Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconti stenografici delle audizioni

Vai all'elenco delle sedute >>

XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 8 gennaio 2014

INDICE

Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Audizione del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino:
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 6 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Capacchione Rosaria  ... 7 
Fava Claudio (SEL)  ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 8 
Bindi Rosy , Presidente ... 8 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 8 
Di Maggio Salvatore Tito  ... 9 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 9 
Di Maggio Salvatore Tito  ... 10 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 10 
Capacchione Rosaria  ... 10 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 10 
Capacchione Rosaria  ... 10 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 11 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 12 
Fava Claudio (SEL)  ... 13 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 13 
Fava Claudio (SEL)  ... 13 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 13 
Sarti Giulia (M5S)  ... 13 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Sarti Giulia (M5S)  ... 14 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 14 
Sarti Giulia (M5S)  ... 15 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 15 
Sarti Giulia (M5S)  ... 15 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 15 
Di Maggio Salvatore Tito  ... 16 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 16 
Di Maggio Salvatore Tito  ... 16 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 16 
Di Maggio Salvatore Tito  ... 17 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Tamburino Giovanni , capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Giarrusso Mario Michele  ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 13.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Comunicazioni della presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che domani l'Ufficio di Presidenza si riunirà alle 8.30 per completare il lavoro di oggi. L'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi ha deliberato questa mattina di svolgere le audizioni del direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), Giampiero Massolo, e del Direttore dell'Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna (AISI), Arturo Esposito, che si svolgeranno, in forma segreta, mercoledì 15 gennaio. Le altre audizioni che seguiranno vi saranno comunicate dopo l'Ufficio di Presidenza di domani, acquisite le disponibilità degli auditi. Vorrei informarvi che l'Ufficio di Presidenza ha deliberato una missione in Sicilia, da svolgersi presumibilmente per i primi giorni di febbraio.
  Comunico, inoltre, che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella seduta del 18 dicembre 2013, ha convenuto che la Commissione possa avvalersi della collaborazione a tempo pieno della dottoressa Giuliana Merola, magistrato in servizio presso il Tribunale di Milano, della dottoressa Edi Ragaglia, magistrato in servizio presso il Tribunale di Ancona, e della dottoressa Kate Tassone, magistrato in servizio presso la Corte di Appello di Reggio Calabria, per le quali la presidenza ha avviato, ai sensi dell'articolo 7 della legge istitutiva della Commissione, le procedure previste per l'autorizzazione da parte dell'amministrazione di appartenenza. L'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi ha altresì convenuto che la Commissione si possa avvalere della collaborazione a tempo pieno del dott. Riccardo Guido, nonché, a tempo parziale, della professoressa Angela Napoli, del dottor Piergiuseppe D'Innocenzo e del dottor Stefano Fumarulo, per i quali sono state avviate, ove necessario, le procedure di cui sopra. Sempre nella riunione del 18 dicembre, l'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi ha convenuto di affidare alcuni incarichi di studio e ricerca ai sensi dell'articolo 24, comma 4, del regolamento interno, al pari di quanto avvenuto nella scorsa legislatura.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Giovanni Tamburino, sul tema del regime detentivo speciale previsto dall'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario, legge 26 luglio 1975, n. 354, con Pag. 3particolare riferimento anche alle modalità di attuazione di tale regime carcerario nei confronti del detenuto Salvatore Riina.
  La seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera. Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta, invitandolo a rinviare l'eventuale parte riservata alla fase finale della stessa.
  Cedo la parola al dottor Tamburino, che ringrazio per la sua presenza.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Ringrazio dell'attenzione riservata dalla Commissione antimafia all'argomento dell'articolo 41-bis, cioè di questo regime speciale che nasce, come a tutti è noto, dopo le vicende tragiche dell'inizio degli anni Novanta e che è andato evolvendosi con una serie di interventi normativi fino all'ultimo recente del 2009, che ha modificato e in qualche modo organizzato la norma in modo da renderla sistematica rispetto all'ordinamento penitenziario.
  Trattandosi di audizione libera, credo di essere soprattutto disponibile alle domande che saranno poste su tutto ciò che riguarda questa disposizione, la sua attuazione e le modalità concrete con le quali si attua questo regime particolare.
  Debbo dire che al riguardo ho recentemente redatto una voce per un dizionario, ma non si voglia in questo sentire una sorta di presentazione di carattere scientifico. Lo faccio presente solo perché una serie di dati e riflessioni può essere più utilmente e concisamente ricavata da questa voce sull'articolo 41-bis in un dizionario sulla mafia e le organizzazioni analoghe.
  Devo anche ricordare, ma credo che possa avere un interesse per le domande che mi saranno poste, che per due anni ho presieduto il tribunale di sorveglianza di Roma, che dopo l'ultima modifica dell'articolo 41-bis è l'unico organo giurisdizionale competente in materia di verifica della legittimità dei decreti ministeriali di applicazione o di proroga del regime.
  In questa veste, ho presieduto sempre le udienze nelle quali si è trattato, appunto, dei reclami che sono stati e sono posti direi quasi nel 100 per cento dei casi contro i decreti di applicazione o di proroga del regime stesso. Ho, dunque, una certa conoscenza di questo regime sotto il profilo normativo e da capo del DAP, da circa due anni in questa funzione, lo conosco anche nei suoi momenti applicativi.
  Attualmente, il regime si applica a 706 persone distribuite in 12 reparti. Credo di poter indicare, senza invocare rispetto a questa parte dell'audizione le esigenze di riserbo che ci saranno rispetto ad altre, i luoghi in cui sono collocati, se può interessare, questi reparti: a L'Aquila, Milano Opera, Novara, Cuneo, Viterbo, Ascoli Piceno, Terni, Tolmezzo, Nuoro, Parma, Roma Rebibbia e, infine, a Spoleto.
  Le presenze in questi reparti variano notevolmente. Qualcuno di questi reparti vede presenti soltanto pochissime unità di persone. Uno di quelli che ho menzionato ne ha due, per arrivare al reparto che ha la maggiore consistenza di 136 persone. È difficile calcolare una media, ma normalmente siamo intorno alle 40-50 persone per reparto.
  La vigilanza, come è noto e come prevede la legge, è affidata a una struttura specializzata della polizia penitenziaria denominata gruppo operativo mobile (GOM), anche se questa denominazione è un po’ risalente nel tempo e probabilmente non è neppure oggi adattissima a descrivere questo reparto di polizia penitenziaria.
  Il reparto è formato oggi da 588 elementi, selezionati essenzialmente sulla base di un apprezzamento di carattere fiduciario, al quale fa seguito un addestramento specifico, solo al termine del quale sono immessi nel reparto.
  Un'altra caratteristica del reparto è che vi è, per una previsione proprio di normazione secondaria, un avvicendamento abbastanza rapido di questo personale a Pag. 4evitare sia incrostazioni, e quindi i rischi collegati, sia soprattutto esposizioni eccessive al rischio.
  Sono stati recentemente chiusi due reparti di istituti nei quali c'erano delle piccole sezioni per 41-bis e vi è intenzione di ridurre a un numero più congruo le sedi penitenziarie in cui sono dislocati i soggetti a questo regime particolare. Numero che potrebbe essere tra le 7 e le 10 unità. Questo comporterebbe dei risparmi abbastanza intuibili.
  Come anche è noto, i detenuti sottoposti a questo regime rimangono nella collocazione in cui si trovano senza mai o quasi mai avere movimenti all'interno del sistema penitenziario. Le udienze si svolgono per disposizione di legge tramite il sistema della videoconferenza, quindi con collegamenti video a distanza.
  Questo è un sistema che ho sperimentato anche da magistrato, come dicevo, negli anni delle udienze. Non presenta inconvenienti e potrebbe, al contrario, essere interessante riflettere se non sia il caso di estenderlo anche al di là di questa categoria particolare di detenuti per gli indubbi e notevoli vantaggi che presenterebbe e senza compromissione del sacrosanto diritto di difesa che hanno come ogni altro.
  Particolari problemi dovuti alla vigilanza di questi soggetti non sono evidenziati. Nella grandissima maggioranza si tratta di persone con una formazione ideologica che li porta a forme di grande autocontrollo. Salvo, quindi, pochissime unità, indicate in un numero inferiore a una decina, non sono mai segnalate forme di aggressività o di intolleranza rispetto a questo regime.
  La tutela della salute è garantita come per ogni altro detenuto e starei per dire anche in misura maggiore, quanto meno nel senso della rapidità degli interventi proprio perché sono detenuti assistiti, oltre che controllati, da questo reparto speciale. Basti considerare il rapporto, 588/700, per capire che è possibile intervenire abbastanza rapidamente quando vi sia bisogno di portare all'esterno il detenuto per interventi terapeutici che non possono essere realizzati all'interno.
  È anche noto, ma anche questo è già nella previsione normativa, che i cosiddetti gruppi di socialità, termine penitenziario, persone con cui si può parlare, convivere, abitare, coabitare e così via, di questi detenuti non possono superare il numero di 4.
  Un ulteriore dato che può essere interessante, e mi ricollego a quanto dicevo un attimo fa sulla salute, è che in un anno ci sono state più di 800 traduzioni all'esterno per ragioni di salute di questi detenuti, un numero elevato. Tuttavia, ciò può anche essere spiegato per la ragione alla quale facevo cenno, cioè perché vi è una evidente estrema attenzione a evitare qualunque sottovalutazione e perché si tratta di una popolazione la cui età media è abbastanza elevata.
  A questo proposito, vi è da considerare l'andamento nel tempo del numero dei detenuti sottoposti a questo regime che, come ricordavo, inizia nel 1992. Siamo passati da 498 presenze di 41-bis nel 1992 per scendere a 445 nel 1994, 422 nel 1997. Da allora, vi è stato un aumento costante fino ad arrivare agli attuali 706. Vi è stata, comunque, qualche piccola variazione, ma in sostanza si è arrivati ben presto da questi 422 del 1997 ai 461 del 1998, ai 582 del 1999. Direi che da allora si è rimasti sempre sopra i 500, per arrivare ben presto ai 600 e oltre.
  Dovrò riferire a memoria, con qualche rischio di imprecisione, sul periodo di sottoposizione a regime. L'analisi che avevo fatto distingueva i soggetti sottoposti a tale regime detentivo per oltre dieci anni, oltre 15 anni e avanti ancora. Tutti sanno che, attualmente, la prima applicazione del regime ha durata di 4 anni e le applicazioni successive, le proroghe, hanno durata biennale. Questo rappresenta un aumento rispetto alla normativa precedente, che prevedeva, se ricordo bene, tempi di due anni e di un anno.
  Informo, ancora a memoria, che alcuni detenuti in 41-bis sono sottoposti a questo regime da 19 anni; qualche decina è Pag. 5sottoposta a questo regime da oltre 15 anni e direi che appunto, scusandomi in anticipo se la memoria mi tradisce, sono sicuramente intorno ai 150 coloro che sono sottoposti a questo regime da oltre 10 anni.
  L'analisi è stata ulteriormente raffinata verificando quanti di questi detenuti sottoposti da periodi che possiamo considerare medio-lunghi a questo regime siano stati qualificati come capi di organizzazioni mafiose, paramafiose o terroristiche. In realtà, si è appurato che, anche rispetto a questi numeri, una quota parte che, a memoria direi dell'ordine del 20 per cento almeno, non è stata classificata come appartenente ai vertici delle cosche o, comunque, delle organizzazioni. Fornisco questo dato perché possono emergerne alcune riflessioni.
  Andava forse spiegato prima che, come noto, il regime si applica non solo agli appartenenti alle organizzazioni mafiose o paramafiose, ma anche agli appartenenti a organizzazioni terroristiche. Peraltro, coloro che vi sono sottoposti in quanto eversori e terroristi sono attualmente soltanto 3 nel numero complessivo descritto.
  Dispongo anche di dati più specifici. Per le organizzazioni di appartenenza, i numeri complessivi sono i seguenti: appartenenti alla camorra 284, a cosa nostra 215, alla sacra corona unita 20, altra mafia pugliese 23, alla stidda 8, ad altre forme mafiose siciliane 21, alla ’ndrangheta 130.
  Naturalmente, sono catalogazioni frutto anche di valutazioni che possono essere opinabili. Talora non è così, ma la sentenza non necessariamente definisce con chiarezza e possono esserci situazioni intermedie. Ho numerosi altri dati, ma mi fermerei anche per non rendere noiosa l'audizione e attenderei delle domande.
  L'invito di oggi faceva riferimento anche alla questione Riina. Ritengo che il richiamo vada ai fatti più recenti che lo riguardano. Relativamente a questo, devo porre una distinzione. Le persone sottoposte al regime con una certa frequenza sono oggetto di indagine giudiziaria, condotta con gli strumenti previsti dal codice di procedura penale, tra i quali vi sono le intercettazioni.
  Al riguardo, se e quando l'autorità giudiziaria le chiede, ovviamente trova la massima collaborazione da parte del dipartimento, come di ogni altra struttura del Ministero della giustizia. Peraltro, tutto questo sfugge al capo del dipartimento, cioè a me, perché passa a livelli diversi da quelli di competenza del capo dipartimento. Poiché mi piace essere chiaro, aggiungo che, se anche mai fossi a conoscenza di queste informazioni, ovviamente non potrei parlarne. L'autorità giudiziaria, infatti, in questi casi ha bisogno dell'assoluto segreto, altrimenti l'operazione stessa sarebbe inefficace.
  Non è nemmeno escluso che l'attività di intercettazione o l'attività svolta dall'autorità giudiziaria possa avvalersi di collaboratori. Anche in questo caso, l'amministrazione potrebbe non sapere nulla o, se sapesse, non sarebbe di competenza del capo dell'amministrazione penitenziaria e, comunque, varrebbe quanto ho osservato seppure per avventura lo sapessi.
  Un'altra parte delle notizie che si apprendono, invece, attiene all'attività tipica dell'amministrazione penitenziaria, ossia l'attività di controllo, molto penetrante, come è intuitivo. Gli agenti possono percepire, vedere, ascoltare e in questo caso, proprio perché agenti specializzati, che hanno come compito di fornire tutte le informazioni che possono essere utili all'autorità giudiziaria, ma prima all'autorità politica ai fini della conferma o meno dei decreti, le informazioni sono raccolte e documentate.
  L'amministrazione conosce e gestisce queste informazioni. Ripeto che sono informazioni rilevanti e utili perché il decreto di proroga, in base alla norma, si fonda sul fatto che esistano elementi per testimoniare che la capacità di mantenere collegamenti con l'organizzazione di provenienza continui a sussistere. Questa è la condizione della proroga.
  Se, ad esempio, l'agente si accorge che il detenuto cerca di scrivere un biglietto e farlo passare, certamente è tenuto a rilevarlo, Pag. 6riferirlo e formare un rapporto. Questo non è un reato e, quindi, non va all'autorità giudiziaria, ma rimane nel patrimonio conoscitivo dell'amministrazione. Si tratta, ancora una volta, di informazioni che viaggiano a un livello inferiore, ovviamente, a quello del capo del dipartimento, quindi personalmente non le conosco né voglio conoscerle, ma il dipartimento le conosce.
  Quanto ai fatti recenti relativi a Riina, viceversa, ho delle conoscenze dirette in quanto faccio parte del comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica, che si è riunito per volontà del Ministro Alfano qualche settimana fa a Palermo, peraltro in una seduta chiusa – al riguardo, quindi, potrei riferire solo non pubblicamente – con la presenza di molti magistrati di Palermo e il procuratore della Repubblica di Caltanissetta.
  In quella sede, naturalmente, ho appreso una serie di dati, ma credo siano di dominio pubblico e di questa Commissione in particolare.

