheranno i loro amministratori.
  Credo di poter dire che abbiamo corretto le storture che erano presenti nella prima formulazione dell'imposta sui rifiuti, perché nella formulazione della TARES originale vi erano applicazioni di regolamenti e di un decreto del Presidente della Repubblica del 1999 che non tenevano presente i grandi passi in avanti che sono stati fatti su queste politiche, col principio del chi inquina paga, invece che col principio della produzione in assoluto dei rifiuti. Questo avrebbe creato grandi storture.
  Nel decreto che avete visto abbiamo riportato la possibilità per i comuni di applicare i regolamenti che desiderano, in maniera da stimolare comportamenti virtuosi. Credo che già a dicembre questo potrà consentire di avere meno problemi rispetto a quelli che avrebbe comportato la formulazione iniziale della TARES.
  Credo di aver fatto un panorama, Presidente. Mi scuso, ma tra non molto avremo la ripresa in Aula della discussione del disegno di legge sulle province.

  PRESIDENTE. Grazie. Ribadisco che abbiamo ricavato con grande fatica questo spazio. Adesso abbiamo anche uno spazio, seppur limitato, per eventuali domande, che auspico saranno concise, e per la replica da parte del Ministro, tenuto presente che alle ore 11 alla Camera riprende la discussione del disegno di legge sulle province.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

Pag. 8

  VINCENZO GIBIINO. Vorrei innanzitutto ringraziare il Ministro per la sua presenza e il Presidente che è riuscito a calendarizzare l'audizione con immediatezza. Per rispetto dei colleghi, rubo solo un paio di minuti per alcune domande veloci e salto tutta la prefazione e le considerazioni.
  Sul federalismo demaniale, in merito a ciò che lei ha indicato, relativamente alle 10.000 richieste di beni e alle 1.000 istruite, vorrei conoscere il numero complessivo di beni demaniali disponibili per i vari comuni. Vorrei inoltre sapere se quando pervengono le richieste da parte dei singoli comuni c’è una valutazione da parte del Governo su cosa i comuni intendono farne, sui costi per la collettività eventualmente comportati dai processi di valorizzazione e utilizzo di quei beni e sulla possibilità di adottare misure, come quella della finanza di progetto, che consentirebbero a quei beni di essere fruiti senza aumentare i costi per i cittadini di quel comune.
  Relativamente alle spiagge, pur avendo anticipato che è una materia non ancora approfondita, lei ha dato un numero: il rendimento, a parità di chilometri, di una spiaggia del Veneto e della Calabria. In quest'ultima regione avete indicato un valore del 10 per cento.
  Vorrei sapere se in tutte queste valutazioni considerate anche la redditività di quella spiaggia in relazione alla sua infrastrutturazione e ai servizi che vengono offerti agli imprenditori che vi investono, e se, proprio per questo motivo, non credete che debba essere fatta una valutazione corretta di quanti anni deve prevedere la concessione per gli imprenditori che investono. Un litorale correttamente sfruttato e ben servito può immediatamente garantire un reddito a chi ottiene la concessione, cosa ben diversa da un litorale abbandonato, dove in realtà c’è molto da investire, anche in termini di comunicazione, marketing e servizi da realizzare.
  Tralascio il trasporto pubblico locale perché mi voglio concentrare sull'IMU. Uno dei principi su cui si è lavorato tanto all'interno del federalismo fiscale era proprio quello municipale, che creava un sinallagma vero tra i servizi che venivano resi all'immobile (infrastrutturazione primaria e secondaria, eccetera) e la tassa che su questi immobili veniva caricata. A questo tema è collegato il discorso su prima e seconda casa, su cui non voglio soffermarmi, perché è a tutti noto.
  Tuttavia, nel Governo Monti, pur mantenendo lo stesso nome alla tassa, in realtà si è usciti fuori da questa dinamica, che avrebbe portato anche a un processo di evoluzione della classe dirigente, e si è parlato in termini patrimoniali.
  A proposito della service tax, lei ha sottolineato la sua soddisfazione sull'IMU che rimane e sulla nuova impostazione di TRISE, TUC o IUC (vedremo alla fine come la chiameremo). Quello che mi preoccupa è sottolineare che anche se la TARI dovesse essere ancorata al principio europeo del chi più inquina più paga, il parametro base non è il conferimento o la virtù del singolo soggetto che produce i rifiuti e li gestisce in maniera corretta, con una differenziata corretta, e una gestione corretta anche a valle da parte del comune, ma continua ad essere la metratura. Questo, con gli attuali parametri, può determinare nelle varie attività commerciali, da chi vende ortofrutta a chi ha uno studio, un aumento che è stato stimato dal 100 al 650 per cento.
