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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III-IV Camera e 3a-4a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 18 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vito Elio , Presidente ... 3 

Audizione dei Ministri degli affari esteri e della difesa sui recenti sviluppi della Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) e della Politica di Sicurezza e di Difesa Comune (PSDC) anche in vista del Consiglio europeo:
Vito Elio , Presidente ... 3 
Mauro Mario , Ministro della difesa ... 3 
Vito Elio , Presidente ... 7 
Bonino Emma , Ministro degli affari esteri ... 7 
Vito Elio , Presidente ... 10 
Mogherini Federica (PD)  ... 10 
Cotti Roberto  ... 11 
Vito Elio , Presidente ... 11 
Cicu Salvatore (FI-PdL)  ... 11 
Scotto Arturo (SEL)  ... 12 
Rossi Domenico (PI)  ... 13 
Vito Elio , Presidente ... 14 
Scanu Gian Piero (PD)  ... 14 
Frusone Luca (M5S)  ... 14 
Marazziti Mario (PI)  ... 15 
Vito Elio , Presidente ... 16 
Bonino Emma , Ministro degli affari esteri ... 16 
Vito Elio , Presidente ... 18 
Mauro Mario , Ministro della difesa ... 18 
Vito Elio , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA IV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ELIO VITO

La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dei Ministri degli affari esteri e della difesa sui recenti sviluppi della Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) e della Politica di Sicurezza e di Difesa Comune (PSDC) anche in vista del Consiglio europeo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni riunite affari esteri e difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento della Camera, dei Ministri degli affari esteri e della difesa sui recenti sviluppi della Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) e della Politica di Sicurezza e di Difesa Comune (PSDC) anche in vista del Consiglio europeo.
  Ringrazio particolarmente la disponibilità e la sensibilità dei Ministri Bonino e Mauro, che hanno consentito alla nostre Commissioni di avere la possibilità di ascoltare il Governo e di formulare le nostre osservazioni prima di questo importante vertice europeo.
  La Commissione difesa, che ho l'onore di rappresentare e di presiedere, onorevoli ministri, come i colleghi sanno, è impegnata sin dall'avvio di questa legislatura a trattare il tema della difesa comune e ha anche deliberato all'unanimità un'apposita indagine conoscitiva conclusasi con la presentazione di una proposta di documento conclusivo, che sarà adottato successivamente al vertice europeo per poter tenere conto anche delle relative conclusioni.
  Con quest'audizione noi riteniamo di poter realizzare appieno le nostre funzioni – successivamente ci sarà anche un atto di indirizzo – nel pieno rispetto, naturalmente, delle prerogative del Governo e delle rappresentanze europee, ma anche della responsabilità del Parlamento, che, per quanto ci riguarda, adoperiamo sempre in spirito di collaborazione istituzionale con il Governo.
  Io darei la parola, e ringrazio anche per questo il Ministro Bonino, al Ministro Mauro, visto che, e non me ne voglia il Presidente Manciulli, siamo – per così dire – in casa della difesa e anche per questo motivo ho ringraziato il Presidente Cicchitto.
  Do, quindi, la parola al Ministro Mauro per lo svolgimento della relazione.

