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XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Venerdì 20 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle iniziative in corso per la definizione del nuovo Patto per la salute (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 3 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 12 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 12 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 13 
Lenzi Donata (PD)  ... 13 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 14 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 14 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 14 
Gigli Gian Luigi (PI)  ... 14 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 15 
Amato Maria (PD)  ... 15 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 15 
Gigli Gian Luigi (PI)  ... 15 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 15 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIERPAOLO VARGIU

  La seduta comincia alle 9.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle iniziative in corso per la definizione del nuovo Patto per la salute.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle iniziative in corso per la definizione del nuovo Patto per la salute.
  Ringraziamo il Ministro Lorenzin per la sua presenza odierna ai lavori della nostra Commissione. Ricordo che, come deciso dall'Ufficio di presidenza, la Commissione aveva inoltrato al Ministro Lorenzin la richiesta di poter essere informata nei dettagli di tutte le attività impostate dal ministero per la definizione dei tavoli relativi al nuovo Patto per la salute.
  Considerato che abbiamo tempi contingentati, e anche per rispetto alla puntualità con cui il ministro è arrivato in Commissione, credo che sia utile dare direttamente la parola al Ministro Beatrice Lorenzin per il suo intervento introduttivo.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Buongiorno, gentile presidente, onorevoli deputati. Vi ringrazio per avermi dato la possibilità di questa audizione che ci permette di fare il punto sullo stato dell'arte dei lavori che abbiamo cominciato insieme da qualche mese.
  Come abbiamo detto il 16 ottobre, sono ormai consolidati i presupposti per una grande riforma del sistema sanitario nazionale, che potrà essere attuata attraverso il Patto per la salute. I presupposti essenziali per poter lavorare sul Patto erano due. Il primo, quello di dare una stabilità e una certezza al Fondo sanitario nazionale, e questo fortunatamente è avvenuto anche con la legge di stabilità, laddove il settore della sanità non ha subìto tagli lineari. Per la prima volta in quindici anni il Fondo è stabilizzato e questo dà una certezza per poter lavorare in una fase di programmazione nuova.
  Il secondo presupposto fondamentale è stata l'applicazione dei costi standard. Come sapete, a luglio ho avuto l'onore di firmare i costi standard; da lì è partito l’iter, che adesso vi spiegherò in modo più dettagliato, per l'applicazione dei costi e ieri è stato definitivamente approvato il riparto anche dalle regioni.
  Possiamo dire che è un fatto epocale che nel 2013 siano stati applicati i costi standard, quindi abbiamo una nuova modalità di riparto del Fondo. Nel frattempo, si è lavorato per la costruzione del nuovo Patto per la salute.
  Prima di entrare nel merito dei contenuti del nuovo Patto, ritengo opportuno ricordare che la prima iniziativa in materia è stata rappresentata dal Patto per la salute 2006-2008 sancito dalla Conferenza Stato-regioni il 5 ottobre 2006, proprio al Pag. 4fine di dare certezza al servizio sanitario nazionale per un arco temporale di tre anni.
  In quell'occasione, si è convenuto, tra Stato e regioni, di promuovere politiche di sostegno delle azioni necessarie ad elevare qualità e appropriatezza delle prestazioni e a riequilibrare la capacità di fornire servizi di analoga qualità ed efficacia su tutto il territorio nazionale, per ricondurre sotto controllo la spesa sanitaria e sostenere l'efficienza del sistema.
  Il Patto è stato poi recepito dalle disposizioni della legge 23 dicembre 2006, n. 296, che ha introdotto il Fondo di sostegno alle regioni, chiamate poi a sottoscrivere l'accordo su un piano di rientro dei disavanzi.
  A seguire è stato stipulato il Patto per la salute 2009-2012 sancito dalla Conferenza Stato-regioni il 3 dicembre 2009, con cui sono stati resi ancora più stringenti gli obblighi posti a carico delle regioni già fissati con l'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, sia per garantire l'equilibrio economico-finanziario sia per mantenere i livelli essenziali di assistenza, sulla base del principio di efficienza del sistema e del conseguente contenimento della dinamica dei costi.
  Anche i contenuti del citato Patto sono stati recepiti dalla legge 23 dicembre 2009, n. 191, che ha introdotto nuove disposizioni in materia di piani di rientro dai disavanzi in relazione al livello di standard del disavanzo sanitario oltre il quale le regioni devono presentare uno specifico piano di rientro. Come vedremo, i piani di rientro sono uno degli elementi più innovativi nel nuovo Patto.
  Vi illustro il contesto normativo in cui si colloca il nuovo Patto per la salute. Chiedo scusa per questa parte più descrittiva dal punto di vista normativo, ma poiché stiamo realizzando una riforma credo che sia giusto anche inquadrarla nel contesto.
  Il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha disposto che, in mancanza della definizione entro il 15 novembre del 2012 del nuovo Patto per la salute 2013-2015, sarebbero divenute operative le misure finanziarie di realizzazione della spesa in campo sanitario fissate dal medesimo decreto; misure che, diversamente, con il Patto avrebbero potuto essere rimodulate e affinate, fermo restando l'importo complessivo degli obiettivi finanziari annuali.
  La proposta per il nuovo Patto per la salute, pertanto, si inserisce nel quadro della legislazione vigente e tiene conto di quanto convenuto con il precedente Patto e delle disposizioni normative di riferimento. Credo che questo sia un elemento importante, poiché la mancata realizzazione del Patto precedente ha impedito che ci fosse una calibrazione di alcune misure, anche molto pesanti, imposte dalla spending review. Come Parlamento e come Governo, dovremmo utilizzare il nostro sforzo anche di moral suasion per riuscire ad avere la definizione veloce dei parametri di un nuovo Patto che permetta al legislatore, sia esso quello statale sia quello regionale, di assumere un piano più vasto nei confronti dei cittadini, anche dal punto di vista dell'assunzione di responsabilità e di definizione di alcuni elementi di criticità che sono rimasti irrisolti, non da qualche mese, ma direi da qualche anno.