  PRESIDENTE. Innanzitutto, naturalmente, pur confidando sulla sua memoria, contiamo di poter acquisire anche la documentazione oggi mancante, quanto riterrà opportuno e quanto dalle domande dei colleghi sarà ulteriormente richiesto.
  Mi scuserà, ma mi corre anche l'obbligo di ricordarle i poteri di questa Commissione, in particolare per quanto riguarda l'articolo 5. La Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti o inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa. Questi sono i poteri che in base all'articolo 82 della Costituzione spettano alle commissioni d'inchiesta.
  Mi corre anche l'obbligo di ricordarle che in nessun caso per i fatti rientranti nei compiti della Commissione può essere opposto il segreto d'ufficio. Siccome credo che le domande verteranno prevalentemente su aspetti che, da quanto ci ha illustrato nella sua introduzione, ritiene di natura segreta, possiamo anche segretare i lavori della nostra Commissione. Non intendiamo, però, fare audizioni in cui ci sia opposta la possibilità di invocare il segreto d'ufficio. Francamente, è la legge istitutiva della nostra Commissione che ci conferisce questi poteri. Evidentemente, non scomoderemo il capo del DAP per sentirci rispondere che siamo al corrente delle notizie riportate dai giornali. Sappiamo che le questioni delle quali ci stiamo interessando sono di estrema delicatezza, ma anche di estrema importanza, e questa Commissione parlamentare intende acquisire gli elementi mancanti.
  Prima della sua audizione, abbiamo avuto anche quelle di ministri che, interpellati su questo punto, giustamente hanno rinviato alla sua competenza. Noi abbiamo inteso sentirla proprio per questi motivi.
  A questo fine, avrei da formulare alcune domande prima di dare la parola ai colleghi che l'hanno richiesta, la senatrice Capacchione, l'onorevole Fava, l'onorevole Mattiello, il senatore Di Maggio e l'onorevole Sarti.
  Alcune domande sono di carattere generale. Anche recentemente, il Ministro dell'interno ha fatto riferimento alla necessità di inasprire il regime del 41-bis intervenendo addirittura con una modifica legislativa. Penso che possiamo chiedere a lei se ritiene che, senza intaccare i princìpi della nostra Costituzione, peraltro recentemente richiamati anche da una sentenza della Corte costituzionale, si possa pensare a un regime ancora più restrittivo del 41-bis intervenendo sia nella modifica della normativa, sia nell'applicazione della normativa esistente.
  L'altra domanda è collegata a questa. Risulta da notizie di stampa, quindi vogliamo saperne di più, che il procuratore nazionale antimafia ha chiesto di inasprire il regime detentivo del detenuto Salvatore Riina applicando il regime di sorveglianza speciale di cui all'articolo 14-bis della legge sull'ordinamento penitenziario. A Pag. 7fronte di tale richiesta, il DAP avrebbe tuttavia rilevato l'inapplicabilità della norma nel caso di specie. Può fornirci al riguardo informazioni più dettagliate ?
  Per quanto riguarda la vicenda Riina-Di Matteo in merito alle minacce indirizzate al procuratore Di Matteo nell'ambito di un colloquio con un altro detenuto al 41-bis, vorremmo capire i criteri seguiti dal DAP per la socialità tra i detenuti al carcere duro, in particolare quelli seguiti nel caso del detenuto Riina. Oltretutto, risulterebbe da notizie di stampa che l'interlocutore di quelle intercettazioni, il detenuto Lorusso, avesse precedentemente partecipato a un gruppo di socialità con il figlio di Riina: può confermarcelo ? Nel caso in cui ce lo confermi, perché è avvenuto ? Francamente, ci risulta un po’ inquietante.
  A parte eventuali indagini giudiziarie, è stata avviata un'inchiesta amministrativa interna sulla vicenda e sulle modalità con cui è potuto trapelare all'esterno il contenuto della conversazione tra i detenuti, soprattutto rispetto al fatto che Riina potesse sapere di essere sottoposto a controlli e pertanto abbia voluto comunicare un messaggio ad altri rappresentanti sicuramente del sodalizio criminale mafioso.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Mi scusi, presidente, ma non ho capito se quest'ultima è una domanda o un'affermazione.