  MARIO MAURO, Ministro della difesa. Grazie, presidente. Grazie, colleghi.
  Verosimilmente, la crisi finanziaria e poi economica di questi ultimi anni, oltre a comprimere significativamente la capacità degli Stati membri di allocare risorse adeguate per una crescita delle capacità nazionali ed europee, ha anche raffreddato di fatto l'entusiasmo che si poteva cogliere, invece, dieci anni orsono, quando Pag. 4l'Europa riusciva a darsi in poco tempo obiettivi ambiziosi in termini di capacità militari, con lo Headline Goal del 2003 a Helsinki, e una strategia di sicurezza di ampio respiro.
  Prima di passare all'esame dei temi destinati a essere trattati nel Consiglio europeo a partire da domani, per essere poi implementati nel corso del 2014, credo sia utile da parte mia esaminare il più recente insieme di dati sulla difesa europea elaborati e resi pubblici dall'Agenzia europea della difesa (EDA) il 9 dicembre scorso. Tali dati sono riferiti ovviamente al 2012 e ai ventisei Paesi che contribuiscono all'attività dell'Agenzia.
  Il primo elemento oggettivo che dobbiamo rilevare è la progressiva e costante diminuzione della spesa complessiva per la difesa. L'Europa a ventisei è scesa nel 2012 a un totale di 189,6 miliardi di euro, che rappresentano lo 0,6 per cento in meno rispetto al 2011. In termini di spesa sul PIL europeo siamo circa all'1,5 per cento. Ricordo che uno dei cardini fondamentali della partecipazione all'alleanza politica che chiamiamo NATO è l'implicazione del burden sharing del 2 per cento del prodotto interno lordo.
  La tendenza alla riduzione è costante fin dal 2007, quand'era pari a 204 miliardi in termini nominali, ovvero a 214 miliardi, se volessimo considerare l'inflazione. L'Europa, quindi, spende sempre meno per la propria difesa, pur in presenza di un prodotto lordo che nello stesso lasso temporale è comunque cresciuto, sebbene di poco.
  A titolo di riferimento credo possa essere utile anche un confronto con quanto sta avvenendo nel resto del mondo. Riprendo in questo caso i dati pubblicati dal SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) di Stoccolma lo scorso aprile, che già avevo avuto modo di citare in occasioni precedenti.
  Nel 2012 gli Stati Uniti d'America hanno investito nella propria difesa 682 miliardi di dollari e l'incremento tra il 2003 e il 2012 è stato pari al 32 per cento. La stima che il SIPRI fa della spesa militare cinese nel 2012 è pari a 166 miliardi di dollari, con un incremento del 7,8 per cento rispetto al 2011 e del 175 per cento rispetto al 2003.
  La stima del SIPRI relativa alla Russia è pari a 90,7 miliardi di dollari nel 2012, che rappresenta un 16 per cento in più rispetto al 2011 e un 113 per cento in più rispetto al 2003.
  Tra i grandi Paesi l'India è ancora relativamente indietro, con una spesa calcolata in 46,1 miliardi di dollari nel 2012 e un incremento rispetto ai dieci anni trascorsi pari al 65 per cento.
  Questi dati ci forniscono una fotografia di come stiano cambiando gli equilibri strategici mondiali. È giusto considerare l'Europa il secondo polo mondiale, anche se molto dietro agli Stati Uniti, in termini di spesa per la difesa. Questa condizione di relativa superiorità rispetto alle altre aree del mondo è stata, però, sostanzialmente erosa nel corso dell'ultimo decennio non solo dal trend decrescente dell'Europa e da quello in rapida crescita degli altri attori mondiali, ma anche e soprattutto dalla disorganicità della spesa, vale a dire dal fatto di avere tutti le stesse capacità e di tagliare le stesse capacità.
  Altri dati tra quelli pubblicati dall'EDA confermano e anzi rafforzano gli elementi di preoccupazione. La spesa complessiva dei ventisei Paesi europei dell'EDA – veniamo al tema che davvero ci interessa anche rispetto al Consiglio – in ricerca e sviluppo è diminuita nel 2012 del 38 per cento rispetto al 2011, dopo una diminuzione del 9 per cento rispetto al 2010. In sostanza siamo passati da 8,56 miliardi di euro investiti in ricerca e sviluppo nel 2010 a 4,81 miliardi di euro nel 2012.
  All'interno di questa voce troviamo la componente detta di ricerca tecnologica, ovvero la ricerca di base e applicata e la realizzazione di dimostratori tecnologici. In tale settore il calo è del 10 per cento tra il 2011 e il 2012. Nel 2006, inizio della serie storica dell'EDA, l'Europa investiva in ricerca tecnologica 2,66 miliardi e nel 2012 ne ha investiti 1,93.
  È vero, quindi, come avevo anticipato, che possono essere individuati anche elementi positivi nei dati dell'EDA. Per esempio, Pag. 5gli investimenti complessivi restano attorno al 20 per cento della spesa totale e il tasso di investimenti per singolo soldato sta aumentando grazie al fatto che diminuisce il numero di militari in servizio. Tuttavia, il trend complessivo decrescente e, ancor di più, la forte riduzione degli investimenti in ricerca delineano una prospettiva tutt'altro che positiva per l'Europa della difesa, soprattutto quando si prendono in considerazione i tassi di crescita a due o tre cifre degli altri grandi attori internazionali.
  Se ancora oggi non si pone un problema impellente per l'Europa in termini di difesa dei propri interessi vitali, questo si deve alle particolari condizioni geostrategiche attuali, maturate ormai vent'anni orsono con la fine della Guerra Fredda e il venir meno della minaccia sovietica. La percezione diffusa, cioè, di sostanziale sicurezza che prevale ancora oggi in Europa è figlia di questa condizione storica. Con la stessa lucidità con la quale abbiamo saputo comprendere il cambiamento allora, ossia il venir meno di una minaccia mortale e la possibilità di incassare i famosi dividendi della pace, dobbiamo oggi comprendere come il quadro geostrategico sia ormai da tempo nuovamente in movimento anche ai confini dell'Unione e come i nuovi equilibri mondiali pongano in prospettiva anche l'esigenza di adeguare le nostre politiche estere e di sicurezza.
  Cito fra tutti – e concludo questa prima parte – il fatto che anche per un Paese come l'Italia le condizioni sono radicalmente mutate dallo scenario dell'esistenza della Guerra Fredda. Allora avevamo gran parte delle nostre Forze armate schierate nello scacchiere a est del nostro Paese, nelle regioni Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia-Giulia e Veneto. Oggi la gran parte delle nostre Forze armate è presente, invece, nello scacchiere euromediterraneo che è quello considerato di particolare instabilità. Su questo, però, tornerà poi il Ministro Bonino.
  Un altro elemento è rappresentato dalla rapida crescita del potenziale, anche militare, delle grandi economie emergenti. Ho già citato gli spettacolari tassi di crescita negli investimenti militari di Paesi come Cina, India e Russia e il declino marcato delle spese per ricerca e sviluppo in Europa.
  Non è difficile, quindi, prevedere l'effetto di questi trend divergenti. Attualmente gli Stati Uniti mantengono una leadership molto forte in quasi tutte le tecnologie strategiche di interesse militare. Solo gli Stati Uniti hanno, per esempio, velivoli di quinta generazione in servizio – cito questo settore delle tecnologie militari – ma ne stanno sviluppando un altro e stanno investendo somme colossali nei velivoli non pilotati.
  Anche la Russia ha da tempo in sviluppo un velivolo di quinta generazione e ne programma altri. La Cina ne sta al momento sviluppando in parallelo due differenti. Persino l'India è su questa strada, in associazione con la Russia.
  In Europa oggi non esiste nessun programma di questo genere, né si prevede di avviarne nel prossimo futuro e le cifre complessive che tutti insieme spendiamo per nuove tecnologie non ci consentirebbero di finanziare lo sviluppo di uno di questi velivoli, neppure se, per una volta, fossimo tutti d'accordo. Quello che riusciremo a fare nei prossimi anni sarà al massimo contribuire con quote di minoranza allo sviluppo dei sistemi statunitensi, il che quanto meno ci permetterà di accedere a queste tecnologie e consentirà un parziale ammodernamento delle nostre linee di volo. È chiaro a tutti, però, che questa soluzione non garantisce né l'autonomia dell'Europa, né, tanto meno, la sopravvivenza di una base industriale e tecnologica che sia competitiva a livello mondiale.
  I temi che ho testé citato sono ovviamente al centro del dibattito di questi ultimi mesi e in vista del Consiglio europeo che inizierà domani. In questi ultimi mesi, cioè, è progressivamente aumentata la consapevolezza della necessità di riprendere in mano il tema della difesa e di compiere finalmente i passi decisivi che ci possano condurre verso un processo di integrazione anche in questo settore.Pag. 6
  La difesa è importante: questo è l’incipit che abbiamo voluto affermare durante i lavori di preparazione del Consiglio. Da questa affermazione non retorica, perché punto di partenza di tante azioni discendenti, partirà anche il Consiglio europeo di domani.
  La difesa è importante perché, come ho accennato poco fa, attorno all'Europa, così come a livello globale, le condizioni di insicurezza sono tante e spesso profonde. La sicurezza dei nostri Paesi non può essere data per scontata e acquisita una volta per tutte, né, tanto meno, può essere garantita da altri.
  L'Europa, quindi, deve tornare a occuparsi a tempo pieno della politica di sicurezza e difesa, che deve necessariamente essere comune, perché i numeri in gioco, quelli che ho citato prima con riferimento agli altri grandi attori globali, non consentono più ai singoli Stati membri di esercitare in autonomia questo genere di scelte politiche. L'Europa, per svolgere il ruolo che le compete, deve poter disporre di mezzi adeguati alle proprie necessità e coerenti con il quadro geostrategico attuale e prevedibile per il futuro.
  Tre saranno gli assi di sviluppo da seguire, a nostro avviso, nei prossimi mesi. Il primo è rappresentato da un incremento dell'efficacia degli attuali strumenti a disposizione della Politica di Sicurezza e Difesa Comune. Questo vuol dire ottimizzare i processi decisionali e le strutture operative, nonché aumentare la flessibilità e, quindi, l'utilizzabilità degli strumenti di intervento, a partire dai battle group, anche intervenendo sui meccanismi di finanziamento di queste unità.
  Riteniamo anche necessaria l'elaborazione sia di una strategia di sicurezza marittima, quanto mai importante, anche in considerazione della rilevanza che il teatro mediterraneo – tema su cui tornerà il Ministro Bonino – deve rivestire nella visione strategica dell'Unione, sia di una politica di sicurezza per il cyberspazio.
  Non dobbiamo, infine, dimenticare l'importanza fondamentale dell'integrazione di tutti gli strumenti civili e militari per la gestione delle crisi, così come rimane vitale la più stretta collaborazione con tutti i partner dell'Unione europea, siano essi gli alleati storici in Nord America o le altre organizzazioni regionali che, anche grazie al nostro sostegno, stanno assumendo un ruolo fondamentale per garantire la sicurezza nelle loro regioni.
  Il secondo asse di sviluppo è quello relativo alle capacità di difesa. Su tale tema è davvero necessario fare un salto di qualità in tema di coerenza e coesione delle scelte nazionali, che dovranno convergere sempre più verso scelte genuinamente europee. Il noto pooling and sharing delle capacità esistenti rimane fondamentale, ma dobbiamo saper guardare oltre, verso lo sviluppo di capacità che non abbiamo, che altri stanno sviluppando e acquisendo e che gli europei potranno sviluppare e acquisire solo a condizione di farlo insieme. Ritorno, quindi, sul tema già descritto dei velivoli senza pilota.
  Da un lato, quindi, dobbiamo intervenire per mettere il più possibile in comune assetti preziosi, come le capacità di rifornimento in volo o di trasporto strategico, dall'altro dobbiamo avviare programmi di cooperazione in settori innovativi, come i sistemi UAV, le comunicazioni satellitari e i sistemi di cyber defence.
  Il terzo asse portante è quello relativo alla base tecnologica e industriale, elemento vitale per una difesa credibile e per una perdurante competitività del nostro sistema tecnologico e industriale nel contesto competitivo globale.
  La Commissione europea ha già elaborato un ottimo documento dedicato alla competitività e all'efficienza di questo settore. Ora dobbiamo passare all'implementazione delle misure previste e il punto di partenza non può che essere una crescita sensibile degli investimenti in ricerca tecnologica, sia incrementando le risorse a ciò dedicate nei bilanci della difesa, sia valorizzando ogni opportunità di sviluppo dual use civile e militare.
  Per identificare le migliori soluzioni di cooperazione tecnologica e industriale la nostra idea è quella di lanciare più progetti pilota su sistemi altamente innovativi Pag. 7– penso, ancora una volta, per esempio, ai velivoli a pilotaggio remoto, ma anche a tutto quello che riguarda gli investimenti nella sicurezza marittima – che ci insegnino a lavorare al meglio insieme in vista di collaborazioni più grandi e impegnative.