  Sulla TASI, al di là della considerazione secondo cui ciò che è uscito dalla finestra rientra dalla porta (visto che l'aumento della tassazione è importante rispetto all'IMU sulla prima casa), quello che mi preme sottolineare, in considerazione dei faldoni che abbiamo su una analisi correttissima di tutti i vari metodi per i comuni, è che non mi piace l'idea di qualificarla come tassa indivisibile.
  Al di là dei del costo che abbiamo, che è alto, sulla prima casa e anche sulla seconda non locata, siccome parliamo di servizi indivisibili e lasciamo nella disponibilità di sindaci di caricarla dal 10 al 30 per cento sui conduttori, in realtà questa tassa viene percepita dalla fascia debole, cioè quella che la casa non ce l'ha e la deve prendere in affitto, come un ribaltamento Pag. 9dei costi di servizio della casa, che dovrebbero andare a carico del proprietario e invece vanno a carico del conduttore.
  Se i costi fossero divisi correttamente sarebbero una parte a carico del proprietario dell'immobile, che ne trae un beneficio in termini di valore, e un'altra a carico di chi ne beneficia. È chiaro che lo scuolabus va caricato, nel suo singolo costo, a chi effettivamente ha i figli e di conseguenza l'utilizza. Ho fatto un paragone abbastanza semplice, tanto per capirci. Grazie.

  MARCO CAUSI. Presidente, guardandomi intorno, vedo che gli unici superstiti della Commissione bicamerale della precedente legislatura siamo lei ed io, e quindi mi sento in dovere di fare due osservazioni, che si concludono con due domande, ma fanno anche da memoria storica del lavoro che è stato fatto per l'attuazione della legge n. 42.
  Io ritengo che l'eredità che questa Commissione e questo Governo raccolgono dal lavoro fatto dal 2009 all'anno scorso sia molto importante. Purtroppo noi viviamo in un Paese in cui dipingono la politica e il nostro lavoro in modo totalmente diverso, e quindi siamo straniati quando veniamo qui e lavoriamo davvero. I decreti di attuazione della legge n. 42 rappresentano un'importantissima eredità per questo Governo e per questo Parlamento, perché hanno arato il terreno di tantissimi temi che, indipendentemente da come funziona la politica quotidiana, abbiamo di fronte come temi di decisione pubblica. Li ricordava poco fa il Ministro.
  Per esempio, il fatto di avere ancorato il funzionamento dalla perequazione e della capacità fiscale sui LEA e LEP è fondamentale. Io voglio ricordare al Ministro che in questa Commissione, nel decreto sul federalismo comunale, ma soprattutto nel decreto sul federalismo regionale, è stato raggiunto quello che io ritengo un importante punto di equilibrio e anche di mediazione politica per quanto riguarda la spesa pubblica: parlare di obiettivi di servizio e di livelli di servizio.
  Si tratta di affrontare il tema della spesa locale, sia laddove ci sono con i LEA e LEP, sia, laddove è complicato costruirli ovvero la costruzione dei LEA e LEP fosse incompatibile con la fase attuale di finanza pubblica e di economia difficile, definendo dei livelli di servizio. Infatti, è soltanto definendo dei livelli di servizio che abbiamo gli ancoraggi per poi valutare come ripartire la spesa e come ciascuna entità spende.
  Questa strada dei livelli di servizio è dunque essenziale. Poco fa il Ministro parlava del trasporto pubblico, ma io penso anche alla spesa assistenziale, su cui nella passata legislatura abbiamo fatto un rilevante lavoro e che è la spesa più difficile da ricostruire come conto consolidato, perché si sovrappongono Stato, regioni, province e comuni, con trasferimenti reciproci.
  In seguito abbiamo varato costi e fabbisogni standard. Abbiamo anche varato due altri decreti, su cui invito il Ministro a fare attenzione. Il primo riguarda l'armonizzazione dei bilanci, che è molto importante e su cui c’è stata una sperimentazione, alla fine della quale il Governo ha deciso di rimandarla di un anno. Io credo che sarebbe interessante, nell'ambito di quest'indagine conoscitiva, avere il quadro della sperimentazione.