  Solo a titolo esemplificativo ricordo che le misure introdotte con il richiamato decreto n. 95 del 2012 – la cosiddetta «spending review» – sono arrivate in mancanza della definizione in sede Stato-regioni, entro il 15 novembre 2012, del nuovo Patto per la salute, segnatamente in materia di: riduzione dei contratti in essere di appalto di servizi e fornitura di beni e servizi; riduzione dello standard di posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario nazionale a un livello non superiore al 3,7 per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera; sperimentazione di nuovi modelli di assistenza; utilizzo della piattaforma CONSIP per l'acquisto Pag. 5di beni e servizi; verifica dei bandi di gara che costituiscono adempimento da rispettare per le regioni sulla base della verifica effettuata dall'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici; fissazione a 4,8 per cento a decorrere dal 2014 del tetto di spesa per l'acquisto di dispositivi medici; determinazione delle tariffe massime che le regioni possono corrispondere alle strutture accreditate; disposizioni in materia di personale estese agli anni 2013-2015 ai fini della verifica degli adempimenti. Non avendo, negli scorsi anni, realizzato il Patto, in tutte queste materie è intervenuta de plano la predetta normativa, ma non c’è stata la possibilità di definire una pianificazione e una programmazione omogenea e condivisa.
  Questa è la nostra grande chance e – lo dico senza retorica – dopo i risultati che abbiamo ottenuto in questi mesi, è una chance che lo Stato italiano non può permettersi di perdere, perché ci darà la certezza di una programmazione che mette in sicurezza la sostenibilità del sistema sanitario nazionale, dà risposta ai livelli essenziali di assistenza e ci dà anche una prospettiva di lungo termine per lavorare sulle sfide che abbiamo di fronte.
  Non mi stanco di ribadirle, poiché dobbiamo averle ben presenti: la prima sfida è la longevità, quindi l'aumento prospettico dell'età della popolazione; la seconda è la personalizzazione della medicina, laddove avremo accesso a cure sempre più costose che fanno impallidire i costi della medicina e della farmacologia attuale, quindi ci troveremo di fronte alla sfida di come garantire l'accesso a queste cure a tutti, senza dividere i cittadini in cittadini di serie A e cittadini di serie B (la cosiddetta «medicina personalizzata»); la terza sfida è quella della transfrontaliera, già attuale, e di come far reggere un sistema rispetto a una competizione che non è più solo tra regioni, ma tra Stati.
  Cito ora i temi rilevanti del nuovo Patto per la salute. Innanzitutto, la determinazione dei fabbisogni e costi standard del Servizio sanitario nazionale. Tra i temi di maggiore rilievo del Patto merita di essere segnalata la programmazione del fabbisogno standard del Servizio sanitario nazionale e dei fabbisogni standard regionali, nel quadro del rispetto degli obblighi comunitari e degli obiettivi di finanza pubblica, tenuto conto di quanto disposto dal decreto legislativo del 6 maggio 2011, n. 68.
  Per tale specifico aspetto si evidenziano le seguenti questioni preliminari: la definizione del quadro di programmazione economico-finanziaria di riferimento; la determinazione sulle misure di compartecipazione all'assistenza farmaceutica sulle alte prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale; l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sul quale deve essere acquisita l'intesa della Conferenza Stato-regioni. L'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è una priorità per garantire una corretta prestazione sui nostri territori; abbiamo la necessità di rivedere i LEA e di aggiornarli alla luce anche dei nuovi bisogni. Tra l'altro, dall'aggiornamento dei LEA deriveranno anche dei risparmi, oltre che nuove spese, perché ovviamente ci sono elementi che non sono più attuali; la valutazione delle modalità di reperimento delle risorse per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza. Sappiamo che l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza non è gratuito, ma ha un costo, che deve essere recuperato all'interno del Fondo.
  A questo punto va anche ricordato che l'articolo 27 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, prevede che a decorrere dal 2013 il fabbisogno sanitario nazionale standard sia determinato, in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria, coerentemente con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza erogati in condizioni di efficienza e di appropriatezza, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.Pag. 6
  Inoltre, il fabbisogno sanitario standard delle singole regioni a statuto ordinario, cumulativamente pari al livello del fabbisogno sanitario nazionale standard, è determinato a decorrere dall'anno 2013 applicando a tutte le regioni i valori di costo rilevati nelle regioni di riferimento. In particolare, la disposizione prevede che il Ministero della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni e la coesione territoriale, indichi alla Conferenza Stato-regioni le cinque migliori regioni che hanno garantito l'erogazione dei LEA in condizioni di equilibrio economico e che rispettano criteri di qualità dei servizi erogati, appropriatezza ed efficienza, che non siano assoggettate a un piano di rientro e risultino adempienti alle verifiche del tavolo di cui all'articolo 12 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005. Nell'individuazione delle regioni occorre soddisfare l'esigenza di rappresentatività geografica.
  Va anche ricordato che i criteri di qualità dei servizi erogati sono stati definiti con delibera motivata del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2012, non essendo stata raggiunta la prevista intesa sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nella seduta del 22 novembre 2012. La novità è data dal fatto che le regioni cosiddette «benchmark» consentono di identificare l'offerta sanitaria sulla base delle migliori condizioni di efficienza e di efficacia, compatibilmente con il livello di risorse programmate.
  Le regioni selezionate sulla base dei criteri di legge sono state l'Umbria, l'Emilia-Romagna, le Marche, la Lombardia e il Veneto, tra quelle che garantiscono l'erogazione dei LEA in condizioni di equilibrio economico e che rispettano criteri di qualità dei servizi erogati, appropriatezza ed efficienza.
  La Conferenza Stato-regioni, nella seduta del 28 novembre 2013, ha individuato le regioni Umbria, Emilia-Romagna e Veneto quali regioni di riferimento per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard del settore sanitario. Non è una classifica tra buoni e cattivi. La Conferenza Stato-regioni, in base al numero della popolazione e anche a dinamiche che dessero equazioni omogenee, ha fatto cadere la scelta su queste regioni piuttosto che altre. Non significa che le altre cinque sono «cattive» rispetto a queste tre. Ci tengo a sottolinearlo perché si sviluppano le classiche polemiche all'italiana.