  Una specifica attenzione dovrà essere poi rivolta verso le piccole e medie imprese, fonti di innovazione in tutte le fasi del processo di sviluppo e di produzione e componente essenziale per la competitività della nostra industria.
  Questi, in sostanza, sono stati i temi che sono stati dibattuti negli ultimi mesi in tutte le sedi e che verranno trattati a partire dal Consiglio di domani. L'ultimo accenno che faccio, che riprenderà molto più autorevolmente il Ministro Bonino, è l'interrogativo principe che governa il contenuto della discussione che si apre domani. Io non so se sia realistico aspettarsi in tempi brevi una politica estera e di difesa comune dell'Unione europea. So semplicemente che senza questo risultato non ci sarà nessuna politica e nessun domani politico per l'Unione europea.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro Mauro.
  Prima di dare la parola al Ministro Emma Bonino do il benvenuto anche ai presidenti Cicchitto e Casini delle Commissioni affari esteri di Camera e Senato, che avevo prima ringraziato per la disponibilità a svolgere congiuntamente questa importante audizione e anche per averci consentito di ospitarla.
  Do la parola al Ministro Bonino per lo svolgimento della sua relazione. Dopodiché, ascolteremo il dibattito.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Grazie mille.
  Come mi pare sia consapevolezza comune, la questione della sicurezza e della difesa, oltre all'aspetto più propriamente militare che vi è stato illustrato, in Europa gode fortunatamente anche di una serie di altri strumenti. Il primo tra tutti, che ha provveduto a zone di pace e di sicurezza più o meno ormai solidificate, anche se le crisi sono sempre possibili, è stato la politica dell'allargamento. Essa ha avuto sicuramente costi e pesi importanti ma, e non dobbiamo dimenticarlo, anche la positività, che diamo quasi per scontata ma che tale non era, di accompagnare una grande parte europea in questo processo.
  Mi riferisco, in particolare, non solo all'antico allargamento, ma anche alla situazione attuale dei Balcani, dove continua questo strumento, che si sta rivelando uno dei più efficaci sia per spingere alle riforme interne di questi Paesi, sia per collegarle sempre di più a una concezione di pace, di sicurezza e di stabilità comune.
  In questo senso il Consiglio europeo di domani e dopodomani affronterà la decisione sulla Serbia, se sarà confermata, a meno di veti o sorprese del Consiglio europeo, quella anticipata nel Consiglio affari generali di ieri, nel quale, dovendo io essere a Baku per la firma del TAP (Trans Adriatic Pipeline), mi ha sostituito il Ministro Moavero. La Serbia aprirà la conferenza di inizio dei negoziati in gennaio.
  L'altro tema che avevamo sul tappeto, più urgente, era l'Albania. L'Albania, come sapete, dopo le ultime elezioni, ha intrapreso effettivamente un pacchetto di misure legislative e di riforme molto importanti. L’assessment della Commissione, peraltro, era positivo nel conferire lo status di candidato all'Albania, ma alcuni Paesi hanno ritenuto, per ragioni di politica interna, che in realtà essa dovesse essere ancora pungolata e stimolata. La decisione, almeno allo stato, al livello dei ministri, è che, per quanto riguarda l'Albania, l'Europa riconosce gli sforzi fatti, sottolineando quello che ancora manca, in particolare sulla lotta alla corruzione e su una serie di riforme dell'amministrazione vera e propria, e rinvia sostanzialmente la decisione al Consiglio di giugno 2014. Non è previsto un riesame – vi sono sicuramente familiari le procedure – ma una procedura come quella che era stata usata all'epoca per il Montenegro, cioè una decisione rinviata senza ulteriori condizionalità.
  Io credo che l'Albania si aspettasse certamente, visto il rapporto della Commissione, Pag. 8di avere il via libera già in questo summit di dicembre. Così non è stato. Immagino che nel vertice si tornerà su questa questione. Quello che mi auguro è che questo tempo venga visto dalle autorità albanesi come un'ulteriore attenzione e un vincolo esterno per procedere sulla strada delle riforme, che, proprio perché sono incisive e profonde, hanno anche una serie di oppositori e di opposizioni molto agguerriti. Forse l'aggancio europeo può aiutare anche in questo senso.
  Sempre sul tema della pace e della sicurezza nell'accompagnare con altri strumenti, con quelli della politica, della diplomazia, degli accordi, degli scambi economici, delle linee di bilancio e dei vari partenariati, il Consiglio prenderà atto – anche se non l'ha posto direttamente all'ordine del giorno, in questa sede è bene forse parlarne – delle evoluzioni non sempre positivissime a sud del Mediterraneo.
  Da questo punto di vista, la parte che più preoccupa è che si crea un imbuto. Ne abbiamo parlato, però, e non voglio tornare su questo. Abbiamo fatto un'audizione la settimana scorsa. Aggiungo semplicemente che ci sono alcuni segnali di maggiore consapevolezza internazionale sulle difficoltà e sui problemi della Libia.
  La Libia avrà una data importante, che è quella del 7 febbraio, con un eventuale diverso tipo di Governo. Noi non solo ribadiamo, in questo senso, che continuiamo a lavorare con tutti i partner e, ovviamente, anche con quelli locali, ma abbiamo anche confermato proprio in questi giorni la disponibilità, anzi l'interesse di tenere la famosa conferenza sulla Libia in presenza delle nuove autorità e dei nuovi interlocutori. Se la prospettiva può funzionare in quel senso, stiamo parlando della fine di febbraio, o comunque della seconda metà di febbraio. Questo è un altro elemento che, per quanto riguarda la nostra sicurezza, è fondamentale, se riusciamo ad attuarlo, per la stabilizzazione.
  Sempre parlando di sicurezza, anche la seconda fascia di vicinanza, quella dell'Africa saheliana, presenta elementi di grande preoccupazione, compresa la Somalia, che ha fatto un passo avanti e tre indietro e che contribuisce, peraltro, a tutta questa parte di destabilizzazione e all'aumento quasi esponenziale di traffici illeciti che poi imboccano l'autostrada della Libia senza controllo. Quando parlo di traffici, parlo di traffici di esseri umani, di armi e di quant'altro voi volete, che non trovano oggi alcun controllo in questa zona.
  Il ministro non ha accennato, perché questo non sarà oggetto diretto del Consiglio europeo, all'iniziativa Mare Nostrum. Quella che sarà oggetto e che occuperà una lunga parte del Consiglio europeo è la questione immigrazione, vista non solo nell'aspetto umanitario, ma anche in relazione alla pace e alla sicurezza, per tre ordini di motivi.
  Il primo è che la questione umanitaria siriana, che è sempre più drammatica, essendo arrivato anche l'inverno, fa sì che il peso dei rifugiati, sia in Giordania sia in Libano, stia fragilizzando i due Paesi. Essi non sono più in grado di reggere né il milione di rifugiati in Libano su 4 milioni di abitanti, né i circa 600.000 rifugiati in Giordania, altro Paese di 4 milioni di abitanti. Regge un po’ meglio la Turchia, che ne ha comunque 300-350.000, mentre è difficile la situazione logistica invernale del Kurdistan, che ne regge altre centinaia di migliaia.
  In tutta questa vicenda 80.000 rifugiati si sono già trasferiti in Egitto. La stragrande maggioranza non è nei campi, ma distribuita nel Paese. Ci sono situazioni ormai, per esempio in Giordania, dove si è creato un vero e proprio problema di prosciugamento delle risorse. Non parlo solo delle risorse finanziarie, a proposito delle quali c’è un nuovo negoziato col Fondo monetario che stiamo cercando di aiutare, ma anche delle risorse vere e proprie, per esempio l'acqua.
  L'acqua, che è una risorsa già molto scarsa in Giordania, con 500.000 persone in più, diventa di tutta evidenza un dato Pag. 9veramente problematico. La scarsità delle risorse d'acqua ha impatti immediati sulla salute, come vi potete immaginare, e su tutti gli altri servizi che la Giordania non è più in grado di offrire ai propri cittadini, che vanno dalla raccolta dei rifiuti ai servizi elementari, proprio ai servizi di base. Questo è un problema.
  Se ovviamente non reggono Giordania e Libano, lascio immaginare le questioni di sicurezza che riguardano con impatto immediato l'Europa e il nostro Paese. Da qui deriva uno sforzo ulteriore che l'Italia ha deciso di fare partecipando al progetto di formazione dell'esercito libanese. Si tratta di un ulteriore sforzo chiesto dal gruppo Amici del Libano, che abbiamo proposto al Presidente Letta e che è stato accettato. Si terrà proprio a Roma una conferenza sul Libano da questo punto di vista specifico.
  L'altra questione che attiene alla sicurezza è quella che sta maturando con una certa lentezza a livello europeo – per questo motivo ne parlerà il Consiglio europeo – per cui un intenso flusso di immigrati incontrollati pone problemi di sicurezza reali. È ormai un segnale piuttosto costante che in mezzo e dietro a donne e bambini trovano facile scudo, proprio come se fossero scudi umani, personaggi e immigrati meno benevoli, non richiedenti asilo, se così mi posso esprimere, né emigrati economici, sempre se così mi posso esprimere. Abbiamo fatto, e continuiamo a fare, fatica a far comprendere ai nostri partner europei che, quando si dice, ed è vero, che l'Italia rimane un Paese di transito, questo significa che transitano verso Germania, Francia e altri Paesi questo tipo di immigrati e non solo donne e bambini.
  È un problema di sicurezza vero, posto che la tecnica di integrazione dei Paesi sviluppati di cellule più o meno quiescenti per qualche tempo è una tecnica che conosciamo e che abbiamo già visto e praticato. Da ciò deriva la nostra insistenza affinché l'iniziativa Mare Nostrum, che sia FRONTEX rafforzato, o una delle tre opzioni che sono sul tappeto, venga non solo presa in considerazione per le ragioni che ci vengono sempre addotte di tipo umanitario, come se questo fosse un reato – francamente, non credo – ma anche sempre più accompagnata da elementi relativi alla sicurezza, che sarebbe bene prendessimo in considerazione.
  Lo stesso vale, come avete visto, per un intervento inizialmente francese, ma sostenuto dalla delibera delle Nazioni Unite, in Repubblica Centrafricana. Ci sarà una partecipazione europea proprio al Consiglio affari esteri – si vedrà di quale tipo – ma è chiaro che anche in quel contesto, come nel Mali, più la situazione si stabilizza, più tutta una serie di cellule poco simpatiche prende altre strade. La stabilizzazione del Mali non ha significato che i gruppi jihadisti o alqaedisti presenti in Mali si siano disciolti nella natura. Hanno trovato altre strade e rischiano di trovare altre collocazioni.
  Nel frattempo, vi devo rendere noto che abbiamo iniziato proprio questa mattina l'evacuazione del Sud Sudan, dove sono presenti soprattutto operatori umanitari. Avevamo già predisposto però, nei giorni scorsi, vista la situazione, l'evacuazione, se richiesta e necessaria, dalla Repubblica Centrafricana.
  Tutto questo porta l'Europa a una discussione che io credo sarà importante avere alla ripresa. Ancorché siano necessari, per carità, questi interventi nella seconda fascia di vicinato, ossia nel Sahel e in altre zone, rimane il fatto che la prima fascia di vicinato, che è quella mediterranea, necessita, a nostro avviso, di altrettanto impegno e di altrettanta attenzione, seppure con modalità obiettivamente diverse, posto che stiamo parlando di Paesi sovrani con cui l'interlocuzione è differente.
  Infine, non ve ne aggiorno qui, ma il Consiglio europeo prenderà atto della conclusione della Conferenza ministeriale WTO a Bali e, sempre per restare solo nell'agenda del Consiglio europeo, ci sarà una discussione, io credo, anche se non conclusiva, sulla questione post-Vilnius e, quindi, sul partenariato orientale. La situazione ucraina, in questo momento, come avete visto, ha avuto gli sbocchi che l'Europa non desiderava. Vedo che ancora Pag. 10questa mattina sono state quantificate economicamente le scelte che sono state fatte.
  Credo di avervi fornito un panorama, cui aggiungo solamente, in termini di stabilizzazione, di pace e di sicurezza, l'apertura del capitolo 22 dei negoziati con la Turchia. Devo dire che c’è un atteggiamento, per ragioni di necessità o non so per quali altre, di maggiore e rinnovata attenzione della Turchia su una migliore cooperazione e una migliore intesa con l'Unione europea.
  Il Consiglio europeo non discuterà politicamente di Siria, perché l'ambito è quello delle Nazioni Unite, rispetto al Ginevra 2 o al Montreux 1 – non so come si chiamerà – previsto per gennaio. Avevo già annunciato al Parlamento che questa sarà una delle pochissime e più grandi operazioni di disarmo e di smantellamento di armi di distruzione di massa, che avverrà nelle prossime settimane e di cui, come ho detto, il Parlamento sarà puntualmente informato.
  Aggiungo solo una frase. La parte più difficile dell'applicazione della risoluzione sulla distruzione delle armi di massa è il trasporto terrestre del materiale. Anche se è separato, la parte più difficile a oggi si sta rivelando, in termini di sicurezza o di mancanza di sicurezza, il trasporto via terra da Homs al porto di Latakia di questo materiale.