  PRESIDENTE. È una domanda. Fino alla sua audizione abbiamo notizie di stampa. Vorremmo capire se è vero che è in corso un'inchiesta amministrativa e perché è accaduto tutto questo. Francamente, è inquietante che Riina fosse a conoscenza del fatto di essere intercettato e abbia voluto mandare un messaggio così impegnativo.
  Avrei altre domande di carattere generale, ma preferisco dare la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROSARIA CAPACCHIONE. Una delle domande che volevo rivolgerle era quella che ha già espresso la presidente Bindi su come sono organizzati i gruppi di socialità, se è vero che il detenuto Riina abbia fatto socialità con Lorusso, ma anche con altri detenuti che poi hanno avuto contatti con i suoi familiari. Mi riferisco, ad esempio, ad Antimo Giardino, un detenuto col quale Riina ha fatto socialità per un periodo nel 2012 e che risulta appartenere sempre alla mala pugliese e collegato a Lorusso.
  Come sono monitorati in maniera tecnica i detenuti al 41-bis e che ruolo attivo svolge il GOM nei rapporti con questi detenuti ? La mobilità di cui ci ha parlato in qualche modo consente anche collegamenti con altri detenuti che sono altrove e che vengono trasferiti ? In che modo avvengono i trasferimenti e per quali ragioni veramente sono trasferiti ?
  Questo può avere una qualche relazione con l'ormai famigerato protocollo farfalla, di cui tanto abbiamo letto e di cui poco sappiamo nel merito ? Se esiste, cos’è ? Ne ha parlato un funzionario del DAP, quindi dovrebbero esistere delle risultanze: esattamente, in cosa consiste ? Come si è svolto ? Se esiste, è ancora attivo ? Ha rivestito qualche ruolo anche in quest'ultima vicenda di Riina ?

  CLAUDIO FAVA. Ringrazio il dottor Tamburino. Premetto, ovviamente, di considerare la possibilità di rispondere con la segretazione, quindi di poterci fornire le informazioni che servono senza avere preoccupazioni sulla riservatezza di questa seduta.
  Vorremmo sapere se e quando è stata avvertita la Ministra Cancellieri della condanna a morte celebrata da Riina nel corso dell'ora di socializzazione col detenuto Lorusso.
  In secondo luogo, avrei bisogno di capire il rapporto del nucleo investigativo centrale (NIC) con il GOM. Il nucleo investigativo centrale, dal decreto che lo istituisce nel 2007, dovrebbe occuparsi di indagini dell'autorità giudiziaria ovvero di propria iniziativa e dovrebbe costruire sul 41-bis una sorta di archivio di analisi e monitoraggio che elabora le informazioni sui detenuti, essere collettore di tutte le Pag. 8informazioni che arrivano dal carcere, una sorta di intelligence carceraria.
  Avremmo bisogno di capire se la descrizione che desumiamo dal testo del decreto corrisponda alla pratica, qual è il rapporto del NIC con il GOM, qual è la sua capacità di interfacciarsi con l'autorità giudiziaria e quali sono i suoi rapporti con le agenzie di intelligence.
  L'ultima domanda è stata anticipata dalla collega Capacchione. Ci risulta che il protocollo farfalla – che è stato all'epoca stipulato per conto del dottor Tinebra dal dottor Leopardi, che, se non ricordo male, era il capo dell'ufficio ispettivo del DAP, con il generale Mori, che era il capo del SISDE – sia stato rinnovato sotto la direzione del dottor Ionta, che è stato suo predecessore fino a due anni fa, con i suoi interlocutori, in quel caso dell'AISI.
  Le chiederemmo di conoscerne il contenuto e di poterlo acquisire. Vorremmo anche capire quale è stata nel corso degli anni la funzione di un protocollo che ha avuto, anche per l'accertamento di un'indagine giudiziaria, un suo precedente in alcuni ordini interni che erano stati firmati dal dottor Tinebra e che prefiguravano una struttura parallela poi formalizzata nel protocollo farfalla stesso.
  Ricordo anche ai colleghi che l'uso di questa struttura parallela un po’ deviata è stato anche al centro di un processo che ha visto imputato il numero due del DAP, il dottor Leopardi, che avrebbe ricevuto informazioni sul pentimento di un camorrista condannato all'ergastolo e le avrebbe trasmesse ai servizi di sicurezza e non all'autorità giudiziaria.
  Sembra che questa sorta di accordo parallelo tra servizi e amministrazione del DAP sia proseguito nel corso degli anni anche all'insaputa di chi nell'amministrazione del DAP lavorava. Abbiamo appreso dalla testimonianza al processo Mori, del dottor Ardita, anche lui, se non ricordo male, responsabile dell'ufficio ispettivo del DAP. Sapeva di questo protocollo, gli è stato materialmente esibito sotto forma cartacea, ma non ha mai potuto apprenderne i contenuti. Né di questo protocollo sanno alcunché magistrati che anche su queste vicende hanno indagato.
  Vorremmo capire cosa può dirci, se il frutto di questo protocollo rinnovato dal dottor Ionta sia stato poi ereditato anche dalla sua gestione e quale è allo stato la consuetudine di rapporti tra il DAP e i servizi di sicurezza.