  Non so se è chiaro che, dopo l'approvazione delle tre regioni, noi abbiamo definito i costi. Personalmente ho mandato il piano di rientro alle regioni la scorsa settimana e ieri è stato definitivamente approvato in Conferenza Stato-regioni, per cui nel 2013 vi è un riparto del Fondo sanitario con i costi standard. La norma dunque è stata applicata e, almeno per questa riforma, possiamo dire che è entrata pienamente in vigore. Poi vedremo come si esplica, se ci saranno problematiche, se ci sarà la necessità di apportare delle correzioni.
  Per quanto attiene all'aspetto della programmazione, l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza riveste un ruolo primario. La proposta di aggiornamento, in attuazione del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, già predisposta dal precedente Governo e inoltrata per l'esame della Conferenza Stato-regioni, trova nel Patto la sede per affrontare il confronto su questo tema, in relazione all'esigenza di garantire il nucleo irrinunciabile del diritto alla salute.
  L'altro punto riguarda l'assistenza ospedaliera e l'assistenza territoriale. Come è noto a questa Commissione, in merito all'assistenza ospedaliera era già stato avviato il confronto con le regioni, in sede di Conferenza Stato-regioni, sul regolamento di definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera.
  In relazione alla prevista riduzione dello standard di posti letto ospedalieri, l'iniziativa prevede adeguati processi di qualificazione della rete per l'assistenza ospedaliera, con la definizione di indirizzi e linee di razionalizzazione della funzione ospedaliera, nonché l'avvio di azioni sinergiche tra ospedale e territorio.Pag. 7
  Il provvedimento si inserisce nell'ambito delle manovre che le regioni devono attuare per una razionalizzazione strutturale della rete ospedaliera, nel quadro complessivo di revisione delle spese sanitarie, con una riduzione del numero di posti letto dall'attuale standard del 4 per mille abitanti al 3,7 per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presìdi ospedalieri pubblici ed assumendo come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti, di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni.
  Il provvedimento è stato iscritto all'ordine del giorno della seduta della Conferenza Stato-regioni del 13 marzo 2013 ed è stato rinviato, così come nelle precedenti sedute della medesima Conferenza, in quanto i presidenti delle regioni hanno richiesto un previo confronto politico con il Presidente del Consiglio dei ministri sui problemi di sostenibilità del servizio sanitario nazionale. Questo significa che è già in itinere una riforma della rete ospedaliera, ma si è bloccata.
  Nel Patto per la salute, uno dei capitoli che si sta affrontando è proprio questo: da una parte, la definizione dei fabbisogni per il riparto, dall'altra si interviene sulla rete per realizzare effettivamente il programma di rete ospedaliera sui territori per hub & spoke, quindi la concentrazione dell'ospedale come luogo di emergenza e di gestione dell'acuzie e una maggiore domiciliarizzazione per tutto ciò che si può fare fuori dall'ospedale. Ciò, tra l'altro, risponde anche a un concetto di umanizzazione, oltre a definire negli anni un nuovo profilo delle professionalità, che permetterà di svilupparsi nel territorio.
  Questo comporta un risparmio immenso, perché sappiamo benissimo che un malato trattato in ospedale costa dai 2.000 ai 6.000 euro (ovviamente dipende dal tipo di patologia e dalla complessità del reparto), ma quello stesso paziente, se ha la possibilità di essere curato a livello domiciliare (certo, non tutto può essere fatto a domicilio o in poliambulatorio, alcune attività devono essere svolte dall'ospedale), costa da 200 a 800 euro. Se moltiplicate questo per la cifra di tutti i pazienti trattati, vedrete che i numeri che vengono riferiti non sono così astronomici.
  Questo, però, comporta anche una capacità di realizzare queste reti. A questo si collega il discorso dell'infrastrutturazione tecnologica degli ospedali e del potenziamento dell'articolo 20, che è rimasto nel libro delle cose da fare. Tra l'altro, questo è un elemento che permette non solo di aumentare la sicurezza degli ospedali attraverso la tecnologizzazione, ma anche di aprire un volano economico nel nostro sistema. Si tratta di elementi che si tengono insieme e che rispondono a tante esigenze della medicina, anche attraverso la capacità di rispondere a nuove sfide, come la resistenza antibiotica, la necessità di nuovi metodi di disinfestazione degli ospedali, che sono abbastanza complesse. Per questo ritengo che la ristrutturazione della rete, la riconversione delle piccole strutture e le infrastrutturazioni siano elementi che si tengono insieme.
  Non siamo all'anno zero. Il processo si sta già sviluppando sui territori, però bisogna accompagnare in modo omogeneo questo tipo di trasformazioni e fare in modo che non si realizzino «a macchia di leopardo» ma in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, insieme anche a una riorganizzazione delle strutture stesse e delle aziende.
  Accanto a questo, abbiamo il tema dell'assistenza territoriale, un tema importantissimo. Sappiamo che il Ministero della salute si occupa dell'erogazione di prestazioni sanitarie, non di quelle socio-assistenziali. Tuttavia, non è possibile immaginare una riorganizzazione del sistema senza tenere conto del tema dell'assistenza territoriale; quindi, lo abbiamo inserito comunque nel Patto.
  Il tema dell'assistenza territoriale punta sulle iniziative da realizzarsi per garantire la continuità dell'assistenza ospedaliera al domicilio del cittadino paziente. In tal senso, il decreto-legge n. 95 del 2012 ha previsto, all'articolo 15, comma 13, lettera c-bis), la sperimentazione di nuovi modelli Pag. 8di assistenza finalizzati a realizzare specifiche sinergie tra strutture pubbliche e private, ospedaliere ed ex ospedaliere, anche con l'obiettivo del contenimento della spesa sanitaria.
  Passo a parlare delle regioni sottoposte a piano di rientro. Non vi è dubbio che anche il tema dei piani di rientro dai disavanzi sanitari va ricondotto in questo quadro complessivo e merita una profonda rivisitazione, avendo ben presente che i cosiddetti «piani» sono programmi di riorganizzazione e riqualificazione del servizio sanitario regionale, non solo di riqualificazione delle finanze.