  Il secondo è il decreto «Premi e sanzioni», cioè il decreto legislativo n. 149 del 2011. Su questo faccio solo un punto politico. A un certo punto (comprensibilmente, di fronte all'emergenza finanziaria, al rischio default e al debito pubblico del Paese) c’è stata una fase politica che ha messo un po’ in soffitta il federalismo fiscale, come un impegno politico ormai superato. Questa è stata una cosa molto sbagliata. Tramite la legge n. 42, con tutto questo lavoro, quasi segreto, di attuazione, abbiamo messo in campo negli ultimi anni degli strumenti che funzionano für ewig, come direbbe Antonio Gramsci, cioè per l'eternità, ossia funzionano perché rispondono a temi correnti e quotidiani di azione pubblica.
  Forse questi strumenti funzionano un po’ meno bene sulle entrate, perché ancora Pag. 10non siamo riusciti a cogliere quello che, a mio modo di vedere, è l'obiettivo principe: superare la stratificazione delle addizionali IRPEF in carico ai contribuenti. Abbiamo troppe addizionali IRPEF. Dovremmo arrivare ad averne una, che nel mondo ideale dovrebbe andare alle regioni, mentre invece i comuni dovrebbero avere basi imponibili sufficienti per non dover gravare ulteriormente sull'IRPEF.
  Voglio ricordare che la service tax nasce in questa Commissione, da uno scontro molto duro fra chi era contrario e chi era favorevole ad abolire l'ICI prima casa, e quindi fra chi era contrario e chi era favorevole alla nuova IMU del cosiddetto «decreto Calderoli». Da quello scontro nasce in questa Commissione quella service tax che l'allora Ministro Calderoli portò nell'ultimo Consiglio dei ministri del Governo Berlusconi e che oggi rivive. Questo ci fa capire che se a livello parlamentare si lavora bene, con ampia condivisione, i prodotti del nostro lavoro sopravvivono anche al fatto che le Commissioni cambiano di composizione.
  Infine, Ministro, ce la facciamo a estendere questo esercizio alle regioni a statuto speciale ? Io, che sono un deputato eletto in Sicilia, le dico che mi piange il cuore a non vedere qui l'analisi statistica estesa ai comuni siciliani, non perché considero questa analisi statistica un elemento punitivo nei confronti di alcuni piuttosto che di altri, ma perché la ritengo un elemento conoscitivo indispensabile per fare in modo che gli amministratori locali della mia regione possano migliorare la loro performance.
  Se la Costituzione non ne prevede l'applicazione, non fa niente, ma io vorrei che nella nuova fase si estendesse almeno l'analisi statistica alle regioni speciali.

  CLAUDIO BROGLIA. Sarò rapido perché condivido molte delle cose dette dai miei colleghi. L'autonomia fiscale va bene, però non deve diventare un «arrangiatevi». Il Ministro lo ha detto molto bene. Il Fondo di solidarietà è ormai quasi per tre quarti ricompensato dal Fondo di solidarietà all'inverso dei comuni verso gli altri comuni.
  Sull'IMU sono d'accordo, però non dimentichiamo che in realtà quella sui fabbricati produttivi si chiama ancora «IMU» ma dovrebbe chiamarsi «Imposta statale unica», perché il 7,6 va allo Stato. Anche su questo bisognerebbe rifare un ragionamento più completo, per rimodularla, magari attraverso il Fondo di solidarietà, o attraverso altri strumenti, in mondo che l'imposizione sia dei territori.
  Visto che per i fabbisogni standard parliamo di dati del 2009, vorrei ricordare che ad oggi non solo sono cambiati i dati dal punto di vista numerico, ma sono cambiate anche le forme di aggregazione dei comuni e dei territori. Molti di quei servizi, nella gran parte di territori, sono ormai gestiti in forma di unione comunale. Questo rappresenta una complicazione ulteriore, perché ricavare il costo standard di un comune rispetto a quello di un'area vasta porterebbe a dover rivedere i risultati, rapportandoli anche, come ha ricordato bene il mio collega, alla qualità del servizio.
  Va benissimo il costo standard e va benissimo l'efficientamento. Ci vuole però la capacità impositiva di un comune che possa offrire la qualità superiore al servizio standard. Se il costo standard sarà l'unica capacità impositiva di un comune, si rischia di appiattire tutto, anche nei confronti di chi ha esperienze superiori ai livelli standard di servizio, e potrebbe reggerle con l'autonomia fiscale. Credo che anche su questo bisognerebbe lavorare molto.