  PRESIDENTE. Se lo ritiene, possiamo passare in seduta segreta.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Mi sembra che nessuna delle domande ponga problemi di questo tipo. Alcune domande, come vedrete, pongono il problema che non sono in grado di rispondere, ma tutto dirò tutto quello che potrò perché non tocca il segreto investigativo.
  Conosco, ovviamente, la norma costituzionale, ma ove mai ci fosse in astratto, non in questo caso, un conflitto, toccherebbe non a me, ma alla Commissione scioglierlo. In ogni caso, nulla di quanto è stato chiesto oppone.

  PRESIDENTE. Rinviamo a dopo l'interpretazione della legge.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Mi inchinerei.

  PRESIDENTE. La ascoltiamo volentieri.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. L'inasprimento del 41-bis coinvolgerebbe due aspetti: il piano normativo e quello pratico-applicativo.
  Sul piano normativo, non credo esistano iati da riempire o profili rispetto ai quali possa essere sensato ipotizzare un inasprimento. Ricordo anche che il regime è stato sottoposto a vari vagli sia della Corte costituzionale, sia della Corte di Strasburgo. Ne è uscito sempre in piedi, Pag. 9ma con alcune indicazioni che dovrebbero indurre un saggio legislatore a pensare di non spingersi oltre certi limiti.
  In particolare, come vale anche rispetto alle domande sulla socialità, la Corte di Strasburgo ha ricordato che l'assenza assoluta di socialità, quindi l'isolamento totale, sarebbe incompatibile con l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Ricordiamo cosa è accaduto alla Turchia con il detenuto Ochalan, lasciato solo in un carcere. Pare che la misura non sarebbe compatibile con il divieto di tortura o di trattamenti inumani o degradanti. Naturalmente, miglioramenti sono sempre possibili, ma l'inasprimento è diverso dal miglioramento. Vedo possibili alcuni miglioramenti, ma francamente non riterrei nemmeno molto utili degli inasprimenti.
  Il profilo pratico-applicativo, invece, può presentare di volta in volta momenti di minore attenzione o di caduta della tensione operativo-professionale dei professionali, cioè di coloro che agiscono in questi campi, che naturalmente deve essere valutata sotto una serie molto complessa di profili.
  Abbiamo di fronte persone che cerchiamo di selezionare al meglio, ma da un certo bacino, che è quello della polizia penitenziaria, che si trova a contatto, che a volte rimane a lungo, con individui non di rado di altissima levatura criminale. Questo può determinare delle situazioni di preoccupazione anche profonda, omettendo che vi è in ogni regime una tendenza a far diventare routinario ciò che routinario non dovrebbe essere, ma questo vale, ahimè, in generale per molti altri campi.
  È possibile e talvolta ci è anche segnalato un calo di attenzione, di tensione operativa. Sul piano pratico, pragmatico, concreto, effettivamente occorre una forte attenzione e motivazione, forse anche delle incentivazioni che possano offrire la garanzia assoluta, anche se di assoluto non c’è nulla, ma almeno la garanzia massima che chi opera in questi campi molto particolari sia all'altezza.
  Cerchiamo di farlo mantenendo soprattutto elevato lo spirito di corpo di quest'aggregazione particolare della polizia penitenziaria e cercando di mantenere vivo lo stesso ricordo delle molte vittime che l'amministrazione penitenziaria ha pagato al crimine organizzato e mafioso.
  Non senza ragione il reparto speciale rappresentato dal GOM è direttamente alle dipendenze del capo del dipartimento. È un ufficio di staff proprio per cercare di mantenere elevato il grado di attenzione e di impegno. Si può fare dell'altro, direi soprattutto sul piano della formazione e di una formazione culturale, che cerchiamo di sviluppare attraverso stage, una scuola iniziale e richiami anche periodici.
  Quanto all'inasprimento, in particolare per Riina, col 14-bis, non vi è dubbio alcuno che il DAP non può avere risposto che il 14-bis non si applica ai mafiosi o a chi è sottoposto al 41-bis perché lo applica più di una volta. Personalmente, ho firmato vari casi di applicazione dell'articolo 14-bis a soggetti sottoposti all'articolo 41-bis. Il 14-bis non è propriamente una forma di inasprimento, ma una forma di maggiore controllo e vigilanza che si applica a tutti i detenuti, quindi anche a quelli sottoposti al 41-bis.
  Nel caso di Riina, siccome dalle informazioni non giudiziarie cui facevo riferimento erano emersi elementi di possibile minaccia a un nostro funzionario, il direttore dell'istituto dove Riina si trova, abbiamo avviato, prima ancora che fosse segnalato dall'autorità giudiziaria palermitana, l'applicazione dell'articolo 14-bis a Riina.
  Non solo, quindi, non è vero che il DAP abbia risposto che non è possibile, ma è vero esattamente il contrario, che si era già avviata una procedura. Parlo di avviamento perché il 14-bis è, comunque, sottoposto al controllo giurisdizionale dopo l'applicazione.

  SALVATORE TITO DI MAGGIO. [fuori microfono] Quando ?

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Posso documentare che lo abbiamo richiesto sicuramente prima della seduta di Palermo.

Pag. 10

  SALVATORE TITO DI MAGGIO. Febbraio 2013 ?

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. No, sicuramente dopo. Direi che l'abbiamo richiesto a novembre.

  PRESIDENTE. Sostanzialmente, dopo che erano uscite le minacce ?

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Sì, in quel periodo. Non saprei dirle in quali giorni, ma in quel periodo.
  Per quanto riguarda il profilo della socialità e come sono decisi gli abbinamenti, del gruppo di 4 persone al massimo, a volte una, la decisione è della direzione generale detenuti e avviene, quindi, secondo determinati criteri.
  Alla domanda sulla natura dei criteri mi è stato risposto che è sempre sentita l'autorità giudiziaria: così è avvenuto, come mi è stato assicurato per iscritto, anche in questo caso, nell'abbinamento Riina-Lorusso.
  Nella stessa risposta scritta, mi è stato assicurato che Lorusso non ha mai ha avuto socialità o periodi di socialità con il figlio di Riina.
  La stessa informazione mi è stata fornita in relazione a un altro detenuto, credo Giardino Antimo, del quale si asserisce che non ha mai ha avuto una socialità con il figlio Giovanni di Riina Salvatore.

  ROSARIA CAPACCHIONE. Risulta, però, che siano stati detenuti nello stesso carcere anche per un periodo piuttosto lungo. Al di là della socialità, quindi, il periodo di codetenzione con Giardino risulterebbe.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Non so risponderle. Se occorre, effettuerò degli accertamenti.