  Ritengo, pertanto, doveroso cogliere l'occasione del nuovo Patto per la salute per procedere a una rivisitazione della normativa sui piani di rientro. L'esperienza degli ultimi quattro anni, a partire dal commissariamento della regione Lazio e la conseguente proroga oltre il triennio dei piani con i programmi operativi, focalizza l'attenzione della funzione di affiancamento dei ministeri sotto il profilo tecnico, dell'accompagnamento-formazione alle scelte regionali. È necessario rivedere il sistema cosiddetto di «affiancamento» per puntare l'attenzione sul miglioramento qualitativo del servizio sanitario regionale e per garantire il controllo e l'efficientamento della spesa sanitaria.
  A mio avviso, da una parte va innalzato il livello istituzionale della verifica, in particolare nelle regioni commissariate, in considerazione del fatto che i commissari ad acta sono organi straordinari nominati dal Governo; dall'altra, vanno indirizzate risorse sul fronte dell'accompagnamento-formazione in materia di tutela della salute e garanzia dei LEA, nonché per gli aspetti di carenza della governance della struttura amministrativa regionale.
  Abbiamo dei sistemi per cui si entra nel piano di rientro e non se ne esce più. È come un processo irreversibile. Noi dobbiamo, invece, trovare un meccanismo di efficienza, un meccanismo in cui, a fronte della criticità – che può essere anche individuata mentre si sta verificando e non solo ex post – si individua un meccanismo di commissariamento che riesce ad agire sulla formazione della governance, sulla qualità del servizio offerto e non solo sulla parte contabile, a entrare nel problema per poterne anche uscire in tempi rapidi.
  Quello che noi immaginiamo, detto in modo molto semplificato, è una sorta di «sos azienda», laddove si arriva, si rimette in efficienza il sistema e si esce, ovviamente tenendolo sotto controllo per fare in modo che non si ripetano gli stessi problemi, molto spesso legati al processo di lavoro e di sviluppo del sistema dell'azienda più che a una singola criticità dovuta alla qualità del servizio o a un problema medico-sanitario.
  Questo è un modo innovativo di procedere, di cui stiamo discutendo anche con il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF). Riteniamo tuttavia che questo presupponga una maggiore centralità del Ministero della salute nell'individuare soluzioni e nell'avere anche una capacità propulsiva per risolvere il principale dei problemi, ovvero un problema di governance. Lo abbiamo detto molto chiaramente, anche con le amministrazioni regionali: bisogna avere il coraggio di intervenire, arrivare al punto vero della problematicità.
  Per quanto riguarda la mobilità interregionale e transfrontaliera, il Patto deve tener conto degli aspetti legati alla mobilità sanitaria, anche a livello europeo, e di tutte le tematiche ad essa collegate. Novità rilevanti in questo ambito sono state recentemente introdotte nell'ordinamento in materia di assistenza sanitaria in ambito comunitario e internazionale.
  Questa Commissione sta già esaminando in sede consultiva lo schema di decreto legislativo – recentemente approvato, su mia proposta, dal Consiglio dei ministri – che recepisce la direttiva 2011/24, «Applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera». Tale provvedimento prevede l'istituzione di un punto di contatto nazionale che permetterà al paziente di compiere una scelta informata più adeguata al suo caso clinico e rappresenterà il punto Pag. 9di raccordo tra gli utenti, i prestatori di assistenza sanitaria, gli Stati membri e la Commissione.
  Si tratta di una grande scommessa per il nostro Paese. Se saremo capaci di fare emergere le nostre eccellenze e attirare i pazienti dell'Unione europea, riusciremo a trarne importanti benefici sul piano dell'equilibrio economico-finanziario del servizio sanitario. In realtà, questa è una dinamica complessa. Questa, infatti, è la prima direttiva che applica un concetto di Europa dei popoli: stiamo entrando non solo in un'Europa economica, ma anche in un'Europa delle persone, in cui anche i sistemi sanitari, i sistemi di welfare si aprono e si dà al cittadino la possibilità di scegliere e di potersi muovere.
  Ovviamente questo deve calibrarsi con una omogeneità di prestazioni di servizi e anche del relativo costo. Noi abbiamo, ad esempio, il costo più basso in Europa nell'erogazione di alcuni servizi, oltre che nella spesa farmaceutica. Quindi, noi abbiamo contenuto molto la spesa e dobbiamo riuscire a continuare a farlo a livello di prestazioni.
  Dall'altra parte, questo significa anche riuscire a trasmettere all'esterno le tante cose buone che accadono in Italia, nei nostri sistemi sanitari. Per citare un esempio, recentemente per il GHSI (Global Health Security Initiative), che abbiamo guidato in Italia, ho avuto un incontro con i ministri americani, con i ministri canadesi, col ministro inglese: ebbene, molti dei loro obiettivi sono da noi già realizzati, da sempre.
  Quindi, dovremmo anche spendere meglio a livello internazionale molte cose che riusciamo a fare e molti servizi che diamo ai nostri pazienti, soprattutto nelle regioni di confine. Insomma, il nostro servizio erogato nelle regioni di confine non ha niente di meno rispetto a quello erogato oltre confine. Questo è un elemento molto importante da far comprendere innanzitutto ai cittadini italiani e poi anche ai cittadini provenienti dagli altri Paesi, considerando che ovviamente non si potrà avere la mobilità per qualsiasi tipo di malattia, ma solo per quelle in cui si dimostra che si può ottenere una prestazione innovativa rispetto a quella che può ottenere nel proprio Paese.
  Relativamente all'edilizia sanitaria, l'articolo 20 della legge n. 67 del 1988 è la disposizione che ha assicurato la continuità degli investimenti in sanità e ha garantito nel tempo il mantenimento e il rinnovo del patrimonio nazionale delle strutture sanitarie (o meglio, diciamo che avrebbe dovuto farlo). Essa rappresenta l'unica consistente fonte finanziaria per il settore.
  Non garantire la continuità di tale flusso comporta, oltre che una forte ripercussione sugli investimenti, anche e soprattutto il blocco dei processi di riqualificazione delle strutture, molti dei quali sono in avanzata fase progettuale. Le politiche di programmazione degli investimenti pubblici destinati al patrimonio strutturale e tecnologico del servizio sanitario nazionale hanno seguito l'andamento delle politiche generali di riqualificazione dell'offerta assistenziale, caratterizzate da un necessario processo di crescente attenzione a un'assegnazione efficace ed efficiente degli investimenti ai fini del contenimento della spesa sanitaria pubblica.