  ROGER DE MENECH. Sarò velocissimo. Ho una questione da porre rispetto al demanio. Non dimentichiamo che, al di là del fatto di aver ripreso in mano la questione del demanio, c’è una parte di beni immobili di proprietà pubblica, dati in concessione a società (mi riferisco a ANAS e Ferrovie) che hanno a disposizione un patrimonio enorme, spesso abbandonato e di grande prospettiva per il futuro dei nostri comuni.Pag. 11
  Capisco che sto mettendo ulteriore carne al fuoco, quando siamo già in difficoltà o comunque stiamo procedendo rispetto al demanio direttamente disponibile per lo Stato, ma credo che andrebbe aperta una riflessione, perché oggi numerosi progetti, anche di area vasta, presenti nei territori coinvolgono questi enti. Sto parlando delle stazioni, dei sedimi stradali delle vecchie strade e delle vecchie ferrovie. Spesso i comuni si trovano nell'impossibilità di concretizzare questi progetti, proprio perché non c’è una correlazione stretta fra questi beni, che io definisco comunque pubblici, anche perché li abbiamo dati in mano a società completamente pubbliche.
  Dovremmo quindi cercare di agevolare quantomeno l'utilizzo di questi beni, soprattutto cercando di evitare che questi perdano completamente il proprio valore, come sta succedendo in Italia a tutti questi edifici.
  La seconda questione riguarda la tassazione degli enti locali. Io credo che ci voglia il coraggio – e mi riferisco soprattutto alla service tax – di differenziare in maniera netta i servizi a domanda individuale che i comuni gestiscono (i rifiuti sono uno di questi), che sono di competenza dei comuni. Lo Stato dovrebbe stabilire esclusivamente gli obiettivi di quantità e qualità: per quantità si intende la copertura del servizio al 100 per cento, mentre per qualità vale il principio secondo cui chi più produce più paga.
  Si dovrebbe uscire dalla logica della tassazione nazionale. Tutti i servizi a domanda individuale sono in capo ai comuni, all'unione dei comuni o agli enti territoriali di riferimento. Questa è una manovra federalista che si può fare abbastanza velocemente. Continuare a considerare ancora i rifiuti dentro una tassa sui servizi indivisibile, secondo me, crea un ulteriore appesantimento della norma nazionale.
  Se facciamo questo, tutto quello che abbiamo detto rispetto ai fabbisogni standard è coerente, anche nel fronte della capacità di scelta dei comuni. Sono fortemente convinto che dobbiamo andare verso una capacità forte dei comuni di scegliere come tassare i propri cittadini, perché avvicinando le tasse al territorio, vediamo che sono più controllabili, più efficienti e anche meglio accettate dai cittadini stessi.
  Io lo dico spesso in Commissione finanze: mi auguro che nei prossimi anni i rifiuti spariscano dalla tassazione nazionale. Lasciamola fare ai comuni, che sono coloro che li raccolgono e li smaltiscono.

  GIOVANNI PAGLIA. Intervengo solo in un minuto, perché credo che l'impianto che ci è stato fornito sia sostanzialmente condivisibile. Si tratterà di vedere come verrà tradotto nella realtà. Ho due domande.
  Si parlava di beni demaniali, di 10.000 domande arrivate e 1.000 evase. Parliamo dell'ultimo semestre o c’è una serie storica più lunga ? Vorrei saperlo anche per capire quanto ci metteremo ad evadere le 10.000 richieste che sono arrivate finora. È un ritmo importante, che ci potrebbe rimandare a dieci anni.
  A questo proposito, vorrei sapere se esiste una forma di trasparenza destinata i cittadini. È stato detto che il comune attraverso un codice può venire in possesso di questi dati. Questo potrebbe essere reso possibile anche per i cittadini di quel comune ? Questo potrebbe attivare, oltre che un controllo, anche un'apertura di possibilità, perché spesso possono essere anche i cittadini a indirizzare un comune rispetto alle possibilità che si potrebbero aprire qualora si venisse in possesso di un edificio. Non credo che ci siano ostacoli tecnici. Forse ce ne saranno di altro tipo. Non credo che ci sia una questione di privacy in questi casi. Rispetto alla TASI, io sono d'accordo in linea di massima (ne parleremo anche in altra sede) che i limiti che vengono posti possono creare problemi. Per la TASI, come per tutti gli altri tributi comunali, a parte arrivare ad un federalismo reale, ci vuole anche la certezza. Il problema vero è che se noi ogni due mesi o ogni anno cambiamo i tributi, nessun comune potrà mai fare affidamento su un tributo. Io non so se la questione vada costituzionalizzata, Pag. 12però dovremmo arrivare ad un livello un po’ più stabile. Quest'anno i comuni applicheranno la TASI, aspettandosi che l'anno dopo, se non prima, la campagna elettorale sarà improntata sull'abolizione della TASI e torneremmo indietro di nuovo. Diventa impegnativo governare in questo modo.