  ROSARIA CAPACCHIONE. Nel carcere di Terni.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Non so rispondere né sì né no. Se occorre, procederò a degli accertamenti.
  L'ultima delle domande poste dal presidente Bindi, se ho inteso bene, è se sia in corso un'inchiesta amministrativa sul modo in cui Riina avrebbe saputo di essere intercettato. A me non risulta che Riina sapesse di essere intercettato. Non ho elementi dai quali possa ricavare che Riina sapesse di essere intercettato. È un'ipotesi possibile, posso anche ritenerla verosimile e probabile ma, dai dati che conosco, non posso affermare che Riina sapesse di essere intercettato.
  Non mi risulta che esista al riguardo un'inchiesta amministrativa e credo che saprei se vi fosse.

  PRESIDENTE. Francamente, sono sorpresa del fatto sia che non sia in corso un'inchiesta amministrativa, sia che lei non sia al corrente di un'inchiesta amministrativa su questo punto.
  Non ci troviamo di fronte a un detenuto qualunque, che dice una cosa qualunque nei confronti di una persona qualunque. Da chi sono state fatte le intercettazioni ? Perché ? Perché, una volta che si conosce il contenuto, sono rese pubbliche ?
  Succede tutto questo dentro un regime di 41-bis, di cui è direttamente responsabile il dipartimento del Ministero della giustizia preposto esplicitamente a questo. Non è in corso un'inchiesta amministrativa e il capo del DAP non è in grado di dirci se c’è e a che tipi di risultato sta portando. Mi consenta di esprimere quanto meno la mia sorpresa e uso un termine consono alla sede.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Signor presidente, quelle apparse sulla stampa e che conosco sono notizie che sembra rappresentino l'esito di un'attività giudiziaria.
  Per aprire un varco rispetto all'incontro del comitato nazionale a Palermo con i magistrati siciliani, in quella sede ho Pag. 11avuto la certezza che queste notizie fossero note all'autorità giudiziaria, che ha in corso un'indagine, e che il dipartimento ha trasmesso all'autorità giudiziaria ogni elemento di competenza della medesima, cioè che rileva per l'attività giudiziaria dei magistrati di Palermo o di Caltanissetta. Non so come vada distinta la competenza territoriale tra i due.
  Non mi risulta che vi siano state fughe di notizie sull'attività informativa o di competenza strettamente amministrativa alle quali facevo riferimento. Se vi è stata, quindi, un'informazione relativa a fatti di rilevanza giudiziaria, il dato che ho potuto apprendere è che queste notizie erano note ai magistrati di Palermo o di Caltanissetta che indagano.

  PRESIDENTE. Provo a capire se ho capito. Le intercettazioni sono state predisposte dall'autorità giudiziaria che indaga su Riina: è un'affermazione che possiamo dedurre dalle sue parole ?

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. A me questo non risulta. Non so se vi siano intercettazioni da parte dell'autorità giudiziaria. Se fossero disposte, non mi sarebbero comunicate.
  Aggiungerò per chiarezza che nemmeno lo vorrei. Meno persone sanno quello che non debbono sapere, meglio è.

  PRESIDENTE. Sta anticipando la risposta alla domanda sul protocollo: evidentemente, non c’è nessun protocollo. Ce lo dirà dopo. Se, infatti, esiste un protocollo, se queste intercettazioni avvengono in uno spazio controllato dal DAP, in qualche modo il DAP deve sapere di eventuali intercettazioni. Lei afferma di non saperlo. Benissimo.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. La polizia giudiziaria risponde all'autorità giudiziaria e non riferisce, e fa benissimo a non riferire, al capo del DAP e/o ad altri ciò che l'autorità giudiziaria dice di fare.

  PRESIDENTE. Non siete al corrente se ci sono intercettazioni in un carcere 41-bis.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Io assolutamente no.

  PRESIDENTE. Questo è un dato che abbiamo acquisito. Siamo qui per comprendere.
  Siccome non si sa da chi siano state predisposte, ma lo sono state, evidentemente dall'autorità giudiziaria, allora responsabile dell'uscita delle intercettazioni è l'autorità giudiziaria. Questo è il punto. Non è necessaria alcuna inchiesta amministrativa.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Non sostengo che responsabile dell'uscita sia l'autorità giudiziaria. Ci mancherebbe altro. Dico che, per quanto ho appreso, le informazioni di carattere giudiziario, cioè attinenti a indagini giudiziarie in corso, sono state trasmesse all'autorità giudiziaria. Ho avuto contezza e assicurazione di questo.
  A questo punto, poiché non vi era stata e non mi risulta esserci stata fuga di notizie relativa a informazioni non di rilievo giudiziario, ma interno amministrativo, il problema di un'indagine interna non mi risulta che sia stato posto e non mi risulta che sia in corso un'indagine interna.

  PRESIDENTE. Va bene.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Non so se su questa domanda occorrano altre precisazioni, specificazioni o se vi si tornerà dopo.
  Onorevole Capacchione, sui gruppi di socialità, ho già risposto in relazione a Giardino.
  Come vengono monitorati e trasferiti ?
  All'interno della direzione generale detenuti e trattamento, a un ufficio apposito è preposto un magistrato, che decide le Pag. 12modalità degli eventuali trasferimenti. Credo che i trasferimenti siano abbastanza ridotti o contenuti e che avvengano, come mi è stato assicurato, sentita normalmente l'autorità giudiziaria, cioè in modo che questa non soltanto sappia, ma concordi proprio per evitare perdite di dati o possibili interruzioni delle indagini e dei controlli che l'autorità giudiziaria stessa abbia in corso o intenda fare.
  Se è esistito, il protocollo farfalla è precedente al mio arrivo al dipartimento. Ne ho sentito parlare perché mi risulta, ma dalla lettura dei giornali, esservi un'indagine penale in corso con alcuni imputati. Non so esattamente a che stadio sia, ma credo sia verso la fine dell'indagine stessa. So che uno di questi imputati è il dottor Leopardi, che non era il numero due del DAP, ma un magistrato del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria all'epoca, appunto, in cui presidente era Tinebra.
  Al riguardo, oltre a questi dati, non mi risulta nulla. Non so se esista e non ne ho mai chiesto. Se esistesse, non lo conosco. Essendo in corso un'indagine giudiziaria di carattere penale, ritengo che io non debba in nessun modo interferire al riguardo. Mi sono informato, però, sull'attualità, che prevede l'esistenza di una convenzione che avrei distinto sin dal nome rispetto al protocollo. Si tratta, infatti, di una convenzione, in modo anche da evitare che gli stessi termini coprano realtà diverse.
  Credo che anche questa sia stata sottoscritta prima del mio arrivo con l'AISI sulla base di una norma, che dovrebbe essere la legge 3 agosto 2007, n. 124, che converte il decreto-legge n. 144 del 27 luglio 2005.
  La legge n. 124, non istitutiva, ma che ha ridisciplinato il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e la nuova disciplina del segreto, all'articolo 13 prevede la collaborazione richiesta a pubbliche amministrazioni – il soggetto richiedente sono le agenzie – e a soggetti erogatori di servizi di pubblica utilità.
  I commi 1, 2 e 3 dell'articolo 13 regolamentano questa «collaborazione», rubrica dell'articolo, con le pubbliche amministrazioni, ritenendo, a torto o a ragione, che il dipartimento sia una di queste pubbliche amministrazioni e che sia chiesto al dipartimento questa collaborazione da parte dell'AISI. La convenzione è stata sottoscritta per consentire all'AISI l'accesso agli archivi informatici delle pubbliche amministrazioni dei soggetti che erogano in regime di autorizzazione e concessione di servizi di pubblica utilità.
  Non prevede, per quanto mi risulta, salvo controllo della memoria, di per sé un accesso agli archivi informatici, ma solo una forma di collaborazione. Questa convenzione, dunque, esiste, è stata sottoscritta ed è operativa.

  PRESIDENTE. Vorremmo averne una copia.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Attore della convenzione non è solo il dipartimento, ma anche l'AISI.

  PRESIDENTE. Lo chiederemo anche all'AISI la prossima settimana, ma credo sia già importante acquisire la sua disponibilità, che peraltro non ci può essere negata.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Non devo offrire nessuna disponibilità, che non può essere negata. Dicevo solo che, essendo la controparte pubblica l'AISI...