  Gli obiettivi inizialmente individuati dal legislatore, quali la ristrutturazione edilizia, l'ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e la realizzazione di residenze sanitarie assistenziali per anziani e soggetti non autosufficienti, sono stati nel tempo integrati con finalità specifiche. Tra queste posso menzionare, in particolare, l'adeguamento alle norme di sicurezza degli edifici e degli impianti, nonché il riequilibrio tra l'ospedale e il territorio.
  Emerge con tutta chiarezza che il programma straordinario di investimenti assume il ruolo di strumento indispensabile per supportare la riqualificazione, la riorganizzazione e la razionalizzazione del sistema di erogazione dei livelli essenziali di cure e assistenza, che costituisce il cuore del sistema sanitario di ogni regione.
  Le linee di programmazione deliberate dal Parlamento hanno previsto, nelle leggi finanziarie 2007, 2008 e 2010, investimenti Pag. 10per circa 7 miliardi di euro, comprensivi delle quote finanziarie derivanti dalle precedenti programmazioni, che sono stati ripartiti alle regioni per le seguenti motivazioni e finalità: riduzione dello standard dei posti letto diretta a promuovere il passaggio da ricovero ospedaliero ordinario a ricovero diurno, da ricovero diurno all'assistenza in regime ambulatoriale, e a favorire l'assistenza residenziale e domiciliare, con la conseguente riorganizzazione e razionalizzazione della rete territoriale; dismissione di quelle strutture ospedaliere che in questo momento non conviene mettere a norma perché necessitano di notevoli interventi di adeguamento sia alla normativa antisismica sia alla normativa antincendio; ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico in considerazione della nota obsolescenza delle tecnologie in uso; messa a norma delle strutture ospedaliere e territoriali non dismesse per quanto concerne sia la normativa antisismica sia la normativa antincendio.
  Ho chiesto al Ministro Trigilia di destinare per il 2014 parte dei fondi a sua disposizione anche alle infrastrutture sanitarie, che a mio parere sono vere e proprie infrastrutture di asset del sistema, ovvero sono investimenti di sistema per l'Italia, per tutti i motivi che abbiamo detto prima: sono gli investimenti che rimangono e la rete ospedaliera è una rete che fa risparmiare miliardi di euro, permette la fruizione di un servizio, quello sanitario, pubblico essenziale e soprattutto ci serve per dare ai cittadini quello di cui hanno bisogno, cioè cure appropriate, e per rimanere competitivi anche nella sfida internazionale.
  Passo ora agli aspetti procedurali per l'adozione del nuovo Patto per la salute. Al fine di avviare il confronto sui temi principali del Patto, ho convenuto con i presidenti delle regioni e con il presidente della Conferenza delle regioni, nella seduta del 1o agosto scorso, che a partire dal mese di settembre sarebbero stati avviati i tavoli tecnici sui temi rilevanti da trattare nel Patto.
  Nei giorni dal 9 al 20 settembre – ho qui i dati – si sono tenute, presso la segreteria della Conferenza Stato-regioni, le riunioni dei gruppi di lavoro per la redazione del Patto per la salute. Ai tavoli hanno partecipato i rappresentanti del coordinamento della Commissione salute della Conferenza delle regioni e la segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nonché i coordinatori delle regioni capofila per le singole materie trattate.
  I lavori si sono svolti sulla base di una metodologia tesa a pervenire a un documento conclusivo per la definizione dei contenuti del nuovo Patto per la salute da portare all'esame della Conferenza Stato-regioni e, in considerazione delle diverse tematiche oggetto dei singoli gruppi, è stato deciso di costituire sottogruppi di lavoro per facilitare la sintesi dei lavori.
  Con riferimento ai principali temi trattati, le regioni si sono impegnate a fare pervenire al Ministero della salute un documento di proposte. In materia di determinazione dei fabbisogni standard nazionali hanno avanzato proposte di modifica delle norme vigenti. In particolare, hanno proposto che il livello di finanziamento venga rideterminato annualmente sulla base dei risultati raggiunti dalle regioni benchmark di riferimento; che le regioni di riferimento siano quelle che hanno garantito l'erogazione dei LEA e che sono risultate adempienti al tavolo di verifica degli adempimenti.
  Invece, in ordine ai costi standard, come è noto a questa Commissione, nel corso dei lavori della V Commissione bilancio è stato approvato al disegno di legge di stabilità 2014, con il parere favorevole del Governo, un emendamento del relatore che ha introdotto il comma 145-ter finalizzato a prevedere in via transitoria, per gli anni 2012 e 2013, il riparto di una quota premiale per compensare le perdite connesse ai costi standard.
  In tema di revisione dei livelli essenziali di assistenza le regioni hanno segnalato la necessità di tenere conto della specificità delle regioni in piano di rientro, l'opportunità di lasciare alle regioni margini di Pag. 11flessibilità per gli aggiornamenti tecnologici, la necessità di rivedere l'area socio-sanitaria alla luce dell'integrazione con i LEA e che nella valutazione dei costi delle nuove prestazioni si tenga conto dei minori oneri derivanti dalla loro maggiore efficienza ed efficacia, la necessità di conoscere la cornice economico-finanziaria in cui i processi di aggiornamento dovranno inserirsi.
  Credo che i due presupposti che erano stati indicati, ossia la definizione della cornice finanziaria e la stabilizzazione attraverso i costi standard, si siano realizzati. Dal punto di vista delle necessità macro per poter avviare la trattativa, quindi, credo che i problemi siano stati tolti dal tavolo.
  È stato poi rilevato che la dotazione strutturale del servizio sanitario nazionale è fondamentale per l'erogazione dei LEA. Pertanto, in materia di edilizia sanitaria è stata rilevata la necessità che il sistema individuato dall'articolo 20 della legge n. 67 del 1988 passi da straordinario a ordinario, nonché di un monitoraggio degli investimenti fatti, poiché vengono stanziati anche miliardi di euro che spesso non si riesce a spendere. Questo è un elemento che non possiamo più tollerare, perché non possiamo pensare che ci siano diseconomie di questa scala in realtà che hanno invece necessità di investimenti ingenti e realizzati in tempi brevi.