  ENRICO CAPPELLETTI. Sarò brevissimo. Signor Ministro, lei ci ha detto che SOSE ha elaborato la nota metodologica per la determinazione dei fabbisogni standard di comuni e province. Se ne discuteva prima tra noi: le province non devono essere abolite ? Anche la legge di stabilità ha una previsione di revisione della potestà fiscale delle province. Allora io mi chiedo e le chiedo qual è la posizione del Governo rispetto all'abolizione delle province.
  La seconda domanda invece è più una riflessione. Mi ha colpito molto la sua affermazione secondo cui lo Stato ci sta rimettendo sulla gestione delle spiagge. La differenza tra Veneto e Calabria è illuminante, ma non è tanto questo il problema. 8.000 euro a chilometro di spiagge balneabili sono nulla. Avete mai pensato di rimettere all'asta le concessioni ?
  Mi viene in mente per analogia che lo Stato non percepisce nulla o comunque ha un gettito risibile dalle concessioni delle frequenze televisive. Si potrebbe ripensarle. Grazie.

  SANDRO BIASOTTI. Mi riferisco all'IMU, ma non a quella sulla casa principale, sulla quale la polemica avverrà in Aula tra poche ore. Mi rivolgo a lei, che è membro del Governo, e mi permetto di dirle che l'IMU sulle attività produttive è del tutto inaccettabile, soprattutto per gli immobili di proprietà delle aziende. Glielo dico per esperienza personale. Visto che dobbiamo mettere il lavoro al primo posto, far pagare tre volte quello che si pagava l'anno scorso per capannoni in cui ci sono degli operai non ha nessuna logica e soprattutto le imprese non se lo possono più permettere.
  Il primario invito che le faccio è di far pagare l'IMU ai privati. Sulle attività produttive di proprietà delle aziende, piccole, medie o grandi, questa strada non è percorribile.
  Riguardo all'autonomia dei comuni, io non so se i cittadini sono in grado di capire se un sindaco si comporta bene o male in questa miriade di tributi nuovi o pseudo nuovi. Non potremmo noi, anche nello spirito del federalismo, obbligare i sindaci a pubblicare i cinque costi standard (biglietto dell'autobus, spazzatura, mense degli asili, eccetera), insieme a quelli di altri dieci comuni paritetici, in modo che il cittadino sappia subito che paga di più o di meno rispetto al cittadino di un comune con lo stesso numero di abitanti ?
  Ho un'ultima domanda sulle regioni. Io ho ascoltato il nuovo segretario del PD, convintamente assertore del Senato delle regioni e del superamento del bicameralismo perfetto, che ci ha creato tanti problemi. Avete in ipotesi uno studio sull'abolizione delle regioni ? Glielo dico anche da ex governatore. La modifica del Titolo V nel 2001 è stata un fallimento, perché abbiamo diviso le materie fra materie esclusive delle regioni e materie concorrenti, ma una materia esclusiva delle regioni non esiste e non c’è nessun autonomia di fatto.
  Quindi, o ridiamo alle regioni una vera esclusività, togliendo delle competenze ai ministeri, oppure ripensiamo il sistema delle regioni. In presenza di un Senato delle regioni, ha ancora senso mantenere un centro di costo e una duplicazione legislativa ? Se togliamo le province non risparmiamo niente, allora ragioniamo in grande.

  GAETANO PIEPOLI. Signor Ministro, io sono assolutamente nuovo in questa Commissione, anche perché è la mia prima esperienza parlamentare. Vorrei porre un paio di questioni, che sono, tutto sommato, di sfondo rispetto alle problematiche tecniche che stiamo discutendo. Mi pare che la filosofia del federalismo sia comunque mantenere un'unità di sistema. Mi domando se questo venga calibrato con strumenti di verifica e di controllo.Pag. 13
  Mi riferisco in particolare al dato che, nel bene e nel male, gli ultimi indici delle analisi della Svimez e della Banca d'Italia evidenziano in maniera sempre più drammatica: la disarticolazione del Paese, specialmente per quanto riguarda l'organizzazione e la presenza dei grandi servizi nel Mezzogiorno.
  In uno scenario globale dove la competizione è tra sistemi, questa disarticolazione non riguarda solo l'unità nazionale, ma comporta, secondo me, una caduta abbastanza evidente del sistema Italia nel suo complesso. Mi chiedo se, al di là del tema dei costi standard, fabbisogni standard e così via, ci sia un qualche punto di ricaduta complessiva dell'azione del Governo che tenga conto di questo.