  PRESIDENTE. ...ritiene che sia scontato che l'avremo. La ringraziamo.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Quanto ai rapporti tra NIC e GOM, il primo, è destinato alla collaborazione con l'autorità giudiziaria. Svolge indagini su delega dell'autorità giudiziaria o direttamente e dispone di una sala situazioni informatica alla quale affluiscono dai vari istituti penitenziari tutti i dati che hanno una rilevanza classificata, come è definita Pag. 13tecnicamente, di «natura critica», quindi che segnalino disfunzioni e problemi.
  Per quanto riguarda il rapporto con l'agenzia, la convenzione prevede una collaborazione da parte di questa sala situazione, che effettivamente è un collettore di notizie, con l'agenzia sempre su richieste specifiche rivolte dall'agenzia per sue esigenze di intelligence.
  Infine, è stato chiesto se e quando è stato avvertito il Ministro Cancellieri. Per quanto a mia memoria, è stato il Ministro a chiedere, dopo che erano apparse delle informazioni sulla stampa, o la sua segreteria, informazioni che abbiamo dato immediatamente su questa vicenda sempre in relazione ai dati in nostro possesso, ossia quelli relativi alle informazioni raccolte che ho qualificato di carattere amministrativo.

  CLAUDIO FAVA. Le chiederei, dottor Tamburino, solo una precisazione. Alla luce della sua esperienza e di questa convenzione, ritiene di poter assolutamente escludere che in questi mesi, in questi anni, funzionari dipendenti dei servizi di intelligence abbiano avuto accesso e contatti con detenuti nel regime del 41-bis ?

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Ritengo che, dopo questa convenzione, i rapporti con l'agenzia di informazioni siano istituzionalmente corretti. Lo ritengo sulla base delle modalità operative che ho riscontrato in questo periodo. Sono al DAP da meno di due anni, ma ho un'esperienza ultradecennale, come forse loro sanno, delle modalità di funzionamento dei servizi. Sin dagli anni Settanta, infatti, incappai in questa realtà come giudice.
  Ritengo, per il poco che ho potuto verificare in questi mesi, che i rapporti siano corretti. Quando vi sono state richieste di informazioni, il che è avvenuto direi in un numero di casi che si contano sulle dita di una mano, mi sono state mostrate – non spetta a me autorizzare perché il protocollo non lo prevede – e le ho trovate assolutamente comprensibili, inerenti alle finalità di prevenzione tipiche di un certo servizio. Ritengo, quindi, che vi sia un funzionamento corretto.
  Naturalmente, però, se qualcosa fosse avvenuto, anzitutto non potrebbe che essere avvenuto a mia insaputa e, anzi, contro la mia assoluta determinazione, ma è ovvio che non lo saprei.

  CLAUDIO FAVA. Mi permetta di insistere, ma abbiamo anche bisogno di verbalizzare la sua opinione. Non ho dubbio che i rapporti siano stati sempre improntati alla massima correttezza, ma lei ritiene di non poter escludere che personale dei servizi in questi anni possa avere avuto contatti con detenuti al 41-bis ? Mi riferisco ai due anni della sua direzione.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Ritengo che questa sia un'ipotesi molto improbabile. Naturalmente, credo che nessuno potrebbe avere la certezza assoluta, se non chi per 365 giorni l'anno potesse verificare i 706 detenuti in 41-bis.

  GIULIA SARTI. Dottor Tamburino, mi rifaccio a una dichiarazione resa proprio da lei l'11 febbraio dell'anno scorso, nella quale affermava che i rapporti con l'AISI esistono e, come diceva ora, sono ispirati a leale e trasparente collaborazione, regolati da un protocollo la cui esistenza è assolutamente pubblica, formale, legittima e stabilisce le modalità e i limiti degli scambi informativi nell'ambito delle rispettive competenze.
  Lei rendeva queste dichiarazioni in seguito alle affermazioni di Maurizio Torrealta, giornalista che appunto aveva sollevato il problema di questo protocollo applicato all'interno delle carceri, in particolare per i detenuti in regime di 41-bis. Adesso ci dice che non si tratta di un protocollo, ma di una convenzione.
  Anch'io insisto su questo punto. Vorrei che, oltre a farci pervenire questa convenzione, si potesse avere anche contezza di quando e a chi è stata applicata. Lei ci ha parlato di 4-5 casi in cui sarebbero pervenute Pag. 14queste richieste da parte dell'AISI: chiederemo anche all'AISI di farci pervenire queste richieste. Anche lei, nel frattempo, però, potrebbe offrirci la sua disponibilità.
  Inoltre, non è tanto chiaro tutto quanto ruota attorno a questo tipo di rapporti. Vorremmo anche capire se l'autorità giudiziaria è informata quando arriva questo tipo di richieste, quindi se lo scambio di informazioni e tutto quanto avviene all'interno delle carceri tra i detenuti è trasmesso all'autorità giudiziaria o se esiste un canale preferenziale quando vi è una richiesta dell'AISI. Ribadisco che lei ci parla di 4-5 volte, ma a noi sembra un po’ poco. Ciò che, però, è veramente da capire è se in qualche modo è scavalcata l'autorità giudiziaria o se, comunque, è a conoscenza di quanto avviene tra i detenuti all'interno delle carceri.
  Prima, in Commissione giustizia, si discuteva del decreto n. 146 del 23 dicembre 2013 e, in particolare, delle disposizioni di cui all'articolo 4, che concedono un aumento dei giorni di detrazione di pena connessi alla liberazione anticipata: si passa da 45 a 75 giorni.
  Si diceva che ne usufruiranno più di 6 mila detenuti. Questo non riguarda nello specifico l'argomento del 41-bis, ovviamente, ma mi chiedevo se non esista il rischio, visto che lei si è detto comunque favorevole a questa disposizione, che possano uscire dalle carceri, tra queste 6 mila persone, anche condannati per reati non specificamente di associazione mafiosa, ma connessi all'associazione mafiosa.
  Visto, inoltre, che non c’è una minima distinzione tra tipologie dei reati, per cui si deve applicare appunto questo articolo 4, non le sembra lecito che possano esserci modifiche in questo senso, almeno per circoscrivere la soglia dei reati a cui applicare queste disposizioni ? Ribadisco, visto che ci riguarda tutti, che è una disposizione retroattiva e che entra in vigore a partire dal 1o gennaio 2010, quindi anche per i detenuti che usufruivano e hanno usufruito della concessione della libertà anticipata a partire dal 1o gennaio 2010.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. In quel comunicato stampa, effettivamente, si parla di protocollo. È una distinzione solo terminologica. A mio avviso, è meglio chiamarla convenzione perché è tale ed evitiamo qualche confusione in più, ma è la stessa cosa.
  Lì si parlava di un protocollo preesistente con un profilo che sembra potesse avere profili di illegittimità. Adesso si parla di una convenzione inserita in una previsione normativa, non so se interpretata bene o male – non l'ho fatta io – ma comunque previsione normativa. Per quanto mi risulta, anche se a lei può apparire poco, i casi che ho visto in questi poco meno di due anni sono stati 5 o 6.
  Se il presidente della Commissione ritiene – qui c’è sicuramente un riserbo, è sicuramente un'attività riservata – che si debba superare il vincolo del segreto, ovviamente non posso che prenderne atto e mi atterrò alle sue determinazioni.

  PRESIDENTE. Possiamo segretare.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Comunque non li conosco. Eventualmente, glieli farò avere.

  PRESIDENTE. Naturalmente, come lei sa, abbiamo documenti che sono segretati dalla Commissione e gestiti come documenti segreti.