  Sul tema delle reti territoriali i rappresentanti regionali hanno evidenziato la possibilità di recuperare risorse da destinare all'assistenza territoriale dalla suddetta riorganizzazione, sottolineando che l'occasione del Patto costituisce un momento strategico. In altre parole, l'idea della spending review interna è passata, quindi si pensa di riutilizzare i risparmi che si otterranno dalla riorganizzazione complessiva del sistema, dal punto di vista della programmazione della rete ospedaliera, dell'introduzione a regime dell’e-health, dell'intervento con centrali uniche d'acquisti per i beni e servizi, per rendere sostenibile il sistema sanitario, per riaggiornarlo e investire laddove c’è veramente bisogno, quindi sulle infrastrutture, sulla riqualificazione del personale, sulla ricerca e sviluppo, sul territorio.
  In materia di cure primarie, fermo restando quanto già previsto dalle norme vigenti, la sperimentazione di nuovi modelli di assistenza potrebbe consentire la realizzazione di iniziative per garantire la continuità assistenziale dall'ospedale al domicilio-paziente.
  In materia di integrazione socio-sanitaria, i rappresentanti regionali hanno evidenziato la necessità che in sede di revisione dei LEA venga chiarito il confine con l'area dell'integrazione socio-sanitaria, ma che si pervenga anche all'individuazione di modalità di presa in carico congiunte nell'ambito sanitario e sociale, attesa la ricaduta positiva sui costi del servizio sanitario nazionale.
  Elenco quindi i vari gruppi di lavoro del Patto organizzati dalle regioni: 1) fabbisogno servizio sanitario nazionale e costi standard, aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, revisione compartecipazione; 2) edilizia sanitaria, investimenti, ammodernamento tecnologico, fondi strutturali e politiche di coesione, beni e servizi non sanitari; 3) sistema di monitoraggio e verifica degli adempimenti regionali, organismi di monitoraggio – STEM, rivisitazione dei cosiddetti «piani di rientro», Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, sistema informativo (una sorta di mantra del ministro, nel senso che è un elemento a cui tengo moltissimo, poiché il sistema informativo già oggi ci dà risposte concrete; la trasparenza dei dati, la possibilità di accesso e di fruibilità dei dati è l'elemento vero per testare l'efficienza, per controllare gli sprechi e anche per evitare la corruzione); 4) rete assistenza ospedaliera e accreditamento delle strutture private; 5) reti territoriali, integrazione ospedale e territorio, cure primarie, prevenzione, veterinaria; 6) modalità interregionale e transfrontaliera, tariffe (non è un tema secondario); 7) gestione e sviluppo risorse umane, professioni sanitarie, formazione del personale; 8) sociale, integrazione con il socio-sanitario, obiettivi di servizio; 9) Pag. 12assistenza farmaceutica e dispositivi medici; 10) rapporti università-servizio sanitario nazionale.
  Quello del rapporto tra l'università e l'ospedale è un altro dei temi annosi, non risolti: sappiamo come i policlinici universitari impattano su alcune regioni, anche dal punto di vista del calcolo. Per parlare della mia regione, che ha più di cinque policlinici universitari, dove ovviamente i tempi di ricovero sono diversi rispetto a quelli dell'ospedale classico. Nel riconsiderare il rapporto tra università e ospedale, si sta lavorando sul tema delle specializzazioni e dell'individuazione dei fabbisogni, che non è un tema secondario ma essenziale per la programmazione delle specializzazioni e del numero di medici che dovremmo fornire all'Italia nei prossimi anni.
  In conclusione, il nuovo Patto per la salute, per la prima volta dopo un decennio, si inserisce in un quadro programmatico che non prevede tagli lineari per il settore sanitario. Ecco perché, a mio parere, sarà proprio il Patto lo strumento di garanzia per un uso razionale delle risorse del settore sanitario e per l'eliminazione di sprechi del sistema.
  Il tema della riorganizzazione della rete ospedaliera e la rivisitazione dei piani di rientro costituiranno i punti nodali attraverso i quali si potrà ripensare a una riqualificazione del sistema sanitario, per realizzare l'omogeneità dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza sull'intero territorio nazionale. Se è vero che abbiamo strutturato un sistema di tipo federale, di tipo regionale, tuttavia i pazienti italiani hanno gli stessi diritti in tutto il nostro territorio, quindi è compito – questo sì – dello Stato centrale verificare e monitorare che questo diritto sia garantito a tutti, che ci sia un accesso a cure standardizzate a un livello essenziale e anche la possibilità di avere, da Reggio Calabria a Milano, l'accesso a farmaci resi disponibili dal nostro servizio sanitario.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Lorenzin la cui relazione, dal mio punto di vista, è stata estremamente interessante, sia per l'inquadramento complessivo della problematica, che ci consente di capire qual è la cornice nell'ambito della quale il ministero sta procedendo per quanto attiene al Patto per la salute, sia per quanto riguarda l'aspetto che forse sta più a cuore a questa Commissione, ossia quello metodologico, sul quale chiederei al ministro di dedicare, in fase di replica, qualche istante di approfondimento. Mi sembra di aver capito che le ulteriori evoluzioni delle decisioni e delle scelte che verranno prese attraverso il Patto per la salute sono legate all'attività dei tavoli tematici che sono stati attivati tra ministero e regioni per lo studio di temi particolari.
  Credo che sarebbe utile comprendere come il ministero intende tenere conto delle indicazioni che arriveranno dai tavoli tematici, ossia quali sono gli ulteriori step che il Patto per la salute avrà per poter arrivare alla definizione finale.
  Per quanto attiene all'interesse specifico della nostra Commissione, credo che sia utile capire insieme al ministro quali possono essere i momenti di trasferimento di informazione e qual è, secondo il ministro, il modo migliore per cui questa informazione possa essere trasferita alla nostra Commissione. Penso che tutti i commissari abbiano piacere e anche interesse specifico a essere informati con la maggior puntualità possibile delle tappe con cui il ragionamento sulla definizione del Patto per la salute andrà avanti.
  Se in questo senso il ministro può darci qualche indicazione, lo gradiremo.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Lo faccio subito, prima della replica.