  Al di là delle dichiarazioni autocelebrative, in particolare degli amministratori del Mezzogiorno, credo che questo tema sia un'emergenza di cui farsi carico. Io penso che se questo non avvenisse, il Mezzogiorno rischierebbe di essere una fornace, che brucia risorse senza produrre qualità.
  Noi abbiamo avuto in un vecchio passato, in quella che chiamiamo «la Prima Repubblica», un'esperienza liquidata gloriosamente: l'intervento straordinario. Questo è un passato che non torna più, ma rimane il problema di trovare meccanismi che evitino una dispersione, a parità di condizioni, delle risorse complessive del Paese, senza una qualità corrispettiva.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Ringrazio il Ministro di essere qui. Ho tre domande veloci. La prima riguarda il fatto che a volte i tempi sono anche sostanza. Qui stiamo parlando molto di sostanza, ma credo che il rispetto dei tempi debba essere un elemento inserito e mi chiedo se c’è un impegno da parte del Governo a far sì che i comuni possano fare i loro bilanci entro il 31 di marzo, che mi sembra una data già molto in là. I comuni avrebbero il dovere e il diritto di fare il bilancio entro il 31 dicembre.
  Quest'anno è stato un disastro. Stiamo tenendo tranquille le nostre autonomie locali, garantendo che l'anno prossimo sarà diverso. Possiamo pensare verosimilmente che entro la fine di marzo i comuni avranno in mano tutti gli elementi per poter chiudere i loro bilanci, che non cambieranno nel corso dei mesi successivi ?
  Quello che ci stanno chiedendo, per favore, è di non fare nulla per tre mesi. Questo ridurrebbe di molto il lavoro di tutti gli uffici amministrativi, perché noi andiamo a fare i conti su quello che utilizzano gli uffici amministrativi che stanno lavorando per redigere gli atti. Per esempio, vogliamo continuare a mantenere il Patto di stabilità sui piccoli comuni ? Togliamo loro perlomeno gli adempimenti amministrativi. In comuni che hanno dieci dipendenti in tutto, ci vuole una persona per stare dietro agli adempimenti trimestrali del Patto di stabilità.
  Aggiungo una seconda considerazione veloce sulla determinazione dei fabbisogni standard e dei costi standard. È un lavoro molto interessante. Mi permetto di dire che, anche su questo, i tempi diventano sostanza. Non si può chiedere ad un organismo esterno, al quale diamo ben 6,3 milioni di euro (che non sono pochi), di darci dopo tre anni dei dati che sono ancora pressoché inutilizzabili.
  L'obiettivo deve essere quello di individuare pochi indicatori (il benedetto cruscotto). Mi piace molto la proposta di individuare alcuni standard molto semplici da capire per i cittadini. Credo che tutto questo lavoro sia molto utile dal punto di vista della possibilità dei sindaci di approfondire il confronto, in modo da definire le proprie politiche, che devono essere definite davvero in autonomia.
  L'utilizzo di tutto questo materiale va visto nella logica dell'autonomia locale e della fine dei tagli lineari. Non se ne può più. Ci sono comuni che non sono virtuosi perché non hanno fatto il taglio del 20 per certo. Dato che erano prossimi allo zero, era difficile togliere ancora il 20 per cento. Un comune rischia di non essere virtuoso perché era già prossimo allo zero.
  Considero molto positivamente lo sblocco dei beni demaniali. Credo che questo sia molto importante, perché a Pag. 14livello territoriale si rischia di avere monumenti, spazi e territori che non vengono utilizzati. In questo momento di difficoltà del mercato questo potrebbe essere importante.
  I comuni che investono su un patrimonio dovrebbero avere la possibilità di utilizzare l'avanzo di amministrazione fuori dal Patto di stabilità, perché altrimenti il comune si ritroverebbe ad avere un bene sul quale non può fare dei lavori. Mi immagino una caserma all'interno di una città, che ha bisogno di interventi per essere trasformata in una biblioteca piuttosto che in un'altra struttura. Se noi non diamo la possibilità ai comuni di utilizzare non soldi aggiuntivi, ma l'avanzo di amministrazione, è veramente una cosa indegna. Molti comuni hanno dei piccoli tesoretti bloccati che non possono utilizzare per via del Patto di stabilità. Grazie.

  PRESIDENTE. Ministro, dato che lei ha degli impegni alla Camera, le faccio questa proposta. Lei può decidere se rispondere, magari sinteticamente, sulle questioni generali e poi inviare sulle altre questioni particolari una risposta scritta.