  PRESIDENTE. Grazie anche a Lei, Ministro Bonino, per l'ampia relazione svolta.
  Passiamo adesso agli interventi dei rappresentanti designati dai gruppi a parlare prioritariamente. Naturalmente, io confido che gli interventi rivolti ai ministri saranno contenuti in modo tale da consentire ulteriori interventi da parte di altri colleghi. Auspico di non abusare della disponibilità dei Ministri Bonino e Mauro, i quali so che hanno altri impegni istituzionali che li attendono, nonché di poter completare i nostri lavori in programma nel calendario odierno.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICA MOGHERINI. Grazie, presidente. Intervengo molto velocemente, anche perché capisco che questa parte dell'agenda del Consiglio europeo che si apre domani, purtroppo – è questa una valutazione politica, benché anche gli altri capitoli siano molto importanti – sarà con grande probabilità oscurata dalla parte delle decisioni sul capitolo economico-finanziario.
  Questo aspetto mi aiuta a elaborare il punto politico, che è quello di una valutazione molto positiva sul fatto che in questi mesi ci sia stata, anche su input italiano, una riflessione in sede europea sulla necessità di rilanciare il livello di integrazione sulla Politica Estera e di Sicurezza Comune. C’è stata la necessità di una revisione strategica, o forse piuttosto di una visione strategica dell'Unione rispetto alle sfide che ha di fronte e alle risposte che può mettere in campo per rispondere alle minacce di oggi. Vivendo nella regione più turbolenta e complicata del mondo, è una nostra precisa responsabilità, oltre che un nostro preciso dovere, mettere in campo una visione su come si affronta la sicurezza nella nostra regione. Forse per la prima volta nella storia questo ci viene direttamente chiesto anche dai nostri partner globali.
  È probabile che tra domani e dopodomani noi non avremo molto di più che una volontà politica di rilancio, il che già è molto. Io vedo il bicchiere mezzo pieno. Il mio è un invito più che altro a sottolineare, come sono convinta che sarà fatto, la necessità di un'assunzione di responsabilità soprattutto sull'area mediterranea e mediorientale, intendendo il Medio Oriente in senso ampio e allargato. Penso all'Iran, al Golfo Arabico, all'Africa sotto la sponda sud del Mediterraneo. Ci sarà la necessità di riprendere il filo di quello che uscirà dal Consiglio nel corso dei nostri lavori di preparazione per il semestre di presidenza italiana.
  Credo che sarebbe cosa buona se riuscissimo ad avere, nel corso del Consiglio, un'indicazione di un timetable o di un'attività che si possa magari svolgere a conclusione del nostro semestre di presidenza Pag. 11e che possa concretizzare alcuni punti sui quali immagino che il Consiglio dei prossimi giorni potrà soltanto mettere alcuni titoli. Non ne sottovaluto l'importanza, perché fino a un anno fa non avevamo neanche quelli. Non c'era neanche l'accenno alla volontà politica di rilanciarli. Penso, però, che sarebbe utile che l'Italia giocasse anche un ruolo incisivo su questo versante.
  Cito un ultimo punto per riprendere un accenno fatto dal Ministro Mauro, che condivido molto, sulla necessità di aumentare gli investimenti nel settore della ricerca. Io credo che questo si intrecci con un ragionamento più ampio che viene fatto anche in ambito internazionale. Penso al ragionamento che si fa in ambito NATO su una necessità che, in tempi di crisi – è un discorso che noi in Italia facciamo spesso e volentieri – forse più che una riflessione sull'ammontare complessivo della percentuale di PIL che dedichiamo al nostro sistema di difesa ci sia bisogno di fare un ragionamento su come distribuiamo le risorse all'interno del bilancio della difesa.
  È una discussione che si sta facendo negli Stati Uniti e in altri Paesi europei. Io penso che sia quello europeo, se riusciamo a porre lì l'asticella, il contesto in cui più utilmente questo ragionamento possa essere fatto, proprio perché una visione un po’ più di ampio respiro e un livello minimo di integrazione nel settore della ricerca e della produzione industriale ci consentirebbero di avere una capacità operativa nei settori in cui sarebbe utile che noi operassimo, nonché un investimento industriale che possa essere competitivo rispetto ad altre aree del mondo.
  Grazie.