  GIULIA SARTI. Si è detto che li ha visti.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Non li ricordo, però, assolutamente. Possono essere stati anche quattro o sei. Probabilmente, la maggior parte riguardava il terrorismo islamico o il presunto terrorismo islamico, quindi non ricordo assolutamente i nomi. Non posso ricordarli. Sono casi di indagini che riguardano persone assolutamente sconosciute a chiunque, ma che magari a qualche servizio oltre oceano potevano interessare. Pag. 15Credo che nessuno di questi casi potesse riguardare casi di eversione interna o di criminalità organizzata interna. In ogni caso, con la richiesta della presidente, avrete tutta la documentazione che potrà giovarvi.
  Quanto al punto dell'autorità giudiziaria scavalcata, non può essere assolutamente così. Tutto ciò che ha rilievo penale, e che quindi può interessarle, è trasmesso immediatamente all'autorità giudiziaria.
  Il NIC, come accennavo, è formato da agenti e ufficiali di polizia giudiziaria. L'autorità amministrativa è separata dalla polizia giudiziaria, così come il prefetto non sa e non deve sapere cosa fa il comandante dei Carabinieri che comanda una compagnia anche se il prefetto, sotto il profilo dell'ordine pubblico, è superiore gerarchico di quel comandante dei Carabinieri. Non ha diritto di accedere e quel comandante dei Carabinieri sbaglierebbe a far conoscere le notizie riservate, cioè destinate ad autorità giudiziaria, al prefetto.
  Analogamente, nell'ambito della correttezza amministrativa, non debbo e non voglio sapere ciò che attiene all'autorità giudiziaria. Sarebbe scorretto. Debbo insegnare prima di tutto agli altri la correttezza dimostrando di averla io, e quindi non chiedo informazioni di fatti che riguardino l'autorità giudiziaria perché attengono a notizie di reato. Tutto ciò che è penale va all'autorità giudiziaria. Non vi è, quindi, alcun tipo di scavalcamento.
  Notizie che non hanno un rilievo per l'autorità giudiziaria ma che possono avere grandissimo rilievo ad altri fini, di prevenzione, sicurezza, economia, buon funzionamento e quant'altro, hanno invece un'altra gestione e possono essere date anche all'esterno, come in questo caso, se la convenzione lo prevede. Naturalmente, debbono essere date, se rilevano e arrivano al suo livello, anche al capo del dipartimento.
  Se sono notizie che presentano entrambi i rilievi – può esserci una notizia rilevante sotto il profilo sia penale sia della prevenzione e della sicurezza – vanno da tutte e due le parti, come è evidente, per cui non c’è mai scavalcamento dell'autorità giudiziaria se non nel caso di una disfunzione, che sarebbe reato perché il pubblico ufficiale ha l'obbligo di comunicare all'autorità giudiziaria le notizie di reato.
  Relativamente all'ampliamento dell'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario, la norma, così come formulata, prevede – come sapete, non può esserci articolo 41-bis se non per condannati per 4-bis – che i condannati al 41-bis beneficino già, se ne hanno i titoli, della liberazione anticipata. Questo deve essere chiaro a tutti, non è una novità, è sempre stato così.
  Se fosse varato questo decreto-legge, come mi auguro, potrebbero accedere a questo aumento di liberazione anticipata solo se mostrassero un concreto «recupero sociale desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità».
  Nessun 41-bis può trovarsi in questa situazione. Se così fosse, infatti, il decreto dovrebbe essere immediatamente annullato dalla magistratura. Esiste un'incompatibilità logico-giuridica tra la possibilità di accedere a questo beneficio ampliato e l'essere in 41-bis.

  GIULIA SARTI. Non era collegato al 41-bis, ma ai reati connessi all'associazione mafiosa. Questa era la premessa.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Ho inteso male.

  GIULIA SARTI. Lo dicevo proprio perché non riguarda il 41-bis.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Se il presidente lo desidera, rispondo, ma usciamo un po’ dal tema dell'audizione.
  In relazione a coloro che non sono sottoposti all'articolo 41-bis, certamente è vero che potranno accedere a questo beneficio ampliato nei termini che descrivevo, ma se si tratta di detenuti condannati Pag. 16per questi reati, potranno accedervi solo alla condizione che ho appena letto.

  SALVATORE TITO DI MAGGIO. Dottor Tamburino, abbiamo, a seguito delle audizioni e delle notizie che appaiono sulla stampa, le idee un po’ confuse, ma io vorrei tranquillizzarla e metterla un po’ a suo agio. All'interno della Commissione, ogni singolo membro si forma una sua idea di verità. Nel caso specifico sul quale la stiamo interrogando, quindi sulla questione di Riina, una serie di questioni ci appare illogica. Proverò a dargliene contezza.
  Il regime del 41-bis è ideato per evitare che i detenuti possano trasmettere notizie all'esterno. Una serie di norme applicative, che non sto certamente a spiegare a lei, evita che questo accada. Nel caso di specie, ci troviamo, invece, in una situazione in cui queste informazioni sono arrivate fuori. Che sia stata l'autorità giudiziaria è un mio sospetto, ma per arrivare a una verità su questo, ho bisogno che ci fornisca delle spiegazioni, che esautorano l'amministrazione del DAP.
  Prima ha sostenuto, non so perché sta cadendo in contraddizione, che la richiesta del 14-bis è stata di vostra iniziativa, quindi un'iniziativa di tipo amministrativo nei confronti di Riina. Alla domanda che le era stata posta, però, temporalmente ha posposto una data laddove, in realtà, all'inizio aveva detto che avevate intrapreso l'iniziativa prima delle notizie di minaccia ai magistrati di Palermo.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Mi dispiace, c’è stata una confusione, ma chiarirò.

  SALVATORE TITO DI MAGGIO. Se così fosse, siccome avete applicato la norma amministrativa del 14-bis, entra in funzione una responsabilità giurisdizionale e l'organo giurisdizionale competente per indagare su questi fatti è quello del carcere di Opera, il tribunale di Milano.
  Temporalmente, è andata così ? Siccome lei è il capo del dipartimento, è un'altra inesattezza sostenere che lei nomina il comandante del GOM e quello del NIC ? Non dico un'inesattezza. Dovrebbero essere stati nominati da lei, a meno che non abbia ratificato quelli che erano già stati nominati prima del suo incarico.
  Premesso anche questo, anche l'esempio che ha citato prima secondo me è poco calzante. Il prefetto non interviene nella giurisdizione del comandante dell'Arma dei carabinieri, ma all'interno del suo dipartimento lei può tranquillamente intervenire sugli organi che dipendono direttamente da lei. Si tratta di due realtà distinte e separate.
  Il GOM o il NIC hanno avuto informazioni, prima della data del settembre 2013, di possibili minacce ai magistrati di Palermo ? Se sì, chi avete informato ?
  Inoltre, sa quale autorità giudiziaria ha chiesto di poter intervenire all'interno del carcere di Opera per svolgere attività investigative nei confronti di Riina ?