  Inoltre, le chiedo un impegno a non adottare il decreto sui fabbisogni standard sulle prime funzioni, perché lo esamineremo tra qualche giorno. Le saremmo grati se ci desse questa garanzia.
  Do la parola al Ministro Delrio per la replica.

  GRAZIANO DELRIO, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Per quanto riguarda la seconda richiesta, le do senz'altro la mia disponibilità.
  Cerco di essere telegrafico. Ovviamente sono a disposizione per approfondimenti, anche rispondendo personalmente o in maniera più formale alle sollecitazioni.
  Vado per capitoli. Sul tema dei fabbisogni standard, è vero che noi abbiamo dati vecchi, ma è anche vero che sono dati utili, che possono essere usati in maniera intelligente. Ormai è chiaro che la distribuzione dei fabbisogni per i comuni è una curva a «u», in cui la piccola dimensione e la grandissima dimensione sono poco efficienti. Da quell'analisi risulta che la dimensione ottimale varia dai 10.000 ai 15.000 abitanti.
  Questo è uno dei motivi per cui si stimola alle fusioni, aggregazioni e unioni di comuni, che purtroppo non sono una grande realtà in Italia. Solo il 12 per cento della popolazione italiana è servita da unioni di comuni, mentre in Francia, Germania e Spagna siamo oltre l'80 per cento. Questo è un reale elemento di problematicità.
  Questi dati sono utili anche perché, attraverso un'analisi più intelligente che stiamo stimolando SOSE a fare, si può capire quali sono le covarianti che influenzano la spesa in maniera decisiva. Sull'anagrafe, ad esempio, non è tanto il numero degli addetti quanto quello dei dirigenti a determinare la spesa. C’è il modo di fare un'analisi che serva, a prescindere dal fatto che il dato è antecedente alla stagione dei tagli. Questo è il punto. Se noi oggi confrontiamo quei dati, vediamo che siamo già abbondantemente al livello dei fabbisogni veri, e troviamo pochissimi comuni al di fuori.
  Comunque capisco i limiti. Avete ragione. Sono d'accordo con quello che mi ha detto da ultimo la senatrice Zanoni: ci devono essere pochi indicatori orientativi, che servano a dare trasparenza alla spesa, come è auspicabile che sia, e anche a fare confronti e benchmark.
  Questo tema si collega alla questione dell'unità del Paese e del Sud, che è stato sollevato dall'onorevole Piepoli. La discussione sarebbe molto lunga. In questa sede mi limito ad osservare che non esiste il Sud in termini generici. Infatti, ci sono servizi altamente efficienti, come la raccolta differenziata al 70 per cento, in molte zone del nostro Paese, anche meridionali.
  Credo che la trasparenza sui fabbisogni e i costi standard, sia in sanità che nei comuni e nelle province, serva soprattutto a quei comuni che hanno già fatto un percorso virtuoso, al Sud come al Nord. Io non lo considero un elemento che divide geograficamente.Pag. 15
  Vedo invece con grande emergenza (e di questo stiamo discutendo molto con il Ministro Trigilia) il fatto che i livelli di servizi essenziali (servizi sociali, servizi all'infanzia, scuole e impianti sportivi nelle comunità) sono molto degradati in questo periodo, nonostante ci siano soldi inutilizzati. Bisogna trovare una maniera per sbloccare queste risorse.
  Penso, per esempio, alle banche dati che abbiamo ottenuto con i processi del Piano città, con le richieste dei 6.000 campanili e con la banca dati dell'impiantistica sportiva, che poi la Corte ha annullato, dopo un ricorso della regione Veneto, in quanto lo sport è competenza esclusiva delle Regioni. Lo Stato non può dunque erogare fondi e dobbiamo ripartire da zero, dopo aver ricevuto 10.000 domande, che riguardano 10.000 progetti cantierabili. È veramente singolare che non riusciamo a rendere possibile spendere i fondi europei su questi argomenti. Credo che questo sarebbe estremamente rilevante.
  Sul federalismo demaniale, i tempi sono questi: noi abbiamo aperto una finestra da settembre a novembre. Alla fine di novembre è scaduta la finestra. Avevano tre mesi per presentare le domande. Abbiamo già deciso che ogni anno apriremo una finestra di tre mesi. I beni che sono rimasti fuori sono circa 5.000. Infatti, erano circa 15.000 i beni richiedibili in questa prima fase. Se 10.000 sono stati richiesti, abbiamo avuto un ottimo risultato. Questo è il punto. Il processo delle prime 1.000 domande è avvenuto in questo primo mese e mezzo. Credo quindi che ci sia modo di smaltire in maniera abbastanza efficiente la questione.