  ROBERTO COTTI. Io penso che ci sia un'ampia condivisione sui pericoli e sui rischi per la sicurezza europea, che, secondo tutti gli analisti, derivano innanzitutto dalle situazioni di instabilità interne a diversi Paesi, dal fenomeno del terrorismo, dai problemi causati dalla massiccia immigrazione e poi probabilmente anche da altre emergenze, come quelle ambientali, che potrebbero verificarsi.
  Stando al tipo di sistemi d'arma di cui ci stiamo dotando e di cui già da molto tempo siamo dotati, come Paesi europei, io mi chiedo: avete per caso notizia di qualche imminente sbarco di alieni sul nostro pianeta ? Non riesco a capire. Le emergenze che prima ho citato non si combattono certo con i sistemi d'arma con cui ci stiamo attrezzando o con mezzi quali gli F-35 o altri bombardieri, che non sono adatti a combattere il terrorismo o a effettuare attività di peacekeeping.
  Io mi chiedo, dunque, se per caso avete notizia di qualche sbarco di alieni che dobbiamo prepararci a combattere. Nel caso, diteci quando e dove sbarcheranno, perché è giusto che lo sappiamo anche noi.

  PRESIDENTE. Non so se su questa ultima sua domanda i ministri siano competenti.

  SALVATORE CICU. Non essendo neanche io competente su questa materia, cambio argomento.
  Stamani abbiamo affrontato, attraverso un'importante risoluzione, i temi che poi stasera, grazie all'audizione dei ministri, abbiamo avuto la possibilità di riscontrare. Credo che sia importante mettere in evidenza alcuni aspetti di tale risoluzione.
  In questa noi abbiamo parlato di prevenzione, di diplomazia e di coralità di sinergie per realizzare le migliori condizioni a supporto di interventi che richiamano l'articolo 11 della nostra Costituzione in tutte le sue parti e che ribadiscono un concetto: noi partecipiamo alle missioni per ristabilire democrazia, libertà e pace, e non interveniamo per opprimere o per realizzare condizioni di subalternità.
  La domanda che voglio fare in maniera particolare al Ministro Mauro, che consiste in tre spunti, nasce proprio dalla necessità di conseguire l'obiettivo dell'integrazione europea nel settore della difesa, nonché di capire, anche attraverso i numerosi vantaggi che ne derivano, Pag. 12compresi soprattutto quelli di creare un modello europeo che sappia trasferire la cornice di valori che ho citato, se al riguardo a livello europeo ci siano alcuni ostacoli. Sappiamo che ci sono, ma quali sono i principali ostacoli da rimuovere e che bisogna superare ai fini della realizzazione di questo obiettivo ? Si può parlare di un modello di difesa europeo già definito e condiviso ?
  Chiedo questo sapendo che domani noi affrontiamo un passaggio delicato, ma debole, ossia non un passaggio che ci possa già fornire un'indicazione precisa e certa di prospettiva. Proprio per questo, però, secondo me, noi dobbiamo affrontare questo confronto con un'idea chiara su come intendiamo il modello di difesa o il sistema di difesa europeo.
  Inoltre, signor Ministro, Le volevo chiedere se è intenzione del Governo lavorare e redigere il libro bianco della difesa che abbia la possibilità di avere tutti gli elementi che occorrono per costruire i presupposti, ma anche le condizioni che si pongono in questa prospettiva, ossia che pongano la questione centrale sulla difesa nazionale e anche europea.
  Le pongo queste domande sapendo bene qual è l'ordine del giorno di domani. In maniera importante e autorevole Lei oggi ci ha trasferito soprattutto questi aspetti, in particolare quello dell'industria della difesa, facendoci una valutazione globale, internazionale e mondiale, ma, attraverso questa valutazione, anche una comparazione rispetto alle nostre necessità, in maniera particolare quelle della ricerca e dell'innovazione.
  Io non sono né a favore, né contro gli F-35. Sono a favore del miglior modello di difesa italiano che riesca a integrarsi con il miglior modello di sistema di difesa europeo, capendo anche, così come nella risoluzione è stato sottolineato, che noi dobbiamo guardare sempre di più a quello che il mondo vive, ma anche a quello che vive soprattutto il nostro vicinato. Questo significa il Mediterraneo. Anche sotto questo aspetto, in quella risoluzione, noi abbiamo condiviso e sottoscritto una possibilità di obiettivi.

  ARTURO SCOTTO. Grazie, presidente. Io condivido l'ultimo passaggio dell'intervento del Ministro Mauro. È chiaro che, se non c’è un elemento di svolta nella politica estera e di difesa, difficilmente ci potrà essere un elemento di svolta rispetto al processo di unificazione più complessiva dell'Europa, al rilancio di un quadro federale e al superamento di un'impostazione di carattere intergovernativo.
  Sono d'accordo su questa osservazione e su questa puntualizzazione. Ovviamente, però, voglio capire – più tardi avremo un ulteriore passaggio nelle Commissioni riunite alla Camera su una risoluzione, anzi, lo annuncio, su alcune risoluzioni, perché non c’è solo quella della maggioranza – rispetto alla qualità del modello di difesa europeo che dobbiamo mettere in campo e alla necessità di investire sulla capacità diplomatica preventiva dell'Unione europea, nonché su una vision unitaria e, se mi consente, sulla necessità di investire nella capacità competitiva dell'industria militare europea.
  Per noi questo non è un tabù. Non vorremmo, però, allo stesso tempo che, di fronte al fatto che scopriamo che non è un tabù la necessità di investire in ricerca e sviluppo qui, nel cuore del vecchio continente, divenga un tema impronunciabile, caro onorevole Cicu, il fatto che ci troviamo di fronte alla sovrapposizione di più programmi. Se noi andiamo verso un mercato unico europeo sulla difesa e verso un'industria militare e una di ricerca e sviluppo più integrata, mi spieghi perché dobbiamo continuare a insistere sugli F-35.
  Noi crediamo, allo stesso tempo che, se il tema è la qualità del modello di difesa, dobbiamo provare a investire in maniera più seria anche su altri strumenti. Io voglio capire bene che cosa significa l'espressione «velivoli di quinta generazione» e che cosa comporta l'utilizzo dei droni. Se sento il Premio Nobel statunitense, Jody Williams, che è venuta qualche settimana fa qui alla Camera, vedo che l'utilizzo dei droni talvolta non è soltanto per ragioni umanitarie. Inoltre, pare, per esempio, che Amazon stia cominciando a Pag. 13immaginare di utilizzare droni per far arrivare consegne commerciali prima del tempo. Negli Stati Uniti, in sostanza, si comincia a immaginare che la pizza possa essere consegnata dai droni. Sarebbe un'innovazione interessante. Noi vorremmo, però, capire se i droni allo stesso tempo servono anche per altro.
  Chiudo su due punti che non mi convincono e comincio con una battuta: Mare Nostrum compare e scompare dal nostro dibattito, compare e scompare dal dibattito europeo, non si capisce se si discute di questo tema domani o se sia un tema che dovrà essere rinviato a un'ulteriore discussione.
  La preoccupazione che ho io è che né FRONTEX, né Mare Nostrum, se l'Europa deve ragionare sulla propria dimensione geostrategica e, quindi, deve cominciare a fare una riflessione di lungo periodo che non si può esaurire nei due giorni del Consiglio europeo, possano rappresentare una risposta esclusiva a un processo strutturale che, se sono veri i dati che ogni tanto tiriamo fuori anche nella nostra discussione, non può essere affrontato solo in termini militari.
  Se è vero che l'Africa di qui a fine secolo avrà un aumento di 7-8 gradi centigradi con tre quarti della propria superficie inabitabile e centinaia di milioni di rifugiati climatici, è chiaro che confidare in Mare Nostrum è come provare ad afferrare il vento con le mani. Il tema è come noi riusciamo a mettere in campo una politica di stabilizzazione, di intervento e di cooperazione vera in quell'area.
  Contemporaneamente, è chiaro che, di fronte al fatto molto serio e pesante che oggi ha sollevato il Commissario Malmström, dicendo all'Italia che avvierà una procedura di infrazione di fronte a quello che sarebbe accaduto, secondo le immagini del TG 2, in un CIE italiano a Lampedusa, le Commissioni parlamentari dovrebbero cominciare a riflettere in maniera molto seria su questo punto. Dobbiamo offrire risposte immediate politiche e non solo di carattere umanitario.
  Infine, e chiudo davvero, sollevo questo perché è un tema che non è emerso e che, secondo me, ha la necessità di un approfondimento vero. Io sono molto d'accordo sul fatto che l'Italia debba avere innanzitutto una visione mediterranea. In tale scenario si giocano tante partite per noi. Vorrei capire, però, anche le situazioni che stanno emergendo in queste ore dall'altra parte. Il Ministro Bonino parlava dell'appuntamento mancato con l'Ucraina, in cui si è giocato in parte un mezzo fallimento politico dell'Unione europea.
  L'altro giorno il settimanale tedesco Bild parlava dello scudo antimissile statunitense e della risposta che viene messa in campo da Putin e dalla Russia a Kaliningrad, laddove vengono schierati missili Iskander ad alta capacità nucleare. Gli USA stanno schierando, da parte loro, ventiquattro missili SM3 in Polonia e in Romania. Diciamo che il clima non è dei migliori. Contemporaneamente, Putin ha scelto di cancellare il gruppo di lavoro istituito nel 2011 nel settore della difesa missilistica e della cooperazione.
  Io non credo che questo tema possa essere espunto dalla discussione del Consiglio europeo, altrimenti il rischio è che si tratti di una discussione limitata soltanto ad alcuni pezzi e non rivolta a uno scenario più complessivo, a mio avviso molto preoccupante, di cui dobbiamo discutere.