  Noi abbiamo fatto alcune richieste alle regioni, dopo che hanno approvato i costi standard e dopo questa fase di lavoro svolta insieme, tra regioni e direttori generali del ministero. Poi dovremo anche parlare con le parti sociali, con gli operatori, poiché la questione non si riduce ai dieci tavoli che ho citato. I tavoli hanno prodotto un documento di massima e noi abbiamo chiesto la costituzione di un comitato ristretto per poter sintetizzare gli Pag. 13aspetti che sono emersi. Questa è la proposta del Governo.
  Direi che sarebbe interessante svolgere una seduta di aggiornamento quando avremo il lavoro prodotto dal comitato ristretto, tra Governo e regioni, anche allargandola eventualmente a una partecipazione degli operatori, che sono l'altra parte in campo. In seguito, potreste anche audire le regioni stesse.
  Per quanto riguarda i tempi, avendo approvato anche i costi standard, sono brevissimi. Il lavoro di «impalcatura» da parte del Governo è stato fatto e anche le Commissioni hanno lavorato per due mesi. Credo, quindi, che potremmo prevedere una riunione per metà gennaio per cominciare a discutere del documento di sintesi.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DONATA LENZI. Ringrazio il ministro per la relazione impegnativa svolta. Quando si ascolta si ha l'idea di come sia grande e complesso il mondo della sanità e di come dovremmo studiare quasi solo quella materia per riuscire a comprenderla a fondo.
  La prima domanda che volevo rivolgerle, che riguarda i tempi, gliel'ha già posta il presidente Vargiu. È chiaro che questo è un aspetto determinante, poiché il lavoro non può essere privo di un termine finale.
  La seconda domanda riguarda la garanzia sullo stanziamento di 109 miliardi di euro per il Fondo sanitario. Noi abbiamo tentato un chiarimento anche durante la discussione della legge di stabilità, ma non ne siamo usciti così tranquillizzati.
  La terza questione riguarda la necessità assoluta di affrontare il tema degli investimenti. Noi non riusciamo ad affrontare nessuna riduzione e riconversione della rete ospedaliera se non viene destinata qualche risorsa agli investimenti. Non è possibile, non è realistico. Fra l'altro, con il mercato immobiliare in questo stato non si può neanche pensare, se l'edificio è vecchio, di svuotarlo o venderlo, perché è più facile abbatterlo che trovare un acquirente.
  L'ultima domanda riguarda la questione degli ospedali. Sono fortemente convinta che debbano essere chiusi gli ospedali che sono in esubero rispetto al bacino di utenza ottimale e che si debba uscire dalla logica per cui un ospedale vale di più se ha più posti letto, logica che spesso è motivo di conflitto tra i nostri primari. Quello a cui dobbiamo guardare è l'occupazione di quei posti letto, l'utilità del mantenimento di quella specialistica.
  Vengo da una regione che, come la Lombardia, sta sperimentando l'ospedale a intensità di cura. Al riguardo – ho partecipato recentemente a un convegno – ci sono problemi e aspetti positivi. Probabilmente dovremmo appunto sperimentare per trarne delle lezioni, e questo vuol dire uscire totalmente dalla logica del reparto e del primario come dominus dello stesso. Ciò nonostante, la logica di chiudere l'ospedale che è piccolo perché ha pochi posti letto non è la migliore. Siamo in tal modo in contraddizione con noi stessi: se diciamo che l'ospedale non si misura sul numero dei posti letto ma sul fatto che siano quelli giusti e necessari, non possiamo di conseguenza, dopo aver operato le riduzioni, dire dopo due anni che un ospedale va chiuso perché ha un numero di posti letto inferiore a 40, 50, 80, 120. In una delle due impostazioni stiamo mentendo.
  Si mantiene un presidio quando si ha un certo bacino di utenza, ma questa condizione manca, anche nel decreto-legge n. 95 del 2012 – spending review -, che aveva indicato i numeri dei posti letto. Si mantiene un presidio se in quel territorio la rete dell'intervento emergenziale di ricovero richiede tali e tanti spostamenti e distanze o ostacoli di altra natura che giustificano il mantenimento di una presenza ospedaliera. Questo criterio, che dovrebbe essere il primo, diventa troppo spesso l'ultimo.
  Sempre ragionando di rete ospedaliera, i numeri che abbiamo stabilito con il Pag. 14decreto sulla spending review farebbero di noi il Paese in Europa con il minor numero di posti letto rapportato al numero di abitanti.
  Abbiamo la vocazione del primo della classe: abbiamo alzato l'età pensionabile e adesso è la più alta in Europa; si arriva ai 70 anni, ma questo non è nemmeno un tetto, perché si può andare in pensione anche dopo. Tornando al tema precedente, procedendo in questo modo diventeremo quelli con meno posti letto.
  A maggior ragione, il che cosa si fa e con quali livelli di efficacia di intervento e come si costruisce la rete esterna della medicina territoriale sono questioni essenziali. Non si può affrontare il tema dei posti letto in termini solo ragionieristici. Se non si ha intorno una rete vera di servizi territoriali in grado di farsi carico della componente della cronicità, della non autosufficienza, in maniera efficace e di qualità, se non si ha una rete vera per l'ambito delle specialistiche con il punto hub, ci limitiamo a effettuare soltanto un taglio.
  Mi sembra che una considerazione che dovremmo aggiungere – sicuramente non è stata detta per necessità di contenimento dei tempi – è che per far andare l’hub & spoke noi dobbiamo definire il percorso. La relazione tra l'ospedale hub e gli altri ospedali non è un rapporto gerarchico, per cui l'ospedale dove c’è la specialità interviene e dà gli ordini all'altro, ma deve essere vista dal punto di vista del paziente, che non può essere il connettore delle ricette, delle prescrizioni, delle diagnosi che vengono fatte in diverse sedi e deve arrangiarsi da solo a definire il suo percorso esistenziale. Per le patologie più frequenti devono esserci percorsi standardizzati di presa in carico del paziente tra strutture ospedaliere e servizi territoriali.
  Questo è il punto in cui la relazione con l'ospedale universitario è più difficile. La vera logica di rete è definire il percorso del paziente insieme, prevedendone tutti gli interventi. Ciascuno di noi avrebbe storie da raccontare di difficoltà e mancanze di questo tipo.