  Non penso che la questione della trasparenza sia rilevantissima, però immagino che non ci siano difficoltà a dare delle regole a un comune nel momento in cui richiede un bene.
  La mappa dei beni disponibili del demanio, come dico sempre, è peggio dei codici di lancio nelle guerre nucleari. Ci vogliono diciotto passaggi per accedere a quella banca dati. Nemmeno i ministri vi hanno accesso. Io mi arrendo. Ci vuole una password speciale. Quella lista era addirittura scomparsa due anni fa. Comunque, il fatto che questi dati siano stati tirati fuori dai cassetti mi pare abbastanza rilevante.
  Sulle Regioni speciali, come voi sapete, a un certo punto bisogna arrendersi, nel senso che la Corte ha stabilito in maniera inequivocabile che noi non possiamo determinare nemmeno il contributo alla finanza pubblica senza intesa. Tutto il tema delle riserve erariali ha fatto sì che lo Stato perdesse i ricorsi. Quindi, teoricamente, lo Stato deve restituire i soldi. Io ho cercato di fare un accordo proprio in questi mesi con le regioni speciali per evitare che lo Stato debba restituire soldi che ha già sequestrato. Come voi sapete, non parliamo di qualche decina di milioni, ma di diversi miliardi.
  Io credo che da questo punto di vista si debba mettere in campo un ragionamento di collaborazione. È una cosa su cui lavoreremo assolutamente, però sapete che le norme attuali non consentono di imporre questo sforzo alle regioni a statuto speciale, quindi o si cambiano gli statuti oppure non si possono disciplinare né i fabbisogni standard né le città metropolitane. Non è nelle nostre facoltà di Governo. Certamente si può proporre una variazione delle norme statutarie, ma, come sapete, vanno approvate insieme.
  Sono state fatte diverse sollecitazioni che io condivido a titolo personale, dalla chiarezza dei tributi a un IRPEF che sia solo regionale e non più regionale e comunale, fino al tema dei servizi a domanda individuale.
  Sulle province, il Governo ha una idea molto chiara, però mi rendo conto che è talmente semplice e chiara che non viene recepita. Il Governo pensa che ci sia bisogno di abolire le Province e quindi ha presentato un disegno di legge costituzionale per questo. Contestualmente, il Governo pensa che, in attesa che la riforma vada a regime, la forma dei commissariamenti non sia la soluzione giusta. Di conseguenza, il Governo crede che le aree vaste vadano organizzate e che non si debbano lasciare vuoti amministrativi. Pag. 16Crede che queste aree vaste a regime vadano organizzate dalle regioni, come può avvenire tranquillamente, e che nel frattempo vadano ridotte le sovrapposizioni di funzioni.
  Infatti, uno dei motivi per cui il federalismo non funziona è che tutti fanno le stesse cose. Ciò avviene a proposito di cultura, di sport, di promozione del turismo, di promozione del tessuto economico eccetera. In questi casi non si sa mai a chi dare la colpa e non si valuta mai chi sta erogando un servizio veramente o che invece non sta producendo nessun effetto sul territorio.
  Questa è la nostra idea. Crediamo che per non andare alle elezioni nelle province, visto che abbiamo questa idea, non basti dire che si fanno i commissari. Questo, a nostro avviso, sarebbe un errore. Ognuno può fare le sue valutazioni. Io personalmente penso che più che un prefetto, è giusto che siano i sindaci dei territori ad amministrare i territori di area vasta, in collaborazione con la regione.
  La senatrice Zanoni diceva che i tempi sono sostanza e che abbiamo fatto un vero disastro nel 2013. La risposta è che lo penso anch'io. Credo che non finiremo mai di chiedere scusa per il disastro che abbiamo combinato sui tempi dei bilanci. Conoscete tutti i motivi, e quindi è inutile ripeterli.
  La discussione sull'IMU è stata sfinente. Capisco che l'immobile dell'impresa è un bene strumentale a un prodotto di ricchezza e quindi teoricamente non dovrebbe essere così tassato, però certamente il bilancio dello Stato non può supportare la soppressione del gettito IMU.
  Presidente, siccome mi stanno richiamando alla Camera, io concludo, però rimango a disposizione.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro. Credo che l'audizione fosse necessaria e opportuna, ed è stata anche sufficientemente approfondita.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.05.