  DOMENICO ROSSI. Ringrazio i Ministri per le relazioni decisamente interessanti. Io metto in evidenza, fra le diverse urgenze che sono state puntualmente sottolineate da altri colleghi, quella della definizione del nuovo modello di difesa europeo. Non inizio, tuttavia, dall'urgenza in prospettiva, bensì evidenziando che cosa sta accadendo adesso nei diversi Paesi.
  Voglio dire che mentre tutti noi abbiamo alcuni obiettivi ben chiari per il futuro, o comunque per i settori che dobbiamo sviluppare, in questo momento in tanti Paesi europei è in atto una revisione dei singoli modelli di difesa. Noi rischiamo, quindi, non solo che ogni Paese Pag. 14revisioni il nuovo modello di difesa in funzione della propria sovranità nazionale o dei propri obiettivi, ma anche che, nel momento in cui dobbiamo passare a un nuovo modello, emergano ridondanze o situazioni di carattere deficitario che non solo ostacoleranno, o potrebbero ostacolare, il raggiungimento in tempi brevi del nuovo modello di difesa, ma che potrebbero anche tradursi in un dispendio di energie e di risorse dei singoli Paesi. Si tratta di energie e risorse che, invece, in una chiara definizione degli obiettivi fin da ora, potrebbero aiutare il raggiungimento dell'obiettivo comune.
  Il secondo punto su cui mi piacerebbe sapere qualcosa di più è quanto, nell'ambito della ricerca e dello sviluppo, tenuto conto proprio degli aspetti di sicurezza interna che metteva in rilievo il Ministro Bonino, noi intendiamo investire sull’intelligence interna a questi settori. A questo punto, oltre al sistema di difesa e di sicurezza in termini più normali, è evidente che c’è anche un problema di intelligence interna che aumenta di ora in ora, o di momento in momento, a seconda delle situazioni che si creano.
  La terza domanda è se il Ministro Bonino può esprimere un suo giudizio sul rapporto tra Unione europea ed Egitto. Io ritengo che l'Egitto sia un Paese non stabilizzato, che è stato in passato elemento di stabilità, ma che rischia di non esserlo a seconda delle situazioni che si possono creare.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Abbiamo concluso con questo intervento il primo giro dei rappresentanti dei gruppi. Poiché ho altre richieste, chiederei ai colleghi iscritti a parlare di provare a essere più sintetici, per consentire ai Ministri di replicare.

  GIAN PIERO SCANU. Grazie, presidente. Accolgo volentieri il Suo invito e, quindi, limiterò il mio intervento alla formulazione di una perorazione forte nei confronti dei Ministri Bonino e Mauro, che saluto e ringrazio per la loro presenza e per l'articolato intervento che rispettivamente hanno svolto.
  Poco fa il collega Cicu ha, molto opportunamente, richiamato il contenuto di una risoluzione della quale si è iniziato a parlare stamane in Commissioni riunite affari esteri e difesa a firma dell'onorevole Manciulli e mia. Nel corso del dibattito abbiamo tutti appreso dal collega di SEL che probabilmente ne verranno presentate altre. A ciascuno il suo.
  Io desidero, anche a nome del collega Manciulli e di tutti i colleghi che hanno già fatto pervenire la loro adesione – ne cito alcuni: Amendola, Quartapelle Procopio, Marazziti, Cicu, Picchi e Cirielli –, rivolgere un invito ai signori Ministri presenti affinché vogliano declinare nella loro fattiva funzione, che verrà svolta nei prossimi due giorni in sede di Consiglio europeo, le istanze, le raccomandazioni, gli inviti, i suggerimenti e le richieste che sono contenuti in questa risoluzione e che ovviamente, per non farvi perdere troppo tempo, evito di riproporre.
  Lo chiedo all'insegna di un'affermazione quasi sorprendentemente forte, ma è una sorpresa che mi piace vivere, con la quale il Ministro Mauro ha concluso il proprio intervento e che noi estensori, promotori e sottoscrittori della risoluzione vorremmo costituisse la nostra stella polare: la realizzazione di una politica europea comune in materia di difesa e di sicurezza è presupposto per l'avverarsi dell'Unione europea.
  Se questo è il presupposto dichiarato, noi vorremmo che fosse chiaro che anche da parte nostra stiamo ragionando esattamente sulla stessa lunghezza d'onda. Chiediamo, quindi, che questo tipo di atteggiamento politico venga solennemente, oltre che formalmente, dichiarato nei prossimi due giorni, per poi portarlo il più possibile a compimento, almeno nelle fasi di istruttoria, nel prossimo semestre europeo, quello da luglio a dicembre, che ci toccherà presiedere.
  Grazie.

  LUCA FRUSONE. La mia domanda è rivolta solamente al Ministro Mauro, visto che il Ministro Bonino ha già accennato alle armi chimiche siriane.Pag. 15
  Ministro, Lei ha parlato di percentuali del PIL dell'1,5 per cento, mentre la NATO ci richiede il 2 per cento. Ha fatto anche riferimento alle spese degli Stati Uniti. Naturalmente, so che questo non era assolutamente il Suo intento, ma non può essere fatto un paragone tra gli Stati Uniti e noi, sia per ovvie ragioni numeriche sia per via di un sistema economico differente. Parlo di sovranità monetaria e di debito pubblico.
  In merito occorre un po’ di coerenza, secondo me. Si chiedono sempre più spese nel settore della difesa e poi in Assemblea si usa il debito pubblico come spauracchio per farci ingoiare tutte le misure di austerity che questo Governo ci propone. La spending review o vale per tutti, o non vale per nessuno.
  Ritornando però al discorso del SIPRI, io voglio farle notare anche un'altra cosa, ossia che noi in quella tabella siamo – permettetemi questo termine – «asteriscati». Perché ? Semplicemente perché dal 2007 noi abbiamo iniziato a fornire una definizione di spesa militare diversa, con criteri differenti da quelli che usavamo prima.
  Per il SIPRI non è possibile fare un confronto fra la spesa antecedente e quella successiva al 2007. Se fossimo degli statistici, diremmo che c’è stata una rottura di serie, ma, se andiamo a utilizzare altre definizioni e altri criteri, possiamo arrivare a una definizione della spesa per la difesa che va oltre quello che ogni giorno sentiamo in questa Commissione: arriviamo così a 25, 26 o anche 27 miliardi di euro.
  Questo cambierebbe completamente il rapporto con il PIL. A seconda della definizione del concetto di difesa che abbiamo, infatti, otteniamo un bilancio più grande o più piccolo. Per esempio, se inseriamo le spese relative alle missioni militari, la cifra cambia. Se inseriamo le spese per lo sviluppo, che adesso troviamo nel Ministero dello sviluppo, la cifra cambia di nuovo.
  Se andiamo a valutare con una definizione unica che ingloba tutto dal 1990 al 2011, in realtà, la spesa militare, secondo alcuni nostri calcoli – parliamo sempre di numeri, che, a seconda di come vengono usati, possono cambiare – è salita di 23 punti percentuali.
  Inoltre, quando si parla di Europa, come abbiamo fatto anche prima, nella seduta della Commissione precedente, si inseriscono sempre parole come «razionalizzazione», «flessibilità» e via dicendo. Anche in questo senso noi troviamo un po’ di incoerenza. Siamo ben lieti di ascoltare queste parole, ma questo significa che andremo incontro anche a una riduzione di spesa, visto che, razionalizzando, spenderemo meglio, ma anche meno. A questo punto chiedere un incremento delle risorse ci sembra un po’ incoerente verso il discorso della razionalizzazione delle spese.
  Ripeto, noi siamo sempre contenti quando si tratta di razionalizzare e di spendere. A questo punto, però, vorremmo la botte piena e la moglie ubriaca. La mia domanda è se si può ritornare a una definizione unica che vada verso una definizione simile a quella della NATO precedente al 2007 per avere un contesto più chiaro della spesa che riguarda la difesa.
  Grazie.