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Voglio dire, innanzitutto, che sono tranquillissimo. La mia preoccupazione è di riuscire a spiegarmi, di chiarire bene il mio pensiero, che è il modo con cui cerco di chiarire i fatti.
  Torno a una precisazione non certo per puntiglio. Chiaramente, io sono il capo del DAP e tutto il DAP in qualche modo dipende da me, ma le competenze del capo del DAP sono definite dalla legge. Ad esempio, ho competenze di indirizzo e di controllo su tutti i miei subordinati, ma non operative, che spettano alle direzioni generali, che dipendono da me, ma spettano a loro. Io non posso intervenire nel settore proprio delle direzioni generali se non in casi di inerzia, di fronte alla patologia, ma nell'ordinario non è mia competenza.
  Una seconda precisazione è valida in assoluto. Rispetto alle competenze dell'autorità giudiziaria, c’è una sorta di recinto chiuso. Nessuno può intervenire nel rapporto tra la polizia giudiziaria e l'autorità giudiziaria. La polizia giudiziaria risponde e riferisce solo all'autorità giudiziaria.Pag. 17
  Se intervenissi per essere informato, commetterei un abuso, forse anche un reato, certamente un comportamento illegittimo, illecito. Quello è un rapporto diretto che va all'autorità giudiziaria da parte della polizia giudiziaria.
  Altro è se un pubblico ufficiale, un mio collaboratore, deve fare un rapporto: me ne informa e c’è una unità del dipartimento, si decide di mandare all'autorità giudiziaria quel rapporto contenente notizie di reato e io vengo a saperlo, ma neanche in quel caso potrei fermarlo. Se per il pubblico ufficiale, anche se è un mio sottoposto, si è in presenza di una notizia di reato che vuole mandare all'autorità giudiziaria, io non posso fermarlo. È un rapporto diretto.
  Ciò premesso, torniamo a Riina, che mi sembra sia il punto dove rimangono alcuni dubbi. Nel momento in cui sono informato dal direttore generale competente della direzione detenuti e trattamento di minacce preoccupanti indirizzate al direttore del carcere dove si trova Riina, grosso modo in quel momento sono informato anche del fatto che si pensa di applicare l'ulteriore misura del 14-bis nei confronti di Riina.
  Certo, vi è una coincidenza temporale, ma apprendo dai giornali che nello stesso contesto Riina minaccia o avrebbe minacciato anche magistrati. Tuttavia, sono informato, sempre dal direttore generale detenuti e trattamento al quale chiedo, che le informazioni relative alle minacce ai magistrati sono state comunicate immediatamente ai magistrati stessi.
  Non so rispondere chi l'abbia fatto, non ho i dati per rispondere. Ritengo certamente, per la mia esperienza e per il funzionamento normale di un'istituzione come questa, che la polizia giudiziaria, le persone del GOM che lavorano a Milano, dove si trovava allora Riina, abbiano dato comunicazione di questo all'autorità giudiziaria.
  Nella prima parte della domanda, lei esprimeva una sorpresa per il fatto che proprio Riina, in fondo il simbolo massimo di questa realtà criminale e nei confronti del quale, quindi, il regime dovrebbe avere il massimo dell'efficacia, delle garanzie, è riuscito a far uscire certe notizie. Questo, effettivamente, è assolutamente sconcertante, ma è completamente fuori dalla norma di quanto io constato avvenire sempre o 99 volte su 100 nell'ambito dei detenuti sottoposti al 41-bis.
  Il regime del 41-bis normalmente funziona e impedisce o rende molto difficoltose le comunicazioni con l'esterno. Se ci fossero state, quindi, comunicazioni di questo tipo in relazione ad altri eventi, casi, persone, per la mia esperienza riterrei che non sarebbero uscite. Non le ho viste uscire. Non parlo solo sulla base dei circa due anni come capo dipartimento, ma anche del mio lavoro al tribunale di sorveglianza di Roma, dove ho seguìto per altri due anni costantemente, direi giornalmente, la realtà dei 41-bis e ho appurato che mediamente funziona bene, è impermeabile.
  In questo caso, effettivamente lo sconcerto che sento nelle sue parole è esattamente analogo al mio.

  SALVATORE TITO DI MAGGIO. Lo sconcerto è anche dato da questo fatto, come ha potuto cogliere anche nelle parole del nostro presidente. Se l'autorità giudiziaria decide di procedere a delle intercettazioni a casa mia, nulla quaestio; se le decide per un carcere di massima sicurezza, a me risulta francamente difficile pensare che lei non ne sia a conoscenza.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. A me dispiace che a lei risulti difficile, ma non posso alleviare la sua difficoltà perché non lo so, non voglio saperlo ed è giusto che non lo sappia.
  L'utilità delle iniziative dell'autorità giudiziaria è proporzionalmente legata alla loro segretezza. L'esperienza mi dice che, se arrivassero a me, passerebbero da almeno 2-3 persone, 2-3 paia d'occhi almeno le vedrebbero prima che le vedessi io, per quanto arrivassero in busta chiusa, riservata, perché comunque non posso cestinare le carte, bruciarle, ma devo archiviarle Pag. 18e passerebbero da altri occhi e altre mani. Qui parla anche uno che è stato magistrato penale per 40 anni.
  D'altra parte, questa è la regola in tutto il mondo: chi non deve sapere, non deve sapere. Se debbo saperlo, debbo saperlo; se, però, non sono tra i soggetti che devono saperlo e l'attività può essere delicatissima – non stiamo parlando di bazzecole, ma di persone che possono decidere di fare una strage, come hanno fatto – e siamo di fronte al possibile terrorista islamico o italiano, cioè ai massimi livelli di pericolosità, possono esserci complicità di ogni genere: perché dobbiamo aumentare il numero di coloro che sanno ?
  Se l'autorità giudiziaria di Palermo o di Aosta pensa di mandare la sua persona di fiducia che piazzerà una determinata cimice e saranno solo in 2 saperlo o in 3, dobbiamo aumentare questo numero perché il capo del DAP sappia ? Perché ? A cosa risponde quest'esigenza che io o altri sappiamo ? Quale sarebbe, chiedo a voi, come rappresentanti del popolo sovrano, il vantaggio che lo sapessimo in più persone ?

  PRESIDENTE. Dottore, io penso che dalle sue parole si capisca anche meglio perché il Ministero della giustizia abbia responsabili che provengono dalla magistratura: proprio per tenere ancora più separate le attività giudiziaria e amministrativa. Sono motivi che, sia ben chiaro, condividiamo tutti.
  Il problema, infatti, nasce nel caso in cui questa chiarezza di distinzione, così evidente nei documenti, nelle convenzioni, nelle leggi, nella nostra Costituzione, nella testa di chi dirige il dipartimento, non lo è nella realtà. Questo è il punto. Trattandosi di una vicenda così inquietante, il dubbio è nato e il fatto che lei, da questo punto di vista, non sappia è per noi non rassicurante.
  Risulta che ci siano state attività investigative da parte dei servizi nei confronti di Riina nel 2013 o in anni precedenti ? Di questo dovrebbe essere al corrente.

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Pensando a questi 5 casi, direi di no.

  PRESIDENTE. Neanche, quindi, nei confronti di altre persone del gruppo di socialità ?

  GIOVANNI TAMBURINO, capo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria. Questo è possibile. Eventualmente, risponderò per iscritto.

  PRESIDENTE. Grazie.

  MARIO MICHELE GIARRUSSO. Direttore, lei ha parlato di 706 persone sottoposte al 41-bis. Non è, però, la totalità dei condannati per mafia, che stanno scontando il carcere nelle nostre strutture penitenziarie: vorremmo conoscere il rapporto tra i sottoposti al 41-bis e il totale della popolazione carceraria che sconta la pena per fatti di mafia e i criteri per i quali questo regime non è allargato anche ad altri oltre a questo numero di 706, cioè se dipende da questioni di struttura o da altra valutazione.
  Vorrei sapere, inoltre, se è vero che all'interno del 41-bis è prevista una videosorveglianza 24 ore su 24 quanto meno per i soggetti più pericolosi. Mi risulta che, ad esempio, Riina sia videosorvegliato da quando è sottoposto al 41-bis.
  Vorrei, inoltre, capire esattamente anch'io quanto ci ha riferito. Ferma restando la separazione tra l'attività giudiziaria e quella amministrativa, il più pericoloso detenuto delle nostre carceri ha un colloquio con un detenuto pugliese, che sembra essere collegato in qualche modo alla malavita organizzata pugliese, e proferisce minacce gravissime contro un magistrato. L'autorità responsabile del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, cioè lei, non ha aperto un'indagine interna per capire cosa sia successo in quel carcere.
  Di più, ci riferisce che il Ministro o chi per lui – non è in grado di dircelo – ha chiesto informazioni su questa vicenda a lei o al suo ufficio e lei ha riferito quanto Pag. 19di sua conoscenza, cioè quanto ha appreso dai giornali visto che non c’è un'indagine interna. Vorrei capire se è così o ho capito male.

  PRESIDENTE. Senatore Giarrusso, come d'accordo, siccome ci siamo dati un po’ di libertà nella distinzione tra deputati e senatori, direi di rinviare la risposta alla prossima volta. Resta a verbale la domanda.
  Ringrazio l'audito e rinvio il seguito dell'audizione a un'altra seduta, la cui data verrà fissata immediatamente con il dottor Tamburino.

  La seduta termina alle 15.45.