  L'ultima osservazione riguarda la farmaceutica. Gli emendamenti che abbiamo appena inserito nella legge di stabilità e saranno – mi auguro – approvati a breve sono tutti e tre, presi singolarmente, dei buoni interventi. Mi riferisco, in particolare, a quello che ripartisce il peso dello sforamento del tetto tra la controllata e l'azienda controllante e a quello che riguarda i farmaci orfani che questa Commissione ha fortemente voluto. La mia preoccupazione è di non perdere mai di vista l'impianto complessivo, perché sulla spesa farmaceutica in questi anni abbiamo realizzato risparmi significativi. Non buttiamo via il risparmio che è stato realizzato, ma correggiamo quello che c’è da correggere all'interno dell'organizzazione. Chiedo di avere un occhio di riguardo su questo punto.

  PRESIDENTE. Colleghi, alle 10.30 iniziano le votazioni in Assemblea. Forse sarebbe utile procedere con la replica del ministro, ma ci sono ancora cinque interventi.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Siccome è un tema sul quale terrei a confrontarmi in merito a ogni singolo punto, se per voi va bene risponderò all'onorevole Lenzi, ritenendo che i punti da lei sollevati siano di interesse per molti di voi. Potremmo quindi fissare subito la data in cui tornerò in Commissione, per avere almeno un'ora, un'ora e mezza di confronto. Ritengo che sia molto utile anche per me entrare nel merito dei singoli aspetti, prima del prossimo confronto con la Conferenza Stato-regioni.
  Non so se condividete questo metodo.

  PRESIDENTE. Poiché ci sono cinque deputati iscritti a parlare, se i colleghi hanno domande brevi da porre le raccogliamo, riservandoci di rimandare gli interventi più articolati a una seconda sessione.

  GIAN LUIGI GIGLI. Quello che ha proposto ora il ministro mi sta molto bene, perché quando si viene qui con Pag. 15un'esposizione come questa, che è necessariamente un mare magnum, se non la si è digerita prima in modo da poter avviare un dibattito si rischia di andare avanti per spot, anziché per hub & spoke.
  Credo che se noi oggi ci lasciassimo – a meno che qualcuno non abbia domande puntuali da porre – con l'impegno del ministro a ritrovarci, avendo in mano la relazione che lei ha presentato oggi, in modo da poterla approfondire, forse la prossima volta potremmo dare tutti un contributo molto più utile.

  PRESIDENTE. Tenete conto che la richiesta che avevamo rivolto al ministro per oggi era di aggiornarci sullo stato del Patto per la salute, quindi sul metodo con cui si sta procedendo. Ovviamente non avevamo la pretesa di poter discutere, in un'ora o in un'ora e mezzo, di tutti i problemi della sanità.
  Dunque, anche per rispetto nei confronti dei colleghi che avevano chiesto la parola, direi che i colleghi Gigli, Burtone, Cecconi, Grillo e Amato, se hanno domande puntuali da porre possono farlo adesso.

  MARIA AMATO. Vorrei sapere quale spazio è riservato, all'interno del Patto per la salute, alle problematiche concernenti i bambini.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. È uno spazio grande, sia per i bambini, sia per le cure palliative. Inoltre, abbiamo un budget del ministero per i progetti Stato-regioni sui territori. Si tratta di un budget limitato rispetto al Fondo, ma invece di fare interventi a pioggia, come è abitudine, lo abbiamo concentrato su tre fasce, ovvero sulle problematiche degli anziani, delle donne e dei bambini, soprattutto tenendo conto delle nuove problematiche legate all'infanzia, che purtroppo sono in aumento.
  Vorrei dare un'ulteriore possibilità, ma non so se è usuale (mi rendo conto che forse sto uscendo fuori dall'ortodossia): penso a un workshop, ossia, anziché un incontro formale, a un tavolo di lavoro per punti, dove io recepisco le osservazioni, che possono essere molto importanti anche per me prima della trattativa con la Conferenza Stato-regioni. Potremmo anche incontrarci un'ora prima dell'inizio dell'attività dell'Assemblea.
  Potrebbe essere un metodo di lavoro molto proficuo. Vi invio la relazione e i punti che già abbiamo messo a punto con le varie regioni, in modo tale che si possa procedere a un lavoro corposo.

  GIAN LUIGI GIGLI. Quando può inviarceli ?

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Anche domani. Certo, alcuni documenti non sono ancora ufficiali, essendo bozze di lavoro, quindi ne farete l'uso più opportuno.
  Dico solo all'onorevole Lenzi che ha perfettamente ragione quando afferma che dobbiamo trovare un equilibrio tra l'ideologia del posto letto e la necessità di dare una prestazione anche considerando una conformazione territoriale non semplice come la nostra, dove abbiamo realtà rurali, di montagna e via dicendo. Il tema non è la valutazione per posti letto ma per prestazione. Lei sa benissimo che se un reparto non fa le prestazioni necessarie per avere un minimo di livello di standard diventa pericoloso.
  Si tratta più di cercare l'erogazione di un servizio fatto bene piuttosto che una materia di tipo ragionieristico.
  Per quanto riguarda il settore farmaceutico, non c’è alcuna intenzione di sforare i tetti di spesa; anzi, dobbiamo capire perché la spesa farmaceutica ospedaliera non rientra nei parametri, che invece sono stati raggiunti per quella territoriale. Probabilmente bisognerà fare qualche correzione e capire cosa non funziona. Devo dire che mi sto già facendo un'idea delle ragioni, ma dovremmo provare a contenerla nei parametri che erano stati dati oppure valutare se quei parametri erano giusti, perché a volte succedono anche queste cose.
  È vero che abbiamo ridotto la spesa di 9 miliardi di euro, quindi è stata fatta Pag. 16un'azione di contenimento molto forte, però non possiamo ammazzare un sistema di imprese vitali nel territorio che dà tanto lavoro. Cerchiamo allora di tenere insieme le due cose, con rigore e intelligenza.
  Aspetto, quindi, da voi l'indicazione di una data. Direi che possiamo rivederci appena riprendono i lavori parlamentari.

  PRESIDENTE. Ringrazio a nome di tutti il Ministro Lorenzin, anche per la sua disponibilità, e le rivolgo gli auguri di buone feste a nome di tutta la Commissione.
  Rinvio ad altra seduta il seguito dell'audizione.

  La seduta termina alle 10.15.