  MARIO MARAZZITI. Grazie, presidente. Volevo ringraziare i due ministri per il tempo e l'attenzione che dedicano al Parlamento. Si tratta di una richiesta precisa del Parlamento, ma che questo Governo non disattende e che puntualmente cerca di soddisfare.
  Detto questo, sulla difesa europea volevo svolgere una sola considerazione. Sicuramente la risoluzione che noi stiamo portando e approvando come maggioranza contiene una scelta di campo molto chiara: la difesa europea come passo necessario per una maggiore pace a livello internazionale è un passaggio indispensabile e necessario ed è in totale sintonia con quanto abbiamo ascoltato.
  La seconda questione è che la risoluzione prende atto del cambiamento di scenario geopolitico e raddrizza la barra dopo almeno un quarto di secolo, forse anche in ritardo. Sento intanto che andrà Pag. 16portato in sede europea, in quest'occasione e purtroppo – temo, infatti, che non sarà un incontro risolutivo – anche nelle prossime, il modello italiano di integrazione tra aiuti umanitari e componente militare negli interventi di peacekeeping quali parti del modello originale e di successo che l'Italia porta come contributo proprio all'interno della difesa europea. Credo che questo sia un fatto culturale e pratico su cui lavorare ancor di più.
  In merito a quanto ha riferito il Ministro Bonino su tutti gli scenari internazionali che ci preoccupano e che ci vedono impegnati, io mi concentro solo su quello che ha detto sulla Siria. La destabilizzazione che, a causa del problema dei profughi, Libano, Giordania e altri Paesi rischiano di subire è una questione estremamente importante.
  Rispetto a questo nel vertice europeo, purtroppo, si dovrà fare qualcosa di diverso. Chiedo ufficialmente che si intervenga in questo senso, come Governo italiano, ma anche che il Governo italiano si faccia carico in maniera diversa da quanto ha fatto fino adesso di una parte del problema. I 2,5 milioni di profughi siriani all'estero hanno avuto dall'Europa la «straordinaria» risposta, in termini di accoglienza, di appena 12.000 unità, che sono andate prevalentemente in Germania e in Svezia. Si tratta dello 0,48 per cento. Penso sia una cifra totalmente inadeguata al problema. Io chiedo, quindi, un'assunzione di responsabilità strategica su questo problema, perché ritengo che non sia accettabile che la nostra risposta sia in questi termini.
  La seconda questione riguarda il fatto che una parte di questo aspetto concerne anche il futuro della Siria. In realtà, noi abbiamo già segnalazioni e richieste non solo di sopravvivenza. Stiamo con la neve in Giordania, in Palestina, in Israele e in tutta l'area fino alla Siria. Sotto la neve, all'interno della Siria, ci sono 4 milioni di profughi e nei dintorni ce ne sono altri 2 milioni.
  In questo momento, per esempio, pensare alla Siria e qualificare l'intervento italiano, a mio parere, avrebbe significato anche decidere che 200-300-400 siriani possano studiare nelle università italiane e pensare al futuro democratico della Siria. Su questo io chiedo che si faccia una riflessione per varare un atto ufficiale, pubblico, non solo simbolico, per dire che l'Italia accoglie altri cinquecento profughi anche sotto questa forma.
  L'ultima considerazione riguarda Lampedusa. Io credo che dovremmo non solo porre seriamente il problema che l'immigrazione non è immigrazione in Italia, ma in Europa, ma anche iniziare noi per primi a concepire e a contagiare gli altri Paesi sul fatto che la richiesta di protezione possa essere iniziata sull'altra riva del Mediterraneo, presso consolati e ambasciate esistenti dei Paesi europei. In questo modo, se accettiamo che la richiesta possa essere fatta nei Paesi di transito, possiamo avviare laggiù la ricerca e in tempi ragionevoli attivare un normale percorso che ridurrebbe in maniera drastica le morti del Mediterraneo.

  PRESIDENTE. Colleghi, i Ministri Bonino e Mauro mi avevano preannunciato che alle ore 16 hanno altri impegni. Chiederei, quindi, la cortesia agli ulteriori colleghi che hanno chiesto di intervenire di consentirmi di dare ai Ministri la parola e di ascoltare la loro replica. D'altra parte, tutti i gruppi sono intervenuti e quelli maggiori hanno fatto più di un intervento.
  Do la parola al Ministro Bonino per la sua replica.

  EMMA BONINO, Ministro degli affari esteri. Io ho tre o quattro domande a cui rispondere. Altre erano più specifiche ed erano rivolte al ministro della difesa, ma a quelle che mi sono state poste non mi sottrarrò.
  A chi mi ha chiesto che cosa sta succedendo e succederà coi problemi climatici – credo che fosse il collega Scotto – rispondo che certamente Mare Nostrum e FRONTEX non sono la risposta, ma non hanno mai voluto pretendere di essere la risposta allo sconquasso non solo ecologico e dei rifugiati, ma anche complessivo. Mare Nostrum e FRONTEX hanno una Pag. 17loro funzionalità limitata per mille ragioni. Il problema è tutto il resto. Noi abbiamo interventi militari puntuali in alcuni Paesi, una cooperazione allo sviluppo che dobbiamo rivedere e politiche puntuali anche Paese per Paese per favorire la stabilizzazione.
  Essendo quello che Lei citava un tema di grandissima complessità, anche le politiche devono essere molteplici e complesse. Una soluzione miracolosa certamente non c’è.
  In questo senso noi stiamo spingendo perché il prossimo vertice tra Unione africana e Unione europea non sia un vertice di stampo tradizionale, ma un vertice aggiornato già a partire dall'ordine del giorno e dall'agenda, per non parlare poi degli strumenti. Vorremmo che non fosse un vertice di quelli che si fanno in termini abitudinari, ancorché sempre importanti, ma che tenesse conto delle punte di iceberg che noi vediamo. Quelle che noi vediamo sono, infatti, le punte di iceberg drammatiche di situazioni ben più complesse.
  Mi è stato chiesto anche del rapporto tra Unione europea ed Egitto. Abbiamo tutti sicuramente presente non solo l'evoluzione degli ultimi tempi e il referendum che ci sarà tra poco, ma anche perlomeno le vicende degli ultimi due anni, ivi compreso la recrudescenza del 15 agosto e tutto ciò che ha seguito tale episodio. Rimane il fatto che a oggi l'Egitto è in una situazione macroeconomica completamente dipendente da Arabia Saudita e Kuwait, in cui, per il momento, nessuna riforma di stampo economico è stata avviata da queste autorità di transizione, forse perché non ne avevano il peso, né il mandato. Non è neanche stato firmato l'accordo col Fondo monetario. Di fatto oggi l'Egitto è un Paese «dipendente» da prestiti che vengono da una particolare parte della famiglia sunnita.
  È chiaro che gli investimenti europei destinati al fronte sud del Mediterraneo, in particolare all'Egitto, proprio non fanno peso, per capirci. Noi siamo a un miliardo per tre anni e dall'altra parte ci sono stati 14 miliardi pronta cassa. Non è questa la strada su cui avviarci, dunque.
  Quella su cui stiamo, invece, lavorando molto è una situazione post-referendum e post-elezioni, di assistenza, se ce la chiederanno e ce la permetteranno. Anche per fare l’institution-building bisogna che qualcuno ce lo chieda e che abbia anche voglia di farlo.
  L'Egitto è in una situazione drammatica, per la quale chiunque introduca le riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno perde le elezioni. Tanto per cominciare, parliamo dei sussidi. I sussidi alimentari, che sono la parte minore, sono comunque il 20 per cento del pacchetto sussidi. L'80 per cento del pacchetto sussidi consiste in benzina e altre voci. Se non si intacca quello, non si ottiene nulla.
  L'Unione europea e l'Italia in prima fila sono in una situazione di spinta e di assistenza, ma non andiamo molto lontano per il momento. C’è da augurarsi che questa fase di transizione finisca e che ne riprenda una più di prospettiva. In questa fase noi stiamo seguendo anche tutte le imprese italiane, le quali, dopo tantissimi investimenti, hanno persino difficoltà a essere pagate in valuta.
  Sul modello di difesa interverrà meglio il Ministro Mauro. La risoluzione va benissimo e si tenterà ancora. Voglio chiarire, però, che, per quanto riguarda la difesa comune, a parte l'Italia e pochi altri, bisogna essere consapevoli che c’è una serie di Paesi lontani mille miglia dal pensare a questo.
  Diciamocelo, altrimenti anche i passi che si otterranno a questo Consiglio con grandissima difficoltà sembreranno gratis. Non è così. Sono stati conquistati con grandissima determinazione, anche se sono piccoli, perché, tanto per citare l'Inghilterra, un Paese a caso, ma anche altri, non è nemmeno sfiorata dall'idea della difesa comune. Quello che la sfiora, e su cui ha lavorato il Ministro Mauro in particolare, è che, dovendo tutti restringere i bilanci per ragioni finanziarie, si potesse cogliere l'occasione di avere una Pag. 18maggiore integrazione. Sbagliamo l'analisi, se pensiamo di essere timidi noi. Non è così, gli oppositori sono altri.
  Infine, spendo una parola sull'immigrazione. Tra gli oltre 40.000 profughi che sono stati sbarcati in Italia, di cui circa 4.000 salvati con Mare Nostrum, le manderò la percentuale dei siriani, perché ormai sono quelli. Vanno benissimo i dati di Symbola, a cui io credo molto. Non è questo il punto, non ho obiezioni. Non ci venga in mente, però, che accogliere 500 persone sia una soluzione, collega Marazziti.
  Scusi, Lei non l'ha detto, né io gliel'attribuisco. È di tutta evidenza. Dico, però, che dei 35.000 ormai sbarcati in quest'anno moltissimi cominciano a essere siriani.
  A me piacerebbe molto se ci fossero consolati europei nei Paesi limitrofi. È sicuro però che apriamo i consolati in Libia ? In tal caso, mandiamo anche l'esercito a proteggere i consolati, e soprattutto le persone che si mettono in fila, perché, quando si vuole scappare da un Paese per andare via e ci espone, bisogna poi essere protetti, quando si torna a casa. Lo stesso vale per tanti Paesi. In molti Paesi dittatoriali esporsi per chiedere un permesso o, in particolare, lo statuto di rifugiato, significa esporsi a ritorsioni di cui noi ci dobbiamo fare carico. Non possiamo solo dire: «Venite».
  A me l'idea piace molto. Mi piacerebbe anche che la studiassimo un po’ meglio, non solo in quello che possiamo fare noi, ma anche nei termini delle conseguenze complessive di coloro che a questi sportelli, in alcune capitali che posso citare, avessero mai l'ardire di presentarsi, loro e le loro famiglie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, Ministro Bonino.
  Do la parola al Ministro Mauro per la sua replica.

  MARIO MAURO, Ministro della difesa. Grazie, presidente.
  Parto dal quesito che ha rivolto l'onorevole Cicu sulla possibilità di procedere verso la realizzazione di un libro bianco della difesa. Faccio questo riferimento sia in sede nazionale, sia nel contesto europeo.
  Come avevo già anticipato nella mia audizione di qualche giorno fa, presso il Senato, delle Commissioni difesa congiunte di Camera e Senato, sicuramente è intenzione di questo Governo, e mia in particolare, procedere, per quello che attiene al nostro Paese, ai lavori sul libro bianco della difesa nei prossimi giorni, subito dopo che saranno stati espressi i pareri e, quindi, quando sarà completato l’iter che attiene ai decreti legislativi delegati.
  Per quanto riguarda il contesto europeo, dove pure nelle conclusioni del Consiglio c’è un richiamo alla tematica, mi preme in questo senso riprendere un passaggio, seppure molto velocemente, relativo al tema della spesa. La spesa, per quanto oggettivamente diminuita, rimane comunque consistente nel settore della difesa in Europa. Il problema è che rimane irrazionale e che l'irrazionalità – attenzione – non dipende dagli stati maggiori. Dipende dall'altalena di carattere politico.
  Porto un esempio pratico. Poiché nei sondaggi in Francia è dato favorito il Front National di Marine Le Pen, siamo convinti che all'indomani di quel risultato ci sarebbe una stabilità di comportamenti in ordine alle tematiche che riguardano, per esempio, il bilancio della difesa e l'organicità di una strategia europea ?
  Ho usato un esempio paradossale per essere un po’ provocatorio, ma anche per far capire che l'irrazionalità è dettata dai timori, dalle titubanze e dalle incertezze rispetto al processo di integrazione europeo. Noi abbiamo già i battle group. Nelle conclusioni del Consiglio è scritto che faremo più battle group, ma, quando avremo più battle group, ci ritroveremo con la contraddizione di oggi, ossia che, pur avendone già alcuni, non ne abbiamo mai usato nessuno. Se ne abbiamo uno, ma al momento dell'occorrenza, gli Stati che li cogestiscono sono uno per l'intervento e l'altro no, ossia se non c’è una Pag. 19politica estera comune, possiamo farne anche 50, ma siamo punto e a capo. La posizione del Ministero della difesa non è tanto quella di auspicare una maggiore spesa per la difesa, quanto quella di interrogarci seriamente su qual è l'orizzonte politico che noi vogliamo affidare al processo di integrazione.
  Diverso è il discorso per gli investimenti nella ricerca e nell'innovazione. Anche su questo voglio essere preciso, dettagliando un passaggio che ho fatto poco fa. Il problema non è semplicemente – l'ho detto e ho citato i numeri – che noi non spendiamo abbastanza nel settore dell'innovazione e della ricerca. Il problema è soprattutto che non spendiamo abbastanza per far sì che ci siano progetti comuni tramite un'attività di ricerca e di innovazione.
  Oggi il problema realmente pericoloso per l'Europa intesa nel suo complesso non è solo che ogni singolo Paese spende proporzionalmente – così come tutti insieme spendono meno di altri competitor globali, sicuramente gli Stati Uniti, ed anche altri – ma soprattutto che sono pochissimi i progetti condivisi.
  In questo senso sono un po’ spiazzato dal ritenere che sia considerato un fatto fantascientifico l'utilizzo di veicoli senza pilota. La prossima volta che avrete l'opportunità di fare un'audizione con l'amministratore delegato di Poste italiane, potrete verificare con lui che Poste italiane sta da tempo sperimentando la possibilità di avere veicoli senza pilota che facciano il trasporto della posta in Italia, non in uno scenario fantascientifico.
  Il tema del dual use, cioè della ricaduta che la tecnologia militare ha verso il civile, fin dai tempi di internet, ma sostanzialmente fin da quando c’è l'innovazione nel settore tecnologico militare, è importante per i settori civili. Oggi i veicoli senza pilota, ma anche il fatto che moltissime piccole e medie imprese – penso ad aziende italiane che vanno da Milano a Lacedonia – abbiano potuto partecipare al programma di quinta generazione anche solo di Paesi come gli Stati Uniti ci offre una ricaduta in termini di capacità propositiva che rappresenta veramente un volano per la nostra economia.
  Nell'ultimo passaggio, consentitemi una precisazione anche sul tema di Mare Nostrum. Su questo voglio essere chiaro: gli eserciti o le Forze armate non fanno attività umanitaria di riflesso. Anche all'interno della strategia europea per l'integrazione dei nostri processi di difesa c’è chiaramente la volontà di vedere scritto l'utilizzo delle Forze armate all'interno dei processi di protezione civile e di garanzia della nostra convivenza.
  In questo senso, come ho già precisato oggi in conferenza stampa a chiusura dei lavori del Dicastero per quest'anno, è un fatto di solare evidenza che le Forze armate italiane siano la più grande agenzia umanitaria del Paese. Ci sono numeri che dettagliano questo particolare.
  A me preme semplicemente ricordare che Mare Nostrum è sì un'operazione umanitaria per garantire la vita di molte persone in mezzo al mare, ma è anche lo strumento che ci ha permesso di andare al fondo delle contraddizioni di sicurezza. C’è una missione europea che si chiama Atalanta per combattere le ricadute della pirateria. Quali pensate che possano essere le ricadute del traffico di esseri umani per la sicurezza dell'Unione europea, a fronte dello scenario euromediterraneo ?
  Non più di tre settimane fa abbiamo fatto un intervento, come Mare Nostrum, che ha utilizzato un drone, un sommergibile, alcune navi della Marina militare, più tutte le altre competenze del nostro Stato e delle nostre Forze dell'ordine per fermare una nave madre che a 500 chilometri dalle coste italiane, in acque internazionali fuori da Cipro, abbandonava in mare mille persone, trasferendole su barconi che non sarebbero mai arrivati in Italia, perché, una volta che hanno pagato, quelle persone non valgono più niente. Dietro c’è una rete criminale che finanzia il terrorismo e c’è tutto quello di cui un sistema di difesa continentale si deve preoccupare.Pag. 20
  Per questo motivo con il Ministro Bonino abbiamo scritto in sede europea perché non tanto l'Italia sia sollevata dal fare Mare Nostrum, ma perché vi sia una dimensione europea che arrivi a una missione che abbia le stesse responsabilità e lo stesso orizzonte dell'operazione Atalanta. Se fa male all'Europa la pirateria che trasferisce a reti criminali i container, figuratevi se non le fa male la rete di trafficanti umani che stravolge il senso stesso del nostro progetto di integrazione politica.

  PRESIDENTE. Ringrazio entrambi i Ministri e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.05.